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3. L’opera

3.5 Il secondo atto: Medea in Corinth

3.5.2 L’ingresso di Medea

La protagonista fa il suo ingresso sul palcoscenico e inizia un monologo che si apre con l’invocazione di Teseo e Diana. Teseo è l’eroe con cui Giasone aveva istituito un paragone al momento dell’incontro con Medea nel tempio di Ecate (GoldF, p. 19). Nonostante abbia condannato il suo comportamento, Giasone ha abbandonato Medea esattamente come Teseo ha abbandonato Arianna. Diana, invece, è la dea a cui tradizionalmente si sovrappone Ecate, invocata dalla protagonista anche nella tragedia di Euripide (Eur. Med., v. 160). Medea si presenta nella condizione di moglie rinnegata e tradita dall’uomo “To whom, in lawful wedlock, I'm united” (GoldF, p. 29) e si definisce “of two chopping boys the mother!” (GoldF, p. 29). Tale affermazione lascia trapelare il disinteresse di Giasone per la sorte dei bambini che, nel precedente euripideo, viene alla luce grazie alle parole del pedagogo “lui non ha più amore per questa casa” (Eur. Med., vv. 77).

Medea intona una canzone dal titolo The Fine Young English Gentleman. Planché riscrive il testo dell’omonima ballata popolare, che è a sua volta una parodia della

129 “wig v.2” (2), OED Online, “To rebuke or censure severely, scold, rate. Also rarely intr. with at.

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canzone The Fine Old English Gentleman. La ballata schernisce lo stile di vita agiato dei giovani britannici130, mentre la versione di Planché, che preserva le rime

dell’originale, serve a Medea per ritrarre le abitudini dell’eroe greco Giasone. Essa è composta da quattro strofe, di quattro versi ciascuna, intervallate da un ritornello. Nella prima strofa, Medea annuncia il tema che sta per trattare:

I'll tell you a sad tale of the life I've been led of late, By the false Boeotian Boatswain, of whom I am the mate: Who quite forgets the time when I pitied his hard fate, And he swore eternal constancy by all his gods so great; Like a fine young Grecian gentleman

One of the classic time (GoldF, p. 29-30)!

Medea è stata abbandonata dal marito, ‘falso nostromo della Beozia’, definizione che rimanda al passato di Giasone come Argonauta. Egli ha dimenticato l’aiuto concesso dalla giovane che gli ha garantito la conquista del vello d’oro e, allo stesso modo, ha dimenticato il giuramento di eterna fedeltà. Il ritornello, costituito dagli ultimi due versi, sembra suggerire che il comportamento di Giasone sia tipico di tutti gli uomini greci.

Questa strofa mette in rilievo l’oblio di Giasone, il cui ritratto di eroe immemore è presente in tutti i testi della tradizione classica. Nella tragedia di Euripide, Medea rimprovera a Giasone di aver trasgredito il senso di giustizia, dimenticando il giuramento e l’aiuto offertogli (Eur. Med., vv. 492-499). Si è già osservato come, nel poema di Apollonio, la protagonista sia costretta a ricordare a Giasone la sua promessa di matrimonio al momento della fuga dalla Colchide131. Nelle Heroides di

Ovidio, Medea si scaglia contro un Giasone definito “immemor” (Ov. Her., XII, v. 16), non solo della promessa di eterna fedeltà sancita dal matrimonio, ma anche delle innumerevoli azioni criminose di cui la protagonista si è macchiata per aiutare

130 Per il testo della canzone si veda The British minstrel: A choice collection of modern songs,

London, T. Allman 1848, pp. 116-117.

131 Appena salita a bordo della nave Argo, Medea afferma: “Io vi darò il vello d’oro, addormentando

il serpente / custode: ma tu, straniero, davanti ai compagni, / prendi gli dei a testimoni della promessa / che mi hai fatto […]”. Apollonio Rodio, Le Argonautiche, IV, vv.87-90. Inoltre, Medea percepisce la decisione di Giasone di consegnarla alla sorte di un arbitrato come un atto di dimenticanza. Cfr. Apollonio Rodio, Le Argonautiche, IV, vv. 335-390.

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l’amato. Nella tragedia di Seneca, Giasone è ritratto come dimentico del vincolo matrimoniale che lo unisce a Medea, da lei costretto a ricordare, infine, per mezzo della terribile vendetta132.

Le tre strofe successive confrontano lo stile di vita dei coniugi durante il loro soggiorno a Corinto: nella seconda strofa, Medea afferma che Giasone vive a palazzo, mentre lei ed i figli sono costretti ad abitare “in a back two pair” (GoldF, p. 30), ossia una stanza situata al secondo piano di una casa133. La moglie non può permettersi un

cambio d’abito, mentre il marito sperpera i suoi soldi per compiacere la nuova amata. Nella terza strofa, Medea lamenta la sua condizione di donna lasciata a “darn his stockings, and mope in the house all day” (GoldF, p. 30), mentre Giasone si reca a teatro a vede l’Antigone, rimane fuori per cena con chiunque incontri e, infine, torna a casa barcollando, a causa dell’eccessivo consumo di birra. La menzione dell’Antigone costituisce un riferimento all’opera in scena a Covent Garden, musicata da Mendelsshon (1845).

Nella quarta strofa, Medea descrive le conseguenze dello stato di ubriachezza del marito:

Then his head aches all the next day, and he calls the children a plague and a curse, And makes a jest of my misery, and says, ‘I took him for better or worse’,

And if I venture to grumble, he talks, as a matter of course, Of going to modern Athens, and getting a Scotch divorce! Like a base young Grecian gentleman,

One of the classic time (GoldF, p. 30).

Colpito dal mal di testa, Giasone maledice i figli e recita la formula del rito nuziale pronunciata da Medea, come se volesse obbligarla a tollerare le sue negligenze, a sopportarlo ‘nella gioia e nel dolore’. Se la moglie osa rimproverarlo, Giasone le

132 È Seneca, nello specifico, a riferirsi esplicitamente alla condanna di Giasone, a cui Medea

indirizza il suo augurio “vivat tamen / memorque nostri muneri parcat meo”. Seneca, Medea, vv. 141-142.

133 “two” (C2), OED Online, “two-pair adj. (in full two-pair-of-stairs), situated above two ‘pairs’ or

flights of stairs, i.e. on the second floor; also ellipt. as n. (scil. room)”. È interessante notare come, parlando di denaro, Medea si riferisca al “farthing” (GoldF, p. 30), cioè ad un quarto di penny, mentre in un precedente intervento, il coro ha citato i “talents” (GoldF, p. 29). Si assiste, dunque, all’alternanza tra la sterlina, la moneta in uso in Gran Bretagna, e i talenti, la moneta dell’antica Grecia.

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propone di recarsi ad Edimburgo, in Scozia, per poter divorziare. Edith Hall, nel suo articolo “Medea and British Legislation before the First World War”, nota come il lamento di Medea si sovrapponga a quello delle donne ottocentesche, che si interrogano sulla legittimità del divorzio nel caso i cui i mariti non abbiano più intenzione di assolvere ai loro doveri coniugali e di padri. Nello specifico, la studiosa ricorda come, in caso di adulterio, nel 1845 fosse effettivamente possibile divorziare in Scozia, con costi relativamente moderati134.

L’intera canzone, se letta in parallelo al primo monologo della protagonista nella Medea di Euripide, mostra interessanti punti di contatto con la fonte classica. Il personaggio euripideo ritiene cha la chiave per la durata di un matrimonio sia l’armonia di coppia. Se il disaccordo si insinua tra i coniugi, si aprono due scenari opposti per l’universo maschile e quello femminile: “Quando si stanca di stare a casa, l’uomo può andarsene fuori e vincere la noia in compagnia di coetanei o amici: noi donne invece dobbiamo restare sempre con la stessa persona” (Eur. Med., vv. 244- 247). La meditazione sulla condizione della donna della Medea di Euripide coincide con quella verbalizzata dalla Medea di Planché, sebbene quest’ultima venga corredata da una serie di dettagli che richiamano la realtà ottocentesca. Analogamente, la sostituzione dell’aggettivo ‘grecian’ nel titolo della ballata The Fine Young English Gentleman, suggerisce la ripetitività dei comportamenti maschili e l’eterna sottomissione della donna, oltre all’assoluta modernità di Euripide.

Il coro, che assiste alla performance canora di Medea, immagina che la protagonista non tolleri passivamente gli atteggiamenti ingiuriosi del marito. Ella esterna, quindi, i propositi di vendetta in maniera generica e, parallelamente a quanto descritto dalla tragedia euripidea, invita l’interlocutore al silenzio con la similitudine “But whatsoe'er my project, be thou dumb As doleful Dido” (GoldF, p. 30). Il riferimento all’Eneide di Virgilio introduce la figura di un’altra donna abbandonata, la regina cartaginese Didone che assiste alla partenza dell’amato Enea e, per la sofferenza, si

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suicida. L’uso dell’aggettivo ‘dumb’ rimanda al silenzio di Didone in occasione dell’incontro con Enea negli Inferi135.

Il coro sostiene di non aver l’intenzione di svelare i piani di Medea, poiché dichiara: “Madam, I am mum” (GoldF, p. 30). L’allitterazione di [m] riproduce il borbottio del personaggio. Come nel testo di Euripide, dove il coro sostiene: “È giusto che tu voglia vendicarti del tuo sposo” (Eur. Med., vv. 267), il coro di Planché si mostra nuovamente solidale a Medea nell’affermare che "All decent people sure your side must be on” (GoldF, p. 30) e, infine, annuncia l’arrivo di Creonte.