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CAPITOLO QUINTO

CONCLUSIONI E RIFLESSION

L'obiettivo del lavoro, riguardante la ricostruzione dei processi che hanno portato alle drammatiche condizioni della popolazione afghana, è stato raggiunto. Così come è stato raggiunta la descrizione delle sofferenze patite dalla popolazione afghana.

Quello che è stato tralasciato sono stati gli eventi culminati dopo il 2010 fino ad oggi, a parte qualche rapido e breve accenno. Tra il 2010 e oggi, febbraio 2017 (mese e anno di conclusione di questo lavoro) gli eventi non sono cambiati più di tanto. Il paese ha continuato a rimanere in una condizione bellica, con sporadici bombardamenti da parte statunitense e stanziamento di aiuti economici e sociali da parte della comunità internazionale. Il settore economico maggiormente produttivo è stato quello della droga, la quale ha visto un incremento della produzione di oppio e che, conseguentemente, ha fatto aumentare ancora di più il tasso di tossicodipendenza. Alcuni progetti di aiuto da parte straniera, come la coltivazione dello zafferano nelle zone di produzione dell'oppio, sono falliti1. Hamid Karzai, il famoso

uomo scelto dalla comunità internazionale nel 2001, ha cessato il suo mandato nel 2014, anno delle nuove elezioni presidenziali che hanno visto la vittoria di Ashraf Ghani.

Per quanto concerne la politica estera: l'ISAF è stata sostituita dal

Resolut Support Mission (Sostegno Risoluto) a partire dal gennaio del

2015 ed è tuttora di sostegno nel paese. Per quanto concerne un eventuale ritiro dall'Afghanistan questo dipenderà dalle scelte dei vari presidenti, in primis Donald Trump, neo-presidente degli Stati Uniti. Nella sua campagna elettorale si era dichiarato favorevole al ritiro delle truppe e aveva definito «un disastro»2 il coinvolgimento degli

Stati Uniti in Afghanistan. Ora, da presidente, si aspetta una decisa

1 M. Guerrini, Afghanistan. Passato e presente, cit, p. 380.

2 J. Rowlatt, "What will Trump do about Afghanistan?" in BBC News, 25 January 2017 in http://www.bbc.com/news/world-asia-38730061

presa di posizione da parte sua. È ancora presto per parlare, ma a un solo mese dal suo insediamento ha dovuto affrontare altre priorità. Per quanto concerne l'Italia, il nostro ministro della difesa Roberta Pinotti ha detto, giusto qualche settimana fa, che intende proseguire: «Le nostre truppe si stanno spostando anche a Farah per ampliare l'addestramento degli afghani. Non c'è dubbio che in Afghanistan la situazione sia ancora luci e ombre»3. Per il momento non si sa ancora

quale sarà il futuro dell'Afghanistan nei prossimi anni.

Sempre negli ultimi anni sono cresciute le ribellioni antigovernative e i talebani hanno causato più di un problema al paese. La popolazione ha paura di un eventuale e completo ritiro dei militari stranieri: una situazione di questo tipo potrebbe avere una sorta di effetto ricaduta e culminare nella triste esperienza della guerra civile degli anni Novanta o direttamente in un nuovo regime talebano. Viene difficile da pensare che un «Afghanistan agli afghani»4 possa avere in qualche modo un

destino diverso. Se dovesse capitare un probabile evento di questo tipo, la comunità internazionale non dovrà stare a guardare e le organizzazioni umanitarie dovranno dare il massimo nell'aiutare la popolazione.

Al di là di questi catastrofici pensieri, andiamo verso la fine: la nuova situazione dei talebani contro il governo crea ogni giorno nuove vittime, indipendentemente dall'etnia e dal sesso. La situazione di donne, uomini e bambini continua a non essere rispettata. Le organizzazioni umanitarie continuano ad aiutare la popolazione e il loro contributo continua a essere di fondamentale importanza. Negli ultimi anni sono aumentati i rischi di rapimenti a danno di stranieri, soprattutto nelle zone controllate dai talebani. Viaggiare in Afghanistan è totalmente rischioso e le ambasciate non rilasciano facilmente visti.

Per quanto riguarda i rifugiati, essi continuano a lasciare il paese,

3 S. Vespa, "non dimentichiamoci l'Afghnanistan", in AirPress Online 10 febbraio 2017, in http://www.airpressonline.it/17368/afghanistan-italia-attentati/

seppur non raggiungendo i massimi livelli dei decenni precedenti: oggi trovano accoglienza in paesi come Australia e Germania. Alcuni riescono ad arrivare anche in Italia dopo un lunghissimo viaggio, passando dal Pakistan e attraversando mezza Asia. Il Pakistan da un anno a questa parte ha attuato delle nuove politiche di espulsione nei confronti dei rifugiati afghani. La denuncia è partita da HRW: «il Pakistan da luglio 2016 avrebbe messo in atto il più grande rientro forzato in massa del mondo di rifugiati degli ultimi anni»5 con abusi e

minacce per costringerli a lasciare il paese. A distanza di anni la popolazione afghana si trova a dover affrontare le solite situazioni di sempre.

Infine le donne. Essere donna in Afghanistan risulta ancora un problema. Nonostante i cambiamenti dal punto di vista lavorativo e istruttivo analizzati nel quinto capitolo, le donne afghane si trovano a dover fare i conti con dei problemi di salute causati dalla carenza di strutture ospedaliere: «l'organizzazione Save the Children ha dichiarato che l'Afghanistan è il peggior posto al mondo dove partorire seguito da Niger e Ciad»6. Oltre ai problemi legati al parto, le donne

devono affrontare quotidianamente problemi legati al fatto di essere nate donne. Ma probabilmente in Afghanistan non si penserà mai in modo diverso, nonostante i piccoli progressi compiuti.

A proposito di donne, mi viene in mente il passo di un romanzo: Nella notte Shirin-Gol fa un sogno. Sogna che in Afghanistan regna un uomo giusto. Non è né un re, né un russo, né un mujaheddin, né un talebano. È solo un uomo buono, che vuole fare del bene all'umanità. Il buon sovrano invia i suoi emissari in tutto il paese e fa sapere a tutte le ragazze e a tutte le donne che i loro visi non devono più essere coperti dai veli e che, a partire da quel momento, possono andare per il mondo senza hijab. Infine dona loro tanto cibo che basterà fino alla fine della loro vita : basterà per loro, per i loro figli, per i loro mariti, per i fratelli, per i padri che combattono nelle

5 S. Ficocelli, "Dramma in Pakistan: abusi e violenze contro 600 mila rifugiati afghani», in La Repubblica , febbraio 2017.

montagne e che, a partire da quel preciso momento, non dovranno combattere più7.

Che l'uomo giusto sognato dalla protagonista fosse Karzai, oppure Ghazi? Probabilmente si, ma non ci è dato saperlo con certezza. Si è visto che sotto il mandato di Karzai prima e oggi di Ghazi, le donne hanno potuto fare campagna elettorale, sono state elette parlamentari o consiglieri distrettuali, non sono state più obbligate a portare il velo o il burqa, anche se alcune donne hanno continuato a farlo, un po' per tradizione, un po' per difendersi dai mali che l'uomo è capace di fare. Riferendoci al brano precedente si può dire che il buon sovrano può essere identificato anche come la comunità internazionale o altre organizzazioni internazionali che hanno aiutato la popolazione in tutti i modi. Tanti soldi stanziati, tanti aiuti che non sono sempre andati a finire nelle tasche giuste. Il tanto cibo in Afghanistan deve ancora arrivare perché è ancora uno dei poveri più poveri al mondo. Infine il buon sovrano, chiunque sia, non ha ancora risolto un'altra piaga dilagante in Afghanistan: quello delle spose bambine, quello dei rapimenti e delle violenze perpetrate nei confronti delle donne. La frase seguente del romanzo è questa: «”peccato sia solo un sogno” pensa Shirin-Gol quando si sveglia»8.

Intanto il sogno continua.

7 S.Shakib, Afghanistan. Dove Dio viene solo per piangere, Casale Monferrato, Piemme, 2004, p. 97.

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