Capitolo 4: le vaccinazioni obbligatorie
2. Il contesto normativo antecedente al decreto-legge n 73 del
Il legislatore tra il 1939 e il 1991, con una serie di interventi episodici, aveva introdotto quattro vaccinazioni obbligatorie: contro la difterite (l. 6 giugno 1939, n. 891), il tetano (l. 5 marzo 1963, n. 292), la poliomielite (l. 4 febbraio 1966, n. 51) e l’epatite B (l. 27 maggio 1991, n. 65)300. Il primo
intervento si collocava nell’epoca precedente alla Seconda Guerra Mondiale, mentre l’ultimo cinquant’anni più tardi ed era rimasto collegato a uno scandalo politico che coinvolse anche l’allora ministro della sanità.
In origine, gli elementi comuni alle diverse leggi speciali erano la previsione di una sanzione penale per i genitori che non ottemperavano all’obbligo e del divieto di ammissione alla scuola dell’obbligo per i bambini non vaccinati. La sanzione per i genitori, però, è stata depenalizzata in sanzione amministrativa con la legge 1981 n. 689 e il divieto di ammissione alle scuole per i bambini eliminato dal d.p.r. 26 gennaio 1999, n. 355, anche se permaneva per l’autorità scolastica l’obbligo di controllare le certificazioni vaccinali e di segnalare eventuali omissioni all’amministrazione sanitaria competente. Ciò nonostante, queste leggi speciali avevano la finalità principale di garantire a tutti l’accesso ai trattamenti sanitari di natura preventiva alle stesse condizioni, evitando situazioni di disparità301.
Nel 1998 vennero introdotte nel Piano Sanitario Nazionale quattro vaccinazioni (contro morbillo, rosolia, parotite, pertosse ed Haemophilus influenzae), ma solo raccomandate, poiché ciò era in linea con la tendenza in ambito sanitario di offrire ai cittadini un servizio, raccomandandone la fruizione, piuttosto che imporre il trattamento e sanzionarne il rifiuto302.
Pertanto, venne creato un sistema in cui nei fatti non era percepita alcuna
300 FADIGA L., op. cit., p. 441 ss.; TOMASI M., Lo stato dell’arte sugli obblighi vaccinali all’indomani della sentenza costituzionale n. 5 del 2018, in Studium iuris, 2018, 7-8, p. 820.
301 TOMASI M., op. ult. cit., p. 820. 302 FADIGA L., op. cit., p. 442.
98 differenza tra vaccinazioni obbligatorie e raccomandate, perché entrambe ritenute di uguale utilità sanitaria; inoltre, venivano somministrate con vaccini polivalenti che comprendevano sia le une che le altre.
La strategia vaccinale adottata dal Piano Sanitario Nazionale ebbe successo, infatti, alla fine degli anni Novanta una grandissima parte della popolazione accettava senza difficoltà di vaccinare i bambini e questo determinò la quasi totale scomparsa di alcune malattie303. In Italia era
ampiamente rispettata la soglia del 95% indicata dall’OMS come minima necessaria per ottenere l’immunità collettiva della comunità.
Tuttavia, un’ulteriore conseguenza fu la riduzione della percezione del rischio di contagio, causando la diminuzione della fiducia popolare nella medicina ufficiale e l’emersione di movimenti di opinione fortemente contrari alle vaccinazioni, definiti movimenti “NO VAX”, i quali sostenevano la pericolosità dei vaccini e il loro collegamento con l’autismo304.
Questo cambiamento del sentire sociale generò degli effetti anche in ambito giuridico: il legislatore con alcuni interventi tentò di rideterminare il bilanciamento tra tutela della salute pubblica e autodeterminazione individuale a favore di quest’ultima, ad esempio attraverso l’eliminazione della facoltà di rifiutare l’ammissione alla scuola dell’obbligo per i minori non sottoposti alle vaccinazioni obbligatorie305. Inoltre, per rispondere ai
movimenti di opposizione si tentò di promuovere forme di adesione consapevole incentrate sull’informazione, fino a consentire ad alcune regioni di sperimentare la sospensione dell’obbligo vaccinale306. Tutto ciò si
collocava in un generale contesto di riforma che ha visto l’attribuzione di sempre maggiori competenze alle regioni, fino ad arrivare alla l. cost. 18 ottobre 2001, n. 3, normativa che ha riconosciuto in favore delle regioni l’esercizio del potere normativo in materia sanitaria, in concorso con lo
303 FADIGA L., op. cit., p. 442; TOMASI M., op. ult. cit., p. 820.
304 Di cui si è già detto nella nota 295, vedi anche: FADIGA L., op. cit., p. 442; 305 D.p.r. 26 gennaio 1999, n. 355.
99 Stato. Gli effetti sono stati profondi nell’ambito delle vaccinazioni pediatriche, perché ogni regione ha deciso di assumere una diversa politica vaccinale, generando ingiustificate disparità all’interno del territorio nazionale307.
Alcune regioni308, pur mantenendo l’obbligo vaccinale, hanno escluso
l’applicazione della sanzione amministrativa e l’adozione di provvedimenti limitativi della responsabilità genitoriale, istituendo una procedura concertata tra genitori e specialisti, che consentisse ai primi di esercitare il “dissenso informato” solo dopo aver ricevuto tutte le informazioni precise e complete sui rischi che poteva comportare la mancata vaccinazione.
Il Veneto ha compiuto una scelta più radicale, poiché nel 2007309 ha
deciso di sospendere l’obbligo delle quattro vaccinazioni storiche, continuando, comunque, a offrirle gratuitamente a tutti i nuovi nati, in considerazione del fatto che dovessero essere accompagnate da una scelta consapevole e responsabile dei genitori e non imposte.
L’Emilia-Romagna ha, in un primo momento, prescritto ai servizi socio- sanitari territoriali di segnalare alla Procura della Repubblica presso il tribunale per i minorenni i genitori inadempienti “solo nel caso in cui sussistano evidenti e sicuri segni di incuria, trascuratezza e abbandono del minore, oppure i genitori non si siano presentati al colloquio nonostante i ripetuti solleciti e/o abbiano rifiutato di firmare il modulo di dissenso informato”310. Tuttavia, con una legge successiva, la stessa regione ha
subordinato l’accesso ai servizi educativi per la prima infanzia (fascia d’età dai tre mesi ai tre anni) all’adempimento degli obblighi vaccinali 311.
307 FADIGA L., op. cit., p. 442; TOMASI M., op. ult. cit., pp. 820-821; MONTANARI M. e
VENTALORO L., La nuova legge sui vaccini tra prevenzione, obblighi e criticità, in Fam. dir., 2018, II, pp. 177-178; AMATO C., op. cit., p. 377 ss.
308 La Lombardia (con delibera 22 dicembre 2005, n. 1587), la Toscana (con delibera 22
maggio 2006, n. 369), il Piemonte (con delibera 10 aprile 2006, n. 63/2598) e la Sardegna (con delibera 16 dicembre 2008, n. 71/12).
309 L. r. 23 marzo 2007, n. 7.
310 Delibera della Giunta regionale 11 novembre 2013, n. 1600. 311 L. r. 25 novembre 2016, n. 19.
100 In ogni caso, il Piano Nazionale della Prevenzione vaccinale 2012-2014 si è posto tra gli obiettivi fondamentali l’armonizzazione delle strategie vaccinali in atto nel nostro ordinamento, evidenziando la volontà del Ministero della Salute di condurre tutte le regioni verso il superamento dell’obbligo vaccinale.
3. La giurisprudenza precedente al decreto-legge n. 73
del 2017
Un sistema fortemente disomogeneo, come quello che abbiamo delineato, non poteva non avere riflessi anche nella prassi giudiziaria e nelle decisioni della giurisprudenza di merito312. Infatti, i giudici nutrivano
posizioni discordanti sul fatto che l’inadempimento dell’obbligo vaccinale potesse essere fonte per i genitori di un procedimento ex art. 333 c.c.
Una parte della giurisprudenza riteneva legittimo procedere all’adozione di un provvedimento limitativo della responsabilità genitoriale, configurando la scelta dei genitori di non vaccinare il figlio come una condotta pregiudizievole per la sua salute. Abbiamo visto, però, che la Corte Costituzionale nel 1992313 ha chiarito che per adottare tale provvedimento
fossero necessari altri comportamenti che denotassero una trascuratezza nei confronti del bambino oppure si richiedeva che la decisione dei genitori fosse il frutto di “scelte meramente ideologiche” sintomatiche di un’inidoneità a esercitare la responsabilità genitoriale.
La Corte di Cassazione, in linea con l’orientamento della Corte Costituzionale, dichiarava spesso inammissibili i ricorsi in tema di omessa vaccinazione per mancanza di definitività e decisorietà dei provvedimenti degli artt. 330 e 333 c.c.314, ritenendo il pregiudizio configurabile solo in
312 FADIGA L., op. cit., p. 442; DE PAMPHILIS M., op. cit., p. 1118. 313 Corte Cost. 27 marzo 1992, n. 132, cit.
101 presenza di “inerzia dei genitori […] rivelatrice di inidoneità genitoriale”315.
Rientrerebbe nella concezione della Suprema Corte di pregiudizio nei confronti del minore, il rifiuto dei genitori legato semplicemente alla volontà di contrastare l’obbligo imposto dalla legge in base alle proprie convinzioni o per ignoranza. Diversamente, nella pronuncia n. 14747 del 2006316, la
Cassazione ha precisato che il rifiuto è legittimo se i genitori dimostrano “le ragioni specifiche che rendono, nel proprio caso, sconsigliata o pericolosa la vaccinazione”, ma anche “l’indifferenza della struttura sanitaria” rispetto alla “sussistenza, quantomeno fondatamente putativa, di specifiche controindicazioni”317.
Tra le possibili cause, tali da sconsigliare il ricorso alla vaccinazione, rientra anche la presenza di patologie familiari. Tra i diversi provvedimenti, è possibile citare quello della Corte d’Appello di Bari del 2003318, che ha
affermato che l’esistenza in famiglia di casi di sclerosi multipla e di problemi allergici non fosse una valida giustificazione del mancato espletamento delle vaccinazioni obbligatorie. Secondo i giudici, l’opposizione dei genitori scaturiva da “una soggettiva impostazione scientifica sull’argomento (...) in contrasto con altri studi di diverso segno le cui risultanze sono state recepite dal piano sanitario nazionale”319, senza che i genitori avessero dimostrato,
in accordo con la posizione della Suprema Corte, “la soggettiva incompatibilità del minore con tale trattamento sanitario preventivo”.
Altra parte della giurisprudenza, in casi analoghi, si è pronunciata per il non luogo a provvedere ai sensi degli artt. 333 e 336 c.c., come si legge in un provvedimento del giudice di Bologna, poiché, nel caso di specie, l’inadempimento degli obblighi vaccinali era motivato “dall’intento di evitare rischi per la salute della medesima [minore] a seguito dello stesso vaccino, in aderenza a quanto sostenuto da una non irrilevante corrente
315 Cass. civ. 3 febbraio 2004, n. 1920.
316 Cass. civ. 26 giugno 2006, n. 14747, in Fam. pers. e succ., 2006, XII, p. 1035 ss. 317 Cass. civ. 26 giugno 2006, n. 14747, cit.
318 App. Bari 12 febbraio 2003, in Familia, 2003, II, p. 548 ss. 319 App. Bari 12 febbraio 2003, cit.
102 nell’ambito della medicina scientifica” 320 . Pertanto, il rifiuto delle
vaccinazioni non era inquadrabile nelle situazioni in cui è configurabile il pericolo di un pregiudizio per il minore, secondo la Corte Costituzionale321.
Inoltre, lo stesso Tribunale ha precisato che “non si può escludere con assoluta certezza la possibilità per cui, a seguito del vaccino, subentrino conseguenze nocive anche di natura permanente sul minore sottoposto al trattamento, come implicitamente riconosciuto dallo stesso Legislatore, nella l. n. 210 del 1992, quando ha previsto un indennizzo per i danni biologici conseguenti alle vaccinazioni. Tali considerazioni impediscono di ricomprendere l’obbligo di vaccinazione tra i casi di trattamento sanitario imposto a sicuro ed immediato presidio del diritto alla vita e alla salute del minore in oggetto ovvero precipuamente alla sfera del suo personale e diretto interesse, riconducendolo, piuttosto, in via prevalente, nell’ambito di scelte di politica legislativa sanitaria da valutarsi sul piano dell’interesse pubblico ed evitare l’insorgere di importanti focolai epidemici (allo stato non prevedibili)”322.
La motivazione di quest’ultima decisione è molto interessante, perché coerente con la nuova politica sanitaria adottata da molte regioni nel primo decennio degli anni 2000, volta a operare un bilanciamento tra la tutela della salute pubblica, il diritto all’autodeterminazione consapevole e quello alla salute dell’individuo323.
Ogni volta che l’ordinamento italiano impone un trattamento sanitario, con l’obiettivo di evitare la diffusione di specifiche malattie nella comunità, senza che sia possibile escludere con certezza che questo possa avere effetti pregiudizievoli per il soggetto che vi si sottopone, opta per la prevalenza della tutela della salute pubblica sulla tutela del diritto alla salute del singolo324. Senza considerare i movimenti anti-vaccini, è stato lo stesso
320 Trib. min. Bologna 19 settembre 2013, in Fam. dir., 2014, IV, p. 371 ss. 321 Corte Cost. 27 marzo 1992, n. 132, cit.
322 Trib. min. Bologna 19 settembre 2013, cit. 323 AMATO C., op. cit., p. 375 ss.
103 legislatore a non escludere la pericolosità delle vaccinazioni, attraverso la previsione dell’indennizzo per chi subisce danni permanenti da questo trattamento. Pertanto, l’ampia discrezionalità riconosciuta ai genitori dal giudice del Tribunale minorile di Bologna nel valutare l’opportunità di sottomettere la figlia alla vaccinazione, in relazione agli effetti che ne potevano derivare, è in linea con l’evoluzione del principio del consenso informato e del rapporto genitori-figli rispetto alla cura degli interessi di questi ultimi.
La giurisprudenza successiva ha riconosciuto più volte che l’opposizione all’obbligo vaccinale non può essere sanzionata se frutto di una scelta informata e consapevole dei genitori, avente come causa giustificatrice il dovere di tutelare la salute del minore che grava sugli ascendenti325. I giudici
di legittimità hanno precisato, però, che tale rifiuto può considerarsi lecito soltanto quando sia possibile desumere da fatti concreti un pericolo reale per il minore326.
Il sistema, anche considerando le pronunce della giurisprudenza, alla fine del primo decennio degli anni 2000, appariva improntato alla responsabilizzazione dei genitori sul tema delle vaccinazioni per condurli ad un’adesione libera e informata, raccomandata dalle istituzioni, ma non imposta.
4. Il decreto-legge n. 73 del 2017 e la legge di
conversione
Un decennio più tardi, la linea favorevole a forme di responsabilizzazione dei genitori e a un’adesione consapevole alle vaccinazioni sembra essersi dimostrata fallimentare, poiché i movimenti di opposizione hanno
325 AMATO C., op. cit., p. 376; MONTANARI M. e VENTALORO L., op. cit., p. 178. 326 Cass. 24 marzo 2004, n. 5877, in Mass. Giust. civ., 2004, p. 3 ss.; Cass. 8 luglio 2005, n.
104 incrementato il loro seguito nella popolazione italiana e questo, secondo il Ministero, ha provocato un calo della copertura vaccinale al di sotto della soglia indicata dall’OMS per il mantenimento dell’immunità di comunità (95%)327.
Questa situazione ha generato una forte reazione istituzionale e ha portato all’approvazione del decreto-legge 7 giugno 2017, n. 73 (“Decreto- legge Lorenzin”). La decisione del Governo di adottare un provvedimento provvisorio, previsto per casi straordinari di necessità e urgenza, era motivata dall’esigenza di mettere in atto misure idonee ad estendere e rendere effettivi gli obblighi vaccinali vigenti, in considerazione dell’abbassamento della copertura vaccinale in Italia328. L’obiettivo era,
dunque, il nuovo raggiungimento della soglia minima che garantisce “l’immunità di gregge” per mantenere e migliorare i livelli di salute collettiva.
È importante sottolineare che l’intervento del Governo non è stato adottato in presenza di una vera e propria situazione di emergenza, ma di una situazione preoccupante a cui si è deciso di far fronte329. All’interno
dell’intestazione e nel preambolo del provvedimento, nel motivare l’urgenza, si legge che le disposizioni sono volte a “garantire […] le attività dirette alla prevenzione, al contenimento e alla riduzione dei rischi per la salute pubblica […]” e sono adottate anche per adempiere agli obblighi assunti dall’Italia a livello europeo e internazionale330.
Secondo alcuni interpreti331, il decreto poteva essere esposto a censure
in merito ai requisiti costituzionali di necessità e urgenza previsti dall’art. 77 Cost., infatti, la Regione Veneto il 25 luglio del 2017 ha deciso di promuovere
327 TOMASI M., op. ult. cit., p. 821.
328 MONTANARI M e VENTALORO L., op. cit., p. 180.
329 È quanto è stato dichiarato dal Consiglio dei Ministri nel comunicato stampa del 19
maggio 2017, consultabile sul sito www.governo.it.
330 TOMASI M., op. ult. cit., p. 821. 331 FADIGA L., op. cit., p. 443.
105 un giudizio di legittimità costituzionale, ritenendo che il provvedimento fosse stato adottato in assenza di una reale emergenza sanitaria.
In ogni caso, il decreto è stato oggetto, in sede di conversione in legge, di numerosi emendamenti, che sembrano aver riportato il provvedimento all’interno del limite della legittimità costituzionale. Nuovamente, la Regione Veneto ha promosso un giudizio di legittimità costituzionale, ma la Corte Costituzionale332, pronunciandosi su entrambi i ricorsi della Regione,
ha dichiarato le questioni in parte inammissibili e in parte infondate. Se analizziamo i contenuti del provvedimento originario, notiamo che alle quattro vaccinazioni storicamente obbligatorie ne sono state aggiunte altre otto (pertosse, Haemophilus influenzae, meningococcica B e C, morbillo, rosolia, parotite e varicella), per un totale di dodici. I destinatari erano (e sono rimasti) tutti i minori tra zero e sedici anni, che potevano accedervi gratuitamente. In caso di inottemperanza dell’obbligo, era previsto che fosse comminata una sanzione pecuniaria (da 500 a 7.500 euro) ai genitori o al tutore del minore e che fosse effettuata una segnalazione alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni, affinché valutasse se aprire un procedimento ex art. 333 c.c. Tutto ciò avrebbe segnato un ritorno all’impostazione originaria presente nel nostro ordinamento, cancellando il percorso che aveva portato alla procedimentalizzazione del “dissenso informato”, permettendo ai genitori di maturare scelte consapevoli dopo aver ricevuto tutte le informazioni necessarie. Inoltre, per i bambini tra zero e sei anni non vaccinati era precluso l’accesso ai servizi educativi per la prima infanzia e alle scuole dell’infanzia, mentre i minori tra i sei e i sedici anni erano comunque ammessi a frequentare la scuola dell’obbligo.
La legge di conversione del decreto in legge (l. 31 luglio 2017, n. 119) ha apportato importanti modifiche alla disciplina originaria, prima fra tutte la riduzione delle vaccinazioni obbligatorie da dodici a dieci, eliminando la meningococcica B e C, che rimangono comunque offerte dalle Regioni gratuitamente, ma si è ritenuto che si verifichino con minore frequenza in
106 Italia e che ci sia minore rischio di una loro contagiosità nelle collettività chiuse333.
È importante evidenziare che con la legge è stato introdotto un sistema di monitoraggio, che consente al Ministro della Salute di sospendere l’obbligatorietà di alcune vaccinazioni, adottando un decreto decorsi tre anni dall’entrata in vigore della legge e successivamente con cadenza triennale (art. 1 comma 1 ter). A tal fine si dovrà tenere conto dei dati epidemiologici, delle eventuali reazioni avverse segnalate e delle coperture vaccinali raggiunte. Questa previsione è importante, perché consente di creare un collegamento tra le scelte di politica vaccinale e la realtà fattuale, evitando che il dritto si trovi a scontare un distacco rispetto ai fenomeni che disciplina, ma si evolva invece al loro mutamento, garantendo che gli effetti impositivi vengano limitati allo stretto necessario334.
Per quanto riguarda le sanzioni, il rischio di un ritorno all’impostazione precedente, rispetto alla presa di coscienza dell’importanza di un’adesione consapevole al trattamento, è in parte ridimensionato dall’intervento del Parlamento, che oltre a ridurre i limiti edittali della sanzione pecuniaria (oggi il minimo è di 100 euro e il massimo di 500 euro), stabilisce che, in caso di inadempimento dell’obbligo vaccinale, i genitori dovranno essere convocati dalla ASL territorialmente competente per un colloquio preliminare rispetto all’irrogazione della sanzione (art. 1 comma 4). Tale colloquio sarà finalizzato a fornire ulteriori informazioni sulle vaccinazioni e a sollecitarne l’effettuazione, cercando, però, di comprendere le motivazioni della mancata vaccinazione e facendone conoscere i rischi. È evidente l’importanza di questa fase partecipativa e personale di confronto e scambio, che non potrà essere omessa dalle ASL, per conoscere le peculiarità del singolo ed evitare di attuare una vaccinazione di massa, oltre
333 TOMASI M., op. ult. cit., p. 822. 334 TOMASI M., op. ult. cit., p. 822.
107 che per rispettare le esigenze collegate alla disciplina del consenso informato335.
La Circolare ministeriale emanata nel mese di agosto336 chiarisce che nel
caso in cui i genitori non si presentino al colloquio o all’esito dello stesso non sottopongano il minore alla vaccinazione, si procederà alla formale contestazione dell’inadempimento dell’obbligo vaccinale con l’avvertimento che sarà loro comminata la sanzione, se non ottempereranno entro un termine perentorio. Viene anche specificato che il pagamento della sanzione estingue l’obbligo della vaccinazione, permane, invece, la non ammissione ai servizi educativi della prima infanzia per i minori tra gli zero e i sei anni.
Il profilo sanzionatorio permette di descrivere il bilanciamento effettuato dal legislatore tra i valori costituzionali della salute (art. 32 Cost.) e dell’istruzione (art. 30 Cost.), prima e dopo i sei anni di età337. Infatti, nella
fascia di età tra zero e sei anni prevale il diritto alla salute, quindi la sanzione opera in entrambe le sue forme (sanzione amministrativa e divieto di ammissione alle scuole), mentre dopo i sei anni prevale il diritto all’istruzione che diventa anche un dovere, trattandosi degli anni della scuola dell’obbligo, perciò viene applicata solo la sanzione pecuniaria.
Il fatto che l’eventuale mancata sottoposizione alle vaccinazioni non impedisca la frequenza della scuola dell’obbligo è stato sicuramente un elemento fondamentale per garantire la legittimità costituzionale dell’intervento normativo rispetto all’art. 30 Cost.338
In ogni caso, permane un punto critico del sistema il fatto che, nell’impossibilità di imporre coercitivamente il trattamento, si individui nel pagamento della sanzione l’estinzione dell’obbligo, quasi condizionando a
335 MONTANARI M e VENTALORO L., op. cit., pp. 186-187.
336 Circolare del Ministero della Salute del 16 agosto 2017 recante prime indicazioni
operative per l’attuazione del decreto-legge n. 73 del 7 giugno 2017, convertito con modificazioni dalla L. 31 luglio 2017, n. 119, in www.salute.gov.it, p. 8.
337 TOMASI M., op. ult. cit., p. 824. 338 TOMASI M., op. ult. cit., p. 824.
108 tale adempimento “burocratico” la possibilità di manifestare il dissenso nei confronti dell’obbligatorietà del trattamento.
Un aspetto da cui emerge la natura più prudente della legge di conversione rispetto al decreto è l’eliminazione del dovere delle ASL di provvedere a segnalare l’inottemperanza dell’obbligo vaccinale alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni. Questa scelta è maggiormente in linea con l’orientamento giurisprudenziale consolidatosi nel nostro ordinamento, secondo il quale l’adozione di un provvedimento limitativo della responsabilità genitoriale è necessario solo nei casi più gravi.
La normativa prevede, poi, due cause di esclusione dagli obblighi