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3. L’opera

3.4 Il primo atto: Jason in Colchis

3.4.2 L’arrivo di Giasone in Colchide e l’incontro con Eeta

Terminato il prologo, Eeta prende finalmente la parola e chiede a Giasone chi sia e le ragioni che lo hanno spinto a viaggiare sino alla Colchide. Il dialogo inizia in maniera diversa rispetto a quanto descritto nelle Argonautiche di Apollonio Rodio, dove Giasone è al cospetto del re accompagnato da Telamone, Augia e dai figli di Frisso e Calciope38. Argo, il maggiore di essi, viene immediatamente riconosciuto dalla madre,

figlia di Eeta e sorella di Medea, ed egli introduce Giasone al sovrano39. In The Golden

Fleece, invece, il comandante degli Argonauti è l’unico interlocutore di Eeta, al quale

37 La traslitterazione dell’alfabeto greco è oggetto di controversie nel corso dell’Ottocento. È

possibile, pertanto, che la lettera greca ‘y’ trovi il suo corrispettivo sia nella lettera ‘u’, sia nella ‘y’. Cfr. “upsilon” (1), OED Online, “(The name of) the 20th letter of the Greek alphabet, Υ, υ (originally V, Y). In transliterating ancient Greek, usually rendered as u or y”.

38 Secondo la versione del mito narrata da Apollodoro, i figli di Atamante e Nefele, Frisso ed Elle,

sfuggono alle angherie della matrigna Ino volando sul vello d’oro di un montone. Nel viaggio, Elle cade in mare, mentre Frisso raggiunge la Colchide. Egli sacrifica il montone e dona il vello ad Eeta, che gli dà in sposa sua figlia Calciope. Da quest’ultima, egli ha quattro figli: Argo, Mela, Fronti e Citistoro. Cfr. Apollodoro, Biblioteca, I, 9, I. Secondo un’altra versione del mito, Eeta uccide Frisso poiché ha un oracolo gli ha predetto che sarebbe stato ucciso da un discendente della stirpe di Eolo. (“Sed veritus est Aeeta, ne se regno eicerent, quod ei responsum fuit ex prodigiis ab advena Aeoli filio mortem caveret; itaque Phrixum interfecit”, Hyginus, Fabulae, a cura di P. K. Marshall, Monaco e Lipsia, K. G. Saur 2002, p. 17). È verosimile, però, che Planché abbia seguito la narrazione proposta dal dizionario mitologico di Lemprière, secondo cui Eeta “killed Phryxus son of Athamas, who has fled to his court on a golden ram. This murder he committed to obtain the fleece of the golden ram”. “AEeta”, J. Lemprière, Classical Dictionary.

39 Per la descrizione del dialogo tra Eeta e i suoi nipoti, figli di Frisso, si veda Apollonio Rodio, Le

Argonautiche, trad. it. a cura di G. Paduano e M. Fusillo, Milano, Biblioteca Universale Rizzoli 2010,

III, vv. 302-366. Giasone è presentato da Argo come “Colui per il quale / gli altri si sono raccolti da tutte le parti dell’Ellade / ha nome Giasone, figlio di Esone, figlio di Creteo […]”. Apollonio Rodio,

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si presenta affermando: “My name is Jason, now perhaps you'll guess / My errand here” (GoldF, p. 14). La battuta di Giasone mette in rilievo la centralità del nome, che dovrebbe, secondo il personaggio, essere sufficiente a far indovinare ad Eeta le ragioni sottese alla spedizione. Il nome, concepito come mezzo attraverso il quale si perpetra la memoria, ha un ruolo di primaria importanza sin dai testi della tradizione classica, dove viene però associato al personaggio di Medea e non a Giasone. Nel poema di Apollonio, la protagonista intima allo straniero: “Ricordati, quando sarai tornato nella tua patria, / del nome di Medea” (Ap. Arg., III, vv. 1069-1070) ma egli, in fuga dopo aver sottratto il vello, dimentica immediatamente la sua promessa di matrimonio, consegnando l’amata alla sorte di un arbitrato. Planché mostra, dunque, l’assurda coincidenza di un personaggio tradizionalmente immemore che pretende, pronunciando il suo nome, di risvegliare la memoria di Eeta.

Per suscitare il ricordo del sovrano, Giasone sembra far leva sulla sua fama di eroe. Già nella tragedia di Euripide si profila il motivo della fama, nel momento in cui Giasone ridimensiona il contributo di Medea nella conquista del vello: egli attribuisce ad Eros l’innamoramento della giovane e rivendica i meriti di quelle che definisce “le mie imprese”40. Il tema diventa preponderante nelle rivisitazioni moderne del mito.

Nella tragedia di Pierre Corneille, l’eroe si gloria con il compagno Polluce delle conquiste amorose che gli hanno permesso di realizzare con successo ogni suo desiderio, a partire da Issipile che offre un alloggio agli Argonauti nell’isola di Lemno, Medea che rende possibile la conquista del vello e, infine, Creusa che salverà il protagonista dalla furia di Acasto. Giasone ricorda come, nell’opinione di Creonte e Creusa, egli valga “plus qu’un roi”41. Inoltre, nella Medea di Franz Grillparzer, Giasone

rievoca il suo passato d’eroe per far breccia nel cuore di Creusa, riferendosi al momento della partenza degli Argonauti dei quali “Anche l’ultimo […] era un re, un eroe e tutti circondavano, pieni di devozione e rispetto, il loro nobile condottiero”42.

Egli si definisce la “colonna” (Gril. Med., p. 127) dello stuolo d’eroi partito per la

40 Euripide, Medea, trad. it. a cura di M. G. Ciani, Venezia, Marsilio 1997, v. 545. 41 P. Corneille, Medéé, Genève, Librairie Droz 1978, Atto I, Scena 1, v. 112.

42 F. Grillparzer, Medea, trad. it. a cura di M. G. Amoretti, in M. G. Amoretti (ed.), Teatro, Milano,

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Colchide e rammenta con nostalgia che “quel popolo esultante osannava me” (Gril. Med., p. 127).

Inoltre, Giasone si rivolge al sovrano con un’impudenza che poco ricorda il timoroso e forse troppo diplomatico protagonista delle Argonautiche, che mira ad ottenere il vello con un accordo pacifico, esprimendosi “in tono cortese” (Ap. Arg., III, v. 385)43.

In The Golden Fleece, il personaggio sembra mettere in dubbio l’autorità regale con la frase “if you are no less” (GoldF, p. 14) e, per questo, Eeta sente la necessità di presentarsi come “Sun of the Sun” (GoldF, p. 14), una semi-omofonia con ‘son of the Sun’, e “grand-son of the Ocean” (GoldF, p. 14). Secondo Apollodoro, infatti, il re della Colchide è figlio di Elio, il Sole, e dell’oceanina Perseide.

Non volendo fare ipotesi sul motivo della presenza di Giasone, Eeta lo invita a ricordare di mostrare rispetto al suo interlocutore ed esprimersi più chiaramente. L’eroe intona, così, l’aria intitolata I am a brisk and lively lad, che esplicita le cause del viaggio degli Argonauti:

I am a brisk and lively lad, As ever sailed the seas on,

Cretheus was old AEson's dad, And I'm the son of AEson! With a yeo, yeo, yeo, yeo, &c.

A martyr to rheumatic gout, A feeble king was he, sir; So uncle Pelias kicked him out, And packed me off to sea, sir. With a yeo, yeo, yeo, yeo, &c.

And now I've with a jolly crew, Sailed in the good ship Argo, To rub off an old score with you, Then back again to pa go.

With a yeo, yeo, yeo, yeo, &c (GoldF, p. 14).

Planché sfrutta una canzone marinaresca popolare, I am a brisk and sprightly lad, di cui preserva il ritornello, “With a yeo, yeo, yeo, yeo, &c.”44, e l’utilizzo di ‘sir’ come

43 Apollonio ricorda anche come Giasone parli “[…] con voce soave, adulandolo [..]”. Apollonio

Rodio, Le Argonautiche, III, v. 396.

44 “I am a brisk and sprightly lad, / But just come home from sea, sir. / Of all the lives I ever led, / A

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parola rima. Tale canzone trasforma gli eroi classici in marinai britannici, tracciandone un ritratto ironico e indubbiamente più familiare per il pubblico ottocentesco. Il testo è suddiviso in tre strofe: nella prima, Giasone si descrive come un giovane allegro e vivace, figlio di Esone e nipote di Creteo; nella seconda egli illustra come il padre sia stato spodestato da suo zio Pelia e, infine, nella terza strofa, rivela il motivo del suo viaggio, ossia la necessità di “rub off an old score with you” (GoldF, p. 14). Planché dissemina il testo di giochi di parole basati sull’omofonia, come nel caso di “Cretheus was old AEson's dad, And I'm the son of AEson!” (GoldF, p. 14): se sostituiamo la seconda occorrenza del termine ‘Aeson’ con ‘his son’, Giasone si presenta come figlio del figlio di Creteo.

L’eroe specifica, contrariamente a quanto avviene nei testi della tradizione, che il padre Esone è malato di gotta45. Si tratta di una patologia del metabolismo provocata

da un’eccessiva concentrazione di acidi urici, legata ad un elevato consumo di carne e selvaggina, che produce l’infiammazione delle articolazioni. Per il suo legame con l’alimentazione tipica dei ceti nobiliari, la gotta è comunemente definita la ‘malattia dei re’46 e, pertanto, essa sembra appropriata al personaggio di Esone, visto il suo

status di sovrano.

Un’ultima considerazione riguarda la volontà di Giasone di ‘pareggiare un vecchio conto’ con Eeta, reiterata poco dopo dall’affermazione “In one word, then, you killed my cousin Phryxus, / And we are come for vengeance!”47 (GoldF, p. 14). Egli manifesta

un desiderio di vendetta estraneo al poema di Apollonio, dove Frisso non è stato ucciso dal re della Colchide. Al momento dell’incontro con gli Argonauti sull’isola di

yeo! / What girl but loves the merry tar, / We o'er the ocean roam, sir. / In every clime we find a port, / In every port a home, sir. / Yeo & c. / But when our country's foes are nigh, / Each hastens to his guns, sir. / We make the boasting Frenchman fly, / And bang the haughty Dons, sir. / Yeo & c. / Our foes reduced, once more on shore, / And spend our cash with glee, sir. / And when all's gone we drown our care, / And out to sea again, sir. / Yeo & c.”. C. Stone (ed.), Sea Songs and

Ballads, Oxford, Clarendon Press 1906, pp. 34-35.

45 Nelle Argonautiche non ci sono riferimenti alla malattia di Esone. Nelle Metamorfosi, Ovidio lo

ritrae come “vecchio avanzato e prossimo alla morte”. Ovidio, Le Metamorfosi, trad. it. a cura di M. Scaffidi Abbate, Roma, Newton Compton 2011, VII, v. 163. Anche il dizionario mitologico di Lemprière ricorda come egli fosse “very infirm”. Cfr. “AEson”, J. Lemprière, Classical Dictionary.

46 C. R. MacKenzie, “Gout and Hyperuricemia: an Historical Perspective”, Current Treatment

Options in Rheumatology, CXXX: 1 (2015), p. 127.

47 Attribuendo ad Eeta l’omicidio di Frisso, Planché mostra di seguire la versione del mito riassunta

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Ares, infatti, Argo ricorda come Frisso sia morto in età avanzata, dopo essere stato benevolmente accolto da Eeta48. Nell’opera di Planché, invece, Giasone palesa con

forza ed insistenza la sua volontà di vendicare Frisso e sembra essere dotato di un ardore sconosciuto al protagonista delle Argonautiche, di cui viene sottolineato l’antieroismo, l’irresolutezza, l’assenza del coraggio49.

Eeta non comprende il linguaggio di Giasone e, nello specifico, non riesce a decodificare l’assurdo ritornello della canzone marinaresca, come si evince dall’affermazione "’Yeo! yeo! yeo! yeo!’ I never heard such lingo." (GoldF, p. 14). L’enfasi sull’incomprensione linguistica introduce il tema della distanza culturale che separa Giasone, l’emblema della civiltà greca o, in questo caso, britannica, da Medea, la personificazione della barbara Colchide. I testi classici non menzionano alcun tipo di barriera linguistica che divide i due popoli, anche se Apollonio si riferisce a Giasone come “lo straniero” (Ap. Arg., III, v. 631). Lo stesso appellativo designa l’eroe delle Metamorfosi di Ovidio50, mentre Medea definisce sé stessa “barbara” (Ov. Met., VII,

v. 144) e la sua terra “selvaggia” (Ov. Met., VII, v. 53). L’introduzione un ostacolo linguistico, che complica la comunicazione, ha per effetto l’ampliamento del divario che separa l’universo di Giasone da quello di Medea.

Dopo aver compreso l’intento di Giasone, determinato a vendicare l’assassinio di Frisso, Eeta finge di non ricordare il crimine commesso. L’eroe non si lascia ingannare dalle parole del re, obbligato ad invocare “the statute, then, of limitation” (GoldF, p. 15). Si tratta di uno specifico procedimento legale volto a limitare i tempi entro i quali la parte lesa ha diritto di rivalsa51. Giasone non crede che tale legge sia applicabile in

caso di omicidio e minaccia Eeta affermando: “I pursue a king, / And to the grindstone

48 “Eeta accolse Frisso nella sua casa e gli diede in moglie / la figlia Calciope, senza doni, per la gioia

dell’animo. / Noi siamo i figli di Frisso e Calciope. Frisso ora è morto / assai vecchio, nella casa di Eeta […]”. Apollonio Rodio, Le Argonautiche, III, vv. 1148-1151.

49 Giasone vorrebbe conquistare il vello con la retorica e, rivolgendosi ai suoi compagni, afferma:

“Spesso il discorso ottiene, senza fatica, addolcendo gli animi, / […] ciò che a fatica / potrebbe giungere a conquistare il coraggio”. Apollonio Rodio, Le Argonautiche, III, vv. 187-189. Inoltre, egli illustra ad Eeta le ragioni del suo viaggio, mettendo in rilievo come non per sua volontà, ma a causa di “un dio e il feroce comando di un re superbo” egli sia stato costretto all’impresa. Apollonio Rodio, Le Argonautiche, III, v. 390.

50 Giasone è definito “straniero” in Ovidio, Le Metamorfosi, VII, v. 22.

51 Si veda, a tal proposito, “limitation”, OED Online, “Statute of Limitations n. any of the statutes

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mean his nose to bring”52 (GoldF, p. 15). La frase idiomatica, che manifesta la volontà

dell’eroe di sopraffare il sovrano, è legata all’immaginario della vita contadina ed è accostata ad una particolareggiata disquisizione legale. La giustapposizione delle due aree lessicali, l’una popolare, l’altra specializzata, suscita il riso nei fruitori dell’opera. L’ironia viene incrementata dall’inclusione di una citazione latina nel successivo intervento di Eeta, che sostiene: “There is no ‘modus’ in this fellow's ‘rebus’” (GoldF, p. 15). Planché traduce parzialmente il verso 106 della satira I, 1 di Orazio, che condensa il principio etico del giusto mezzo, improntato alla ricerca di un saggio senso della misura, l’unico che può condurre alla felicità53. Il sovrano sembra ritenere che

Giasone, ostentando la sua aggressività, non osservi i precetti di questo modus vivendi. L’affermazione di Eeta ha un effetto ironico duplice: in primo luogo, è curioso notare come sia il sovrano di un popolo barbaro ad inneggiare al valore dell’aurea mediocritas, constatandone l’assenza nell’atteggiamento dell’eroe che rappresenta, invece, la civiltà greca; in secondo luogo, nei testi classici e, soprattutto, nella tragedia euripidea, è Medea a non possedere la saggezza necessaria a ricercare la moderazione54. Planché opera, quindi, un processo simultaneo di rovesciamento e

riattribuzione dei (dis)valori dei personaggi, che contribuisce ad enfatizzare, sin dall’inizio, i difetti di Giasone.

Eeta termina il suo intervento con la frase idiomatica “To save my bacon, I must cook his goose!”55 (GoldF, p. 15), che palesa la sua volontà di uccidere il comandante degli

Argonauti. Come nel caso della minaccia di Giasone, l’autore impiega un’espressione afferente al campo semantico della cucina e della vita campestre, familiare per la

52 Per la definizione della frase idiomatica si veda “grindstone” (2b) OED Online, “to hold (also keep,

bring, put) one's nose to the grindstone: to get the mastery over another and treat him with harshness or severity, to grind down or oppress; also, in mod. use, to keep (oneself or another) continually engaged in hard and monotonous labour”.

53 Orazio scrive: “Est modus in rebus, sunt certi denique fines, / Quos ultra citraque nequit

consistere rectum”. Orazio, Satire, trad. it. a cura di E. Oddone, Milano, Tascabili Bompiani 1987, I, 1, vv. 106-107.

54 Già nel prologo della tragedia di Euripide, i primi segnali dell’aggressività di Medea inducono la

nutrice ad inneggiare alla “Misura […] un nome che vince solo a pronunciarlo; misura è la scelta migliore per gli uomini”. Euripide, Medea, vv. 125-130. La protagonista, con la sua vendetta, oltrepassa ogni limite fissato dall’etica del giusto mezzo.

55 Per il significato della frase idiomatica si veda, “cook” (4b), OED Online, “to cook any one's goose:

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classe sociale dei ‘countrymen’ a cui si indirizza il coro nel prologo dell’opera. Essi potranno cogliere lo humour insito nell’attribuzione di un linguaggio popolare, tipicamente britannico, ad un personaggio della tradizione classica.

Giasone articola, poi, la richiesta del vello:

JAS. The restoration of the Golden Fleece, Of which you fleeced my cousin!

AEET. Pray be cool!

All this great cry for such a little wool (GoldF, p. 15)!

La centralità del vello d’oro, come strumento che permette di sedare la contesa, viene enfatizzata dal poliptoto ‘Fleece/fleeced’ contenuto nella battuta di Giasone e, al contrario, il suo valore viene sminuito dal sovrano.

L’imposizione delle prove da parte di quest’ultimo segue piuttosto fedelmente l’impianto tradizionale, poiché sia nelle Argonautiche sia nell’opera di Planché le prove servono a legittimare il suo rifiuto di concedere il vello56. In altre parole, Eeta

sceglie di non negare apertamente all’eroe la possibilità di conquistare il trofeo, ma di sottoporlo a delle fatiche che lo condannano a morte certa. Affermando “take it if you can, sir, you are free, / No difficulty will be made by me; / But there are some obstructions in the way” (GoldF, p. 15), frase che fa eco a “io ti darò il vello da portar via, se lo desideri / ma dopo una prova” (Ap. Arg., III, vv. 404-405), il re della Colchide maschera, con una concessione spontanea, il piano di eliminare l’avversario.

Le prove corrispondono all’elenco stilato dai testi tradizionali: Giasone dovrà aggiogare i tori che spirano fuoco; arare un campo dell’ampiezza di quattro acri e seminarvi i denti di un serpente; quando da essi nasceranno dei guerrieri, egli dovrà ucciderli57. Il dettaglio dell’estensione della superficie da arare viene modificato da

Planché, che trasforma i quattro iugeri citati da Apollonio, in quattro acri, un’unità di misura certamente più attuale. Inoltre, Planché sceglie di aggiungere al catalogo

56 Secondo Paduano e Fusillo, l’imposizione delle prove da parte di Eeta corrisponde ad una

“legalizzazione del rifiuto, premessa a un’ulteriore violenza […]. Se provare il valore dei greci è la scelta preferibile, con tutta probabilità lo è perché consente di ottenere il medesimo risultato della strage immediata, riparandosi dietro quella legittimità che lo stesso Giasone sarà pronto a riconoscere”. Apollonio Rodio, Le Argonautiche, [Ndt] a III, vv. 401-421.

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l’ultimo ostacolo che Giasone dovrà sormontare, ossia il drago posto a guardia del vello d’oro, che nelle Argonautiche appare solo nel libro IV.58

Ciò che differenzia profondamente The Golden Fleece dalla principale fonte di riferimento, cioè il poema di Apollonio Rodio, è la reazione di Giasone all’udire il verdetto di Eeta. Il protagonista delle Argonautiche rimane “muto, disperato di fronte alla sua disgrazia” (Ap. Arg., III, v. 423), mentre l’eroe portato sulle scene da Planché afferma, quasi provocatoriamente: “Anything else in a small way?” (GoldF, p. 15). Apollonio indugia nella descrizione del dissidio interiore di un antieroe angosciato dall’impresa, colto nell’indecisione, che accetta il suo destino secondo quanto dettato “dalla necessità spietata” (Ap. Arg., III, v. 430). Nell’extravaganza di Planché, Giasone acconsente ad affrontare le prove perché “Honour compels me to it” (GoldF, p. 16), con uno slancio eroico opposto alla rassegnazione ritratta dalla fonte.