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Confronto diretto con il territorio: una breve indagine che mostra l’inconsapevolezza di molt

CAPITOLO I. DATI SUL FENOMENO DELLO SFRUTTAMENTO

5. Il caso specifico della Provincia di Grosseto

5.5. Confronto diretto con il territorio: una breve indagine che mostra l’inconsapevolezza di molt

Per la parte che segue sono state realizzate alcune interviste a campione nella zona di Grosseto, che come anticipato in prefazione non sono da considerarsi sufficienti ai fini di una indagine quantitativa, ma comunque indicative per verificare come il fenomeno si presenti nella realtà77. Consapevoli di quanto detto si è pensato, partendo da questi elementi, di riscontrarli nella realtà di un centro agricolo di dimensioni medie, quello di Grosseto, nel quale l’Osservatorio Placido Rizzotto aveva rilevato episodi di sfruttamento. Si riporteranno degli elementi qualitativi emersi da alcuni colloqui con tre braccianti agricoli stranieri.

Molti richiedenti dei centri di accoglienza lavorano in agricoltura, la prassi diffusa per il reclutamento è il passaparola: conoscenti, che già lavorano come braccianti, chiedono per conto del proprio datore di lavoro se vi sono altre persone in cerca di un’occupazione. Nel caso in cui siano state reclutate molte persone ospiti di uno stesso cento o di centri vicini è molto probabile che l’intermediario fornisca un trasporto, che permetta dalle strutture di raggiungere il luogo di lavoro. Così accadde nel Cas di Cupi, un piccolo centro abitato situato a circa 20 km da Grosseto e nel Cas nella zona di Marrucheto, sito nelle campagne che collegano Castiglione della Pescaia a Grosseto.

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L’intermediazione è considerata come servizio a cui deve essere corrisposto un pagamento, questo è percepito come un dovere, infatti, si riporta il caso di uno straniero ospite di centro di accoglienza, che al primo stipendio ricevuto, ha riservato una parte da consegnare all’operatore del centro, che lo aveva messo in contatto con un’azienda agricola in cerca di manodopera. In quel caso il denaro non è stato accettato, ma questo episodio mostra come il reclutamento sia considerata come una prassi standard nonché una regolare spesa. Un caso all’attenzione delle forze dell’ordine, su cui attualmente stanno indagando, è stato quello di un caporale che ad ogni operaio reclutato affidava un codice numerico, per rendere difficile, nel caso in cui fosse stato posto sotto indagine, risalire ai soggetti sfruttati. L’operato della guardia di finanza è stato cercare di risalire ai lavoratori, per poi calcolare loro i contributi spettanti per le giornate lavorate, delle quali avevano ricevuto solamente un contributo senza busta paga.

Molti ospiti dei centri di accoglienza della zona nei mesi estivi ed autunnali lavorano in campagna formando delle squadre di lavoro, le quali non sono occupate solo in Provincia, ma anche nel senese in particolare nelle colline del chianti. Se la distanza da percorrere è breve per raggiungere il luogo di lavoro spesso i richiedenti utilizzano anche le biciclette, altrimenti sono soliti affidarsi al trasporto dell’intermediario. La giornata lavorativa inizia con la partenza la mattina molto presto, prima del sorgere del sole, per poi concludersi nel tardo pomeriggio, il costo del trasporto, fatto passare come spesa per la benzina è solitamente di cinque euro, corrispondenti a un’ora di lavoro.

È stato evidenziato nei dati sopra riportati, solitamente il rapporto lavorativo si basa su un regolare contratto, ma nel quale non è sempre riportato il totale delle giornate lavorative effettive. Il fatto di non indicare con puntualità la quantità di ore lavorate, può risultare un elemento favorevole per lo straniero all’interno di un percorso di accoglienza, infatti, è stabilito che i richiedenti a cui è concesso di risiedere nei centri non possano avere un reddito annuo superiore a quello dell’assegno sociale, che corrisponde a circa € 6.000, ex art. 14 d.lgs. 142/2015, nel quale si afferma che «[i]l richiedente che ha formalizzato la domanda e che risulta privo di mezzi sufficienti a garantire una qualità di vita adeguata per il

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sostentamento proprio e dei propri familiari, ha accesso, con i familiari, alle misure di accoglienza».

Ne deriva che per coloro che vogliono comunque non uscire dal percorso di accoglienza, può essere favorevole la non totale regolarità delle ore dichiarate all’INPS e ricevere la quota spettante in nero. Altre volte non viene rilasciata una busta paga. O ancora ci sono stati casi in cui il denaro ricevuto, che figurava in busta paga, veniva richiesto indietro in parte, giustificandolo come tassazione obbligatoria, oppure come quota dei contributi o altro ancora che doveva essere pagato dal lavoratore, pur non essendo così.

La maggior parte dei richiedenti nel territorio di Grosseto svolge periodicamente attività lavorative come operai agricoli, in particolare alcuni di loro hanno lavorato all’attività di pulizia del sottobosco, attività specifiche di una piantagione, come ad esempio la rimozione del sughero dalla pianta, e la potatura degli alberi sul Monte Amiata. Nel periodo autunnale si svolge anche l’attività di acinellatura, pulizia della vigna, e la raccolta dell’uva. L’elemento che si ripete, il quale trova conferma anche dai rapporti di Immigrazione e dell’Osservatorio Placido Rizzotto, è l’assenza da parte del datore di lavoro di dotazioni di sicurezza, come le scarpe antinfortunistica, i guanti e gli altri strumenti necessari per il lavoro a disposizione. Protezioni che possono essere acquistati autonomamente dai braccianti stessi oppure comprati dal caporale previo pagamento. Con l’emergenza sanitaria, i doveri in capo al datore di lavoro si sono aggiunti della fornitura dei Dispositivi Individuali di Protezione per il contrasto alla diffusione del Covid-19 nell’ambiente di lavoro. Cosa che spesso è stata provveduta, ma non senza far ricadere questa spesa sul bracciante, infatti, il denaro speso è stato poi richiesto o sottratto dal salario del lavoratore.

Possono esserci vari tipologie di rapporti fra lavoratore e intermediario, si registrano casi più violenti ed altri, che pur connotandosi all’interno dell’illegalità, lo sono meno. Si rileva che quasi sempre l’intermediario non è un cittadino italiano, il suo compito è creare delle squadre di braccianti da impiegare, su richiesta, nelle proprietà di aziende autoctoni. La situazione più estrema che si è registrata è il caso un bracciante che, mentre stava raccogliendo le olive, ebbe un’accesa discussione con il caporale, il quale gli tirò addosso la macchinetta per la raccolta elettrica che aveva in mano. Dopo questo episodio, che fortunatamente non è stato fisicamente

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lesivo, il bracciante si è rifiutato di tornare al lavoro in quell’azienda. Dobbiamo riflettere sul fatto che non tutti hanno la possibilità di rifiutare il lavoro, in questo caso il ragazzo è all’interno di un percorso di accoglienza, in cui vitto e alloggio sono garantiti, perciò non vive una condizione di bisogno estremo, ma non tutti godono della stessa sua condizione.

In un altro caso un bracciante ospite ha denunciato il datore di lavoro dopo che questo non gli aveva corrisposto gli arretrati del lavoro svolto, nel caso specifico vi era un contratto ed una busta paga, in cui però non erano stati riportate tutte le ore di lavoro svolte. Il suo iter di presa di contatto con il sindacato e poi la querela, è iniziato grazie al dialogo istaurato con un educatore del centro, il quale ha spiegato quali sono i diritti di un lavoratore, a quanto deve ammontare la sua paga oraria e quali strumenti può utilizzare per rivendicare le sue ragioni. Spesso i lavoratori stranieri non sono a conoscenza della normativa sul lavoro, non sanno o non conoscono in modo approfondito l’ente del sindacato, anche se negli ultimi anni qualcosa è migliorato e si è registrato un rapporto più stretto78. La non conoscenza ha come conseguenza la non rivendicazione dei propri diritti.

Altro caso spiacevole che spesso accade consiste nel ricevere il denaro necessario solo dopo molte sollecitazioni, ma non sempre si ottiene quanto dovuto, come nel caso precedente. Vi sono stati episodi in cui si è cercato di truffare i braccianti dando loro dei soldi falsi. In questo caso il rapporto era divenuto molto conflittuale, la situazione si è evoluta, anche qui, con il sostegno di un operatore del centro, in cui il bracciante era ospite, il quale lo ha informato degli strumenti che poteva agire nei confronti del datore di lavoro, il quale, sentendosi minacciato, ha saldato il debito. L’episodio di pagare con dei soldi falsi ci fornisce qualche elemento sui pregiudizi che possono essere alla base dei rapporti di lavoro: in tal caso si è pensato che il richiedente potesse non accorgersi del denaro falsificato,

78 Cfr. M. AMBROSINI, D. DE LUCA, S. POZZI, Sindacati multietnici. I diversi volti di un cammino in divenire, Spaggiari Edizioni, Parma, 2018; e M. MCBRITTON, Lavoro in agricoltura e immigrazione, in E. RIGO (a cura), Leggi, migranti e caporali. Prospettive critiche e di ricerca sullo

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perché proveniente da una differente cultura o perché si crede in un principio di superiorità razziale79.

Certo è che spesso lo straniero non conoscere la normativa italiana e di conseguenza non sapere quanto è suo diritto ricevere sul piano retributivo, ma non per questo devono essere considerati come ingenui. Provenire da una cultura differente, in cui i rapporti di lavoro sono organizzati in modo diverso può portare frequentemente ad accettare le condizioni senza porsi domande su cosa sia giusto o meno. Un esempio è costituito dal fatto che i braccianti non sappiano a quanto ammonti la paga oraria individuata nei contratti di lavoro nazionale, conseguenza è che anche paghe molto basse potranno essere ritenute adeguate. Oppure ricevere 7 euro in busta paga, ma vedersi sottrarre 1 euro o più, giustificandosi per il costo delle tasse a carico del lavoratore. Un altro esempio è ritenere che sia necessario pagare l’intermediatore che ha permesso di trovare il lavoro, le forme possono essere varie, dalla frequente sottrazione di una parte di retribuzione, da una tassa a parte da corrispondere o nei casi più gravi cedendo tutta la disoccupazione che si era maturato.

Il fatto di non aver chiaro il panorama legislatore italiano in materia di lavoro è stato evidente durante i dialoghi, nei quali i lavoratori hanno affermato che per loro una paga oraria di 5 euro fosse una cifra adeguata, mentre il contratto nazionale80 ha individuato come base contrattuale circa 7 euro per gli operai non specializzati, fino ad attivare circa 10 euro per gli operai molto specializzati. Così come la consapevolezza di dover fare delle visite mediche per i lavori in agricoltura, dei corsi di formazione e di dover ricevere dei dispositivi idonei all’attività svolta a carico non del lavoratore, ma del datore di lavoro.

79 In alcuni casi i braccianti sono sottoposti a pesanti offese razziste ed al divieto ad utilizzare simboli o praticare riti religiosi, come ad esempio la richiesta di tagliare la barba o di togliere il turbante, anche per essere meno riconoscibili nel caso dei Sikh, o di non svolgere la preghiera alle ore prestabilite dalla propria religione, vi è poi la prassi a chiamare padrone il datore di lavoro e la richiesta che i braccianti camminino sempre dietro di lui e mai al suo fianco, Cfr. M. OMIZZOLO,

Sotto padrone, op. cit.

80 Tabelle salariali vigenti dal 01.04.2019, disponibili al seguente link:

https://www.cimaav.it/uploads/uploads/tabelle_salariali/da18c5917d4b3a45829b274b999d9e0 ba726ed15.pdf.

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Non conoscere i diritti di cui si è portatori conduce alla non rivendicazione, questo circolo di disinformazione e vulnerabilità, che genera sfruttamento può essere spezzato con la consapevolezza che dovrebbe arrivare dagli operatori dei centri di accoglienza. Fra le tante situazioni di sfruttamento un episodio significativo è stato quello che si è verificato a Monticello grazie al gioco di squadra messo in atto da richiedenti ed operatori. Il rapporto di lavoro in questione vedeva dei richiedenti assunti in un’azienda vinicola per tutto l’arco dell’anno, la paga pattuita era di 6,5 euro all’ora, ma senza una busta paga regolare. Nel momento in cui questi stranieri, usciti dall’accoglienza con una protezione riconosciuta, si sono resi consapevoli che la paga era inferiore a quella che regolarmente gli sarebbe aspettata e che senza buste paghe non potevano aver accesso ad altre forme di previdenza, come la disoccupazione. Fin tanto che erano all’interno del centro di accoglienza non avevano mai preso atto della loro condizione disuguale rispetto agli altri lavoratori, come, invece, lo hanno fatto quando sono usciti dal circuito, grazie al continuo dialogo che avevano mantenuto con gli operatori.

Diversamente a come si potrebbe pensare i lavoratori, uscendo dal centro di accoglienza e perdendo le tutele garantite, nonché vitto e alloggio, non sono diventati maggiormente vulnerabili e quindi costretti ad accettare le condizioni di lavoro imposte. Grazie alla consapevolezza dei propri diritti anche quando suddette condizioni sono venute meno, gli stranieri sono riusciti ad agire per ottenere un miglioramento delle proprie condizioni. L’azione ha visto, inizialmente, l’ammutinamento del lavoro anche se questo ha significato solo rivolgersi ad un altro. Dopo alcune settimane, si è assistito al richiamo da parte della prima azienda e la disponibilità per una riunione congiunta, anche con gli operatori del centro i quali erano stati contattati dal datore di lavoro che temeva di aver perso una squadra di lavoro. Il compromesso a cui sono arrivati è una paga regolare con pusta paga e contratti di lavoro di un anno o due, che permettono ai migranti di poter rinnovare il permesso di soggiorno per motivi di lavoro in modo costante ed aspirare a diventare soggiornante di lungo periodo.

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II CAPITOLO. Sfruttamento lavorativo

inquadramento giuridico al livello

internazionale

SOMMARIO: 1. La Società delle Nazioni: la prima convenzione sulla schiavitù e lo

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