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Politica e denaro negli Stati Uniti: il finanziamento delle campagne elettorali tra legislazione e giurisprudenza della Corte Suprema

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Academic year: 2021

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INDICE

Introduzione 1

CAPITOLO I

Campagne elettorali negli Stati Uniti 4

1. Campagne elettorali: una panoramica 4

2. Argomentazioni pro-reform e relative obiezioni 8

2.1. Una spesa eccessiva? 9

2.2. Diseguaglianza e alterazione del principio one person, one vote 10

2.3. Distorsione della formazione del consenso 12

2.4. Rappresentanza falsata 14

2.5. Corruzione 15

2.6. Posizione di vantaggio degli incumbents 18

2.7. Alterazione del processo democratico 19

3. Primo Emendamento e campaign finance reform: cenni 21

4. Campagne elettorali e big money: sviluppi recenti 24 4.1. Citizens United ed il political speech delle corporations 25

4.2. La nascita dei SuperPACs 26

4.3. Il fenomeno del dark money 27

4.4. L’abolizione degli aggregate limits 28

(3)

CAPITOLO II

Campaign finance: evoluzione legislativa 33

1. Premessa 33

2. Evoluzione legislativa 34

2.1. Primi tentativi di regolamentazione 34

2.2. Tillman Act e normative successive 37

2.3. Federal Election Campaign Act e scandalo Watergate 39

2.4. Bipartisan Campaign Reform Act e sviluppi successivi 44

3. Normativa attualmente in vigore: una premessa 48

4. Tipologie di spese elettorali e di advertisement 49

4.1. Contribuzioni e spese elettorali 49

4.2. Independent expenditures e requisito della coordinazione 50

4.3. Criteri di distinzione tra i tipi di advertisement 51

5. Soggetti disciplinati 53

5.1. Candidati e comitati autorizzati delle campagne elettorali 53

5.2. Partiti politici e relativi comitati 55

5.3. Altri comitati politici 56

5.4. Sindacati ed associazioni regolate dall’IRC 59

6. Divieti e limiti a contributi e spese 62

6.1. Donazioni e spese vietate 63

6.2. Limiti quantitativi a contributi e spese 65

7. Obblighi di rendiconto, trasparenza e disclaimer 67

7.1. Requisiti e procedure di reporting 67

7.2. Trasparenza di electioneering communications e spese indipendenti

(4)

8. Finanziamento pubblico della campagna presidenziale 70

8.1. Elezioni primarie e matching funds 71

8.2. Finanziamento delle elezioni generali 72

9. Federal Election Commission 73

9.1. Composizione e struttura interna 74

9.2. Poteri della Commissione e procedure di enforcement 77

9.3. Funzione consultiva 78

10. Possibili scenari futuri 80

10.1. SuperPACs e lacune normative 83

10.2. Dark money e società 501(c) 84

10.3. Limiti alle contribuzioni 85

10.4. Spese indipendenti e coordinazione 87

10.5. Trasparenza 89

10.6. Commissione federale 91

10.7. Finanziamento pubblico 92

CAPITOLO III

Il ruolo della giurisprudenza nella regolamentazione della campaign finance

94

1. Premessa 94

2. Primo Emendamento e livelli di scrutiny 97

3. Buckley v. Valeo 98

3.1. Limiti alle contribuzioni e alle spese 100

3.2. Trasparenza e requisiti di reporting 110

(5)

3.4. Nomina dei commissari della FEC 115

3.5. Questioni incidentali: le magic words 116

4. Evoluzione del concetto di corruzione 119

5. Limiti alle contribuzioni 143

5.1. Contribuzioni individuali a favore dei candidati 144

5.2. Contribuzioni connesse alle ballot initiatives 146

5.3. Sollecitazione delle contribuzioni: la restricted class 148

5.4. Modalità di impostazione dei limiti 150

5.5. Contribuzioni da parte delle corporations e delle labor unions 153

5.6. Conribuzioni destinate ai SuperPACs 156

5.7. Legittimità degli aggregate limits 159

6. Limiti alle spese 170

6.1. Limiti alle spese dei partiti politici 171

6.2. Limiti alle spese indipendenti dei comitati politici 178

6.3. Limiti alles spese da parte dei candidati 180

6.4. Limiti alle spese delle corporations 184

7. Trasparenza e requisiti di reporting 217

8. Legittimità del Bipartisan Campaign Reform Act 223

8.1. Restrizioni relative al soft money 224

8.2. Regolamentazione delle electioneering communications 233

8.3. Millionaires’ Amendment ed altri sviluppi 246

Conclusioni 254

(6)

INTRODUZIONE

Nella scena politica degli USA, pochi altri fenomeni sono in grado di suscitare un livello di attenzione e curiosità pari a quello che circonda le grandi campagne elettorali federali. Da sempre rappresentate in opere cinematografiche e letterarie, esse colpiscono in modo particolare l’osservatore europeo, che spesso viene catturato dalla grandiosità e dall’intensità del clima elettorale d’oltreoceano, caratterizzato da campagne in grado di assumere dimensioni colossali, soprattutto a livello economico. La complessità del sistema di finanziamento privato di tali campagne, oltre a stimolare l’immaginario degli osservatori esterni, ha dato vita ad un articolato dibattito interno agli States: l’aumento costante della richiesta di risorse economiche private, insieme alla crescente importanza del denaro nelle elezioni americane, sono alla base di considerevoli interventi legislativi finalizzati a regolamentare il fenomeno. La delicatezza dell’argomento rende inevitabile la nascita di uno schieramento opposto, contrario ad interventi governativi in una materia così sensibile; questo contrasto di posizioni, apparentemente insanabile, segna profondamente l’intero universo della campaign finance.

In questa trattazione, si cercherà di effettuare una ricostruzione dei vari aspetti connessi all’argomento, limitatamente all’ambito federale, il più rilevante ai fini dello sviluppo delle tematiche controverse. Il primo capitolo avrà cura di introdurre il lettore alle varie posizioni in gioco, chiarendo anzitutto l’attuale situazione che si presenta ad un osservatore esterno; si metteranno quindi in risalto le posizioni ideologiche che si scontrano sul terreno della campaign finance, illustrando analiticamente le varie argomentazioni addotte dai riformisti e dai loro oppositori circa il ruolo del

(7)

denaro in politica. Una particolare attenzione sarà dedicata ad introdurre le tematiche della corruzione e dell’equality, di vitale importanza ai fini dell’inquadramento del dibattito; le varie posizioni veranno supportate dai contributi della dottrina, da sempre molto attiva sull’argomento delle campagne elettorali. Non mancheranno inoltre dei cenni alle tematiche più scottanti, emerse di recente grazie alla giurisprudenza della Corte Suprema; anticipando alcuni dei nodi principali della trattazione, verrà fornita una panoramica relativa all’ammissione della spesa di fondi societari nel sistema elettorale, offrendo i rilievi statistici connessi al fenomeno dei superPACs. Infine, si cercherà di dare voce al pensiero dei cittadini americani: vari sondaggi restituiscono l’immagine di un elettorato scettico e sfiduciato, confermando la criticità e la centralità delle disfunzioni relative alla macchina elettorale statunitense.

Il secondo capitolo sarà interamente dedicato agli aspetti tecnici e legislativi: oltre a riassumere la cronologia degli interventi normativi, analizzerà i contenuti della legge federale in vigore, fornendo così gli strumenti conoscitivi indispensabili ai fini della comprensione degli argomenti trattati dalle decisioni della Corte Suprema. L’esame della legge federale sarà accompagnato da quello della più recente riforma del 2002 e da una panoramica circa il funzionamento della commissione preposta alla vigilanza del sistema elettorale. La conclusione del capitolo sarà dedicata alla prospettazione dei possibili interventi legislativi futuri, con frequenti riferimenti a rapporti congressuali e a proposte di legge parlamentari.

Con il terzo capitolo, si cercherà di affrontare la parte più sostanziosa del dibattito sulla campaign finance; ripercorrendo oltre venticinque anni di evoluzione giurisprudenziale, si esamineranno le principali decisioni della Corte Suprema, a partire dal caposaldo costituito da Buckley v. Valeo, per arrivare alla recentissima pronuncia di McCutcheon v. FEC. Dedicando un’accurata attenzione ai testi delle decisioni, verranno approfondite le

opinions più significative dei vari giudici, lasciando un considerevole spazio

(8)

Le decisioni di legittimità sulle singole questioni verranno approfondite con l’aiuto delle loro motivazioni, che spesso consentono di trarre conclusioni importanti circa le interpretazioni adottate dalla Corte e sui possibili orientamenti futuri; si noterà come le divisioni interne al collegio giudicante siano di frequente rispecchiate da un’analoga spaccatura della dottrina. All’interno del capitolo verrà riservato un ampio spazio ad alcuni temi fondamentali: anzitutto, non è possibile prescindere da un minuzioso esame della giurisprudenza relativa all’interpretazione del concetto di corruzione, da sempre ritenuto l’unico interesse governativo in grado di giustificare limitazioni del Primo Emendamento. Gli altri nuclei della trattazione riguarderanno la legittimità dei limiti contributivi e di spesa: di particolare interesse sono i recenti sviluppi, che hanno portato ad un profondo cambiamento del ruolo delle corporations, che dal 2010 hanno una capacità di intervento – nelle campagne elettorali – pressochè illimitata.

Nel complesso, la trattazione si prefigge l’obiettivo di analizzare le principali problematiche connesse al finanziamento delle campagne elettorali statunitensi, affrontandole da vari punti di vista: oltre all’aspetto politico ed ideologico, si adotterà prevalentemente una prospettiva tecnica, fortemente legata alle normative vigenti ed alle pronunce della Corte Suprema, i cui contenuti testuali sono di grande importanza ai fini della comprensione della complessità della materia.

(9)

CAPITOLO PRIMO

CAMPAGNE ELETTORALI NEGLI STATI UNITI

1. Campagne elettorali: una panoramica

Le campagne elettorali negli Stati Uniti sono forse tra le più celebri al mondo: l’immagine dei candidati che si sfidano a colpi di dibattiti e di spot televisivi, rappresentata in innumerevoli opere cinematografiche e letterarie, è ormai entrata nell’immaginario comune.

Non potrebbe essere altrimenti, con una macchina elettorale che si mette in moto molti mesi, se non addirittura anni prima delle elezioni,1 coinvolgendo un numero altissimo di consulenti politici, comitati e organizzazioni il cui unico scopo è riuscire a far eleggere il proprio candidato. Altrettanto numerosi sono gli strumenti ed i mezzi adottati per conquistare l’elettorato: oltre ai famosi dibattiti televisivi, svolgono un ruolo importante gli incontri con i cittadini, così come i grandi eventi per la raccolta fondi.

Grazie all’impiego di consulenti altamente specializzati, il candidato progetta la propria campagna elettorale, avvalendosi del proprio comitato ufficiale, con sedi dislocate su tutto il territorio; essenziale è il contributo dei volontari, che dedicano parte del proprio tempo a sostenere a livello capillare la campagna del candidato.

L’immagine del candidato è spesso curata nei minimi dettagli, anche riguardanti la vita privata; l’agenda dei suoi impegni viene studiata

1

A livello federale, le elezioni presidenziali si svolgono ogni quattro anni, mentre quelle congressuali si svolgono ogni due anni (negli anni in cui si vota solamente per il Congresso, si hanno le mid-term elections, le elezioni di metà mandato, considerate un test importante circa l’operato presidenziale). Celebre è l’Election Day, il giorno in cui devono svolgersi tutte le elezioni riguardanti ufficiali federali; è previsto che esso sia il martedì successivo al primo lunedì di Novembre.

(10)

meticolosamente, con incontri mirati a conquistare gruppi di elettori: obiettivo principale, insieme a quello di ottenere il maggior numero di consensi, è raccogliere contributi economici per la propria campagna elettorale.

La quantità di denaro raccolta svolge in realtà una doppia funzione; da un lato essa si rende necessaria per promuovere efficacemente la candidatura, finanziando le attività di campaining in senso stretto, mentre dall’altro la ricchezza della campagna costituisce un importante indice di popolarità, in grado di convincere nuovi finanziatori e di attrarre nuovi fondi.

Il sistema si basa quasi totalmente sul finanziamento privato; solamente la campagna presidenziale contempla l’ipotesi di finanziamenti pubblici, ma una simile opzione comporta forti limitazioni alle spese effettuabili, rendendo pressochè scontato il ricorso alla sfera privata. Un ruolo centrale è occupato dai grandi mezzi di comunicazione: per raggiungere il massimo numero possibile di elettori, è fondamentale il ricorso al direct mailing, nonché alle campagne pubblicitarie via radio e via televisione.

In particolare, l’avvento del mezzo televisivo, con la sua capacità di entrare nelle case delle famiglie americane veicolando messaggi pubblicitari, ha consentito lo sviluppo di nuove tecniche di promozione del candidato; lo strumento principale di tale rivoluzione è l’advertisement, lo spot elettorale di breve durata (circa 60 secondi) che invita a votare a favore o contro un determinato candidato.2 Trasmettendo gli spot in fasce orarie studiate appositamente (ad esempio durante la cena o in prima serata) si riesce così a raggiungere facilmente anche quella fascia di popolazione meno incline ad informarsi circa le elezioni.

Parallelamente alla campagna ufficiale, a cui partecipano il comitato del candidato ed il partito, si estende l’area delle independent expenditures,3 in

2 Per uno studio dettagliato dell’evoluzione dell’advertisement e delle criticità ad esso

legate, si consiglia K. H. Jamieson, “Packaging the Presidency: a history and criticism of

presidential campaign advertising”, Oxford University Press, 1996.

3 Sono independent expenditures tutte le spese in comunicazioni che promuovono

(11)

cui operano numerose organizzazioni dedite alle spese esterne: oltre ai

political action committees4 e ai recenti SuperPACs,5 troviamo altre associazioni che operano solo in modo secondario in campo elettorale; sono gli enti disciplinati dall’IRC,6

tra cui figurano le labor unions (i sindacati dei lavoratori) e le associazioni no-profit che si dedicano principalmente ad attività di promozione sociale (il cd. social welfare).

La materia dei finanziamenti delle campagne elettorali è disciplinata dal

Federal Election Campaign Act, che prevede limiti alle donazioni e obblighi

di disclosure (trasparenza) nei confronti dei soggetti coinvolti, mentre la vigilanza sul rispetto delle regole spetta ad un ente appositamente cosituito, la Federal Election Commission; la complessità della materia ha lasciato spazio a riforme, nonché a frequenti decisioni della Corte Suprema circa la legittimità costituzionale di alcune disposizioni.

Il proliferare di nuovi mezzi di comunicazione e di nuove organizzazioni specializzate nel fundraising, unito all’inasprimento dei contrasti tra i vari gruppi d’interesse e tra le principali correnti politiche, fanno in modo che la colossale macchina elettorale statunitense necessiti di risorse economiche ed umane sempre maggiori; la crescente importanza dei flussi di denaro nelle campagne elettorali federali statunitensi emerge chiaramente dalle statistiche:7 nelle sole elezioni presidenziali del 2012 sono stati spesi 2,621,417,792 $, mentre nel 2008 si è raggiunto il record di 2,799,728,146 $. Solo otto anni prima, nelle presidenziali del 2000, ci si era fermati a

siano effettuate nè in cooperazione, coordinazione o concertazione, né su richiesta o suggerimento di un candidato, del suo comitato ufficiale o del suo partito (11 C.F.R. 100.16(a); 2 U.S.C. 431(17)(a)).

4

Comunemente noti come PACs; nati in risposta al divieto imposto alle corporations di donare fondi alle campagne elettorali. Furono così creati appositi fondi separati, destinati a scopi elettorali, che presero il nome di political action committee.

5 Vedi infra, § 4.2.

6 L’Internal Revenue Code, applicato dall’agenzia delle entrate USA (IRS, Internal Revenue Service).

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1,413,116,384 $.8 Considerando anche le somme spese nelle elezioni congressuali, troviamo conferma della tendenza all’aumento progressivo delle spese relative alle campagne elettorali: durante il ciclo relativo all’anno 2000 il totale speso ammontava a 3,082,340,937 $, fino ad arrivare ad un totale di 6,285,557,223 $ per il ciclo relativo all’anno 2012.9

I dati sono ancor più significativi se analizzati in prospettiva demografica: si stima che solamente lo 0,13% dei donatori contribuisca con somme superiori a 200 $, ma le donazioni di questa esigua percentuale arrivano tuttavia a rappresentare il 63,9% del totale donato.10 Si assiste perciò ad una sempre maggiore dipendenza delle campagne elettorali nei confronti delle grandi fonti di finanziamento, ritenute indispensabili per riuscire a sconfiggere l’avversario politico.

Parallelamente allo scontro tra i candidati, si svolge quello tra i promotori di una maggiore regolamentazione delle campagne elettorali e i sostenitori della deregulation. Se da un lato troviamo coloro che si preoccupano del ruolo assunto dal denaro nella politica americana, dall’altro si collocano i più fermi sostenitori della libertà di contribuire al successo del proprio candidato preferito.

La questione, da sempre presente nel dibattito politico, è destinata ad infiammarsi nuovamente a seguito dei più recenti orientamenti giurisprudenziali, che hanno aperto la strada ad una ampia deregolamentazione della materia.

8

Le somme in questione indicano il totale speso direttamente dai candidati nonché le spese effettuate da gruppi indipendenti.

9 Le cifre indicate sono ottenute sommando le spese delle campagne presidenziali e quelle

congressuali.

10 Statistiche a cura del Center for Responsive Politics, disponibili al seguente indirizzo:

(13)

2. Argomentazioni pro-reform e relative obiezioni

L’interesse nei confronti del funzionamento della campaign finance non è certo cosa nuova; la potenziale influenza del denaro sulle elezioni è da sempre al centro di un dibattito che vede contrapposti i sostenitori di un intervento legislativo forte e coloro che aspirano ad una maggior libertà, ispirandosi al concetto derivato dal principio di libera concorrenza economica del free marketplace of ideas.

L’importanza della tematica si ripercuote sul piano politico, in cui storicamente il dibattito si traduce in uno scontro ideologico tra i due partiti principali: lo schieramento riformista viene tradizionalmente identificato con il Partito Democratico, dall’orientamento liberalista, mentre dall’altro lato si schiera il Partito Repubblicano, dalle politiche conservatrici. Sebbene questa sia l’impostazione maggiormente condivisa, non mancano eccezioni, cosiddetti liberi battitori le cui scelte politiche non sono allineate con quelle del partito di appartenenza.11

La questione si pone in una delicata zona di intersezione tra valori e principi costituzionalmente protetti: le asserite esigenze di tutela dei valori di eguaglianza e democrazia si scontrano con la garanzia costituzionale del

free speech affermata dal Primo Emendamento, richiedendo un

bilanciamento tra interessi che incontra numerose e notevoli criticità.

Lo schieramento a favore di una riforma del sistema di finanziamento motiva le proprie convinzioni ribadendo i rischi generati dalla troppa influenza del denaro, fornendo una serie di argomentazioni che si sono consolidate nel tempo, basate su considerazioni ideologiche ed osservazioni statistiche della realtà.12

11

Ne è un esempio il Senatore Repubblicano John McCain, da sempre un forte sostenitore della riforma del sistema di finanziamento delle campagne elettorali.

12 Si veda in particolare K. M. Sullivan, “Political Money and Freedom of Speech”, 30 U.C. Davis Law Review 663 (1997), pp. 671 ss.; sebbene in un quadro di aperta critica, la

Sullivan traccia un’efficace schema delle principali argomentazioni a sostegno di una regolamentazione della campaign finance. Per una replica alle affermazioni della Sullivan,

(14)

Al contrario, coloro che si oppongono alla regulation replicano sistematicamente ad ogni argomentazione, adducendo motivazioni pratiche e giuridiche: le prime scherniscono le paure dei riformisti, sostenendo l’assenza di prove scientifiche a sostegno delle loro affermazioni, riducibili a paure irrazionali;13 le seconde poggiano sul pilastro rappresentato dal principio costituzionalmente tutelato del free speech, declinato in questo caso come political speech e garantito dal Primo Emendamento. I riformisti sbaglierebbero nell’attribuire un’eccessiva importanza al denaro, demonizzando un elemento che da sempre è stato presente nelle campagne elettorali statunitensi; indicarlo come unico responsabile dei problemi della politica sarebbe riduttivo ed ingenuo.

2.1. Una spesa eccessiva?

Una prima, superficiale argomentazione è quella secondo cui le campagne elettorali avrebbero raggiunto un livello di spesa talmente elevato da essere considerato immorale.

Tale argomento, basato principalmente su motivazioni etiche, trova una replica nell’equazione tra spesa ed informazione: una campagna più dispendiosa dovrebbe informare maggiormente l’elettore, con il risultato di un voto più consapevole. L’argomento si scontra poi con la relatività della

si veda F. Askin, “Political Money and Freedom of Speech: Kathleen Sullivan’s Seven

Deadly Sins”, 31 U.C. Davis Law Review 1065 (1998). 13

Il punto è ben rappresentato da F. Sorauf, quando afferma che “Very few aspects of

American politics better fit the metaphor of Plato's cave than the realities of American campaign finance”(F. Sorauf, “Inside Campaign Finance: Myths and Realities”, Yale

University Press, 1994, p.26). Più precisamente, Sorauf non rientra nè tra i riformisti, nè tra gli anti-riformisti: il suo punto di vista denuncia l’eccessiva rilevanza data all’intera questione, sottolineando l’infondatezza di molte preoccupazioni. Questo pensiero era già stato esposto in “Money in American Elections”, 1988: l’opera cercava di analizzare con imparzialità il ruolo del denaro all’interno del sistema elettorale, mantenendo un punto di vista razionale e sfatando numerosi “miti” relativi all’argomento.

(15)

premessa: è infatti complicato stabilire quale sia un limite di spesa accettabile.14

2.2. Diseguaglianza e alterazione del principio one person, one vote

Secondo tale argomento, una così grande disparità nelle donazioni non può che ripercuotersi su una diseguaglianza lesiva del principio one person, one

vote, che secondo molti15 si traduce sempre più in one dollar, one vote. L’importanza del consenso e del voto dei grandi donatori sarebbe maggiore rispetto a quella del semplice cittadino: il tempo e le attenzioni dei candidati sarebbero pressochè totalmente rivolte ai potenziali finanziatori, capaci di ottenere maggior visibilità ed accesso nei confronti del candidato.16

[…] quando la ricchezza è inequamente distribuita e la politica è dominata dal denaro, allora i cittadini, benchè siano uguali nel loro diritto di voto e nella libertà di ascoltare i candidati che vogliono ascoltare, non lo sono nella capacità di suscitare l’attenzione di altri verso i propri candidati, i propri interessi e le proprie convinzioni.17

Un’immediata conseguenza di un simile problema consiste nel rischio di sfiducia e disaffezione da parte dei cittadini verso il sistema in vigore: la sensazione che la politica sia in mano ai grandi poteri economici e che il proprio contributo politico venga azzerato porta ad un graduale

14 B. A. Smith, “Campaign Finance Regulation: Faulty Assumptions and Undemocratic Consequences”, 105 Yale Law Journal 1049 (1996).

15 Molti articoli di recente hanno adottato la definizione one dollar, one vote: tra gli altri, B.

Niemeier, “One Dollar, One Vote”, www.virginiabusiness.com, 2014; D. Cole, “One

Dollar, One Vote”, www.nybooks.com, 2014; J. Cassidy, “Roberts’s Law: One Dollar, One Vote”, www.newyorker.com, 2014.

16

Per una brillante trattazione della political inequality si consiglia la lettura di M. Gilens, “Affluence and Influence:Economic Inequality and Political Power in America”, Princeton

University Press, 2012.

17 R. Dworkin, “The Curse of American Politics”, New York Review of Books (1996), pp.

19-24, 23 (Trad. It. dell’Autore. Salvo diversa specificazione, le traduzioni delle successive citazioni saranno integralmente curate dall’autore).

(16)

disinteressamento nei confronti della scena politica, pregiudicando la concreta partecipazione del singolo al processo democratico:

[…] evitare l’apparenza di influenze improprie è una criticità essenziale per prevenire un’erosione potenzialmente disastrosa della fiducia nel sistema di Governo rappresentativo.18

I sostenitori dell’equality19

auspicano un livellamento del campo da gioco, in modo da garantire una maggiore partecipazione al dibattito politico da parte dei cittadini; tramite l’uguaglianza dello speaking power, si consentirebbe una maggiore apertura del dialogo politico, che sarebbe attualmente monopolizzato da coloro in grado di accumulare risorse sufficienti a promuovere le proprie idee. Si estenderebbe in questo modo il principio one person, one vote anche all’ambito dei finanziamenti, riducendo la forbice attualmente presente tra i grandi finanziatori, siano essi individui, associazioni o corporations, ed il cittadino medio:

I soggetti in grado di organizzarsi in modo da spendere grandi somme di denaro non dovrebbero poter influenzare la politica in misura maggiore di chi non ha tale possibilità. Certamente una democrazia non necessita l’uguaglianza economica, ma è altamente preoccupante la possibilità che le disponibilità economiche del singolo si traducano in influenza politica….Il principio one person, one vote è simbolo dell’impegno a favore dell’uguaglianza politica.20

Parallelamente, una maggiore uguaglianza consentirebbe di avere superiore visibilità e competitività ai candidati con meno risorse, garantendo quella capacità di accesso alla politica che al momento sembra legata strettamente al portafoglio del candidato.21

18

Buckley v. Valeo, 425 U.S. 1, 27, 1976.

19

Come si analizzerà più a fondo nei capitoli successivi, il rationale dell’equality non ha mai trovato sostegno nelle decisioni giurisprudenziali, salvo alcuni casi in cui si è cercato di mascherarlo come principio anti-corruption.

20 C. R. Sunstein, “Political equality and Unintended Consequences”, 94 Columbia Law Review 1390 (1996), p. 1390.

21 Non è un caso che spesso le statistiche forniscano direttamente il costo di un seggio

(17)

Le repliche a tale argomentazione fanno leva su motivazioni logiche e giuridiche; dal primo punto di vista, si ribadisce l’assenza di prove scientifiche del nesso causale tra maggior quantità di fondi ed elezione,22 lamentando l’insufficienza degli argomenti a favore di una riforma. Dal secondo punto di vista, si ricorre al Primo Emendamento e alla lunga giurisprudenza in materia, sostenendo che esso non implichi l’equality del “campo da gioco”:23

[…] una simile uguaglianza di partecipazione al dibattito politico è estranea persino agli approcci pù collettivisti al political speech descritti da Alexander Meiklejohn, che constatò come il Primo Emendamento “non richieda che, in ogni occasione, tutti i cittadini partecipino al dibattito pubblico…Ciò che è essenziale non è che tutti parlino, ma che sia detto tutto ciò che meriti di essere detto”.24

Secondo i più critici di tale concezione, questo sarebbe un primo passo verso l’alterazione dell’equilibrio e del corretto funzionamento del sistema democratico, che dovrebbe poggiare proprio sul pilastro dell’uguaglianza.25

2.3. Distorsione della formazione del consenso

Considerando la colossale quantità di materiale pubblicitario che si riversa nelle case degli americani, attraverso i più svariati mezzi di comunicazione, in molti sostengono che il rischio di ottenere un consenso falsato e

solitamente le probabilità di successo assumono come indicatore proprio la quantità di denaro raccolta.

22

Pur ammettendo che vi sia un consolidato andamento statistico in tale direzione; B. A. Smith, “Campaign Finance Regulation”, cit.

23

Come si vedrà nei capitoli successivi, l’interpretazione del Primo Emendamento e delle possibili deroghe allo stesso sono argomenti centrali della campaign finance reform; fondamentale è la decisione della Corte Suprema in Buckley v. Valeo (425 U.S. 1, 1976), considerata come il precedente a cui fare riferimento per le questioni in materia di

campaign reform.

24 K. M. Sullivan, “Political Money”, cit., p. 673.

(18)

un’informazione distorta sia altissimo;26

soprattutto l’uso massiccio dello strumento televisivo, con slogan ed immagini progettati più secondo logiche di marketing che in ottica informativa,27 consente di colpire e condizionare fortemente l’immaginario dell’elettore medio;

Il “dibattito” politico nazionale è ormai guidato da operatori pubblicitari e consulenti politici, condotto principalmente attraverso spot televisivi e radiofonici della durata di trenta secondi, vere e proprie battute ad effetto che si rivelano negative, sciocche e condiscendenti.28

La distorsione andrebbe così a danneggiare il candidato con meno risorse, la cui visibilità e riconoscibilità verrebbero considerevolmente ridotte dal potenziale informativo e pubblicitario dell’avversario.29

I riformisti ritengono che i potenziali rischi legati ad una cattiva informazione e ad un consenso distorto debbano essere ridotti al minimo; un simile obiettivo, per essere raggiunto, non potrebbe prescindere da una più ferrea regolamentazione della campaign finance.

In risposta a queste osservazioni, lo schieramento contrario alla riforma replica con delle considerazioni pratiche, oltre a ribadire l’intangibilità del Primo Emendamento; in primo luogo, l’abilità nell’attrarre grandi donazioni e raccogliere considerevoli quantità di denaro sarebbe di per sè un indicatore

26 Un’accurata analisi psicologica e sociologica della formazione del consenso degli elettori

può essere trovata in S. L. Popkin, “The Reasoning Voter”, University of Chicago Press, 1994.

27

Sul punto si veda ancora K. H. Jamieson, “Packaging the Presidency”, cit.; nella sua opera, evidenzia come spesso l’advertisement si riveli fuorviante e poco veritiero, puntando a “vendere” un’immagine accattivante del candidato, quasi fosse un prodotto da commercializzare.

28 R. Dworkin, “The Curse of American politics”, cit., p.19.

29 E’ quanto afferma F. Askin (“Political Money”, cit.), parlando della propria esperienza

personale, essendosi candidato nel 1986 al Congresso e avendo servito come manager di campagne elettorali.

(19)

forte della popolarità del candidato.30 In seconda battuta, ci si chiede se esista veramente un consenso che non sia in qualche modo alterato; la preferenza dell’elettore sarebbe sempre influenzata da una miriade di fattori, tra i quali il denaro non sembrerebbe essere così rilevante.31

2.4. Rappresentanza falsata

Strettamente connessa alle argomentazioni precedenti è quella secondo cui l’eccessiva influenza del denaro altererebbe il corretto funzionamento del meccanismo di rappresentanza: la troppa importanza assunta dai finanziamenti elettorali, porterebbe all’elezione di candidati rappresentativi solo di coloro che hanno contribuito in modo sostanzioso al loro insediamento, trascurando le esigenze e gli interessi dei piccoli donatori.32 Un risultato del genere sarebbe una conseguenza diretta del fenomeno distorsivo, che porterebbe gli elettori a votare in modo condizionato e non consapevole, scegliendo candidati che in realtà non rifletterebbero gli interessi dell’elettorato e provocando una mancanza di rappresentanza .33

Secondo i sostenitori di tale tesi, il Congresso finirebbe per rappresentare gli interessi di pochi, allontanandosi dalla base elettorale; non è un caso che alcuni studiosi e commentatori abbiano parlato di modello oligarchico:

[…] i nostri studi dimostrano come la maggioranza del popolo americano abbia in realtà pochissima influenza sulle politiche adottate dal nostro Governo. Gli americani godono dei diritti tipici di un sistema democratico, come elezioni regolari, libertà di pensiero e di associazione…Ma crediamo che se le politiche governative debbano

30

K. M. Sullivan, “Political Money”, cit., pp. 667-668; se l’argomentazione è in parte condivisibile, rimane comunque poco verificabile: infatti è ben possibile il contrario, ossia che la popolarità derivi dal denaro raccolto.

31

Id.

32 È quanto emerge da un recente studio condotto dalla Northwestern University in

collaborazione con la Princeton University. Cfr. M. Gilens, B. I. Page, “Testing Theories of

American Politics: Elites, Interest Groups, and Average Citizens”, Perspectives on Politics,

2014.

(20)

essere in mano a potenti organizzazioni economiche e a pochi sogetti influenti, allora la convinzione dell’America di essere una società democratica ne esce seriamente minacciata.34

Le obiezioni poggiano sulla difficile dimostrabilità di simili affermazioni; in particolare, si critica fortemente l’idea secondo cui i candidati sarebbero disposti a mettere da parte le proprie ideologie in favore di influenze esterne, sostenendo la sostanziale integrità morale degli eletti. Inoltre, un’ulteriore critica coinvolge l’incerto rapporto causale addotto dai riformisti; non è affatto vero, secondo gli oppositori della reform, che i candidati si adattino al pensiero dei finanziatori per ottenere donazioni maggiori, essendo più realistico il contrario. I donatori sceglierebbero di finanziare il candidato che più rappresenta la loro ideologia politica; la coincidenza di interessi non sarebbe dovuta ad un’indebita influenza dei finanziatori, bensì alle normali dinamiche politiche.

Quello appena esposto è un punto cruciale della problematica relativa alle dinamiche relative alla rappresentanza, in quanto entrambi gli schieramenti citano il rapporto causale in questione, invertendone tuttavia le parti: nell’ottica dei riformisti sarebbero i finanziatori a condizionare le scelte politiche dei candidati, attraverso generose donazioni,35 mentre secondo gli oppositori sarebbero le idee e le posizioni politiche dei candidati a convincere i grandi donatori, inducendoli a contribuire alla loro campagna elettorale per sostenere una linea politica condivisa.

2.5. Corruzione

Quello della corruzione, e della sua apparenza, è forse l’argomento più forte e controverso a favore della campaign reform; è infatti l’unico rationale

34 M. Gilens, B. I. Paige, “Testing Theories”, cit., p. 24.

35 La linea di demarcazione con la tematica relativa alla corruzione (intesa in senso lato e

non come semplice quid pro quo) è sottile, dipendendo essenzialmente dal concetto di corruzione che si adotta.

(21)

che, per la Corte Suprema, consente di derogare (a determinate condizioni) alle libertà sancite dal Primo Emendamento.36

La questione ruota attorno all’interpretazione del concetto di corruption,37

che oscilla tra una definizione in senso stretto, coincidente in sostanza con la definizione penale dell’accordo quid pro quo, ed una in senso lato, potenzialmente inclusiva di tutti i condizionamenti indebiti attraverso l’uso di denaro.38

Nell’accezione più restrittiva, di dovrebbe interpretare la nozione di

corruption rifacendosi alle norme penali circa la fattispecie di bribery: si

avrebbe corruzione nel caso di uno scambio concreto e dimostrabile, riconducibile al tipico modello della tangente, consistente in un accordo

quid pro quo in cui il denaro servirebbe a comprare determinate attività

politiche.39

Questa prospettiva è criticata per l’eccessiva formalità, che vanificherebbe i tentativi di prevenire forme più oscure e subdole di corruzione, non riconducibili allo schema classico dello scambio di tangenti. In particolare, non manca chi ritiene il principio anti-corruzione meritevole di tutela a livello costituzionale, al pari della libertà di espressione, motivando tale affermazione ricorrendo agli intenti originari dei Padri costituenti; criticando l’analisi frettolosa compiuta dalla giurisprudenza in materia di

36

Buckley v. Valeo, cit., p. 26. La ricca giurisprudenza in materia verrà analizzata approfonditamente nei capitoli successivi.

37 Al concetto di corruzione è dedicata un’ampia letteratura: tra gli altri, si vedano Z. R.

Teachout, “The Anti-Corruption Principle”, 94 Cornell Law Review 341 (2009), pp. 341-413; L. S. Underkuffer, “Captured by Evil: The idea of Corruption in Law”, Duke Law

School Legal Studies Research Series, Research Paper No. 83 (2005); D. A. Strauss,

“Corruption, Equality and Campaign Finance Reform”, 94 Columbia Law Review 1369 (1994). Per una raccolta di saggi sull’argomento della corruzione in politica, si consiglia A. J. Heidenheimer, M. Johnston, V. Levine, “Political Corruption: a Handbook”,

Transaction Publishers, 1990.

38 Sono i casi in cui la corruzione è difficilmente dimostrabile, mancando uno scambio

diretto di favori.

39 È con Buckley v. Valeo (cit., p. 26) che si consolida per la prima volta l’idea secondo cui

(22)

corruzione, si evidenzia la grande preoccupazione dei costituenti per gli effetti deleteri dei fenomeni corruttivi.40 Proprio per tale ragione, si dovrebbe adottare un concetto di corruzione più flessibile, adattabile all’evoluzione politico-istituzionale della nazione:

Sebbene i delegati del 1787 fossero in disaccordo circa i casi in cui ci fosse corruzione, essi condividevano un’idea comune di cosa significasse tale termine. Per i delegati la corruzione era l’uso personale di poteri pubblici per scopi privati,tra cui erano da annoverare, senza limitazioni: le tangenti; le decisioni pubbliche al servizio della ricchezza privata dovute a rapporti di dipendenza […]41

Secondo un’ulteriore interpretazione, la problematica della corruzione nell’ambito della campaign finance reform non sarebbe altro che una semplice declinazione dell’equality, rientrando perciò nel più ampio tema della diseguaglianza e del principio one person, one vote.42

In modo non dissimile rispetto a quanto visto circa la rappresentanza falsata, i riformisti temono che le grandi somme di denaro donate ai candidati possano dare vita a political debts nei confronti dei finanziatori, che si vedrebbero ripagati con attività congressuali a loro favorevoli.

Le obiezioni alla situazione dipinta dai riformisti si basano, oltre all’adozione di un concetto di corruzione come quid pro quo in senso stretto, su considerazioni pratiche: viene evidenziato infatti come i soldi non vadano ad arricchire direttamente il portafoglio del candidato,43 essendo destinati al fondo della campagna elettorale; non si creerebbe perciò alcun rischio di corruzione, mancando l’arricchimento personale del soggetto.44

La preoccupazione principale è che un concetto eccessivamente ampio di

40

Cfr. Z. Teachout, “The Anti-Corruption Principle”, cit.

41

Id., pp. 373-374.

42

Cfr. D. A. Strauss, “Corruption, Equality and Campaign Finance Reform”, cit.

43 Cosa che dovrebbe accadere per configurare un caso di corruzione quid pro quo.

44 Secondo questa prospettiva, il rischio di corruzione si ha solo in caso di arricchimento

materiale e monetario del candidato; si esclude la possibilità che il vantaggio possa essere il semplice fatto di conquistare un seggio congressuale (con i poteri e privilegi che ne conseguono).

(23)

corruption finisca per rendere ammissibili regolamentazioni sempre più

invasive, dando al Governo l’autorità per comprimere indebitamente le garanzie del political speech tutelate dal Primo Emendamento. Un’altra forte convinzione dello schieramento contrario ad una regolamentazione della money in campaign è quella che vede nelle disposizioni sulla trasparenza e tracciabilità delle donazioni uno strumento più che sufficiente ad evitare pericolose influenze in politica. La disclosure infatti consentirebbe ai cittadini di valutare l’operato dei vari candidati, fornendo un valido strumento per punire, attraverso il giudizio elettorale, eventuali condotte scorrette o poco limpide.

2.6. Posizione di vantaggio degli incumbents

L’argomento riguardante la posizione di vantaggio degli incumbents, coloro che rivestono già la carica, è spesso citato da entrambe le parti.45 Le statistiche relative ai tassi di rielezione sono inequivoche: nel periodo che va dal 1964 ad oggi, per la House of Representatives tale tasso non è mai sceso al di sotto dell’85%, toccando in numerose occasioni punte del 98%. Per quanto riguarda il Senate si registrano percentuali leggermente inferiori, specialmente nel periodo post-Watergate, corrispondente con la Reagan

revolution del 1980; escludendo tale circostanza, i tassi non scendono mai

sotto al 70%, raggiungendo facilmente cifre prossime al 90%.46

Gli incumbents godono di una posizione estremamente favorevole, essendo facilmente riconoscibili e potendo contare su una campagna elettorale ben collaudata, con cospicui fondi a disposizione; la visibilità dovuta alla carica politica, insieme alle numerose occasioni in cui è possibile tenere discorsi e conferenze stampa, costituiscono di per sé un formidabile pulpito da cui promuovere la propria immagine personale: i più abili politici sfruttano tale

45 Si parla spesso della congressional stagnation; tra le possibili cause del fenomeno, gli

studiosi annoverano infatti i vantaggi finanziari e pubblicitari dovuti alla carica politica.

46 Dati a cura del Center for Responsive Politics, disponibili all’indirizzo seguente:

(24)

risorsa per consolidare il proprio seggio, garantendosi una solida base elettorale, difficile da scalfire.

In tale ottica, coloro che sostengono la reform ritengono necessarie misure regolamentari volte a ridurre una simile posizione di vantaggio, introducendo un criterio di uguaglianza diretto adaumentare la competitività dei nuovi candidati.

I critici di queste posizioni affermano al contrario che eccessive limitazioni alla possibilità di raccogliere e spendere denaro non facciano che favorire ulteriormente gli incumbents: le misure proposte non farebbero che danneggiare i nuovi candidati, che necessiterebbero di risorse superiori per riuscire a contrastare la posizione di partenza degli avversari.

2.7. Alterazione del processo democratico

Compiendo una sintesi dei punti precedentemente illustrati, i riformisti giungono ad affermare che l’insieme delle varie criticità connesse alla

campaign finance sia in grado di provocare un’alterazione del corretto

funzionamento del sistema democratico, minando le fondamenta su cui poggia l’intero ordinamento.47

L’argomento si collega strettamente all’affermata necessità di garantire la

political equality, considerata come elemento indispensabile in un sistema

correttamente funzionante:

[…] non ci sono validi motivi per trasferire disparità economiche sul piano del potere politico. Una democrazia correttamente funzionante deve saper distinguere tra il meccanismo di mercato relativo all’acquisto e alla vendita da un lato, ed i processi politici relativi al voto e al consenso dall’altro.48

47 Sul punto è molto critica la Sullivan (“Political Money, cit., p. 681); in particolare, i

riformisti avrebbero elevato a perfezione un determinato ideale di democrazia, servendosene per giustificare limitazioni al free speech.

(25)

La distorsione delle varie componenti del percorso elettorale (dalla campagna pubblicitaria all’elezione, dalla rappresentanza all’uguaglianza) porterebbe ad un sistema espressivo non più della volontà del popolo, bensì degli interessi sottostanti ai grandi flussi di denaro; un simile esito sarebbe in forte contrasto con l’idea stessa di democrazia.

Non mancano repliche ed obiezioni: in primo luogo, si sostiene che le presunte distorsioni siano connaturate a qualsiasi sistema democratico, e che siano destinate a correggersi spontaneamente, attraverso la valutazione fatta dagli elettori e la responsabilità dei candidati.49 Passando da una prospettiva difensiva ad una marcatamente aggressiva, si accusano le varie proposte di

reform di essere esse stesse la causa dell’alterazione del meccanismo

democratico.

La regulation, imponendo limiti e regole, avrebbe conseguenze fortemente anti-democratiche, comprimendo e limitando il libero dibattito senza riuscire a raggiungere gli obiettivi prefissati:

[…] appare evidente come la regolamentazione dei finanziamenti delle campagne elettorali contribuisca alla chiusura della competizione politica e alla fossilizzazione del sistema politico; essa soffoca l’attività della base politica, inibisce il dibattito politico e le voci in esso udibili, distorce il processo politico in favore dei ricchi e potenti, ed è in definitiva incompatibile con il Primo Emendamento. In sostanza, tale regolamentazione è anti-democratica.50

Una politica di de-regulation porterebbe, secondo tali convinzioni, maggiori benefici al corretto svolgimento dell’iter elettorale; una maggiore offerta di denaro, portando maggior concorrenza, ridurrebbe il rischio di accordi quid

pro quo: il candidato infatti non sarebbe più vincolato da un numero ristretto

di fonti di finanziamento, potendo scegliere tra una rosa più ampia di donatori.51

49 K. M. Sullivan, “Political Money”, cit.

50 B. A. Smith, “Campaign Finance Regulation”, cit. 51 K. M. Sullivan, “Political Money”, cit., p. 689.

(26)

3. Primo Emendamento e campaign finance reform: cenni

Come si è potuto constatare, un nodo centrale della regolamentazione dei finanziamenti delle campagne elettorali è costituito dal Primo Emendamento e dalla tutela che esso garantisce alla libertà di espressione, in particolare al

political speech. Al di là delle convinzioni politiche ed ideologiche, il Primo

Emendamento costituisce il principio costituzionale a cui fare riferimento per verificare la costituzionalità di leggi destinate a regolare la campaign

finance: questo è quanto si ricava dalla giurisprudenza in materia, nello

specifico da Buckley v. Valeo (1976), in cui si è sostanzialmente affermato il valore di political speech per le spese compiute a fini elettorali.52 Risulta perciò utile esaminare a grandi linee l’importanza e la considerazione di cui gode tale principio negli Stati Uniti.

Il Congresso non potrà promulgare leggi che riconoscano ufficialmente una religione, o che ne proibiscano la libera professione, o che limitino la libertà di parola, o di stampa; o il diritto delle persone di riunirsi pacificamente in assemblea, e di fare petizioni al governo per la riparazione dei torti.53

Da sempre, la libertà di manifestazione del pensiero svolge un ruolo centrale nell’ideale americano di libertà dell’individuo; la stessa formulazione testuale è improntata al non-interventismo statale in materia, delinenando una tutela estremamente forte.

Restringendo l’attenzione alla freedom of speech, gli studiosi e le Corti sono concordi nel ritenere che il political speech ne costituisca il nucleo, il core

speech che in assoluto rappresenta la tipologia di espressione da garantire

con maggior vigore.54 La pienezza della tutela dell’espressione, soprattutto

52

Per l’analisi dettagliata della pronuncia si rimanda ai capitoli successivi.

53

Testo originale: «Congress shall make no law respecting an establishment of religion, or prohibiting the free exercise thereof; or abridging the freedom of speech, or of the press; or the right of the people peaceably to assemble, and to petition the Government for a redress of grievances.»

54 Alcuni casi sono divenuti celebri. Si ricordi a titolo esemplificativo National Socialist Party of America v. Village of Skokie, 432 U.S. 43 (1977): nello specifico, il caso

(27)

se politica, affonda le radici nella dottrina americana della preferred

position, che vedrebbe affermata la superiorità delle libertà sancite dal

Primo Emendamento su tutte le altre libertà costituzionalmente garantite: infatti tali freedom sarebbero il presupposto necessario ed indispensabile per il godimento delle altre.55

Si spiega così la forte diffidenza per ogni intervento statale in materia di libertà di espressione, una diffidenza che spesso colpisce anche le possibili

affirmative actions volte a riequilibrare situazioni di svantaggio: misure del

genere sono viste di frequente come ingerenze governative ingiustificate in quello che dovrebbe essere un “libero mercato di idee”, così come accade in campo economico. Ciò porta ad un’ampia tolleranza delle manifestazioni di pensiero più controverse, che trovano il loro simbolo nell’hate speech, l’espressione di odio: l’impostazione fortemente teorica delle valutazioni in materia conduce quasi sempre ad un’affermazione incondizionata della libertà di espressione.56

Nonostante la protezione di cui gode la libertà di espressione, sono previsti meccanismi di valutazione che consentono deroghe parziali allo scopo di tutelare interessi rilevanti. Oltre ad escludere dalla tutela tutta una serie di riguardava una manifestazione del partito filo-nazista, che avrebbe attraversato il villaggio di Skokie, ospitante una numerosa comunità ebraica, in cui un residente su sei era sopravvissuto all’olocausto. In seguito all’opposizione della comunità di Skokie, la Corte Suprema autorizzò comunque la manifestazione in base alle libertà di pensiero ed espressione tutelate dal Primo Emendamento, aggiungendo che l’uso del simbolo della svastica rientrava nella libera espressione. Attorno all’argomento si è sviluppata una corposa letteratura: si vedano ad esempio L. Bollinger, “La società tollerante”, Milano, 1992 (pp. 26 ss.), R. Abel, “La parola e il rispetto. I limiti alla libertà di espressione”, Milano, 1996 e D. A. Downs, “Nazis in Skokie: Freedom, Community, and the First

Amendment”, Notre Dame, 1985. In particolare, quest’ultimo critica la scelta di non

intervenire in un caso destinato a creare disordine civile.

55 Questa dottrina viene fatta risalire a Palko v. Connecticut, 302 U.S. 319 (1937), affermata

incidentalmente dal giudice Cardozo; la teoria verrà riaffermata e sviluppata in pronunce successive.

56 Si veda al riguardo E. Stradella, “La libertà di espressione politico-simbolica e i suoi

(28)

forme di espressioni considerate non meritevoli di essere garantite,57 la giurisprudenza della Corte Suprema ha nel tempo classificato diversi tipi di legge, che vanno ad incidere sulla libertà di espressione e che devono superare un giudizio di legittimità costituzionale, attraverso un judicial

scrutiny più o meno forte.

Nel caso di leggi che coinvolgano direttamente la libertà di espressione, determinandone una compressione che si basi sul contenuto stesso dell’espressione,58

occorre applicare lo strict scrutiny,59 il livello più rigoroso di valutazione. Tale controllo può essere suddiviso in tre elementi principali; per superarlo, la legge deve: a) essere giustificata da un interesse governativo preminente;60 b) essere finemente calibrata, narrowly tailored, al fine di raggiungere l’obiettivo; c) essere il mezzo meno restrittivo possibile per il raggiungimento del fine.

Sono invece trattate con minor rigore le restrizioni che siano imparziali rispetto ai contenuti, le content-neutral restrictions; in questo caso, viene applicato un intermediate scrutiny: il Governo deve dimostrare di avere un interesse rilevante e di lasciare aperti ampi canali alternativi di comunicazione per l’informazione in questione.61

In questo contesto si inserisce la pronuncia giurisprudenziale che viene considerata il punto fermo in materia di campaign finance reform; Buckley

57

A titolo esemplificativo rientrano in tale categoria le espressioni oscene, pedopornografiche, diffamatorie, nonché le affermazioni false e le cosiddette fighting

words, ossia le espressioni volte ad infrangere la pace. 58 Sono le cd. content-based restrictions.

59 I livelli di scrutiny furono introdotti dalla famosa Footnote 4 in United States v. Carolene Products Co., 304 U.S. 144 (1938); con essa si stabilì una sorta di inversione dell’onere

della prova rispetto alla costituzionalità dell’intervento normativo invasivo delle libertà protette dal Primo Emendamento.

60

Sebbene non sia mai stato definito con precisione, si ritiene che il compelling interest debba rappresentare un’esigenza cruciale e necessaria.

61 Per un approfondimento sul tema delle content-based e content neutral restrictions, cfr.

G. R. Stone, “Content Regulation and the First Amendment”, 25 William & Mary Law

Review 189 (1983); G. R. Stone, “Content-neutral Restrictions”, 54 University of Chiacgo Law Review 46 (1987).

(29)

v. Valeo, oltre a fissare definizioni e distinzioni essenziali, ha fornito gli

elementi di base con cui valutare la legittimità delle leggi in materia di finanziamenti elettorali. Dopo aver stabilito che il principio cui fare riferimento era quello della libertà d’espressione sancita dal Primo Emendamento,62 ha ammesso, alla luce dello strict scrutiny, un solo

compelling interest che potesse giustificare una regolamentazione,

identificandolo nell’esigenza di prevenire la corruzione e l’apparenza della corruzione.

Da questo contesto emerge in modo ancora più marcato l’elevato livello di tutela accordato alle garanzie costituzionali del Primo Emendamento, declinato nello specifico come libertà di espressione, a conferma della già citata superiorità di tale principio su tutti gli altri valori costituzionali. Al di là delle valutazioni politiche, morali ed ideologiche, è evidente come tale impianto costituisca un poderoso strumento a difesa delle argomentazioni contrarie alla regolamentazione della finanza elettorale, subordinando ogni eventuale normativa in materia a rigidi controlli di legittimità costituzionale.

4. Campagne elettorali e big money: sviluppi recenti

Il contesto della campaign finance oscilla da tempo tra i due poli della maggiore o minore regolamentazione; la seconda alternativa sembra aver preso il sopravvento soprattutto negli ultimi anni, grazie a pronunce giurisprudenziali che hanno suscitato reazioni contrastanti, spesso estremamente critiche.

62 Come si vedrà nei capitoli successivi, la posizione della Corte sull’argomento è stata

efficacemente sintetizzata nell’espressione money is speech; l’utilizzo di denaro a fini elettorali è stato infatti considerato una declinazione della libertà di espressione politica (con diversi livelli di intensità).

(30)

4.1. Citizens United ed il political speech delle corporations

La pronuncia della Corte Suprema in Citizens United v. Federal Election

Commission63 ha da subito destato scalpore, suscitando forti reazioni da

parte dell’opinione pubblica e del mondo politico.64

Basandosi sulla tutela del Primo Emendamento, la Corte ha consentito alle corporations di spendere i propri fondi a fini di campagna elettorale, a condizione che venissero utilizzati solo per independent expenditures.65

Le perplessità si sono concentrate soprattutto sulla scelta della Corte di attribuire le libertà di espressione politiche a enti come le corporations, consentendo loro di utilizzare i fondi societari senza la previsione di meccanismi di autorizzazione o notificazione dei consociati.66 In molti hanno criticato la decisione della Corte Suprema di consentire alle

corporations di utilizzare i propri fondi a scopo elettorale, primo tra tutti il

Presidente Obama:

Con la decisione odierna, la Corte Suprema ha dato il via libera all’ingresso nella nostra politica di una nuova ondata di denaro proveniente da interessi particolari. Si tratta di una grande vittoria per i petrolieri, le banche di Wall Street, le compagnie assicurative sanitarie e gli altri potenti interessi che impongono il loro potere quotidianamente a Washington, silenziando le voci degli americani comuni. Questa decisione concede agli interessi particolari e ai

lobbyist un potere ancor più grande a Washington—sabotando al

63

Citizens United v. Federal Election Commission, 558 U.S. 310 (2010).

64

Per una raccolta esauriente delle principali reazioni si consiglia di consultare il seguente link:

http://voices.washingtonpost.com/44/2010/01/reactions-to-the-supreme-court.html

65 In precedenza le corporations potevano farlo solamente attraverso la costituzione di un PAC, istituendo un apposito fondo separato a partecipazione volontaria.

66 Un’analisi approfondita degli aspetti critici della pronuncia, nonché dell’aspetto

(31)

contempo l’influenza dell’americano medio che contribuisce con piccole donazioni all’elezione del proprio candidato preferito […].67

Le parole del Presidente sintetizzano le maggiori preoccupazioni di tutti coloro che si sono opposti alla scelta della Corte; il timore che le grandi

corporations possano riversare milioni di dollari nelle campagne elettorali,

guadagnando sempre più influenza e silenziando la voce dell’americano medio, si contrappone alla difesa del political speech, della libertà delle

corporation di intervenire nel discorso politico, esprimendo le proprie

posizioni.

4.2. La nascita dei SuperPACs

In questo quadro si inserisce il fenomeno, di recente sviluppo, degli

independent-expenditure-only committees, meglio conosciuti come

SuperPACs; nati in seguito alla pronuncia giurisprudenziale di Speechnow.org v. Federal Election Commission, tali comitati sono in grado

di raccogliere donazioni illimitate, a condizione che non effettuino donazioni a candidati o partiti e che i fondi raccolti siano destinati esclusivamente a finanziare le independent expenditures.

Potendo contare sulle generose donazioni delle corporations e dei privati, i

SuperPACs hanno avuto un successo immediato: nel 2010, in soli dieci

mesi, 80 SuperPACs hanno speso circa 90 milioni di dollari, mentre nel 2012 i maggiori 400 SuperPACs sono arrivati a spendere circa 600 milioni di dollari.68

67

Testo integrale ed in lingua originale disponibile al seguente indirizzo: http://www.whitehouse.gov/the-press-office/statement-president-todays-supreme-court-decision-0

68

https://www.opensecrets.org/outsidespending/summ.php?cycle=2012&chrt=V&disp=O&ty pe=S

(32)

Non sono mancati inoltre privati cittadini disposti a sostenere il proprio candidato preferito a suon di donazioni milionarie: emblematico è il caso dei coniugi Adelson, facoltosi imprenditori di Las Vegas saliti agli onori della cronaca per aver donato un totale di 92 milioni di dollari ad organizzazioni specializzate in outside spending per le elezioni del 2012.69

Il forte successo ottenuto dalla figura del SuperPAC lascia supporre che il fenomeno possa conoscere un ulteriore incremento quantitativo; la rapidità con cui tali enti si sono sviluppati ha fatto in modo che mancasse un’adeguata disciplina normativa sul loro funzionamento e sui relativi adempimenti, lasciando molti aspetti operativi alla libertà dell’ente stesso.70

4.3. Il fenomeno del dark money

La preoccupazione verso il dark money non è affatto una novità nel panorama della finanza elettorale; tuttavia, la questione ha assunto una rilevanza crescente in relazione alla nascita dei SuperPACs, anche grazie alla mancanza di tempestive normative che sopperissero alle lacune createsi, soprattutto per quanto riguarda la trasparenza delle donazioni.

Il termine dark money viene utilizzato per identificare l’insieme delle donazioni la cui fonte originaria non è rintracciabile: sfruttando appositi intermediari e vuoti normativi, è possibile donare ingenti somme di denaro senza che il proprio nome compaia tra i finanziatori, dando vita ad un sottoinsieme di finanziamenti elettorali in assoluta mancanza di trasparenza. Sebbene sia difficile ottenere un dato preciso, si ritiene che circa un quarto delle spese esterne alla campagna elettorale ufficiale nel 2012 fossero dark

69

Per un elenco dettagliato delle donazioni si rinvia al seguente link: http://sunlightfoundation.com/blog/2012/12/07/tallying-adelsons-92-million/

70 Sul tema dei SuperPACs, cfr. R. S. Garrett, “SuperPACs in Federal Elections: Overview and Issues for Congress”, CRS Report R42042, Congressional Research Service, 2014; in

questo rapporto congressuale si esaminano i recenti sviluppi del fenomeno, nonchè le possibili prospettive legislative sul caso.

(33)

money;71 i dubbi dei critici riguardano l’incertezza circa la provenienza di tale denaro, nonché il fatto che, grazie a scappatoie legali, si sfruttino in modo inappropriato intermediari no-profit e cosiddette società-scudo per nascondere le proprie donazioni.72

4.4. L’abolizione degli aggregate limits

Un’ulteriore sviluppo in tema di donazioni è destinato a scaturire dalla più recente pronuncia della Corte Suprema degli USA: nell’aprile 2014, con

McCutcheon v. Federal Election Commission,73 è stato rimosso l’aggregate

limit, il tetto massimo di 123,200 $ al cumulo delle donazioni dirette verso i

candidati federali ed i partiti nazionali.

Fino a tale decisione, un privato che avesse voluto effettuare donazioni dirette a candidati e partiti poteva farlo liberamente, rispettando i limiti previsti per ogni categoria, ma incontrando un tetto massimo alla somma totale; la previsione limitava di conseguenza il numero totale di candidati supportabili tramite donazione diretta.

Sebbene sia ancora presto per giudicare l’impatto della decisione, non manca chi ha già calcolato che in tal modo sia possibile firmare un unico assegno del valore di 3,6 milioni di dollari,74 o addirittura di 6 milioni di dollari;75 tale assegno sarebbe poi affidato ad un joint fundraising

committee, un comitato il cui scopo principale è raccogliere grandi

71

Cfr. K. Steiner, “Who benefited most from dark money in the 2012 election?”, Sunlightfoundation.com, 2012.

72

Come si analizzerà in modo più approfondito, è frequente il ricorso a società non profit regolate dall’IRS, che non hanno obblighi di rendiconto o di trasparenza.

73 McCutcheon v. Federal Election Commission, 572 U.S. __ (2014). 74 Id. Dissenting opinion of Breyer, J.

75 Public Citizen, “Beware of a naïve perspective”, report, parte 1 di 2, Washington DC,

(34)

donazioni per poi trasferire le somme ricevute a candidati e partiti, nel rispetto dei limiti previsti.76

La decisione presa dalla Corte in McCutcheon ha suscitato numerose reazioni a livello politico;77 se da un lato si teme la possibilità che la pronuncia causi un aumento dell’influenza diretta dei grandi donatori sui candidati, dall’altro non manca chi sostiene che la sentenza possa avere effetti positivi nei confronti di una maggior trasparenza, riducendo le donazioni da parte di PACs e SuperPACs a favore di quelle da parte dei singoli individui, contrastando il fenomeno del dark money e riducendo l’importanza del denaro delle corporations nelle campagne elettorali.

5. Opinione pubblica e sondaggi

La pluralità di posizioni sull’argomento del finanziamento delle campagne elettorali, unita alla criticità dei valori coinvolti nel dibattito, fa in modo che la tematica sia fortemente sentita dall’opinione pubblica americana. Contribuiscono in tale direzione i numerosi pareri autorevoli e l’abbondanza di articoli giornalistici, che spesso accentuano i caratteri della discussione, schierandosi apertamente nei confronti degli orientamenti giurisprudenziali e dei casi più eclatanti di donazioni considerevoli.

Come si è visto, il punto di vista della cittadinanza è fondamentale riguardo ad un argomento così delicato, in quanto l’esigenza di mantenere alta la fiducia nel sistema democratico e rappresentativo è essenziale ai fini dell’integrità di una nazione: l’allontanamento del cittadino dalle istituzioni politiche è visto ovunque come una sconfitta del sistema.

76 Cfr. B. Biersack, “McCutcheon decision: add some more zeroes to that check”,

Opensecretsblog, 2014.

77 Una rassegna delle principali dichiarazioni ufficiali può essere esaminata al seguente

indirizzo: http://www.commonblog.com/2014/04/02/lawmakers-react-to-mccutcheon-ruling/

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