• Non ci sono risultati.

CONFLITTI IN AFGHANISTAN E CAMBIAMENTI SOCIALI. LE CONSEGUENZE SULLA VITA DELLA POPOLAZIONE.

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "CONFLITTI IN AFGHANISTAN E CAMBIAMENTI SOCIALI. LE CONSEGUENZE SULLA VITA DELLA POPOLAZIONE."

Copied!
146
0
0

Testo completo

(1)

DIPARTIMENTO DI SCIENZE POLITICHE

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN STUDI

INTERNAZIONALI

Conflitti in Afghanistan e cambiamenti sociali. Le conseguenze

sulla vita della popolazione

RELATORE:

Prof. Maurizio Vernassa

CANDIDATO Chiara Cabras

(2)

INDICE

Introduzione p. 4 Capitolo I

Afghanistan: aspetti storici e geografici

1.1 Afghanistan: presentazione paese p. 7 1.1 1 Città importanti p. 10 1.1 2 Le principali etnie afghane p. 13 1.2 Cenni storici: l'Afghanistan prima della guerra p. 16 1.2 1 L'invasione sovietica e la reazione statunitense p. 19 1.3 La guerra civile afghana p. 23 1.3 1 Le fazioni e i principali esponenti p. 23 1.3 2 Avvenimenti p. 24 1.4 L'Afghanistan sotto i talebani p.25 1.5 L'Afghanistan e il terrorismo p.28 1.6 Enduring Freedom p. 30 1.6 1 Il processo di ricostruzione p. 32

Capitolo II

L'Afghanistan interno: Costituzioni, riforme sociali e ruolo della comunità internazionale

2.1 Brevi cenni sull'economia afghana p. 34 2.2 Aspetti costituzionali e sociali del periodo monarchico p. 36 e repubblicano 2.2 1 La Costituzione del 1964 p. 36 2.2 2 Il declino della storia p. 38 2.2 3 Uno sguardo alla Costituzione del 1977 p. 40 2.3 Dal 1978 al 1979: preludio all'invasione sovietica p. 41 2.4 Le riforme sociali sotto Karmal e Najibullah p. 44 2. 4 1 Le Costituzioni del 1986 e del 1990 p. 47

(3)

2.5 I mujaheddin e i talebani p. 49 2.6 L'Afghanistan e il nuovo ruolo della comunità p. 51 internazionale 2.6 1 L'ISAF e il contributo dell'Italia p. 54 2.7 La Costituzione del 2004 p. 55

Capitolo III

Tra torture e aiuti umanitari: le condizioni di vita della popolazione

3.1 Introduzione: l'Afghanistan e la sua «epoca dell'oro» p. 58 3.2 Il periodo comunista e le Costituzioni non rispettate p. 60 3.2 1 Gli arresti avvenuti dopo il colpo di stato p. 60 3.2 2 Il trauma dovuto alla guerra p. 62 3. 2 3 Il KHAD sotto Karma e Najibullah p. 65 3.3 I mujaheddin prima e il Fronte unito poi: i diritti p. 68 umani negati 3.4 Condizioni di vita sotto i talebani p. 70 3.5 I problemi del nuovo millennio p. 75 3.6 Dalla parte del popolo: il ruolo delle organizzazioni p.78 umanitarie 3.6 1 Il contributo dell'Italia in ambito sanitario: Gino p. 81 Strada e la fondazione di Emergency

Capitolo IV

I profughi e i rifugiati: una piaga nell'Afghanistan lacerato dai conflitti

4.1 Rifugiati, profughi, sfollati: differenze p. 83 4.2 Tra profughi e rifugiati: storia e numeri dell'esodo p. 85 afghano

4.3 Tra accoglienza e rimpatrio: la vita nei paesi ospiti p. 90 4.3 1 Pakistan: terra di confine p. 90 4.3 2 Come ospiti indesiderati: l'Iran e le controversie p. 94

(4)

4.3 3 L'accoglienza negli Stati Uniti e in Italia p. 97 4.4 I campi profughi p. 99 4.4 1 Definizione di campo profugo p. 99 4.4 2 Principali campi profughi p. 100 4.4 3 Condizioni di vita al loro interno p. 103

Capitolo V

Storia delle donne afghane: la parte debole dei conflitti

5.1 Nascere donna in Afghanistan: introduzione p. 106 5.2 Le donne durante il regno di Zahir Shah e sotto p. 110 Daud

5. 3 Le donna durante la Repubblica Democratica p. 113 dell'Afghanistan

5.4 Il cambiamento durante il regime comunista p. 115 5.5 Donne e guerra civile: quando la situazione p. 118 precipitò

5.5 1 I crimini commessi durante la guerra civile p. 121 5.6 Donne rese invisibili dai decreti religiosi p. 123 5.6 1 Conseguenze negative dei decreti talebani p. 126 5.7 Dopo il burqa: inizio dell'era Karzai p. 128 5.7 1 Progressi? p. 130

Conclusioni e riflessioni p. 134 Bibliografia p. 138 Linkografia p. 142

(5)

INTRODUZIONE

Questo lavoro nasce dall'idea di sviluppare determinati argomenti di un paese che mi ha sempre affascinato: l'Afghanistan. Un paese ricco di storia e di genti, le quali non hanno sempre vissuto bei momenti, soprattutto negli tre decenni. Ho sempre letto molti libri sull'Afghanistan: romanzi, testimonianze e storie vere di persone che hanno combattuto per il proprio paese. La guerra ha cambiato totalmente l'Afghanistan, nonostante questo paese non sia sempre stato così “disperato”. Per buona parte del Novecento ha vissuto in pace ed è riuscito addirittura ad aprirsi alla modernità, ma la cattiva sorte era dietro l'angolo e nel 1978, anno di un colpo di stato, la situazione è precipitata e da quel momento in avanti la popolazione ha dovuto fare i conti con delle situazioni drammatiche. La storia delle genti afghane la si può trovare scorrendo nelle pagine seguenti: storia di numeri, storie di persone che hanno duramente sofferto a causa di pesanti torture in questi anni e ancora storie di rifugiati e di donne. Il mio lavoro intende concentrare l'attenzione proprio su di essi per cercare di ricostruire tutto quello che hanno passato in questi anni e per cercare di dare vita ai pensieri sorti durante gli anni di studio. Avevo già trattato di Afghanistan in un mio precedente lavoro, ma senza addentrarmi nei processi sociali che le varie guerre hanno creato.

Il lavoro si compone di cinque parti.

Il primo capitolo si divide in due parti: nella prima verranno descritti gli aspetti geografici del paese, come il territorio, le principali città dove sono avvenuti i combattimenti e soprattutto le principali etnie del paese, indispensabili per cercare di comprendere gli eventi compiuti durante la guerra civile. La seconda parte del primo capitolo è dedicata ai cenni storici: con una breve riassunto si esaminerà il periodo monarchico degli anni Sessanta del Novecento, la proclamazione della Repubblica nel 1973, il biennio comunista

(6)

(1978-1979) e ancora l'invasione comunista che in breve tempo si tramutò in una guerra che durò otto anni, il regime di Najibullah tra il 1989 e il 1992, la già citata guerra civile che vide la contrapposizione tra i principali mujaheddin e tra il 1996 e il 2001 il regime dei talebani. Infine l'Enduring Freedom e il processo di ricostruzione economica e politica attuato ad opera della comunità internazionale. In questo capitolo ho preso in prestito alcune citazioni del libro "Mille Splendidi Soli" di uno miei scrittori preferiti, l'afghano Khaled Hossein.

Il secondo capitolo è un approfondimento del primo e tratta aspetti economici e giuridici nel periodo compreso tra il 1964 e il 2010, anno seguente all'elezione del secondo mandato di Hamid Karzai. Dopo una breve introduzione all'economia afghana verranno esaminate le varie Costituzioni che sono state promulgate nel corso degli anni, le riforme sociali emanate dai vari governi e regimi che si sono susseguiti e verso la fine del capitolo verrà fatto un accenno al ruolo della comunità internazionale, indispensabile nel processo di ricostruzione economica e politica dell'Afghanistan.

Il terzo capitolo entra nel vivo dell'obiettivo, ossia quello di descrivere le condizioni di vita della popolazione afghana. Si potrà notare una sorta di spartiacque che ha come data il 1973, un anno da cui gli eventi cominciarono a cambiare (precipitando qualche anno dopo nel 1978). Si analizzeranno i vari arresti, le sparizioni e le torture subite durante più di trent'anni di guerra. Utile nel lavoro è stata la ricerca delle varie sezioni dell'organizzazione internazionale Amnesty International, indispensabile nel ricostruire i processi, grazie alle testimonianze, che hanno determinato il cambiamento.

Il quarto lavoro è dedicato ai profughi e ai rifugiati. Qualsiasi guerra comporta un esodo massiccio di disperati che fuggono dal proprio paese e l'Afghanistan non è stato esente da questo fatto. Ci sono stati vari profughi, rifugiati e sfollati che hanno lasciato le proprie case, la propria terra per sfuggire a un simile destino. I principali paesi di accoglienza sono stati l'Iran e il Pakistan, paesi confinanti, ma anche

(7)

gli Stati Uniti hanno visto un numero straordinario di rifugiati afghani e infine l'Italia, seppur in un numero molto ridotto. Infine uno sguardo ai campi profughi. In questo caso mi sono stati utili gli archivi dell'Alto Commissariato per i rifugiati (UNHCR).

Infine l'ultima parte del lavoro sarà dedicata alle donne afghane, vittime dei conflitti e vittime deboli in un paese come l'Afghanistan. Le donne di questo paese molto tempo fa vivevano una storia completamente diversa, la quale è cambiata in seguito al precipitare degli eventi. L'apice dell'insuccesso è stato raggiunto durante il regime dei talebani, con donne private della propria dignità, di un lavoro e dell'istruzione. La situazione potrà migliorare solo con il continuo aiuto da parte della comunità internazionale.

(8)

PRIMO CAPITOLO.

AFGHANISTAN: ASPETTI GEOGRAFICI E STORICI 1.1 Afghanistan: presentazione paese.

L'Afghanistan è uno stato che fa parte geograficamente dell'Asia Centrale, abitato, secondo stime recenti, da 32.526.560 abitanti1. Viene

descritto dai viaggiatori e dagli scrittori come un affascinante e sfortunato paese che nel corso della sua lunga storia è stato quasi sempre vittima di vicissitudini politiche e invasioni.

Storicamente parlando e prendendo come periodo di riferimento il Novecento, si può dire che il secolo si sia aperto con la guerra contro gli inglesi, già da diverso tempo attivi nel paese. Il periodo inglese in Afghanistan terminò nel 1919, anno dell'indipendenza. Dopo un periodo di serenità, in cui il paese riuscì ad aprirsi al processo di modernizzazione, negli anni Settanta fu nuovamente al centro delle cronache a seguito di un'invasione per mano di un'altra potenza straniera, l'Unione Sovietica: un'invasione durata quasi dieci anni, dal 1979 al 1988; in seguito, dopo il ritiro sovietico e un'altra breve parentesi comunista, l'Afghanistan fu devastato duramente da un sanguinoso conflitto interno per il controllo politico per mano dei

mujaheddin. A partire dal 1996 fu la volta del regime talebano, senza

dimenticare che durante questo periodo il paese divenne famoso per aver dato rifugio a Osama Bin Laden e da cui sono partiti gli attentati che hanno colpito gli Stati Uniti l'11 settembre del 2001. Per porre fine a questi ultimi, sanguinosi eventi, si è fatto ricorso ad azioni militari intraprese dalle forze statunitensi e della Nato, la cosiddetta Enduring

Freedom che dura ormai da parecchi anni e che vede gli Stati Uniti e

la Nato stessa affrontare la guerra più lunga della loro storia.

Prima di analizzare le vicende storiche che hanno condotto alla

1 Stima ricavata dai dati della Banca Mondiale del 2015 in

(9)

distruzione del paese è bene partire con una descrizione fisica del territorio.

L'Afghanistan è uno stato totalmente continentale, privo di sbocchi sul mare e per questo motivo dipendente dal vicino Pakistan, dove lo sbocco marittimo più vicino è il porto di Karachi2, la città più

popolosa del Pakistan situata a sud del paese, sul Mar Arabico; inoltre il territorio afghano è prevalentemente montuoso e al suo interno è caratterizzato da ampie zone desertiche che rendono difficile la circolazione. Il territorio montano giustifica uno dei principali significati del nome, infatti il termine Afghanistan significa «terra di montanari»3. Questo paese confina con diversi stati asiatici: a Nord

con le ex repubbliche socialiste sovietiche ossia Turkmenistan, Uzbekistan e Tagikistan, a Est è collegato per una brevissima striscia di terra con la Cina dal corridoio del Wakhan, il cosiddetto «l'osso della bistecca»4, come viene definito a causa della sua forma; a

Sud-Est invece confina con il Pakistan e a Ovest con l'Iran. I vari confini sono segnati dai rilievi montuosi, il più importante dei quali è l'Hindu Kush, che si propaga dal Pakistan fino all'Iran, fino a toccare per un pezzo anche la Cina. Il nome Hindu Kush significa «assassino di Indiani» in cui kush sta per assassino e Hindu per indiani5, una catena

montuosa che da una parte ha dato vita a un'eterogeneità di popoli, usi e culture diverse, ma dall'altra parte, in ogni tempo ha mietuto delle vittime che si sono avventurate lungo il suo percorso (e da qui il suo nome). Questo rilievo è uno dei più alti di tutta l'Asia e arriva a toccare vette di 7000 metri nella parte orientale, mentre proseguendo verso sud e verso la parte centrale di Kabul le alture decrescono: una

2Asia – Enciclopedie e dizionari, Asia:Turchia, Cipro, Georgia, Armenia,

Azerbaigian, Siria, Libano, Israele, Palestina, Giordania, Arabia Saudita, Yemen, Oman, Emirati Arabi Uniti, Qatar, Bahrein, Kuwait, Iraq, Iran, Afghanistan,

Novara, Istituto geografico De Agostini, 2001, p. 492.

3 M. Guerrini, Afghanistan. Passato e presente, Milano, Editoriale Jouvence, 2014, p.70.

4 Il mondo: Continenti, popoli e nazioni, Asia 9: Turchia asiatica, Cipro, Siria,

Giordania, Israele, Libano, Iraq, Arabia Saudita, Repubblica dello Yemen, Oman, Emirati Arabi Uniti, Qatar, Bahrein, Kuwait, Iran, Afghanistan, Mongolia, Pakista, Ski Lanka, Maldive, Milano, Rizzoli, 1992, p. 182.

(10)

di queste vette è il Noshaq, sotto il corridoio del Wakhan e al confine con il Pakistan, che supera i 7000 metri di altitudine. Altri rilievi sono l'altopiano del Pamir, «la parte più selvaggia e inaccessibile del paese»6 al confine con la Cina, mentre proseguendo verso occidente e

nella parte centrale del paese le alture si diradano fino a toccare i 5143 metri di altitudine: in questa zona la montagna più alta prende il nome di Kuhi-i-Baba, il «nonno delle montagne»7 definito come «un

massiccio dalle cime scistose, piramidali»8. Nella parte meridionale vi

è alternanza tra steppa e deserto, in particolar modo c'è un'ampia zona desertica, il Rigistan, una distesa di sabbia dove nel corso nel tempo si sono stanziate varie tribù nomadi al confine con il Pakistan, mentre al confine con l'Iran vi è il Dash-i Margo, il Deserto della Morte «il quale rende la vita dell'uomo molto difficile a causa delle sue paludi»9.

Sempre al confine con l'Iran ci sono sprazzi di zone pianeggianti, mentre sono ancora più sporadiche nella zona settentrionale al confine con Turkmenistan e Uzbekistan. L'alternanza di zone montagnose e desertiche, oltre a rendere il territorio profondamente affascinante e ricco di paesaggi spettacolari, influenza pure il clima, rendendo questa terra in generale quasi sempre asciutta, fredda in inverno e molto calda in estate, anche se ovviamente le diverse condizioni climatiche variano da regione a regione. Solo i venti uniformano il territorio in quanto «non hanno né costanza, né intensità a causa della chiusura montagnosa del paese»10.

Dal punto di vista idrografico non ci sono molti fiumi e i pochi che si trovano sul territorio non sono ricchi d'acqua e hanno causato numerose siccità in passato. I principali comunque sono tre: a nord l'Amu Darya, uno dei fiumi più lunghi dell'Asia Centrale, che segna il confine con l'Uzbekistan e con il Tagikistan11; altri fiumi minori sono

6 Il mondo: continenti, popoli e nazioni, op. cit., p.182. 7 P. Clammer, Afghanistan, Torino, EDT, 2008, p. 111.

8 Enciclopedia Geografia, Africa Centrale e Meridionale, Milano, Corriere della Sera, 2005, p. 320.

9 Il mondo: Continenti, popoli e nazioni, op. cit., p. 182. 10 Enciclopedia Geografica, op. cit, p. 320.

11 N. Hatch Dupree, An Historical Guide to Afghanistan, Tokyo, Afghan Air Autorithy Tourist Organization, 1977, p.14.

(11)

il Kabul, che si getta nell'Indo, in Pakistan e infine l'Helmand, il maggiore fiume afghano lungo 1400 km che nasce dai monti dell'Hindu Kush.

1.1. 1 Città importanti

Le principali città afghane sono: Kabul, Herat, Bamiyan, Mazar-I-Sharif, Kandahar e Jalalabad tutte città un tempo importanti economicamente, ricche di storia, di arte ma anche tristi testimoni della guerra, quasi del tutto distrutte da quest'ultima.

Partendo da Kabul, la capitale del paese, situata nella parte centro-orientale e abitata all'incirca da 4 milioni di abitanti, sede dell'Università, delle Nazioni Unite e sede del governo e proprio per questo motivo nucleo principale dei centri intergovernativi che rendono Kabul sempre esposta al rischio di attacchi suicidi e attentati a danni dei civili. Adagiata sulle rive del fiume Kabul, da cui prende il nome, fu resa rigogliosa dal primo sovrano Moghul di Kabul, Babur, che fece costruire i Bagh i-Babur, i Giardini di Babur: «un antico splendore con le sue terrazze, le sue fontane, i suoi viali delineati da alberi secolari, i suoi tappeti fioriti, la moschea bianca e altre magnificenze tra i suoi silenzi»12. Naturalmente con il tempo ha perso

il suo antico splendore, ma si sta comunque lentamente procedendo a una ristrutturazione. Città di passaggio per i viaggiatori che provengono da India, Iran e altri paesi vicini e di collegamento tra oriente e occidente, che in passato hanno reso la città testimone di preziosi scambi, oggi inseriti in un museo. Un tempo era una città ricca e rigogliosa, ora invece viene descritta come una città povera, grigia e sporca con un alto tasso di disoccupazione, prostituzione e droga; in alcune zone della città manca l'elettricità e dopo la caduta dei talebani nel 2001 vi è stato un afflusso di rifugiati rientrati in patria13,

che hanno causato un sovraffollamento. Dal punto di vista economico

12 M. Guerrini, Afghanistan. Passato e presente, cit., p. 59. 13 P. Clammer, op. cit., p.74. passim

(12)

Kabul concentra una parte consistente della vita economica afghana. Si parla di attività a carattere artigianale, come oggetti in cuoio o pietre preziose e annovera industrie nel settore alimentare, meccanico e tessile14.

Herat, nella parte occidentale, la «perla del Korassan15», grazie alle

sue opere storiche definita come «la città più afghana di ogni altra afghana, posta verso il tramonto il cui riverbero sul deserto non manca, ogni giorno, d'arrossare le sue antiche bellezze»16. Fondata da

Alessandro Magno tra il III e il II millennio a. C, è stata la città più importante del mondo islamico e anche la più importante dal punto di vista artistico, letterario e poetico, per le sue importanti moschee e architetture regali. Oggi gran parte di quelle antiche e preziose testimonianze non ci sono più, sono state distrutte dalla guerra e oggi la città è tristemente nota per le sue basi militari, compresa quella italiana. Nella città c'è un attivo mercato agricolo con industrie alimentari, ma sopratutto di preziosi tappetti17.

Bamiyan, situata nella valle omonima e nella regione dell'Hazarajat, si trova nel centro del paese e dista circa 700 km da Herat. Viene definita la «Valle degli Dei»18, grazie alla sua fertilità che da una parte la rende

unica nel suo genere mentre dall'altra le consente di coltivare frutta, ortaggi e consentire alla sua popolazione di sopravvivere. Conosciuta per essere stata la città del più grande centro di diffusione dell'impero buddista e per la costruzione dei due famosi Buddha scavati nella roccia, che hanno permesso alla regione di diventare il principale centro turistico del paese19 e meta del pellegrinaggio buddista. I

Buddha era alti uno alto 53 metri e l'altro 35 e sono stati distrutti dai talebani nel 2001. Oggi la città è isolata e in via di ricostruzione, ma in passato è stata anche un importante stazione di transito della Via della

14 Enciclopedia geografica, op. cit., p. 327.

15 Korassan o Khorasan era un'antica regione situata nella parte meridionale dell'Iran, la più vasta fino al settembre del 2004 quando venne suddivisa in diverse parti

16 M. Guerrini, Afghanistan, Passato e presente, cit., p. 28. 17 Enciclopedia geografica, op. cit, p. 327.

18 M. Guerrini, Afghanistan. Passato e presente, cit., p. 34. 19 P.Clammer, op cit., p. 112.

(13)

Seta, che ha raccolto migliaia di commercianti e viaggiatori.

Mazar-i-Sharif o semplicemente Mazar. Situata all'incirca a 100 km dal confine uzbeko20. Chiamata la «città turchese», spicca per la

maestosa moschea azzurra situata al centro della piazza. Nella città regna una leggenda propriamente afghana, ovvero che vi sia sepolto Alì Ibn Abi Talib, nipote del profeta Muhammed e figlio di Fatima, la figlia prediletta del Profeta. Si narra che nel 661 d.C dopo la fine della

fitna21, Ali fu ucciso ad al-Naiaf, nell'odierno Iraq e la notte seguente

la sepoltura, affinché la salma non fosse profanata dai suoi nemici, i familiari di Alì la trafugarono, la posero su un cammello e la lasciarono libera di andare finché Allah avesse fermato l'animale22. Si

narra anche che secoli dopo fu un uomo a trovare il corpo e a riconoscere in esso le spoglie di Ali. Subito l'uomo andò dal sultano di Balkh, il re della regione, ma questo non gli credette. La notte stessa il sultano sognò Ali, che gli confermò che il corpo trovato era proprio il suo. Fu così che il sultano decise di costruire la grande moschea azzurra in suo onore23. Anch'essa è meta dei pellegrinaggi ed è pure

importante dal punto di vista sportivo: il famoso gioco buzkashi24 si

svolge in questa zona e nelle vicine aree settentrionali. Celebre anche

20 Ho come punto di riferimento Termez, una città situata nella parte meridionale dell'Uzbekistan, indicata nelle mappe.

21 Il profeta Muhammad morì nel 632 d.C senza lasciare un successore, dando origine a delle dispute su chi avrebbe dovuto prendere il suo posto. Alla fine venne scelto Abu Bakr che regnò due anni, dal 632 al 634 d.C, dopodiché fu la volta del suo successore Omar, che regnò fino al 644. Dopo Omar fu la volta di un ricchissimo aristocratico, Othman il quale venne ucciso nel 656. Come successore venne scelto Ali, il quale prese le distanze dall'omicidio, senza però condannare i mandanti. Per questo motivo fu sospettato di aver pianificato l'omicidio e dunque non riconosciuto come profeta. Da quel momento ebbe inizio la fitna , che può essere tradotta come«guerra civile» e che condusse alla morte di Ali e all'instaurazione della dinastia Omayyade, con capostipite Mu'awiya, un parente di Othman. La fitna dunque creò una spaccatura nella comunità musulmana creando una divisione tra sciiti (10% della popolazione musulmana) i quali riconoscono Ali come legittimo successore di Maometto e i sunniti (rappresentanti il 90% della popolazione musulmana) i quali invece riconoscono legittima successione degli Omayyadi. Passim (M. Campanini, I SUNNITI, Bologna, Il Mulino, 2008, pp 16-18).

22 M. Guerrini, Afghanistan passato e presente, cit., p. 51. 23 Ibidem.

24 Il buzkashi è un antico passatempo di origine mongola. In questo gioco i contendenti, a cavallo, si disputano la carcassa di una capra allo scopo di gettarla per primi in una fossa scavata sul terreno.

(14)

il Nauroz, il capodanno afghano, che si celebra il 21 marzo di ogni anno25 e che raccoglie centinaia di migliaia di visitatori26. Mazar fin

dai tempi dell'invasione sovietica è stata utilizzata per le munizioni di armi a causa della vicinanza con l'Unione Sovietica, poi devastata dalla furia talebana. Tutt'oggi in questa città sfociano dei violenti conflitti interni tra i signori della guerra per il controllo dell'oppio e rivalità tra uzkebi e tagiki, due etnie afghane.

Kandahar, capoluogo dell'omonima provincia che vanta un «clima da latitudine mediterranea»27, il che la rende la prima provincia per

miglior qualità di uva, ma fa si che sia anche un grande mercato agricolo con la sua produzione di cereali, ortaggi e frutta secca28.

Antica città fondata da Alessandro Magno, fu la prima capitale afghana dopo l'unità nel 1747 e terra dei pashtun, l'etnia afghana più numerosa e ancora terra dei talebani, i quali si impossessarono della città negli anni Novanta, per poi estendersi nel resto del paese.

Infine ultima, ma non per importanza, la città di Jalalabad, chiamata la «città delle cascate»29 e situata a poca distanza dal confine pakistano e

dal famoso passo Khyber, principale punto di accesso al subcontinente indiano. Venne fondata dall'imperatore Akbar, uno dei più grandi della dinastia Moghul e un tempo era la città dove la Corte di Kabul aveva la propria residenza invernale30.

1. 1 2 Le principali etnie afghane.

L'Afghanistan è stato unificato nel 1747 dall'allora sovrano Ahmad

25 N. Hatch Dupree, op. cit, p. 390.

26 «Nel giorno stabilito una grande folla si riunisce presso il santuario di

Mazar-I-Sharif, allo scopo di assistere all'innalzamento della janda, un grande stendardo religioso che viene sventolato per quaranta giorni mentre la gente si accalca per toccarlo in segno di benedizione». Grazie alle preghiere si pensa che i malati gravi

possono guarire. Il Nauroz fu vietato dai talebani e ripreso dopo la sua caduta. (P. Clammer, p.153)

27 M. Guerrini, Afghanistan. Passato e presente, cit., p. 64. 28 Enciclopedia Geografica, op. cit, p. 327.

29 M. Guerrini, Afghanistan. Passato e presente, cit, p. 60. 30 N. Hatch Dupree, op. cit, p. 213.

(15)

Shah Abdhali Durrani31, il primo del paese. Come ogni stato che si

rispetti vi sono varie leggende legate alla sua nascita e al suo nome, leggende che poi chiariscono la complessità etnica di questo paese. Situato appunto in una zona abbastanza vicina a diversi paesi dell'Asia centrale e meridionale, tanto da fargli assumere l'appellativo di «Crocevia dell'Asia»32, questa zona strategica ha reso l'Afghanistan

vittima da sempre di invasori stranieri, i quali hanno influenzato profondamente la sua storia fino ai giorni nostri. Nonostante la continua presenza di stranieri sul suo territorio, l'Afghanistan non è mai stato colonizzato, grazie soprattutto alla tenacia dei suoi abitanti, i quali non hanno esitato a ribellarsi e a difendere l'integrità del paese con le armi e con il sangue. Ma nonostante la continua difesa del paese e la conseguente lotta all'invasore, c'è da dire che gli abitanti stessi hanno dato vita a lotte intestine per far valere la loro etnia sconquassando il paese in varie guerre civili. A proposito sempre di abitanti, le principali etnie del paese sono quattro: pashtun, tagiki, uzbeki e hazara, oltre alle minoranze dei Turkmeni,dei Beluci e dei Nuristani.

I pashtun sono l'etnia più numerosa del paese rappresentanti la metà della popolazione afghana e per questo motivo una delle lingue principali del paese è proprio il pashtun, affiancato al dari. Vivono prevalentemente nelle zone meridionali e orientali, ma soprattutto nella città di Kandahar. I pashtun sono sempre stati in lotta tra di loro, ma si sono fatti valere per una propria identità e fierezza, e si ritengono fortunati per avuto come capo tribù Ahmed Shah Durrani33.

Qualche milione di essi pratica il nomadismo ed essi vengono definiti

kushi34. Quest'etnia ha un proprio codice morale, il cosiddetto pashtunwali, una sorta di Costituzione che ha la precedenza sulle leggi

esterne e gestisce gli affari della tribù, definita come conservatrice e

31 Durrani o durr-i durran che deriva dalla parola Dur, che significa perla. Il termine fu aggiunto in seguito alla proclamazione del nuovo stato afghano, quasi a voler simboleggiare la fierezza di tutto questo.

32 Asia Enciclopedia e Dizionari, op.cit, p. 482. 33 N. Hatch Dupree, op. cit, p. 279.

(16)

feudale. Questo codice morale si basa su tre concetti fondamentali: il

siali (uguaglianza individuale); il nang (onore), sia per uomini che

per donne e melmastia (ospitalità), «offerta a tutti i visitatori senza aspettarsi nulla in cambio, che può arrivare fino a offrire rifugio a un criminale e rischiare la propria vita per un ospite»35. Le decisioni che

riguardano tutto il gruppo vengono prese da un consiglio di anziani, la

jirga.

I tagiki, il secondo gruppo etnico di origine indoeuropea che vive nella parte settentrionale del paese. Sono musulmani sunniti e hanno trovato il loro condottiero in Ahmad Shah Massoud36, che liberò l'Afghanistan

dai sovietici e che verso la fine degli anni Novanta fondò “l'Alleanza del Nord”. Sono dei popoli sedentari dediti all'agricoltura, al commercio e all'artigianato37. Come i tagiki, anche gli uzbeki hanno

popolato ampie zone dell'Afghanistan settentrionale ma hanno anche contribuito alla nascita di centri agricoli stabili. Hanno le caratteristiche dei mongoli e parlano la lingua turca38.

Gli hazara, l'etnia meno rappresentata e più perseguitata del paese. Da sempre descritti come una tribù orgogliosa e fiera, sono seminomadi discendenti da Gensis Khan che poi si mescolarono con le popolazioni locali39. Oggi popolano le valli dell'Hindu Kush e sono presenti in

maggioranza nella regione dell'Hazarajat. Vengono considerati come l'etnia più perseguitata perché è in atto un genocidio nei loro confronti. La prima persecuzione avvenne nel 1893, all'inizio del regno di Amir Abdul Rahman40, quando gli hazara cominciarono a ribellarsi alla

violenza compiuta dal sovrano nei loro confronti. In quell'anno furono uccisi molti uomini, mentre donne e bambini furono ridotti in schiavitù. Con l'avvento dell'islamismo nella regione continuarono i massacri a motivo della loro fede: da buddhisti erano diventati

35 P. Clammer, op. cit, p.36.

36 Veniva soprannominato «Il Leone del Panchir» in quanto combatteva principalmente nella regione omonima che si trova a nord-est del paese.

37 E. Giunchi, Afghanistan. Storia e società nel cuore dell'Asia, Roma, Carocci, 2007, p. 25.

38 Asia Enciclopedia e Dizionari, op. cit, p. 503. 39 Ivi, p. 486.

(17)

musulmani sciiti, quindi la minoranza. Furono perseguitati duramente durante il regime dei talebani, mentre cronache recenti ci hanno parlato di un'altra strage avvenuta nei loro confronti: il 23 luglio del 2016, mentre manifestavano pacificamente a Kabul per richiedere la conduzione di energia elettrica, due aspiranti suicida si sono fatti saltare in aria, uccidendo 80 persone e ferendone più di 20041.

1.2 Cenni storici: l'Afghanistan prima della guerra.

La storia recente dell'Afghanistan inizia negli anni Settanta del Novecento. Durante questo periodo il mondo era diviso tra due giganti che si contendevano il mondo geopolitico: a Occidente gli Stati Uniti e a Est l'Unione Sovietica in quella che gli storici hanno definito «Guerra Fredda». L'Afghanistan, che all'epoca di questi fatti narrati era uno stato monarchico, gravitava sotto l'orbita sovietica, anche perché l'Unione Sovietica aveva sempre aiutato questo paese economicamente e politicamente: ad esempio l'URSS era stato il primo paese a riconoscere l'Afghanistan come nazione indipendente nel 191942, e in seguito fece di tutto per farlo uscire dall'arretratezza

economica e dall'isolamento che la precedente nazione gli aveva imposto, attraverso una serie di accordi commerciali. Si stima che in vent'anni Mosca abbia versato a Kabul «1,26 miliardi di dollari43»,

utilizzati soprattutto «per finanziare la costruzione di infrastrutture, strade, aeroporti e borse di studio per gli studenti afghani44». Ancora,

nel gennaio del 1965 Mosca finanziò la costruzione del “Partito Popolare Democratico dell'Afghanistan” (PDPA), strutturato secondo il partito comunista sovietico di cui faceva parte la classe media45.

41 "La strage durante un corteo a Kabul" in

http://www.ilpost.it/2016/07/23/esplosione-kabul/

42 Il 1919 è stato un anno molto importante nella storia dell'Afghanistan, in quanto raggiunse l'indipendenza per mano della Gran Bretagna.

43 E. Giunchi, op. cit, p. 52.

44 J.B Duroselle, Storia diplomatica dal 1919 ai giorni nostri, Milano, LED Edizioni Universitarie, 1988, p.706.

45 A. Arnold, Afghanistan: The Soviet Invasion in Perspective, New Delhi, Hoover International Studeis, 1985, p. 48.

(18)

Questo partito qualche anno più tardi si divise in due raggruppamenti ben distinti46: il Khalq (Popolo) guidata da Nur Mohammad Taraki, a

cui si aggiunse Hafizullah Amin in un secondo momento, e l'altra corrente denominata Parcham (Lo Stendardo o Bandiera)47 guidata da

Babrak Karmal.

Nel 1973, più precisamente il 17 luglio 1973, Daud approfittò di una breve vacanza di suo cugino, il sovrano Mohammed Daud Khan48 che

si trovava in Italia per motivi di salute49, assalì il palazzo reale e si

proclamò presidente della Repubblica. Era nata la Repubblica Afghana che con un colpo di stato pose fine alla monarchia costituzionale del sovrano che aveva governato nel paese per quarant'anni. Daud instaurò nel paese un regime autoritario e in questo modo i poteri finirono nelle sue mani, «reprimendo con violenza chiunque gli si opponesse50». Daud non voleva che il suo paese

continuasse a dipendere economicamente e politicamente dall'Unione Sovietica e decise in questo modo di allontanarsi. Il nuovo governo afghano cercò di ridurre il numero dei consiglieri sovietici presenti nel paese51 e, rivolgendosi agli Stati Uniti per ricevere assistenza

economica52, fece preoccupare Mosca. Per qualche anno la situazione

si mantenne stabile, nonostante l'emergere delle prime rivolte sociali contro il presidente.

La situazione precipitò il 18 aprile del 1978, giorno in cui Mir Akbar Khyber, un membro di spicco del Parcham, venne assassinato53. Da

quel giorno si intensificarono le manifestazioni di piazza contro Daud,

46 I dissidi erano probabilmente dovuti alle differenze caratteriali dei leader: «Taraki era un intellettuale introverso, portato a seguire un corso solitario, mentre

Karmal, che aveva guidato il movimento studentesco di sinistra, era più estroverso e pragmatico». (E. Giunchi, op. cit, p. 59).

47 P. Clammer, op. cit., p. 25.

48 Il sovrano Zahir Shah nel 1933 era succeduto a suo padre, Nadir, ucciso a fucilate durante una rivolta a Kabul.

49 A. Arnold, op. cit, p. 55.

50 M. Guerrini, AFGHANISTAN, Profilo storico di una cultura, Roma, JOUVENCE Editoriale, 2006, p. 113.

51 F. A. Clements, Conflict in Afghanistan. A Historical Encyclopedia, Santa Barbara (California), Abc-Clio, 2003, p. 68.

52 E. Giunchi, op. cit, 65. 53 F. A. Clements, op. cit, p. 68.

(19)

accusato di aver pianificato l'omicidio con la collaborazione degli Stati Uniti, ma Daud si proclamò innocente e fece arrestare Taraki, Karmal e Amin, anche se quest'ultimo venne scarcerato qualche ora dopo54. Quest'ultimo, il 27 aprile dello stesso anno, effettuò un colpo

di stato che riuscì in poche ore. Daud venne «massacrato e ucciso55»

nel palazzo presidenziale insieme a tutta la sua famiglia e il 30 aprile un consiglio rivoluzionario proclamò la Repubblica Democratica dell'Afghanistan (da ora in poi DRA) riunendo i partiti del Parcham e del Khalq56: Taraki e Karmal, che nel frattempo erano stati liberati,

vennero nominati rispettivamente presidente della Repubblica e vicepresidente, mentre Amin venne nominato ministro degli Esteri. Dopo qualche mese di calma, una volta ottenuto il potere, i leader dei due partiti iniziarono ad avere dei problemi e si divisero nuovamente: il Khalq di Taraki ebbe la meglio, mentre Karmal venne mandato in Cecoslovacchia, dove venne nominato ambasciatore. Nel mentre il paese fu scosso dalle ribellioni antigovernative dei mujaheddin, i combattenti: la situazione peggiorò nel marzo del 1979, quando nella città di Herat oltre una dozzina di consiglieri politici sovietici vennero uccisi insieme alle loro mogli e figli57. Il loro scopo era stato quello di

portare nella città un programma di alfabetizzazione. La rivolta venne sedata grazie al soccorso dei militari sovietici, anche se la situazione era ormai al limite. Dinanzi a questa situazione insostenibile Taraki, che si trovava a Mosca in visita ufficiale, fu convinto dai leader del

Politburo dapprima a riconciliarsi con il Parcham in modo da porre

fine alle ribellioni e successivamente a eliminare definitivamente Amin, ma le cose non andarono secondo i piani poiché lo stesso Taraki, tornato a Kabul, rimase vittima di una trappola che gli tese il suo vice, il quale prese da solo il potere58. Trovatosi in difficoltà Amin

54 A. Arnold, op. cit, p. 68. 55 J.B Duroselle, op. cit., p.706. 56 A. Arnold, op. cit, p. 72.

57 S. Coll, Gosth Wars: the secret history of the CIA, Afghanistan and Bin Laden,

from the Soviet invasion to september 10, 2001, New York, Penguin, 2004, p. 59.

58 J. B. Amstutz, Afghanistan. The first five years of Soviet occupation, Washington D.C, National Defende University, 1986, p. 39.

(20)

chiese aiuto economico al Pakistan e all'Iran, ma da entrambi ricevette una risposta negativa. A questo punto, rimasto solo, chiese aiuto ai sovietici che decisero di intervenire: il 24 dicembre del 1979 circa centomila uomini dell'Armata Rossa partirono dalla repubblica sovietica centro-asiatica del Turkmenistan e giunsero in Afghanistan.

1.2. 1 L'invasione sovietica e la reazione statunitense

Tre giorni dopo aver attraversato il confine afghano-sovietico, l'esercito sovietico entrò a Kabul. Lo stesso giorno Hafizullah Amin venne ucciso dalla polizia segreta afghana, mentre Karmal venne nominato Presidente del Consiglio Rivoluzionario dell'Afghanistan e presidente del Consiglio dei Ministri della DRA. Amin cadde vittima di un avvelenamento che uccise prima i membri della sua famiglia, poi lo stesso presidente verso sera59 nel palazzo presidenziale, il Tapa-eTajbeg. Il tempo della dittatura era finito e la gente era in festa:

Karmal venne considerato «come un salvatore, colui che aveva liberato la popolazione dai vincoli della religione, dalle tribù e dai costumi sociali60». Inoltre si avvicinò sin da subito ai sovietici, tornò

ad aumentare il numero dei consiglieri sovietici e in questo modo fu riallacciato l'antico legame.

Già all'inizio dell'occupazione sovietica ebbero un ruolo fondamentale i gruppi di resistenza che operavano in Pakistan, precisamente della città di Peshawar61 e che si opponevano ai sovietici combattendo il jihad. Furono i principali gruppi di resistenza, tra cui quella del già

citato Ahmad Shah Massoud, a organizzare una delle tante rivolte contro i sovietici, ma soprattutto contro Karmal62. All'inizio le rivolte

non andarono a buon fine, ma quando cominciarono a farsi più

59 M. Hassan Kakar, Afghanistan. The Soviet Invasion and the Afghan Response,

1979-1982, Berkeley, University of California Press, 1995, p. 23.

60 Ivi, p. 64.

61 Capoluogo della provincia pakistana della North West Frontier Province. Era il luogo di smistamento delle armi e la città dove cominciarono a cercare asilo politico i primi afghani scappati dal paese.

(21)

insistenti e a seminare la morte dei soldati sovietici fu a quel punto che Mosca decise di aumentare il numero dei propri soldati. Quella che all'inizio si rivelò una semplice occupazione si trasformò in un conflitto che durò per 8 anni.

Comunque non bisogna dimenticare che in quel periodo il mondo era ancora diviso, infatti gli Stati Uniti non persero l'occasione di far sentire la propria voce in questo drammatico momento. Già il principale intervento del 197963 era stato visto come una minaccia, una

nuova forma di rappresentazione dell'aggressività sovietica. Il 14 gennaio del 1980 l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, con 104 voti a favore e 18 contrari64 condannò l'invasione, ma gli statunitensi

si fecero sentire anche individualmente: il presidente Jimmy Carter enunciò la sua dottrina ai membri del Congresso e decise, onde evitare un nuovo coinvolgimento militare, prima di appoggiare e poi di sostenere finanziariamente i mujaheddin, e dare sostegno al Pakistan, «territorio amico65», che dava rifugio ai mujaheddin. I

finanziamenti venivano gestiti tramite l'ISI, una branca dei servizi dell'intelligence pakistana che addestrava i militari e gli stessi combattenti e tutti questi aiuti furono necessari nell'indebolire i sovietici.

Pochi giorni dopo l'enunciazione della dottrina Carter i dirigenti del Partito Comunista dell'Unione Sovietica (da ora in poi PCUS), preoccupati dell'intervento statunitense, fecero il punto della situazione sovietica. Dopo aver analizzato i fatti decisero per una maggiore assistenza alla DRA e maggiori aiuti militari. Dopo i primi attacchi che erano stati rivolti prevalentemente alle città, i sovietici iniziarono a perseguire i ribelli nascosti nelle montagne tra l'Afghanistan e il Pakistan, guidati da Ahmad Shah Massoud66. I

63 Il 1979 stesso per gli Stati Uniti era stato difficile, in quanto la Rivoluzione Islamica nel vicino Iran aveva eliminato un regime favorevole agli Usa, destituendo la monarchia e instaurando un nuovo governo guidato dall'ayatollah Ruhollah Khomeyni.

64 J.B Duroselle, op. cit, p.707.

65 E. Giordana, Afghanistan. Il crocevia della guerra alle porte dell'Asia, Città di Castello, Il Giro del Mondo, 2007, p. 21.

(22)

sovietici provarono a sconfiggerli, ma i loro mezzi militari non erano adatti per quel tipo di terreno. Così tornarono nelle città, dove attaccarono qualsiasi tipo di struttura e in seguito si addentrarono nelle valli dove misero in atto una serie di sanguinose rivolte, molto spesso vittoriose. I sovietici contemporaneamente iniziarono ad applicare la tattica dei bombardamenti aerei, provocando sempre più numerosi morti tra i civili afghani. Fu durante questo periodo che iniziò a crescere il numero dei profughi afghani.

Già dopo un anno si pensò a una ritirata sovietica che però avrebbe limitato il prestigio dell'Unione Sovietica e in piena Guerra Fredda chiaramente avrebbe rafforzato la posizione statunitense, ma non si poteva fare diversamente. Si pensò inoltre che un eventuale ritiro potesse avvenire solo quando l'Unione Sovietica fosse stata politicamente e militarmente molto forte, ma per il momento ancora ciò non era possibile. Dopo un periodo di instabilità governativa, nel 1985, venne eletto l'ultimo segretario del PCUS, Michail Gorbačëv, il quale si rese conto che l'Urss era «economicamente al collasso67».

Occorreva un cambiamento che portò nel suo paese alla nascita di due parole d'ordine: perestrojka e glasnost68 e anche in Afghanistan le cose

cominciarono a cambiare, con un cambio di tattica e infiltrazione nelle montagne per scovare le tane dei mujaheddin anche se in seguito si rese conto che un ritiro sarebbe stato più che necessario. Nel 1986, in occasione del XXVII Congresso del PCUS iniziò il lento rimpatrio delle truppe sovietiche di stanza in Afghanistan: questa fu solo la prima fase della fine dell'occupazione del paese, che si concluse tre anni dopo.

Karmal intanto, fortemente indebolito in seguito all'invasione e agli avvenimenti accaduti successivamente fu costretto a dimettersi da presidente. Il 4 maggio del 1986, venne sostituito da Mohammed Najibullah, un pashtun che per alcuni anni aveva diretto la polizia

67 M. Galeotti, AGHANISTAN, The Soviet Union's Last War, Londra, Frank Cass, 1995, p. 17.

(23)

segreta afghana (KHAD). Sotto Najibullah gli statunitensi incrementarono i finanziamenti ai mujaheddin e li dotarono di missili antiaerei in modo da sconfiggere definitivamente i sovietici. Questa decisione spinse Gorbačëv ad annunciare la decisione del ritiro definitivo, durante il vertice di Washington del 1987. Il 15 febbraio del 1988, gli ultimi soldati sovietici abbandonarono definitivamente l'Afghanistan.

Negli anni successivi Najibullah continuò a ricevere aiuti economici dall'Unione Sovietica fino alla sua dissoluzione, avvenuta nel 1991. Inoltre dotò il proprio governo di un esercito regolare che controllava gran parte della capitale e che serviva a calmare gli attacchi dei

mujaheddin69, pronti a tutto pur di sconfiggere i comunisti.

A pochi mesi dal ritiro sovietico dunque il paese era nuovamente diviso: da una parte gli stessi combattenti nascosti nelle montagne che operavano con le armi e con i missili Stinger somministrati durante la Guerra Fredda dagli statunitensi, e dall'altra parte il regime fantoccio di Najibullah, che però operava secondo le tradizionali linee d'attacco. I combattimenti continuarono per un intero anno e i primi mesi del 1992 i guerriglieri avanzarono fino alla linea del regime, a Kabul. Il presidente decise di incrementare i rinforzi, ma senza l'aiuto dell'Unione Sovietica, che era implosa nel dicembre del 199170, la fine

del presidente era vicina. Infatti il 25 aprile del 1992 le truppe di resistenza e i loro rappresentanti mujaheddin conquistarono l'Afghanistan ed entrarono definitivamente della capitale. Venne proclamata la “Repubblica Islamica dell'Afghanistan” e formato il legittimo governo di coalizione con Buharnuddin Rabbani presidente, Guldubbin Hekmatyar primo ministro e Massoud Ministro della Difesa. Il deposto presidente Najibullah si rifugiò in un complesso delle Nazioni Unite, dove vi restò fino al 1996. Sembrava cominciata una nuova fase positiva per il paese, in realtà questo non fu che l'inizio

69 A. Rasanayagam, Afghanistan: a modern history, London, Ib Tauris&Co, 2007, p. 129.

70 Nel dicembre del 1991 gli statunitensi cominciarono a disinteressarsi del paese. Uno dei motivi del disimpegno statunitense fu la guerra del Golfo, in Kuwait.

(24)

della guerra civile nel paese.

1. 3 La guerra civile afghana

1.3. 1 Le fazioni e i principali esponenti

Prima di comprendere le cause della guerra civile è necessario fare una breve disamina delle principali fazioni mujaheddin, differenti dal punto di vista etnico e religioso.

Una fazione importante era quella di Jamiat-e-Islami (Società Islamica) di Ahmad Shah Massoud, un tagiko, alleato di un altro tagiko, Burhanuddin Rabbani. Entrambi all'inizio degli anni Novanta controllavano il nord della città e riuscirono a entrare nella capitale il 25 aprile del 1992. Massoud, fin dalla guerra contro i sovietici, si era dimostrato un leader carismatico e aveva spesso mostrato di essere un abile comandante. Proprio per questi motivi aveva avuto un grande seguito tra la popolazione e molti uomini si erano uniti a lui, prima da Nord-Est per poi estendersi in tutto il paese. Massoud durante la guerra era riuscito a realizzare il suo obiettivo di unire tutti i combattenti per difendersi dai sovietici prima e contro i comunisti poi, «in modo da liberare il paese dalla cultura sovietica71». Un'altra

fazione era Junbish-i- Milli o Junbesh-e melli-e islami (Movimento Islamico Nazionale) il cui leader era l'uzbeko Abdul Rashid Dostum, «che aveva la fama di cambiare con disinvoltura alleanze»72. Dostum

aveva sostenuto Najibullah dopo il tentativo di colpo di stato degli anni Novanta, ma appena questo si era trovato in difficoltà si era unito a Massoud. Le loro forze congiunte combattevano a nord di Kabul73 e

dopo la ritirata comunista anche Dostum ebbe un ruolo di primo piano nel nuovo governo. Il pashtun Gulbuddin Hekmatyar guidava

l'Hezb-e-islami (Partito Islamista), il quale aveva goduto dei finanziamenti

71M. Guerrini, Afghanistan. Profilo storico.., cit, p. 120.

72 K. Hosseini, Mille splendidi soli, Milano, Edizioni PIEMME, 2007, p. 161. 73 E.Giunchi, op. cit, p. 95.

(25)

sauditi e statunitensi negli anni Ottanta. Hekmatyar era uno studente di ingegneria attivo nel movimento studentesco e fin dal momento della sua nascita aveva raccolto numerosi adepti pasthtun. Negli anni Novanta la sua fazione controllava il sud di Kabul e per poco non assunse il controllo della città74. Un altro rappresentante pashtun fu

Abdul Rab Rasul Sayyaf della fazione Ittehad-i-Islami (Unione Islamica per la libertà dell'Afghanistan) ed infine la fazione

Hizb-e-Wahdat (Partito dell'Unità) di Abdul Ali Mazari, un rappresentante

hazara con forti legami con l'Iran sciita.

1.3. 2 Avvenimenti.

A causa delle diverse linee etniche appena analizzate il paese si spaccò in diverse componenti. Già solo il fatto che il controllo della capitale fosse stato preso da due tagiki e non da un pashtun, come era da tradizione, fa capire come questo fosse diventato motivo di lotte quotidiane.

Hekmatyar non accettava il fatto di aver perso la presidenza e bombardò Kabul per ben due lunghi anni in modo da costringere Rabbani a lasciare la presidenza: questo non avvenne e dal 1992 al 1994 si intensificarono i combattimenti che contribuirono a far fuggire la popolazione e a provocare molti morti tra i civili. Intanto nella capitale sempre più gruppi si stavano formando: c'era chi stava dalla parte del governo legittimo, chi stava dalla parte di Hekmatyar, chi ambiva alla presidenza. Dostum si era intanto alleato con Massoud ed insieme si difendevano dal nemico.

Nel giugno del 1992 vi furono intensi combattimenti a Kabul tra le forze pashtun di Sayyaf e gli hazara della fazione Wahdat. I bombardamenti distrussero le linee elettriche, «polverizzarono interi isolati di negozi e case75». I militari pashtun irrompevano nelle case

dei civili hazara per ucciderli e gli hazara per ritorsione facevano lo

74 Ivi, p. 95.

(26)

stesso nelle case dei pashtun. Ma i combattenti principali, con i razzi, avvenivano tra le forze di Massoud e quelle di Hekmatyar. I continui lanci di razzi durarono per tutto il 1993. In tutto questo il generale Dostoum cambiò nuovamente alleanze: ai primi di gennaio del 1994 passò dalla parte di Hekmatyar, sperando di avere una rappresentanza nel governo ed insieme attaccarono le truppe di Massoud e di Rabbani, «asserragliate nel Ministero della Difesa e nel palazzo presidenziale76». La pacificazione sembrava molto lontana. Massoud

sostenne che questa si potesse raggiungere solo se si fosse smesso di bombardare la capitale, mentre Rabbani, con una decisione che suscitò critiche, affermò che voleva unire le sue forze con quelle di Hekmatyar, perché solo in questo modo si sarebbe raggiunta la stabilità. In ogni caso niente di tutto questo successe e la città continuò a svuotarsi, con la popolazione che ancora una volta fuggiva dalle proprie abitazioni.

Il 4 novembre del 1994, vicino a Kandahar, ci fu il sequestro di un convoglio di autotreni pakistani, bloccato da un gruppo di comandanti locali che chiesero come pedaggio denaro e una parte della merce. Il giorno dopo gli autotreni vennero liberati ad opera dei talebani, un nuovo gruppo emerso nel sud del paese. Da quel giorno i talebani si impadronirono della città di Kandahar e iniziarono delle rivolte per conquistare la capitale del paese. Ci riuscirono dopo due anni, ponendo fine alla guerra civile e alla drammatica situazione che questa aveva creato.

1. 4 L'Afghanistan sotto i talebani

La parola talebano deriva dall'arabo talib, che significa studente, «ossia colui che cerca la conoscenza, a differenza del mullah che invece dà conoscenza»77. La maggior parte di essi apparteneva

76 Ivi, pp. 249-250 passim

77 A. Rashid, Talebani, Islam, petrolio e il grande scontro in Asia Centrale, Milano, Feltrinelli, 2001, p. 41.

(27)

all'etnia pashtun, erano appoggiati dal vicino Pakistan, paese in cui aveva vissuto la maggior parte di loro nei campi profughi78 ed erano

guidati dal mullah Omar. Buona parte di essi aveva combattuto l'Armata Rossa negli anni Ottanta, altri avevano lottato contro il regime di Najibullah, un'altra parte ancora non aveva mai combattuto contro i comunisti ed era composta da giovani studenti coranici provenienti da centinaia di madrasse, le scuole di teologie islamiche79.

Il loro principale obiettivo «era quello di mettere fine alle attività dei

mujaheddin che stavano depredando la popolazione locale»80 e di

porre fine alle violenze che questi avevano creato. Volevano riportare l'ordine e la stabilità e cominciarono a emergere mentre ancora il paese era distrutto dalla guerra.

L'escalation talebana iniziò dunque nel 1994 a Kandahar, la quale divenne la loro capitale e dove fin da subito imposero le regole che traevano origine dal loro programma, il quale consisteva principalmente nel: «riportare la pace, disarmare la popolazione, imporre la legge coranica e preservare l'integrità e il carattere islamico dell'Afghanistan81». La comunità internazionale cominciò ad

esprimere i propri dubbi su questo nuovo movimento soprattutto per la visione restrittiva che aveva delle donne e, in misura minore, degli uomini. Alle donne venne impedito di lavorare, di studiare e vennero obbligate a portare il burqa e fu loro severamente proibito di uscire di casa senza un parente maschio. Agli uomini fu richiesto di farsi crescere la barba e di pregare cinque volte al giorno.

Dopo aver conquistato Kandahar, nel 1995 puntarono verso la città di Herat amministrata dall'allora governatore Ismail Khan, riuscendo a conquistarla nel settembre dello stesso anno82. Il governatore dovette

arrendersi e lasciare la città e il paese. Alla fine di quell'anno riuscirono a controllare ben dodici città su trentuno e in ogni città

78 W. Maley (Ed), Fundamentalist Reborn? Afghanistan and the taliban, London, Hurst and Company London, 1998, p. 14.

79 A. Rashid, op. cit, p.17.

80 A. Rasanayagam, op. cit, p. 145. 81 A. Rashid, op. cit, p. 58. 82 W. Maley (Ed), op. cit, p. 100.

(28)

imponevano le loro regole, ma il loro obiettivo principale rimase quello di conquistare Kabul: a poco a poco riuscirono ad avvicinarsi, ma il governo legittimo Massoud-Rabbani combatté per difendere la capitale. Sempre nel 1995 uccisero il leader hazara Mazari83 ma questo

fatto aveva rappresentato, già prima di cominciare, la disfatta dei talebani a Kabul, non fu mai perdonato dal popolo hazara e sicuramente rappresentò una perdita di prestigio nei loro confronti e di tutti coloro che li sostenevano. Nonostante questa disfatta non si arresero e nel mentre conquistarono Jalalabad e altre città minori. Il 26 settembre del 1996 riuscirono a conquistare Kabul dopo estenuanti bombardamenti, nonostante la presa della capitale fosse stata parecchio difficile, in quanto venne difesa fino allo stremo dalle truppe del governo legittimo. Tra l'altro la caduta della capitale rappresentò una disfatta per le truppe governative, in modo particolare per il “leone del Panchir”, il quale si trovò costretto a una resa temporanea. Si rifugiò al Nord, nella sua terra natale, ma continuò ad opporsi ai talebani, sempre senza successo. Chiaramente la presa di Kabul aveva rappresentato una disfatta anche per Hekmatyar e per tutti coloro che avevano combattuto durante la guerra civile.

Il giorno dopo l'ingresso trionfale dei talebani nella capitale, il 27 settembre, essi compirono un grave gesto: dopo il rapimento e pesanti torture uccisero Najibullah e suo fratello Shahpur Ahmadzi84: i loro

corpi furono appesi a un lampione nella piazza della città, esposti in modo che tutti potessero vedere quello che era successo. Questo fatto portò all'immediata condanna da parte delle Nazioni Unite, ma i talebani non si scoraggiarono in quanto l'obiettivo principale era stato raggiunto: conquistare Kabul e riportare il potere nelle mani dei pashtun.

Intanto nel nord del paese venne creato il “Fronte Islamico Unito per la salvezza dell'Afghanistan”, conosciuto con il semplice nome di

83 A. Rashid, op. cit, p. 54.

84 Ora a Kabul comanda solo il Corano” in

http://archiviostorico.corriere.it/1996/settembre/28/Ora_Kabul_comanda_solo_Cora no_co_0_96092812568.shtml

(29)

“Alleanza del Nord”, il cui leader era Massoud. Questo fronte nacque principalmente per combattere i talebani e vide l'unione delle tre etnie: tagiki, hazara e uzbeki85. Aveva il suo quartier generale in

Mazar-I-Sharif, dove vi furono dei violenti combattimenti contro il regime86.

Nella città risiedevano persone di etnia hazara, le quali vennero massacrate dai talebani a partire dall'8 agosto del 1998, giorno della conquista della città, dando atto a un vero e proprio genocidio nei confronti di questa popolazione. Un'altra città governata dagli hazara fu Bamiyan, conquistata nel settembre del 1998, dopo la resa di alcuni comandanti locali, questa volta senza massacri. Dal punto di vista governativo, per tutto il resto dell'anno continuarono i bombardamenti dell'Alleanza del Nord, nei confronti dei loro nemici e alla fine del 1998 i talebani avevano assunto il controllo dell'80 % del paese. Tra l'altro il 1998 era stato un anno estremamente duro per gli afghani in quanto nel mese di febbraio c'era stato un violento terremoto nel Nord del paese. Mentre proseguirono gli scontri tra i talebani e il Fronte Unito, la comunità internazionale iniziò a protestare più vivamente. La conseguenza culminò con i talebani che espulsero tutti gli addetti delle organizzazioni internazionali nelle aree da loro controllate.

1.5 L'Afghanistan e il terrorismo

La questione del terrorismo in Afghanistan è legata al nome di Osama Bin Laden. Saudita, classe 1957, covava un forte rancore nei confronti dell'Occidente e soprattutto dell'America da lui definita «Grande Satana»87.

Nel 1979 rimase sconvolto dagli avvenimenti che avvennero in Afghanistan dove «un paese non musulmano, l'URSS, aveva occupato uno stato musulmano88» e così decise di aiutare i mujaheddin

85 E. Giordana, op. cit. p. 53. 86 A. Rashid, op. cit, p. 77.

87 Y. Bodansky, Nel nome di Osama Bin Laden, Cles (TN), Spearling&KuPfer Editori, 2001, p. 94.

(30)

costruendo con le sue finanze campi di addestramento dove indottrinava i combattenti e aiutando il paese economicamente nella ricostruzione di strade e gallerie. Cominciò a combattere per il jihad e il terrorismo cominciò a prendere forma. Nel 1988 fondò al-Qaida (La Base)89 e continuò a finanziare e ad ampliare i campi di addestramento

in Afghanistan e in Pakistan, reclutando i militari. Dopo il fallimento sovietico nel 1989 Bin Laden dichiarò conclusa la sua missione in Afghanistan e tornò in Arabia Saudita. Dopo una breve parentesi nel suo paese natale e in Sudan (dove venne espulso), nel 1994 tornò in Afghanistan per occuparsi dei suoi affari relativi al terrorismo internazionale, proprio quando nel paese facevano la prima comparsa i talebani, decidendo di fare dell'Afghanistan la principale base operativa e consolidare proprio in questo paese al-Qaida, aiutato dal mullah Omar. Bin Laden venne autorizzato ad aprire ulteriori campi di addestramento e instaurò, in questo modo, buone relazioni con i talebani. Il 7 agosto del 1998 fu l'autore di due attentati terroristici avvenuti nelle ambasciate statunitensi in Africa Orientale, precisamente a Nairobi, in Kenya e a Dar-es-Salaam in Tanzania, con 229 morti e oltre 4500 feriti90, perlopiù africani. Gli Stati Uniti, guidati

dall'allora presidente Clinton, chiesero ai talebani la consegna di Osama Bin Laden, ma la richiesta non venne mai accolta. Egli dichiarò in una fatwa (sentenza religiosa) che la sua missione era quella di uccidere gli infedeli e i loro alleati: non era un dovere suo, «ma di ogni musulmano che avrebbe dovuto e potuto farlo in qualsiasi paese fosse stato possibile»91. Il nuovo presidente statunitense Bill

Clinton vide in queste parole una scusa per combattere. Si cominciarono ad arrestare i comandanti dei campi di addestramento afghani e pakistani e anche chi veniva sospettato di preparare attentati terroristici.

Al di là della questione del terrorismo, un anno cruciale per

89 P. Clammer, op. cit, p. 90 A. Rashid, op. cit, p. 99.

(31)

l'Afghanistan fu sicuramente il 2001, anno ricco di elementi significativi: il 19 gennaio venne approvata la Risoluzione ONU 133392 contro l'Afghanistan, che prevedeva sanzioni contro il regime

talebano a causa dell'appoggio dato al terrorismo internazionale e l'ospitalità concessa a Bin Laden. Le conseguenze di queste sanzioni furono: «messa al bando delle loro armi, chiusura delle rappresentanze internazionali e proibizioni dei voli fuori dal paese dalla compagnia di bandiera Ariana93». A febbraio furono fatte saltare in aria con la

dinamite le millenarie statue dei Buddha di Bamiyan, causando grande sconforto tra il popolo hazara e nuovamente sconcerto tra la comunità internazionale. Dopo l'episodio drammatico delle statue dei Buddha, Massoud fece un ultimo tentativo: si recò al Parlamento Europeo di Strasburgo per ricevere aiuti e in particolar modo per mettere in guardia le potenze occidentali dell'imminente pericolo. Massoud negli ultimi anni aveva chiesto protezione alla comunità internazionale ed era sfuggito varie volte agli attacchi di Osama Bin Laden che avevano l'obiettivo di ucciderlo. A Massoud vennero promessi aiuti internazionali, ma il 9 settembre Massoud venne ucciso da due estremisti suicidi che, facendosi passare come giornalisti occidentali, nascosero una bomba all'interno delle telecamere94. Il nemico numero

uno di Bin Laden era saltato in aria e morto dopo qualche ora di agonia. In questo modo uno dei pochi leader seriamente riconosciuto dalla comunità internazionale era morto, ma la conclusione dell'era talebana era anch'essa vicina.

1. 6 Enduring Freedom

La mattina dell'11 settembre del 2001 due aerei di linea si schiantarono contro le Twin Towers (Torri Gemelle) di Manhattan, a

92 Il testo della risoluzione 1333 è disponile qui:

http://www.un.org/fr/documents/view_doc.asp?

symbol=S/RES/1333(2000)&TYPE=&referer=http://www.un.org/fr/sc/documents/re solutions/2000.shtml&Lang=E

93 A. Rashid, op. cit, p. 262. 94 P. Clammer, op. cit., p. 30.

(32)

New York, più un terzo che si schiantò contro il Pentagono provocando quasi tremila vittime tra i civili e un numero imprecisato di dispersi. Fin da subito fu grande la reazione internazionale e il senso di solidarietà di cui giovarono gli Stati Uniti a partire da quel giorno. Gli attentati furono organizzati per mano dei terroristi di

Al-Qaida e il piano di distruzione era partito proprio dall'Afghanistan che

ancora una volta fu protagonista di un nuova intrusione, questa volta statunitense.

Il neo-presidente statunitense George Walker Bush dichiarò pochi giorni dopo che sarebbe stata messa in atto una «guerra contro tutti coloro che cercano di esportare il terrore e contro quei governi che li appoggiano e li ospitano»95 e già alla fine di settembre del 2001

iniziarono i preparativi per la campagna militare in Afghanistan e migliaia di soldati statunitensi e inglesi furono dislocati in Uzbekistan, Tagikistan e Pakistan, con l'aggiunta delle forze speciali nelle aree controllate dal Regno Unito per aiutare militarmente il “Fronte Unito”. Il 7 ottobre ebbe inizio l'operazione Enduring Freedom che può essere tradotta come “giustizia duratura”96 con diversi scopi: esportare nel

paese la democrazia, rovesciare il regime talebano e catturare i vertici di al-Qaida. L'amministrazione Bush aveva ancora una volta chiesto ai talebani di consegnare volontariamente Osama Bin Laden, ma questi ancora una volta si erano rifiutati. Con questa operazione si è realizzato in pochi mesi il rovesciamento del regime talebano, mentre per la cattura dei principali terroristi ci è voluto più tempo e solo parzialmente si è realizzato questo obiettivo, con la morte di Bin Laden avvenuta nel maggio del 2011, del mullah Omar nell'aprile del 2013, mentre latita ancora Al-Zawairi, pediatra egiziano e un tempo braccio destro di Osama Bin Laden.

Il 7 ottobre del 2001 dunque ebbero inizio i bombardamenti aerei della coalizione guidata dagli Stati Uniti che permisero al “Fronte Unito” di conquistare Mazar, Herat e Kabul, mentre a dicembre fu la volta di

95 E. Giunchi, op. cit, p. 115.

(33)

Kandahar. Dopo i bombardamenti, i talebani si dispersero nelle montagne o in Pakistan, ma continuarono a lanciare degli attacchi. Sempre nel mese di ottobre l'amministrazione Bush pensò di sostituire il regime talebano «con un governo che fosse rappresentativo di tutti i segmenti della popolazione, in modo da dare una stabilità al paese e per evitare che l'Afghanistan diventasse ancora una volta il santuario degli jihadisti internazionali» e «per evitare di costituire un ulteriore minaccia per gli interessi statunitensi97».

1.6 1 Il processo di ricostruzione

Sotto questi auspici gli Stati Uniti e le Nazioni Unite iniziarono a delineare un percorso a tappe che portasse il paese verso un nuovo assetto politico e istituzionale. La road map prevedeva: il coinvolgimento dell'ex sovrano Zahir Shah e in seguito la convocazione di una loya jirga (grande assemblea degli anziani) come prima tappa del processo di ricostruzione.

Il 27 novembre, sempre del 2001, si aprì a Bonn, in Germania la Conferenza Internazionale, con lo scopo di portare il paese a un processo di ridefinizione politica e istituzionale. La conferenza durò una settimana, fino al 5 dicembre quando venne raggiunto un accordo, sanzionato il giorno successivo dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. La transizione sarebbe avvenuta per tappe: prima ci sarebbe stata la formazione di un governo interinale che avrebbe convocato una loya jirga, successivamente la formazione di un governo transitorio che avrebbe convocato una seconda loya jirga e portato alla formazione di un nuovo testo costituzionale e infine la convocazione di elezioni presidenziali e parlamentari a suffragio universale che avrebbero portato a un governo rappresentativo.

Le tappe vennero tutte realizzate tra il 2001 e il 2004: il 23 dicembre del 2001 venne inaugurato un governo interinale sotto la guida di un

Riferimenti

Documenti correlati

scientificamente dichiarato il maggiore problema del nostro tempo e il fatto, che potrebbe determinare non solo se possa essere raggiunta la pace ancora durante la nostra vita,

come per Sergio sono nati i colorì delle note della sua Sinfonia, mo-.. dificano la natura dello spazio di quelle due antiche stanze e quindi vorrei aggiungere, non metafo-

internazionale dei diritti umani Maria Rita Saulle” e il Corso di Alta Formazione “Il ruolo delle donne nei processi di pace e nella mediazione dei conflitti perla tutela dei

Più precisamente, le stime indica- no per gli infortuni mortali un calo pari al -6,9% (da 1.053 del 2009 a 980 vittime nel 2010), che migliora quello dell’anno precedente che era

«Appare e scompare. È accaduto quan- do curavo il volume sulla storia di Catania, quello in cui lavoravo, insieme con altri colle- ghi, a cogliere il senso storico della città

Le piaghe di cristo appaiono ancora sanguinanti e aggiungono un elemento patetico alla drammatica scena.Il Cristo è molto affine a quello della Pietà di Michelangelo in San

Women In Tech è un ciclo di eventi organizzato nell’ambito delle attività di Data Valley Bene Comune, l’Agenda Digitale 2020-2025, in collaborazione con la rete dei Laboratori

Come Garanti dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza siamo costretti ancora una volta ad attirare l’attenzione delle istituzioni sulla situazione di disagio