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3. L’opera

3.5 Il secondo atto: Medea in Corinth

3.5.3 L’annuncio dell’esilio

Creonte tenta di prendere la parola, ma è interrotto dal coro che gli si rivolge con “Stop! Though in another wig, / D'ye think the public won't AEetes twig?” (GoldF, p. 31). James Bland, l’attore che interpreta Eeta nel primo atto, è in effetti lo stesso che impersona il re Creonte. Questi è irritato dall’intervento del coro, poiché “The bills already have the matter settled” (GoldF, p. 31). Creonte formula un’allusione di carattere metateatrale alle indicazioni contenute nell’elenco delle Dramatis Personae, che hanno già informato il pubblico della situazione. Per questo motivo, il ruolo chiarificatore del coro risulta essere superfluo, tanto che Creonte lo definisce “thou most inveterate of praters” (GoldF, p. 31), un ciarliero impenitente.

Dopo questo ironico scambio di battute, Creonte si indirizza a Medea e le intima in maniera rapida e brutale di lasciare la città di Corinto assieme ai figli. La protagonista, colpita dall’annuncio del provvedimento, chiede le ragioni dell’esilio e, in ‘a parte’, manifesta la volontà di fingersi mite per guadagnare del tempo. Nella tragedia di Euripide, Medea domanda al sovrano: “Creonte, perché mi scacci da questa terra?” (Eur. Med., vv. 281), ma il suo atteggiamento dissimulatore viene rivelato solo a posteriori.

135 Per l’intero episodio si veda Virgilio, Eneide, trad. it. a cura di Mario Ramous, Venezia, Marsilio

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Il sovrano ritratto nell’extravaganza illustra le cause che lo hanno condotto a formulare il decreto, affermando: “We do suspect that you are up to treason; / And, as to cut our throat you might incline, / We take a stitch in time that may save nine” (GoldF, p. 31). Creonte sospetta il tradimento e teme di essere ucciso da Medea. Con la frase proverbiale ‘a stitch in time may save nine’, egli comunica il desiderio di allontanarla per prevenire i rischi comportati dalla sua presenza136. Il turbamento del

re di Corinto è di carattere più egoistico rispetto a quanto descritto da Euripide, secondo cui egli teme per l’incolumità di sua figlia e della sua persona. Coincide, invece, la volontà di affrettare la partenza, espressa dalla frase “È meglio che mi faccia odiare da te ora, piuttosto che rimpiangere poi di essere stato buono” (Eur. Med., vv. 290-291).

Medea, indirettamente accusata di tramare contro il re, chiede come sia possibile dare credito a una tale diceria. Nelle sue parole, si legge un richiamo al motivo della fama introdotto da Euripide, la doxa che danneggia la protagonista e che proviene dall’opinione che gli altri si sono fatti di lei (Eur. Med., vv. 292-293).

Creonte, per dimostrare il fondamento delle sue accuse, invita Medea a ricordare l’assassinio di Pelia ma, immediatamente, ella ribatte: “His daughters killed him” (GoldF, p. 31). Nei testi della tradizione, Medea è riconosciuta come responsabile della morte di Pelia, zio di Giasone e usurpatore del trono di Iolco. Nella tragedie di Euripide e Seneca, ella confessa l’assassinio, perpetrato per mano delle figlie del sovrano e avente lo scopo di aiutare Giasone137. Nelle Metamorfosi, Ovidio descrive

come Medea abbia convinto le figlie di Pelia a trafiggerlo con la spada, promettendo loro di ringiovanire il padre138. Nelle rielaborazioni moderne del mito, come quella

proposta da Grillparzer, Medea viene invece resa innocente139. L’extravaganza di

136 “stitch”, OED Online, “a stitch in time saves nine. proverb If you sort out a problem immediately

it may save extra work later”.

137 Nella tragedia di Euripide Medea afferma: “ho ucciso Pelia nel modo più crudele, per mano delle

sue figlie […]”. Euripide, Medea, vv. 486-487. Il personaggio dell’opera di Seneca ricorda: “le figlie che la seduzione del mio inganno spinse a fare a pezzi la membra del vecchio che non sarebbe tornato a nuova vita”. Seneca, Medea, vv. 475-476.

138 Per il racconto completo dell’omicidio di Pelia si veda Ovidio, Le Metamorfosi, VII, vv. 297-349. 139 Al ritorno degli Argonauti, Pelia passa il suo tempo a fissare il vello d’oro e si ammala; per questo

le figlie chiedono l’aiuto di Medea che, in un primo momento, rifiuta. Convinta da Giasone, ella cura l’ammalato che, in preda alla follia, si strappa le bende applicate sul corpo e muore

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Planché raccoglie gli spunti della tradizione classica, sottoponendoli al processo di modernizzazione che garantisce l’innocenza della protagonista. Ella sostiene che siano state le figlie ad uccidere Pelia e illustra nel dettaglio l’accaduto:

They had mis-stated, and had then the face To throw on me the guilt of their omission; So patients die, and blamed is the physician. I brought from home with me a drug which some Call (as I come from Colchis) Colchicum;

Arrived in Greece, as you have heard no doubt, I found old AEson, crippled with the gout; Because I cured him with this novel physic,

They drenched a man with it who'd got the phthisic; And when I recommended venesection,

They slashed away at him in each direction; Truth is, he'd made his will, his daughters knew it,

Thought that he'd cut up well, and chose to do it (GoldF, p. 31-32).

Medea non veste i panni della maga descritta da Ovidio, bensì quelli di un medico contemporaneo che cura la gotta di Esone con il ‘Colchicum’, un farmaco realmente esistente e somministrato nel corso dell’Ottocento ai pazienti affetti da gotta140. Le

figlie di Pelia, venute a conoscenza del successo del trattamento imposto a Esone, invitano Medea a curare anche il loro padre che, però, è malato di tisi. Il ‘medico’ consiglia loro di praticare dei salassi, ma le mani inesperte delle giovani trafiggono il corpo del padre e ne provocano la morte. La terapia prescritta a Pelia corrisponde perfettamente alle parole di Medea nelle Metamorfosi, in cui ella esorta le figlie a “cava[re] il sangue al vecchio, sì che poi / io riempia di sangue giovanile / le sue vene svuotate” (Ov. Met., VII, 333-334).

L’inserimento della figura professionale del medico costituisce un ulteriore richiamo alla tradizionale saggezza di Medea. La frase sentenziosa ‘So patients die, and blamed is the physician’ ricorda la meditazione della protagonista della tragedia di Euripide, in cui ella riflette sulla condizione dell’intellettuale nella società. Medea è depositaria

dissanguato Grillparzer prevede che i dettagli concernenti la morte di Pelia vengano alla luce in maniera graduale nel testo. Per la versione definitiva dell’accaduto si veda F. Grillparzer, Medea, cit. p. 152.

140 “colchicum” (2), OED Online, “A medicine containing the active principle of this plant, used

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di un sapere innovativo, bollato dai concittadini come inutile o pericoloso141. La stessa

descrizione è applicabile alla Medea ritratta da Planché, la cui reputazione viene danneggiata dall’introduzione di conoscenze scientifiche all’avanguardia.

Creonte dubita della veridicità delle parole della sua interlocutrice e la invita nuovamente ad abbandonare Corinto, vista la sua abilità nell’“hocus pocus”142

(GoldF, p. 32), parole corrispondenti alla formula recitata negli incantesimi. In questo modo, Creonte suggerisce che le conoscenze mediche di Medea si apparentino più alla magia che alla scienza e, pertanto, sembra sminuire la sua sapienza.

In risposta, la protagonista adula il sovrano definendolo magnanimo, desiderabile, nobile d’animo e “The capital of this Corinthian order!” (GoldF, p. 32), paragonandolo all’elegante capitello delle colonne di ordine corinzio. Le lodi di Medea non sono, però, sufficienti a convincere il sovrano a ritrattare il decreto, poiché “words don't weigh with me a feather” (GoldF, p. 32). Egli si mostra diffidente nei confronti dell’interlocutrice e cerca di non farsi circuire dall’abile retorica, accordando alle parole il peso ‘di una piuma’. Il re ritratto nella tragedia di Euripide nutre il medesimo sospetto, poiché crede che i toni pacati nascondano maggiori pericoli rispetto alla palese aggressività143.

Lo scambio di battute prosegue:

MED. Grant me a week to get my traps together? CRE. To set your traps, you mean, to catch your prey; I think I catch myself

MED. Then but a day One little day, to get the boys some shoes, You are yourself a father, don't refuse.

Their own unnatural daddy doesn't care for 'em; And fit to travel in, I've not a pair for 'em; Have pity on such little soles as theirs,

Nor see them bootless as their mother's prayers!

141 “Un uomo saggio non dovrebbe mai istruire i suoi figli oltre misura: si guadagnano fama di

perditempo oltre all’invidia e all’odio dei concittadini. Se proponi qualche cosa di nuovo agli ignoranti diranno che sei un uomo inutile, non che sei una persona saggia; e se ritengono che tu sia superiore a coloro che sembrano avere molte conoscenze, sarai detestato nella tua città”. Euripide, Medea, vv. 294-301.

142 “hocus-pocus” (2), OED Online, “Used as a formula of conjuring or magical incantation.

(Sometimes with allusion to an assumed derivation from hoc est corpus)”.

143 Nella tragedia di Euripide, Creonte afferma: “Le tue parole suonano miti ma io temo che tu

mediti qualcosa di male. Mi fido ancora meno di prima. È più facile guardarsi da una donna irascibile che da una persona accorta, che sa tacere”. Euripide, Medea, vv. 315-320.

126 CRE. Well, for their sakes I'll grant that brief delay,

You can't much mischief make in one short day (GoldF, p. 32).

Medea chiede, innanzi tutto, di poter sostare a Corinto per una settimana, in modo da riuscire a fare i suoi bagagli. Giocando con la polisemia del termine ‘traps’, traducibile sia come ‘effetti personali’ sia come ‘trappole’, Creonte rifiuta di concedere la dilazione, necessaria alla protagonista per attuare i suoi piani di vendetta. Il medesimo riferimento ai sotterfugi di Medea si osserva nella tragedia di Seneca, in cui il sovrano afferma: “È per l’inganno che tu chiedi tempo” (Sen. Med., v. 290).

Medea implora che la partenza sia procrastinata al giorno seguente, il tempo necessario ad acquistare scarpe nuove per i suoi bambini. Ella si appella alla sensibilità di Creonte, anch’egli padre, affinché si intenerisca di fronte ai figli rinnegati da Giasone. Medea chiede, infatti, che egli abbia pietà delle loro ‘soles’, sostantivo che indica le piante dei piedi dei bambini e, al contempo, può essere sostituito con il semi-omofono ‘souls’, per designare le loro anime. La protagonista utilizza l’aggettivo ‘bootless’ che, se riferito ai figli assume il significato di ‘senza calzature’, se riferito alle sue preghiere ne denota l’insuccesso. Creonte, mosso a compassione, acconsente alla posticipazione dell’esilio, ritenendo che un singolo giorno non sia sufficiente per architettare alcun piano di vendetta.

Il dialogo è plasmato sul precedente euripideo, poiché vengono mantenute le argomentazioni di entrambi i personaggi, modernizzate dall’autore. Se nella fonte Medea necessita di un giorno per “pensare […] a come mantenere i miei figli” (Eur. Med., vv. 341-342), nell’extravaganza ella esplicita il bisogno di rinnovare il loro guardaroba, una motivazione semplice e concreta che suscita l’ilarità degli spettatori. In entrambe le opere, Medea cita la noncuranza di Giasone e fa appello alla paternità di Creonte144. Comune alle due versioni del mito è anche la convinzione del sovrano,

che nella tragedia di Euripide sostiene: “rimani, per un giorno solo: non avrai il tempo di commettere le azioni terribili che temo” (Eur. Med., vv. 355-356).

144 Medea afferma: “[…] dei figli il padre non si cura. Abbi pietà di loro, sei padre anche tu”.

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Grazie all’espediente dei figli, Medea riesce a raggiungere l’obiettivo prefissatosi all’inizio del dialogo: con tono falsamente lusinghiero, ella non desidera che Creonte revochi il mandato d’esilio, ma che le accordi il tempo di permanenza necessario a concretizzare il progetto di vendetta. Il sovrano, che si definisce “tender-hearted” (GoldF, p. 32), riconosce di aver agito follemente e ingiunge a Medea di affrettarsi a compiere le sue commissioni, poiché il ritardo sarà punito con la morte. Allo stesso modo, il sovrano ritratto da Euripide confessa: “Non ho davvero il cuore di un tiranno e spesso la mia pietà mi ha rovinato; anche ora so di sbagliare” (Eur. Med., vv. 348- 350) e minaccia: “ti avverto, se all’alba di domani tu e i tuoi figli sarete ancora entro i confini di questa terra morirai” (Eur. Med., vv. 352-354).

Una differenza rispetto all’opera di Euripide concerne la manifestazione degli intendimenti dell’eroina: se Planché prevede che ella palesi la volontà di ingannare il sovrano all’inizio del dialogo con Creonte, quando afferma che “I’ll dissemble, and gain so time” (GoldF, p. 31), Euripide relega l’esternazione ad un momento successivo, in cui Medea indirizzandosi al coro rivela: “Pensi davvero che lo avrei blandito se non per tramare a mio vantaggio?” (Eur. Med., vv. 368-369). L’esplicitazione anticipata della menzogna contribuisce a fornire un ritratto di Creonte ancor più credulo ed ingenuo e, parallelamente, un ritratto di Medea ancor più ingannatrice.

Il re di Corinto, Medea e il coro intonano il trio Midas:

CRE. Would you live another day, ma'am, I'd advise you off to trot;

If you like it better stay, ma'am, If you like it better stay, ma'am, But if you do you'd better not. Fol de rol de rol, &c.

MED. Fol de rol de rol, &c. CHORUS Fol de rol de rol, &c.

MED. (to CREON) From you I can hope no quarter, So to move I can't refuse.

But I think I see his daughter (aside to CHORUS)

But I think I see his daughter Standing in Medea's shoes! Fol de rol de rol, &c.

128 CHORUS, (aside) to MEDEA) Fol de rol de rol, &c.

ALL. Fol de rol de rol, &c. (GoldF, p. 32-33)

Midas è il titolo della ‘burletta’ di argomento classico scritta da Kane O’Hara, dove viene eseguita la canzone All around the maypole, una rielaborazione della ballata popolare The old woman and the pedlar. Planché recupera il ritornello privo di significato ‘fol de rol’, e mantiene due delle parole rima, nello specifico ‘trot’ e ‘not’145.

La prima strofa è composta da cinque versi ed è cantata da Creonte per reiterare la minaccia di morte. La seconda, anch’essa articolata in cinque versi, viene intonata da Medea che si risolve alla partenza e confida al coro l’impressione di intravedere Glauce ‘standing in Medea’s shoes’. La frase idiomatica implica che la figlia di Creonte occupi la stessa posizione di Medea, in qualità di moglie di Giasone. Allo stesso tempo, essa allude proletticamente alla sorte di Glauce che, come si evince dalla seguente canzone eseguita dall’eroe, è verosimilmente destinata ad essere abbandonata.