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Capitolo 3: il trattamento sanitario del minore

IV. Alcuni casi giurisprudenziali

Al momento non si sono ancora verificati casi giurisprudenziali di applicazione dell’art. 3 della legge n. 219 con riferimento specifico ai minori. In passato, però, la casistica si è sviluppata intorno al rifiuto delle vaccinazioni obbligatorie254, delle trasfusioni di sangue e delle terapie

oncologiche255.

Si affronteranno i casi relativi alle terapie oncologiche, dove la scelta dei genitori di non iniziare o proseguire le cure mediche scientificamente accettate dall’oncologia, soprattutto le applicazioni chemioterapiche, era

251 Ivi, pp. 1120-1121.

252 Art. 1 comma 2 della legge n. 219 del 2017.

253 Corte Cost. 13 giugno 2019, n. 144, in Foro it., 2019, I, p. 3024 ss. 254 Di cui parleremo ampiamente nel cap. 4.

255 VIGNALI C., La tutela della salute del minore, in Dir. fam. pers., 2005, IV, p. 1439 ss.;

86 comunque volta alla tutela della salute del figlio gravemente malato, di fronte alle poche certezze della medicina ufficiale. In particolare, i genitori intendevano sottoporre il figlio alla terapia alternativa del metodo Di Bella, non approvata dalle autorità preposte alla verifica dell’utilità e della non dannosità dei farmaci, perciò i medici chiedevano l’intervento del giudice per essere autorizzati a procedere con le cure approvate dalla medicina ufficiale256. È dovere del medico, infatti, valutare se la scelta dei genitori sia

pregiudizievole per l’interesse del figlio e nel caso invocare l’intervento del giudice, che dovrà ascoltare il minore, valorizzando la sua capacità di discernimento, per poi adottare la decisione nel suo interesse. In realtà, nei casi che si sono verificati, il figlio era d’accordo con i genitori nel rifiutare il trattamento, poiché aveva piena fiducia in loro e il giudice ha attribuito un peso significativo alla sua volontà, considerandola un elemento fondamentale.

Uno dei casi più famosi riguardava un bambino di nove anni malato di osteosarcoma osteoplastico midollare, per la cura del quale i medici proponevano la chemioterapia e l’amputazione di una gamba, trattamenti che avevano carattere di urgenza. Il tribunale minorile di Ancona257 aveva

sospeso la potestà genitoriale ex art. 333 c.c. e nominato un tutore provvisorio per il minore, dopo aver avuto notizia che quest’ultimo non era tornato presso l’ospedale per proseguire le cure e si trovava in Germania, dove era sottoposto al trattamento Di Bella. Il tribunale aveva poi revocato il precedente decreto258, poiché il minore era stato riportato in Italia

spontaneamente dai genitori per sottoporlo alle cure necessarie. Ritenendo, però, che permanesse un conflitto di interessi tra i genitori e il minore, per l’intenzione dei primi di sottoporlo alla cura del Prof. Di Bella, era stato nominato un curatore speciale per tutte le decisioni riguardanti le terapie mediche del bambino. I genitori avevano, pertanto, proposto reclamo avverso il provvedimento, chiedendo che venisse loro restituito l’esercizio

256 VERCELLONE P., op. cit., p. 1278 ss. 257 Decreto del 22 ottobre 1998 258 Provvedimento del 16 marzo 1999.

87 completo della potestà, poiché avevano diritto di decidere a quali trattamenti sottoporre il figlio, quando quelli proposti consistevano in un intervento altamente mutilante e nell’utilizzo di farmaci con pensanti effetti collaterali.

La Corte d’Appello di Ancona 259 aveva deciso di revocare il

provvedimento di nomina del curatore speciale, in primo luogo perché gli strumenti idonei per intervenire a tutela di un diritto personalissimo come quello alla salute del minore sono quelli dell’art. 333 c.c. e non quelli dell’art. 78 comma 2 c.c., che riguardano la tutela di interessi patrimoniali. Inoltre, domandandosi se la decisione dei genitori fosse la più idonea a salvaguardare il benessere psico-fisico del bambino, si era ritenuto opportuno reintegrare i genitori nella piena potestà, considerate le bassa probabilità di guarigione del bambino e il fatto che l’intervento di amputazione della gamba, da lui stesso rifiutato, avrebbe avuto su di lui un impatto fortemente negativo dal punto di vista psicologico.

Il nodo della questione in questo caso era se si possono imporre limiti alla potestà dei genitori nella scelta tra più trattamenti sanitari alternativi per la tutela della salute del figlio260.

L’autrice B. Lena, nella nota di commento al decreto, sottolinea come il consenso che i genitori sono chiamati a esprimere non è manifestato in qualità di rappresentanti legali di un incapace, ma per l’ufficio che rivestono (potestà genitoriale), che ha la sua funzione e il suo limite nell’interesse del figlio. La scelta del trattamento sanitario a cui sottoporre il figlio rientra nella sfera di autonomia della famiglia, ma se il rifiuto di una determinata terapia entra in conflitto con il dovere di cura e tutela del benessere e della vita del figlio, il giudice può sanzionare il comportamento con un provvedimento limitativo della potestà (art. 333 c.c.), reputandolo pregiudizievole per l’interesse del figlio. Il giudice non potrebbe, invece, imporre una

259 App. Ancona, sez. min., 26 marzo 1999, in Nuova giur. civ. comm., 2000, II, p. 218 ss. 260 LENA B., I trattamenti sanitari sui minori: potestà dei genitori e intervento del giudice,

88 determinata scelta soltanto per il fatto che la ritiene migliore, specialmente se si tratta di una terapia che “non dà garanzie di guarigione o comunque presenta rischi per il paziente e costi, in termini di sofferenza umana, pari o superiori alla malattia che si prefigge di curare”261. La decisione dei genitori

nel senso di optare per “una terapia alternativa meno aggressiva e comunque destinata, nelle loro intenzioni, ad affiancarsi a quella tradizionale, difficilmente poteva essere censurata dal giudice, mancando il requisito della condotta pregiudizievole all’interesse del minore”262.

Secondo M. Grondona, uno degli elementi centrali del caso è il rifiuto del bambino, considerata la tendenza attuale dell’ordinamento ad elaborare strumenti per valorizzare l’autonomia decisionale del minore nelle scelte di natura personale, come quelle legate alla salute263. L’autore ritiene che di

fronte alla proposta di una terapia lunga, dolorosa e dagli esiti incerti, dovrebbe essere lasciata al minore, dotato della capacità naturale, la scelta di sottoporvisi o meno, senza imporla, sulla base del fatto che si tratta dell’unico rimedio scientifico esistente nei confronti di quella malattia.

Un’altra vicenda riguardava una bambina di dieci anni malata di leucemia, che era stata sottoposta alla chemioterapia con buoni risultati, ma i genitori, preoccupati degli effetti collaterali del trattamento, avevano deciso di interromperlo e di rivolgersi a uno studio privato per intraprendere il metodo Di Bella. Il Tribunale di Brescia264, su ricorso dei medici

dell’ospedale, aveva ordinato ai genitori ex art. 333 c.c. di proseguire con la chemioterapia. Pertanto, i genitori avevano presentato reclamo avverso il decreto, ritenendo che la scelta della terapia per la figlia rientrasse nella discrezionalità relativa all’esercizio della potestà, ma la Corte d’Appello di Brescia aveva confermato il provvedimento, ritenendo la decisione dei

261 LENA B., op. cit., p. 474. 262 LENA B., op. cit., p. 474.

263 GRONDONA M., Potestà dei genitori ed intervento del giudice; medicina ufficiale e medicina alternativa: un difficile (ma non impossibile) equilibrio, nota a App. Ancona, sez.

min., 28 marzo 1999, in Nuova giur. civ. comm., 2000, II, pp. 224-225.

89 genitori fosse fonte di potenziale pregiudizio per la figlia. Di fronte, però, al rifiuto dei genitori di ottemperare alle prescrizioni della Corte d’Appello e alla perdurante opposizione della bambina alla terapia, il Tribunale265 aveva

disposto l’archiviazione degli atti, ritenendo che un’azione coattiva per far riprendere la terapia non fosse praticabile e avrebbe avuto solamente effetti negativi sulla minorenne.

L’autore G. Grifasi, nella nota di commento alla sentenza266, ribadisce che

il giudice, quando interviene ex art. 333 c.c., non lo fa per sindacare e sanzionare la discrezionalità educativa dei genitori, ma per assisterli nell’attuare l’interesse del minore, se sussiste per quest’ultimo il pericolo di un pregiudizio anche eventuale. In questo caso, tale pericolo sussisteva, perché tra le due terapie, delle quali solo una offriva buone probabilità di guarigione, i genitori avevano scelto quella priva di ogni riscontro scientifico. La Corte, però, ha deciso di prendere in considerazione anche altri elementi, che inizialmente erano stati ritenuti non rilevanti, tra i quali quello centrale è, ancora una volta, la valutazione della capacità del minore di esprimere una volontà rilevante nelle decisioni che lo riguardano, pur trattandosi in questo caso di un minore infra-dodicenne, per di più in un momento in cui mancava ancora una norma come l’art. 315 bis. Pertanto, il fatto che la minorenne avesse dimostrato “nell’esprimersi senza esitazioni e nel dialogare una determinazione e una lucidità non facilmente riscontrabili in bambini della sua età” 267, unito alla sua partecipazione attiva alle decisioni

della famiglia, non poteva non condurre la Corte a dare rilevanza al dissenso espresso dalla minore alla ripresa della chemioterapia, escludendo ogni interferenza esterna nell’ambito familiare268. Inoltre, il giudice ha escluso

l’esecuzione coattiva della chemioterapia, in primo luogo, perché si tratta di

265 Trib. min. Brescia, 22 maggio 1999, in Nuova giur. civ. comm., 2000, II, p. 204 ss. 266 GRIFASI G., Potestà dei genitori e scelte terapeutiche a tutela della salute dei figli minori, nota a Trib. min. Brescia, 22 maggio 1999, in Nuova giur. civ. comm., 2000, II, p. 211

ss.

267 Trib. min. Brescia, 22 maggio 1999, cit. 268 GRIFASI G., op. cit., p. 215.

90 una terapia di durata, che richiede quindi la collaborazione dei genitori e della bambina e in secondo luogo, perché avrebbe prodotto effetti negativi sullo stato di attuale benessere psico-fisico della bambina269.

Alla base di queste decisioni c’è il bilanciamento tra principio di beneficienza e principio di autodeterminazione270 e l’obiettivo è l’attuazione

dell’interesse del minore, ma se si fa riferimento alla Costituzione la soluzione è semplice. Infatti, l’inviolabilità della libertà personale (art. 13 Cost.), la tutela della salute come benessere psico-fisico della persona e il divieto di trattamenti sanitari obbligatori che violino la dignità (art. 32 Cost.) impongono sempre di risolvere il bilanciamento a favore del principio di autodeterminazione271.

“La giurisdizione deve garantire i diritti della persona anche rispetto ad interventi finalizzati, secondo la valutazione degli operatori socio-sanitari, al suo benessere, poiché il fondamentale diritto dell’individuo alla salute non può essere trasformato in dovere da una prescrizione terapeutica del giudice. La prescrizione di terapie alla luce del principio di beneficità sottrae, dunque il giudice alla soggezione alla Costituzione e alla legge […] [e] priva la persona interessata […] della tutela dei diritti”272.

269 GRIFASI G., op. cit., p. 216. 270 LENTI L., op. cit., p. 457.

271 SERGIO G., Interesse del minore e scelte terapeutiche. Lettura ragionata di due casi giudiziari, in Dir. fam. pers., 2001, II, p. 640 ss.

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