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Il potere di arresto: tra intervento in flagranza e misura differita.

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Academic year: 2021

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Sommario

CAPITOLO PRIMO. LA LIBERTA’ PERSONALE. ... 4

1.1 CENNI SULLA STORIA E SULLA NOZIONE DI LIBERTÀ PERSONALE. ... 4

1.2 LA RISERVA ASSOLUTA DI LEGGE. ... 11

1.3 LA RISERVA DI GIURISDIZIONE. ... 12

1.4 LA NECESSITA’ DI NON CONFONDERE LA CUSTODIA CAUTELARE CON LA PENA. ... 16

1.5 LA FUNZIONE STRUMENTALE E CAUTELARE-FINALE. ... 17

1.6 IL FINE DI INTERROMPERE LA CONDOTTA CRIMINOSA. ... 20

1.7 L’INTERVENTO DELLA POLIZIA GIUDIZIARIA: I PRESUPPOSTI E L’OBBLIGATORIA CONVALIDA DEL GIUDICE. ... 22

1.8 REVOCA. ... 25

1.9 IMPUGNAZIONE. ... 27

CAPITOLO SECONDO. LA FLAGRANZA. ... 29

2.1 CONCETTO E NOZIONE DI FLAGRANZA PRIMA E DOPO LA RIFORMA. ... 29

2.2 LA FLAGRANZA ED I SUOI ELEMENTI COSTITUTIVI: A) LA CONDOTTA IN ATTO E LA SUA PERCEZIONE DA PARTE DEL TERZO. ... 32

B)LASORPRESA. ... 35

2.3 REATO PERMANENTE E REATO ABITUALE. ... 38

2.4 LA QUASI FLAGRANZA. ... 41

A)INSEGUIMENTO: PREMESSA E DISCIPLINA EX ART.237 DEL CODICE DEL 1930. ... 44

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2

A1)LASITUAZIONEDOPOLARIFORMADEL1988. ... 50

A2)LASVOLTA:LESEZIONIUNITESULLANOZIONEDIQUASI FLAGRANZA. ... 62

B)LASORPRESACONCOSEOTRACCEINDIZIANTI. ... 65

2.5 ART 380: I CASI DI ARRESTO OBBLIGATORIO. ... 69

2.6 ART. 381: I CASI DI ARRESTO DISCREZIONALE. ... 75

2.7 L’ARRESTO IN FLAGRANZA COME FACOLTA’ DEL PRIVATO. .. 80

CAPITOLO 3. EFFETTI PROCESSUALI LEGATI ALL’ARRESTO IN FLAGRANZA. ... 85

3.1 I DOVERI E L’ATTIVITA’ DELLA POLIZIA GIUDIZIARIA: ... 85

A)VALUTAZIONEDELLALEGITTIMITA’DELLAMISURA ADOTTATA: ART.385 C.P.P. ... 86

B)DOVERIDIATTUAZIONEIMMEDIATAEDIINFORMAZIONE DELPUBBLICOMINISTERO. ... 88

C)RITARDOODOMISSIONEDELLANOTIZIADELL’ARRESTO. ... 91

D)ILVERBALED’ARRESTO. ... 92

E)OBBLIGODIINFORMAZIONENEICONFRONTI DELL’ARRESTATO,DELSUODIFENSOREEDEISUOIFAMILIARI. ... 94

3.2 DOVERI ED ATTIVITA’ DEL PUBBLICO MINISTERO. ... 96

A)LIBERAZIONEDELL’ARRESTATODAPARTEDELPUBBLICO MINISTERO: ARTT.389 C.P.P. E 121 DISP. ATT. C.P.P.. ... 97

B)INTERROGATORIODELL’ARRESTATODAPARTEDEL PUBBLICOMINISTERO. ... 103

C)LARICHIESTADICONVALIDADELL’ARRESTOALGIUDICE PERLEINDAGINIPRELIMINARI. ... 105

(3)

3 CAPITOLO 4. LA FLAGRANZA DIFFERITA: ESPERIMENTO

POSITIVO O SCELTA POLITICA. ... 122

4.1 PREMESSA. ... 122

4.2 ART. 8.1TER: NASCITA DELLA FLAGRANZA DIFFERITA. ... 126

4.3 L.401/1989 E ARRESTO IN FLAGRANZA. ... 132

4.4 FLAGRANZA DIFFERITA: CONDIZIONI E CRITICHE. ... 135

4.5 IL POSSIBILE PERICOLO DERIVANTE DALLE NUOVE IPOTESI DI APPLICAZIONE DELLA FLAGRANZA DIFFERITA. ... 143

CONCLUSIONI. ... 146

BIBLIOGRAFIA ... 149

RINGRAZIAMENTI ... 152

(4)

4

CAPITOLO PRIMO. LA LIBERTA’ PERSONALE.

SOMMARIO: -- 1.1 CENNI SULLA STORIA E SULLA NOZIONE DI LIBERTA’ PERSONALE. — 1.2 LA RISERVA ASSOLUTA DI LEGGE. — 1.3 LA RISERVA DI GIURISDIZIONE. — 1.4 LA NECESSITA’ DI NON CONFONDERE LA CUSTODIA CAUTELARE CON LA PENA — 1.5 LA FUNZIONE CAUTELARE-STRUMENTALE E CAUTELARE-FINALE. — 1.6 Il FINE DI INTERROMPERE LA CONDOTTA CRIMINOSA..— 1.7 L’INTERVENTO DELLA POLIZIA: I PRESUPPOSTI E L’OBBLIGATORIA CONVALIDA DEL GIUDICE. — 1.8 REVOCA. — 1.9 IMPUGNAZIONE.

1.1 CENNI SULLA STORIA E SULLA NOZIONE DI

LIBERTÀ PERSONALE.

“La libertà personale è inviolabile.

Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o di perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dall’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge.

In casi eccezionali di necessità ed urgenza, indicati tassativamente dalla legge, l’autorità di pubblica sicurezza può adottare provvedimenti provvisori, che devono essere comunicati entro quarantotto ore all’autorità giudiziaria e, se questa non li convalida nelle successive quarantotto ore, si intendono revocati e restano privi di ogni effetto. È punita ogni violenza fisica o morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà.

La legge stabilisce i limiti massimi della carcerazione preventiva.” Art. 13 Cost.

Al fine di procedere ad una corretta trattazione della flagranza di reato e nello specifico di quella in “differita” è necessario prima di tutto

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5 dedicarsi all’esame di quella che tra le libertà costituzionali può essere definita come “presupposto di tutti gli altri diritti di libertà in quanto logicamente li precede e li condiziona rendendone possibile la piena applicazione”1: la libertà personale. Infatti sia con l’applicazione delle misure precautelari, tra le quali si colloca anche l’arresto in flagranza, che con l’applicazione di quelle cautelari si va ad incidere principalmente proprio su suddetta libertà costituzionale.

E’ stata proprio l’esperienza della rivoluzione francese ad ispirare con i propri valori e contenuti le costituzioni liberali del XVIII e XIX Sec. per quel che concerne non solo il diritto alla libertà personale ma tutte le odierne libertà costituzionali. Anzitutto dobbiamo fare riferimento allo Statuto Albertino. Esso viene emanato il 4 marzo del 1848 ed è una costituzione ottriata, ovvero concessa dalla volontà del re Carlo Alberto di Savoia in favore dei propri sudditi onde consentire loro un riconoscimento delle varie libertà. Lo stesso articolo 26 di suddetto Statuto, infatti, stabiliva: “la libertà individuale è guarentita. Niuno può essere arrestato o tradotto in giudizio, se non nei casi previsti dalla legge, e nelle forme che essa prescrive.” La tutela della libertà personale subiva però una limitazione in ragione di quanto previsto nel codice di procedura penale del 1865; limitazione da ritenersi comunque conforme al contenuto dello Statuto. Al suo interno, infatti, si prevedeva sì la necessaria convalida dell’arresto di un individuo, ma non si garantiva la liberazione dello stesso in caso non vi fosse stata la convalida della misura in questione da parte del giudice2. Inoltre possiamo aggiungere che i governi di allora, ponendosi in maniera molto rigida nei confronti dei problemi inerenti la questione sociale che gravava sul nostro paese, permettevano una generale e vasta limitazione nel concreto del riconoscimento a tutti i cittadini del diritto di libertà personale ( ad

1 LAMBERTI, Arresto in flagranza di reato e riserva di giurisdizione, Salerno, 2006,

p. 9.

2

BRAZZI, La difesa dell’indagato nella fase precautelare. L’arresto in flagranza ed il fermo, 2012, p. 5.

(6)

6 esempio si prevedeva di norma l’arresto per gli oziosi, i vagabondi ed i mendicanti, oppure l’uso del domicilio coatto, etc)3

.

Si dovrà attendere il 1 gennaio del 1948, data di entrata in vigore della Costituzione Repubblicana, per vedere garantito non solo dal punto di vista formale ma anche sostanziale il rispetto della libertà personale. La costituzione ed il suo avvento segnano la presa di coscienza, prima di tutto a livello politico (essendo questa il risultato dell’incontro di vari orientamenti politico-culturali), della priorità dell’individuo e della sua libertà (valorizzazione del singolo tipica dell’impostazione liberale). La stessa libertà personale evolve al rango di “diritto soggettivo” e al contrario di quanto previsto in passato, diventa la regola, mentre la sua privazione è considerata l’eccezione4

. Insomma, grazie alla Costituzione si assiste ad un vero e proprio ribaltamento dell’impostazione tra autorità e libertà rompendo così col passato regime sia politico che normativo.

È negli articoli 2, 13, 27.2 e 111.2 della Costituzione che troviamo indicata “una scelta di precedenze, che deve svilupparsi e plasmare l’intera legislazione, assegnando alla libertà personale la preminenza sulle esigenze dello stato, le quali possono trovare soddisfazione solo in subordine e nel rispetto delle garanzie che l’Art.13 Cost. assicura alla libertà di cui sopra”5

( le riserve di legge e di giurisdizione, in merito a quest’ultima poi la deroga per i provvedimenti provvisori con un intervento giudiziario ex post, l’obbligo di motivazione dei provvedimenti relativi la libertà personale, la ricorribilità per cassazione e la previsione di limiti massimi di durata della carcerazione preventiva). L’Art. 2 Cost. impone alla Repubblica di riconoscere e garantire “i diritti inviolabili dell’uomo sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità” ponendosi quindi come norma fondamentale per l’impianto costituzionale stesso che ne

3 VOLPE, Storia costituzionale degli italiani. Vol. 1: L’Italietta (1861-1915), 2009,

pp.103-245.

4

CARRETTI, I diritti fondamentali. Libertà e diritti sociali, ed. 3, 2011, p. 238.

5

(7)

7 risulterà così ispirato e basato. Evidente è quindi come la persona sia stata posta alla base del nuovo ordinamento, abbattendo la vecchia concezione fascista che poneva lo Stato prima di tutto e di tutti. Leggendo poi il primo comma dell’Art. 13 della Costituzione (dove si sentenzia l’inviolabilità della libertà personale) è inevitabile rilevare come sia stretto il legame con il contenuto dello stesso articolo 2 6. È vero, non esistono diritti privilegiati in costituzione, ma innegabile è comunque il favore, o meglio una sorta di priorità, che questa stessa riconosce verso i diritti a contenuto non economico, come la libertà personale, rispetto a quelli a contenuto economico. Oltre al legame appena sottolineato tra il contenuto degli articoli citati, è sempre esaminando proprio il primo comma dell’articolo 13 Cost. che troviamo un ulteriore conferma della posizione preminente voluta dare da parte del costituente alla libertà in questione. Esso, infatti, sentenzia in maniera netta come la libertà personale sia appunto “inviolabile”. Il termine “inviolabile”, però, non deve essere inteso in maniera eccessivamente restrittiva come impossibilità di una qualsiasi restrizione di suddetta libertà anche perché altrimenti sarebbe proprio l’insieme dei contenuti dello stesso art. 13 Cost. a contraddire una tale interpretazione della normativa. L’aggettivazione, quindi, deve essere interpretata come un indicatore in ragione della sussistenza del quale la limitazione della stessa libertà debba preferibilmente essere evitata e nel caso questo sia impossibile, la limitazione avvenga ma sotto la tutela e la protezione fornita dall’ordinamento7

.

Non è affatto casuale che l’articolo 13 della Costituzione, articolo che abbiamo visto essere di riferimento per la tutela della libertà personale, sia collocato in apertura del titolo dedicato ai “Rapporti civili”. Infatti la libertà personale è da considerarsi, come in precedenza accennato, la prima tra le libertà costituzionalmente garantite, quella che, se lasciata

6 LAMBERTI, op. cit., p. 8. CARRETTI, op. cit., p. 237. FILIPPI, op. cit., pp.

440-41.

7

(8)

8 senza tutela e se violata, andrebbe a pregiudicare il giusto utilizzo da parte del singolo di tutte le altre libertà ( libertà del domicilio, libertà e segretezza della corrispondenza, libertà di circolazione, etc.)8.

La mera analisi testuale dell’articolo in questione, però, non ci permette di ricavare una nozione precisa e realmente esaustiva di cosa si debba intendere per libertà personale, come del resto risulta anche difficile in generale fissarne in maniera puntuale i contenuti. Questo è dovuto al fatto che si tratta di una c.d. “libertà-situazione”, della quale quindi possono essere varie le delineazioni possibili, proprio perché tale libertà è strettamente legata alla percezione che della stessa andranno ad avere i rapporti cittadino-Stato nel loro continuo mutare e con l’evolversi stesso della società9. È necessario quindi correggere quella tendenza a dare una definizione in termini troppo rigidi di suddetta nozione, tendenza dovuta essenzialmente ad un basarsi sulla lettura dei soli dati testuali disponibili. Lo scopo, infatti, è quello di evitare il rischio di dar vita ad una nozione di libertà personale che sia il risultato di una “cristallizzazione astratta”, insuscettibile così di percepire i significati ulteriori che alla nozione possano essere attribuiti da parte dagli sviluppi concreti che l’ordinamento assicura al quadro dei principi costituzionali con l’evolversi della società10

.

In sintesi, quindi, all’interno della costituzione ricaviamo quelle situazioni che costituiscono il nucleo fondamentale della libertà personale. Ciò non significa però che queste esauriscano i casi di applicazione della garanzia costituzionale e che comunque non debbano essere lette alla luce degli elementi nuovi che incidono e formano la disciplina di settore (leggi, tendenze giudiziarie e amministrative etc). Il nucleo fondamentale in questione comunque riguarda, come appare evidente dal contenuto dello stesso articolo 13 Cost., la “tutela del singolo in relazione alle limitazioni legate al processo penale”.

8 BRAZZI, op. cit., p. 6. 9

CARRETTI, op. cit., p. 240.

10

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9 Tradizionalmente si parla di “libertà dagli arresti”, cioè della tutela del singolo dal subire interventi arbitrari sulla propria persona. Basta infatti la semplice esegesi del suddetto articolo per rilevare come le situazioni in esso riportate e garantite riconducano a vicende inerenti lo svolgimento di un processo penale.

Alla luce di tutto ciò e per quanto concerne l’arresto in flagranza, possiamo anticipare che quest’ultimo, secondo l’orientamento maggioritario (che poi è anche quello che si è affermato nel tempo nel nostro ordinamento) viene di norma ricondotto negli atti provvisori limitativi della libertà personale adottabili in caso di necessità ed urgenza ex art. 13.3 Cost.. Ma è interessante comunque riportare che in seno ai lavori preparatori della Costituzione si è in realtà molto discusso circa la riconducibilità o meno di tale istituto ai suddetti casi eccezionali ex art. 13.3 Cost.. L’alternativa prospettata al tempo era infatti quella di non considerarlo come “caso eccezionale di necessità ed urgenza” ma anzi un “caso normale di legittima limitazione della libertà personale” così proponendo la riconducibilità di questo all’interno di quello che è poi diventato l’art. 13.2 Cost11

.. Secondo questo orientamento, infatti, era assurdo “pretendere la motivazione dell’autorità giudiziaria per limitare la libertà personale nel caso di flagranza”, in quanto, come finora detto, esso rappresentava un caso “normale” e non “eccezionale”. Addirittura dall’onorevole Bulloni venne proposta una deroga espressa nel secondo comma per l’arresto in flagranza e di impedirne la riconducibilità ai casi eccezionali ed urgenti indicati nel terzo comma del medesimo articolo ( “non è ammessa alcuna restrizione della libertà personale se non per atto motivato dell’autorità giudiziaria... l’arresto in flagranza non è un caso eccezionale, di necessità ed urgenza: è un caso

11 GREVI, Libertà personale dell’imputato, in voce Libertà(aspetti giuridici), Enc.

Dir., vol. XXIV, 1974. Cfr anche l’intervento dell’onorevole Bulloni, in ATTI DELL’ASSEMBLEA COSTITUENTE, seduta del 10 aprile 1947, 2694, dove quest’ultimo chiede venga apposta la clausola “salvo i casi di arresto in flagranza” per quelli riconducibili ai casi di necessità ed urgenza. Questo in quanto si reputa tale istituto un caso normale e non di necessità ed urgenza.

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10 normale che legittima la limitazione della libertà personale; per cui ritengo che l’articolo proposto dalla commissione possa essere accettato, purchè si aggiungano alla fine del secondo comma, le parole << salvo il caso di flagranza di reato>>”.

In tal modo il potere di arresto in flagranza avrebbe potuto essere fissato come una situazione “normale” e come potere autonomo dalla motivazione giurisdizionale; accrescendo di conseguenza la sua portata ed il potere di chi lo avrebbe esercitato, nonché riconoscendo un ordinario e non un eccezionale compito di limitazione della libertà personale in capo agli organi di polizia.

Tale proposta venne respinta12 e non venne approvato l’inserimento delle parole: “salvo il caso della flagranza di reato”. L’esigenza maggiormente sentita, infatti, fu quella di riconoscere l’ordinario potere di limitazione della libertà personale in capo alla sola autorità giudiziaria, così da riservare al successivo comma, una qualifica di eccezionali a tutti i casi di misure adottabili in via provvisoria dalla autorità giudiziaria13. Questa scelta è da ricollegarsi al fatto che principale scopo in merito alla libertà personale fosse una maggiore garanzia nei confronti del soggetto arrestato in una piena opposizione al precedente regime fascista.

La tesi orientata ad escludere una riconducibilità dell’arresto in flagranza dall’ambito operativo dell’art.13.3 Cost ha continuato per la verità a persistere anche in seguito, sempre argomentando che il caso della sorpresa in flagranza ”non è caratterizzato da una particolare infrequenza, tanto da esulare dai normali aspetti della vita associativa”14

. Una tesi del genere, tuttavia, presenta evidenti dubbi di attendibilità. Ricondurre l’istituto ai casi “eccezionali”, infatti, deriva non da valutazioni di tipo quantitativo in termini di rarità dell’intervento della polizia giudiziaria, ma al fatto che quest’ultimo intervento è da

12Cfr in particolare quanto affermato dall’onorevole TUPINI in ATTI

DELL’ASSEMBLEA COSTITUENTE, seduta del 10 aprile 1947, 2696-2697

13

GREVI, op.cit..

14

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11 considerarsi eccezionale perché derogante ai contenuti dell’art.13.2; ovvero all’attribuzione delle decisioni in merito alla restrizione della libertà personale in capo alla sola autorità giudiziaria. Ecco che quindi la flagranza è necessariamente da ricondurre al comma terzo dell’art.13 cost..15

1.2 LA RISERVA ASSOLUTA DI LEGGE.

Al secondo comma dell’art 13 Cost., come del resto anche al terzo per ciò che concerne i poteri di intervento eccezionale dell’autorità di pubblica sicurezza, si evidenziano le garanzie costituzionali affinché sia possibile e si abbia una legittima limitazione della libertà personale: la riserva di legge e la riserva di giurisdizione.

La riserva di legge si ricava dalla previsione che “… nei soli casi e modi previsti dalla legge” possano avere luogo forme di restrizione della libertà personale. Sono soltanto la legge e gli atti aventi forza di legge ad avere il potere di individuare i casi e i modi una restrizione legittima, cosa questa che ci permette di affermare come tale affermazione introduca una riserva assoluta di legge. Si è quindi voluto qui garantire al singolo che siano i suoi rappresentanti in parlamento i soggetti abilitati a emanare norme dirette ad intervenire sulla sua libertà

15

Interessante in merito alla tematica di revisione del rapporto del potere della polizia giudiziaria rispetto quello dell’autorità giudiziaria è anche la teoria ravvisata da Carlo Taormina sulla corretta interpretazione dell’art.109 Cost., Cfr. TAORMINA, luci e ombre sul progetto di riforma delle indagini preliminari, in summum ius, 2009, dove si afferma nel discorso generale di una riforma per garantire maggiore efficienza alle indagini preliminari che: “per il disposto dell’art. 109 Cost., dove, secondo una accreditata e prevalente impostazione, il principio della disponibilità diretta dalla polizia giudiziaria da parte dell’autorità giudiziaria, sta, al di là di ogni altra fondamentale implicazione sistematica, a dimostrare che nel nostro ordinamento non vi dovrebbe essere spazio per la configurazione di un rapporto di subordinazione della polizia giudiziaria all’autorità giudiziaria. Subordinazione e disponibilità diretta sono due fenomeni, assolutamente diversi non fosse altro perchè la seconda, e non la prima, postula l’appartenenza della polizia giudiziaria al potere esecutivo e dell’autorità giudiziaria a quello giudiziario: poteri, dunque, separati che non tollerano subordinazione. Del resto, intanto è possibile parlare di autonomizzazione delle funzioni di polizia giudiziaria dal pubblico ministero, in quanto non sia nemmeno ipotizzabile una subordinazione, che implica assoluta fungibilità”.

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12 personale o che comunque questa attività sia riservata alle sole fonti di rango primario del diritto escludendo le secondarie ( fatta eccezione per quelle di “stretta esecuzione”)16

.

In relazione ai fini che portano il legislatore ad individuare casi e modalità di limitazione della libertà personale, è necessario dire che di essi non si trova espressa menzione all’interno della carta costituzionale. La riserva di legge così sarà sì assoluta ma non rinforzata, lasciando al legislatore stesso il potere di scelta dei motivi per i quali possano essere previste restrizioni legittime17. Le leggi potranno prevedere limitazioni della libertà anche per motivi economici o fiscali, di buon costume e altri senza che siano considerate incostituzionali. Una notevole discrezionalità questa che però, occorre precisare, non comporta comunque il distacco del legislatore dal dovere di rispetto generale dei contenuti e degli altri valori presenti in costituzione.

Infine è necessario ribadire che: “la disciplina dei casi e dei modi di restrizione della libertà personale, deve essere comunque tassativa. È quest’ultima infatti la vera e fondamentale garanzia contro le eventuali discipline attributive di poteri arbitrari”18.

1.3 LA RISERVA DI GIURISDIZIONE.

Tale riserva garantisce che la limitazione della libertà personale di un individuo avvenga con un atto motivato da parte dell’Autorità Giudiziaria, che essendo soggetta solo alla legge (Cfr. Articolo 101.2 Cost.) e non essendo parte coinvolta, offre maggiori garanzie di imparzialità e terzietà in merito all’intraprendere o meno determinate misure. La mera esecuzione delle restrizioni invece potrà realizzarsi in capo ad altri soggetti come ad esempio la polizia giudiziaria, che svolge

16 BRAZZI, op. cit., p. 7. 17

LAMBERTI, op. cit., p. 10.

18

(13)

13 la propria attività alle dipendenze dell’Autorità Giudiziaria stessa ex artt 109 Cost. e 56 c.p.p. oppure il medico che esegua l’ispezione personale ex art. 245 c.p.p. III comma19. Tutto ciò implica che soltanto l'autorità giudiziaria possa riconoscere i casi di restrizione previsti dalla legge, con un atto motivato, in cui si tenga necessariamente conto dei presupposti di fatto e di diritto inerenti la decisione di comprimere la libertà così da renderne possibile anche un sindacato in sede di impugnazione20. La riserva in questione, però, non è assoluta21. Questo perché una deroga è proprio prevista dallo stesso articolo 13 terzo comma della Costituzione. Il quale consente di adottare" provvedimenti provvisori” nei casi di necessità e urgenza da parte dall'autorità di pubblica sicurezza, provvedimenti che saranno comunque soggetti al sindacato dell’autorità giudiziaria in via successiva (Funzione garantista del giudice), cioè entro le novantasei ore dalla loro adozione (cfr Art. 13, comma III, Costituzione). Tale eccezionale interscambiabilità tra polizia e giudice rende legittimo l'intervento immediato e in via di supplenza dell'autorità di pubblica sicurezza stessa in quei casi in cui autorità giudiziaria non potrebbe farlo tempestivamente, anche se viene comunque ritenuta come fondamentale e necessaria la successiva convalida della stessa autorità giudiziaria.

Per quanto concerne quale soggetto si debba intendere come “Autorità Giudiziaria”, controverso per molto tempo è stato il ritenere o meno compreso oltre che il giudice anche il pubblico ministero nel termine suddetto. L’autorità giudiziaria in base all'articolo 13 della costituzione si vede riservato il potere di restringere la libertà personale da un lato e dall'altro quello di convalidare o meno i provvedimenti della polizia. L'opinione un tempo prevalente interpretava tale locuzione come riferibile a entrambi gli organi 22, anche se non mancava chi poneva in risalto una "significativa propensione del sistema costituzionale per

19 BRAZZI, op. cit., p. 8. 20 FILIPPI, op. cit., p 79. 21

CHIAVARIO, Processo e garanzie della persona, vol. II, 2 ed., 1982, p. 247.

22

(14)

14 l'affidamento di quel potere al giudice, cioè un organo assolutamente super partes, piuttosto che ad una “parte imparziale” quale è il pubblico ministero”23

.

La conferma di una carenza di legittimazione da parte del pubblico ministero a “provvedere sulla libertà personale”24

è stata rilevata all’interno dall'articolo 111 settimo comma della costituzione, Il quale " dichiarando ricorribili per cassazione i provvedimenti sulla libertà personale, pronunciati "dagli organi giurisdizionali ordinari o speciali", esclude di conseguenza che il pubblico ministero, il quale per la Costituzione medesima non è organo giurisdizionale, possa essere ricompreso nel concetto di “autorità giudiziaria” di cui all'articolo 13 della costituzione. E’ lo stesso principio costituzionale di Uguaglianza, inoltre, ad escludere la possibilità di decisioni emesse dal pubblico ministero che siano inerenti la libertà personale, in quanto esse sarebbero emesse da un organo che nel processo penale non garantisce l'imparzialità e sarebbero anche sottratte alla garanzia del ricorso per cassazione prevista dal settimo comma dell’Art. 11125

.

Alla luce di tutto ciò, la scelta del legislatore, contenuta nel codice di procedura penale del 1988 ed oggi ancora valida, è stata quella di identificare come “Autorità giudiziaria” ex Art. 13 Cost. la sola Autorità Giudicante escludendo invece da tale nozione quella Requirente. Sotto la vigenza del codice di procedura penale del 1930, invece, le attribuzioni che l’art. 13 Cost. riconduceva all’Autorità Giudiziaria si ritenevano dirette anche al Pretore ed al Pubblico Ministero, nonostante la funzione requirente da loro svolta. Oggi il Pubblico Ministero, per quanto appunto escluso da tale nozione, si vede riconosciuta la possibilità sì di disporre il fermo dell’indiziato di delitto, ma dovrà nelle successive quarantotto ore chiedere comunque al giudice la convalida della misura adottata (artt. 13 Cost. III comma e 390 c.p.p.). In merito a

23 GREVI, libertà personale dell’imputato e costituzione, 1976, p. 72. 24 FILIPPI, op. cit., p. 81.

25

SCAPARONE, Costituzionalmente garantito il potere del P.M. di limitare la libertà personale?, in rivista giuridica Sarda, n.1 (1989), p. 177.

(15)

15 quest’ultima è necessario fare riferimento in particolare all’articolo 111 Cost. VI comma, all’interno del quale si desume come Il provvedimento che contiene e comporta la restrizione della libertà personale dell’individuo dovrà essere necessariamente motivato da parte del magistrato, il quale non si può limitare ad una mera firma di convalida ma ad una indicazione nel merito delle ragioni che stanno alla base e che giustificano l’emissione della misura restrittiva. Questo così consentirà all’individuo nei confronti del quale è stato emesso il provvedimento limitativo, di poter azionare utilmente tutti gli strumenti impugnatori previsti dall’ordinamento per tentare di eliminare la misura su di lui gravante. Avverso tali provvedimenti e le sentenze sulla libertà personale pronunciate da organi giurisdizionali ordinari e speciali deve infatti essere sempre ammesso il ricorso in Cassazione per violazione di legge, nonché il riesame delle misure coercitive dinnanzi al “Tribunale delle Libertà”26

.

La riserva di giurisdizione in merito alle restrizioni della libertà personale subisce ancora una deroga rilevante in favore delle commissioni parlamentari di inchiesta. L’articolo 82 Cost. II comma, stabilisce come queste commissioni procedano alle indagini ed agli esami per le loro inchieste con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell’Autorità Giudiziaria. Conseguentemente si consente a queste anche l’adozione di quelle misure che comportano una restrizione della libertà personale. Il problema che si pone con tale riconoscimento a favore delle commissioni parlamentari è quello della tutela giurisdizionale dalle misure coercitive, cosa che si garantisce di norma se le restrizioni fossero adottate dall’Autorità Giudiziaria. Infatti la stessa Corte di Cassazione (Sent. 20 febbraio 1984) ha negato la possibilità di tale tutela giurisdizionale in occasione di un ricorso promosso contro un provvedimento di perquisizione domiciliare disposto dalla medesima commissione d’inchiesta sulla Loggia P2. Nonostante questa scelta

26

(16)

16 dobbiamo affermare che la possibilità di ricorso al giudice ordinario in forza dell’inviolabilità del diritto di difesa non può ne dovrebbe subire mai eccezioni neanche di fronte ad atti che siano emanati da organi sovrani, qualora le decisioni di questi incidano su situazioni giuridiche soggettive giuridicamente rilevanti27.

1.4 LA NECESSITA’ DI NON CONFONDERE LA

CUSTODIA CAUTELARE CON LA PENA.

Talvolta è possibile che venga ad essere attribuita alla custodia cautelare una finalità esemplare, intimidatoria o addirittura di vendetta del o dei soggetto/i offeso/i28. Non di rado, infatti, tali connotati vengono mischiati assieme, ad esempio in un arresto in flagranza seguito da giudizio direttissimo valorizzandosi così l’intenzione di mostrare la pronta risposta dello stato avverso un presunto colpevole mediante la sua immediata sottoposizione a giudizio e, se giustamente poi ne sussisteranno i requisiti, a condanna.

E’ sbagliato, però, attribuire una finalità di carattere intimidatorio o esemplare alla detenzione antecedente alla sentenza del giudice. In quanto suddette finalità sono connesse necessariamente al concetto di pena, l’attribuzione della quale dipende dalla sola sentenza del giudice, nonché dall’aver appurato l’effettiva colpa di un determinato individuo, che fino alla sua condanna resterà però solo un imputato e non un colpevole ( Cfr. Art.27, comma II Costituzione). Il risultato altrimenti sarà quello di attribuire ad un soggetto la qualifica di un vero e proprio “capro espiatorio” comportando inevitabilmente una notevole retrocessione non solo culturale del nostro ordinamento.

Non è infatti la custodia cautelare a ripristinare l’ordine sociale che è stato violato dal compimento di un illecito, questo è e sarà il compito

27

LAMBERTI, op. cit., pp. 12 e ss.

28

(17)

17 della pena, cui presupposto di applicazione, come già detto, è e sarà l’effettivo riconoscimento della colpevolezza dell’imputato mediante sentenza del giudice.

Non si può parlare, quindi, di ripristino di ordine sociale e di finalità esemplare o intimidatoria nei confronti della custodia cautelare, sarebbe incostituzionale in ragione del fatto che andrebbe a mancare il requisito della colpevolezza dell’imputato tipico della pena. Fino a condanna sarà, infatti, doveroso mantenere fede ed applicare il principio di non colpevolezza ex articolo 27, comma II della costituzione.

Per concludere il discorso si può inoltre sostenere che si darebbe vita ad un’azione incostituzionale ancora più grave se si dovesse far coincidere con la custodia cautelare (e questo vale anche per il concetto di pena) l’andare a soddisfare il desiderio di vendetta degli offesi dall’azione lesiva. La vendetta non può essere alla basa delle azioni perché offusca la giustizia. Specialmente poi per quello che riguarda la custodia cautelare, in quanto non trovandosi ancora dinnanzi ad un colpevole sarebbe ancora più ingiusto agire secondo tale sentimento. Le finalità di una eventuale privazione della libertà realizzata con arresto sono altre (come abbiamo visto) ed anzi sarebbe auspicabile in caso di timore di azioni secondo vendetta, prospettare semmai una tutela dell’inquisito stesso effettuando controlli nei confronti del/degli offeso/offesi29.

1.5 LA FUNZIONE CAUTELARE-STRUMENTALE E

CAUTELARE-FINALE.

Due sono le funzioni che possono essere collegate al concetto di privazione della libertà personale, quella cautelare-strumentale e quella finale30. La prima delle due funzioni in esame evidenzia come la privazione della libertà sia utile da un lato ad evitare comportamenti

29

FILIPPI, op. cit., p. 65.

30

(18)

18 dell'imputato che siano elusivi del corso della giustizia e dall'altro a porre il giudice in una condizione ottimale per occuparsi dei fatti. Due sono le esigenze da tale funzione soddisfatte, la prima è mantenere l'imputato sempre a disposizione dell'autorità giudiziaria per qualsiasi necessità di istruzione probatoria e la seconda impedire che l'imputato lasciato libero possa alterare eventuali elementi di prova e le tracce del reato.

I fini della custodia inoltre, è possibile aggiungere, non contrastano col “principio di non colpevolezza dell'imputato” (Cfr. Art. 27 comma secondo della Costituzione)). Il fatto che si voglia assicurare la presenza di quest’ultimo al processo per quella che sarà l’acquisizione delle prove, non vuol significare che già lo si consideri colpevole, ma la stessa cosa vale anche in relazione al voler impedire che lo stesso imputato agisca libero per evitare il rischio di possibile inquinamento probatorio. In entrambi i casi la privazione della libertà non comporta un anticipato giudizio di colpevolezza. In teoria, infatti, anche il soggetto innocente posto sotto pressione potrebbe cercare di alterare prove o testimonianze per paura di cadere vittima di un errore giudiziario o addirittura per coprire eventuali fatti attinenti alla propria vita privata magari privi di rilevanza penale ma di importanza notevole per l’imputato stesso tanto da non volerne una diffusione31

.

L'uso della custodia cautelare a fini istruttori è però eccessivo e può comportare un sacrificio irragionevole della libertà personale. Infatti per garantire ugualmente la presenza dell'inquisito nel procedimento si può anche utilizzare l'accompagnamento coattivo, che incide ugualmente sulla libertà personale ma in maniera meno gravosa. Infatti la restrizione può durare solo per il tempo necessario al compimento della ricognizione, dell'ispezione o della perizia sull’imputato (Cfr. Art. 132, comma secondo del Codice di Procedura Penale). L'impiego della custodia diviene così irragionevole allorché in primis si può ritenere che

31

(19)

19 l'invito a comparire sia sufficiente a ottenere la presenza fisica dell'imputato, qualora questa non basti e l'imputato stesso si rifiuti senza addurre un legittimo impedimento si può ordinare l'accompagnamento coattivo.

La custodia imposta all'imputato risulta invece più giustificata al fine di evitare che egli, lasciato libertà, proceda ad inquinare le prove o ne ostacoli l'acquisizione. Nonostante questo però occorre pur sempre la presenza di un ragionevole motivo per temere siffatto comportamento dell'imputato e il rimedio della detenzione deve essere realmente l'unico adottabile (nel senso che non esistano altri strumenti non incidenti sulla libertà personale idonei a evitare interferenze nella raccolta delle prove)32. Occorre tenere sempre presente che l’utilizzo spregiudicato della privazione della libertà personale contro il pericolo che venga minata la giusta evoluzione del processo presenta un’efficacia che ha pur sempre i suoi limiti. Infatti da un lato potrebbe inibire l'imputato nel ricercare prove a suo favore e quindi rischiare di compromettere le iniziative difensive dello stesso, dall’altro la limitazione della libertà dell'imputato potrebbe non riuscire a frenare di fatto ogni "disturbo processuale", dato che l'esperienza insegna che molto spesso è proprio dal luogo di detenzione che partono ordini indicazioni per inquinare le prove33.

Restringere la libertà personale per esigenze processuali nei due aspetti di assicurare la presenza dell'imputato al processo e di garantire la raccolta del materiale probatorio deve quindi essere utilizzata con il ridimensionamento concettuale appena fatto sempre presente alla mente onde evitare di correre il rischio, come sostiene lo stesso Filippi, di una “probabile mitizzazione” dello strumento in esame.

Per quanto riguarda la funzione cautelare-finale essa è inerente Il pericolo che l'imputato fugga e che con la sua assenza, una volta giunti

32

FILIPPI,op. cit., p 57.

33

(20)

20 ad un definitivo accertamento processuale, si realizzi inevitabilmente l'impossibilità dell'esecuzione della condanna.

Ci si potrebbe chiedere allora: ma tra tale funzione cautelare-finale che assume la custodia e l'articolo 27 comma secondo della costituzione (principio di non colpevolezza) può quindi esserci un contrasto? Una preoccupazione de genere è eccessiva, in quanto la funzione delle misure precautelari e cautelari è quella di assicurare il potenziale risultato del processo ed in tale ottica si rende quindi possibile incidere la libertà personale dell'imputato. Il fine è garantire un corretto esito del processo medesimo. Un imputato non necessariamente viene preventivamente privato della propria libertà perché reo o ritenuto precocemente tale, potrebbe infatti trattarsi di un soggetto che potrebbe cercare la fuga per paura di un semplice ma rilevante timore di subire un errore giudiziario34.

In ogni caso ciò che deve essere sempre garantito ed a cui tale funzione cautelare-finale risponde è che al termine del giudizio siano realmente applicati gli effetti della sentenza. Per questo possiamo dire che la presunzione d'innocenza può accogliere e di conseguenza accettare una preventiva privazione della libertà personale (naturalmente sussistendone i presupposti necessari).

1.6 Il FINE DI INTERROMPERE LA CONDOTTA

CRIMINOSA.

L'arresto in flagranza secondo la dizione dell'articolo 237 primo comma del codice di procedura penale del 1930 si rivolge verso "un reato che si commette attualmente", quindi risulta essenzialmente diretto ad impedire che il fatto penalmente rilevante si protragga nel tempo.

Questo fine è stato ritenuto compatibile con il presupposto di non colpevolezza ex Art. 27 secondo comma della costituzione (Principio di

34

(21)

21 non colpevolezza). La formulazione in negativo contenuta nell’articolo appena citato permette, infatti, di ritenere legittima la finalità di interrompere la condotta criminosa35. Questo perché si finisce per identificare l'arrestato non con “il colpevole” ma semplicemente con un autore materiale del fatto di reato. Sarà successivo il vaglio e la valutazione circa la responsabilità penale dell’imputato, arrivando a ritenerlo così colpevole o innocente. La funzione di interrompere la condotta criminosa può giustificare, quindi, l'adozione dell'arresto in flagranza, ma non consente però di protrarre nel tempo la custodia cautelare per lo stesso scopo una volta che si sia soddisfatta l’esigenza di frenare l'evolversi del reato e delle sue possibili conseguenze. Arrivati a tal punto, infatti, sarà solo una misura cautelare disposta dal giudice a poter sostituire l'arresto in flagranza, naturalmente se risulterà sussistente e motivato il timore di un pericolo di sottrazione volontaria dal processo o di inquinamento probatorio (come precedentemente sottolineato).

Una riflessione si rende infine necessaria sempre in merito a arresto e suo fine interruttivo dell’illecito:

in costituzione si ammette espressamente l'arresto in flagranza dei parlamentari (Cfr.68 comma secondo della Costituzione), ma perché non indicarlo anche per gli altri soggetti? I costituenti erano contrari a valorizzare questo istituto ed il suo fine interruttivo?

Dai lavori preparatori si comprende come l'arresto dei membri del Parlamento non sia l'unico caso dal costituente voluto per la flagranza di reato, ma solo quello che in regione della particolare qualità e ruolo del soggetto passivo, si è ritenuto doveroso esplicare suddetta possibilità; lo stesso On. Bulloni che propose un divieto di arresto in flagranza per i parlamentari ricevette un sonoro rifiuto come risposta perché “ l’impressione che proverebbe il popolo alla lettura di una simile norma

35

(22)

22 sarebbe pessima”36

. Dobbiamo infatti tenere sempre presente il periodo antecedente a quello della costituente e che cosa aveva portato nella nostra società. L'uso spropositato che il Fascismo aveva fatto dell'arresto fuori dalla flagranza e del Fermo di polizia durante il ventennio portò i costituenti alla necessità di bandire tali usi del Stato. Il fatto che “l’arresto in flagranza” non venga esplicitamente menzionato nel terzo comma dell'articolo 13 della costituzione, è quindi solo per ragioni di ordine e sentimento sociale, ma numerosi furono gli emendamenti al progetto di costituzione proponevano invece un'espressa indicazione dell'istituto. Ad esempio l'emendamento presentato dagli onorevoli Bulloni e Avanzini che, dopo aver premesso l'inviolabilità della libertà personale, stabiliva che "nessuno può esserne privato, salvo flagranza di reato, ovvero per atto dell'autorità e nei modi previsti dalla legge".

Riportando le parole stesse parole utilizzate dallo stesso Filippi37 possiamo così concludere riassumendo: “ i costituenti hanno dunque inteso in maniera inequivocabile di vietare il “fermo di polizia” e l'arresto fuori dalla flagranza e consentire l'arresto in flagranza, non solo dei parlamentari ma di qualunque individuo, senza escludere lo scopo di interromperne la condotta criminosa”.

1.7 L’INTERVENTO DELLA POLIZIA GIUDIZIARIA: I

PRESUPPOSTI E L’OBBLIGATORIA CONVALIDA DEL

GIUDICE.

All’interno dell’articolo 13, III comma della Costituzione troviamo indicati quei presupposti che consentono la temporanea sostituzione da parte dell’Autorità di Pubblica Sicurezza38

all’Autorità Giudiziaria nel

36 FILIPPI, op. cit., p. 75 e ss nota 105. 37 FILIPPI, ibidem, p 79.

38

Nei lavori preparatori alla costituzione si optò per tale termine al posto dell’altro proposto (“autorità di polizia”) perché si ritenne che il primo fosse raccogliesse “tutta

(23)

23 compimento di atti restrittivi della libertà personale, ovvero la “necessità e l’urgenza”. L’azione posta in essere dalla polizia giudiziaria dovrà necessariamente indicare, inoltre, le “fondate ragioni” che stanno alla base del provvedimento limitativo, onde consentire al giudice di vagliarne la conformità con quanto stabilito a riguardo dalla normativa vigente in relazione ai casi ed ai modi per i quali la misura in questione possa ritenersi legittima (cfr. riserva di legge assoluta).

I provvedimenti emanati dalla polizia sono in tal caso il risultato di una sostituzione dovuta al sussistere di condizioni particolari, necessità ed urgenza appunto, la cui assenza non renderebbe altrimenti efficace e possibile l’intervento conforme a legge. Affinché tali condizioni si possano così ritenere sussistenti occorre che “la situazione contemplata dalla legge sia tale da prospettare come plausibile la necessità del provvedimento” lasciando, comunque, in capo all’Autorità di Pubblica Sicurezza la verifica in concreto della necessità e urgenza dell’intervento. L’azione posta in essere sarà comunque un’azione di carattere “straordinario”, tanto è vero che al suo verificarsi risulterà sempre necessaria la convalida dell’autorità ordinariamente preposta (Autorità Giudiziaria). Infatti, in assenza della convalida del giudice ( o perché illegittimo il provvedimento o perché scaduti i termini perentori), il provvedimento stesso restrittivo della libertà personale emanato dall’Autorità di Pubblica Sicurezza si intenderà privo di effetti e revocato. La conseguenza sarà pertanto non solo la possibilità per l’interessato di rivalersi contro l’organo di Pubblica Sicurezza nelle sedi competenti (Cfr. Sent. Corte Costituzionale del 2 Novembre 1990, n.515), ma anche l’inutilizzabilità degli elementi di prova in sede processuale perché illecitamente acquisite (Cfr. Corte Costituzionale, Sent. Del 6 aprile 1973, n. 34).

Il presupposto della “necessità” si basa sul fatto che l’intervento dell’Autorità di pubblica sicurezza sia davvero indispensabile. In tale

la forza pubblica”, cfr quanto affermato dll’onorevole TUPINI in ATTI DELL’ASSEMBLEA COSTITUENTE, seduta del 10 aprile 1947, 2693.

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24 requisito è presente un richiamo alla così detta "stretta necessità" indicata Cesare Beccaria nel suo “Dei delitti e delle pene” come presupposto per evitare un “atto tirannico” (“ogni atto di autorità di uomo a uomo che non derivi dall’assoluta necessità è tirannico”)39 . I provvedimenti “provvisori” adottati, quindi, risultano necessari solo quando la restrizione sia realmente indispensabile per il conseguimento di esigenze "di coercizione costituzionalmente ammesse"40. Inoltre, trattandosi comunque di un intervento di carattere eccezionale rispetto a quello ordinario dell’autorità giudiziaria, è stata prevista per questo una disciplina più rigorosa (cfr. riserva assoluta di legge) nonché, come già detto, necessaria convalida del giudice per renderlo legittimo e produttivo di effetti (cfr. riserva di giurisdizione).

In merito poi al presupposto dell'urgenza, esso è il secondo presupposto richiesto dall'articolo 13 della costituzione accanto alla necessità.

I casi urgenti sono quelli in cui il giudice non può intervenire in maniera tempestiva nonostante la necessità di un provvedimento limitativo della libertà. Tale requisito, quindi, non sussiste in ogni caso di flagranza ma è fondamentale il suo accompagnarsi alla "necessità" del provvedimento. La fragranza di per sé infatti non rappresenta altro che una forte evidenza della prova a carico dell'inquisito. Quindi il provvedimento provvisorio della polizia sarà necessario quando ad esempio vi sia il fondato sospetto che la persona colta in flagranza stia per darsi alla fuga, stia per inquinare una prova oppure continui l'attività criminosa41.

In sintesi è doveroso affermare come vi sia una stretta connessione tra i due requisiti ex articolo 13 della costituzione,” necessità e urgenza” appunto.

In ultima analisi è necessario aggiungere qualcosa in merito all'eccezionalità e alla tassatività. Di tali presupposti di intervento

39 BECCARIA, Dei delitti e delle pene, 2010, Milano, pp.42-44. 40

FILIPPI, op. cit., p. 88.

41

(25)

25 possiamo dire anzitutto che la legittimazione dell'intervento straordinario della polizia deve sempre qualificarsi come “eccezionale” (Cfr. Art. 13 comma III Cost.). Il significato del termine "eccezionale" non è collegato alla rarità della fattispecie considerata nel caso concreto, bensì al suo porsi al di fuori delle regole ordinarie. Inoltre è stato affermato che i poteri della polizia sono sostitutivi di quelli del giudice e quindi necessariamente con essi coincidenti42: il fatto che intervenga la polizia al posto dell'autorità giudiziaria è un'eccezione alla condizione ordinaria, ma “l'eccezione è in re ipsa”43, cioè è previsto chiaramente dal testo costituzionale che ciò possa avvenire. Così giudice e polizia hanno ognuno, in relazione alla condizione che l'ordinamento disciplina (ordinaria il giudice e straordinaria la polizia), un identico potere di intervento a fini coercitivi della libertà personale.

Infine, strettamente collegata con la riserva di legge, è la previsione di una indicazione “tassativa" delle condizioni che legittimano l'intervento della polizia al posto del magistrato. infatti in dottrina44 si è affermato che, con la "tassatività", la costituzione richiede al legislatore una certa "determinatezza di prescrizioni"45 e di indicazioni, in modo da porre entro determinati confini la discrezionalità d'azione degli operatori.

1.8 REVOCA.

La provvisorietà dei provvedimenti finora trattati comporta che al termine del periodo perentorio se non opportunamente convalidati “si intendono revocati e restano privi di ogni effetto.

Sia la decisione di revoca che anche la perdita di efficacia dovuta al decorrere dei termini stabiliti ex costituzione hanno creato notevoli problemi interpretativi.

42LAMBERTI, op. cit., pp.21 e ss.; FILIPPI, ibidem, p. 90. 43 FILIPPI, ibidem, p. 90.

44

CHIAVARIO, Processo e garanzie della persona, in op. cit., p. 253.

45

(26)

26 “la revoca” in senso tecnico è nell’ambito del diritto pubblico il ritiro di un atto ritenuto viziato nel merito, mentre nel caso dei provvedimenti provvisori viene valutata anche la legittimità delle misure adottate dalla polizia. La perdita di efficacia ha valore ex nunc allo scadere del termine fissato.

All’interno dell’articolo 13 si parla, oltre che di “revocati”, di provvedimenti che “restano privi di ogni effetto”. Tale affermazione non si può riferire al futuro poiché un provvedimento revocato è di per sé inidoneo a produrre effetto alcuno, ma nemmeno agli effetti restrittivi già verificatisi perché “factum infectum fieri nequit”. inoltre La perdita di efficacia “temporanei” non può che riferirsi al passato46

.

Questo ha comportato, così, che l’inefficacia non attenga alla sfera della libertà personale ma attenga agli atti processuali che dalla restrizione di quest’ultima sono scaturiti. È noto infatti che dopo l’adozione dei provvedimenti provvisori la polizia ed il pubblico ministero possono procedere a svolgere attività di indagine per la raccolta di elementi di prova, quali ad esempio perquisizioni o ispezioni, ecco con la revoca dei provvedimenti provvisori i risultati di tali attività saranno processualmente inutilizzabili. Per fare un esempio: se un soggetto viene arrestato in flagranza e rilascia dinnanzi al pubblico ministero una confessione, questa diverrà inutilizzabile come prova a carico dello stesso qualora l’arresto non sia convalidato47. “In sintesi se il provvedimento è revocato esso può dirsi privo di ogni effetto solo in quanto gli elementi di prova siano processualmente inutilizzabili”48

. Degno di nota è infine il fatto che l’illegittima privazione della libertà personale ad opera degli agenti di polizia, può comportare l’applicazione di sanzioni nei loro confronti, ma non la nullità degli atti processuali.

46 FILIPPI, op. cit., p. 105. 47

FILIPPI, ibidem, p. 105-106

48

(27)

27

1.9 IMPUGNAZIONE.

Avverso i provvedimenti sulla libertà personale pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari o speciali, la stessa costituzione prevede come sempre ammesso il ricorso in cassazione per violazione di legge (Cfr. Art 111, comma VI Cost.). Per tale motivo risulta assolutamente fondamentale l’obbligo di motivazione degli atti, previsto in merito non solo ai provvedimenti giurisdizionali in generale (Cfr. Art. 111, comma VI Cost.) ma anche a quelli in tema di libertà personale (Cfr. Art. 13, comma II Cost. e il comma III Cost del medesimo articolo per la convalida dei provvedimenti provvisori). Proprio attraverso la motivazione, infatti, è possibile conoscere le motivazioni di fatto o di diritto che sostengono il provvedimento limitativo.

Dinnanzi alla Corte di Cassazione deve essere sempre concesso il rimedio del ricorrere, ma niente viene esplicitamente dichiarato in merito a dover concedere o meno l’appello del provvedimento inerente la libertà personale. Questo significa che il legislatore deve garantire il rimedio dell’impugnazione dinnanzi alla Corte di Cassazione sempre, mentre resta più libero in merito all’appello e alla stessa appellabilità o riesame dei provvedimenti. In relazione a quelli sulla libertà personale, molti provvedimenti infatti “sono appellabili o suscettibili di riesame dinnanzi al cd. Tribunale delle libertà”49

per quella che possiamo definire come una “generosità” dello stesso legislatore.

La stessa Corte di Cassazione negava l’impugnabilità del provvedimento di convalida dell’arresto in flagranza, nonostante rientrasse nei provvedimenti limitativi della libertà personale che in base al comma VII dell’art.111 risultano impugnabili dinnanzi alla Corte stessa, salvo però ammettere l’impugnazione del pubblico ministero contro il provvedimento di liberazione dell’arrestato (rafforzando ulteriormente i poteri del P.M.).

49

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28 È stata proprio la Corte Costituzionale a riconoscere la garanzia del ricorso in Cassazione anche nei confronti del decreto di convalida in flagranza indipendentemente dall’autorità emanante ( P.M. o altri), proprio per l’incidenza assunta da quest’ultimo sul diritto alla libertà personale50.

50

(29)

29

CAPITOLO SECONDO. LA FLAGRANZA.

SOMMARIO: — 2.1 CONCETTO E NOZIONE DI FLAGRANZA PRIMA E DOPO LA RIFORMA. — 2.2 LA FLAGRANZA ED I SUOI ELEMENTI COSTITUTIVI: A) LA CONDOTTA IN ATTO E LA SUA PERCEZIONE DA PARTE DEL TERZO. — B) LA SORPRESA. — 2.3 REATO PERMANENTE E REATO ABITUALE. — 2.4 LA QUASI FLAGRANZA. — A)INSEGUIMENTO: premessa e disciplina ex art. 237 del codice del 1930. — A1) LA SITUAZIONE DOPO LA RIFORMA DEL 1988. — A2) LA

SVOLTA: LE SEZIONI UNITE SULLA NOZIONE DI QUASI FLAGRANZA. — B) LA SORPRESA CON COSE O TRACCE INDIZIANTI. — 2.5 ART. 380: I CASI DI ARRESTO OBBLIGATORIO. — 2.6 ART. 381: I CASI DI ARRESTO DISCREZIONALE. — 2.7 L’ARRESTO IN FLAGRANZA COME FACOLTA’ DEL PRIVATO.

2.1 CONCETTO E NOZIONE DI FLAGRANZA PRIMA E

DOPO LA RIFORMA.

Rispetto alla formulazione espressa dall’art. 237 del codice Rocco, possiamo anzitutto affermare che quella nuova, contenuta nell’attuale art. 382 c.p.p, ha il merito di eliminare quelle ambiguità interpretative che, giuristi illustri quali ad esempio Francesco Carnelutti, evidenziavano in merito alla doppia nozione di flagranza ricavabile dai commi primo e secondo del medesimo articolo 23751. Due, infatti, erano i concetti di flagranza che risultavano dall’esame di quest’ultimo: uno oggettivo ed uno soggettivo52.

Il primo dei due risvolti concettuali appena indicati si ricavava dalla previsione (I comma) che “flagrante” fosse “quel reato che si commette attualmente”. Evidente è l’eccessiva generalità e la scarsa utilità che una tale qualificazione del reato assumesse da un punto di vista pratico e

51 CARNELUTTI, Lezioni sul processo penale, vol. II, 1947, p 63. BONETTO, voce

Flagranza, in Enc. Dir., vol. XVII, 1968, p.762. FILIPPI, op. cit., p. 117. CASA, voce Flagranza, in Digesto delle materie penalistiche- aggiornamento, tomo I, 2005, p. 518. GENTILE, Il concetto di flagranza nell’elaborazione dottrinale e giurisprudenziale, 2013, p. 11.

52

(30)

30 concettuale. Stando infatti da un lato al significato letterale dello stesso termine “flagrante” (dal latino Flagrans-antis, p.presente del verbo flangro-as-avi-atum-are col significato di ardere, bruciare) come di un qualcosa che è evidente in ragione del suo divampare e stando dall’altro lato al dettato normativo in cui suddetto termine era implicato ( Cfr. art.237 c.p.p. I comma, ante-riforma), una fattispecie criminosa poteva quindi essere percepita come “flagrante” in ragione del suo semplice divenire attuale e manifestarsi al mondo esterno. La scarsa utilità che tale previsione normativa presentava era quindi essenzialmente legata al fatto che “ogni reato ad un certo momento del suo evolversi, è in actu”53

, cioè risulta qualificabile come commesso attualmente.

In base a quanto sostenuto nel I comma dell’art. 237 del codice Rocco, in sintesi, la flagranza si sarebbe potuta configurare come un semplice aspetto interno tipico di un qualsiasi reato e questo con il conseguente risultato di difficoltà da una parte nell’identificare quando un reato fosse realmente “flagrante”, dall’altra in merito alla realizzazione di una corretta applicazione degli istituti che da tale qualifica del reato dipendevano.

La lettura del primo comma, così, proprio a causa delle citate problematiche, non poteva avvenire in via dissociata da quella del secondo. Quest’ultimo, infatti, si rivelava essere una vera e propria limitazione e integrazione di quanto espresso all’interno del primo e permetteva conseguentemente di dare un indirizzo più logico all’interpretazione ed all’identificazione del concetto stesso di flagranza54.

La nozione contenuta nel comma secondo, infatti, si fondava su un aspetto soggettivo del concetto di flagranza, cioè sulla sorpresa del soggetto agente nella commissione del reato da parte di un terzo: è in stato di flagranza colui che “viene colto nell’atto di commettere il reato”.

53

FILIPPI, op. cit., p. 117.

54

(31)

31 Ecco che proprio dall’unione concettuale di questi due commi si ricavava che cosa dovesse intendersi realmente per “Flagranza” e di conseguenza per “stato di Flagranza”.

Non contava, quindi, l’attualità che caratterizza di norma ogni reato ( I comma), che è elemento intrinseco ad ogni fattispecie criminosa, ma quella “qualificata”, cioè connessa alla “contestualità tra il comportamento del reo ed il fatto percettivo del terzo”55

( II comma), che è elemento esterno rispetto alle caratteristiche stesse del reato. La presenza, però, di suddette problematiche interpretative risolte da altrettante articolate elucubrazioni faceva sentire sempre più la necessità di procedere verso una semplificazione del sistema. Era inutile mantenere la presenza di un comma, nonché di un connotato della flagranza che si dimostrava superfluo nei suoi contenuti nonché ai fini dell’identificazione dell’istituto e della connessa disciplina. Ecco che, nel 1989, con la riforma portata dall’entrata in vigore dell’attuale codice di procedura penale, vediamo il legislatore abbandonare il concetto di flagranza in senso oggettivo in favore di quello soggettivo valorizzando così, tra i due, il concetto di sorpresa56.

Il venire meno del codice Rocco, comunque, non ha comportato di fatto una sostanziale rivoluzione della nozione di flagranza; è stato più che altro un intervento rilevante da un punto di vista formale che ha così confermato gli orientamenti già esistenti a livello interpretativo e sostanziale in merito al concetto di flagranza medesimo ed ai commi ad esso dedicati. Potremmo identificarlo insomma come un vero e proprio prendere atto di un sentimento generale.

55 BONETTO, voce Flagranza, in op. cit. p.762. Cfr. anche Cass. pen. Sez. IV,

28-06-1996, n. 1681, in Cass. Pen., 1997, 1746 dove gli indagati erano stati sorpresi dalla parte offesa <M. N.> mentre tentavano di estrargli il portafoglio dalla tasca posteriore ed erano stati trattenuti dal medesimo sino all'arrivo della Polizia Ferroviaria. la mancata convalida da parte del gip ha comportato la richiesta di intervento della corte di cassazione. :” La flagranza è configurabile tutte le volte che sia possibile stabilire un nesso tra il soggetto e il reato, in specie con l'elemento materiale di questo, dovendo le condotte in cui l'illecito si sostanzia essere ancora in corso, e cioè dovendo sussistere un rapporto di contestualità tra il comportamento del reo e l'intervento della polizia giudiziaria.”

56

(32)

32 Tale nozione è infatti rimasta la stessa a cui si era giunti tramite quella che era stata l’interpretazione contestuale dei due commi del vecchio articolo 237. Importante perciò, da un punto di vista più che altro formale e di semplificazione concettuale, è da considerarsi l’avvenuta eliminazione del I comma dell’articolo appena richiamato. Cosa che ha comportato appunto l’esclusione di questo parametro oggettivo dal contenuto dell’art. 382 c.p.p., cioè dal nuovo articolo dedicato alla flagranza e rubricato inoltre “stato di flagranza”. Questo così, grazie a suddetta eliminazione, vede stabilito ad oggi al suo primo comma la seguente statuizione: “E’ in stato di flagranza chi viene colto nell’atto di commettere il reato ovvero chi, subito dopo il reato, è inseguito dalla polizia giudiziaria, dalla persona offesa o da altre persone ovvero è sorpreso con cose o tracce dalle quali appaia che egli abbia commesso il reato immediatamente prima”.

2.2 LA FLAGRANZA ED I SUOI ELEMENTI COSTITUTIVI:

A) LA CONDOTTA IN ATTO E LA SUA PERCEZIONE DA

PARTE DEL TERZO.

Carattere importante della flagranza è proprio l’evidenza probatoria che ad essa si ricollega57. Evidenza probatoria che è strettamente legata alla condizione che la sussistenza del fatto-reato venga direttamente percepita dal terzo nel suo realizzarsi. La prova, infatti, non solo della sussistenza del reato ma anche del soggetto cui attribuirne la creazione sta infatti nella contestualità tra realizzazione del reato stesso e sua percezione immediata e diretta.

Ciò che si richiede, quindi, ai fini della flagranza, è anzitutto che il terzo che abbia percezione immediata del fatto-reato sia anche in grado di identificarne l’autore58. Ergo, deve escludersi la flagranza qualora, pur

57

BONETTO, voce Flagranza, in op. cit., p.762. FILIPPI, op. cit., p. 117.

58

(33)

33 sussistendo la diretta percezione di un reato, non sia possibile all’osservatore dello stesso identificarne l’autore (ad esempio in una sparatoria dove colui che vi assista non riesca a vedere chi esploda i colpi perché nascosto)59. La corte ha inoltre precisato di recente che l’arresto non possa avvenire su indicazione di terze persone, per quanto esse siano state presenti ai fatti60.

Il “comportamento del reo - come abbiamo sottolineato finora- deve essere colto nel suo manifestarsi in forma esecutiva”61

. Questo, però, non significa necessariamente che ci si debba trovare dinnanzi ad un reato consumato. Anche un reato tentato può rilevare ai fini della flagranza e del conseguente arresto di un individuo. Infatti non occorre che siano integrati tutti gli elementi del reato, ma occorre che l’azione percepita dal terzo sia idonea ma soprattutto inequivocabilmente diretta verso la commissione di un illecito penalmente rilevante62. In sostanza rileva la disciplina prevista in merito al delitto tentato e che siano integrati i requisiti di un tentativo punibile in maniera inequivoca ( Cfr art.56 c.p.). Questo con eccezione dei reati contravvenzionali per i quali la flagranza viene configurata non in merito al tentativo ma alla effettiva commissione del reato stesso.

In ragione dell’evidenziato legame sussistente tra condotta dell’agente e percezione sensoriale della stessa, possiamo aggiungere, inoltre, che la flagranza non possa configurarsi nel caso in cui la condotta del soggetto agente abbia ormai avuto luogo e si sia quindi esaurita lasciando di conseguenza il solo evento naturale, anche se di tale evento vi sia stata

59 BONETTO, voce Flagranza, ibidem., p. 762. 60

Cfr. Cass. pen. Sez. VI, 14-01-2015, n. 8955 in Dir. Pen. e Processo, 2015, 4, 406. La massima relativa la sentenza su di un caso di allontanamento dalla casa famigliare per lesioni personali verso il coniuge: “Deve essere escluso lo stato di quasi flagranza qualora l'azione che porta all'arresto trova il suo momento iniziale non già in un immediato inseguimento da parte della polizia giudiziaria, ma in una denuncia della persona offesa, raccolta quando si era già consumata l'ultima frazione della condotta delittuosa.”

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BONETTO, voce Flagranza, op. cit., p. 762.

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(34)

34 percezione da parte del terzo63. Ciò che conta infatti ai fini della flagranza non è tanto l’evento naturale quanto invece la condotta. L’importanza di quest’ultima è confermata dello stesso contenuto dell’articolo 382 c.p.p.: si fa coincidere cronologicamente la flagranza con il momento in cui il reo viene colto nella commissione del fatto (chiaro riferimento alla condotta dello stesso). Senza contare, poi, che la sola percezione dell’evento da parte del terzo senza che si abbia anche quella della condotta non è in grado di fornire la prova specifica del reato. A riguardo possiamo pensare ad un soggetto che assista alla morte per avvelenamento di un altro. In tale caso non viene osservata la condotta dell’avvelenamento, ma il verificarsi dell’evento naturale a tale condotta corrispondente. Così non ci troveremmo dinnanzi ad un caso di flagranza di reato, poiché colui che osserva il verificarsi dell’evento è privo di quelle informazioni che permettano di identificare il soggetto agente (autore del reato) e la condotta dello stesso (modalità di avvelenamento), nonché la continuità e l’evidenza probatoria tra condotta-evento naturale.

L’importanza dell’immediata percezione di un legame tra il reato in questione ed il suo autore, come identificativa della flagranza, presupposto dell'arresto, comporta inoltre l’esclusione della legittimità della misura dell’arresto stesso in alcuni casi particolari64:

nel caso in cui, ad esempio, in base alle dichiarazioni di un altro arrestato nella flagranza del medesimo reato, si proceda all'arresto di taluno a distanza di sette-otto ore dalla commissione dello stesso65; quando il reo sia “colto” nell'atto di commettere il reato, ma venga lasciato libero per un qualsiasi motivo, dato che in un caso del genere si sarebbe al di fuori della «sorpresa»66; quando l'azione che porta all'arresto trova il suo momento iniziale in una denuncia della persona

63 BONETTO, voce Flagranza, op. cit., p.763. 64 CASA, voce Flagranza, in op. cit., p. 519. 65

Cass., sez. I, 31-3-1992, Foriglio, Mass. uff., 189874.

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