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Breve excursus della normativa migratoria alla luce del paradigma emergenziale,

CAPITOLO IV. SFRUTTAMENTO LAVORATIVO: INQUADRAMENTO

1. Diritto dell’immigrazione: evoluzione e recepimento delle direttive europee

1.1. Breve excursus della normativa migratoria alla luce del paradigma emergenziale,

Lasciando al terzo paragrafo la trattazione più specifica sulla disciplina volta al contrasto dello sfruttamento lavorativo, ripercorriamo molto brevemente la costruzione di un impianto normativo sull’immigrazione. Ci troviamo di fronte ad

263 F. FALOPPA, Razzisti a parole (per tacer dei fatti), Editori Laterza, Bari, 2011, pp. 11-12, si veda anche L. MANCONI, F. RESTA, Non sono razzista, ma. La xenofobia degli italiani e gli

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un’evoluzione della disciplina che ha cercato di rispondere alle varie situazioni che si è trovata di fronte, senza mai gestire il fenomeno migratorio in modo strutturale. Prima della Grande guerra la presenza straniera in Italia era molto esigua, l’approccio seguito fu quello securitario, le uniche norme concernenti tali soggetti erano presenti nel Codice civile, dove era disciplinato cosa lo straniero potesse o non potesse fare, ad esempio i tipi contratto che avrebbe potuto concludere. Successivamente, con la dissoluzione di alcuni Stati, la presenza dei migranti crebbe e con l’avvento del fascismo in Italia il problema assunse nuovamente un carattere prevalentemente securitario, si parla, infatti, di diritto di polizia, come emerge nel decreto Regio n. 1848 del 1926 testo unico sulla pubblica sicurezza.

Nel periodo successivo al secondo conflitto mondiale le politiche furono volte a un maggiore controllo e chiusura delle frontiere, nel determinare gli accessi il paradigma seguito prevalentemente fu è quello utilitaristico. Venne individuato il principio di posteriorità come criterio per ammettere i lavoratori stranieri ad entrare in Italia, nel concreto, si chiedeva di verificare se mancassero dei lavoratori in determinati settori, nel caso in cui a questa richiesta non potessero rispondere i cittadini italiani inoccupati, era permesso ai lavoratori stranieri di entrare per ricoprire quelle posizioni vacanti.

Dopo lo shock petrolifero del 1972, i flussi migratori acquisiscono un nuovo volto: la motivazione, alla base di coloro che intrapresero un percorso migratorio, non è più solo od esclusivamente la questione lavorativa, iniziano ad esserci movimenti conseguenti a crisi politiche, equilibri precari e conflitti fra gli Stati. Per la prima volta nel 1975 in Italia la questione migratoria non fu più gestione esclusiva del Ministero del Lavoro e venne istituito un Tavolo interministeriale per l’emigrazione. La commissione Foschi, dal nome del suo presidente, elaborò un’indagine conoscitiva che produsse la definizione dei decreti flussi del ‘75 e del ‘78, l’elemento che attira l’attenzione è come questi furono chiamati: meccanismi di importazione di popolazioni straniere a forte tasso di insoddisfazione di bisogni primari264. La questione migratoria entrò nel dibattito e dal quel momento non fu

264 Cfr. L. EINAUDI, Le politiche dell’immigrazione in Italia dall’Unità ad oggi, Laterza Editore, Bologna, 2007.

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«più un fenomeno sociale che attira esclusivamente l’attenzione degli addetti ai lavori, dei tecnici, degli operatori sociali che solo episodicamente compare in modo visibile sulle prime pagine dei giornali. Inizia in questi anni a diventare presenza fissa nel dibattito pubblico: è un tema che appassiona e divide»265.

Poco dopo, nel 1981, con la legge n. 158 venne ratificata la convenzione dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro in materia di parità di trattamento dei lavoratori. Con tale disposizione l’Italia garantisce e tutti i lavoratori, indipendentemente dalla loro nazionalità, regolarmente soggiornanti nel suo territorio e alle loro famiglie parità di trattamento e piena uguaglianza di diritti rispetto ai lavoratori italiani. La necessità di una risposta legislativa al fenomeno si fa sempre più forte anche per la consapevolezza del fatto che l’Italia da Paese di emigrazione sia diventato un luogo di immigrazione. Infatti, negli anni Sessanta e Settanta si assiste ad una progressiva diminuzione dei flussi in uscita e un aumento dei flussi di stranieri che entravano in Italia spinti dalla volontà di esercitare un’attività lavorativa e di soggiornarci in modo stabile; «l’immigrazione in Italia non è iniziata a seguito di politiche ufficiali di reclutamento di manodopera straniera, come quelle che invece avevano sperimentato altri Paesi europei. La causa principale fu invece la forte crescita economica che, manifestatasi a partire dagli anni Cinquanta, e fino a tutti gli anni Ottanta, ha aumentato, rispetto alla media europea, il reddito italiano pro capite in termini sia assoluti che relativi, ed ha costituito senza dubbio un fattore attrattivo»266. Seguì poi la legge 30 dicembre 1986, n. 943, recante “norme in materia di collocamento e di trattamento dei lavoratori extracomunitari immigrati e contro le immigrazioni clandestine”.

Una più ampia disciplina fu tuttavia adottata solo nel 1989, con il decreto legge Martelli, d.l. n. 416/89267 recante “norme urgenti in materia di asilo politico, di ingresso e soggiorno dei cittadini extracomunitari e di regolarizzazione dei cittadini

265 M. COLUCCI, Storia dell’immigrazione straniera in Italia. Dal 1945 ai giorni nostri, Carocci Editore, Roma, 2018, p. 79.

266 W. CHIAROMONTE, Lavoro e diritti sociali degli stranieri, op. cit., p. 98.

267 D.l. n. 416/1989, Norme urgenti in materia di asilo politico, di ingresso e soggiorno dei cittadini extracomunitari e di regolarizzazione dei cittadini extracomunitari ed apolidi già presenti nel territorio dello Stato, 30.12.1989, disponibile al seguente link:

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extracomunitari ed apolidi già presenti nel territorio dello Stato”. Le novità introdotte dalla norma furono l’abolizione della riserva geografica, l’introduzione di nuove forme di permesso di soggiorno, infine la promozione anche una sanatoria per le persone che dimostrarono di risiedere in Italia al 31 dicembre 1989, venne regolarizzata la posizione di circa 225.000 persone268.

La spinta che fece entrare con urgenza il tema migratorio nell’agenda politica fu una grande manifestazione tenutasi a Roma successivamente all’uccisione, per un colpo di pistola, di Jerry Masslo, il 25 agosto 1989 nel ghetto di Villa Literno, in provincia di Caserta. Masslo era un bracciante sudafricano il quale non aveva ancora ricevuto il riconoscimento dello status di rifugiato richiesto, data la sua militanza contro l’apartheid. L’antefatto fu il tentativo da parte di alcuni ragazzi, entrati nel capannone dei braccianti che stavano dormendo, di derubarli della paga ricevuta lo stesso giorno, Masslo si rifiutò e reagì a questa ingiustizia, ma venne freddamente ucciso.

La dinamica con cui si svolsero i fatti, la presenza di stranieri sfruttati nel bracciantato e in numerosi altri settori furono la nuova linfa che acquisì il movimento antirazzista269 in Italia, portarono il tema ad essere oggetto del dibattito politico e si ritenne necessario emanare una legge in materia migratoria. Lo strumento legislativo utilizzato per la priva volta con la legge Martelli e riutilizzato anche successivamente è il decreto legge, disciplinato dall’articolo 77 della Carta costituzionale nel quale si prevede che il Governo, organo titolare del potere esecutivo e non legislativo della Repubblica, di agire in ambito legislativo, nei soli casi di straordinaria necessità e urgenza. Nonostante l’uso inappropriato dello strumento per una questione di tipo strutturale, come quella migratoria, si è fatto frequentemente ricorso al decreto legge.

È poi con la legge n. 40/1998, legge Turco-Napolitano, poi confluita nel d.lgs. 286/1998, che è stato adottato il Testo Unico sull’immigrazione (T.U. Imm.). «L’ampiezza del fenomeno e la sua crescita numerica costante richiedevano pertanto una regolamentarizzazione legislativa non più limitata agli aspetti

268 M. COLUCCI, Storia dell’immigrazione, op. cit., p. 86. 269 A. SOUMAHORO, Umanità in rivolta, op. cit., p. 63.

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emergenziali, ma capace di definire in via generale la condizione giuridica dello straniero»270, per tali motivi il legislatore, per la prima volta, interviene in modo organico sul tema.

La legge si pone come una sintesi tra le esigenze della sicurezza e quelle dell’accoglienza, per quando riguarda il primo aspetto possiamo rilevare come la concezione dei migranti venne articolata «in due tipologie: da un lato i possessori di permesso di soggiorno, i buoni, e dall’altro coloro che ne sono privi, ovvero i cattivi»271. Nell’ottica di sicurezza pubblica, nei confronti dei secondi furono istituiti i Centri di Permanenza Temporanea, c.d. CPT, delle vere e proprie strutture di detenzione in cui la liberà degli stranieri è limitata solo per il fatto di non possedere un regolare titolo di soggiorno. Molti ritengono che tale previsione costituisca una forte violazione dei diritti umani, in quanto la libertà personale viene limitata non per aver commesso un illecito penale, ma per un illecito amministrativo. Per quanto riguarda l’aspetto dell’accoglienza, nel testo unico vennero posti in capo allo straniero alcuni importanti diritti: il diritto alle cure mediche urgenti o comunque essenziali per tutti gli stranieri presenti sul territorio italiano. Inoltre si permette ad un cittadino italiano o straniero regolarmente soggiornante in Italia di farsi garante, o meglio definito sponsor, per il cittadino di Paese terzo che entra nel territorio in cerca di occupazione.

Continuando il nostro excursus troviamo nel 2002 la legge Bossi-Fini, una norma che rispetto alla precedente, pur non essendo in totale contrasto con esse, inasprisce ulteriormente le misure migratorie. A motivo della riforma si evidenzia «l’apertura – ritenuta eccessiva – delle frontiere, tale da consentire un eccessivo flusso di ingresso di stranieri nel nostro paese»272.

Altra tappa significata, nel 2009, è rappresentata dal c.d. Pacchetto Sicurezza, che include il d.l. n. 92/2008 recante Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e la legge n. 95/2009 rubricata come Disposizioni in materia di sicurezza

270 E. ROSSI, Immigrazione e diritti a quattordici anni dalla legge Turco-Napolitano, in E. ROSSI, F. BIONDI DAL MONTE, M. VRENNA (a cura), La governance dell’immigrazione diritti, politiche e

competenze, Il Mulino, Bologna, 2013, p. 62.

271 A. SOUMAHORO, Umanità in rivolta, op. cit., p. 36.

272 E. ROSSI, Immigrazione e diritti a quattordici anni dalla legge Turco-Napolitano, op. cit., p. 69.

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pubblica. Già dal nome attribuito a questi interventi emerge il carattere securitario, nel concreto viene conferita ai sindaci una maggiore forza nell’adottare provvedimenti amministrativi volti tutelare mantenere la sicurezza delle loro città, il tema dell’immigrazione assume anche il carattere di contrasto al terrorismo e alla criminalità in generale. Venne introdotto il “reato di ingresso e soggiorno irregolare sul territorio”273, il quale prevede che coloro trovati in assenza del permesso di soggiorno, siano puniti con un’ammenda dai 5.000 euro ai 10.000 euro. Oltre a ciò, si ha «l’istituzione di una ‘tassa etnica’ che arriva fino a 130 euro, imputabile ai migranti al momento del rinnovo del permesso di soggiorno»

Con il d.l. n. 13/2017, c.d. Minniti-Orlando, si continua a procedere con modifiche che si avvicinano al paradigma della sicurezza e a quello utilitario. Il decreto ha esteso il carattere di specialità al processo per riconoscere un titolo di soggiorno ai richiedenti asilo, «[u]n processo che era già peculiare, soprattutto per le difficoltà nell’accertamento dei presupposti della protezione internazionale che rendono determinanti le dichiarazioni del richiedente e necessario un dovere di cooperazione dell’autorità giurisdizionale. La peculiarità è stata ora trasformata in specialità: la soppressione del secondo grado di giudizio, la previsione eventuale dell’ascolto del ricorrente e l’introduzione della videoregistrazione del colloquio sono ulteriori tasselli di una specialità sempre più pervasiva.»274

Nella visione pubblica, la percezione che si è diffusa vede gli stranieri sempre più distinti fra i “veri” richiedenti di protezione internazionale e i migranti economici, considerando i secondi in posizione differente rispetto ai primi. Fra le disposizioni che interpretano il razzismo istituzionale275 vi è l’istituzione delle sezioni speciali nei tribunali per trattare materie di immigrazione e protezione internazionale, l’eliminazione del secondo grado di giudizio per i richiedenti di protezione, i quali dopo un parere negativo possono solo ricorrere in cassazione e

273 Si veda D. DI CESARE, Stranieri residenti. Una filosofia della migrazione, Bollati Boringhieri, Torino, 2017, pp. 139-142.

274 C. FAVILLI, Editoriale, in Diritto, Immigrazione e Cittadinanza, n. 02/2017, disponibile al seguente link:

https://www.dirittoimmigrazionecittadinanza.it/archivio-fascicoli/fascicolo-2017-n-2/19- editoriale/28-editoriale.

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non in appello come in tutti i procedimenti giuridici. Inoltre, seppur cambiando nome i centri di detenzione amministrativa permangono, i CPT istituiti nel 1998, poi modificati in Centri di Identificazione Temporanea, successivamente in Centri di Identificazione ed Espulsione, infine denominati CPR, Centri di Permanenze per il Rimpatrio.

Ultimo incisivo intervento che conferma il paradigma securitario è il d.l. n. 113/2018, in cui si arriva a prevedere la revoca della cittadinanza, acquisita dai migranti, in caso di condanna definitiva per reati di terrorismo ed eversione dell’ordinamento costituzionale. Tale previsione arriva ad ammettere due tipologie di cittadini: gli italiani dalla nascita, ai quali la cittadinanza non può essere revocata, altrimenti diverrebbero apolidi, e gli italiani per acquisizione, ai quali oltre che le pene previste dal codice penale hanno come pena accessoria la perdita della cittadinanza.

1.2. Analisi del d.lgs. 109/2012 che ha recepito la riguardante le sanzioni ed

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