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Le donne non devono avere a che fare con estranei 45

CAPITOLO QUINTO

STORIA DELLE DONNE AFGHANE LA PARTE DEBOLE DEI CONFLITT

14. Le donne non devono avere a che fare con estranei 45

A causa di tutte queste proibizioni, proprio nel maggio del 1992, ossia nel mese in cui ci fu l'emanazione di questi decreti «il segno più visibile di cambiamento nelle strade, a parte la presenza di armi, è la totale scomparsa di donne vestite all'occidentale»46. Il velo venne

dunque reso obbligatorio, ma alcune donne preferirono indossare il

44 M. Joya, op. cit, p. 45. 45 Ibidem.

burqa e questo capo di abbigliamento veniva utilizzato anche per non

incorrere in stupri o uccisioni. Nascondersi significava anche sfuggire a un'eventuale proposta di matrimonio da parte di un mujaheddin: purtroppo una richiesta del genere non si poteva rifiutare, pena la condanna a morte della ragazza o donna e di tutta la sua famiglia47.

La situazione precipitò nel 1993, quando l'11 febbraio avvenne un fatto sconvolgente: il massacro di circa 30,000 hazara in un distretto di Kabul, dove a farne le spese furono soprattutto le donne di questa minoranza, nei cui confronti furono compiuti un gran numero di stupri48 dalle truppe di Sayyaf e Massoud, contro il capo hazara

Mazari. La loro condanna fu semplicemente per una questione religiosa: infatti appartenendo a questa etnia professano la fede sciita. Oltre alle donne hazara, centinaia di donne subivano torture e uccisioni ogni giorno nelle loro case, ma spesso venivano anche rapite, o per essere date in spose ai comandanti, oppure per essere poi fatte prostituire oppure ancora per essere abusate sessualmente. Molte preferivano sfuggire a queste orrende condizioni togliendosi la vita49

oppure fuggendo dal proprio paese.

L'episodio del 1993 non fu certo l'unico nella storia dello “Stato Islamico dell'Afghanistan”, ma anche gli anni dal 1994 al 1996 furono lo stesso carichi di tensione, dove ogni giorno era palpabile la paura che provavano le donne afghane. Le maggiori sofferenze e torture fisiche le provarono maggiormente le donne hazara: ad esempio nel 1995, dopo l'assassinio del loro leader Mazari tra 1500 vittime, molte furono donne50. Al di là dell'importanza dei massacri compiuti a danno

degli hazara, che forse furono tra i massacri che fecero più scalpore, bisogna annotare la situazione invivibile che erano costrette a subire le altre donne e giovani ragazze: studiare era diventato molto pericoloso e dunque calò il tasso di alfabetizzazione. Il lavoro femminile subì un

47 E. Rostami-Povey, op. cit, p.22.

48 Human Right Watch Human Rights Watch, Afghanistan. Crisis of impunity, Vol. 13, Cap. II, July 2001.

49 Amnesty International, Women in Afghnistan..., cit, p. 2. 50 Amnesty International, Amnesty Report 1996.., cit, p. 67.

brusco scalo, in quanto la maggioranza degli insegnanti era donna e avendo paura di lavorare51 non si recava nel posto di lavoro, causando

problemi all'istruzione anche ai ragazzi52. Il tasso totale di

analfabetismo toccò circa il 90% delle ragazze e il 60% dei ragazzi53.

Conseguenze di questo genere portarono le donne a lasciare il paese. Parallelamente, nella parte meridionale del paese, le donne stavano subendo le prime proibizioni imposte dai talebani che nel resto del paese si sarebbero diffuse soltanto a partire dal 1996. Dunque, «una forma di violenza diversa rispetto a quella fisica, ma pur sempre restrittiva della visione della donna54».

5.5 1 Crimini commessi durante la guerra civile.

I principali crimini avvenuti tra il 1992 e il 1996 furono i rapimenti e gli stupri. Crimini che comunque avvennero anche dopo la fine della guerra e che videro un'alta percentuale di vittime di etnia hazara. Per quanto concerne i rapimenti, essi furono effettuati da gruppi di

mujaheddin o comandanti mujaheddin nei confronti di giovani ragazze

o donne. I rapimenti avevano un preciso scopo, ossia quello di abusare sessualmente delle vittime oppure per far loro intraprendere la prostituzione55. Generalmente il gruppo di mujaheddin che esercitava

questo genere di soprusi era quello che controllava la parte di città oppure quello di etnia opposta rispetto alla vittima. Se la ragazza opponeva resistenza poteva essere uccisa insieme al resto della sua famiglia. Molte sopravvissero ai rapimenti, mentre altre purtroppo furono uccise molto prima56. Il crimine dei rapimenti era già cosa nota

51 Da notare che alle donne durante questo periodo non era stato ancora proibito di lavorare, ma furono soltanto estromesse dai pubblici uffici. Se si recavano nel posto di lavoro dovevano semplicemente rispettare il decreto imposto dai mujaheddin. Fonte: http://www.afghan-web.com/woman/afghanwomenhistory.html.

52 E. Rostami-Povey, op. cit, p. 25.

53 Cfr A. Rashid, op. cit, p. 135; E. Rostami-Povey, op. cit, p. 25.

54 S. Frederik, Rape: weapon of terror, River Edge, Global Publishing Co. Inc, 2001, p. 53.

55 Amnesty International, Women in Afghnistan..., cit, 9.

56 Amnesty International, Afghanistan: Women in Afhanistan: Paw's in men's power

nel 1978, quando intere famiglie non sapevano che fine avessero fatto i propri parenti. Tra il 1992 e il 1996 la cosa si ripeté, ma in questo caso fu molto alta la percentuale di donne. I rapimenti avvenivano prelevando le vittime dalle loro abitazioni, oppure mentre nelle strade si recavano a scuola o a lavoro. Una conseguenza dei rapimenti fu quella di vendere le ragazze per poi farle prostituire57, anche se questa

è una pratica illegale in Afghanistan in quanto contraria ai precetti dell'Islam. Per aggirare il problema le ragazze venivano spedite in Pakistan o in altri paesi58. Comunque a farne le spese non furono

soltanto le donne e le bambine, ma anche i bambini, vittime del dacha

bazi59, letteralmente “il divertimento sui minori” e il quale nome fa

capire che anche i bambini erano costretti a prostituirsi. Le giovani donne potevano essere rapite per poi essere fatte sposare con dei

mujaheddin. Per evitare questo alcune giovani ragazze preferirono

togliersi la vita. Per esempio, Amnesty International riportò la testimonianza di un familiare di Nahid, una ragazza di soli 16 anni: nella metà del 1992 la sua casa fu razziata dalle guardie armate mujaheddin che erano venute a prenderla. Il padre e la famiglia resistettero. Nahid corse fino al quinto piano del suo appartamento e si gettò dal balcone. Morì all'istante60.

La storia di Nahid ha una storia comune con altre ragazze che volevano sfuggire a un matrimonio già in partenza infelice e violento. Tra l'altro i familiari delle vittime non poterono far altro che guardare impotenti le loro figlie mentre venivano portate via.

In tempo di guerra un crimine molto diffuso è quella dello stupro e anche in Afghanistan se ne verificarono molti. Le violenze erano però iniziate durante l'invasione sovietica. Lo stupro viene considerato un

https://www.amnesty.org/en/documents/asa11/011/1999/en/

57 S. Frederik, op. cit, p. 52.

58 Amnesty International, Women in Afghnistan..., cit, p. 12. 59 F. Bitani, op. cit, p. 38.

crimine in Afghanistan, anche se la vittima «spesso è additata come una prostituta, come se avesse volutamente provocato l'aggressione e infiammato i lombi dell'uomo che, reso pazzo dalla lussuria, non è riuscito a controllarsi»61. Anche lo stupratore può essere condannato a

morte, in quanto si tratta pur sempre di un crimine religioso, ma la vittima principale rimane sempre la donna per «una questione d'onore»62. A subire le peggiori violenze furono, come è già stato

scritto, le donne di etnia hazara. Non si conosce la percentuale esatta di donne che furono vittime di tali vessazioni durante la guerra civile, non vi furono denunce di tal genere all'epoca63. Per sfuggire alla

vergogna e all'umiliazione che un avvenimento simile comporta nella vita di una afghana una conseguenza è il suicidio che le “libera” da questo ricordo, appunto “disonorevole” nella società afghana, ma spesso ci si toglieva la vita per sfuggire in partenza a questo terribile crimine64.

5.6 Donne rese invisibili dai decreti religiosi

In Afghanistan molto probabilmente parecchie donne pensarono che con la fine della guerra sarebbero finite tutte le loro sofferenze. La maggior parte di coloro che (probabilmente) lo pensava si sbagliò di certo. I problemi non fecero che aumentare e la dignità delle donne venne ancora una volta calpestata. Più precisamente «le donne afghane sparirono completamente dalla scena pubblica»65. La

situazione delle donne afghane durante il periodo dei talebani può essere riassunta in queste frasi:

Le modifiche discriminatorie rigorosamente applicate includono proibizioni contro le donne che lavorano, che lasciano le loro case senza essere scortate

61 F. Koofi, op. cit, p. 100.

62 UMANA, Silence is violence. End the Abuse of Women in Afghanistan, Kabul, UMANA, 2009, p. 21.

63 Ibidem.

64 Amnesty International, Women in Afghanistan.. cit, p. 9. 65 A. Rashid, op. cit, p. 132.

da uno stretto parente (maschio), ricevono trattamenti medici da dottori maschi e appaino in pubblico senza essere pienamente coperte66.

Nel novembre del 1996 il proclama della polizia religiosa a Kabul aveva emesso una serie di decreti, sia per le donne che per gli uomini. Il responsabile di tale procedimento fu un pashtun, il maulvi Qalamuddin, capo del “Dipartimento per la promozione della virtù e prevenzione del vizio”67. Quelli femminili erano atti a rendere la

donna totalmente invisibile, a cominciare dall'obbligo del burqa e a disprezzarla sia sul piano fisico, che su quello mentale. I decreti, che ancora una volta consistevano in una visione ultra-conservatrice della donna, sortivano i loro effetti a partire dall'età di 8 anni, dunque mentre si era ancora bambine. Di seguito alcune delle principali restrizioni:

1. Le donne non deve indossare scarpe alte. Nessun uomo dovrebbe