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Aspetti teorici e applicativi del visual merchandising. Il caso Perfetti Van Melle

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UNIVERSITA' DI PISA

DIPARTIMENTO DI ECONOMIA E MANAGEMENT

Corso di Laurea Magistrale in

MARKETING E RICERCHE DI

ASPETTI TEORICI E APPLICATIVI DEL VISUAL

IL CASO PERFETTI VAN MELLE

RELATORE

Prof. Antonella Angelini

CORRELATORE

Prof. Stefano Marchetti

UNIVERSITA' DI PISA

DIPARTIMENTO DI ECONOMIA E MANAGEMENT

Corso di Laurea Magistrale in

MARKETING E RICERCHE DI MERCATO

ASPETTI TEORICI E APPLICATIVI DEL VISUAL

MERCHANDISING.

IL CASO PERFETTI VAN MELLE

Tesi di Laurea di

Prof. Antonella Angelini Daniela

Prof. Stefano Marchetti

Anno Accademico 2013-2014

DIPARTIMENTO DI ECONOMIA E MANAGEMENT

MERCATO

ASPETTI TEORICI E APPLICATIVI DEL VISUAL

Tesi di Laurea di

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2

INDICE

INTRODUZIONE...5

CAPITOLO 1

1.1 Cambiamento del sistema di vendita ... 9

1.1.1. Gli spazi del commercio

... 9

1.1.2. Nascita del grande magazzino

... 10

1.1.3 Vendita prima della nascita dei Grandi Magazzini

... 11

1.1.4 Aspetti che hanno favorito il cambiamento

... 12

1.1.5 Come veniva presentata la merce

... 13

1.1.6 Il grande magazzino visto come mezzo per la creazione di un nuovo spazio femminile

... 14

1.2 Cambiamento dei processi di acquisto e consumo dei consumatori ... 14

1.2.2 L'approccio comportamentale (o behaviorista)

... 17

1.2.3 Gli approcci emergenti

... 17

1.3 Cambiamento delle strategie di marketing ... 19

1.3.1 Il Marketing Esperenziale

... 20

1.3.2 Il nuovo ruolo del punto vendita

... 21

1.3.3 Relazione tra marketing esperenziale e visual merchandising

... 23

CAPITOLO 2

2.1 Nascita del Visual Merchandiser ... 25

2.2 Dal Merchandising al Visual Merchandising ... 26

2.3 Il punto vendita visto come strumento di comunicazione ... 27

2.3.1 La comunicazione è l'anima del commercio

... 28

2.3.2 Come fare promozioni

... 29

2.3.3 Comunicazione del Punto Vendita

... 30

2.4 Sistemi sensoriali come fattori di influenza del comportamento dei consumatori ... 33

2.5 L'Atmosfera del Punto Vendita (Store Atmosphere) ... 34

2.6 La gestione dello spazio espositivo ... 35

2.6.1 Aspetto esterno del punto vendita e allestimento delle vetrine

... 38

(3)

3

2.6.1.2 Illuminazione e colori ... 42

2.6.1.3 Pianificazione delle vetrine ... 42

2.6.1.4 L'utilizzo di manichini ... 43

2.6.1.5 Vetrine e manichini come strumenti di sensibilizzazione ... 44

2.6.1.6 Vetrine Creative ... 46

2.6.1.7 Vetrine e Manifestazioni ... 47

2.6.2 Il Layout Merceologico

... 49

2.6.2.1 Valore dello spazio espositivo ... 50

2.6.3 Il Layout delle attrezzature

... 50

2.6.4 Il Display

... 54

2.6.4.1 La figura del Merchandiser ... 56

2.6.4.2 Allocazione dello spazio espositivo ... 57

2.6.4.3 Quantità e qualità dello spazio espositivo ... 58

2.7 Tecniche di persuasione occulta nei punti vendita con riferimento alla grande distribuzione

... 60

2.8 Vantaggi dell'attività di merchandising per i distributori e per i produttori

... 60

CAPITOLO 3

3.1 Il Neuromarketing

... 63

3.1.1 I tre tipi di cervelli e la loro comunicazione ... 64

3.1.2 L'imitazione e i neuroni specchio ... 66

3.2 I colori e la nostra psiche

... 67

3.2.1 Teoria del Colore ... 68

3.2.2 Caratteristiche dei colori

... 71

3.3 Gli acquisti d'impulso ... 71

3.3.1 Studi sugli acquisti d'impulso

... 73

3.4 Ricerca Nielsen sulle abitudini d'acquisto dei consumatori... 76

3.4.1 Criteri di acquisto

... 78

3.4.2 Le fonti di informazioni negli acquisti dei singoli prodotti

... 78

3.4.3 Pubblicità

... 79

(4)

4 CAPITOLO 4

4.1 Storia dell'azienda ... 81

4.1.1 La Perfetti Van Melle dal 2001 ad oggi

... 82

4.2 Global Powers of Consumer Products 2014 ... 84

4.3.L'evoluzione dei consumi e lo scenario competitivo ... 84

4.4 Scopo dell'indagine ... 85

4.5 Ricerca Quantitativa: Analisi descrittiva ... 87

4.5.1 Progettazione dell'indagine

... 87

4.5.2 Analisi dei risultati

... 91

4.5.3 Aspetti socio- demografici

... 99

4.6 Ricerca Qualitativa: Osservazioni - Mystery Audit ... 106

4.6.1 Cenni storici

... 106

4.7 Ricerca Qualitativa: Focus Group ... 111

4.7.1.Pianificazione del Focus Group

... 112

4.7.2 Svolgimento del Focus Group

... 113

4.7.3 Relazione del Focus Group

... 113

4.7 Analisi SWOT ... 120 CONCLUSIONI...125 ALLEGATI 1.Questionario Rivenditori...

127

Bibliografia... 131 Sitografia...

135

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5

INTRODUZIONE

Con l'evolversi del tempo i consumi e i comportamenti dei consumatori sono cambiati in maniera radicale. Nella nuova era, caratterizzata dal consumismo, non si compra più per soddisfare un particolare tipo di bisogno, ma si compra per soddisfare un desiderio o per impiegare il proprio tempo in maniera piacevole. Oggi sono altri gli elementi che attirano il consumatore all'interno del negozio e lo spingono all'acquisto.

Le nuove esigenze, infatti, lo portano a non cercare più beni o merci, quello a cui aspira sono emozioni, esperienze, sensazioni e gratificazioni intangibili. La maggior parte degli acquisti è ormai spinta da desideri di appartenenza, distinzione, affermazione, che vengono soddisfatti non tanto dagli attributi tangibili del prodotto, quanto più dai significati e valori intangibili che esso incorpora. In questo contesto le imprese rispondono con un orientamento al marketing esperienziale il cui scopo è quello di coinvolgere il cliente offrendogli un'esperienza memorabile, superando le sue aspettative; ciò avviene anticipando i suoi desideri inconsci e soddisfacendo i bisogni latenti.

Il presente elaborato intende trattare un argomento interessante ed attuale inerente all'attività di Visual Merchandising e alla diffusione dei Concept Store che considerano un nuovo modo di concepire gli ambienti di vendita attraverso una reinterpretazione degli spazi, affinché diventino luoghi d’esperienza per il cliente.

Attualmente gli spazi commerciali, hanno acquisito un forte potere comunicativo, tanto da diventare un valido strumento di comunicazione strategico.

Al giorno d'oggi è diventato importante per le imprese attirare nuovi clienti, ma soprattutto cercare di mantenerli nel tempo, visto il proliferarsi di prodotti sostitutivi e la brevità del ciclo di vita del prodotto, l'elemento su cui puntare per ottenere vantaggio competitivo nel mercato è proprio costituito dalle emozioni che circondano l'acquisto di un determinato prodotto. In questo senso si muovono le strategie di marketing, prime fra tutte quelle di comunicazione: ogni momento di relazione tra cliente e impresa deve caricarsi di un valore che, percepito dal consumatore, lo induca ad acquistare quel prodotto perché considerato diverso o migliore degli altri.

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L'obiettivo di questa tesi è porre attenzione a ciò che, di concreto, un'impresa commerciale possa fare per vincere la concorrenza, mantenendo e attirando nuovi clienti, focalizzandosi in questo nuovo contesto esperienziale; in particolar modo verranno prese in considerazione le tecniche di merchandising, e più nello specifico, di visual merchandising.

Si considererà la gestione dei punti vendita, ossia i luoghi nei quali avviene un contatto diretto e istantaneo tra il cliente e i prodotti. L'attenzione alla gestione degli spazi espositivi spesso può essere un aspetto strategico per l'attrattività e la massimizzazione dei profitti. Occorre quindi, prestare molta attenzione a ciò che viene selezionato, al modo in cui vengono esposti e presentati i prodotti, in quanto questo può incidere sulla percezione che il cliente può avere dei prodotti stessi. Proviamo ad immaginare due negozi che trattano la stessa tipologia di merce, ma che gestiscono in maniera del tutto diversa lo spazio espositivo: uno è buio, la merce è esposta in maniera disordinata e alla rinfusa, i colori delle pareti sono cupi e non esaltano la merce esposta, l'altro negozio invece, si presenta in maniera diversa, è colorato, utilizza la luce in maniera tale da esaltare i prodotti, espone la merce in modo ordinato e con criterio. Sicuramente si sarà orientati a visitare il secondo negozio piuttosto che il primo. Questo esempio, fa capire quanto è importante il ruolo del visual merchandising come mezzo di differenziazione

rispetto ai concorrenti, che può essere utilizzato per ottenere un vantaggio competitivo. Quanto finora premesso, evidenzia l'importanza del luogo di acquisto soprattutto negli

ultimi anni; al giorno d'oggi infatti è diventato uno dei principali settori di investimento da parte delle aziende. Questo è dovuto da diverse ragioni, una della più importanti è sicuramente da ricollegare all'aumento del tempo libero dedicato allo shopping, che è esso stesso diventato un' attività ricreativa. Ciò ha portato le aziende a porre maggiore attenzione all'allestimento dello spazio espositivo all'interno dei punti vendita, infatti, è ormai noto che le scelte di acquisto avvengono dove sono concentrati svaghi e /o emozioni.

L'obiettivo che bisogna prefissarsi è quello di attirare l'attenzione del consumatore e ciò è possibile, concependo lo spazio di vendita in modo nuovo rispetto al passato. Le aziende (in particolar modo quelle del settore moda-lusso), si confrontano attraverso strategie commerciali - comunicative che hanno lo scopo di intrattenere ed emozionare il consumatore. Il punto vendita quindi, è ormai divenuto uno spazio comunicativo imprescindibile, del quale bisogna tener conto. Grazie al maggior tempo libero da dedicare allo shopping, i momenti della scelta e dell’acquisto sono diventati una

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possibilità di evasione dalla vita di tutti i giorni, i punti vendita vengono sempre di più trasformati da luoghi di semplice acquisto a veri e propri luoghi di svago.

L'esperienza d'acquisto (nota anche con il termine inglese "shopping experience") nasce da studi psicologici e si basa sul presupposto che l’uomo tende a ritornare nei luoghi che gli hanno suscitato sensazioni positive. Tra gli elementi che contribuiscono a creare una positiva esperienza d'acquisto, meritano di essere citati: l'allestimento delle vetrine, la gestione degli spazi espositivi all'interno del punto vendita, gli annunci di advertising, la tematizzazione e la creazione di eventi. E' fondamentale quindi, cercare di capire cosa è in grado di rendere positiva l’esperienza all'interno del negozio. Un'attenta esposizione all'interno del punto vendita può aiutare il cliente ad associare e favorire in maniera autonoma acquisti complementari (ad esempio esponendo accanto agli abiti, gli accessori abbinabili).

L'obiettivo principale deve essere la soddisfazione del cliente e non la vendita in sé. Un ruolo sicuramente fondamentale è svolto dai nostri sistemi sensoriali, nei quali gli individui pongono molta fiducia, ma di questo se ne parlerà in maniera più approfondita più avanti. L'aspetto che verrà qui trattato riguarda quindi l'importanza del visual merchandising che fonda le sue radici nella psicologia, nello studio del comportamento umano, nella sinergia tra esposizione, colori, percorsi, layout e odori. Infatti da tanto tempo oramai, psicologi, economisti, esperti di marketing studiano il comportamento delle loro prede per poter identificare i meccanismi che spingono le persone ad acquistare. Il compito dell'attività di visual merchandising è quello di rendere il punto vendita un elisir in grado di inebriare i sensi dei visitatori in modo tale da spingerli ai cosiddetti acquisti impulsivi. Aspetti quali: luce, profumi, musica piacevole, pulizia, ordine nella disposizione delle merci e l'essere messi in primo piano, concorrono a creare sensazioni piacevoli e un' esperienza d'acquisto decisamente positiva e quindi da ripetere.

Nel seguente elaborato si effettuerà un'indagine che avrà come scopo quello di indagare sugli aspetti del visual merchandising.

Nel primo capitolo si discuterà di come nel corso degli anni sono cambiati il sistema di vendita, il comportamento dei consumatori e le strategie di marketing adottate dalle aziende.

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Nel secondo capitolo saranno descritti gli aspetti del visual merchindising, con particolare riferimento al layout delle attrezzature, al layout merceologico, alle vetrine e ai display.

Nel terzo capitolo si parlerà della diffusione del neuromarketing, della teoria del colori e degli studi sugli acquisti d'impulso che interessano alcune tipologie di prodotti.

Infine, il quarto capitolo sarà incentrato sul'analisi empirica del caso studio preso in considerazione nel seguente elaborato, che riguarda i display della Perfetti Van Melle, azienda leader nella produzione di caramelle e chewing gum. Ciò sarà analizzato attraverso la realizzazione di un focus group con un gruppo di consumatori ed attraverso osservazioni dirette ed interviste condotte su di un campione di rivenditori locali.

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CAPITOLO 1

EVOLUZIONE DEL SISTEMA VENDITA, DEL COMPORTAMENTO DEL CONSUMATORE E DELLE STRATEGIE AZIENDALI

Per comprendere meglio l'importanza che lo spazio espositivo esercita nell'influenzare i nostri acquisti, appare utile ripercorrere le diverse tappe che hanno favorito il cambiamento dei sistemi di vendita, il cambiamento del comportamento del consumatore ed infine l'evoluzione delle diverse strategie di marketing attuate dalle aziende.

Nell'immaginario collettivo, si è soliti pensare che la pubblicità sia il principale tramite tra i produttori e i consumatori e che sia il veicolo che stimola l'acquisto; ciò però sottovaluta il ruolo degli spazi commerciali, che invece, spesso influiscono in maniera determinante sul comportamento del consumatore, in quanto riescono a creare una cornice di significato e valore alla merce. I punti vendita si sono trasformati in luoghi d'incontro tra la domanda e l'offerta garantendogli di diventare uno strumento di informazione e promozione dei prodotti. Ciò ha fatto in modo che venisse studiato il comportamento del consumatore all'interno dei negozi: dai movimenti, alle sensazioni, alle modalità d'acquisto e tutto ciò potesse essere analizzato per delineare un consumatore "tipo" sul quale creare un punto vendita ad hoc.

1.1 Cambiamento del sistema di vendita

1.1.1. Gli spazi del commercio

Le prime gallerie commerciali, denominate passages, apparvero a Parigi verso la fine Settecento. Si trattava di luoghi coperti, ben arredati e di passaggio tra una strada e l'altra. L'ingresso non implicava la volontà di effettuare acquisti, ma consentiva di passeggiare e ammirare le vetrine che si susseguivano l'un l'altra in un gioco di luci e colori in grado di attirare i potenziali acquirenti; in questi luoghi si era immersi in un'atmosfera particolare caratterizzata dalla tecnologia. Le gallerie commerciali si diffusero in maniera rapida in particolar modo nelle principali città europee, divenendo

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un polo di attrazione. Oltre a Parigi, iniziarono a diffondersi a Londra (Piccadilly Arcade, Burlington Arcade) e in Italia, soprattutto a Torino (Galleria Mazzini) e a Napoli (Galleria Umberto I). A differenza degli originali passages, le gallerie commerciali erano più grandi e spesso avevano un ruolo rappresentativo della città, come nel caso della galleria Vittorio Emanuele II di Milano, simbolo della borghesia milanese, costruita tra il 1865 e il 1877.

Un'altra tappa sicuramente fondamentale per lo sviluppo dei sistemi commerciali, è rappresentata dalla nascita dei grandi magazzini. La differenza stava nel fatto che, mentre le gallerie commerciali erano caratterizzate da un insieme eterogeneo di imprese, i grandi magazzini erano formati da una singola unità.

1.1.2. Nascita del grande magazzino

La modernizzazione del settore distributivo è caratterizzata da una sostanziale modificazione dei servizi erogati al cliente all'interno dei punti vendita. Il fautore di questa evoluzione fu Aristide Boucicault; il suo inizialmente nacque come un piccolo negozio a Parigi nel il 1838, ma ben presto, intorno al 1850, divenne un grande magazzino a prezzo fisso nel quale si iniziarono a disporre i prodotti sul banco, avvicinandoli ai clienti. Questa fu la nascita del self service e soprattutto del primo grande magazzino: Le Bon Marché.

Il loro sviluppo colpì anche intellettuali e scrittori, primo tra tutti Émile Zola che si ispirò proprio alla nascita dei grandi magazzini per il suo famoso romanzo "Au Bonheur des Dames"( trad."Al paradiso delle signore", del 1883).1

Secondo Richard Sennet lo sviluppo dei grandi magazzini è imputabile ai cambiamenti del sistema produttivo, in quanto le fabbriche aumentando la produzione necessitavano di collocare velocemente la merce. Il processo di industrializzazione quindi favorì la realizzazione di grandi empori nei quali era possibile trovare di tutto.2

1.Romanzo che è stato poi adattato per alcune versioni cinematografiche: Il tempio delle tentazioni di Julien Duvivier nel 1930, film muto; Au Bonheur des Dames di André Cayatte nel 1943; The paradise (2012) BBC

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Rispetto ai negozi tradizionali gli acquisti all'interno dei grandi magazzini avvenivano in maniera molto diversa: innanzitutto l'ingresso era libero, ciò dava la possibilità di girovagare all'interno del punto vendita ma non imponeva l'acquisto obbligatorio, i prezzi inoltre erano fissi, il ché ha contribuito a trasformare gli acquirenti da partecipanti attivi della compravendita a partecipanti passivi obbligati ad accettare i prezzi imposti. Queste nuove strutture ebbero un impatto notevole nell'immaginario collettivo. I grandi magazzini rappresentavano la modernità urbana, incarnando il mito del progresso, infatti furono i primi edifici ad utilizzare l'illuminazione elettrica, gli ascensori, le scale mobili, mettendo in mostra l'aspetto tecnologico che contribuiva a renderli ancora più affascinanti di quanto non lo fossero già. Qui si realizza il processo di spettacolarizzazione della merce, la presenza di una gran quantità di prodotti eterogenei all'interno dello stesso luogo contribuì a suscitare un senso di meraviglia negli individui. I grandi magazzini provocavano nei visitatori una sorta di stato confusionale, simile al sogno, nel quale venivano investiti da colori, profumi provenienti dall'ambiente e dalle merci che li circondavano. Compratori di buon senso si

trasformavano senza rendersene conto in consumatori in stato di trance.3

La diffusione e il mutamento dello shopping è quindi strettamente legata alla nascita dei Grandi Magazzini. In un primo momento si concentrarono in Francia, dove i punti vendita iniziarono ad esporre un cartello con la scritta "entrée libre" (entrata libera) per indicare ai potenziali clienti che era possibile entrare senza essere obbligati ad acquistare nulla. In quei tempi infatti visitare e curiosare liberamente all'interno del negozio non era affatto scontato così come lo è al giorno d'oggi e in poco tempo la loro diffusione fu esponenziale in tutta Europa.

1.1.3 Vendita prima della nascita dei Grandi Magazzini

Prima dell'avvento dei grandi magazzini i negozi erano altamente specializzati, in quanto vendevano una sola tipologia di merce, ciò per evitare che i commercianti si facessero concorrenza tra di loro. Queste corporazioni spesso imponevano un prezzo minimo di vendita per evitare la concorrenza "sleale", tale sistema sembrava volto più a difendere i negozianti che gli acquirenti, in quanto gli permetteva di controllare sia la produzione che la distribuzione.

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Un altro aspetto da sottolineare riguarda il metodo attraverso il quale si svolgeva la compravendita; nel momento in cui entrava in negozio, il cliente si impegnava in un duplice contratto con il mercante; egli infatti era obbligato all'acquisto ad un prezzo che era sempre soggetto a contrattazione. Solitamente l'acquirente non sapeva quale merce avrebbe comprato in quanto questa non era né esposta né pubblicizzata; il venditore infatti, prendeva la merce da armadi chiusi e da cassetti non visibili dal cliente. I prezzi dei prodotti venivano comunicati solo su espressa richiesta del cliente, che in seguito dava vita ad una lunga contrattazione con il negoziante. Ciò significa, che nel momento in cui si decideva di entrare in un negozio, si era obbligati ad effettuare almeno un acquisto. Commerciante ed acquirente erano d'accordo sul fatto che si dovesse ricompensare lo sforzo del primo, che dedicava il suo tempo ad esporre la merce e a cercare di convincere l'acquirente.

Il cliente non acquistava soltanto i prodotti, ma ricompensava il venditore per lo sforzo compiuto per promuoverli. Dato il fatto che la merce non era direttamente visibile, non era possibile andare in giro per negozi per guardare le vetrine e "farsi un' idea", inoltre, non era possibile né restituirla né cambiarla.

Negli Stati Socialisti (in particolar modo i Paesi dell'Europa dell'est e dell'URSS fino al 1989), era previsto un simile sistema di compravendita fino a poco tempo fa: il cliente non era il soggetto principale al quale dedicarsi e l'obiettivo delle fabbriche dello Stato era quello di raggiungere il quantitativo di produzione deciso dello Stato stesso.

Quanto fin qui descritto, rende chiara l'idea che nei paesi socialisti fino al '900 e nelle società occidentali fino al XIIX, gli acquisti avevano caratteristiche molto diverse rispetto a quelle a cui siamo abituati al giorno d'oggi. Gli interessi da tutelare non erano quelli dei consumatori, ma quelli dei produttori, fra i quali non esisteva una vera e propria concorrenza (es. fabbriche statali monopolistiche).

1.1.4 Aspetti che hanno favorito il cambiamento

Il cambiamento è stato favorito dall'avvento del capitalismo. Lo sviluppo urbano è di certo uno degli aspetti che ha influito a velocizzare questo cambio di marcia. I negozianti hanno iniziato a pensare ad un uso più razionale dello spazio, favorendo uno sviluppo degli edifici verso l'alto con più piani e reparti, nei quali erano presenti merci di ogni genere.

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Secondo Sennet, il grande magazzino è una conseguenza della fabbrica, in quanto con la sua diffusione divenne necessario imparare a gestire la grande quantità di merce prodotta su scala industriale. Un altro fattore che ha favorito la diffusione dei grandi magazzini è da ricollegare al potenziamento dei trasporti, in particolar modo quello ferroviario, che ha semplificato il trasporto delle merci e delle persone nei negozi e ha permesso di raggiungere le città con più facilità e in minor tempo.

Ciò che però merita di essere sottolineato riguarda il modo nel quale la merce veniva esposta. I grandi magazzini sono caratterizzati dal fatto di essere di grandi dimensioni, ciò ha sempre suggerito agli acquirenti la possibilità di trovarvi all'interno qualsiasi tipo di merce. Anche chi non aveva le disponibilità finanziarie che gli permettessero di effettuare acquisti, girovagava con piacere al loro interno. Si era sempre più attratti da questi maestosi edifici, visti come delle cattedrali, che avevano lo scopo di stupire e attirare la gente nel tempio del consumismo.

Un'altra caratteristica dei grandi magazzini riguarda l'abbondanza delle merci, spesso scadenti e vendute a basso costo. La merce scadente sicuramente non contribuiva a procurare piacere, quindi per sopperire a questa mancanza era fondamentale riuscire a creare un luogo di lusso che spostasse l'attenzione dalla scarsa qualità della merce venduta alla lussuosità dell'ambiente.

1.1.5 Come veniva presentata la merce

L'aspetto mastodontico dei grandi magazzini era necessario per richiamare all'interno i potenziali clienti. Una volta entrati però, bisognava convincerli ad acquistare i prodotti (che necessitavano di essere smerciati velocemente) e fare in modo che non si limitassero soltanto a guardarli. Occorreva trasformare la semplice merce in qualcosa di desiderabile. Ciò si concretizzò inizialmente attraverso l'uso della pubblicità, utilizzando giornali, volantini e manifesti ma sicuramente un ruolo fondamentale era da imputare all'esposizione della merce.Gli acquirenti iniziarono ad essere circondati da decorazioni, addobbi e illuminazioni in grado di rendere la merce interessante. Le vetrine erano particolari e collocate in punti strategici, spesso per attirare l'attenzione si ricorreva alla tecnica dello straniamento, che consiste nell'accostare categorie di prodotti molto diversi tra loro, con lo scopo di far dimenticare l'effettivo valore d'uso dell'oggetto facendolo considerare come qualcosa da mettere in mostra e per tale motivo desiderabile.4

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1.1.6 Il grande magazzino visto come mezzo per la creazione di un

nuovo spazio femminile

Grazie ai grandi magazzini, le donne ebbero la possibilità di evadere dal loro ambiente abituale fino ad allora molto ristretto, i loro acquisti infatti, erano limitati all'interno del quartiere di residenza. La creazione di questi nuovi spazi contribuì certamente all'evoluzione dell'emancipazione femminile. All'inizio della loro diffusione gli spazi espositivi erano dedicati quasi esclusivamente alle donne, si dovette aspettare fino agli anni Novanta affinché anche gli uomini diventassero dei consumatori attivi e le aziende iniziassero a porre attenzione anche a loro. Fino agli anni Trenta l'assetto del negozio evidenziava una predominanza dello spazio femminile, dopo circa sessant'anni si assiste ad una riclassificazione dello spazio espositivo, in quanto anche gli uomini iniziarono a

porre attenzione all'acquisto dei beni che contribuivano a costruire la loro identità. Negli anni Trenta, giornali, riviste, manifesti, manichini contribuirono a creare un

modello standard di corpo femminile.5 Le donne dovevano adeguarsi a questo tipo di

corpo standardizzato che veniva proposto, i vestiti prodotti in serie, richiedevano corpi in serie. Una tendenza simile è riscontrata nell'uso di manichini; nel periodo precedente alla Prima Guerra Mondiale, i manichini usati erano informi e privi di testa, sicuramente molto diversi da quelli che siamo abituati a vedere oggi; questo modo di esporre gli abiti aveva però i suoi vantaggi, in quanto, permetteva al cliente di immaginarsi con quell'abito, ciò non fu più possibile quando ai manichini venne data una testa e una figura modellata. I grandi magazzini, fornirono alle donne dei modelli ideali, sempre giovani.

1.2 Cambiamento dei processi di acquisto e consumo dei

consumatori

Sono molti gli studi che hanno evidenziato il cambiamento nei processi di acquisto e di consumo, sia per quanto concerne il comportamento del consumatore che per quello delle imprese produttrici e dei venditori.

Si è cercato di capire quali siano gli aspetti che incidono sugli acquisti. Sicuramente la teoria tradizionale è basata sul reddito, che per molto tempo è stato visto come unico fattore in grado di spiegare le scelte di consumo.

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Il modello di Keynes (che prevedeva una relazione direttamente proporzionale tra i consumi e reddito) fu valido fino al momento in cui gli acquisti furono generati dai bisogni, ma oggi almeno per quanto riguarda i consumi è considerato superato. Attualmente infatti, il reddito è solo uno dei fattori che influenzano il consumo.

Un secondo principio utilizzato per l'analisi dei comportamenti dei consumatori è quello che pone attenzione alla classe sociale, ossia all'appartenenza ad un determinato ceto sociale, caratterizzato da un certo livello di reddito, stili di vita e abitudini in grado di influenzare i consumi di determinati soggetti.6 Le teorie prese in considerazione fino

adesso si basavano certamente sulla razionalità del soggetto nell'effettuare le proprie scelte di consumo, che lo portava ad acquistare spinto da motivazioni prettamente razionali o comunque di convenienza economica. La teoria della razionalità nei processi di scelta stabiliva che il soggetto effettuasse le proprie scelte indipendentemente dalle sue preferenze, dal contesto e dall'ambiente circostante. Questa teoria è ormai stata superata, in quanto ci sono una serie di fattori psicologici, emotivi, irrazionali, che interagiscono nelle scelte che il consumatore attua durante l'atto d'acquisto e del consumo. Simon ha introdotto le teorie di scienza cognitiva nelle quali i soggetti che si trovano di fronte ad una scelta, non valutano tutte le alternative possibili e dove l'attività di ricerca della soluzione è limitata. Il modello da lui proposto prevedeva che gli individui ricercassero non tutte le alternative possibili, ma una qualunque soluzione in grado di assicurare il soddisfacimento di un obiettivo accettabile prestabilito. Da evidenziare è il fatto che le scelte degli individui possono essere influenzate da fattori esterni. Questi presupposti contribuiscono a delineare i nuovi studi sui processi di consumo, incentrati sulla ricerca di esperienze ed emozioni.

Sintetizzando, per un'analisi del comportamento del consumatore si possono identificare tre filoni di studi principali:

 approccio cognitivo

 approccio comportamentale  approcci emergenti

1.2.1 L' approccio cognitivo

Studia come gli individui acquisiscono informazioni dall'ambiente, come attribuiscono loro significato, come li immagazzinano nella memoria e come le utilizzano per

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indirizzare i comportamenti verso il raggiungimento di un determinato obiettivo prefissato.

I modelli presenti si basano sulle ricerche di Bettman (1979) e sono incentrati sul come il singolo soggetto ricerca ed elabora le informazioni necessarie per effettuare le proprie scelte. Howard ritiene che l'attività fondamentale è quella decisionale, senza la sua comprensione non è possibile spiegare il comportamento degli individui.7

I processi cognitivi più importanti sono quelli di attenzione, comprensione e integrazione che mediano tra l'ambiente e il comportamento del consumatore.

Le decisioni del consumatore derivano da una serie di processi cognitivi che si distinguono in:

 Attenzione: attraverso la quale i consumatori selezionano alcuni degli stimoli a

cui sono esposti, ciò avviene in base alle loro caratteristiche individuali, al contesto e al tipo di stimolo, anche se solo alcuni diventano elementi del processo cognitivo e vengono poi utilizzati nei processi di comprensione. Per riuscire ad entrare nei processi cognitivi dei soggetti è fondamentale riuscire a bucare la loro soglia dell'attenzione;

 Comprensione: una volta selezionati dai processi di attenzione, gli stimoli

attivano dei nuovi processi, ai quali si attribuiscono dei particolari significati, che sono diversi per ogni individuo. I principali processi di comprensione di distinguono in:

o Organizzazione ( comprensione di com'è fatto l'ambiente circostante); o Categorizzazione (che consiste nell'identificare i contenuti e i significati

degli stimoli e delle caratteristiche dell'ambiente circostante);

o Inferenza (che permette di ipotizzare o prevedere altre caratteristiche non note dell'ambiente circostante, ma comunque importanti per il processo decisionale, che permettono di aumentare la familiarità con l'ambiente esterno);

 Integrazione: l'individuo utilizza ed elabora le diverse informazioni che ha

raccolto e che ha a disposizione per effettuare una scelta. La selezione delle alternative è alla base dell'attività decisionale e rappresenta la fase in cui le aziende e i punti vendita entrano in concorrenza tra loro per cercare di conquistare i consumatori.

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Per molto tempo la letteratura di stampo cognitivo è stata identificata con gli aspetti freddi della psicologia individuale, caratterizzata da convinzioni, attenzione, percezione e apprendimento; in seguito però, grazie a studi di psicologia generale (Zajonc, 1998), la ricerca si è orientata anche verso gli aspetti caldi comprendenti l'affetto, le emozioni, l'umore.

Lo studio di questi aspetti è dovuto al fatto che il comportamento umano è molto complesso e non può essere circoscritto alla sola razionalità o a schemi lineari. La dimensione affettiva non è più vista come un elemento in contrasto con quella cognitiva, quanto piuttosto una fonte di stimolo per la determinazione del comportamento.

1.2.2 L'approccio comportamentale (o behaviorista)

Considera le influenze extra personali cioè appartenenti all'ambiente. I condizionamenti esterni sono visti come elementi in grado di influenzare il comportamento del consumatore. E' quindi l'ambiente, che spinge il consumatore ad attuare determinati comportamenti, senza che ci sia nessun intervento da parte della sfera cognitiva o emozionale. Per analizzare come gli stimoli ambientali influenzano i comportamenti di consumo, occorre definire il concetto di apprendimento.

L'apprendimento è definito come un cambiamento permanente del comportamento del soggetto, generato dagli stimoli ambientali esterni. Il processo di condizionamento determina le modalità con cui questi stimoli influenzano i comportamenti dei consumatore.

1.2.3 Gli approcci emergenti

Si diffusero intorno agli Ottanta e a differenza degli approcci tradizionali (cognitivista e comportamentista) concentrarono la loro attenzione sull'esperienza di consumo e non sull'atto d'acquisto. La prospettiva esperenziale/esistenziale studia il singolo individuo, che è ormai orientato a ricercare beni che generino sensazioni ed emozioni. Le prime analisi in questo senso sono da imputare a Hirschman e Holbrook, che affrontarono lo studio del consumo come un'attività più complessa della mera soddisfazione dei bisogni. Secondo la loro prospettiva gli individui ricercano un'esperienza positiva con

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un servizio o un prodotto e ciò avviene attraverso le cosiddette 3 F( fantasies, feelings and fun).8

Tramite il consumo l'individuo crea la propria identità, le proprie affiliazioni sociali e il suo quotidiano. Si pensi al ruolo simbolico che hanno acquisito gli oggetti, i beni materiali, i regali e gli autoregali.

Tra i nuovi approcci è utile fare un accenno ai principali filoni della Consumer culture theory.9 Sotto questa etichetta rientrano diversi modelli teorici. Gli studiosi di CCT si

occupano di quattro diversi aspetti distinti del comportamento del consumo10.

 Progetti individuali di costruzione dell'identità;  Culture di mercato;

 Analisi storica dei modelli e delle istituzioni legati ai consumi;  Consumo come pratica di riproduzione o di resistenza ideologica.

In estrema sintesi si può affermare che in base all'approccio cognitivo si presuppone il consumatore elabori gli stimoli ambientali e li utilizzi per prendere le proprie decisioni, in base all'approccio behaviorista il comportamento è indotto da stimoli ambientali ma nega rilevanza ai processi cognitivi dell'uomo, l'approccio più recente, quello esperenziale/esistenziale è quello nel quale prevale la componente affettiva ed emotiva. Dal presupposto che il consumatore non è un soggetto totalmente razionale si sviluppano le recenti teorie di marketing che, accantonano la logica "bisogno - acquisto - beneficio", e si focalizzano sull'aspetto soggettivo e irrazionale del processo d’acquisto.

Queste teorie evidenziano l'importanza del fattore emotivo nel processo di decisione del consumatore.

8.Hirschman E,Hoolbrook M, "The experiential aspect of consumption:consumer fantasies,feelings and fun" Journal of Marketing, Vol .9, n 2, 1982,

pp132-138

9.Arnould, Thompson, Consumer culture theory (cct) twenty years of research, the journal of consumer research, Vol 31,No, The University of Chicago press, (March 2005),pp868-882

10. Per maggiori approfondimenti si rimanda a "Il comportamento del consumatore. Acquisti e consumi in una prospettiva di marketing" , Daniele Dalli , Simona Romani , ed. Franco Angeli, 2013

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1.3 Cambiamento delle strategie di marketing

Nel corso dei decenni, si è assistito all'evoluzione del ruolo del marketing. Seguendo lo schema proposto dal lavoro di Lambin è possibile distinguere quattro diversi stadi : «il marketing passivo, il marketing operativo, il marketing strategico e il market-driven management.11

Ogni stadio presenta un orientamento differente; il marketing passivo è orientato al prodotto, quello operativo alla vendita, quello strategico al cliente ed infine il market-driven management è orientato al mercato.

Secondo Lambin, nel marketing passivo tutta la parte operativa si riduce «all’organizzazione dello smercio dei prodotti fabbricati, essendo superflue le attività promozionali».In questo caso la domanda supera l'offerta, ciò porta le aziende a conoscere i bisogni dei consumatori che vengono soddisfatti, ma nello stesso tempo porta a non conoscere i propri clienti. L'attenzione quindi è focalizzata sull'ottimizzazione dei risultati e non sui clienti stessi.

La seconda fase è caratterizzata dal fatto che la maggiore capacità produttiva, fa in modo che l’offerta riesca ad eguagliare la domanda. Dal marketing passivo si passa al marketing operativo nel quale l’orientamento non è più indirizzato al prodotto, ma alla vendita di questo. In questa fase, che inizia a manifestarsi verso gli anni Cinquanta, la maggior parte delle aziende non si rivolge a target di clienti differenti e crea prodotti che soddisfano i bisogni della maggioranza. L'orientamento alla vendita non è ancora uno strumento in grado di conoscere e soddisfare i desideri dei consumatori, ma soddisfa soltanto i bisogni dell’azienda, che «tende a vendere ciò che si produce invece di produrre ciò che il mercato desidera» (Kotler, 2007, pag. 25). Il terzo stadio, caratterizzato dal marketing strategico, è orientato verso il cliente. Ciò è dovuto dal fatto che le aziende si trovano ad operare in un contesto nel quale, aumenta la presenza dei concorrenti e il ciclo i vita dei prodotti diventa sempre più breve, quindi per rimanere competitivi occorre differenziarsi.

Le aziende pongono al centro della loro attenzione i clienti ed iniziano ad analizzarne i loro bisogni,avvalendosi anche di ricerche di mercato, che gli consentono di creare dei prodotti cuciti su misura.

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L'ultimo stadio è caratterizzato dal marketing driven management, in questo caso l'orientamento è rivolto al mercato. Il marketing prevede la riorganizzazione e l'interdipendenza di tutte le attività aziendali, l' attenzione viene posta a più destinatari, quali possono essere: i clienti, i concorrenti, i distributori. Come già detto precedentemente, negli anni non è cambiato soltanto l'atteggiamento delle aziende che hanno attuato diverse strategie di marketing, infatti, da registrare è anche il cambiamento comportamentale del consumatore, che è diventato più esigente, in quanto non ricerca più solo merci e beni tangibili che soddisfino i suoi bisogni primari, ma è alla ricerca di esperienze, di qualcosa quindi che vada oltre il semplice acquisto, tutto ciò sta alla base del cosiddetto marketing esperenziale.

1.3.1 Il Marketing Esperenziale

Il marketing esperienziale ha come obiettivo quello di creare prodotti che interagiscano con i clienti, il suo ricorso può essere utile in diverse situazioni, ad esempio per rivitalizzare una marca in declino o per creare ex novo l'immagine e l'identità di un'azienda. Sicuramente uno degli elementi importanti è costituito dall'ambiente che deve essere in grado di stimolare i sensi del cliente.

Come affermano Pine e Gilmore: "La nuova offerta, quella delle esperienze, si verifica ogni qual volta un’impresa utilizzi intenzionalmente i servizi come palcoscenico e i beni come supporto per coinvolgere un individuo. Se le merci sono fungibili, i beni tangibili e i servizi intangibili, le esperienze sono memorabili".12

Il marketing esperenziale è stato teorizzato da Bernd H. Schmitt, ed è così chiamato in quanto si basa più sull'esperienza del consumo che sul prodotto in sé. L'obiettivo di ogni impresa è quello di individuare che tipo di esperienza valorizzerà al meglio il prodotto. Come definisce Schmitt13, questo nuovo approccio costituisce la base per il Customer

Experience Management, che considera l'esperienza del cliente da un punto di vista strategico. Tale concetto si fonda principalmente su due nozioni:

• Moduli strategici esperienziali (SEM) ;

Fornitori di esperienza (ExPro)

12. B. Joseph Pine e James H. Gilmore ; “The Experience Economy”, 1999.

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I primi permettono di classificare e sviluppare le esperienze in cinque tipi di emozioni, ognuna con una propria struttura. Secondo l'autore esistono 5 diversi tipi di esperienza:

1. Sense: ovvero l' esperienza che coinvolge la percezione sensoriale attraverso i cinque sensi;

2. Feel: che coinvolge sentimenti ed emozioni e crea esperienze affettive; 3. Think: che crea esperienze cognitive e di problem solving;

4. Act: che stimola l’azione fisica e corporea;

5. Relate: in grado di stimolare la relazione con se stessi, con altre persone e altre culture.

L'altro elemento è rappresentato dagli ExPro , cioè da quegli strumenti che permettono ai manager di generare le esperienze sensoriali appena descritte. Questi sono rappresentati da: comunicazione, identità visiva e verbale, co-branding, siti web, persone e spazi espositivi.(Quest'ultimo aspetto verrà trattato nel paragrafo seguente). Le leve sulle quali verte il marketing esperienziale sono:

 Importanza di creare sorprese;  Importanza dell’intrattenimento;

 Importanza del coinvolgimento dei cinque sensi;

Si può dunque affermare che quanto più l’esperienza è sensoriale, tanto più sarà memorabile.

1.3.2 Il nuovo ruolo del punto vendita

A partire dagli anni '80 ha avuto grande impulso la letteratura riguardante la psicologia ambientale che focalizza la sua attenzione sull'analisi dell’interazione tra il consumatore e l'ambiente. Le numerose ricerche empiriche hanno sancito l'importante ruolo che l’atmosfera ha nell’influenzare, in modo più o meno diretto, le scelte dei consumatori. Il luogo d'acquisto, è diventato un terreno fertile in un'ottica strategica e comunicativa per le aziende più innovative e all'avanguardia. Il punto di partenza riguarda il superamento dell’idea di spazio fisico ben definito e anonimo che funge da semplice contenitore della merce, per arrivare alla concezione di un luogo dotato di significati. In

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Con il termine space si identifica un'area ben circoscritta e definita, alla quale si contrappone l'idea di ambiente (place) inteso come luogo "consumato", vissuto o evocato mentalmente. Uno spazio all'interno del quale l'individuo potrà soddisfare i suoi desideri, costruire la propria identità e partecipare a uno spettacolo nel quale può decidere autonomamente se essere protagonista o spettatore. Questa rivisitazione e spettacolarizzazione del punto vendita, fa in modo che tale ambiente assomigli sempre più a un teatro in cui la merce si trasforma in “uno spettacolo permanente, in una specie di show teatrale, dove anche l’oggetto più banale diventa desiderabile”.14 L'attività di

marketing del punto vendita attuata all’interno del negozio, deve essere quindi adeguatamente progettata. Essa è alla base dell'attività di merchandising e si distingue in layout delle attrezzature e layout merceologico.

Il primo riguarda la pianificazione dello spazio e della mobilità e permette di definire i percorsi degli individui all’interno del negozio suddividendo lo spazio in base alle esigenze di esposizione o di vendita.

Il layout merceologico invece contribuisce a perfezionare la disposizione dello spazio stabilendo la sequenza dei settori, dei reparti e delle famiglie merceologiche. I criteri utilizzabili possono essere diversi: per affinità merceologica, in base al prezzo, alla marca, per occasione di consumo. La gestione e la presentazione delle merci e dell’ambiente richiede lo sforzo congiunto da parte di competenze diverse (semiotica, design, comunicazione). L'organizzazione e la sistemazione della merce nei display, agevola la leggibilità dell’offerta, informa il cliente, lo convince a fermarsi, valutare e acquistare la merce esposta. In base agli scopi commerciali e comunicativi ci possono essere diverse modalità di presentazione che possono essere utilizzate anche contemporaneamente nello stesso spazio (scaffali, pannelli, manichini...). Tuttavia, sempre più di frequente i punti vendita tendono a proporre dei percorsi più liberi e meno definiti con l'obiettivo di aumentare la propensione del cliente all’acquisto vendendo oltre ai beni anche idee, abbinamenti e prodotti coordinati. L'identità e l’immagine del punto vendita dipendono anche dalla sua atmosfera, cioè dalle sensazione psicologiche e dal grado di coinvolgimento provate dal cliente sia nel vedere esternamente il punto vendita, sia al suo interno. Già nel 1973 Kotler capì l'importanza della progettazione degli ambienti di vendita nell' influenzare le scelte dei consumatori, tema che a oggi ha avuto un'importante evoluzione.

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Infatti, se per molto tempo l'analisi era concentrata sul fatto che l'individuo razionale sceglieva un prodotto o una marca in base alla sua utilità; la riflessione recente invece si è focalizzata sulla fase d’acquisto che riguarda la scelta del negozio e il comportamento all’interno del punto vendita. Il fatto che in alcune situazioni d'acquisto l'individuo sia spinto da motivazioni edonistiche ed emozionali e non da motivazioni razionali, ha favorito la creazione di luoghi di vendita sempre più stimolanti e coinvolgenti. La store atmosphere è il frutto di vari elementi, tangibili e intangibili, che sono percepiti attraverso i cinque sensi. L'utilizzo di stimoli sensoriali diversi è una pratica oramai diffusa in quasi tutti gli spazi commerciali e sta alla base del marketing sensoriale. Kotler è stato il primo a introdurre il concetto di atmosfera definendolo come "Il risultato del tentativo di progettare ambienti di vendita in grado di produrre specifiche reazioni emotive nell’acquirente, tali da aumentare la probabilità d’acquisto".15

1.3.3 Relazione tra marketing esperenziale e visual merchandising

Il marketing esperienziale è strettamente collegato al visual merchandising in quanto anch'esso ha l'obiettivo di aiutare l'impresa a vendere di più ma lo fa in maniera differente. Il marketing esperienziale, infatti, tende a vendere esperienze attraverso i prodotti mentre le tecniche di visual merchandising hanno lo scopo di valorizzare e promuovere i prodotti all'interno del punto vendita, ponendosi alcuni obiettivi, tra i quali: attirare l'attenzione del cliente, trasformare l'attenzione in desiderio e il desiderio in atto di acquisto.

A questo proposito si parla di concept store, che indica lo spazio commerciale costruito intorno ad un tema specifico in cui i prodotti sono messi in scena in un ambiente spettacolare ed espressivo, e dove prima dei prodotti ciò che si vuole proporre è l'esperienza che il consumatore può provare all'interno del negozio stesso.

Tale concezione del punto vendita si caratterizza come un nuovo modo di vendere e comprare, che propone oggetti diversi in un'esposizione curata nei minimi particolari. Tutte le leve disponibili (location, merchandising, arredo, tematizzazione) devono essere coordinate in modo tale da favorire la shopping experience, trasmettere determinati valori e comunicare al meglio l'identità dei prodotti e la filosofia dello store anche durante l'acquisto.

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Il punto vendita rappresenta un importante mezzo di comunicazione, grazie alla sua organizzazione in un'ottica di merchandising interna ed esterna. In tutta la struttura l'obiettivo è quello della differenziazione, basata sull'immagine, sulla razionalizzazione degli spazi espositivi, e sulla valorizzazione dell’aspetto esterno del negozio. Il merchandising all'interno del punto vendita comprende la disposizione dei mobili, il layout merceologico e la disposizione dei prodotti sul display (ripiano, banco o scaffale).

All'esterno, un ruolo di primo piano spetta alle vetrine, che rappresentano il biglietto da visita di un punto vendita e sono un importante fattore di comunicazione e di immagine.16 Tra i loro scopi comunicativi principali ci sono quelli di informare,

convincere, attirare l'attenzione di un pubblico eterogeneo che può essere caratterizzato da clienti abituali, occasionali o potenziali.

16. Un esempio dal punto di vista cinematografico, è rappresentato dalla vetrina della famosissima gioielleria Tiffany che incantò

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CAPITOLO 2

IL VISUAL MERCHANDISING

Il termine Visual Merchandising, che letteralmente si potrebbe tradurre con "visualizzazione delle merci", indica l'insieme delle tecniche che hanno l'obiettivo di sostituire ad una presentazione passiva dei prodotti, una presentazione attiva. Attraverso un'accurata presentazione e ambientazione, infatti, si cerca di dare un ruolo di vendita attivo al prodotto, capace di creare una comunicazione di tipo impersonale che va ad aggiungersi alla tradizionale comunicazione personale rappresentata dalla vendita assistita. La vendita visiva, basata sull'emozione, rappresenta il contatto diretto fra il cliente e la merce e ha il compito di facilitare la scelta dei prodotti senza l'ausilio del personale (self service). Con l'evoluzione del mercato e delle nuove esigenze del cliente i punti vendita si sono dedicati non solo alla vendita visiva ma in varia combinazione anche alla vendita assistita, che costituisce un importante mezzo di comunicazione per l'azienda, in quanto si avvicina al cliente, offrendo un servizio su misura. Il compito principale dell'attività di Visual Merchandising è quello di stimolare le vendite, attraverso le

tecniche espositive, individuando e collocando i prodotti nei punti più visibili.

2.1 Nascita del Visual Merchandiser

"La figura del Visual Merchandiser nasce in Francia negli anni '50 come addetto alle esposizioni dei prodotti alimentari. E' intorno agli anni '60 che negli USA, lavorando soprattutto sulle attività non food e in particolare nella moda, assume un ruolo strategico. Perché anche da lui dipende il buon andamento delle vendite. Oggi le differenze di offerta tra un punto vendita e un altro sono minime: negozi e grandi magazzini propongono gli stessi prodotti, vendono le medesime marche... ...Al visual merchandiser spetta il compito di catturare l'attenzione e di rendere positivo il giudizio del consumatore. Tra i suoi compiti vi è la valorizzazione della merce esposta, la definizione degli spazi espositivi, la classificazione dei prodotti, la creazione di percorsi ideali per favorire gli acquisti, la ricerca di supporti e di attrezzature, la scelta del tipo d'illuminazione..16"

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Le tecniche attuate dal Visual Merchandiser, guidano il consumatore verso percorsi visivi obbligati e hanno lo scopo di valorizzare al meglio i prodotti, i reparti e il punto vendita. L'obiettivo è quello di creare un effetto emozionale di coinvolgimento nel consumatore; dato il fatto che l'uomo non risponde solo a stimoli di tipo razionale, ma anche a quelli di tipo sensoriale, è fondamentale l'importanza attribuita alla percezione: vedere, toccare, sentire il prodotto aumenta l’impatto che ha sul cliente.

2.2 Dal Merchandising al Visual Merchandising

Con il termine Merchandising si fa riferimento al marketing interno del punto vendita, ossia all'insieme delle azioni che, agendo sul sistema affettivo del cliente contribuiscono alla sua fidelizzazione e all'ottimizzazione della redditività della superficie espositiva. Secondo la definizione data dall'accademia francese della comunicazione, il Merchandising è "la parte del marketing che comprende tutte le tecniche commerciali atte a presentare, nelle migliori condizioni materiali e psicologiche possibili, il prodotto o il servizio offerto al potenziale cliente"17. L'attività di Visual Merchandising invece, include anche la dimensione sensoriale, e quindi tutte le leve di comunicazione visiva rivolte sia ai clienti interni al punto vendita che a quelli esterni.

Gli obiettivi principali del Visual Merchandising sono:

o Creare nel cliente uno stato d'animo favorevole agli acquisti;

o Appiattire le punte di domanda, per offrire un miglior servizio ai clienti attraverso una corretta ed adeguata esposizione dei prodotti;

o Stimolare la visita dell’intero Punto Vendita al fine di far aumentare sell out dei prodotti;

o Ottimizzare lo spazio massimizzando la redditività della superficie utilizzata; o Differenziare l'offerta e stimolare la fedeltà all’insegna;

o Migliorare la leggibilità dell'assortimento;

o Affermare l'immagine e consolidare il posizionamento del punto vendita

16. Fava F, Quell' artista persuasore fa lievitare le vendita,Corriere della sera, 30 gennaio 1998

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In un'accezione più ampia si può affermare che il Visual Merchandising comprende tutte quelle decisioni di marketing che sono realizzate all'interno del punto vendita, in particolar modo riguardanti la gestione dello spazio espositivo con riferimento a:

o Layout delle attrezzature; o Layout merceologico; o Display;

o Gestione del lineare;

Le decisioni riguardanti il layout delle attrezzature interessano la corretta disposizione delle attrezzature all'interno del punto vendita in grado di influenzare il flusso della clientela, il processo di acquisto, l'immagine del punto vendita e l'attività di rifornimento. Il layout merceologico riguarda l'organizzazione dei reparti e delle categorie merceologiche nel punto vendita, allo scopo di rendere agevole l'accesso alla clientela. Il display considera l'organizzazione dell'esposizione delle categorie, ossia le decisioni riguardanti la quantità e la qualità di spazio espositivo da assegnare alle singole categorie, con l'obiettivo di stimolare e orientale il cliente verso determinati prodotti. La gestione del lineare riguarda lo spazio da assegnare all'interno di ciascuna categoria, alla marca e alle singole referenze.

2.3 Il punto vendita visto come strumento di comunicazione

Il contatto diretto con i clienti è un punto nevralgico che sta alla base delle strategie di comunicazione del punto vendita. Questo infatti, rappresenta una piattaforma relazionale che comunica l'identità dell'insegna, che è in grado di offrire non solo servizi e prodotti, ma anche un'atmosfera in grado di influenzare ed intrattenere i consumatori. Il luogo di vendita rappresenta il mezzo attraverso il quale l'impresa di produzione e quella di distribuzione interagiscono con il consumatore attraverso l'attività di visual merchandising. Lo spazio, quindi, ha il compito di comunicare l'immagine dell'azienda, creare stati affettivi e favorire gli acquisti d'impulso.

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2.3.1 La comunicazione è l'anima del commercio

La comunicazione è un elemento essenziale per il successo del punto vendita e attraverso il coinvolgimento permette di attrarre ed emozionare il cliente. Ciò che occorre fare è dunque:

• Rendere il punto vendita un mezzo attivo di comunicazione;

• Agevolare le scelte dei clienti;

• Richiamare l'attenzione attraverso suggestioni, evocazioni, combinazioni e accostamenti;

• Dare informazioni chiare su qualità, caratteristiche, vantaggi e convenienza dei prodotti;

• Trasmettere l'immagine aziendale;

Migliorare il mix delle vendite e dei margini;

• Ottimizzare gli spazi delle attrezzature ;

• Facilitare il lavoro agli addetti;

La comunicazione ha lo scopo di informare, orientare, stimolare il consumatore, per tale motivo è indispensabile riconfermare all’interno del punto vendita i messaggi pubblicitari utilizzati all'esterno, perché servono a far ricordare al cliente la comunicazione vista in precedenza. Le promozioni invogliano il cliente a tornare e si possono attuare con modalità diverse: offerte speciali, concorsi, sconti, omaggi, vendite abbinate, dimostrazioni e così via. Tutto questo deve essere comunicato, sia all'esterno sia all'interno del punto vendita con locandine, cartelli, volantini, espositori, ovvero tutto quello che serve per creare emozione e interesse nel consumatore. Nelle gallerie dei centri commerciali spesso si organizzano intrattenimenti con la possibilità di fare degustazioni, cosa che contribuisce a fidelizzare il cliente. Un altro modo per mantenere il cliente è costituito dalle raccolte punti con premi, le tessere fedeltà, etc. Tutte iniziative che necessitano di una programmazione generale, con la possibilità di ampliarle o restringerle in funzione dell'interesse o disinteresse suscitato. In queste iniziative vanno coinvolti i produttori, i quali hanno tutto l'interesse ad aumentare la

loro visibilità e quindi sono disponibili a essere coinvolti anche finanziariamente. La vetrina è lo strumento per gestire il primo approccio del punto vendita, necessaria

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In questo modo si creerà un tunnel immaginario che dall'esterno, conduce il cliente all'interno del punto vendita, questo "Tunnel di continuità" deve essere impostato con coerenza; è importante che le aspettative create all'esterno siano soddisfatte all'interno, con la stessa coerenza stilistica che rassicurerà il cliente e consentirà a trasformare il desiderio in acquisto.18

In questa fase è importante che sia rispettata una continuità, perché se il cliente non ritroverà all’interno gli stessi messaggi che hanno creato il desiderio difficilmente continuerà la visita nel punto vendita. E' importante che l'ambiente si presenti in modo ordinato e pulito. Il punto vendita può essere diviso in più aree di interesse:

o Area lineare è lo spazio espositivo costituito da scaffalature, ripiani, mensole, vetrine in cui sono esposti i prodotti all'interno del punto vendita. Obbedisce ai criteri di contenere la merce, esporla, fornire informazioni e infine far scattare meccanismi d’acquisto agevolando il processo di selezione e decisione del cliente; pertanto la merce deve essere esposta in modo corretto;

o Area eventi è la vetrina interna del negozio, è un punto "display" per le nuove proposte più coinvolgenti, che generano desiderio e coinvolgimento, favorendo acquisti d'impulso;

o Area promozionale deve essere rinnovata molto di frequente. È importante che vengano accostati prodotti complementari fra loro, realizzando un allestimento particolare che serva a comunicare in modo creativo e stimolare la clientela. Occorre inoltre, alternare i prodotti forti con quelli deboli per creare un maggiore afflusso di clientela in punti non strategici del punto vendita e contribuire ad una migliore rotazione dei prodotti. Strategicamente si può decidere di dedicare maggiore spazio a prodotti nuovi, per lanciarli e mostrare alla clientela la vivacità costante del punto vendita.

2.3.2 Come fare promozioni

L'assegnazione degli spazi non è mai definitivo ma subisce continue modifiche in

funzione della rotazione del prodotto e del variare degli obiettivi di vendita. I prodotti pesanti o voluminosi vengono posizionati ai livelli più bassi, perché se ne facilita la vendita.

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Gli articoli in promozione posizionati ai lati o al centro degli stessi, invoglieranno l'acquisto.

Per i clienti è psicologicamente importante vedere altri clienti nello stesso reparto che fanno acquisti, dipendenti che riordinano la merce o ne dispongono della nuova. E’ determinante perciò, adottare tutte le strategie per far circolare nel punto vendita un maggior numero di persone. Le promozioni aiutano ad incrementare le vendite, fanno conoscere nuovi prodotti e vivacizzano il punto vendita. Le promozioni si distinguono in:

 Istituzionali: che promuovono l'intero punto vendita, i servizi offerti, le

manifestazioni e le offerte;

 Per obiettivi: che inducono all'acquisto di determinati prodotti, valorizzando

alcuni reparti;

 Occasionali: caratterizzati da eventi stagionali, ricorrenze, attività pubblicitarie

mirate o promozionali.

2.3.3 Comunicazione del Punto Vendita

E' possibile distinguere la comunicazione in store in due parti19 :

o Comunicazione hard caratterizzata dagli elementi della struttura fisica del punto vendita;

o Comunicazione soft che viene attuata attraverso l'intrattenimento e l'interazione tra il cliente e il personale di vendita.

Tra le modalità di comunicazione di tipo "hard" assumono rilevanza sia elementi relativi alla struttura esterna (caratterizzati dalla location e dal layout esterno) sia

elementi della struttura interna ( caratterizzati dall' atmosfera e dal layout interno). Location: la scelta dell'ubicazione del PV richiede coerenza con il posizionamento della

marca e con il target di riferimento; la location quindi è condizionata dalla tipologia di format considerato.

19.Cuomo G, Cecconi V., L' evoluzione del ruolo del punto vendita nel potenziamento delle politiche di branding delle imprese

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Layout esterno: caratterizzato dagli elementi architettonici, dalle vetrine, dalla soglia, che possono influenzare il consumatore a dare inizio ad un'esperienza che, anche se non porta all'acquisto immediato, può comunque intrattenerlo e incuriosirlo.

La soglia, costituisce il punto di contatto fra il mondo esterno e quello interno e può svolgere la funzione di filtro verso l'esterno contribuendo a selezionare la clientela. Le vetrine, hanno il compito di intrattenere il cliente, è importante quindi, che vengano rinnovate di continuo, in quanto offrono una sintesi dell'offerta commerciale e delle novità proposte;

Layout interno riguarda le disposizioni delle attrezzature sulla superficie di vendita e

contribuiscono a rendere più agevole il percorso del cliente all'interno del negozio.

E' utile distinguere il layout delle attrezzature dal layout merceologico, il primo è relativo alla classificazione e all'esposizione dell’assortimento; le scelte che invece riguardano il layout merceologico possono essere invece, dettate da criteri relativi alla funzione d’uso o alle occasioni di consumo;

L'atmosfera è un mezzo di comunicazione che permette di posizionare la marca e rinforzare il legame con il consumatore; gli stimoli polisensoriali (visivi, sonori e olfattivi) contribuiscono a differenziare l'ambiente di vendita, influenzando la sfera emotiva e rendendo la sua visita un'esperienza positiva. Una modalità a cui sempre più spesso le imprese ricorrono per qualificare l'atmosfera del punto vendita è la tematizzazione, ovvero l'individuazione di un tema che diventa il principio ispiratore di tutte le decisioni relative alla rappresentazione della marca, dal layout alla pianificazione delle attività di intrattenimento. (Codeluppi, 2003).

All'interno del punto vendita è possibile comunicare anche attraverso elementi “soft” che prevedono la realizzazione di attività volte ad enfatizzare la dimensione ricreativa e socializzante dell'esperienza di acquisto;

L'intrattenimento: può essere ormai considerato a tutti gli effetti una leva strategica a disposizione dell'impresa per rispondere ai bisogni ricreativi dei consumatori. L'intrattenimento può essere parte integrante dell'offerta commerciale di una marca quando gli spazi di vendita sono integrati con aree dedicate alla lettura, alla musica o al relax o quando vengono proposti servizi di varia natura (come ad esempio le competizioni fra consumatori all’interno del punto vendita) o relativi alla valorizzazione del tempo libero (es. presenza di palestre o cinema nei centri commerciali).

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I servizi: la loro offerta può essere motivata dalla necessità di accrescere il bisogno informativo legato a bisogni più ampi di natura culturale. E' possibile, infatti, distinguere fra servizi informativi di "tipo interno" e di tipo "esterno"; nella prima categoria rientrano tutti quei servizi finalizzati a migliorare la conoscenza relativa ai prodotti proposti (dimostrazioni d’uso, servizi di consulenza offerti da esperti esterni, opuscoli e riviste) mentre la seconda comprende i servizi finalizzati a rendere la visita nel punto vendita un'esperienza formativa e di scambio culturale (corsi gratuiti, seminari, totem informatici...);

L'interazione: l'organizzazione dello spazio di vendita e la disposizione delle attrezzature favoriscono l'interazione fra il cliente e l'ambiente circostante mentre la realizzazione di eventi e l’offerta di entarteinment facilitano l'interazione fra i diversi clienti. Le interazioni con il personale di vendita assume un'importanza strategica, gli addetti alle vendite infatti, guidano il consumatore all'interno del punto vendita. Il livello di assistenza che forniscono, la loro competenza e preparazione influiscono sulla percezione dell'offerta complessiva. Molte imprese investono, nel training del personale per incrementare le loro competenze e le capacità di vendita (si pensi alla diffusione delle nuove figure dei "personal shoppers" che richiedono un approccio relazionale con la clientela che deve andare oltre il soddisfacimento di bisogni di tipo informativo). Questi elementi sono utili per sviluppare il cosiddetto marketing relazionale che si pone come obiettivo quello di "iniziare, negoziare e gestire le relazioni di scambio con gruppi chiave di interesse al fine di perseguire vantaggi competitivi sostenibili in specifici mercati, sulla base di accordi a lungo termine con clienti e fornitori".20

Il marketing relazionale consiste quindi, nella creazione, nello sviluppo, nel mantenimento e nel miglioramento delle relazioni tra i clienti e l'azienda; tutto ciò con lo scopo di accrescere il valore delle relazioni con i clienti e favorirne la fidelizzazione.

20. Hakansson H., Wootz B., “A Framework of Industrial Buying and Selling”, in Industrial Marketing Management, 1999, pp.

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