• Non ci sono risultati.

Il contrasto allo sfruttamento lavorativo. Disciplina legislativa, prassi e condizione di vulnerabilità dei lavoratori migranti.

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Il contrasto allo sfruttamento lavorativo. Disciplina legislativa, prassi e condizione di vulnerabilità dei lavoratori migranti."

Copied!
315
0
0

Testo completo

(1)

Dipartimento Civiltà e Forme del Sapere

Corso di Laurea Magistrale LM-81:

Scienze per la Pace: Trasformazione dei conflitti e Cooperazione allo sviluppo

Il contrasto allo sfruttamento lavorativo.

Disciplina legislativa, prassi e condizione

di vulnerabilità dei lavoratori migranti

Candidata

Virginia Balbonesi

Relatrice

Prof.ssa Francesca Biondi Dal Monte

Correlatrice

Prof.ssa Francesca Galli

(2)

2

«Non posiamo immaginare rivoluzioni, ma azioni quotidiane che scardinano l’ordine costituito delle agromafie attraverso la consapevolezza, l’impegno collettivo, l’informazione, la formazione e la ricerca. Meglio accendere ogni giorno un cerino, che attendere un ‘sol dell’avvenire’, che non arriverà mai. Ogni lavoratore, migrante o italiano che sia, nel momento in cui comprende il ruolo del padrone e il complesso di diritti di cui è titolare, diventa o può diventare un individuo un po’ più libero» (Marco Omizzolo)

«Ricorda che l’umiltà apre tutte le porte e che la conoscenza ti renderà più forte» (Fiorella Mannoia)

(3)

3

INDICE

pag.

PREFAZIONE ... 8

1. Le ragioni dello studio ... 8

2. Termini di riferimento ... 10

3. Metodo e struttura del lavoro ... 12

CAPITOLO I. DATI SUL FENOMENO DELLO SFRUTTAMENTO LAVORATIVO ... 16

1. Introduzione ... 16

2. Lo sfruttamento lavorativo al livello mondiale ... 19

2.1. Diffusione del fenomeno nelle aree del mondo ... 20

2.2. Dati disaggregati per genere ... 24

2.3. Schiavitù moderna: sfruttamento lavorativo ... 25

2.3.1. I settori in cui è maggiormente presente ... 25

2.3.2. Le forme di coercizione ... 30

2.4. La maggiore vulnerabilità degli stranieri espressa dai dati ... 32

3. Lo sfruttamento lavorativo in Italia ... 34

3.1. Alcuni dati disaggregati per nazionalità e genere ... 37

3.2. Contrattazione e giornate di lavoro ... 40

3.3. Il tasso di irregolarità ... 42

3.3.1. Le forme di irregolarità e condizione di vulnerabilità ... 44

3.3.2. Riflessione sui dati riferiti al primo periodo di diffusione del Covid-19 ... 46

4. Cenni sulla situazione in Toscana ... 48

5. Il caso specifico della Provincia di Grosseto ... 52

5.1. Richieste delle aziende nelle varie stagionalità ... 53

5.2 Le nazionalità dei braccianti ... 55

5.3. Struttura ed attività dei caporali ... 56

5.4. Racconti di manodopera bracciantile nel grossetano ... 58

5.5. Confronto diretto con il territorio: una breve indagine che mostra l’inconsapevolezza di molti braccianti stranieri ... 60

(4)

4

II CAPITOLO. SFRUTTAMENTO LAVORATIVO INQUADRAMENTO

GIURIDICO AL LIVELLO INTERNAZIONALE ... 66

1. La Società delle Nazioni: la prima convenzione sulla schiavitù e lo sfruttamento lavorativo .. 66

1.1. Disciplina internazionale in contrasto alle forme di schiavitù e alla tratta ... 68

di esseri umani ... 68

1.2. Modifiche posteriori: la Convenzione supplementare ... 70

2. Le Nazioni Unite e gli interventi promossi contro le forme di schiavitù ... 73

2.1. Nuove discipline per contrastare la schiavitù: Patto internazionale sui diritti civili e politici ... 74

2.2. (segue) Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali ... 75

2.3. La Convenzione internazionale sulla protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie ... 77

2.4. Il contributo promosso dalla Convenzione di Palermo ... 82

3. L’Organizzazione Internazionale del Lavoro e le convenzioni promosse ... 84

3.1. Convenzione OIL sul lavoro forzato ed obbligatorio ... 86

3.1.1. La tutela della vittima e gli strumenti di prevenzione in cui si annoverano l’educazione e l’informazione ... 90

3.2. Convenzione OIL sui lavoratori migrati ... 92

3.3. Convenzione OIL sulle migrazioni in condizioni abusive e sulla promozione della parità di opportunità e di trattamento dei lavoratori migranti ... 96

3.4. Potenzialità e criticità delle Convenzioni OIL ... 99

4. I divieti assoluti di schiavitù e di servitù nonché a compiere forzato ed obbligatorio nella Convenzione Europea sui Diritti dell’Uomo ... 100

4.1. L’articolo 4 e l’interpretazione evolutiva della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ... 102

4.2. Convenzione sulla lotta contro la tratta degli esseri umani ... 107

4.2.1. GRETA: gruppo d’azione contro la tratta di esseri umani ... 110

4.3. La Carta sociale europea ed i diritti di tutti i lavoratori ... 112

4.4. Il Comitato Europeo dei Diritti Sociali e le conclusioni sull’Italia ... 115

III CAPITOLO. SFRUTTAMENTO LAVORATIVO INQUADRAMENTO GIURIDICO AL LIVELLO DELL’UNIONE EUROPEA ... 119

1. Brevi accenni sul percorso della disciplina nel suo tentativo di integrazione della materia migratoria e del lavoro degli stranieri ... 119

1.1. Primi tentativi di mettere in comune la politica migratoria per rispondere ai nuovi flussi migratori ... 120

(5)

5 1.3. La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea: i diritti riconosciuti a tutti i lavoratori

... 125

1.4. L’elaborazione del Piano d’azione sulla migrazione legale ... 127

2. La direttiva 2009/52/CE che introduce norme minime relative a sanzioni ed a provvedimenti nei confronti di datori di lavoro che impiegano cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare ... 129

2.1. I contenuti volti al contrasto dello sfruttamento lavorativo ... 130

2.2. La ratio e lo scopo del divieto ad impiegare gli stranieri irregolari ... 131

2.3. La fattispecie di reato ed i soggetti coinvolti ... 134

2.4. Gli obblighi in capo agli Stati: informare i lavoratori e sanzionare i rei datori di lavoro . 135 3. Le azioni volte alla prevenzione e alla repressione della tratta di esseri umani nonché alla protezione delle vittime ... 137

3.1. Rapporto sulla lotta contro la tratta di esseri umani nelle relazioni esterne dell’Unione .. 139

4. Un insieme comune di diritti per i lavoratori di Paesi terzi che soggiornano in Europa, direttiva 2011/98/UE ... 141

5. Diritti riconosciuti ai lavoratori, stagionali e non, provenienti da Paesi terzi, nella direttiva 2014/36/UE ... 143

5.1. Diritti riconosciuti ai lavoratori stagionali ... 145

6. Le nuove prospettive di intervento dell’Unione europea ... 146

6.1. La proposta di Risoluzione sulla ricerca e il soccorso nel Mediterraneo ... 146

6.2. La Risoluzione del Parlamento sulla situazione nel Mediterraneo e la necessità di un approccio globale dell’UE in materia di immigrazione ... 147

6.3. La Risoluzione sulla tutela dei lavoratori frontalieri e stagionali nel contesto della crisi del Covid-19 ... 149

6.4. Il nuovo Patto sulla migrazione e l’asilo del 23 settembre 2020 ... 153

CAPITOLO IV. SFRUTTAMENTO LAVORATIVO: INQUADRAMENTO NAZIONALE ... 156

1. Diritto dell’immigrazione: evoluzione e recepimento delle direttive europee ... 156

1.1. Breve excursus della normativa migratoria alla luce del paradigma emergenziale, utilitaristico ed economico, nonché securitario ... 158

1.2. Analisi del d.lgs. 109/2012 che ha recepito la riguardante le sanzioni ed i provvedimenti nei confronti dei datori di lavoro che impiegano cittadini senza regolare permesso di soggiorno ... 164

1.2.1. Le previsioni europee mancanti nell’ordinamento italiano ... 166

1.3. Recepimento della direttiva 2011/36 volta alla prevenzione e repressione della tratta di esseri umani ... 169

2. La centralità del lavoro nei canali di accesso regolare dello straniero ... 172

(6)

6

2.2. Accesso degli stranieri al mercato del lavoro mediato dai decreti flussi ... 177

2.3. Il permesso per ricerca lavoro e la figura dello Sponsor ... 182

3. La tutela penale: reato di intermediazione illecita e sfruttamento lavorativo ... 185

3.1. Le prime attività promosse con la Commissione Pansa ... 187

3.2. Altri interventi promossi per il contrasto allo sfruttamento lavorativo ... 190

3.3. L’articolo 603-bis c.p. e l’evoluzione nel 2016 ... 191

3.4. Lo stato di bisogno: un elemento costitutivo della fattispecie ... 196

3.5. Lo sfruttamento qualificato con gli indici: un altro elemento costitutivo della fattispecie ... 201

3.6. Una prospettiva sulla quale riflettere: qualcosa di più di delitti da punire ... 202

4. La dignità del lavoratore e gli strumenti adottati per la tutela delle vittime di tratta e di sfruttamento lavorativo ... 204

4.1. Il permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale: l’articolo 18 ... 205

4.2. L’articolo 22, comma 12-quater ... 211

4.3. Tutele a confronto ... 214

V CAPITOLO. LE CONDIZIONI DI VULNERABILITÀ NELLE QUALI SI SVILUPPA IL FENOMENO DELLO SFRUTTAMENTO E AZIONI PER CONTRASTARLO ... 216

1. Deboli tutele dei lavoratori e giuridificazione delle condizioni di sfruttamento ... 216

1.1. Condizione esterna, l’intermediazione privata delle agenzie interinali che spesso sfugge alla vigilanza pubblica ... 219

1.2. La spasmodica ricerca della regolarità e i vincoli normativi ... 222

1.3. (segue) Procedure giuridificate ... 227

2. Lo snodo centrale della vulnerabilità come possibile concausa del fenomeno ... 229

2.1. Vulnerabilità conseguente all’essere stato soggetto alla tratta di esseri umani a scopo di sfruttamento lavorativo ... 230

2.2. Vulnerabilità dovuta all’essere dipendente di un altro soggetto ... 234

2.2.1. Dipendenza abitativa: gli slums ... 234

2.2.2. Dipendenza dal vitto offerto dai caporali ... 240

2.2.3. Dipendenza dal trasporto ... 241

2.3. Vulnerabilità intrinseca ... 242

3. Difetti nella determinazione del prezzo: la decisione del primo anello della catena, il consumatore, si riversa nell’ultimo della filiera, il bracciante agricolo ... 244

3.1 Definizione del prezzo all’interno della vendita alla GdO: utilizzo dell’asta a doppio ribasso ... 245

(7)

7

4. Strumenti istituzionali ... 250

4.1. La centralità della repressione attraverso la vigilanza sul territorio ... 251

4.2. Attività di vigilanza svolta dagli ispettori del lavoro ... 253

4.3. La sanatoria uno strumento adeguato? ... 256

4.4. La regolarizzazione 2020 all’interno del Decreto rilancio ... 259

4.5. Il Piano triennale di contrasto allo sfruttamento lavorativo in agricoltura e al caporalato 2020-2022 ... 263

4.6. Alcune criticità degli strumenti istituzionali utilizzati e le azioni che potrebbero essere adottate ... 268

4.6.1. La proposta di legge: Marchi di qualità e garanzia e identificazione, responsabilità sociale delle imprese, tutela dei lavoratori ... 273

4.7. Progetto significativo: Filiera dell’agricoltura responsabile ... 274

5. Questione non solo giuridica e sociale, ma anche di politica alimentare ... 276

5.1. Le varie problematiche che ne derivano ... 278

5.2. Strumenti europei, direttiva 2019/633, e nazionali, DDL S. n. 1373/2020, volti alla costruzione di una filiera etica ... 279

5.3. Una nuova proposta comunicativa: l’etichetta etica e narrante ... 283

5.4. La norma europea concernente l’etichettatura ... 287

5.5. Analisi di alcune esperienze significative: cosa deve contenere un’etichetta critica e il progetto ‘Iamme liberi di scegliere’ ... 288

5.6. Una pedagogia per il bracciante e per il consumatore ... 294

CONCLUSIONI ... 298

(8)

8

Prefazione

1. Le ragioni dello studio

L’idea di elaborare questa tesi nasce dall’amara consapevolezza del fatto che la maggior parte dei consumi, fatti da ognuno di noi, nei supermercati, nei servizi della ristorazione o negli alberghi, può nascondere condizioni di sfruttamento. Allo stato attuale appare difficile, se non impossibile, determinare dalla lettura dell’etichetta le caratteristiche relative alla produzione di un bene ortofrutticolo. Non vi è una certificazione sul prodotto, come ad esempio un’etichetta, o un elenco pubblico in cui le aziende fanno conoscere il modo di lavorazione dei prodotti agroalimentari venduti, se la raccolta è fatta a macchina o a mano, inoltre, non sono a conoscenza dei consumatori i tipi di contratto di lavoro stipulati e il numero dei braccianti assunti. Tali dati potrebbero essere utili nello svelare se l’azienda ha un atteggiamento etico e rispettoso della dignità dei lavoratori, o se, nelle peggiori delle ipotesi, sfruttata manodopera. Nonostante lo sfruttamento lavorativo sia considerato un illecito al livello sia nazionale che internazionale, gli strumenti repressivi volti alla sua eliminazione non sono stati per adesso sufficienti. Questi potrebbero essere, quindi, affiancati dall’introduzione di etichette critiche sui prodotti agricoli che possono far assumere alla scelta del consumatore un valore etico, nei confronti dei lavoratori che producono un determinato bene. Fino a quando non sarà introdotto e si diffonderà tale standard, ognuno di noi nell’atto dell’acquisto compirà una scelta, influenzata dai gusti, dai propri valori, come ad esempio la tutela ambientale, questione che ha maggiori certificazioni, nonché, in modo particolare, dal prezzo più vantaggioso, discriminante che non sempre rappresenta il prezzo giusto dei salari per gli operai agricoli.

Nell’elaborato si intende sostenere la presenza di una forte correlazione fra lo sfruttamento lavorativo ed il grado di vulnerabilità vissuto dai soggetti che ne diventano vittima. I soggetti che maggiormente sono sottoposti a condizioni lavorative più svantaggiose sono coloro che sono assunti irregolarmente, ma non

(9)

9

solo, infatti, sempre più si parla del c.d. lavoro grigio, intendendo quelle situazioni in cui vi è un rapporto di lavoro regolarizzato, ma puntualmente non viene rispettato. Dall’analisi del fenomeno emerge che sono più propensi ad accettare condizioni di lavoro svantaggiose i soggetti che vivono una condizione di fragilità, nel senso che non sono in una posizione tale per poter rifiutare la proposta ricevuta. Tale debolezza può essere legata al fatto che non siano regolarmente soggiornanti nel territorio e questo impedisce loro di sottoscrivere un contratto di lavoro, oppure per il vincolo fra sfruttatore e vittima, ad esempio dovuto ad un debito da saldare, o ancora alla necessità di mandare alla famiglia di origine del denaro. Queste necessità sono più frequenti per le persone che non sono radicate sul territorio, come i lavoratori stranieri che svolgono mansioni stagionali. Oltre a tale caratteristica, questi soggetti possono non essere a conoscenza della normativa del lavoro in Italia, delle garanzie di igiene e sicurezza che il datore di lavoro deve fornire, del fatto che i contributi non sono a carico del lavoratore, della retribuzione minima che spetta, così come delle ore di lavoro massime giornaliere, dei giorni di riposo settimanale e delle ferie. Il fatto di non avere una forte radicalizzazione nel territorio, la non conoscenza in modo approfondito della lingua, oltre all’inconsapevolezza dei diritti volti alla tutela dei lavoratori e non essere nella posizione di poter scelta nel panorama delle offerte del mercato del lavoro rende gli stranieri facile preda dell’illecito.

La questione che viene posta come domanda di tesi concerne le azioni di contrasto al fenomeno dello sfruttamento lavorativo, anche nel caso in cui esso sia connesso alla tratta. Nello specifico l’interrogativo posto verte sulle forme di tutela presenti nella normativa nazionale ed internazionale, in capo ai lavoratori stranieri per far sì che non vivano una condizione di vulnerabilità e di debolezza estrema che, diversamente da altre categorie di lavoratori, li rende più predisposti ad accettare condizioni di lavoro irregolare. Oltre ciò, un’attenzione particolare meritano gli strumenti impiegati fino ad ora e quelli che potrebbero essere utilizzati per raggiungere tale obiettivo.

(10)

10

2. Termini di riferimento

Una prima necessaria precisazione riguarda i differenti termini utilizzati, fra questi: riduzione in schiavitù, tratta di esseri umani, sfruttamento lavorativo.

Per riduzione in schiavitù, come affermato all’articolo 600 del Codice penale, si intende una situazione in cui un soggetto esercita sulla vittima poteri equiparabili al diritto di proprietà oppure riduce o mantiene la vittima in uno stato di soggettazione continuativa - mediante violenza, minaccia, inganno, abuso di autorità o approfittamento di una situazione di vulnerabilità, di inferiorità fisica o psichica oppure di una situazione di necessità, con la promessa o la donazione di somme di denaro o di altri vantaggi - costringendola a prestazioni lavorative sessuali ovvero all’accattonaggio o comunque al compimento di attività illecite.

Lo sfruttamento lavorativo, e la tratta di persone volta allo stesso scopo, pur essendo due fenomeni distinti fra loro a volte possono essere interconnessi: la tratta molto spesso precede condizioni di sfruttamento lavorativo. Dopo il trasferimento in un altro Paese, come persona sottoposta a tratta, la vittima potrà essere lasciata andare, in tal caso si parla solo di tratta di esseri umani, oppure potrebbe essere sfruttata lavorativamente o sessualmente. Molto spesso ci troviamo di fronte a questa seconda ipotesi, in quanto non tutti coloro che intraprendono il viaggio migratorio hanno a disposizione il denaro necessario a coprirlo: ne consegue che molti contraggono un debito, il quale sarà ripagato attraverso il lavoro svolto in modo gratuito o semi-gratuito, una volta raggiunta la meta. Nelle varie definizioni utilizzate in riferimento al fenomeno della tratta di esseri umani ricorrono gli elementi dello spostamento di soggetti in un Paese diverso da quello di residenza, messo in atto da un sistema organizzato in cui la persona cade, nonché l’approfittamento dello stato di vulnerabilità, inferiorità psichica e di necessità. La definizione dell’Unione Europea esplicitata nella direttiva 2011/36/UE concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime, richiama il reclutamento di persone ai fini di sfruttamento, il trasporto, il trasferimento, l’alloggio di persone, condotte che possono verificarsi con la minaccia dell’uso o l’uso della violenza o attraverso altre forme di coercizione, il rapimento, la frode, l’abuso di potere, l’approfittamento della posizione di

(11)

11

vulnerabilità. Nella lingua inglese troviamo due termini simili, ma che si riferiscono a due concetti differenti: il termine smuggling che indica il favoreggiamento all’immigrazione clandestina, in cui i migranti che intendono intraprendere il viaggio si rivolgono ad organizzazioni criminali, le quali a caro prezzo organizzano lo spostamento. In questo caso il rapporto migrante e trafficante si conclude arrivati a destinazione. Con il termine trafficking si intende un fenomeno molto più complesso che vede le vittime reclutate con la violenza e l’inganno dai trafficanti, private dei documenti di identità, ridotte a uno stato di schiavitù e oggetto di compravendita fra i vari criminali che le impiegano anche nel mercato della prostituzione, dell’accattonaggio, del lavoro nero e del traffico di organi.

Infine, per sfruttamento lavorativo intendiamo una serie di violazioni, più o meno gravi, dei diritti del lavoro, che possono arrivare a ledere diritti fondamentali e inviolabili della vittima, come ad esempio il diritto alla libertà di movimento, il diritto alla salute, il diritto a non subire trattamenti inumani e degradanti. Nel caso in cui sulla persona siano esercitati diritti pari a quelli di proprietà si parla di riduzione in schiavitù. All’interno del codice penale italiano lo sfruttamento lavorativo è stato introdotto nel 2011 all’articolo 603-bis, in cui si afferma che tale pratica può essere posta in essere da un soggetto che svolge il ruolo di intermediario illecito o di datore di lavoro, e che sottopone a condizioni di sfruttamento il/i lavoratore/i approfittando dello stato di bisogno.

Costituisce indice di sfruttamento la sussistenza di una o più delle seguenti condizioni: la reiterata corresponsione di retribuzioni in modo palesemente difforme dai contratti collettivi, o comunque sproporzionata rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato; la reiterata violazione della normativa sull’orario di lavoro e sui periodi di riposo; la sussistenza di violazioni delle norme in materia di sicurezza ed igiene nei luoghi di lavoro; la sottoposizione del lavoratore a condizioni di lavoro, a metodi di sorveglianza o a situazioni alloggiative degradanti. Il reato di sfruttamento è spesso associato alle attività svolte in agricoltura, tuttavia, lo stesso è riscontrabile anche in ambiti diversi. Sono anzi sempre più frequenti comportamenti riconducibili alla fattispecie di reato nell’ambito di attività e servizi, esercitate da imprese che realizzano forme di intermediazione illecita lucrando sull’abbattimento abnorme dei costi del lavoro a danno dei lavoratori e

(12)

12

degli istituti previdenziali. Ci sono casi in cui l’attività di intermediazione illecita, c.d. caporalato, rientra all’interno di vere e proprie organizzazioni dedite allo sfruttamento, integrando anche l’ipotesi di associazione per delinquere, ex art. 416 c.p., e, nei casi più estremi, associazioni di tipo mafioso anche straniere, disciplinate all’articolo 416-bis c.p.

Coloro che subiscono il fenomeno dello sfruttamento lavorativo sono accumunati da condizioni svantaggiose che consistono: nell’ammontare della paga corrisposta, che è inferiore a quella che gli spetterebbe o in casi più estremi non è nemmeno corrisposta; nella quantità di ore lavorate giornalmente, superiore alle otto ore previste dalla legge; nel mancato riposo settimanale; nel non riconoscimento di ferie o congedi per malattia, nell’alloggio fornito, che non rispetta gli standard minimi. Tutti i lavoratori che subiscono situazioni di lavoro degradanti sono accumunati dal fatto di essere disposti ad accettare condizioni di lavoro di gran lunga inferiori agli standard normativi nazionali, perché vivono una condizione di bisogno, cioè una condizione di estrema vulnerabilità che si sostanzia con la difficoltà o l’impossibilità a realizzarsi per la mancanza di mezzi idonei a sopperire alle esigenze primarie, e cioè relative a beni comunemente considerati come essenziali per chiunque.

Dal punto di vista sociologico come sostengono Oliveri e Omizzolo, lo sfruttamento è da considerarsi come una relazione di dominio che lega in modo difficilmente scindibile due o più soggetti caratterizzati da una posizione persistente di disuguaglianza di potere, la quale agisce in due sensi: i soggetti più potenti sono in grado di strumentalizzare, ai propri fini, l’altrui condizione di minor potere; i soggetti con minor potere non hanno alternative valide se non sottostare alla strumentalizzazione dei soggetti più potenti.

3. Metodo e struttura del lavoro

Il lavoro di ricerca si articola in cinque capitoli, nei quali si presenta il fenomeno dello sfruttamento lavorativo, dedicano una particolare attenzione alle misure di contrasto. A tal fine è analizzata la disciplina legislativa, le prassi, la

(13)

13

centralità della condizione di vulnerabilità ed infine gli strumenti utilizzati e quelli che potrebbero essere impiegati.

Nel primo capitolo verranno presi in considerazione i dati del fenomeno in una visione generale, globale, nazionale e con alcuni accenni anche al territorio toscano. I dati che emergono mostrano che quasi una vittima su quattro di una delle forme di schiavitù moderna è straniera, e che il settore agricolo si attesta uno fra quelli in cui il fenomeno dello sfruttamento lavorativo è maggiormente presente. Nell’elaborazione del capitolo sono state svolte alcune interviste con i braccianti agricoli richiedenti asilo, ospiti in una struttura nel Comune di Grosseto. Il numero dei colloqui svolto non è stato così ampio da determinare una campione significativo per un’analisi di tipo quantitativo del fenomeno, ma si è ritenuto comunque utile riportare le informazioni acquisite, in quanto queste sono andate a confermare i dati generali definiti dal Rapporto Agromafie e Caporalato elaborato Osservatorio Placido Rizzotto. La principale causa per la quale le indagini svolte hanno visto un numero limitato di colloqui, rispetto a quelli ipotizzati inizialmente, è stata l’emergenza sanitaria e le restrizioni previste per arrestare il contagio derivante dalla diffusione del Covid-19, che hanno portato le Direttrici dei centri di accoglienza contattati a preferire che personale esterno non entrasse nella struttura. A seguire, nel secondo capitolo si analizza la disciplina elaborata delle organizzazioni internazionali, Società delle Nazioni e Nazioni Unite, che si sono adoperate per eliminare le forme di lavoro forzato. Vi sono stati anche interventi di agenzie specializzate, prima fra tutte l’Organizzazione Internazionale sul Lavoro che ha sviluppato Convenzioni come la Convenzione sul lavoro forzato ed obbligatorio, n. 29/1930, la Convenzione sui lavoratori migranti, n. 97/1949, e la Convenzione sulle migrazioni in condizioni abusive e sulla promozione della parità di opportunità e di trattamento dei lavoratori migranti, n. 143/1975. Nella seconda parte del capitolo è riporta la disciplina per il contrasto di tali illeciti a livello regionale, da parte del Consiglio d’Europa, il quale nell’elaborazione della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali ha esplicitato al quarto articolo il divieto assoluto per qualsiasi individuo ad essere tenuto in condizioni di schiavitù o di servitù, nonché il divieto a compiere un lavoro forzato od obbligatorio.

(14)

14

Il terzo capitolo è dedicato alla disciplina dell’Unione europea riguardante lo sfruttamento lavorativo. La normativa presa in esame ruota intorno a tre direttive: la direttiva 2009/52, la quale ha introdotto delle norme minime relative alle sanzioni ed ai provvedimenti nei confronti dei datori di lavoro che impiegano cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare; la direttiva 2011/36 riguardante la prevenzione e la repressione della tratta degli esseri umani, nonché la tutela delle vittime; infine la direttiva 2014/36, la quale prende in esame la condizione dei lavoratori stranieri stagionali comprendendo la loro posizione di maggiore vulnerabilità, la quale necessita di maggiori tutele rispetto ad altre categorie di migranti.

La disciplina nazionale è riportata nelle note più significative al capitolo quarto. La prima parte è dedicata all’analisi del diritto dell’immigrazione come espressione di tre paradigmi: emergenziale, utilitario ed economico, securitario. Si passa poi alle politiche di accesso degli stranieri nel territorio italiano e alla centralità che ha l’attività lavorativa. Successivamente, si esamina la tutela penale delle vittime del reato di caporalato e sfruttamento lavorativo analizzando il testo introdotto nel codice penale. Al livello italiano la maggiore tutela alle vittime è garantita dall’articolo 18 del d.lgs. 286/1998, Testo Unico per l’Immigrazione (d’ora in poi T.U. Imm.), in cui si prevede un permesso di soggiorno rubricato come casi speciali per le vittime dei reati previsti agli artt. 600 e 601 del codice penale, reati che riguardano la riduzione o il mantenimento in schiavitù e la tratta di esseri umani. Altro caso di concessione del permesso di soggiorno è l’essere stato vittima di condizioni di particolare sfruttamento lavorativo. Come specificato all’articolo 22, comma 12-quater, T.U. Imm., il rilascio avviene nel caso in cui lo straniero abbia presentato una denuncia e si dimostri cooperante nel procedimento penale instaurato nei confronti del datore di lavoro. Nel capitolo si esaminano e confrontano i due tipi di permesso di soggiorno.

Nel quinto capitolo verranno trattati gli elementi ritenuti determinati nella permanenza del fenomeno, il quale, nella fase di globalizzazione, pone in rilievo i limiti e gli aspetti più precari della condizione giuridica dei soggetti più deboli. Sono individuate tre concause che spingono il soggetto verso una condizione di vulnerabilità permanente, che lo rende una facile vittima del fenomeno: le cause

(15)

15

esterne; la dipendenza da un terzo per mancanze materiali; le cause intrinseche. La prima riguarda l’impianto normativo, che in materia di lavoro ha indebolito le tutele dei lavoratori, di ciò soffrono sia cittadini italiani che stranieri, mentre in materia di immigrazione e asilo si denota una progressiva restrizione dell’accesso alla procedura di asilo e di possibili titoli di soggiorno legale. Per quanto riguarda le mancanze di risorse ci riferiremo a vari elementi, fra cui il mezzo di traporto, la cui assenza rende il bracciante dipendente dal caporale per spostarsi e raggiungere il luogo di lavoro. Infine, le cause intrinseche sono tutte quelle cause che rendono la vittima inconsapevole delle alternative valide che potrebbero farla emergere dalla situazione di sfruttamento. Nella seconda parte del capitolo sono analizzate le azioni messe in campo dalle istituzioni e le loro criticità, nonché gli strumenti innovativi che, ponendo al centro il consumatore e le sue scelte, propongono un nuovo modo per reprimere il fenomeno.

(16)

16

CAPITOLO I. Dati sul fenomeno dello

sfruttamento lavorativo

SOMMARIO: 1. Introduzione. – 2. Lo sfruttamento lavorativo al livello mondiale. – 2.1. Diffusione del fenomeno nelle aree del mondo. – 2.2. Dati disaggregati per genere. – 2.3. Schiavitù moderna: sfruttamento lavorativo. – 2.3.1. I settori in cui è maggiormente presente. – 2.3.2. Le forme di coercizione. – 2.4. La maggiore vulnerabilità degli stranieri espressa dai dati. – 3. Lo sfruttamento lavorativo in Italia. – 3.1. Alcuni dati disaggregati per nazionalità e genere. – 3.2. Contrattazione e giornate di lavoro. – 3.3. Il tasso di irregolarità. – 3.3.1. Le forme di irregolarità e condizione di vulnerabilità. – 3.3.2. Riflessioni sui dati riferiti al primo periodo di diffusione del Covid-19. – 4. Cenni sulla situazione in Toscana. – 5. Il caso specifico della Provincia di Grosseto. – 5.1. Richieste delle aziende nelle varie stagionalità. – 5.2. Le nazionalità dei braccianti. – 5.3. Struttura ed attività dei caporali. – 5.4. Racconti di manodopera bracciantile nel grossetano. – 5.5. Confronto diretto con il territorio: una breve indagine che mostra l’inconsapevolezza di molti braccianti stranieri.

1. Introduzione

Lo sfruttamento lavorativo è considerato una forma di schiavitù moderna. Nel tempo questo reato ha avuto sempre una maggiore attenzione da parte degli ordinamenti nazionali ed internazionali. Le forme di schiavitù riconosciute si sono trasformate nel corso della storia: pensando a tale pratica spesso viene in mente un preciso periodo storico, come quello medievale e dell’età moderna, periodi in cui vi era un vero e proprio commercio degli schiavi. Sebbene traffici di persone di così grandi dimensioni non vi siano più, altre forme di schiavitù persistono ancora. Esse hanno mutato forma e modi di attuazione, l’elemento che non è cambiato è il rapporto di forza sproporzionata che si istaura fra una persona, che esercita un potere asimmetrico, e una vittima.

Tra le forme contemporanee più diffuse con le quali ci confrontiamo vi è lo sfruttamento lavorativo, che nasce da rapporti di lavoro in cui non si rispetta la dignità della persona occupata, questo fenomeno si palesa con molta più facilità nel momento in cui si ricorre all’intermediazione illegale, i caporali, figure che si

(17)

17

occupano della ricerca e dell’assunzione informale di manodopera. Le vittime sono i soggetti più vulnerabili, che non hanno possibilità di scelta fra le varie offerte di lavoro, come nel caso degli stranieri in una posizione irregolare, i quali hanno preclusa la strada di accesso al mercato regolare. Fra gli stranieri che arrivano in Italia ve ne sono alcuni alla ricerca disperata di un lavoro per rispondere all’esigenza impellente di ripagare un debito o di inviare del denaro alla famiglia di origine, queste motivazioni rappresentano una forte pressione alla quale si cerca di dare una risposta immediata. Così può accadere che l’occupazione proposta sarà accettata, indipendentemente dalla regolarità offerta sul piano retributivo, contributivo, della sicurezza, dell’orario di lavoro e del riposo settimanale.

Tale condizione di rassegnazione alle offerte proposte può essere dovuta all’assoluta necessità di guadagnare qualcosa o dal vincolo dovuto a un debito assunto con lo sfruttatore. Potrebbe anche essere legata al fatto che lo straniero non conosca la normativa italiana sul lavoro e, conseguentemente, non è a conoscenza dei suoi diritti retributivi o sul diritto di ricevere un’attrezzatura idonea a svolgere la propria mansione. Come è emerso da alcuni braccianti ospiti in un centro di accoglienza in Provincia di Grosseto, i quali non sapevano a quanto ammontasse la paga oraria individuata nei contratti di lavoro nazionali: dalla loro testimonianza emerge che i cinque euro all’ora offerti dal caporale erano più che sufficienti.

Gli studi elaborati a livello internazionale e nazionale ci permettono di avere una visione più articolata del fenomeno. Lo scopo di questo capitolo è tentare di comprendere la pratica sfruttamento lavorativo, come viene impiegato e su quali soggetti. Nei prossimi paragrafi saranno riportati e commentati alcuni dati utili, in riferimento al livello internazionale saranno utilizzati i dati fornite dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro nel rapporto pubblicato nel 20171, mentre per quanto riguarda il panorama italiano verranno presentati per lo più i dati riportati nel quarto rapporto Agromafie e Caporalato pubblicato nel giugno 2018 da

1 Rapporto OIL Global estimates of modern slavery: forced labour and forced marriage, Ginevra, 2017, disponibile al seguente link:

https://www.ilo.org/wcmsp5/groups/public/@dgreports/@dcomm/documents/publication/wcms _575479.pdf.

(18)

18

FLAI CGIL2, i dati elaborati nello Studio CREA3 ed i rapporti del Ministero del lavoro e delle politiche sociali4.

Sempre più è utilizzato il termine agromafie riferito al fenomeno dello sfruttamento lavorativo, in quanto è emerso che molte aziende della filiera agricola hanno una partecipazione mafiosa. Queste sono tutte quelle aziende che sotto ricatto o per interesse sono connesse alle organizzazioni criminali, usufruiscono dei vantaggi di avere alleati con importati aderenze politiche nei ruoli decisionali ed usufruiscono delle pratiche criminali che possono esercitare contro la concorrenza. L’emergenza sanitaria ha prodotto difficoltà economiche che hanno reso molte imprese facile preda delle associazioni a delinquere, le quali le hanno avvicinate rendendo disponibile un immediato prestito. La mafia nel comparto agricolo ha avuto nel 2019 un volume d’affari complessivo di 24,5 miliardi di euro con un aumento del 12,4%5 rispetto all’anno precedente.

Il potere mafioso si è annidato dietro molti prodotti, come frutta e verdura, carne e pesce, dalla raccolta al percorso che devono compiere per raggiungere le tavole degli italiani, passando per alcuni grandi mercati di scambio, fino alla grande distribuzione, distruggendo la concorrenza e il libero mercato legale nonché soffocando l’imprenditoria onesta6. Inoltre, utilizzare il termine agromafie non richiama «un sistema solo economico, ma anche politico e sociale. Esse [le agromafie] innalzano i padroni al vertice della scala sociale e collocano i lavoratori

2 Osservatorio Placido Rizzotto, Agromafie e Caporalato. Quarto rapporto, 06.2018, Bibliotheka Edizioni, Roma.

3 M. C. MACRI (a cura), Il contributo dei lavoratori stranieri all’agricoltura italiana, Centro di ricerca Politiche e Bio-economia CREA, ROMA, 2019, disponibile al seguente link:

https://www.crea.gov.it/web/politiche-e-bioeconomia/-/on-line-il-contributo-dei-lavoratori-stranieri-all-agricoltura-italiana.

4 Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Piano triennale di contrasto allo sfruttamento lavorativo in agricoltura e al caporalato 2020-2022, 02.2020, disponibile al seguente link:

https://www.lavoro.gov.it/priorita/Documents/Piano-Triennale-contrasto-a-sfruttamento-lavorativo-in-agricoltura-e-al-caporalato-2020-2022.pdf.

5 F. MACRÌ, Agromafie. Rapporto Eurispes sui crimini agroalimentari 2019, 14.02.2019, disponibile al seguente link:

https://francescomacri.wordpress.com/2019/02/14/agromafie-rapporto-eurispes-sui-crimini-agroalimentari-2019/.

6 Cfr. M. OMIZZOLO, La quinta mafia, Radici future, Bari, 2016, e F. FANNIZZA, M. OMIZZOLO, Caporalato an authentic agromafia, Mimesis international, Sesto San Giovanni, 2018.

(19)

19

in fondo. Questi ultimi diventano i nuovi sfruttati, e dunque una miniera d’oro»7. L’Osservatorio Placido Rizzotto ha messo in evidenza come il comparto agricolo, più che altri settori, ha un uso quasi schiavistico dei lavoratori. Il settore è poi uno fra i più sottoposti al riciclaggio e alle truffe economiche: ciò, oltre ad essere un illecito, è pericoloso per la società e la salute dei cittadini.

2. Lo sfruttamento lavorativo al livello mondiale

Nel 2017 è stato elaborato dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro il rapporto Global estimates of modern slavery: forced labour and forced marriage, con il fine di contribuire al raggiungimento di uno dei risultati auspicati fra gli obiettivi dell’Agenda 2030: il target 8.78, in cui si richiede la definizione di misure volte all’eliminazione del lavoro forzato, la schiavitù moderna e il traffico di persone.

Le due grandi categorie di schiavitù9 in cui si è articolata la ricerca dell’OIL sono: lo sfruttamento lavorativo, che tocca circa 25 milioni di persone, e i matrimoni forzati, a cui sono sottoposti 15 milioni di bambine e bambini, donne e uomini. Nel rapporto si rileva che la schiavitù moderna è tanto diffusa quanto redditizia, genera profitti annuali per oltre 150 miliardi di dollari, 47 miliardi di dollari degli utili annualmente arriva nei Paesi occidentali.

Lo sfruttamento è presente in ogni settore economico e lavorativo, fra gli esempi più significativi vi sono bambini che nel continente africano lavorano nella raccolta di metalli necessari per l’industria tecnologica nelle miniere sotto minaccia delle

7 M. OMIZZOLO, Sotto padrone. Uomini, donne e caporali nell’agromafia italiana, Feltrinelli, Milano, 2020, p. 257.

8 Rapporto IOM Combating trafficking in persons and contemporary forms of slavery, disponibile al seguente link:

https://www.iom.int/sites/default/files/our_work/ODG/GCM/IOM-Thematic-Paper-Trafficking-in-persons.pdf.

9 «In the context of this report, modern slavery covers a set of specific legal concepts including forced labour, debt bondage, forced marriage, slavery and slavery-like practices, and human trafficking», Rapporto OIL Global estimates of modern slavery: forced labour and forced marriage, Ginevra, 2017, disponibile al seguente link:

https://www.ilo.org/wcmsp5/groups/public/@dgreports/@dcomm/documents/publication/wcms _575479.pdf, p. 16.

(20)

20

armi; donne ridotte ad essere schiave domestiche; lavoratori negli Emirati arabi che dormono nei cantieri dove lavorano notte e giorno; in Arabia Saudita sono presenti «milioni di lavoratori provenienti da tutto il Medio Oriente […] per svolgere quelle mansioni a cui i sauditi non vogliono più prestarsi: parliamo di lavori umili, dall’operaio alla cameriera, dalla badante al netturbino e così via. Questo infinito bacino di manodopera finisce per trovarsi in una condizione di semi-schiavitù e non gode dei diritti minimi garantiti a un qualsiasi musulmano»10.

2.1. Diffusione del fenomeno nelle aree del mondo

Lo studio dell’OIL ha rilevato che nell’anno precedente alla pubblicazione, il 2016, 40,3 milioni di persone in tutto il mondo sono state sottoposte a condizioni di sfruttamento lavorativo, i Paesi industrializzati non sono esenti da questa problematica. Le percentuali rilevate mostrano che in Asia e nell’area del Pacifico i soggetti sottoposti a sfruttamento lavorativo sono maggiori, trovandosi in questa condizione 4 persone su 1000, a seguire vi è la regione dell’Europa e dall’Asia centrale in cui si rileva che 3.6 persone su 1000 sono le vittime, mentre in Africa sono 2.8 su 1000, negli Stati arabi 2.2 su 1000, infine vi è il continente americano dove vi sono 1.3 persone su 100011.

10 M. EMILIANI, Medio Oriente. Una storia dal 1918 al 1991, Laterza, Bari, 2019, pp. 230-231. 11 Ibidem, p.10, i dati comparati si riferiscono a differenti regioni, nelle quali vi sono Stati che non garantiscono le stesse tutele nei confronti dei lavoratori, quindi la riflessione da fare è che questi dati potrebbero essere falsati da elementi esterni come la politica occupazionale, ma anche l’apertura all’ingresso di cittadini provenienti da Paesi terzi, i quali vivendo uno stato di bisogno maggiore possono essere maggiormente allo sfruttamento.

(21)

21 Tabella 112 relativa alla distribuzione nelle varie regioni delle forme di nuova schiavitù, articolare in sfruttamento lavorativo e matrimoni forzati.

La regione con il dato più basso di persone sottoposte alle nuove forme di schiavitù, 1.9 persone su 1000 ne sono vittima, nonché a sfruttamento lavorativo, è il continente americano. È necessaria una precisazione che forse può meglio spiegare il dato rilevato, in particolare negli Stati Uniti è in atto dagli anni ‘90 una forte deregolamentazione della normativa sul lavoro. Loïc Wacquant, sociologo francese che ha svolto molte ricerche nel ghetto nero di Chicago, ha rilevato che vi è una precisa tendenza soprattutto nel Nord America, ma non solo data la sua diffusione anche nelle altre regioni del mondo. Tale propensione è definita come marginalità urbana avanzata, la quale è dovuta da molteplici fattori, fra cui il lavoro che, da vettore di stabilità economica e sociale, diviene vettore di instabilità nonché insicurezza sociale13. Parlando di un grande supermercato afferma: «[l]a metà dei suoi dipendenti non ha copertura medica; i suoi due piani pensionistici non riescono a garantire un reddito fisso per i pensionati, e la maggior parte delle pensioni di

12 Tabella 2, Rapporto OIL Global estimates of modern slavery: forced labour and forced marriage, Ginevra, 2017, disponibile al seguente link:

https://www.ilo.org/wcmsp5/groups/public/@dgreports/@dcomm/documents/publication/wcms _575479.pdf, pag. 19.

13 L. WACQUANT, I reietti della città, S. PAONE, A. PETRILLO (traduzione a cura), Edizioni ETS, Pisa, 2016.

(22)

22

vecchiaia della società sono investite nello stock azionistico della società stessa. […] La sua regola che prevede una ‘disponibilità aperta’, richiede che i ‘soci’ siano pronti alla programmazione con una flessibilità di 24 ore a giorno e di 7 giorni la settimana. […] Infine Wal-Mart è stata colta più volte nell’atto di violare le leggi sul lavoro impiegando immigrati illegali e giovani minorenni, e costringendo i suoi ‘soci’ a prestare lavoro straordinario gratuitamente perfino durante le pause pranzo, con la minaccia del licenziamento o di una radicale riduzione delle ore settimanali»14. Avendo un sistema molto basso di tutele base per i lavoratori possono esserci delle situazioni, in cui nonostante una determinata pratica non sia condannata e non sia fatta rientrare nei valori di sfruttamento, è per le sue caratteristiche da considerarsi tale.

Un’altra riflessione da fare riguarda una differenza che vi è nella regione dell’Europa e dell’Asia centrale, dove, differentemente dalle altre Regioni, vi è una prevalenza maggiore dello sfruttamento lavorativo rispetto che a quello sessuale: infatti, in media su mille persone abbiamo 3.6 sottoposti allo sfruttamento lavorativo e 0,4 su mille a quello sessuale, la prevalenza della prima pratica sulla seconda è costante in tutte le Regioni, tranne che in Africa dove si rilevano rispettivamente i dati di 2.8 su mille e 4.8 su mille.

In riferimento all’Europa, l’Agenzia dell’Unione Europea per i diritti fondamentali ha sottolineato la vastità delle nazionalità coinvolte nelle varie forme criminali di sfruttamento dei lavoratori che si sono spostati da uno Stato membro dell’Unione Europea all’altro o che provengono da Stati terzi15. Sono sottoposti a tali condizioni i cittadini rumeni che raccolgono patate in Ungheria, le donne originarie dei paesi sub-sahariani sfruttate come au-pair in Francia; i portoghesi impiegati nel settore della costruzione di strade nei Paesi Bassi; i nordcoreani utilizzati come operai non qualificati in alcuni cantieri navali in Polonia; i

14 Idem, pp. 279-280.

15 European Union Agency for Fundamental Rights, Severe labour exploitation: workers moving within or into the European Union. States’ obligations and victims’ rights, disponible al seguente link:

(23)

23

raccoglitori di frutta del Bangladesh e del Pakistan in servizio nella Grecia meridionale.

Oltre a quanto sopra detto è da tenere in considerazione la possibilità di esternalizzare le produzioni in regioni in cui il costo del lavoro è inferiore: questa tendenza al livello dei macro dati potrebbe portare a una distorsione dei dati a favore dei Paesi occidentali. Sono, infatti, molte le aziende in particolare del manifatturiero, che hanno esternalizzato la propria produzione in Paesi a basso reddito, nei quali i salari dei lavoratori sono minimi e non vi sono norme stringenti sulle condizioni dei lavoratori.

Sulla tendenza a spostare settori della propria attività nei c.d. Paesi in via di sviluppo si è espressa anche l’Unione Europea, chiedendo alle imprese degli Stati membri di vigilare sulle possibili condizioni di sfruttamento lavorativo a cui possono essere sottoposti i lavoratori nelle sedi estere. Il Parlamento dell’Unione Europea16 ha invitato gli Stati membri a compiere ogni sforzo per combattere il lavoro forzato nelle imprese dell’UE con sedi all’estero, nonché in relazione ai paesi terzi. Si chiede di attuare e di applicare le norme sul lavoro, sostenendo i governi nell’adozione di leggi in materia di lavoro che stabiliscano norme minime di tutela di tutti i lavoratori, autoctoni e non, solo così facendo le imprese europee che operano in Paesi terzi potranno garantire il rispetto dei diritti degli occupati. Si esortano i governi ad applicare le leggi in materia di lavoro, trattare in modo imparziale tutti i lavoratori, garantendoli gli stessi diritti a prescindere dalla nazionalità o dall’origine, si chiede, inoltre, una cooperazione internazionale per rafforzare le politiche in materia di migrazione di forza lavoro ed elaborare nonché attuare una migliore regolamentazione dei reclutatori di lavoratori.

16 Parlamento europeo, Relazione n. 2015/2340 sulla lotta contro la tratta di esseri umani nelle relazioni esterne dell’Unione, 13.06.2016, disponibile al seguente link:

(24)

24

2.2. Dati disaggregati per genere

I dati ci mostrano che le donne e le ragazze sono maggiormente sottoposte alle forme di schiavitù moderna, rappresentano circa il 71% del totale. In particolare, l’elevatezza del dato è conseguente agli alti numeri di sfruttamento lavorativo nel settore privato domestico, nonché al nell’industria del sesso, dove il genere femminile costituisce il 99,4% del totale.

Il dato maschile rileva una maggior presenza, il 59,4%, nel caso dello sfruttamento lavorativo imposto dallo Stato, come ad esempio il lavoro forzato dato come condanna per aver commesso un illecito. In tutti gli altri settori la distribuzione per genere delle vittime di schiavitù moderna vede prevalere il genere femminile.

Grafico 1 relativa alle varie forme di schiavitù articolare per sesso17.

17 Rapporto OIL Global estimates of modern slavery: forced labour and forced marriage, Ginevra, 2017, disponibile al seguente link:

https://www.ilo.org/wcmsp5/groups/public/@dgreports/@dcomm/documents/publication/wcms _575479.pdf, p. 23.

(25)

25

2.3. Schiavitù moderna: sfruttamento lavorativo

I prossimi dati presi in esame si riferiscono a una sola forma di schiavitù moderna: il lavoro forzato, termine con cui si intende il lavoro svolto all’interno dei circuiti privati dell’economia, come ad esempio il lavoro imposto da privati, singoli o gruppi, la prostituzione forzata di adulti o bambine/i all’interno dell’industria del sesso, ed infine si comprendono anche le forme di lavoro forzato imposte dallo Stato. Nello specifico la vittima adulta di lavoro forzato nel rapporto è definita: as work for which a person has not offered him or herself voluntarily (criterion of “involuntariness”) and which is performed under coercion (criterion of “menace of penalty”) applied by an employer or a third party. The coercion may take place during the worker’s recruitment process to force him or her to accept the job or, once the person is working, to force him or her to do tasks that were not part of what was agreed to at the time of recruitment or to prevent him or her from leaving the job18.

Le vittime di lavoro forzato stimate nel 2016 sono state 24,9 milioni19, di questi 4,1 milioni erano sottoporti a forme di impiego imposto dallo Stato; 4,8 milioni a sfruttamento sessuale; e 16 milioni erano sfruttati dall’economia privata, fra loro vi sono aiutanti domestiche, persone che si prendono cura degli anziani, uomini e donne clandestine che lavorano in fabbriche, aziende agricole o aziende ittiche.

2.3.1. I settori in cui è maggiormente presente

Nella seguente figura sono riportati i dati articolati per sesso dei settori in cui sono impiegati uomini e donne sfruttati. In particolare, vi sono dei settori dell’economia privata in cui la percentuale di soggetti sottoposti a sfruttamento lavorativo è maggiore: si registra che dei 16 milioni di vittime il 24% svolge il lavoro di cura della casa, il 18% lavora nel settore delle costrizioni, il 15% nel settore manifatturiero, l’11% nel settore agricolo, forestiero e della pesca, il 10%

18 Ibidem, p.16. 19 Ibidem, p.10.

(26)

26

nel settore alberghiero e della ristorazione, il 9% nelle vendite, il 7% nei servizi rivolti alla persona e il 4% nell’estrazione di minerari.

Figura 1 - Distribuzione delle vittime di sfruttamento lavorativo imposto da attori privati, articolate per sesso20.

L’articolazione per sesso vede una totalità di uomini nell’estrazione di minerali e un livello superiore all’80% nel settore manifatturiero e delle costruzioni. Nell’agricoltura e nella pesca gli uomini sottoposti a sfruttamento sono il 68%, mentre le vittime donna sono quasi un terzo. La caratteristica di questo settore,

(27)

27

fortemente legato alla stagionalità dei prodotti, è quella di impiegare i lavoratori per un periodo breve di tempo.

Anche nel settore della pesca è presente lo sfruttamento, lavorando su un’imbarcazione per lunghi periodi non sono garantiti i controlli adeguati da parte delle autorità per quanto riguarda il compenso, le ore lavorate e la sicurezza, nonché l’igiene nel luogo di lavoro. Di tale situazione se ne approfittano alcuni imprenditori sleali che non rispettano la normativa vigente. In entrambi i settori si rileva che sempre più negli anni, il mercato globale richiede, per farne parte, prezzi vantaggiosi, che non sempre sono adeguati alle spese necessarie per produrre un determinato bene. Inoltre, in entrambi i settori l’attività non è svolta nel centro urbano, in cui i controlli possono essere puntuali, ma in aperta campagna o in mare, dove non è sempre facile avere una cognizione del territorio, della sua vastità e delle persone che posso essere occupate.

In tutti i lavori, dove le persone sono vittime di sfruttamento è frequente che le mansioni siano svolte in luoghi appartati non visibili da tutti o di notte. Ad esempio, coloro che si occupano della cura domestica, spesso risiedono all’interno delle mura dell’assistito, sono lavoratori e lavoratrici21 che si occupano della cura della casa o dell’assistenza a persone anziane o con delle disabilità. Coloro che si occupano di logistica e immagazzinamento lavorano all’interno dei grandi centri logistici, i lavoratori agricoli in aperta campagna, i rider22 che soprattutto nelle ore serali consegnano cibo. Il mezzo più utilizzato è la bicicletta sulla quale, però, non è

21 Cfr. Rapporto OXFAM, Time to care - Avere cura di noi. Lavoro di cura non retribuito o sottopagato e crisi globale delle disuguaglianze, disponibile al seguente link:

https://www.oxfamitalia.org/wp-content/uploads/2020/01/Report-AVERE-CURA-DI-NOI_Summary-in-italiano_final.pdf.

22 S. RANUCCI, dalla trasmissione REPORT in onda su Rai 3 il giorno 11.11.2019 «Il fenomeno dei Rider riguarda giovani, ma anche cinquantenni che sono rimasti disoccupati. Sono circa 30 mila in Italia e consegnano il cibo e le bevande in casa o negli uffici. Ecco, li vedete girare e sfrecciare per le strade, sulle strade piene di buche con le loro biciclette, un po’ precari, dietro hanno dei borsoni con la scritta “Just Eat”, “Uber Eats”, “Glovo” oppure “Deliveroo”. Ecco, pedalata dopo pedalata, muovono un fatturato di circa 566 milioni di euro qui in Italia, 35 miliardi nel mondo e la proiezione è quella di arrivare nel 2030 a un fatturato di 365 miliardi di dollari. Ecco, ma chi muove le fila della cosiddetta Gig Economy? È importante saperlo, perché dietro ci sono dei lati oscuri. Si potrebbe anche arrivare a ipotizzare la sublimazione dello sfruttamento del lavoro, che non avviene da parte del cosiddetto padrone, ma attraverso l’algoritmo di una piattaforma digitale. E la dignità del lavoratore è chiusa in una piccola icona, sintetizzata in una piccola icona: una biciclettina con un pacchettino geolocalizzata. E se il rider cade non viene aiutato a rialzarsi, ma viene disconnesso. Sembra un video game, ma è la fotografia di un cambiamento epocale nel mondo del lavoro».

(28)

28

garantita alcun tipo di assicurazione per eventuali incidenti, ai quali possono andare incontro.

Riguardo ai lavoratori che si occupano di consegne a domicilio è importante ricordare che anche loro spesso sono sottoposti a condizioni estreme di sfruttamento e di caporalato. Si evidenzia a tal proposito che il 12 ottobre 2020 il Pubblico ministero di Milano ha chiuso le indagini nei confronti di Uber. Nei documenti di riferimento si legge: “pagati a cottimo 3 euro a consegna”, “derubati delle mance”, quello che si è rilevato è il fatto che i rider venivano sottoposti a condizioni di lavoro degradanti, con un regime di sopraffazione retributivo e trattamentale, come riconosciuto dagli stessi dipendenti Uber. Le intercettazioni hanno rilevato che un dirigente ammonendo un altro impiegato ha usato queste parole «[d]avanti a un esterno non dire mai più ‘abbiamo creato un sistema per disperati’»23. Un’altra ipotesi avanzata riguarda la vendita da parte di alcuni rider dei «propri account a lavoratori senza regolare permesso di soggiorno a fronte di un pagamento; quest’ultimo consisterebbe in una percentuale sul guadagno per le consegne effettuate da quelli che potrebbero definirsi ‘fattorini fantasma’: è il c.d. ‘caporalato digitale’»24.

Nel settore delle consegne, così come nella logistica, il tempo è il principale elemento su cui si fonda la competizione delle imprese del settore, molte volte ci sono promozioni di consegne veloci in 24 ore, possibili puntando solo sulla velocità e sulla compressione dei salati, per essere comunque accattivanti sul mercato. I giovani impiegati nel settore del food delivery hanno in media 25 anni, «[q]uesti giovani lavoratori, che attraversano la città in bici o in motorino, sono chiamati rider e sono l’espressione di una forma di bracciantato digitale e metropolitano. È questa l’era della ‘gig economy’, ossia ‘economia dei lavoretti’. Le modalità di impiego

23 L. DE VITO, Uber commissariata per caporalato sui rider, chiusa l’inchiesta: “Condizioni di lavoro degradanti”, in La Repubblica, 12.10.2020, disponibile sul seguente link:

https://milano.repubblica.it/cronaca/2020/10/12/news/uber_eats_caporalato_chiuse_le_indagi ni_milano-270302369/ (Ultima consultazione 10.11.2020); A. MANGANO, Uber. Il caporalato dei

rider come quello delle campagne, in Terrelibere, 09.06.2020, disponibile al seguente link: https://www.terrelibere.org/uber-caporalato-rider/ (Ultima consultazione 10.11.2020).

24 D. SARTORI, I permessi di soggiorno per i lavoratori stranieri gravemente sfruttati: il coraggio di denunciare e il dovere di prevenire, in Filodiritto, 11.02.2020, disponibile al seguente link:

https://www.filodiritto.com/i-permessi-di-soggiorno-i-lavoratori-stranieri-gravemente-sfruttati-il-coraggio-di-denunciare-e-il-dovere-di-prevenire (Ultima consultazione 10.11.2020).

(29)

29

utilizzate da queste piattaforme digitali sono fuori dal perimento del rapporto di lavoro subordinato e ciò ha gravi conseguenze in termini previdenziali e assicurativi»25.

Le donne sono le maggiori vittime nel settore alberghiero e di ristorazione (92%), e nel lavoro domestico (61%), settore dove si trovano più situazioni di sfruttamento lavorativo, il 24% delle vittime totali si occupa di tale attività. Quest’ultima occupazione è svolta prettamente dentro le mura domestiche, dove risulta più facile commettere irregolarità in riferimento alle ore lavorate, agli straordinari da pagare, alle ore di riposo, soprattutto, se pensiamo ai casi in cui la collaboratrice vive con la persona da accudire. Per contrastare fenomeni come questo l’Organizzazione Internazionale del Lavoro nel 2011 ha approvato la Convenzione sulle lavoratrici e lavoratori domestici. Su tale tipologia di occupazione ha chiesto maggiori garanzie il Comitato europeo dei diritti sociali nelle conclusioni riferite all’Italia pubblicate nel 201926. Si fa presente che l’Italia non sempre rispetta nella propria legislazione e prassi l’articolo 8 della Convenzione sui diritti sociali, in quanto non sempre sono garantiti i diritti volti alla protezione della maternità e alle lavoratrici domestiche a tempo pieno non sempre sono retribuite le giornate per accudire i figli neonati o le ore per allattarli.

Dal Gruppo di esperti GRETA sono arrivate all’Italia alcune richieste27 che invitano a rivedere le norme concernerti i lavori stranieri dell’assistenza domiciliare, in particolare la richiesta è permettere che vengano eseguiti i controlli da parte dell’Ispettorato del lavoro anche all’interno delle abitazioni private, dove viene svolto il lavoro.

25 A. SOUMAHORO, Umanità in rivolta. La nostra lotta per il lavoro e il diritto alla felicità, Feltrinelli, Milano, 2019, p. 111.

26 Comitato europeo dei diritti sociali, Conclusione 2019 per l’Italia, disponibile al seguente link:

https://rm.coe.int/09000016809cfbc2.

27 Cfr. GRETA, Report submitted by the authorities of Italy on measures taken to comply with Committee of the Parties Recommendation CP/Rec(2019)02 on the implementation of the Council of Europe Convention on Action against Trafficking in Human Beings, 2020, disponibile al seguente link:

(30)

30

La condizione di schiavitù per il 51% dei casi consiste nell’essere sottoposto al volere di un soggetto terzo, il proprio sfruttatore, con cui si è in debito. La percentuale aumenta fino a oltre il 70% di vittime che hanno contratto un debito nei settori del lavoro domestico e assistenziale (24%), nelle costruzioni (18%), nel settore manifatturiero (18%), mentre nel settore agricolo e della pesca (11%). La pratica della schiavitù per debiti sussiste in molte zone del mondo e negli ultimi anni la comunità internazionale ha indirizzato la propria attenzione sull’India e sul Pakistan, dove è presente un’alta percentuale di adulti che ne sono soggetti. Solo in uno Stato indiano, lo Stato di Tamil Nadu, le stime rilevarono circa un milione di persone sono sottoposte alla schiavitù per debiti. Nonostante alcuni governi, fra cui quello dello Stato interessato, da sempre reticenti, hanno ammesso l’esistenza di tale pratica all’interno dei propri confini e ne hanno riconosciuto l’illiceità nelle legislazioni, essa continua ancora a persistere in alcune parti del mondo28.

2.3.2. Le forme di coercizione

Le forme di coercizione a cui sono sottoposte le vittime sono molteplici: prendere in considerazione su quali fronti si basano maggiormente i ricatti permette di avere un quadro molto più complesso del fenomeno. Si è calcolato che il 23,6% di coloro che sono sottoposti a sfruttamento lavorativo non riesce a liberarsi dal vincolo schiavistico perché il datore di lavoro trattiene il loro stipendio, il 17% è minacciato di subire violenza, il 16,4% è sottoposto a violenza psicologica (a questo tipo di coercizione sono sottoposi sia gli uomini sia le donne), 14,5 % ad altre forme di violenza, l’11,8% teme per le minacce ricevute dalla famiglia, il 9,1% deve ripagare un debito contratto con lo sfruttatore, il 6,7% è rinchiuso nel luogo dove lavora o vive in un ghetto lontano da altri centri abitati, un altro 6,7% è troppo lontano da casa e non ha un posto dove andare, il 6,6% è minacciato di ricevere sanzioni penali o multe, il 5,7% è minacciato di subire azioni legali, il 5% di non

28 S. FANFARILLO, La tratta di esseri umani nel diritto internazionale: tra lotta al crimine transnazionale organizzato e tutela dei diritti fondamentali, Tesi di Dottorato in Diritto pubblico, Università degli Studi di Roma, 2009, disponibile al seguente link:

(31)

31

ricevere più cibo e un posto dove dormire, il 4,3% è privato del passaporto o di altri documenti, il 4,1% subisce violenze sessuali e lo 0,9% è diventato dipendente da sostanze dopo che il datore di lavoro gliele ha somministrate.

Figura 2 - Forme di coercizioni a cui le vittime, articolate per sesso, sono state sottoposte29.

Quasi la totalità (98%) delle vittime sottoposte a violenze sessuali è donna, mentre gli uomini sono il gruppo maggiore nel vivere una condizione di dipendenza dallo sfruttatore per il fatto che non hanno nessun altro posto dove andare. Le

29 Cfr. Rapporto OIL Global estimates of modern slavery: forced labour and forced marriage, Ginevra, 2017, disponibile al seguente link:

https://www.ilo.org/wcmsp5/groups/public/@dgreports/@dcomm/documents/publication/wcms _575479.pdf, p. 36.

(32)

32

motivazioni del caso possono essere la dipendenza da droghe, o il vincolo economico di un debito da ripagare oppure il timore che la propria famiglia possa riceva delle violenze30.

2.4. La maggiore vulnerabilità degli stranieri espressa dai dati

La condizione di vulnerabilità nella popolazione straniera è maggiore in quanto in genere gli stranieri hanno una maggiore necessità di denaro spesso per poter inviare un contributo per il sostentamento della famiglia di origine o per saldare un possibile debito contratto. Un’altra questione veicolo di un maggior stato di bisogno è la situazione di irregolarità: essere senza un valido permesso di soggiorno sul territorio impone di rivolgersi a datori di lavoro che non lo richiedono e propongono un rapporto di lavoro in nero. Tale modalità, se in un primo momento può apparire vantaggiosa, in quanto permette di avere delle entrate, si rivela controproducente, perché non avere un regolare contratto di lavoro rende impossibile anche regolarizzare la propria posizione con un permesso di soggiorno per motivi di lavoro. Oltre a ciò, la vulnerabilità intrinseca di alcuni soggetti si va a sommare con questioni alle quali sono sottoposti sia gli stranieri, che gli italiani: la presenza sempre più forte di forme di lavoro grigio e la debolezza dei canali legali di intermediazione fra domanda ed offerta di lavoro. Infatti, non solo gli stranieri sono sottoposti allo sfruttamento lavorativo, ma anche cittadini dello Stato, fra questi il caso italiano molto ricordato è quello di Paola Clemente31, una bracciante che morì nelle campagne di Andria, in Puglia, il 13 luglio 2015, a causa di un malore dovuto all’eccessivo sforzo fisico fatto durante le molteplici ore di lavoro.

30 Idem, figura 10.

31 P. MEZZAPESA, La giornata, un corto per Paola Clemente, 06.10.2017, disponibile al seguente link:

(33)

33 Grafico 2 - Percentuale delle vittime di sfruttamento che lo subiscono al di fuori del proprio Stato di origine32.

All’interno dello sfruttamento sessuale la stragrande maggior parte delle vittime, il 74%, è straniera, e molto spesso accade che queste siano cadute in un percorso di tratta. Per quanto riguarda le vittime di sfruttamento lavorativo solo il 14% sono le vittime che non hanno la cittadinanza dello Stato in cui esercitano la propria mansione. Questi dati riguardano solamente gli stranieri che vivono in una condizione di regolarità, su coloro che non hanno alcun permesso valido di soggiorno possono sole essere fatte delle stime, che non sono comprese in questi dati.

Nello studio dell’OIL è messo in luce come le migrazioni hanno un forte legame con il rischio di cadere in una forma di schiavitù moderna, il dato rilevato è alto: quasi una persona su quattro è sfruttata fuori dal paese di provenienza, che in altre parole afferma che un quarto dei nuovi schiavi è straniero. Sebbene al livello mondiale le migrazioni volontarie siano al maggior parte, e sebbene molte di queste costituiscano un percorso positivo per lo straniero arricchendolo di conoscenze, vi è una parte che nel proprio spostamento non migliora la propria situazione, al contrario aumenta la vulnerabilità vissuta. Molti intraprendono il viaggio

32 Cfr. Rapporto OIL Global estimates of modern slavery: forced labour and forced marriage, Ginevra, 2017 disponibile al seguente link:

https://www.ilo.org/wcmsp5/groups/public/@dgreports/@dcomm/documents/publication/wcms _575479.pdf, p. 30.

(34)

34

volontariamente, con l’obiettivo di arricchirsi per vivere una vita con più benessere e farla vivere ai propri familiari, ma non è difficile che poi si ritrovino nelle mani dei contrabbandieri, che li trafficano come se fossero oggetti vendendoli a varie bande, oppure promettendo, dietro un compenso economico, un aiuto a raggiungere la destinazione desiderata, anche con un visto legale. Una volta arrivati a destinazione, sia che ci sia stato un viaggio regolare o meno, i migranti portano con sé un alto livello di vulnerabilità, dovuta alle barriere linguistiche, alla difficoltà ad integrarsi con il territorio e dal basso potere contrattuale che i lavoratori stranieri hanno rispetto ai datori di lavoro, soprattutto se sono irregolari33.

3. Lo sfruttamento lavorativo in Italia

Nel 2017 si è stimato che le persone occupate in agricoltura esposte al rischio di un ingaggio irregolare sotto caporale sono state tra i 400 e i 430 mila, di queste la maggior parte ha svolto un lavoro di tipo stagionale. La stima dei lavoratori sfruttatati è circa la metà del numero totale di lavoratori regolari in agricoltura, i quali, nello stesso anno, sono stati 872 mila unità, corrispondenti a circa il 3,7% degli occupati totali in Italia. Nello stesso anno nel settore agricolo si è registrato un incremento dei lavoratori dipendenti del 2,5% e un decremento dei lavoratori autonomi, circa dello 0,2%. «L’Italia è il secondo produttore mondiale di olio di oliva e di vino, il quinto di mele, il settimo di olio di semi di mais (primo nella UE), il nono di arance, l’undicesimo di agrumi, il quattordicesimo di soia (primo nella UE), il quindicesimo di mais, il diciannovesimo di grano e di olio di semi di girasole, Per quanto riguarda il pomodoro, con un fatturato di circa 3,2 miliardi di euro, l’Italia di colloca, insieme a Stati Uniti e Cina, tra i primi produttori di quello destinato alla trasformazione»34.

L’immagine che segue mostra la presenza di abitazioni informali nella Penisola, nella parte meridionale corrispondono ai luoghi in cui soggiornano i braccianti che ogni giorno svolgono l’attività lavorativa nelle campagne, infatti gli accampamenti

33 Idem.

Riferimenti

Documenti correlati

Per quanto simili soluzioni in- terpretative siano rimaste sostanzialmente isolate, per l’inadeguatezza delle rispettive formulazioni normative ad identificare il disvalore

• Arrestata la titolare di un'impresa tessile di Quarrata, di nazionalità cinese; presso la ditta sono stati identificati cinque cittadini di nazionalità cinese, irregolari

• La durata dei servizi varia dai 45, 60 e 90 giorni a seconda dei Paesi.. Svezia, Germania e Regno Unito) le vittime di sfruttamento hanno diritto ad un sostegno finanziario. •

Le cause di tale fenomeno sono molteplici anche se le principali sono di tipo demografico e sono rappresentate dall’innalzamento della vita media unito con la drastica

Lo scopo di questo corso è proprio quello di mettere un riflettore su queste situazioni, muovendo dalla premessa che esse sono molto variegate e diffuse, nel senso

L’articolo 603-bis faceva infatti parte di una ben più ampia proposta di legge (A.S n. 2584) presentata dai senatori del Pd sulle misure volte alla penalizzazione del

Quel percorso, che aveva condotto la Corte di giustizia a riconoscere il carattere di direttiva self executing alla direttiva sulla parità di retribuzione fra uomini e donne, prima

Dalla tutela della vittima al contrasto del fenomeno” presso il Centro Fernandez in via Domitiana 480 a Castel Volturno, verrà sottoscritto un protocollo d’intesa tra la