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Il trattamento sanitario del minore tra esigenze di protezione e istanze di autodeterminazione

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UNIVERSITÀ DI PISA

Dipartimento di Giurisprudenza

Corso di laurea magistrale in Giurisprudenza

TESI DI LAUREA

Il trattamento sanitario del minore

tra esigenze di protezione e

istanze di autodeterminazione

Candidato

Stella Capodicasa

Relatore

Prof.ssa Caterina Murgo

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“Che le cose siano così, non vuol dire che debbano andare così. Solo che quando si tratta di rimboccarsi le maniche ed incominciare a cambiare, vi è un prezzo da pagare. Ed è allora che la stragrande maggioranza preferisce lamentarsi piuttosto che fare.”

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1

INDICE

INTRODUZIONE ... 3

Capitolo 1: IL DIRITTO ALLA SALUTE DEL MINORE ... 7

1. Il concetto di salute in base alla definizione OMS ... 7

2. Il diritto alla salute del minore nelle fonti internazionali ... 10

3. Il diritto alla salute del minore nelle fonti europee ... 15

4. Il diritto alla salute del minore nell’ordinamento italiano ... 19

Capitolo 2: La condizione giuridica del minore... 27

1. Il dogma dell’incapacità assoluta d’agire ... 27

2. L’evoluzione del rapporto genitori-figli dalla potestà alla responsabilità genitoriale ... 35

3. Natura e contenuti della responsabilità genitoriale oggi ... 44

4. Il criterio dell’interesse del minore ... 48

5. La capacità di discernimento e il diritto all’ascolto ... 51

Capitolo 3: il trattamento sanitario del minore ... 55

1. Il principio del consenso informato ... 55

I. La legge n. 219 del 2017 e i fondamenti del consenso informato 59 II. Il rifiuto di cure e l’evoluzione del rapporto terapeutico .... 63

III. La forma del consenso ... 67

2. Minore età e consenso informato ... 68

I. La dottrina precedente alla legge n. 219 del 2017 ... 68

II. I casi in cui è sufficiente il consenso informato del minore . 74 III. L’art. 3 della legge n. 219 del 2017 ... 78

IV. Alcuni casi giurisprudenziali ... 85

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2

1. La natura giuridica dell’obbligo vaccinale ... 91

2. Il contesto normativo antecedente al decreto-legge n. 73 del 2017 97 3. La giurisprudenza precedente al decreto-legge n. 73 del 2017 100 4. Il decreto-legge n. 73 del 2017 e la legge di conversione ... 103

5. La sentenza n. 5 del 2018 della Corte Costituzionale ... 111

Conclusioni ... 114

BIBLIOGRAFIA ... 117

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3

INTRODUZIONE

Il tema dei trattamenti sanitari che riguardano i minori è da sempre oggetto di accesi dibattiti nella dottrina e nella giurisprudenza, poiché coinvolge differenti valori costituzionali, tra cui la libertà personale (art. 13 Cost.) e il diritto alla salute (art. 32 Cost.), e fa emergere diverse problematiche, specialmente in merito allo spazio di autonomia da attribuire al minore nella gestione del proprio corpo.

Questo elaborato si pone l’obiettivo di affrontare l’argomento, focalizzandosi sulla necessità di bilanciare le esigenze di protezione del minore con il diritto all’autodeterminazione, poiché i minori sono soggetti dotati di una identità e di una personalità in fieri, non ancora completamente formate, necessitano di un soggetto (genitore o tutore) che agisca per garantire la tutela dei loro interessi. D’altra parte, però, i minori sono riconosciuti persone a tutti gli effetti, titolari autonomi di diritti e della possibilità di esercitarli, pertanto, secondo parte della dottrina e della giurisprudenza1, quando hanno raggiunto la capacità di discernimento,

dovrebbero essere lasciati liberi di autodeterminarsi, in particolar modo nelle vicende di natura esistenziale, come quelle collegate al diritto alla salute.

Per introdurre la tematica, si è deciso di partire da un’analisi dell’evoluzione del concetto di salute, che è avvenuta parallelamente all’affermarsi del diritto alla salute come diritto fondamentale di ogni individuo, al termine della Seconda Guerra Mondiale. Infatti, il diritto alla salute e il bene della salute costituiscono il fondamento di molti aspetti collegati alla tutela della persona, tra i quali anche il consenso al trattamento sanitario. Nel sistema attuale è stata ormai totalmente recepita la

1 Cfr. GIARDINA F., La condizione giuridica del minore, Jovene Editore Napoli, 1984;

BUSNELLI F. D., Capacità e incapacità di agire del minore, in Dir. fam. pers., I, 1982; PICCINNI M., Il consenso al trattamento medico del minore, Padova, CEDAM, 2007.

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4 definizione di salute dell’Organizzazione Mondiale della Sanità come stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, superando l’idea che la collegava solo all’assenza di malattia o infermità2. In questo modo, si è

delineata una concezione soggettiva di salute, strettamente connessa con la percezione che ognuno ha di sé e della propria identità e dignità. Questo passaggio è stato determinante per l’affermazione, sia nelle fonti internazionali che nel diritto interno, del diritto alla salute di ogni uomo e anche del minore, a partire dal quale, in connessione con l’inviolabilità della libertà personale, si è sviluppato il diritto all’autodeterminazione in ambito sanitario.

Tuttavia, il legislatore italiano ha sempre mostrato una certa difficoltà nell’attribuire autonomia al minore nelle proprie scelte, continuando ad affermare il dogma dell’incapacità assoluta di agire. In base all’art. 2 c.c., ogni individuo acquista la piena capacità di compiere gli atti per i quali non è prevista un’età diversa soltanto al raggiungimento della maggiore età, perciò nell’interpretazione tradizionale il minore dovrebbe essere sostituito dal rappresentante legale nel compimento di tutti gli atti sia di natura patrimoniale che di natura personale, quindi anche nell’espressione del consenso al trattamento sanitario.

Di recente, però, alcuni interventi normativi hanno evidenziato l’intenzione del legislatore di ampliare gli spazi espressivi del minore e di riconoscere maggiore valore alla sua volontà. Si tratta, principalmente, della riforma del diritto di famiglia, attuata in due step successivi con la legge 10 dicembre 2012 n. 219 e il decreto legislativo 28 dicembre 2013 n. 154.

Il primo intervento ha consentito di ultimare il superamento della concezione autoritativa del rapporto genitori-figli, riconoscendo al minore un complesso di situazioni giuridiche soggettive all’interno dell’ambito familiare, tra cui il diritto all’ascolto in tutte le procedure e le questioni che lo riguardano (art. 315 bis c.c.). I genitori nell’adottare le decisioni che

2 “Health is a state of complete physical, mental, and social well-being and not merely the absence of disease or infirmity”, definizione contenuta nel Preambolo della Costituzione OMS

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5 avranno conseguenze sulla vita futura del minore devono permettergli di esprimere la sua opinione e tenerla in considerazione, non riconoscere al minore il diritto di espressione significherebbe non attribuirgli dignità di persona. Il diritto all’ascolto diventa un vero e proprio criterio pedagogico che i genitori devono seguire nella relazione educativa con i figli, per guidarli nelle varie fasi di vita nel compimento di scelte consapevoli che siano espressione della loro soggettività, promuovendone il benessere psico-fisico e l’acquisizione della capacità di autodeterminazione.

Inoltre, con il decreto legislativo n. 154 del 2013 è stato sostituito il concetto di potestà con quello di responsabilità genitoriale, tenendo conto dell’evoluzione socio-culturale del rapporto genitori-figli avvenuta negli anni, con il passaggio dalla soggezione del minore all’autorità paterna ad un ufficio di diritto privato funzionalizzato alla realizzazione dell’interesse del minore. Attraverso il nuovo concetto, viene valorizzata l’assunzione di responsabilità da parte dei genitori nei confronti del figlio e il fatto che il loro rapporto non debba essere focalizzato sul punto di vista dei primi, ma su quello del figlio, ponendo al centro il suo interesse e i suoi diritti.

Per quanto riguarda nello specifico i trattamenti sanitari, la legge n. 219 del 2017 per la prima volta introduce nel sistema interno una disciplina completa e organica del consenso informato, anche se è solo l’ultima tappa di un lungo percorso dottrinale e giurisprudenziale, che ha consentito l’elaborazione di tale principio all’interno dell’ordinamento italiano. L’art. 3 di tale legge si occupa, in particolare, di minori e incapaci, riconoscendo l’esigenza di valorizzare le loro capacità di comprensione e decisione, rendendoli partecipi dell’intera procedura relativa ai trattamenti sanitari. Il minore, attraverso l’informazione, adattata alla sua età e alle sue specifiche condizioni, deve essere messo in grado di comprendere la sua situazione clinica e tutti gli aspetti del trattamento sanitario che gli viene proposto, per permettergli di formarsi un’opinione autonoma al riguardo.

Il legislatore, tuttavia, ancora una volta richiede il requisito della capacità di agire per la manifestazione del consenso al trattamento sanitario, perciò si prevede che sia il rappresentante legale del minore ad esprimerlo o

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6 negarlo, anche se gli viene richiesto di attribuire un peso rilevante alla volontà del minore, in relazione alla sua età e al suo grado di maturità.

In ogni caso, si prende atto del fatto che l’ordinamento non può ignorare la volontà del minore: specialmente se dotato della capacità di discernimento, il minore dovrà concorrere col rappresentante legale nella determinazione delle scelte che lo riguardano, le quali avranno come limite il rispetto della sua identità e dignità e come scopo l’attuazione del suo benessere psico-fisico.

Nell’ultimo capitolo verrà affrontata la questione delle vaccinazioni obbligatorie, evidenziando la natura giuridica di tale obbligo, che non permette di annoverare tali trattamenti né tra quelli coercitivi, né tra quelli obbligatori, ma in un tertium genus, che si concretizza nell’irrogazione di una sanzione amministrativa, in caso di inadempimento, trattandosi di una condotta non coercibile. In particolare, verrà analizzata la nuova disciplina del decreto-legge n. 73 del 2017 e della legge di conversione (l. 31 luglio 2017, n. 119) e i punti di criticità rispetto ai principi costituzionali (artt. 13, 30 e 32 Cost.).

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7

CAPITOLO 1: IL DIRITTO ALLA SALUTE DEL MINORE

1. Il concetto di salute in base alla definizione OMS

Il diritto alla salute e il bene della salute costituiscono il fondamento di molti aspetti collegati alla protezione della persona, tra i quali il consenso al trattamento sanitario del minore3.

L’evoluzione del concetto di salute è avvenuta parallelamente all’affermarsi del diritto alla salute come diritto fondamentale dell’uomo, al termine della Seconda Guerra Mondiale. Questa duplice prospettiva la troviamo, infatti, nel Preambolo della Costituzione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità4 (OMS) del 1946, all’inizio del quale è posta una

definizione di salute (“Health is a state of complete physical, mental, and social well-being and not merely the absence of disease or infirmity”) e successivamente sono declinati i contorni del diritto alla salute come diritto fondamentale di ogni uomo, senza distinzione di razza, religione, condizione sociale o economica5. Dopo l’esperienza dei totalitarismi e delle atrocità

commesse durante la guerra, in particolare nei campi di concentramento, si sentiva l’esigenza di riaffermare il valore della persona umana con i suoi diritti fondamentali6.

3 ZATTI P., Il diritto a scegliere la propria salute (in margine al caso S. Raffaele), in Nuova giur. civ. comm., 2000, I, Parte II, p. 1.

4 Adottata dalla International Health Conference a New York il 22 luglio 1946 dai

rappresentanti di 61 stati ed entrata in vigore il 7 aprile 1948. È stata recepita dall’Italia con il D. Lgs. C. p. S. del 4 marzo 1947, n. 1068.

5 “The enjoyment of the highest attainable standard of health is one of the fundamental rights of every human being without distinction of race, religion, political belief, economic or social condition”.

6 Cfr. DURANTE V., Salute e diritti tra fonti giuridiche e fonti deontologiche, in Pol. del dir.,

2004, IV, p. 566; Id., La salute come diritto della persona, in Trattato di Biodiritto diretto da Rodotà, Zatti, Il governo del corpo, a cura di Canestrari, Ferrando e altri, Giuffrè 2011, p. 579.

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8 Se analizziamo la definizione adottata dall’OMS, emerge una concezione di salute come benessere globale della persona (fisico, mentale e sociale), superando, come specificato nello stesso preambolo, l’idea riduttiva che la collegava alla mera assenza di malattie. Appare evidente il passaggio da una concezione oggettiva di salute, che ha come riferimento lo standard dell’uomo sano, a una concezione soggettiva, che comprende non solo la dimensione fisica e psichica, ma si collega all’intera esperienza del vissuto di ogni individuo. Inoltre, mentre la prima concezione adotta solo parametri biologici indicativi di un funzionamento corretto dell’organismo per valutare la salute di un soggetto; la seconda tiene conto dell’esperienza personale e sociale, dei valori culturali, religiosi e familiari7.

La salute non deve essere intesa solo come integrità psico-fisica che deve corrispondere a valori standard, ma anche come un “ideale” che ogni uomo ha di sé stesso e del proprio corpo.

È importante il richiamo alla dimensione psichica, che concorre a determinare lo stato di salute di una persona, senza ricorrere al concetto di malattia mentale. Da sottolineare è anche il riferimento al benessere sociale, poiché il contesto socio-culturale in cui si vive e i valori in questo diffusi hanno il loro ruolo nel plasmare la persona umana e, di conseguenza, il suo stato di salute.

Aggiungere alla definizione che non si tratta solo di assenza di malattia e infermità può apparire superfluo, ma mostra la consapevolezza che la riflessione dell’uomo di solito è incentrata sulla malattia, con la volontà di porre invece l’attenzione sulla salute8 in generale e soprattutto sulla

persona come unità di varie componenti9.

7 Cfr. DURANTE V., La salute come diritto della persona, cit., p. 585. Anche se non con

riferimento specifico alla definizione OMS vedi FERRANDO G., Diritto alla salute e

autodeterminazione tra diritto europeo e Costituzione, in Pol. del dir., 2012, I, pp. 10-11. 8 DURANTE V., Dimensioni della salute: dalla definizione dell’OMS al diritto attuale, in Nuova giur. civ. comm., 2001, II, pp. 134-136.

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9 La definizione di salute che abbiamo enunciato, però, suscitò molte reazioni negative. Sono note in particolare le critiche di D. Callahan10, che

riteneva fosse caratterizzata da una eccessiva ampiezza e da un carattere utopistico: da un lato sarebbe difficoltoso delimitare i compiti della medicina, perché ogni problema sociale verrebbe incluso tra i problemi di salute, dall’altro lato nessun individuo potrebbe mai affermare di trovarsi in quello stato di benessere globale.

Queste critiche possono essere ridimensionate, perché adottare un concetto più ampio di salute permette di comprendere che questa è qualcosa di più rispetto a ciò che rientra nella competenza dei medici, senza determinare la medicalizzazione di ogni aspetto della vita delle persone e la richiesta al personale sanitario di esaudire ogni desiderio o di curare l’infelicità. Inoltre, definire anche in maniera ampia la salute non significa che ad essa debba corrispondere un altrettanto generalizzato diritto ad ottenere prestazioni sanitarie coincidenti con tale concetto. Questo perché, in primo luogo, esistono in ogni ordinamento giuridico norme apposite che regolano il rapporto tra i cittadini e le strutture sanitarie; in secondo luogo, anche un diritto alla salute qualitativamente e quantitativamente esteso non potrà essere inteso in senso assoluto, ma dovrà essere bilanciato con i principi generali dell’ordinamento e con gli altri diritti garantiti da una fonte giuridica di pari rango o di rango superiore.

Non si può parlare poi di definizione utopistica, perché ogni definizione lo sarebbe, in quanto anche il concetto di integrità psico-fisica o l’assenza di malattie implica un’idea di perfezione difficile da raggiungere pienamente che non appartiene alla natura dell’uomo. Bisogna, invece, interpretare lo stato di benessere globale declinato dall’OMS come un obiettivo da raggiungere, verso il quale indirizzare le nostre azioni di singoli individui e le scelte collettive, con il limite delle conoscenze scientifiche, etiche e sociali

10 CALLAHAN D., The WHO Definition of Health, in Hastings Center Studies, I, 3, 1973, p.

77 ss.; Cfr. anche DURANTE V., Dimensioni della salute, cit., p. 133 ss.; Id., La salute come

diritto della persona, cit., p. 585 ss.; Id., Salute e diritti tra fonti giuridiche e fonti deontologiche, cit., p. 566 ss.

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10 presenti in un determinato periodo storico in un determinato luogo. Lo stesso Preambolo della Costituzione dell’OMS, quando sposta l’attenzione sul diritto alla salute, afferma che il suo oggetto è la ricerca da parte di ogni uomo delle migliori condizioni di salute che è in grado di raggiungere in concreto, in base alle proprie peculiarità. Ed è a favorire questa ricerca che devono essere orientate le future scelte del legislatore e dei giudici di ogni ordinamento, che come il nostro, ha recepito questa definizione.

2. Il diritto alla salute del minore nelle fonti

internazionali

In molti documenti internazionali sono state introdotte disposizioni che riconoscono e tutelano il diritto alla salute tra i diritti fondamentali dell’uomo e spesso sono state adottate definizioni simili a quelle dell’OMS. Anche il minore, in quanto essere umano, è titolare di questo diritto, infatti, nessun atto internazionale nell’enunciare i diritti garantiti all’individuo fa distinzioni in merito all’età del titolare, se non per assicurare ulteriori diritti e una protezione speciale al minore stesso11.

Nella categoria degli atti internazionali a carattere generale, riguardanti, cioè, la tutela di tutti gli individui in maniera indistinta, è utile ricordare la Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo12 che sancisce il diritto alla vita

all’art. 3 e all’art. 25 afferma che “ogni individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all’alimentazione, al vestiario, all’abitazione e alle cure mediche” e che “la maternità e l’infanzia hanno diritto a speciali cure ed assistenza”. Si tratta di una convenzione con carattere programmatico e non vincolante, ma che è diventata perno

11 CUNDARI R., Il diritto alla salute del minore, in M.R. Saulle (a cura di) La convenzione dei diritti del minore e l’ordinamento internazionale, Napoli, Esi, 1994, p. 135 ss.

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11 fondamentale nella tutela dei diritti umani a livello internazionale e fondamento di successivi atti giuridicamente vincolanti.

Nel 1966 viene stipulato il Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali13 proprio con lo scopo di rafforzare e rendere vincolanti i

precetti contenuti nella Dichiarazione universale. L’art. 12 è dedicato al diritto alla salute, che viene declinato riprendendo quanto affermato nella Costituzione dell’OMS14 e, anche se si fa riferimento all’individuo senza

distinzioni di età, nel par. 2 sono introdotte delle misure che gli Stati dovranno attuare in maniera specifica per i minori, tra le quali la riduzione della mortalità infantile, la promozione del sano sviluppo dei bambini, la creazione di condizioni che assicurino a tutti l’assistenza medica in caso di malattia. L’art. 15 completa la tutela della salute, perché afferma il diritto di ogni uomo di “godere dei benefici del progresso scientifico e delle sue applicazioni (par. 1 lett. b).

In merito al tema della salute, riveste un ruolo importante la Dichiarazione di Alma-Ata del 197815, che rappresenta il risultato della

Conferenza internazionale sulla cura sanitaria primaria ed è stata approvata dall’Assemblea mondiale della sanità e dall’Assemblea generale dell’ONU. È una dichiarazione di principio che non ha creato obblighi diretti per gli stati, però è stata firmata da 134 paesi, che si ponevano come obiettivo fondamentale la salute per tutti entro il 2000. Infatti, oltre a ribadire il diritto alla salute come diritto fondamentale, i governi hanno fatto emergere la loro responsabilità nel garantire il più alto livello possibile di salute a livello mondiale.

Per quanto riguarda gli atti internazionali relativi in maniera specifica alla tutela del minore, si devono menzionare, tra i più risalenti, la Dichiarazione

13 Adottato il 16 dicembre del 1966 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite a New

York, ratificato dall’Italia il 15 dicembre del 1978 e reso esecutivo con legge n 881 del 25 ottobre 1977.

14 “Gli Stati Parti del presente Patto riconoscono il diritto di ogni individuo a godere delle

migliori condizioni di salute fisica e mentale che sia in grado di conseguire”.

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12 di Ginevra sui diritti del fanciullo del 192416 e quella successiva del 195917,

entrambe non vincolanti18. La prima, con un’impostazione fortemente

paternalistica, pone l’accento solo sui doveri dell’umanità nei confronti dei minori: “Al fanciullo devono essere dati i mezzi necessari per il suo normale sviluppo sia materiale, che spirituale” (art. 1), “Il fanciullo malato deve essere curato” (art. 2).

Nella Dichiarazione del 1959 è evidente un cambiamento di prospettiva: il fanciullo19 è espressamente considerato, per la prima volta, titolare di

diritti della personalità, che gli Stati firmatari si impegnano a rispettare attraverso l’adozione di “ogni misura appropriata di carattere legislativo”. I diritti inerenti alla tutela della salute sono: il diritto del bambino a crescere e svilupparsi in modo sano e normale sul piano fisico e intellettuale (art. 1), il diritto del bambino e della madre a godere di cure mediche adeguate e di speciale protezione (art. 4), il diritto a ricevere cure speciali per il bambino che soffre di minorazioni fisiche, mentali o sociali (art. 5), il diritto alla vita (art. 6), il diritto alla protezione contro ogni forma di negligenza, sfruttamento e crudeltà (art. 9). Anche se solo con valore programmatico, si tratta di un passo importante per orientare ogni ordinamento che intenda garantire una tutela effettiva del minore nella società, attuando non solo misure protettive, ma anche promozionali.

Nel 1989 viene firmata a New York la Convenzione ONU sui diritti del fanciullo, che rappresenta un punto di svolta nel riconoscimento giuridico di

16 Adottata dall’Assemblea generale della Società delle Nazioni nel marzo 1924. 17 Proclamata dall’Assemblea generale dell’ONU il 20 novembre 1959.

18 Cfr. CUNDARI R., op. cit., pp. 141-142; MORO A. C., Manuale di diritto minorile, Bologna,

Zanichelli, 1996, pp. 8-9; SCAGLIONE F., Situazioni giuridiche soggettive e capacità, in Trattato

di diritto civile diretto da Rodolfo Sacco, Le persone e la famiglia, 4 La filiazione e i minori, a

cura di Sassi A., Scaglione F. e Stefanelli S., 2. ed., Torino, UTET, 2018, p. 517 ss.

19 Definito all’art. 1 come “l’essere umano di età inferiore ai diciotto anni, a meno che

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13 un vero e proprio statuto internazionale dei diritti del minore20. Infatti, la

Convenzione contiene un’elencazione specifica e dettagliata dei diritti riconosciuti al minore ed è un atto dotato di valore vincolante per gli stati che lo ratificano, a differenza delle Dichiarazioni di Ginevra. Anche l’Italia ha provveduto a ratificarla con la legge 27 maggio 1991 n. 176 e questo significa che principi e norme sono direttamente applicabili nel nostro sistema giuridico.

All’art. 3 troviamo la nozione di “migliore interesse del fanciullo”, già esplicitata nella Dichiarazione universale del 195921, ma che adesso diventa

un principio cardine che deve avere considerazione prioritaria in tutte le decisioni riguardanti i minori emesse da organi legislativi, esecutivi o amministrativi. Inoltre, sempre in base all’art.3: “gli Stati parti si impegnano ad assicurare al fanciullo la protezione e le cure necessarie al suo benessere” e “vigilano affinché il funzionamento di istituzioni, servizi e istituti che hanno la responsabilità dei fanciulli e che provvedono alla loro protezione sia conforme alle norme stabilite dalle Autorità competenti, in particolare nell'ambito della sicurezza e della salute”.

L’art. 6 sancisce il diritto alla vita e impegna gli stati ad assicurare la sopravvivenza e lo sviluppo del minore. Centrale è l’art. 24 che non si limita a enunciare “il diritto del minore di godere del miglior stato di salute possibile e di beneficiare di servizi medici e di riabilitazione”, ma individua in maniera dettagliata gli obiettivi che devono raggiungere gli stati per garantirne l’attuazione (par. 2). In particolare, si impegnano a ridurre la mortalità infantile, assicurare l’assistenza medica e le cure sanitarie necessarie a tutti i minori, lottare contro le malattie e diffondere l’informazione e l’educazione sanitaria. Al par. 4 si incoraggia poi la

20 Cfr. MORO A. C., op. cit., pp. 9-10; CUNDARI R., op. cit., p. 144 ss.; SCAGLIONE F., op.

cit., p. 521.

21 All’art. 7 si affermava che l’interesse del minore “deve essere la guida di coloro che

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14 cooperazione internazionale per assicurare la piena realizzazione del diritto alla salute del minore su scala mondiale.

È interessante come dai lavori preparatori della Convenzione emerga che nel testo definitivo non è stato inserito un paragrafo relativo al consenso del minore a esperimenti o trattamenti medici e scientifici, poiché sullo stesso non si è trovato un accordo22. Il testo originale prevedeva la necessità del

consenso del minore “dato liberamente e con cognizione di causa” o all’occorrenza di quello dei suoi genitori, specificando che i trattamenti non dovevano essere nocivi per il bambino, ma nell’interesse della sua salute. Il Portogallo, ad esempio, aveva chiesto che fosse precisato che qualsiasi esperimento medico o scientifico dovesse corrispondere a una necessità e un vantaggio per il bambino che ne fosse oggetto e non solo avere come scopo la sua salute in generale. Non è presente, dunque, una norma che tuteli in maniera specifica il minore da sperimentazioni, manipolazioni genetiche o trapianti, anche se una tutela in questo senso è comunque ricavabile dalle disposizioni che proteggono il fanciullo da ogni forma di sfruttamento, abuso, maltrattamento e violenza23.

Tra gli altri articoli è importante menzionare l’art. 17 che riconosce il diritto all’informazione del minore, anche in ambito sanitario e l’art. 27 relativo al diritto di ogni fanciullo a un tenore di vita che consenta il suo sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale e sociale.

Nel complesso, dalla Convenzione emerge una tutela del minore in tutte le manifestazioni della sua personalità, sia considerato singolarmente, sia nella sua rete di relazioni familiari e, più in generale, sociali. Vengono delineati diritti fortemente relazionali, per la cui attuazione è necessario il supporto e il sostegno della famiglia, con un esercizio adeguato della responsabilità genitoriale, e della comunità24.

22 CUNDARI R., op. cit., pp. 146-147. 23 Artt. 19, 32, 34, 36, 37, 39.

24 Cfr. SCAGLIONE F., op. cit., p. 521; DI COSTANZO C., La tutela del diritto alla salute del minore. Riflessioni a margine della legge n. 219/2017, in BioLaw Journal – Rivista di BioDiritto,

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15 È stato istituito il Comitato ONU sui diritti del fanciullo (art. 43) con lo scopo di esaminare i progressi compiuti dagli stati nell’esecuzione degli obblighi derivanti dalla Convenzione25. Nel commento generale n. 4 del 2003

il Comitato ha chiarito che le nozioni di “salute e sviluppo” del minore, delineate negli artt. 6 e 24 della Convenzione, devono essere interpretate in maniera ampia ed estensiva. In particolare, gli stati devono “assicurare che gli adolescenti godano realmente del più alto standard di salute possibile, che si sviluppino in maniera equilibrata e che siano preparati adeguatamente a entrare nell’età adulta e ad assumere un ruolo costruttivo nelle loro comunità”.

3. Il diritto alla salute del minore nelle fonti europee

Quando parliamo di fonti europee intendiamo riferirci sia agli atti emanati dagli organi dell’Unione Europa, sia a quelli emanati dal Consiglio d’Europa, che, è utile ribadire, è un’organizzazione internazionale indipendente.

Tra gli atti adottati dal Consiglio di Europa, uno dei più importanti è la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU)26, che oltre a sancire il

diritto alla vita (art. 2) e il divieto di torture, pene e trattamenti inumani o degradanti (art. 3), configura la tutela della salute come elemento fondamentale in grado di limitare l’esercizio di altri diritti essenziali, come il rispetto della vita privata e familiare (art. 8), la libertà di manifestare la propria religione (art. 9), la libertà di espressione (art. 10) e la libertà di riunione e associazione (art. 11)27. La Corte EDU si è espressa molte volte in

25 DI COSTANZO C., op. cit., p. 304.

26 Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali,

adottata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata dall’Italia il 26 ottobre 1955 e resa esecutiva con la l. 4 agosto 1955 n. 848.

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16 materia di tutela del diritto alla vita e alla salute del minore, come con la sentenza sul caso Gard e altri vs Regno Unito28.

La Carta Sociale Europea (CSE), adottata nel 196129 e rivista nel 1996,

riconosce il diritto alla protezione della salute (art. 11) e quello all’assistenza sociale e medica (art. 13), precisando le misure che gli stati si impegnano ad adottare per assicurarne l’esercizio effettivo, come la previsione di servizi di educazione per il miglioramento della salute e lo sviluppo del senso di responsabilità individuale in materia di salute. Il diritto alla salute è definito in maniera simile ad altri documenti internazionali e alla stessa Costituzione OMS: “the right to benefit from any measures enabling to enjoy the highest possible standard of health attainable”.

Merita di essere menzionata la Convenzione europea sull’esercizio dei diritti dei minori, adottata dal Consiglio d’Europa a Strasburgo nel 199630 per

garantire l’effettività dei diritti riconosciuti dalla Convenzione di New York del 1989. Infatti, il testo prevede delle misure per promuovere i diritti del minore, in particolare nei procedimenti in materia familiare attraverso la sua diretta partecipazione31.

Nella Convenzione di Oviedo32, approvata dal Consiglio d’Europa nel

1997, all’art. 1 gli stati firmatari proclamano che la sua finalità è quella di proteggere la dignità e l’identità dell’uomo e garantire ad ogni persona, senza distinzioni, il rispetto della sua integrità e dei suoi diritti e libertà fondamentali, con riferimento alle applicazioni della medicina e della

28 Corte eur. dir. uomo I sez., 28 giugno 2017, ric. n. 39793/17 del 2017, Gard vs United

Kingdom, in Nuova giur. civ. comm., 2017, X, p. 1351 ss.

29 Sempre dal Consiglio d’Europa e ratificata dall’Italia sia nella versione originale nel

1965, che nella versione rivista nel 1999 con la legge n. 30.

30 L’Italia ha ratificato e dato esecuzione alla Convenzione con l. 20 marzo 2003 n.77. 31 Il tema sarà oggetto di approfondimento nel cap.3.

32 Convenzione per la protezione dei Diritti dell’Uomo e della dignità dell’essere umano

nei confronti delle applicazioni della biologia e della medicina: Convenzione sui Diritti dell’Uomo e la biomedicina, ne è stata autorizzata la ratifica dell’Italia con l. 28 marzo 2001 n. 145, ma non sono ancora stati depositati gli strumenti per la ratifica presso il Consiglio d’Europa.

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17 biologia. Il concetto di integrità psico-fisica viene utilizzato in un’accezione più ampia, andando a ricomprendere la concezione soggettiva di salute collegata alla percezione di sé, come declinata dall’OMS, e che si rapporta, quindi, con la propria identità e dignità33.

All’art. 2 si afferma il primato dell’uomo sugli interessi della società e della scienza e all’art. 3 gli stati si impegnano ad assicurare un accesso equo alle cure sanitarie. In tema di tutela della salute sono basilari l’art. 5, dove troviamo espresso il principio del consenso libero e informato come fondamento della legittimità di un intervento medico e l’art. 6, che affronta il problema del consenso ai trattamenti sanitari dei minori. Del principio del consenso informato parleremo in maniera più approfondita nel terzo capitolo, ma occorre fin da ora sottolineare la centralità di questa Convenzione per i temi che affronta e anche se non è vincolante nel nostro ordinamento, i giudici spesso vi hanno fatto riferimento, soprattutto prima della legge n. 219 del 2017. In particolare, con riguardo ai minori, l’art. 6 specifica come un intervento su persona incapace di esprimere il consenso può essere effettuato solo a beneficio della stessa e che il parere del minore è un fattore determinante nella decisione34.

Se parliamo, invece, degli atti emanati dagli organi dell’UE, i primi interventi sono alcune direttive CEE35. La direttiva del Consiglio n. 88/378 del

1988 relativa al riavvicinamento della legislazione degli stati membri sulla sicurezza dei giocattoli ha fissato i requisiti essenziali di sicurezza da rispettare all’interno del territorio comunitario per garantire la sicurezza e la salute del bambino. Le direttive della Commissione n. 90/35 e 91/442 hanno definito le categorie di preparati tossici o pericolosi che devono avere imballaggi muniti di chiusura di sicurezza per i bambini e/o un’indicazione di pericolo avvertibile al tatto. La direttiva della Commissione n. 91/321 del 1991 ha stabilito le prescrizioni che devono rispettare la composizione e

33 DURANTE V., La salute come diritto della persona, cit., p. 582. 34 Per il testo completo vedi www.coe.int.

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18 l’etichettatura degli alimenti per lattanti e degli alimenti di proseguimento destinati alla somministrazione nella Comunità.

Con il Trattato sull’Unione Europea (TUE), firmato a Maastricht nel 1992, la tutela della salute è stata inserita tra le materie di competenza concorrente dell’allora Comunità ed è stato introdotto l’art. 129 dedicato alla sanità pubblica. La versione attuale del TUE è stata siglata a Lisbona nel 2007 insieme al Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE)36.

Nel TUE agli art. 3 e 4 troviamo un’attenzione alla promozione dei diritti del minore, anche nelle relazioni con il resto del mondo37. Nel TFUE il titolo

XX con l’unico art. 168 (ex art. 129 TUE) afferma che “Nella definizione e nell'attuazione di tutte le politiche ed attività dell'Unione è garantito un livello elevato di protezione della salute umana”, ponendo poi una serie di obiettivi più specifici, in merito al raggiungimento dei quali l’azione dell’UE completa quella degli stati membri. Meritano di essere menzionati anche l’art. 153 che riguarda la salute dei lavoratori, l’art. 169 relativo a quella dei consumatori e l’art. 191 sulla tutela dell’ambiente connessa alla protezione della salute umana.

Tramite il Trattato di Lisbona è stata resa vincolante anche la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea nella versione del 200738, dove si

antepone l’inviolabilità della dignità (art. 1) al diritto alla vita (art. 2) e all’integrità fisica e psichica (art. 3). La dignità diventa il valore supremo in base al quale rileggere la tutela della vita e della integrità, che si lega al diritto all’autodeterminazione esercitato con il consenso (art. 3 par. 2)39. In

questo senso “il diritto alla salute potrebbe essere inteso non tanto o non solo come diritto a essere sani e dunque a curarsi, usufruendo di trattamenti sanitari capaci di migliorare la propria condizione, ma quale diritto anche a

36 In vigore dal 1° dicembre 2009, vedi www.eur-lex.europa.eu per i testi completi. 37 SCAGLIONE F., op. cit., p. 526.

38 Approvata inizialmente a Nizza nel dicembre 2000, doveva essere inclusa nella

Costituzione europea, ma, dopo il fallimento di questa, nel 2007 è stata proclamata a Strasburgo una versione adattata del testo.

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19 non curarsi, quando le cure non siano (o non siano percepite come) funzionali ad uno stare (di nuovo) bene”40.

L’art. 24, dedicato ai diritti dei bambini, tutela anche la loro salute al par. 1 (“I minori hanno diritto alla protezione e alle cure necessarie per il loro benessere”)41, inoltre, stabilisce che le esigenze di protezione devono essere

bilanciate con il rispetto della loro volontà, che deve essere tenuta in considerazione in funzione dell’età e della maturità dei minori. L’art. 35 tutela, invece, il diritto alle prestazioni sanitarie in base alle condizioni stabilite dalle legislazioni nazionali42.

4. Il diritto alla salute del minore nell’ordinamento

italiano

La Costituzione italiana non delinea uno statuto specifico di tutela del minore, ma inserisce il favor minoris nella generale promozione dei diritti dell’uomo43. Infatti, l’art. 2, che riconosce e garantisce i diritti involabili ad

ogni individuo anche all’interno delle formazioni sociali, dove si esplica la sua personalità, e l’art. 3, che afferma il diritto di ogni uomo a veder rimossi gli ostacoli concreti che impediscono il pieno sviluppo della persona, riguardano anche, e in particolare, il minore in quanto soggetto “debole”, poiché ancora in formazione. Si rende necessario, quindi, ridurre al minimo le occasioni di prevaricazione da parte degli adulti e favorire le occasioni di sviluppo nei confronti del minore, per aiutarlo nel raggiungimento della piena maturità.

40 DELLE MONACHE S., La nuova disciplina sul “testamento biologico” e sul consenso ai trattamenti medici, in Riv. di dir. civ., 2018, IV, p. 1000.

41 Riprende l’art. 3 della Convenzione di New York del 1989 sia nel citato par. 1, che nel

par. 2, nella preminenza che deve essere data all’interesse del minore.

42 L’art. 5 proclama: “Ogni individuo ha il diritto di accedere alla prevenzione sanitaria e

di ottenere cure mediche alle condizioni stabilite dalle legislazioni e prassi nazionali. (…)”

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20 Nella Costituzione solo l’art. 31 dedica un’attenzione specifica alla tutela dell’infanzia e della gioventù, collegandola alla tutela della famiglia.

Della salute si occupa l’art. 32 che la tutela “come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”44. Si tratta di un diritto inviolabile

riconosciuto a ogni essere umano, anche al minore, che richiederà modalità di tutela particolari, adeguate alla sua qualità di soggetto in formazione. Il fatto che la tutela della salute sia anche un interesse della collettività significa che l’intera organizzazione sociale deve attivarsi affinché questo bene primario sia ottenuto, se assente, o non sia compromesso, se già posseduto.

Per comprendere pienamente il contenuto dell’art. 32, la salute non deve essere considerata un valore a sé stante, ma deve essere collegata alla più ampia tutela della persona umana (art. 2), al principio di uguaglianza (art. 3), alla libertà personale (art. 13)45, alle norme che tutelano le espressioni

sociali della persona (famiglia, lavoro…) e, per quanto riguarda il minore, all’art. 31.

Possiamo sostenere che, con la Costituzione, ha fatto ingresso nel nostro ordinamento una nuova idea di salute, incentrata sulla persona, rispetto alla legislazione fascista precedente, finalizzata alla realizzazione del solo interesse pubblico.

Questo nuovo concetto di salute, dal quale è scaturita una tutela più ampia del diritto alla salute, si è affermato grazie all’influenza del diritto internazionale e al recepimento della Costituzione OMS. Il mutamento di prospettiva, però, inizialmente è stato solo formale, non avendo avuto immediata attuazione nell’interpretazione data all’art. 32 da parte del legislatore, della dottrina e della giurisprudenza. Per molto tempo l’Italia è

44 Sull’evoluzione del concetto di salute e del diritto alla salute nel nostro ordinamento

cfr. MORO A. C., op. cit., pp. 232-233; DURANTE V., Dimensioni della salute, cit., p. 138 ss., Id., Salute e diritti tra fonti giuridiche e fonti deontologiche, cit., p. 572 ss.; Id., La salute come

diritto della persona, cit., p. 583 ss.; ZATTI P., op. cit., p. 1 ss.; D'ARRIGO C. M., Salute (diritto alla), in Enc. del dir., Agg. V, 2001.

45 Sulla connessione tra salute e libertà che dà vita al diritto all’autodeterminazione e al

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21 rimasta legata alla visione tradizionale della “salute pubblica” collegata principalmente alla pretesa degli indigenti di cure gratuite da parte dello stato. Questo corrispondeva all’allora interpretazione dell’art. 32 solo in senso programmatico: doveva ispirare la politica nazionale, ma non poteva essere direttamente applicato ai privati a tutela di un loro diritto soggettivo alla salute.

La norma, poi, è stata oggetto di una profonda evoluzione interpretativa, che nel corso degli anni ne ha trasformato contenuto e ambito di applicazione. Negli anni ’70 sono state approvate tre leggi che hanno portato a una revisione del concetto di salute come situazione strumentale allo sviluppo della personalità, legata non solo alla dimensione biologica, verso una progressiva identificazione con la definizione OMS. Allo stesso modo, anche il diritto alla salute ha iniziato ad essere letto in collegamento con gli altri principi costituzionali. La prima di queste leggi importanti è la n. 180 del 1978 sull’assistenza psichiatrica, che sottolinea la volontarietà dei trattamenti sanitari e che quelli obbligatori, se sono presenti le condizioni per attuarli, devono “essere accompagnati da iniziative rivolte ad assicurare il consenso e la partecipazione da parte di chi vi è obbligato”46, inoltre

devono essere effettuati “nel rispetto della dignità della persona e dei diritti civili e politici garantiti dalla Costituzione.”

La seconda è la legge sull’interruzione della gravidanza (n. 194 del 1978), dalla quale emerge, per la prima volta ad opera del legislatore italiano, un concetto di salute collegato non solo alla corretta funzionalità dell’organismo sulla base dei parametri biologici, ma all’idea di «bene» complessivo della donna, con riguardo anche agli aspetti psicologici, morali e sociali che formano le sue relazioni con il proprio corpo e con gli altri.

In questo senso è utile fare riferimento all’art. 4, in base al quale la donna nei primi 90 giorni è ammessa alla pratica dell’aborto quando “il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione o al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il

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22 concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito.” Si intravede, anche se non in maniera esplicita, la presenza dei tre elementi (fisico, psichico e sociale) della definizione OMS.

La terza è la legge di istituzione del Servizio Sanitario Nazionale (n. 833 del 1978), che tra le sue finalità menziona anche la tutela dell’infanzia e la diminuzione della mortalità infantile. All’art 1 proclama: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività mediante il servizio sanitario nazionale. La tutela della salute fisica e psichica deve avvenire nel rispetto della dignità e della libertà della persona umana (…)”. Viene ripreso il dettato dell’art. 32 della Costituzione, esplicitando la volontà di darne concreta attuazione con l’istituzione del Servizio Sanitario Nazionale. La salute è intesa come fisica e psichica, ma è evidente il collegamento con gli art. 2 e 13 della Costituzione nel riferimento alla dignità e alla libertà personale. Inoltre, attraverso il diritto a prestare il proprio consenso e a fruire o meno dei servizi di accertamento sanitario (art. 33), si inizia a dare rilevanza anche alla percezione soggettiva del proprio stato di salute da parte dell’individuo.

A questa evoluzione interpretativa, iniziata negli anni ’70, ha dato un importante impulso la giurisprudenza con una serie di decisioni, come la sentenza della Cassazione del 1973 n. 79647, dove per la prima volta la Corte

ha statuito che «la salute è riconosciuta dall’art. 32 Cost., come diritto fondamentale dell’individuo». A questa pronuncia ha fatto seguito la decisione della Suprema Corte del 1979, n. 517248, che dopo aver dichiarato

che “la salute, oltre e prima che essere oggetto di cura e di intervento da parte della collettività generale, è protetta in via primaria, incondizionata e assoluta come modo di essere della persona umana” e che “il trasparente riferimento all’art. 2 della Costituzione (...) esplicita ancor meglio sia il contenuto che il tipo della protezione”, afferma in maniera esplicita che tale tutela è quella propria “del diritto soggettivo, anzi del diritto assoluto”.

47 Cass. civ. 21 marzo 1973, n. 796, in Foro amm., 1974, I, p. 1 ss. 48 Cass. sez. un., 6 ottobre 1979, n. 5172, in Foro it., 1979, I, p. 2302 ss.

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23 L’art. 32 cessa così di essere letto come norma meramente programmatica e diventa norma direttamente precettiva, come è sottolineato dalla stessa Corte Costituzionale che, nel 197949, dichiara che il

diritto alla salute deve essere considerato “diritto primario, assoluto, pienamente operante nei rapporti tra privati.” In questo senso, la tutela della salute si qualifica sia come diritto sociale che come diritto di libertà, perché convivono in essa un aspetto pretensivo che consiste nella pretesa di prestazioni sanitarie nei confronti dell’organizzazione sanitaria pubblica e un aspetto negativo di difesa della salute personale da ingerenze esterne.

La Cassazione, con la sentenza 208 del 198850, aggiunge un elemento

fondamentale all’idea di salute nel nostro ordinamento: la salute ha il suo centro nella percezione che la persona ha di sé51. Infatti, la Corte stabilisce il

principio per cui la salute non si esaurisce nella mera assenza di malattia, ma è uno “stato di completo benessere che coinvolge gli aspetti interiori della vita quali avvertiti e vissuti dal soggetto stesso”, portando a un’adesione completa alla definizione OMS.

Il riconoscimento della salute come diritto individuale e la consacrazione del concetto di salute come declinato dall’OMS sono stati due passaggi fondamentali per l’affermazione del principio del consenso in ambito sanitario. Il diritto alla salute nel suo aspetto di diritto di libertà è strettamente dipendente dal concetto di salute, quindi essendosi esteso il secondo, lo stesso è avvenuto col primo e ha portato al riconoscimento dell’autodeterminazione in ambito sanitario. Questa è stata definita come la «pretesa a che tutti si astengano dal limitare o condizionare la propria condizione psicofisica attuale ed il suo divenire”52, evitando di frapporre

ostacoli nelle scelte che riguardano il proprio sé e come godere della propria salute. La libertà di autodeterminazione arriva così a ricomprendere sia gli

49 Corte cost., 26 luglio 1979, n. 88, in Foro it., 1979, I, p. 2542 ss. 50 Cass. civ., 14 gennaio 1988, n. 208, in Quadrimestre, 1988, p. 433 ss. 51 ZATTI, op. cit., p. 3.

52 Durante, Salute e diritti tra fonti giuridiche e fonti deontologiche, cit., p. 578 cita

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24 atti positivi del titolare, sia la sua inerzia come nel rifiuto di cure, sia gli atti negativi come una lesione della propria integrità fisica.

Approfondiremo nei capitoli successivi i rapporti tra salute e autodeterminazione e lo spazio guadagnato dal minore in questo campo, dove è stato ampliato progressivamente il suo coinvolgimento.

Un passaggio ulteriore nell’evoluzione del diritto alla salute si è avuto con l’estensione della sua tutela anche agli ambienti di vita, come la scuola e il lavoro, dove ogni soggetto e anche il minore, si aggrega ed esprime la propria personalità e ha il diritto di farlo in “condizioni propizie” per la propria salute53. Infatti, il diritto alla salute deve preservare e favorire il

benessere globale della persona anche nelle sue attitudini relazionali e sociali.

Con riferimento poi alla tutela del bambino ospedalizzato54, sono state

adottate la Carta dei diritti del bambino in ospedale del 200555, la Carta dei

diritti dei bambini e degli adolescenti in ospedale del 200856 e il Codice del

diritto del minore alla salute e ai servizi sanitari del 201257. Si tratta, non di

testi normativi, ma di atti di soft law che si occupano di tutela dell’identità del minore, garantendogli il diritto alla continuità affettiva e relazionale, di tutela del diritto alla salute e all’accesso ai servizi sanitari, garantendogli il miglior livello di cura e assistenza e la partecipazione alle decisioni mediche

53 Con la già citata sentenza n. 5172 del 1979, vedi in particolare Durante, Salute e diritti tra fonti giuridiche e fonti deontologiche, cit., p. 581 ss.

54 Cfr. DI COSTANZO C., op. cit., p. 305; DE PAMPHILIS M., La tutela della salute del minore tra autonomia dei genitori e intervento pubblico, nota a Trib. Roma, Sez. I civ., 16.02.2017, in Fam. dir., 2017, 12, p. 1110.

55 Una carta adottata da quattro importanti ospedali pediatrici italiani: il Meyer di Firenze,

il Burlo Garofolo di Trieste, il Bambin Gesù di Roma, il Gaslini di Genova.

56 Una carta elaborata dall’Associazione per il Bambino in ospedale (Abio) in

collaborazione con la Società Italiana di Pediatria (SIP).

57 Il Codice è stato presentato al Ministero della Salute il 6 febbraio 2012 e aggiornato da

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25 che lo riguardano, coinvolgendolo con l’informazione e nell’espressione del consenso.

Il Codice del diritto del minore alla salute e ai servizi sanitari, in particolare, è il prodotto della collaborazione di istituzioni e associazioni che operano nel campo dei diritti dei minori e della sanità pediatrica ed è stato proposto per la sottoscrizione a tutte le strutture sanitarie presenti in Italia destinate ad ospitare minori. Il suo obiettivo è quello di migliorare la prassi dei rapporti tra minori, famiglie e personale sanitario, considerando i minori come soggetti attivi dotati di diritti e non più solo come oggetto di cura.

Rappresenta un importante passo avanti nella tutela dei diritti dei minori in campo sanitario, anche perché segue e cerca di attuare i principi della Convenzione sui diritti del fanciullo del 1989. Infatti, riprende il principio del superiore interesse del minore da attuare nel caso concreto (art. 2), il riconoscimento dei diritti del minore alla salute (art. 3), all’ascolto e alla partecipazione (art. 5), a non provare dolore (art. 8), all’informazione circa le condizioni di salute e le procedure di cura (art. 11), alla riservatezza (art. 17), al gioco (art. 19) e all’istruzione (art. 20). È utile menzionare anche l’art. 13 che afferma il diritto del minore di esprimere liberamente il proprio consenso o dissenso alle pratiche sanitarie che lo riguardano, in ragione della sua capacità di discernimento, che deve essere valutata dal medico.

Occorre ricordare, infine, che con la legge 12 Luglio 2011 n. 112 è stata istituita l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza con la finalità di “assicurare la piena attuazione e la tutela dei diritti e degli interessi delle persone di minore età, in conformità a quanto previsto dalle Convenzioni internazionali (…) nonché dal diritto dell’Unione Europea e dalle norme costituzionali e legislative nazionali vigenti” (art. 1)58. Tra le sue competenze,

“verifica che alle persone di minore età siano garantite pari opportunità nell’accesso alle cure e nell’esercizio del loro diritto alla salute (…)”59. Si

tratta di un altro importante traguardo per garantire non solo il riconoscimento formale di diritti al minore, ma soprattutto una loro tutela

58 SCAGLIONE F., op. cit., p. 527. 59 Art. 3 comma 1 lettera e).

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26 effettiva, infatti, l’Autorità può segnalare al Governo, alle regioni e agli enti locali e territoriali le iniziative opportune per assicurare la promozione e la tutela dei diritti dei minori con riferimento anche al diritto alla salute (art. 3 lettera h)).

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CAPITOLO 2: LA CONDIZIONE GIURIDICA DEL

MINORE

1. Il dogma dell’incapacità assoluta d’agire

Tradizionalmente, la condizione giuridica del minore di età viene ricollegata al dogma dell’incapacità assoluta di agire60. In base all’art. 2 c.c.

ogni individuo acquista la capacità di agire al raggiungimento della maggiore età (18 anni), quindi per il minore è esclusa “la capacità di compiere tutti gli atti giuridici per cui non sia stabilita un’età diversa”. Nel codice del 1942 la generale incapacità del minore rappresenta un fattore di collegamento tra famiglia e contratto, ma diventa anche il dogma di un nuovo ordine del sistema. Infatti, è l’allora patria potestà l’istituto che ha la funzione di sopperire all’incapacità del minore: il padre può compiere per il figlio tutti gli atti che ammettono rappresentanza, sia quelli patrimoniali (tranne il testamento), sia quelli personali, nel senso di attinenti alla personalità del figlio61.

La previsione della generale incapacità del minore è un rimedio per la sua inidoneità alla cura dei propri interessi, a tutela sua e del terzo, che potrebbe sfruttare la sua inettitudine per trarre vantaggio e recargli danno oppure potrebbe subire un atto pregiudizievole62. Si tratta di un’impostazione

60 Cfr. MOSCATI E., Il minore nel diritto privato, da soggetto da proteggere a persona da valorizzare, in Dir. fam. pers., 2014, III, p. 1141 ss.; BUSNELLI F. D., Capacità e incapacità di agire del minore, in Dir. fam. pers., I, 1982, p. 54 ss.; GIARDINA F., La condizione giuridica del minore, Jovene Editore Napoli, 1984, p. 44 ss.; PICCINNI M., Il consenso al trattamento medico del minore, Padova, CEDAM, 2007, p. 89 ss.; SENIGAGLIA R., “Consenso libero e informato” del minorenne tra capacità e identità, in Rass. dir. civ., 2018, IV, p. 1318 ss.

61 Un eco di questa previsione è presente all’art. 320 c.c.

62 GIARDINA F., op. cit., p. 44 ss.; Id., I rapporti personali tra genitori e figli alla luce del nuovo diritto di famiglia, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1977, IV, p. 1354 ss.; MOSCATI E., op. cit.,

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28 paternalistica della tutela, che muove dall’idea di un collegamento tra incapacità e ogni tipo di negozio giuridico e che ha portato a un’estensione dello strumento della rappresentanza dalla cura del patrimonio a tutta l’attività giuridica anche di natura personale, per sottoporla a una disciplina comune per esigenze di razionalità del sistema. Questa estensione, che trova unico riscontro all’art. 2 c.c., è avvenuta senza adattare lo strumento della sostituzione alla tutela anche di interessi personali e col tempo ha mostrato i suoi limiti63.

L’entrata in vigore della Costituzione nel 1948 avrebbe dovuto essere un fattore decisivo per mettere in crisi il modello tradizionale di tutela degli incapaci64. Riconoscendo e garantendo “i diritti inviolabili dell’uomo, sia

come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità”65,

si riconoscono e garantiscono i diritti personali del minore all’interno della famiglia tramite il combinato disposto degli artt. 2 e 30 Cost. La tutela del minore all’interno della famiglia, attraverso il riconoscimento del diritto all’educazione (art. 30), gli permette l’esercizio delle sue libertà fondamentali con una progressiva parità di trattamento rispetto agli adulti, in relazione all’evolversi della sua personalità.

Questi principi non riescono a penetrare da subito all’interno di dottrina e giurisprudenza, che per lungo tempo rimangono legate alla tradizione dogmatica dell’incapacità assoluta del minore, continuando ad affermare che al minore non si può riconoscere nessuno spazio di autodeterminazione, ma solo la situazione giuridica della soggezione e che la regola dell’incapacità deve essere applicata anche agli atti di natura personale66.

A partire dagli anni Sessanta, però, trovano spazio anche riflessioni in senso contrario, infatti, parte della dottrina67 decide di prendere spunto

dalla presenza nel codice civile di alcuni indici che smentiscono l’idea del

63 GIARDINA F., La condizione giuridica del minore, cit., p. 46. 64 Ivi, p. 58 ss.

65 Art. 2 Cost.

66 GIARDINA F., op. ult. cit., p. 59 ss.

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29 minore come soggetto del tutto incapace di agire, per elaborare un diverso modello di tutela. Si pensi alla possibilità del minore che ha compiuto sedici anni di contrarre matrimonio in presenza di gravi motivi, senza che sia necessario il consenso dei genitori con l’autorizzazione del tribunale, che accerta il raggiungimento di una sufficiente maturità psico-fisica (art. 84 c.c.). Inoltre, il genitore che abbia compiuto sedici anni può riconoscere il figlio68 (art. 250 comma 5), quindi durante la minore età si acquista la piena

capacità rispetto al compimento di quell’atto.

Grazie anche alle riflessioni di tali interpreti69, il sistema incentrato

sull’incapacità assoluta del minore collegata a una condizione di assoluta soggezione nei confronti dei genitori, è stato oggetto di una revisione critica, perché ritenuto non più coerente con la posizione del minore nella società70.

Il legislatore ha voluto dare valore preminente all’interesse del minore e alla sua partecipazione alla vita familiare con una serie di interventi di riforma del diritto di famiglia, a partire dal 1975. Il punto di partenza è stato la constatazione che l’incapacità di agire del minore è differente da quella dell’interdetto e dell’inabilitato, perché è collegata non a un’infermità mentale, ma ad una qualità di soggetto che deve completare la propria maturazione e la formazione della propria personalità71. Questa differenza

di condizioni emerge già nella tutela degli interessi patrimoniali, poiché, il codice civile prevede che il contratto non possa essere annullato se il minore lo ha stipulato occultando la sua età con raggiri (art. 1426), quindi ingannando volontariamente la controparte. Inoltre, l’azione di annullamento può essere promossa dai genitori solo previa autorizzazione del giudice tutelare e sempre che l’annullamento del contratto corrisponda a “necessità o utilità evidente del figlio” (art. 320 comma 3). Questo significa

68 La disposizione è stata modificata più volte dal legislatore, l’ultima con la riforma della

filiazione del 2012 (l. 10 dicembre 2012 n. 219) che ha introdotto la possibilità del riconoscimento del figlio anche per i minori infra-sedicenni con l’autorizzazione del giudice e il riguardo per l’interesse del figlio.

69 BUSNELLI F. D., op. cit., p. 56 ss.; GIARDINA F., op. ult. cit., p. 189 ss. 70 MOSCATI E., op. cit., p. 1149 ss.

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30 che la minore età non è una causa automatica di annullabilità del contratto, come l’incapacità legale o giudiziale dell’interdetto, perché se manca una delle condizioni previste dalla legge, ad esempio l’autorizzazione del giudice, il contratto continuerà a produrre i suoi effetti. Si tratta di una prova eloquente del fatto che l’annullabilità del contratto stipulato dal minore non è una semplice misura protettiva, ma è una misura che trova la sua ragion d’essere nel perseguimento dell’esclusivo interesse del minore. Anche nella disciplina del matrimonio la minore età è trattata diversamente dalle altre cause di incapacità, poiché il minore di sedici anni può essere autorizzato dal tribunale a sposarsi, mentre l’interdetto per infermità di mente non può contrarre matrimonio in nessun caso (art. 85).

Il dogma del minore come indifferenziato “oggetto di protezione” è stato progressivamente superato dal legislatore, che è arrivato a considerare il minore soggetto di diritti nel presente e non solo in divenire, portatore di interessi rilevanti da far valere nel mondo giuridico72. Sono state prima

introdotte ipotesi in cui il minore deve essere sentito con riferimento a decisioni che lo riguardano spettanti a terzi, ad esempio nell’adozione del minore che abbia compiuto dodici anni73, e altre in cui l’assenso o il consenso

del minore è determinante per la produzione degli effetti dell’atto, come nel riconoscimento del figlio quattordicenne74 da parte del genitore naturale

(art. 250 comma 2 c.c.). Il legislatore ha riconosciuto una presenza sempre più attiva del minore nelle vicende familiari, arrivando ad introdurre un diritto generale all’ascolto del minore sia all’interno della famiglia che nei procedimenti in materia familiare (art. 315 bis comma 3 c.c.)75. Il medesimo

procedimento è avvenuto negli ambiti esterni alla famiglia, dove è stato

72 MOSCATI E., op. cit., p. 1151 ss.

73 Art. 7 comma 3 della l. 4 maggio 1983, n. 184, così sostituito dall'art. 7, l. 28 marzo

2001, n. 149.

74 L’articolo è stato modificato con la l. 10 dicembre 2012 n. 219, in precedenza l’età

prevista era di sedici anni.

75 Introdotto dalla legge del 2012 citata nella nota precedente, sarà trattato

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31 riconosciuto ampio spazio all’autodeterminazione del minore, ad esempio dalla legge 22 dicembre 1975, che ha consentito al minore (senza distinzioni di età) di richiedere personalmente gli interventi terapeutici e riabilitativi collegati all’uso di sostanze stupefacenti (art. 95). È utile menzionare anche la legge sull’interruzione della gravidanza76, che consente alla donna minore

di età di abortire nei primi 90 giorni dal concepimento senza il consenso dei genitori e contro il loro volere, con l’autorizzazione del giudice.

La tutela del minore nel diritto privato tende a concretizzarsi sempre di più nel riconoscimento di situazioni soggettive direttamente esercitabili dal minore, in particolare se collegate a vicende esistenziali77.

L’evoluzione del minore come soggetto dell’ordinamento si è prodotta in costanza delle norme che continuano a prevedere la sua incapacità legale, impedendo di creare un sistema razionale di strumenti di protezione del minore, diversificati a seconda degli interessi da tutelare78. L’incapacità

d’agire, infatti, continua ad essere concepita come istituto generale e assoluto, in contrasto con gli ampi spazi di autonomia guadagnati dal minore sia all’interno della famiglia che al suo esterno.

In quest’ottica, parte della dottrina79 ha proposto di ridimensionare

l’ambito di operatività della regola dell’art. 2 c.c.: nonostante la sua collocazione all’apertura del codice e la sua formulazione in termini generali, non dovrebbe essere attribuito valore assoluto a questa disposizione. Tale regola andrebbe riferita ai contratti e agli atti unilaterali tra vivi a contenuto patrimoniale, mentre per gli atti tra vivi a contenuto personale non esisterebbe nel codice una regola espressa. Per questi atti, che sono espressione della personalità del soggetto, una regola sarebbe ricavabile dall’art. 2 della Costituzione, che riconoscendo a ogni individuo i diritti inviolabili, impone di considerare anche il minore come soggetto dotato della piena capacità di esercitare i propri diritti personali, quando abbia

76 L. 22 Maggio 1978, n. 194. 77 BUSNELLI F. D., op. cit., p. 58. 78 GIARDINA F., op. ult. cit., p. 65 ss. 79 BUSNELLI F. D., op. cit., p. 60 ss.

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32 raggiunto una sufficiente maturità di giudizio. Argomentare diversamente sulla base dell’art. 2 c.c., significherebbe non riconoscere al minore i diritti e le libertà inviolabili o dissociarne titolarità ed esercizio, in aperta contraddizione con gli artt. 2 e 3 Cost. , che non operano distinzioni in ragione dell’età80. Pertanto, il minore, capace di comprenderne l’importanza

e dotato di sufficiente maturità di giudizio, potrebbe compiere atti di natura personale strumentali all’esercizio di diritti e libertà fondamentali e i suoi legali rappresentanti non potrebbero sostituirsi ad esso, considerando le sue scelte autonome giuridicamente irrilevanti o soccombenti rispetto alle proprie.

Tuttavia, finché il minore è incapace di intendere e di volere, i genitori dovrebbero attuare interventi protettivi per tutelare i suoi diritti, come quello alla salute (“attività di cura della persona” 81)82. Nel compimento di

questi atti, però, i genitori non agirebbero come rappresentanti legali del minore, sostituendosi a lui nell’esercizio di un diritto o libertà, ma ottemperando al dovere-diritto di mantenere, istruire ed educare i figli (art. 30 Cost.). Acquisita la capacità di intendere e di volere da parte del minore, gli interventi dei genitori diventerebbero educativi e si instaurerebbe un rapporto di diritti e doveri reciproci tra genitori e figli83. La capacità piena ed

esclusiva del minore di compiere atti di natura personale troverebbe il proprio limite nel rispetto dei vincoli educativi dei genitori (art. 315 bis comma 484). I genitori, invece, avrebbero il diritto di educare il figlio come

ritengono preferibile, ma nel rispetto delle sue capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni (art. 147 c.c.) e senza pregiudicare i suoi diritti e libertà fondamentali.

80 BUSNELLI F. D., op. cit., p. 59.

81 Formula usata dall’art. 357 c.c. con riferimento al tutore. 82 BUSNELLI F. D., op. cit., p. 64 ss.

83 Ivi, pp. 64-65.

84 L’art. impone ai figli di rispettare i genitori, specialmente in quanto educatori. Questo

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