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La legge n 219 del 2017 e i fondamenti del consenso informato

Capitolo 3: il trattamento sanitario del minore

I. La legge n 219 del 2017 e i fondamenti del consenso informato

La legge 22 dicembre 2017 n. 219, denominata Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento, ha finalmente introdotto una normativa generale in materia di consenso informato all’interno dell’ordinamento italiano176. Il primo comma dell’art.

174 RODOTÀ S., Introduzione, in Nascere e morire: quando decido io? (a cura di G. BALDINI

e M. SOLDANO), Firenze, University Press, 2011, p. VII.

175 Di tali Convenzioni si è detto nel cap. 1.

176 Sul principio del consenso informato nella legge 219 del 2017 cfr. BALDINI G., Prime riflessioni a margine della legge n°219/17, in BioLaw Journal – Rivista di BioDiritto, 2018, II,

60 1 richiama espressamente gli articoli 2, 13 e 32 della Costituzione e 1, 2 e 3 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, esplicitando gli interessi tutelati dalla legge: vita, salute, dignità e autodeterminazione della persona. Possiamo notare come il legislatore abbia recepito quanto affermato dalla giurisprudenza di legittimità prima del suo intervento.

In perfetta linea con i principi, l’art. 1 della legge 219, sempre al primo comma, precisa che “nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata, tranne che nei casi espressamente previsti dalla legge.” Il consenso informato, quindi, viene declinato nel potere di ogni individuo di scegliere il trattamento medico a cui sottoporsi, di rifiutarlo o di interromperlo in qualsiasi momento, poiché è nel consenso il fondamento della liceità dell’intervento del medico.

Per meglio comprendere la portata di questa affermazione, è utile partire da un’analisi dei principi: l’art. 2 della Costituzione permette di collocare il valore del consenso informato nel contesto di una Carta costituzionale improntata al principio personalista, cioè ispirata all’idea della centralità e del primato della persona umana come soggetto di diritti inviolabili177. In

questo senso, la tutela della persona si collega a una considerazione unitaria dei suoi aspetti fisici psichici e sociali, al rispetto della sua dignità e identità e alla valorizzazione della salute come benessere complessivo della persona, da cui deriva la libertà nelle scelte personali.

Per quanto riguarda l’art. 32, ci interessa il suo aspetto di tutela della salute come diritto individuale, perché è in quanto diritto del singolo che la salute si ricollega all’autodeterminazione178. In particolare, è evidente il

collegamento del principio del consenso con il comma 2 dell’art. 32 Cost.,

p. 97 ss.; BUGETTI M. N., La disciplina del consenso informato nella legge 219/2017, in Riv.

dir. civ., 2019, I, p. 106 ss.; ASTONE A., Autodeterminazione terapeutica e disposizioni anticipate di trattamento nella legge 22 dicembre 2107 n 219, in Dir. fam. pers., 2018, IV, p.

1516 ss.

177 FERRANDO G., Libertà, responsabilità e procreazione, Padova, CEDAM, 1999, p. 10 ss. 178 FERRANDO G., op. ult. cit., p. 15 ss.

61 relativo ai limiti ai trattamenti sanitari obbligatori. L’intervento contro la volontà della persona è ammesso da parte dello stato solo in presenza di una condizione formale (riserva di legge) e una sostanziale (rispetto della persona umana).

Inoltre, la Corte costituzionale179, in tema di vaccinazioni obbligatorie, ha

precisato che il principio generale in ambito sanitario è l’autodeterminazione del singolo, perciò l’eccezione si giustifica in funzione di un interesse generale, la tutela della salute pubblica, e non soltanto per la tutela della salute individuale. “La legge impositiva di un trattamento sanitario non è incompatibile con l’art. 32 Cost. se il trattamento sia diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri, giacché è proprio tale ulteriore scopo, attinente alla salute come interesse della collettività, a giustificare la compressione di quella autodeterminazione dell’uomo che inerisce al diritto di ciascuno alla salute in quanto diritto fondamentale” 180.

Da queste considerazioni si deduce che il trattamento medico presuppone sempre la volontà della persona, quindi non è ammissibile in assenza o contro la volontà del paziente, fuori dai casi previsti dalla legge.

Il terzo riferimento alla Costituzione è l’art. 13, poiché il principio del consenso ha le sue basi anche nella libertà personale, che implica un generale potere di autodeterminazione rispetto alle vicende personali181. La

libertà personale può essere limitata solo per tutelare interessi confliggenti con peso e valore comparabili, come le esigenze di tutela della salute pubblica nei trattamenti sanitari obbligatori oppure la tutela della vita del nascituro, nel caso dei limiti posti dalla legge182 all’aborto dopo i primi 90

giorni dal concepimento.

È importante sottolineare che il riferimento alla libertà personale, rispetto al riferimento al diritto alla salute, ha sia un ambito di applicazione

179 Corte Cost. 22 giugno 1990, n. 307, in Corr. Giur., 1990, p. 1018. 180 Vedi la sopra citata sentenza della Corte cost.

181 FERRANDO G., op. ult. cit., p. 23 ss. 182 La già citata legge n. 194 del 1978.

62 più ampio, che si estende oltre i confini del rapporto terapeutico per comprendere l’autodeterminazione in ogni scelta personale, sia uno scopo più ampio, visto che all’art. 32 si valorizza l’autodeterminazione dell’individuo in vista della tutela della salute, mentre all’art. 13 la si tutela in sé stessa, senza alcuna finalità specifica183.

La libertà, poi, può essere intesa sia in un aspetto passivo come libertà di non subire atti o interventi privi di giustificazione imposti da terzi (libertà da), sia in un aspetto attivo come libertà di fare tutto ciò che non è vietato dalla legge (libertà di). Nel primo aspetto viene valorizzato il diritto di opporsi all’ingerenza altrui sulla propria persona, mentre nel secondo aspetto l’autonomia del soggetto e la libertà di disporre del proprio corpo. Comunque sia intesa, nucleo essenziale della libertà personale, come affermato più volte dalla Corte Costituzionale184, è l’inviolabilità fisica della

persona, che deve essere tutelata in quanto tale, indipendentemente da valori come la salute e la dignità.

Considerato tutto ciò, il fondamento del consenso informato nell’art. 13 completa quanto detto in merito all’art. 32 comma 2 e rende possibile una tutela dell’autodeterminazione del soggetto anche quando la sua scelta produrrà conseguenze negative sulla sua situazione clinica, fino anche a condurre alla sua morte185. In tal caso un intervento del medico contro la

volontà del paziente e orientato alla tutela della sua salute, sarebbe illecito proprio in quanto limiterebbe la libertà della persona di disporre in modo autonomo di sé e della propria vita.

Il rinvio ad alcune disposizioni della Carta Europea, tutte collocate nel capo I dedicato alla dignità, completa la definizione degli interessi protetti. Anteporre l’inviolabilità della dignità umana (art. 1) al diritto alla vita (art. 2) e all’integrità fisica e psichica (art. 3) significa che la tutela del benessere globale della persona e il rispetto delle sue scelte informate e consapevoli

183 FERRANDO G., op. ult. cit., p. 24.

184 Tra le altre, Corte Cost. 9 luglio 1996 n. 238, in Fam. dir., 1996, p. 419 ss. 185 FERRANDO G., op. ult. cit., p. 29 ss.

63 devono sempre prevalere, anche quando da quelle scelte consegua il sacrificio del bene della vita186. Il diritto all’autodeterminazione del paziente

non deve incontrare alcun limite: non esiste nel nostro ordinamento un dovere di curarsi, esiste, invece, un diritto a non curarsi e a “vivere le fasi finali della propria esistenza secondo canoni di dignità propri dell’interessato e finanche di lasciarsi morire”187.

II. Il rifiuto di cure e l’evoluzione del rapporto terapeutico

La recente legge ha posto fine ad un lungo dibattito sui limiti posti alla libertà di cure, infatti, nella visione tradizionale il diritto alla salute e il diritto all’autodeterminazione sono stati spesso considerati come diritti potenzialmente contrapposti nei casi in cui la libertà del paziente si esprimeva nel rifiuto o nell’interruzione di cure migliorative del suo stato di salute o di cure salvavita188.

Tale visione ha subito un ribaltamento grazie all’emersione della concezione di salute come benessere globale della persona con esigenze e bisogni specifici collegati alla sua unicità e alle condizioni in cui vive. In questo modo, il principio di autodeterminazione ha potuto declinarsi nel suo risvolto negativo come rifiuto di cure e questo è stato sancito anche a livello positivo con la legge n. 219 del 2017189.

L’art. 1 comma 5 disciplina in maniera dettagliata il rifiuto di cure, affermando che “ogni persona capace di agire ha il diritto di rifiutare, in tutto o in parte, con le stesse forme di cui al comma 4, qualsiasi accertamento diagnostico o trattamento sanitario indicato dal medico per la sua patologia o singoli atti del trattamento stesso. Ha inoltre, il diritto di revocare in qualsiasi momento, con le stesse forme di cui al comma 4, il consenso prestato, anche quando la revoca comporti l’interruzione del trattamento”.

186 BALDINI G., op. cit., p. 102 ss. 187 Cass. 16 ottobre 2007 n. 21748, cit.

188 BUGETTI M. N., op. cit., p. 114 ss.; ASTONE A., op. cit., p. 1524 ss. 189 BUGETTI M. N., op. cit., p. 115.

64 La norma distingue tra rinuncia o rifiuto: con il termine “rinuncia” si fa riferimento all’interruzione di un trattamento già in essere con la revoca (sempre possibile) del consenso del paziente, mentre col termine “rifiuto” si intende la mancata somministrazione del trattamento medico per un dissenso già manifestato prima dell’inizio delle cure190.

Il comma 6 è volto, da una parte, a ribadire come il diritto all’autodeterminazione del paziente debba essere rispettato in ogni sua declinazione (“Il medico è tenuto a rispettare la volontà espressa dal paziente di rifiutare il trattamento sanitario o di rinunciare al medesimo”) e, dall’altra, a sottolineare che il medico “è esente da responsabilità civile e penale”191. Sembrerebbe una disposizione superflua, ma, in realtà, nel

contesto in cui è inserita, è utile a garantire l’effettività dei diritti del paziente, specialmente in merito al rifiuto di cure, visto che prima della legge un ostacolo importante al rispetto della volontà del paziente era proprio il timore del medico di incorrere in una responsabilità per il mancato intervento.

I commi 5 e 6, però, devono essere coordinati con il comma 7 dell’art. 1, secondo il quale “nelle situazioni di emergenza o di urgenza il medico o i componenti dell’equipe sanitaria assicurano le cure necessarie, nel rispetto della volontà del paziente ove le sue condizioni cliniche e le circostanze consentano di recepirla”. In continuità con quanto già avveniva in passato, quando ci si trovi in una situazione di emergenza, in cui non è possibile acquisire il consenso del paziente, l’intervento del medico per porre in essere tutte le cure necessarie per salvaguardare la salute e la vita del paziente è legittimato dallo stato di necessità192.

La legge, perciò ha confermato la prevalenza del diritto all’autodeterminazione sul diritto alla salute e alla vita, come già affermato dalla giurisprudenza193, consentendo all’individuo di rifiutare qualsiasi

190 BUGETTI M. N., op. cit., p. 115. 191 BUGETTI M. N., op. cit., p. 117 ss. 192 BUGETTI M. N., op. cit., p. 116.

65 trattamento, anche necessario alla sopravvivenza, per vivere secondo le proprie aspettative e i propri canoni di dignità.

Tutto ciò è l’esito anche del superamento del paternalismo nel rapporto terapeutico, che considerava il paziente solo come soggetto passivo, quasi in una posizione di soggezione rispetto al medico194. In questa prospettiva,

ogni scelta terapeutica del medico si presumeva conforme all’interesse del paziente, che aveva il dovere di affidarsi al medico. Si giunge, invece, a un rapporto declinato come “alleanza terapeutica”, in cui il paziente deve interagire col medico nell’espressione del consenso, che non deve essere solo un momento burocratico, ma un momento di dialogo improntato a far emergere il vissuto e l’identità del malato. Se la salute non può essere determinata solo in termini oggettivi, ma deve tenere conto anche dell’esperienza individuale, la scelta terapeutica non può essere fatta solo dal medico, in forza delle sue competenze scientifiche, ma deve essere il risultato di un processo dialettico tra medico e paziente.

Di tutto ciò prende atto la legge n. 219 che al comma 2 dell’art. 1 precisa: “E’ promossa e valorizzata la relazione di cura e di fiducia tra paziente e medico che si basa sul consenso informato nel quale si incontrano l'autonomia decisionale del paziente e la competenza, l'autonomia professionale e la responsabilità del medico”. È evidente il tentativo di superare l’asimmetria di poteri tra il medico che decide, in quanto grazie alle sue competenze è in grado di farsi interprete del bene del paziente, e il paziente che è soggetto alla decisione altrui195. Il malato è protagonista

insieme al medico del rapporto terapeutico, il cui centro è il consenso (o dissenso) informato, che sarà il risultato dell’incontro tra la volontà del paziente e la competenza e la professionalità del medico.

Elemento fondamentale di questa relazione è l’attività informativa svolta del medico nei confronti del paziente, perché funzionale all’esercizio del suo

194 FERRANDO G., Diritto alla salute e autodeterminazione tra diritto europeo e Costituzione, pp. 9-12; FASAN M., op. cit., p. 8 ss.; ASTONE A., op. cit., p. 1508 ss.

66 diritto all’autodeterminazione196. Solo grazie a una chiara, corretta ed

esaustiva informazione, il paziente è in grado di adottare poi una decisione consapevole in merito al trattamento sanitario. Infatti, l’art. 1 comma 3 gli riconosce un vero e proprio “diritto di conoscere le proprie condizioni di salute e di essere informata in modo completo, aggiornato e a lei comprensibile” in merito alla diagnosi, alla prognosi, ai benefici, ai rischi del trattamento proposto e alle possibili alternative e alle conseguenze del rifiuto dello stesso. La vastità dell’oggetto del diritto all’informazione del paziente intende permettergli di conoscere in maniera effettiva tutti gli aspetti della sua condizione di salute.

È importante che il momento informativo non sia una semplice trasmissione unilaterale di dati e informazioni, ma abbia una dimensione bilaterale197. Dovrà consistere in uno scambio di informazioni: da un lato,

quelle di natura tecnico-scientifica del medico che aiutano il paziente a comprendere il suo stato di salute e tutti gli aspetti dell’intervento proposto e, dall’altro, quelle di natura personale del paziente, attraverso le quali possa comunicare le proprie perplessità ed esigenze, facendo emergere la propria individualità e i propri valori morali.

La norma prevede, sempre in linea col rispetto dell’autodeterminazione del paziente, la possibilità di rifiutare in tutto o in parte la comunicazione delle informazioni o di indicare un familiare o una persona di fiducia che possa riceverle ed esprimere il consenso in sua vece.

La persona diventa realmente parte attiva nelle decisioni riguardanti la sua salute, venendo riconosciuta protagonista della relazione terapeutica, in cui è libera di esprimere la propria volontà in base alla propria concezione di dignità umana, senza essere eccessivamente eterodiretta e condizionata dalla volontà del medico che con essa si trova ad interagire198.

196 FASAN M., op. cit., p. 17 ss. 197 FASAN M., op. cit., pp. 11 e 18. 198 FASAN M., op. cit., p. 25.

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