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3. L’opera

3.4 Il primo atto: Jason in Colchis

3.4.6 L’incontro di Giasone e Medea presso l’altare della dea Ecate

Medea entra in scena portando con sé una piccola scatola dorata e Giasone la segue. L’eroe prende per primo la parola per supplicare la fanciulla di aiutarlo nel superamento delle prove. Egli definisce Medea “fair enchantress, too bewitching

76 Si veda, a tal proposito “Phryxus”, J. Lemprière, Classical Dictionary.

77 Apollonio ricorda come l’indovino Mopso consigli a Giasone: “Va’ al tempio della dea Ecate, e

troverai la fanciulla […]”. Apollonio Rodio, Le Argonautiche, III, v. 490. Analogamente, Ovidio colloca l’incontro dei protagonisti presso gli “antichi altari di Ecate”. Ovidio, Le Metamorfosi, VII, v. 74.

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maid” (GoldF, p. 19), attributi che enfatizzano nuovamente la sua identità di maga e incantatrice. Come nelle Argonautiche, Giasone si pone in qualità di “supplice ed ospite” (Ap. Arg., III, v. 987), inginocchiandosi al cospetto di Medea. In The Golden Fleece, però, egli esplicita immediatamente i suoi sentimenti, presentandosi come “doating lover” (GoldF, p. 19).

Per convincere la fanciulla ad assecondare la sua richiesta, Giasone instaura un parallelismo con Teseo, aiutato da Arianna ad uscire dal labirinto e a sconfiggere il Minotauro. La similitudine è mutuata dal poema di Apollonio, in cui il protagonista afferma che “Anche Teseo fu salvato nella durissima prova / da un affetto di vergine, da Arianna […]” (Ap. Arg., III, v. 997-1001). Nelle Argonautiche, Medea consegna il filtro magico a Giasone e, successivamente, chiede informazioni inerenti alla sorte di Arianna, particolare che l’eroe astutamente tace78. Al contrario, nell’extravaganza di

Planché, è Medea ad individuare la falla contenuta nell’argomentazione di Giasone: ella ricorda come Arianna sia stata ingannata ed abbandonata, costretta a rifugiarsi presso il dio Bacco e, di conseguenza, nell’alcolismo, “that is, took to drink” (GoldF, p. 19). La protagonista articola un perfetto sillogismo, per cui “should Fate decree / As A to B, so C would be to D” (GoldF, p. 19). Secondo il suo ragionamento, alla lettera ‘A’ corrisponde Teseo che abbandona ‘B’, cioè Arianna. Allo stesso modo, è probabile che Giasone, designato con la lettera ‘C’, si separi da ‘D’, ossia Medea stessa. Giasone rovescia la prospettiva affermando: “If I be C, and D my friend in need, / When C proves false to D, may C be D — d!” (GoldF, p. 19). Giocando con l’omofonia della pronuncia della lettera ‘d’ e quella di ‘deed’79, un eufemismo che sostituisce il

termine ‘damned’, Giasone condanna i comportamento di Teseo. Inoltre, l’eroe presenta ‘D’, cioè Medea, come bisognosa di aiuto, travisando ironicamente lo stato dei fatti: è lui che sta implorando la fanciulla di assisterlo nel superamento delle prove imposte da Eeta.

78 “[…] E parlami della fanciulla / che prima hai nominato, l’illustre figlia di Pasifae, che fu sorella a

mio padre”. Apollonio Rodio, Le Argonautiche, III, vv. 1074-1076.

79 “dee” (a), OED Online, “Pronunciation of d ——, euphemistic for damn (see D n. 3); usually in pa.

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Medea invoca Ecate e giura eterna fedeltà a Giasone, invitando la dea, se non dovesse tener fede alla sua promessa, a “Send me to Hades by the first down train” (GoldF, p. 19). Di indubbio effetto ironico è il riferimento ad un mezzo di trasporto contemporaneo per raggiungere gli Inferi.

In seguito, Medea fornisce all’eroe le indicazioni per utilizzare l’unguento magico: spalmandolo sul corpo, egli sarà in grado di “take Bulls by the horns” (GoldF, p. 20), frase interpretabile sia in senso letterale, dal momento che Giasone dovrà aggiogare dei tori, sia nell’accezione metaforica di affrontare coraggiosamente le difficoltà. Inoltre, il filtro magico renderà più veloce l’aratura del campo80. Una volta nati i

guerrieri, Giasone dovrà lanciare contro di loro una pietra e ciò farà sì che si uccidano l’un l’altro. Queste istruzioni si accordano perfettamente a quelle impartite da Medea nelle Argonautiche, ma Planché non include il rito propiziatorio che Giasone avrebbe dovuto compiere per ingraziarsi la dea Ecate, precedentemente invocata da Medea81.

Inoltre, se Apollonio si riferisce all’unguento denominandolo “filtro di Prometeo” (Ap. Arg., III, v. 845), in The Golden Fleece esso viene chiamato genericamente “ointment” (GoldF, p. 19).

Medea termina il suo intervento offrendosi di preparare una pozione che annienti il pericolo del drago, elemento che, nel poema di Apollonio, viene alla luce solo al momento dell’effettiva conquista del vello. Infine, è interessante osservare come la Medea di Planché non auguri a Giasone di tornare in Grecia dopo aver raggiunto il suo scopo, come invece è previsto dalla versione del mito proposta nelle Argonautiche82. L’eroe, infatti, nel presentarsi in qualità di ‘lover’ ha già palesato il

suo sentimento e, biasimando la condotta di Teseo, ha promesso, in forma indiretta, fedeltà all’amata.

Nella battuta successiva, Giasone formula la proposta di matrimonio, a cui segue la reazione dalla fanciulla:

JAS. My dear Medea! O Medea, my dear!

80 “bull” (1c), OED Online, “to take the bull by the horns: to meet a difficulty with courage”. 81 Per le istruzioni sull’utilizzo del filtro si veda Apollonio Rodio, Le Argonautiche, III, vv. 1025-1059. 82 “[…] andrai dove ti piace, / dove ti è caro, quando sarai partito da questo luogo”. Apollonio

97 How shall I make my gratitude appear?

If I succeed, I swear, to Greece I'll carry you, And there, as sure as you're alive, I'll marry you. MED. Enough, I take your word, and you my casket. My heart was Jason's ere he came to ask it.

But oh, beware! I give you early warning.

If, your pledged faith and my fond passion scorning, You with another venture to philander,

To the infernal regions off I'll hand her, And lead you such a life as on my word will

Make e'en the cream of Tartarus to curdle (GoldF, p. 20).

L’eroe, in segno di gratitudine, giura di condurre Medea in Grecia e di sposarla. In risposta, ella suggella il patto: Giasone le dà la sua parola e Medea consegna il cofanetto contenente l’unguento. Solo al momento della promessa, quindi, Medea consegna il filtro a Giasone, contrariamente a quanto avviene nelle Argonautiche, dove prima la giovane porge il filtro e, in seguito, l’eroe palesa la sua volontà83.

Nonostante il giuramento, Medea minaccia Giasone, sostenendo che, in caso di tradimento, ella ucciderà la sfortunata amante e condannerà il suo sposo ad una vita di sofferenze tali da far coagulare il ‘cremortartaro’, una sostanza chimica in cristalli che è impossibile addensare84. È evidente l’anacronismo insito nell’attribuzione di

una tale affermazione ad un personaggio della letteratura classica. Al contempo, però, il termine ‘Tartarus’evoca l’inferno e dota la minaccia di Medea di connotati mortiferi che anticipano, con una precisione estranea ai testi della tradizione, la sorte degli amanti85.

In conclusione, Planché modifica alcuni dettagli rispetto ai testi della tradizione, per attuare il progetto di redenzione dell’eroina: Medea è attenta a svelare l’inganno del paragone istituito da Giasone con Teseo ed Arianna, astuta ad aspettare il momento del giuramento per consegnare il filtro, lungimirante a minacciare l’eroe in maniera

83 Giasone afferma: “Dividerai con me il letto nuziale / legittimo” prima di prendere congedo da

Medea. Cfr. Apollonio Rodio, Le Argonautiche, III, v. 1128-1129.

84 “tartar” (1a), OED Online, “Chem. Bitartrate of potash (acid potassium tartrate), present in grape

juice, deposited in a crude form in the process of fermentation, and adhering to the sides of wine- casks in the form of a hard crust, also called argal or argol n.1, which in the crude state varies from pale pink to dark red, but when purified forms white crystals, which are cream of tartar”.

85 Nelle Argonautiche, la minaccia di Medea è egualmente violenta ma di carattere generico: la

protagonista assicura a Giasone che lo perseguiterà, se mai dovesse dimenticarsi di lei. Cfr. Apollonio Rodio, Le Argonautiche, III, vv. 1109-1116.

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dettagliata. L’autore evita, in questo modo, che ella possa essere rimproverata per aver agito con eccessiva leggerezza.

Giasone e Medea intonano un duetto intitolato Ebben a té ferisce, tratto dalla Semiramide di Gioacchino Rossini86. L’opera lirica, rappresentata a Londra il 14 aprile

1824, racconta il complotto organizzato dalla regina Semiramide per uccidere il marito e far salire al trono il complice Assur. Il figlio Arsace, però, scopre l’inganno, si risolve a vendicare l’omicidio del padre giustiziando Assur, ma pugnala per errore la madre. Il duetto rossiniano è cantato da Semiramide e Arsace: la regina teme che il figlio voglia punirla per l’assassinio del padre, sebbene ella lo abbia designato come erede al trono, venendo meno al patto stipulato con Assur. Sulla stessa melodia, i protagonisti dell’extravaganza di Planché intonano un canto che invoca la Luna e Febo Apollo come testimoni della promessa di matrimonio. Questa, per Medea e Giasone, dovrebbe essere la celebrazione di un lieto evento, ma il richiamo intertestuale all’opera rossiniana introduce un’atmosfera funesta, poiché l’opera Semiramide pone l’accento sul tema del tradimento e su quello della morte, che saranno centrali nello sviluppo dell’extravaganza.

Al duetto, segue l’aria intitolata Giorno d’orrore, anch’essa tratta dalla sopracitata opera di Rossini. L’aria originale è eseguita da Semiramide e Arsace, ormai deciso a perdonare la madre nonostante il delitto commesso e determinato a vendicare il padre giustiziando Assur. Nell’opera di Planché, i protagonisti celebrano, sulle medesime note, l’imminente vittoria di Giasone nelle prove imposte dal re da Eeta, affermando: “Oh, how, then, crow will he over papa! / I o’er her papa!” (GoldF, p. 21). Se nell’opera di Rossini l’aria inneggia all’amore filiale, l’extravaganza esalta, al contrario, il tradimento di Medea, che offre il suo aiuto allo straniero contro la volontà del padre.

I protagonisti progettano, poi, la loro vita futura:

MED. Then serenely to distant Thessalia, Colchian Medea the sea will cross o'er; JAS. There a queen, in all her regalia,

99 She a palace will reign in once more.

MED. Oh, an Alpha Cottage with thee, love, I could share, nor deem it a bore!

JAS. And with thee content I could be, love, In the poorest attic floor!

But 'tis time that off I went, O!

Soon we meet to part no more (GoldF, p. 21)!

Ironicamente, Medea si definisce colchica nel momento in cui tradisce la sua madrepatria per schierarsi con Giasone. Allo stesso tempo, l’aggettivo viene giustapposto al termine ‘Thessalia’, a far presagire l’estraneità dell’eroina rispetto alla terra che la accoglierà. In maniera simile, Ovidio caratterizza ripetutamente Medea come “donna della Colchide” nella sezione del libro VII delle Metamorfosi dedicata alla narrazione degli incantesimi da lei compiuti, una volta raggiunta la Grecia87.

Nell’extravaganza di Planché, Giasone assicura a Medea che in Grecia ella potrà nuovamente godere dei benefici del suo status di regina. Tale promessa fa eco al passo delle Argonautiche in cui Giasone sostiene che “gli altri eroi, / ritornati in terra di Grecia, ti celebreranno […]"(Ap. Arg., III, vv. 992-993). Le promesse di gloria, però, non interessano Medea, che si dice lieta di condividere con l’amato un semplice ‘Alpha cottage’, ossia una tipica abitazione inglese. L’eroe rincara la dose, palesando il desiderio di occupare il più povero degli ‘attic floors’.

Prima che si allontani, Medea sente la necessità di ammonire ancora una volta Giasone: “Be this charm a sweet memento / Of the maid whom you adore!” (GoldF, p. 21). La battuta della protagonista si collega al tema della memoria, che gioca un ruolo preponderante in tutti i testi della tradizione classica, ma soprattutto nel poema di Apollonio, dove Medea intima all’eroe di ricordare come il suo incantesimo lo abbia salvato dalla morte88 e nella dodicesima delle Heroides di Ovidio, in cui

l’autrice dell’epistola scrive con lo scopo di ricordare a Giasone “quando chiedesti il soccorso alla mia arte”89.

87 Si veda, a tal proposito, Ovidio, Le Metamorfosi, VII, vv. 301, 331, 348.

88 Nello specifico, Medea afferma: “che io ti guardi negli occhi, / ti rimproveri e ti ricordi che fu solo

per mio volere / che sei sfuggito alla morte” Apollonio Rodio, Le Argonautiche, III, vv. 1115-1116.

89 Ovidio, Lettere di Eroine, trad. it. a cura di G. Rosati, Milano, Biblioteca Universale Rizzoli 2005,

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