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Geografia dei luoghi e geografia delle emozioni. Parco Letterario "Isabella Morra":una ricerca per l'insegnamento.

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INDICE

INTRODUZIONE ... 2

Capitolo I... 7

Il Parco Letterario: un museo a cielo aperto. ... 7

1.1. Il Parco Letterario: tra territorio e belle lettere... 7

1.2. Specificità del “Parco Letterario” nel più ampio genere dei “parchi culturali”?. 12 1.3. Parchi Letterari e genius loci: teoria geografica e prassi territoriale... 20

1.4. I Parchi Letterari: terza via per il turismo... 33

Capitolo II... 39

Isabella di Morra: storia di un paese e di una poetessa.

Linee per un Parco Letterario a Valsinni. ... 39

2.1. La vicenda umana e poetica di Isabella Morra (1516-1545/46)... 39

Il contributo di Croce... 39

-Geografia dei luoghi- ... 39

2.2. La poesia di Isabella: il suo cieco oblio... 53

Interpretazione socio-culturale della vicenda tragica della poetessa lucana. ... 53

-Valsinni come Recanati- ... 53

-Linguaggio della solitudine-... 53

2.3 I luoghi dell’ispirazione: una poesia topograficamente circoscrivibile... 67

-Sulle tracce di Isabella- ... 67

2.4. La nascita del Parco Isabella Morra: cultura e sviluppo sostenibile per l’antico borgo? ... 85

Capitolo III ... 95

Parco Letterario “Isabella Morra”: un caso di studio... 95

3.1 Sintesi del progetto e descrizione del soggetto proponente... 95

3.3 Interventi ed attività... 124

3.4. Vocazione turistica del comprensorio di Valsinni... 157

Capitolo IV ... 168

Per un nuovo approccio al Parco Letterario... 168

4.1 Le tre “anime” del Parco Letterario... 168

4.2 Uso formativo e didattico del Parco Letterario. ... 171

4.3 Proposta di unità d’ apprendimento: Isabella Morra e la Lucania... 179

- Un viaggio di studio-... 179

4.4 Geografia della mente: per un’educazione permanente. ... 184

-Geografia reale e geografia fantastica-... 184

CONCLUSIONE... 189

(2)

INTRODUZIONE

R

iconoscere le forme antiche ed incorrotte, i grandi depositi della sapienza e della potenza creativa della natura che hanno attraversato indenni la tumultuosa vicenda umana, è un privilegio ormai raro. Quegli occhi che ci guardano dalla profondità non solo temporale della loro esistenza dobbiamo custodirli vivi anche per chi verrà dopo di noi, finché la metamorfosi naturale farà la sua opera irrefutabile. Tutto ciò che ci richiama alla religione del principio naturale e alle sue leggi intrinseche è benefico e meritorio.

La storia del paesaggio italiano è un capitolo di unica bellezza nel libro della natura europea, il clima temperato, le alte montagne e la forma peninsulare nel mezzo del Mediterraneo- antico bacino privilegiato dalla civiltà- hanno creato qui, per vicende di grande sommovimento, quel che potremmo chiamare, con l’espressione dantesca (Paradiso XXII, 151) che indica la terra, “L’aiuola che ci fa tanto feroci”, un Paese bello come un giardino. Oggi è bene fare i conti con ciò che resta di questo giardino, di questo patrimonio. Sopravvive in molte aree ma è continuamente violentato da limitazioni, saccheggi, aggressioni d’ogni genere che spesso stravolgono il nostro paesaggio che diventa meno aiuola e ci fa ancora più feroci.

Questo lavoro di tesi nasce infatti con la convinzione che si debba difendere, attraverso un’istituzione adatta, il retaggio di vicende artistiche e letterarie che hanno esaltato il paesaggio italico, in modo che possa essere una guida a quell’antico momento di pubblicità che la nostra cultura ha creato.

Per mostrare come certi aspetti di storia e territorio abbiano crocevia comuni, i Parchi Letterari, contenitori con confini mobili e mentali prima ancora che fisici, spazi capaci di celebrare il rapporto tra uomo e territorio, rappresentano i sentieri adatti, volti a non interferire ma a proteggere un’immagine che i nostri antenati ci hanno offerto in modo che giovani, appassionati, studiosi e turisti li percorrano, quasi fossero biblioteche preziose che si elevano dalla terra stessa.

Il paesaggio, dunque, c’è in quanto l’uomo lo percepisce e ricerca in esso magiche emozioni e l’uomo che non vede il paesaggio, lo sente, lo immagina e ne vive l’idea.

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Anche una nuda roccia può divenire sublime paesaggio letterario. Esplorare un paesaggio è dunque esplorazione del continente dei sentimenti, è costruire opere e pensiero nella natura con la cultura, è un atto di creatività che ne esalta l’armonia. Dante è stato il più grande architetto del paesaggio ed anche il più grande costruttore di Parchi Letterari, basti pensare alla Divina Commedia come atlante geografico, storico e letterario del paesaggio italiano.

Accanto ai parchi di vario tipo destinati alla conservazione della natura, si vanno creando da qualche tempo, dunque, i Parchi Letterari, particolari luoghi della memoria, ovvero nuove realtà territoriali, nati dallo stretto legame tra geografia e letteratura che è alla base della geografia letteraria, ai quali si affida il compito di tutelare e valorizzare il paesaggio narrato, nel quale assume un ruolo fondamentale la componente psicologica, che organizza uno spazio oggetto di osservazione sensibile.

I paesaggi letterari rievocano le ispirazioni che, sin dalle origini, le opere letterarie hanno tratto da luoghi, quasi sempre perché legati alla vita dell'autore e nei quali, molto spesso, sono ambientate le opere più insigni; essi assumono ai nostri occhi i caratteri tipici del paesaggio culturale, di cui sono

anzi una delle espressioni paradigmatiche.

I geografi hanno, come noto, un particolare interesse per l'identità dei luoghi, alla quale concorrono i segni del passato: la differenziazione dei territori dell'abitare e del coltivare da quelli selvatici e boschivi, i tipi di colture agricole, i tracciati stradali, le costruzioni architettoniche. Un interesse che trova riscontro nella ricerca, tipicamente letteraria, del "genius loci", già presente in Omero.

I reciproci scambi e le mutuazioni che da tempo si sono instaurati tra geografia e letteratura, in particolare sul tema del paesaggio, sono appunto dovuti al fatto che la pagina letteraria è spesso sorgente di conoscenza e costituisce un codice di interpretazione del territorio come insieme di elementi materiali e immateriali.

La geografia umanista1 è, infatti, un particolare filone della moderna geografia culturale che ha come oggetto le visioni soggettive del mondo; per essa la rappresentazione del paesaggio non esprime una conoscenza del territorio in senso

1

Il termine viene proposto nel 1976 da Yi-Fu Tuan, che si interessava all’attaccamento che le persone manifestano per il loro paese. (P. CLAVAL , La Géographie culturelle, Parigi, Editions Nathan, 1995, trad. it. La geografia culturale, Novara, De Agostini, 2002, p.39).

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assoluto ma la visione relativa che trova nel soggetto il proprio significato.2 Lo strumento privilegiato è la letteratura, che fra le tante fonti documentarie disponibili è quella che meglio consente al geografo di cogliere i vari aspetti della vita umana.

Quando la biografia di un’autrice si affianca alla storia di un paese, le tradizioni etniche e culturali di un luogo ai suoi ritrovamenti antropologici e archeologici, le note di una singolarissima poesia alle mille occasioni di un turismo culturale che di quella poesia si nutre per assaporare i beni materiali e spirituali di un territorio, si ha, anche, lo stimolo ad approfondire emergenti metodologie educative del fare letterario, sperimentate e perfezionate nell’ambito turistico e culturale dei Parchi Letterari e di porre all’attenzione la figura e l’opera di una letteratura al femminile lucana, come quella di Isabella Morra (Favale, 1520-1546), cogliendo le suggestioni della poetica raccolta nel suo Canzoniere.

Il Parco Letterario, ad essa dedicato ed oggetto del mio lavoro, spicca, per anzianità e pregevoli iniziative, nell’Italia Meridionale ponendosi come uno degli esempi riusciti di cultura che può diventare sviluppo. Nato nel 1993, il Parco ha fatto segnare presenze significative e prodotto diverse ricadute sull’economia lucana. In questi ultimi tempi, del resto, sta aumentando una diffusa cosciente percezione tra gli operatori culturali e turistici (ma non solo) di un patrimonio artistico e naturale unico al mondo con una fortissima vocazione al turismo culturale.

Sulla scorta della fonte crociana, grazie al quale la poetessa di Favale- odierna Valsinni- ha conquistato un posto nella letteratura italiana ed oggi considerata una delle voci più autentiche della poesia femminile del ‘500, ho posto l’attenzione su cosa sia un Parco Letterario e quali siano le condizioni che presiedono al suo avviamento, per poi analizzare le fonti e le coordinate geo-storiche locali del paese nativo della Morra ed inquadrare l’oggetto di studio nel suo contesto storico, territoriale, sociale, culturale. Ho avuto modo di approfondire come l’istituzione di un Parco si presenti, da un lato, come un ottimo veicolo di valorizzazione delle risorse locali, influendo anche sulla

2 La geografia umanistica ha un antecedente nelle teorie di J.K.Wright che nel lontano 1947,

introducendo in geografia alcuni argomenti fondamentali della fenomenologia, che trovavano allora ampia diffusi negli Stati Uniti, preannunciava la necessità per il geografo di esplorare la sfera della soggettività individuale, rifacendosi al principio dell'antropocentrismo e alla conseguente necessità di ricuperare la sfera soggettive della conoscenza. Promotore della geografia umanistica viene considerato il Lehman, che la intese come studio dell’influenza esercitata da un determinato paesaggio sulle manifestazioni intellettuali dell’individuo, in cui l’elemento spirituale, ignorato dalla geografia tradizionale, assume un’importanza primaria. (L. NICOLETTI , I Parchi letterari in Puglia tra paesaggio

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memoria storica e che offra, dall’altro, delle occasioni per una crescita economica legata al turismo con l’organizzazione di eventi, spettacoli teatrali ed animazione legati alla letteratura, attraverso la creazione di una rete di servizi integrati sul territorio volto allo sfruttamento delle specificità locali.

Per concludere, in virtù della forte motivazione all’intero lavoro, ho avuto modo di soffermarmi sul nuovo modo di intendere il Parco Letterario, sull'uso didattico e formativo, impiegato nelle scuole, intendendo questo un modo innovativo per avvicinare i giovani al territorio, alla letteratura, concependo entrambi come un binomio possibile. Il poeta diventa cartografo, segna i confini di un luogo e ne diventa lente per scrutarlo.

E viene in mente quel viottolo lungo il lago di Como, quello che nel 1628 percorreva Don Abbondio e che, a un certo punto, si dipartiva in un bivio all’incrocio del quale stava quel tabernacolo con le figure che Manzoni tanto bene descrive. Sembra che tutto il senso, anche intimo, che pervade i Promessi Sposi sia anticipato da quella silenziosa passeggiata del curato con il breviario fra le mani.

La letteratura può dunque diventare un potente strumento di riconciliazione con gli spazi di vita e con se stessi, in modo che essa diventi il nuovo tramite che guida l’umanità alla comprensione dei significati nascosti dell’anima dei luoghi, quali realtà profondamente umanizzate che custodiscono l’eredità spirituale di quanti ci hanno preceduto.

La forza della geografia, percorsa da una costante inquietudine di esperire nuovi percorsi, nuovi atteggiamenti e attitudini di fronte ad una realtà che sembra aver accelerato i suoi dinamismi funzionali moltiplicando linguaggi e chiavi d’accesso, sta proprio nella sua capacità di aggiungere nuovi cammini senza rinnegarne altri in un mirabile potenziamento e in una sinergica azione sociale.

Ho assistito e partecipato, infine, a momenti organizzativi e ludici del Parco Letterario Isabella Morra, a quei viaggi sospesi tra poesia e sogno nei quali è possibile cogliere le suggestioni e le atmosfere fuori dal tempo, quelle di un mondo che non c’è più ma che ancora può trasmettere emozioni profonde attraverso i canti e le danze tradizionali, attraverso le trine ed i merletti intrecciate dalle mani callose ma abili delle nostre nonne, attraverso gli antichi sapori e gli antichi suppellettili che arredavano le case dei nostri antenati, attraverso una tradizione ed una cultura sul cui recupero

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Valsinni ha e deve puntare, per ritrovare un’identità ed una specificità, da cui qualunque programma di sviluppo non può prescindere.

(7)

Capitolo I

Il Parco Letterario: un museo a cielo aperto.

1.1. Il Parco Letterario: tra territorio e belle lettere.

I

paesaggi, nella loro varietà e irripetibilità, sono la summa espressiva, il palinsesto dove tutto è inciso, sovrapposto e registrato. In essi è conservata, gelosamente la memoria fisica, perfino chimica ed energetica. Tra letteratura, territorio e paesaggio esiste un continuum interattivo ed interpretativo di vissuti trasfigurati, per cui non è semplice facile stabilire dove inizi il testo e dove finisca il con-testo, intendendo con questo l’oggetto che ha ispirato il testo stesso, né se il testo sia quello prodotto dal letterato o piuttosto quello che è stato oggetto della sua intuizione-ispirazione, per cui è stato letto con gli occhi dell’anima prima di diventare esso stesso testo e documento da condividere con altri. Quest’ultimi, a loro volta, per un processo di accostamento e intima adesione, diventano lettori del testo-contesto e, conseguentemente, ancor più parte del contesto di cui colgono e vivono le rappresentazioni simboliche. Cosi avviene e si costruisce un’identificazione senza la guida di chi è stato in grado di carpire e rappresentare, nel suo intimo, il mondo esteriore e, a quel pacato e tempestoso sentire, come nel caso della Morra, è riuscito a dare espressione compiuta e fortemente comunicativa. Il poeta si fa interprete sociale e avanza direttamente verso lo spirito del luoghi e delle cose e, per riflesso e per conseguenza, all’animo delle persone.

Il Parco Letterario nasce da questa premessa e si indirizza, almeno in una prima fase, verso la tutela delle memorie e testimonianze del poeta-scrittore. L’usura del tempo, la trascuratezza umana, il rischio di aggressione alle ultime tracce di vissuti illustri rischiano di far perdere, con queste, anche i territori emozionali, i luoghi, le genti, le culture, le tradizioni, i segni ed i simboli paesaggistici. Di qui il tentativo di trattenere,

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rivitalizzare, conservare e fruire luoghi e cose che non possono essere rinunciate perché parte del nostro patrimonio, in quanto ricchezza irriproducibile. Un cammino a ritroso nel tempo ma che si radica profondamente nel presente e nel futuro, incardinando e ristrutturando gli spazi, gli uomini, l’occupazione, il turismo, l’economia ed il tempo libero.

Non più quindi spazi e paesaggi dell’abbandono, ma spazi della memoria contro la dimenticanza, la globalizzazione, spazi e paesaggi della riscoperta dei valori e dei beni territoriali di fronte alla scarsa attenzione che ambiente ed arte suscitano in una società sempre più appiattita, spazi e paesaggi della rivisitazione e rivalorizzazione del territorio nella sua globalità di risorse, a cominciare dalla riscoperta dei messaggi intimi di cui è tremendamente carico e profondamente intriso il paesaggio terrestre.

Connotare il rapporto geografia-letteratura con il Parco Letterario, come suggerisce il titolo di questa sezione, a primo impatto può sembrare una forzatura o una riluttività. Eppure quale il modo migliore per aprire gli scrigni preziosi letterari e renderli fruibili a settori sempre più ampi della società, dell’infanzia e della vecchiaia, attraverso un nuovo modo per porgerli e viverli?

I Parchi Letterari, che hanno come scopo di stimolare nel visitatore un approfondimento che superi il tradizionale approccio alla risorsa paesaggistica, architettonica e naturale, sono sorti in Italia a partire dal 1992 grazie all'opera della fondazione Ippolito Nievo, che ha creato, tra gli altri, i Parchi dedicati a Cesare Pavese, Giacomo Leopardi, Eugenio Montale, Gabriele D’Annunzio, Giovanni Verga, Corrado Alvaro, Giosuè Carducci. A partire dall’anno, infatti, in cui è stato istituito il primo esempio di Parco Letterario, dedicato ad Ippolito Nievo3, realizzato in un territorio compreso tra le Province di Udine, Pordenone e Venezia, la pluralità di significati che il termine “parco” è venuto assumendo, nel linguaggio- spesso arido- dei giuristi e della politica amministrativa, si è arricchito di un nuovo aggettivo che incuriosisce per l’originalità dell’idea in esso racchiusa e per le suggestioni colte che evoca. L’aggettivo è quello di “letterario” e, per una rara volta, tra i “parchi tematici” destinati al turismo

3 Sembra che le prime riflessioni di Stanislao Nievo, Presidente della “Fondazione Ippolito Nievo”, sull’opportunità di dar vita a questi particolari “luoghi della memoria” – come il loro creatore ama definire i “Parchi letterari” – siano intervenute, per motivi anche economici, a seguito del terremoto del Friuli del 1976, che aveva fortemente danneggiato la dimora avita, il Castello di Colloredo di Montalbano, dove erano state concepite molte delle opere letterarie sia di Ippolito che di Stanislao Nievo.

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(ve ne sono altresì, com’è noto, di quelli che riguardano l’industria, la tecnologia, l’archeologia), richiama come contenuto caratterizzante non le solite attività ludiche ma la letteratura, come “luogo della memoria” in cui collocare la natura, i paesaggi, gli esseri viventi che li popolano, in un mondo che, come quello contemporaneo, sembra perdere sempre più rapidamente l’immagine di sé e della sua storia.

I Parchi letterari istituiti in Italia sono 38, dei quali 11 nel Centro Nord (della Fondazione Nievo), e 27 al Sud, dove l’idea di fondo si è sviluppata ed ampliata a seguito di una Sovvenzione Globale della Commissione Europea, Direzione Generale XVI, ed attraverso l’azione di Sviluppo Italia, del Touring Club Italiano4, della

Fondazione Nievo e del Dipartimento del Turismo presso il Ministero dell’Industria, del

Commercio e dell’Artigianato.

Il tema dei “parchi nella letteratura’’ è stato al centro dell’attenzione degli enti gestori dei parchi naturali, a dimostrazione della circostanza che “i territori tutelati dai parchi

italiani sono stati sempre fonte d’ispirazione,oggi e negli anni e nei secoli trascorsi, per gli uomini che di volta in volta vi si sono trovati al cospetto.”5 Particolare sottolineatura

del legame tra ambienti naturali e letteratura è stata operata in Italia con un’idea che fonde estetica del paesaggio6 ed economia e vede la cultura letteraria come possibile fonte di ricchezza.

La fondazione Ippolito Nievo ha dato vita, quindi, ad un “Progetto Parchi Letterari”, come progetto europeo comunitario di sovvenzione globale per la cultura, la creatività e lo sviluppo locale. La sua geniale e fortunata formula del Parco Letterario ha inteso coniugare la salvaguardia dei territori segnati dalla storia, e rimasti ancora identificabili

4 Nell’Italia meridionale i “parchi letterari” hanno avuto come organismo intermediario, per la sovvenzione comunitaria “Sviluppo Italia S.p.A.”, per il finanziamento di tali parchi in sette Regioni del sud: Basilicata,Calabria, Puglia, Molise, Campania, Sicilia e Sardegna, soprattutto per stimolare lo sviluppo economico locale (specialmente imprenditoria giovanile), attraverso la nascita di poli di attrazione del turismo culturale.

5 Nel sito internet http://www.parks.it/, dal quale è stata tratta la frase riportata tra virgolette nel testo, si può leggere un’ampia rassegna di “pensieri ed impressioni”, tratti dalle opere di maggior valore di scrittori e poeti, che fanno riferimento ai territori tutelati dai parchi italiani: vengono citati, per esempio, brani di Marguerite Yourcenar, di Corrado Alvaro, di Giorgio Bassani, di Giuseppe Ungaretti, di Dino Campana, di Alessandro Manzoni, di Cesare Pavese, di Robert Musil e di tanti altri (la lista sembra aperta ad ulteriori contributi e si spinge fino ai grandi della letteratura del passato- come Dante Alighieri- ed agli autori latini classici, come Cicerone).

6 L’estetica ha avuto come maestro in Italia Rosario Assunto (si veda, per esempio, R. ASSUNTO, Il

paesaggio e l’estetica, Napoli, Giannini, 1973, 2 volumi; nonché- già qualche anno prima - Introduzione alla critica del paesaggio, in De Homine, n. 5-6, giugno 1960, pp. 252-278).

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perché incontaminati, con la suggestione che esercitano grazie a cantori, poeti e scrittori, che li hanno immortalati nelle loro opere. È occasione di recupero di un luogo dall’anonimato, condizione che sempre facilita la capacità distruttiva dell’uomo e del suo cemento. “L’idea del Parco- sostiene Stanislao Nievo- è di utilizzare la letteratura

come chiave inedita per la riscoperta e la valorizzazione del territorio, attivando visite guidate e viaggi sentimentali, nuove forme di ospitalità in modo che ogni visitatore possa vivere le suggestioni che hanno ispirato l’autore cantore di quei luoghi, anche attraverso profumi, sapori propri del territorio”. Del resto, se – come diceva Giulio

Carlo Argan nel 1991 – “la natura è un bene che non tutti possiedono, di cui non tutti

possono fruire ma da cui chi lo possiede può trarre profitto, farne mercato, consumarla, contaminarla, distruggerla”, appaiono senz’altro meritevoli tutti i tentativi

che, attraverso la valorizzazione della cultura, possano evitare ogni deperimento della natura stessa.

I Parchi Letterari hanno, continuando, un avvenire legato al luogo dove nascono e alla capacità degli abitanti di apprezzare la storia e la geografia nei rilievi più tipici del posto; la storia, le vicende, i contrasti e le passioni sono lo scenario, i viventi esecutori di un’economia antica che i Parchi vogliono conservare, diversificata da ogni altro luogo. Il poeta, così, segna i confini di un luogo e la propria unicità e da ciò ne deriva il fatto che un parco non può essere spostato:

“ Parco viene da parcere, tagliare, distinguere, in qualche modo isolare per rendere più riconoscibile, scelto, un patrimonio naturale o umano degno di rilievo positivo[…] I Parchi Letterari sono un’opera d’arte, nel senso di creazione artigianale diversa di volta in volta, da località a località e tendono a conservare nel generale appiattimento tecnologico di oggi, le caratteristiche di un tempo e di un luogo anche non celebre per la sua storia conosciuta ma dalla infinita miniera umana trascurata e piena di umori fertili.”7

Lo strumento sul quale si fa perno è, senza ombra di dubbio, la letteratura e favorire lo sviluppo del tessuto produttivo locale attraverso la creazione di poli di attrazione di turismo culturale, quali dovrebbero diventare i “Parchi Letterari”, significa attribuire un valore immediatamente e, soprattutto, tangibilmente economico alla letteratura, che può

7 Il futuro diverso: ‘’ I Parchi Letterari’’ di Sanislao Nievo, presidente della Fondazione Ippolito Nievo, intervista tratta da La rivista del turismo, estratto n. 3, maggio-giugno 2001, p.3.

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ancora lasciare dubbiosi, se non addirittura perplessi. Mentre, infatti, può apparire piuttosto semplice favorire, grazie al fascino della letteratura, lo sviluppo di turismo collaterale- come quello rurale, la produzione di editoria locale, la produzione di audiovisivi- può risultare più difficile pensare che venga agevolmente percepito, nella nostra epoca, un potenziale accrescimento delle capacità umane, collettive ed individuali, grazie al contatto evocativo favorito dalla poesia o dalla narrativa.

Eppure i “viaggi sentimentali”, che nell’ottica dello scrittore Stanislao Nievo dovrebbero diventare il prodotto turistico per eccellenza dei “Parchi Letterari” sono ipotizzati come fonte di conoscenza e di esposizione dei sensi8 prima ancora che di scambio economico, tali da coinvolgere l’emotività di ognuno di noi. Un prodotto turistico così concepito non sembra destinato, almeno in linea teorica, alle masse abituali di turisti e di escursionisti, ma piuttosto a spiriti eletti. Qualche iniziativa per alcuni versi simile si era, del resto, già sviluppata negli Stati Uniti d’America dove, a fronte del rifiuto crescente per il turismo industriale, sono stati da tempo organizzati i “viaggi letterari” sulle orme di poeti e scrittori celebri.

Proporre, infatti, la letteratura come fattore di sviluppo di un territorio vuol dire scommettere su una crescita del livello culturale di un popolo e sulla sensibilità emotiva dello stesso; nonostante che tale crescita e tale sensibilità non sembrino oggi, ad una prima impressione, facilmente dimostrabili. Specialmente perché non si sa quanto puntino su poesia e narrativa il potere politico, la pubblica amministrazione ed i privati poteri della società civile, che dovrebbero porre insieme i loro sforzi, per preservare un luogo e consentirne uno sviluppo economico “sostenibile” dal punto di vista ecologico, in rapporto alla “memoria letteraria” che esso evoca. Il rischio di una banalizzazione delle prospettive concrete è molto forte. E perché questo rischio sia allontanato occorre che l’idea venga sorretta da un robusto intento di tutela e di promozione culturale, da parte dei centri istituzionali di potere che assommano oggi su di loro i principali compiti nel settore: Regioni, enti locali, istituti di alta cultura, istituzioni scolastiche.9

8

Affascinante la definizione fornita da F. MARCOALDI in un articolo del quotidiano La Repubblica del 29 gennaio 2003: “il viaggio è una massima esposizione dei sensi, della mente e del cuore al nuovo e al

diverso”.

9 Il 28 gennaio 1999, il ministro dei beni culturali Giovanna Melandri, commentando il finanziamento statale di 57 miliardi, di supporto a quello comunitario per la realizzazione dei “Parchi letterari”, ha associato queste realtà “virtuali” a strutture di valorizzazione che hanno come obiettivo creazioni

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La lettura, l’interpretazione del paesaggio e della natura effettuata da poeti e narratori sembrano, ad ogni modo, essere assumibili a parametri di individuazione di valori culturalmente elevati, ai quali si stanno mostrando sensibili, negli ultimi tempi, i legislatori regionali10 ma anche, più in generale, le amministrazioni locali.

1.2. Specificità del “Parco Letterario” nel più ampio genere dei

“parchi culturali”?

I

l “Parco Letterario”si inserisce in un contesto di esaltazione crescente dei legami tra territori particolari ed espressioni culturali, anche più vaste della stessa letteratura. Infatti, si parla altresì di “parchi culturali”11, anch’essi a vocazione prevalentemente turistica (avente di mira quel turismo qualificato al quale anche i “Parchi Letterari” si rivolgono). I “parchi culturali” vogliono “offrire ai turisti e ai residenti la possibilità di

osservare il territorio […] con occhi diversi, prendendo spunto dalle sensazioni e dalle descrizioni di illustri viaggiatori e scrittori.”12

letterarie, promozione di zone importanti dal punto di vista naturalistico, scoperta di talenti letterari, rilancio del turismo di qualità, avvicinando gli individui ai libri.

10

La l. r. 15 luglio 2002, n. 16 della Regione Emilia-Romagna (Norme per il recupero degli edifici storico-artistici e la promozione della qualità architettonica e paesaggistica del territorio), all’art. 10 definisce “opere incongrue” le costruzioni e gli esiti di interventi di trasformazione del territorio che per impatto visivo, per dimensioni planivolumetriche o per caratteristiche tipologiche e funzionali, alterano in modo permanente l’identità storica, culturale o paesaggistica dei luoghi. Ora, non c’è dubbio che la letteratura possa contribuire in modo decisivo a determinare l’identità storica, culturale o paesaggistica dei luoghi cantati da romanzi o da poesie di celebri autori.

11Ve ne sono in Liguria, per esempio, (dove dal 1998 è attivo il “Parco culturale del Tigullio”) e vedono

come promotori enti locali (quale il Comune di Imperia), cooperative (come “Liguria da scoprire”) ed istituti di cultura (come l’Istituto di cultura italo-tedesco).

12

È quanto si legge nella “Guida agli itinerari culturali e pittorici della Riviera dei fiori-Alpi

marittime” divulgato a cura dell’assessorato alla cultura della Regione Liguria. Il riferimento nel brano è,

(13)

Come si può notare, il concetto di “parco”, qualificato da un aggettivo che evoca la cultura, va anche oltre la letteratura, per abbracciare ambiti dell’opera intellettiva dell’uomo più vasti della poesia e della prosa letteraria, estendendosi per esempio all’arte figurativa, si pensi alla pittura paesaggistica13, o alla musica o alla storia.

È in particolare la Regione Liguria che, nel connubio tra turismo e cultura offerto ai suoi ospiti, affianca ai “parchi letterari” i “parchi culturali” (ne sono stati individuati molti: Val di Magra-Terra di Luni, Riviera dei fiori-Alpi marittime, del Tigullio, Riviera delle palme-Savona, Giorgio Caproni e Golfo dei poeti). Anche questi ultimi sono visti come parchi diversi da quelli nati in Italia, a partire dagli anni venti del XX secolo, a fini prevalentemente di tutela: non sempre possono avere un territorio delimitato da confini precisi, giacché sono parchi virtuali, luoghi della mente, itinerari o percorsi in ambienti dove si possono individuare tracce spirituali di scrittori, poeti, musicisti e pittori. L’intento della Regione Liguria è anche quello di coinvolgere istituti di alta cultura e di ricerca, come l’università di Genova, in progetti volti a creare una cultura produttiva e non effimera, che rivaluti l’ambiente e si realizzi in manifestazioni di alto livello artistico.

La valorizzazione del patrimonio culturale di alcune Regioni particolari, attraverso la creazione di “parchi culturali”, è avvenuta anche in altri Paesi europei: così, per esempio, in Spagna una legge dell’Aragona (n. 12, del 3 dicembre 1997) ha individuato la figura del “parco culturale”, per proteggere siti di arte rupestre a cielo aperto14.

I “parchi letterari”, così come i “parchi culturali”, dovrebbero assumere la forma giuridica di enti no profit, onlus, animatori culturali che non perseguano scopi di lucro e facciano da supporto ad un’offerta turistica, per così dire, “di nicchia” (questo è stato- quanto meno- l’intento iniziale dell’ideatore dei “parchi letterari”).

È bene sottolineare che i Parchi Letterari, come accennato prima, non sono collegati ad un territorio spazialmente definito come avviene nei Parchi Naturali perché se di

13

Valga un esempio: nel corso di una relazione tenuta a Bologna, il 22 ottobre 2002, dallo storico dell’arte Eugenio Riccomini, in occasione di un ciclo di conferenze sul tema “Per una politica della

bellezza. L’Italia: un paesaggio di opere d’arte”, veniva fatto riferimento alla “scomparsa” di una grotta

di Posillipo, a Napoli, ripetutamente ritratta, tra il XVIII e il XIX secolo, dai paesaggisti inglesi e per questo assai nota nel mondo. La “scomparsa” era avvenuta in seguito ad una selvaggia – ed anche miserrima – speculazione edilizia, tanto che oggi della grotta s’è persa, oltre che la memoria, l’ubicazione (“finì per ospitare un garage […]”).

14 Si veda F. LÓPEZ RAMÓN, Riflessioni sull’indeterminatezza e la vastità del patrimonio culturale, in Nuove Autonomie, n. 1-2/2002, p. 35 e ss.

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limiti si può parlare essi corrispondono a quelli amministrativi dei comuni che partecipano alla gestione e, quindi, non si basano sull’idea della differenziazione o similarità ambientale e paesaggistica. I luoghi, inoltre, sono spazi mentali legati alle “esperienze visive ed emozionali”, che contribuiscono ad accrescere quel “senso dei luoghi” che è connesso al concetto di “identità culturale” di un gruppo umano, cioè a quell’insieme di riferimenti culturali attraverso i quali una persona o un gruppo si definisce.

È, continuando, importante osservare che i Parchi sono collegati ad attività turistiche tese a mostrare gli aspetti prettamente culturali, quali convegni, spettacoli, oppure gli usi e costumi relativi ai periodi storici nei quali i letterati vissero:

“In questi Parchi sono stati creati itinerari unici o molteplici al fine di rendere partecipi i visitatori. È auspicabile però che lo studio di progettazione di queste strutture sia effettuato dai geografi per una valida valorizzazione territoriale, poiché tali studiosi possono identificare meglio le impronte geo-culturali sedimentate nella storia evolutiva di quel territorio.”15

I paesaggi dei Parchi, inoltre, sono stati definiti per antonomasia paesaggi dello spirito e della cultura, presentandosi come complessi di elementi statici e dinamici e proprio per queste caratteristiche dovrebbero essere tutelati avendo un passato rappresentato da differenti tipi di insediamento e di colture, da tracciati stradali, da elementi architettonici e via di seguito.16 Dovrebbero, quindi, essere contemplati interventi contemplativi e strutturali di riqualificazione urbana e paesaggistica eseguiti in modo da non snaturare o trasformare i simboli strutturali all’interno del parco.

Il Parco ha lo scopo di introdurre il visitatore in un territorio letto su base letteraria, che diviene luogo di attività turistica per turisti mossi da stimoli e da interessi culturali: l’offerta di beni culturali e paesaggistici è enorme. La potenzialità di un territorio

15 P. PERSI, E. DAI PRÀ, L’aiuola che ci fa…: una geografia per i parchi letterari, Univ. Degli Studi di Urbino, Ist. Interfac. Geogr., Urbino, 2001. La Dai Prà sottolinea che, essendo il paesaggio letterario una delle più esplicite e paradigmatiche esemplificazioni di paesaggio culturale partecipato, risulta evidente che i Parchi Letterari e le problematiche ad essi connesse diventino oggetto di riflessione teorica e di approfondimento della geografia culturale che sostanzialmente si occupa di paesaggio e del rapporto tra geografia e letteratura.

16 Da considerare che ci sono riferimenti diretti ed indiretti: luoghi (ambienti naturali, città, monumenti,edifici, viabilità); storia (avvenimenti, testimoni, documenti, biografia dell’autore), tradizioni, racconti popolari, aneddoti, miti, leggende; arte( pittura, scultura, musica, opere letterarie), enastronomia, artigianato.

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dipenderà non solo dalla presenza maggiore o minore di questi beni, ma anche dalla capacità di organizzazione, dalla partecipazione attiva dei soggetti locali e dalle reti di relazioni.

I livelli, volendo riassumere, di comunicazione per rendere un Parco appetibile sono: • quelli locali che promuovono iniziative presso interlocutori dell’area interessata al progetto;

• quelli legati alla visibilità evidenziati da strumenti promozionali ad ampio raggio, quali siti internet;

• quelli nazionali ed internazionali che forniscono maggiore importanza e conoscenza; Fra i vari itinerari proposti ai fini di una vista ottimale vi è, anche, l’educational tour, creato in base alle esigenze di gruppi di scolaresche o di singoli che si esplica attraverso gli eventi culturali: spettacoli teatrali, concorsi e premi letterari, mostre concerti, rassegne cinematografiche, laboratori di lettura, ecc… Questi itinerari, insieme a quelle che possiamo definire “locande della sapienza”- ovvero centri di accoglienza e svago, conoscenza ed educazione siti in edifici di valore storico, sedi anche di corsi di formazione per operatori culturali volti a promuovere momenti di aggregazione letteraria e culturale- sono in sostanza la materializzazione di percorsi virtuali nati dalle pagine letterarie ma se la struttura si basasse solo sugli itinerari culturali sarebbe poco competitiva sul mercato turistico, anche se in un primo momento essi hanno fornito un valido movente per il recupero e la riqualifica dei luoghi altrimenti abbandonati o dimenticati.

La presenza di un itinerario, infatti, capace di catalizzare l’interesse della domanda può favorire la formazione di configurazioni in grado di accrescere la capacità attrattiva del territorio soprattutto se vi è una adeguata rete di servizi per la fruizione. I Parchi Letterari, perciò, si presentano come organizzazioni complesse, non riconducibili a gestioni a livello nazionale o ad un unico ente di coordinamento. Questo è il motivo principale del difficile rapporto con le aree naturali e protette.

Molti autori hanno tratto ispirazione da una componente del paesaggio, la quale in tal modo ha acquisito una particolare valenza culturale, ambientale o territoriale: si pensi alla Pietra di Bismantova di Dante, alla terra dei limoni di Goethe, ai cipressi di Carducci, ai fiumi di Ungaretti come emergenze geografiche, però, divenute famose per

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il colpo di penna di uno scrittore e non come Parchi Letterari, per i quali si devono invece intendere insiemi geografici.

Quest’ultimi infatti che, per caratteristiche topografiche (faraglioni, promontori, laghi, colline, pianure, monti, fiumi…), atmosferiche (contrasti di colori, albe, tramonti, trasparenze dell’aria, nebbie, scie luminose sul mare…), antropiche (storia, operosità, arte…), siano state capaci di commuovere e di ispirare il genio umano, che ne ha colto l’armonia e la bellezza, tanto da poterle trasmettere a lettori e visitatori.

Allora Parco Letterario si può definire come un’ area paesaggistica e culturale

complessa, variamente articolata dal punto di vista fisico e umano, arricchita e resa immortale dalle pagine o dai versi di un determinato scrittore, che proprio per questo va riconosciuta, amata e salvaguardata dall’oblio e dal degrado.17

A questo proposito esemplari sono le parole di Leonardo Sciascia che testimonia quanto la propria terra sia componente essenziale delle sue opere letterarie:

‘’Tra quegli alberi, tra quelle siepi di fico d’India, in quella vecchia casa scialbata a calce e dalle travature scoperte ho cominciato a parlare e , più tardi, ho cominciato a scrivere. E tutti i miei libri non solo sono stati scritti in quel luogo, ma sono come connaturati ad esso: al paesaggio, alla gente, alle memorie, agli affetti.’’18

Nonostante queste parole esplicite d’amore, a partire dal 2004 un’aspra disputa è sorta in Sicilia a proposito del progetto di un sesto aeroporto che si vorrebbe costruire spianando una serie di colline, proprio i siti geografici dei quali Sciascia ha stilato pagine memorabili. Per la sua realizzazione, infatti, Racalmuto (Ag), dove sono ambientati molti dei personaggi del romanziere, vedrebbe stravolto il suo paesaggio, reso irriconoscibile da piste, raccordi stradali, strutture varie. La decisa protesta degli abitanti della zona, che qui vivono coltivando proficuamente viti, olivi e mandorli, si basa anche sull’ambientazione dell’opera letteraria, che dei luoghi amati e valorizzati dall’autore è cornice ed ora rischia di essere cancellata.

Parco Letterario, quindi, come conoscenza, tutela, salvaguardia di paesaggi che hanno saputo ispirare animi particolarmente sensibili e dotati. Letti così in filigrana l’opera letteraria- il suo contorno con elementi geografici di riferimento, cercando di farne

17 S. NIEVO, I Parchi Letterari, Roma, ed. Abete, 1991, p. 7. 18 SCIASCIA ( 1978).

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rivivere le radici profonde che affondano nel territorio e nella vita quotidiana di chi l’ha abitato- consente al geografo di percorrere due filoni di ricerca: da un lato quello storico, legato al momento in cui essi sono stati collocati e, dall’altro, quello rivolto al futuro per esaminare le potenzialità e le ricadute economiche e sociali che un Parco può portare, nell’ambito del turismo culturale. Il primo ha come oggetto di studio l’ambiente, la gente, il lavoro, la fatica, la genialità, i problemi ed i drammi di un certo gruppo sociale del passato, il secondo l’esame e la verifica della compatibilità e della sostenibilità che una scelta culturale comporta.

È inoltre frequente che il turismo culturale scinda l’oggetto che si desidera visitare dal contesto territoriale, dalla società e dal momento storico e dalla società che lo hanno generato, dando luogo ad una divaricazione che nuoce alla più completa percezione; ma se lo stesso contesto è stato cornice letteraria ed una parco apposito ne sottolinea le connotazioni il turista con facilità dovrebbe passare dal piano della scrittura a quello spaziale. La torre del passero solitario, a questo punto, la casa di Silvia, la biblioteca delle sudate carte, l’ermo colle con la sua siepe fanno di Recanati un parco ispiratore esemplare: se Leopardi, però, non avesse fissato quello scenario, nessuno si sarebbe recato appositamente in questo piccolo centro marchigiano.

Tale ragionamento potrebbe indurre a pensare che si possa prendere in considerazione, a questo punto, ogni area dove una forte personalità, anche non letteraria, abbia lasciato tracce indelebili, per esempio legate alla musica o alla produzione architettonica, si pensi ai luoghi pucciniani tra Lucca e Torre del Lago o ai Sassi di Matera. Così facendo, potrebbe acquistare una sua definizione l’ area che sia stata culla di una specifica cultura individuale o corale, si pensi appunto ai parchi

culturali di origine popolare.

Alla luce di ciò, possiamo senz’altro palesare, come all’inizio del terzo millennio si deve educare all’ambiente culturale inteso come una nicchia privilegiata delle massime espressioni dell’originalità, della sensibilità e della fantasia del genio umano. Per questo, alcuni studiosi, avanzano l’ipotesi in base alla quale piuttosto che parlare di Parchi Letterari si dovrebbe parlare di Parchi Culturali che abbraccino tutte le varie branche di arte germogliate su un territorio. Il geografo potrebbe inserirsi anche in questo discorso, come conoscitore specifico dell’ambiente, della realtà passata e quella futura, che studi la progettazione, la sostenibilità, le prospettive economiche di questo

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tipo di ambienti geografici, che vanno comunque considerati tra i più preziosi beni culturali. In questo modo si intendono, dunque, le sinergie tra parchi letterari, culturali e naturali, anche se un’analisi più attenta evidenzia le differenze che intercorrono tra questi.

Iniziative simili, dunque, ma non identiche, quali i Parchi Culturali sono realizzabili con minore difficoltà, questi hanno un richiamo d’immagine molto simile ai Parchi Letterari, pur rispondendo ad esigenze paesaggistiche talora molto differenti.

Nel quadro della normativa vigente, volendo fare un po’ di chiarezza, i criteri per cui un territorio possa essere considerato un Parco Letterario, infatti, sono a tutt’oggi imprecisi19. Possiamo pertanto prendere in considerazione i criteri che un paesaggio deve possedere perché sia possibile istituirvi un parco letterario riconosciuto dalla Fondazione Nievo o sovvenzionato dal FESR (Fondo Europeo di Sviluppo Regionale):

• la valenza letteraria dello scrittore, che non deve essere né vivente né troppo recente; • il territorio deve essere tuttora riconducibile a quello descritto nelle opere dell’autore considerato;

• l’istituzione del parco deve essere potenzialmente apportatrice di imprese soprattutto giovanili;

• il parco deve garantire standard elevati di qualità e innovazione.

Gli studi che gli enti patrocinatori (pubblici, privati, non profit) devono effettuare per ottenere l’istituzione del Parco Letterario devono far emergere in particolare:

• la descrizione dei luoghi narrati dall’autore;

• i legami che intercorrono tra l’autore e il territorio;

• i caratteri fisici, antropici socio-economici e turistici (questi ultimi con particolare riferimento alla capacità recettiva e all’accessibilità) della regione.

19 A livello nazionale i Parchi Letterari non sono sottoposti ad una normativa ad hoc, ma si devono rifare ad una molteplicità di fonti di tutela paesaggistica che trovano tutte il loro fondamento nella Costituzione:‘’[ La Repubblica] tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione’’, art. 9, II comma, Cost. Poiché tale lacuna non è colmata da strumenti normativi né di livello europeo né di livello regionale l’auspicio è che si possa giungere alla regolamentazione di tale nuovo ed importante strumento di tutela e di valorizzazione del paesaggio.

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Infine, gli interventi di cui si devono far carico i soggetti patrocinatori del parco letterario sono soprattutto:

• la promozione di studi, ricerche, convegni, mostre, pubblicazioni sul Parco Letterario; • la continua verifica della compatibilità del Parco con il piano regolatore locale;

• l’effettuazione di eventuali interventi paesaggistici finalizzati alla conservazione o al recupero;

• la tutela di eventuali attività artigianali o agricole e di tradizioni eno-gastronomiche locali;

• lo studio del marketing, dal logo alla cartellonistica, alla segnaletica, ai materiali illustrativi e multimediali;

Come risulta evidente, gli standard qualitativi richiesti per la realizzazione di un Parco Letterario propriamente detto non sono affatto di basso profilo. Essi sono comunque necessari per ottenere il marchio registrato da parte della Fondazione Nievo ed i finanziamenti del FESR.

Una prima differenza che si può osservare fra i Parchi Letterari ed i Parchi Culturali è che mentre il primo ha come oggetto un paesaggio ancora esistente ma a rischio di erosione, il parco Culturale, invece, può prendere in considerazione un paesaggio che non esiste più. Un’ altra differenza fra i due strumenti riguarda i rapporti che intercorrono fra l’opera letteraria e il paesaggio che l’ha ispirata. Nel caso del Parco Letterario, il paesaggio non è semplicemente lo scenario dove si è svolta la trama di un romanzo o dove è ambientata una poesia ma è un luogo diventato per mezzo di un’opera letteraria oggetto di tutela e di valorizzazione all’interno di un Parco Letterario e l’opera letteraria che esso ha ispirato sono intrinsecamente in relazione fra di loro.

Essi, infatti, si danno significato vicendevolmente: se non fosse stato per l’opera letteraria tale paesaggio non avrebbe avuto oggi il significato che ha e, viceversa, neppure l’opera letteraria sarebbe tale se non fosse stata ispirata da un paesaggio unico, che merita di essere salvaguardato dal rischio di erosione culturale. Nei Parchi Culturali, invece, il grado di interrelazione che deve intercorrere tra opera letteraria e paesaggio è molto meno intenso, ciò spiegherebbe la terza diversità in quanto quest’ultimi possono

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tutelare e valorizzare luoghi che, oltre ad avere un’importanza letteraria, possono trovare significato anche in fatti storici, scientifici, artistici.

Un’ultima differenza fra i Parchi Letterari ed i Parchi Culturali è data dai servizi che il turista può trovare in essi. All’interno dei Parchi Letterari istituiti dalla Fondazione Nievo si trovano, infatti, alcuni servizi, uniformemente denominati e tutelati da marchi registrati, quali i “Viaggi Sentimentali”, ovvero eventi narrativi, visite, soggiorni condotti da cantastorie, menestrelli, attori e musicisti che conducono i turisti alla conoscenza dei luoghi dell’ispirazione stimolando l’emozione, la fantasia e l’uso dei sensi.

All’interno dei Parchi Culturali, invece, il controllo dell’offerta turistica avviene con parametri diversi: manca spesso un sistema di accoglienza turistica, essendovi una pluralità di operatori turistici (guide turistiche, guide ambientali ed escursionistiche, ristoratori, albergatori) talvolta poco coordinati tra di loro.

1.3. Parchi Letterari e genius loci: teoria geografica e prassi

territoriale.

N

elle impostazioni con cui si è affrontata la prospettiva dei Parchi Letterari è emerso subito non soltanto che il tema era connesso a quello del paesaggio ma anche che nel connotare il paesaggio erano soprattutto gli aspetti naturali ad essere rilevanti per determinare se un determinato territorio avesse le prerogative per essere considerato “Parco Letterario”. L’esistenza di queste condizioni è affidata ad un tipo peculiare di rappresentazione, quella contenuta nei testi letterari, per cui non soltanto si esclude la rilevanza di rappresentazioni scientifiche, su base analitiche, ma anche quella delle rappresentazioni fornite dalle arti figurative e dalla musica.

Questo tipo di rappresentazione ha anche la prerogativa di essere riferito sia al contesto in sé, costituito da un luogo “illuminato” da un testo letterario, sia dal testo, inteso come la rappresentazione del luogo compiuta attraverso un prodotto letterario. Il contesto fornisce una conoscenza tendenzialmente oggettivistica del luogo, fondata su

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segni costruiti in termini analitici, mentre il testo fornisce una “conoscenza emotiva”. A questo punto è possibile delineare una questione di stretto interesse geografico: nell’ipotesi in cui il Parco Letterario fosse concepito soltanto a fini conoscitivi, cioè per individuare territori valorizzati da rappresentazioni contenute in testi letterari, non emergerebbe l’esistenza di coordinare le due forme di conoscenza, quella “scientifica’’ su base analitica, che parla alla ragione, e quella “meta-scientifica” su base non analitica che parla all’emozione.

Nel caso in cui, invece, l’individuazione del Parco Letterario avvenisse per elaborare e realizzare progetti territoriali, si chiamerebbe in causa la prassi. A questo punto la rappresentazione dovrebbe essere funzionale alla prassi, ovvero dovrebbe avere prerogative adeguate per sostenere il progetto; da qui due conseguenze. Primo: la rappresentazione testuale dovrebbe essere usata non soltanto per individuare fisionomie paesaggistiche “nascoste”dalla rappresentazione su base analitica, ma anche per fornire indicazioni operative. Secondo: le due rappresentazioni, analitica e non, dovrebbero essere integrate in modo da conseguire un unico obiettivo, di natura progettuale.

Un impianto del genere ha il dovere di aprire un discorso geografico di indubbio interesse, orientato, prima di tutto, verso l’acquisizione di nuove forme di conoscenza, se non altro perché propone una categoria di casi studio molto utili per considerare come possa essere affrontata la rappresentazione testuale di un territorio, anzi una specifica rappresentazione quale è quella affidata a testi letterari. Il discorso geografico, però, non può essere orientato solo verso l’acquisizione di nuove forme di conoscenza, perché si collega, inevitabilmente, come avviene nel saggio di Persi e Dai Prà20 con la prassi territoriale, che viene chiamata in causa quando il Parco Letterario è concepito come una speciale categoria di protezione e di uso appropriato del paesaggio.

In rapporto alla sua configurazione operativa, il Parco è stato oggetto di due distinte impostazioni operative; la prima è quella originaria intrapresa da Ippolito Nievo e finalizzata a creare “animazione a sfondo culturale” nell’ambito dello spazio che possiede “segni” che rimandano a un protagonista della letteratura o a specifiche opere letterarie. Il progetto del Parco letterario è infatti imperniato sulla promozione di studi,

ricerche, convegni,pubblicazioni, mostre, realizzazione di iniziative per il recupero e la

20 P.PERSI,E.DAIPRÀ, L’aiuola che ci fa…: una geografia per i parchi letterari, Univ. Degli Studi di Urbino, Ist. Interfac. Geogr., Urbino, 2001, p. 9.

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valorizzazione di attività artigianali significative nella storia del territorio, accordi con la ristorazione locale perché imposti la propria offerta gastronomica in funzione ed in sintonia con il progetto generale21.

La seconda impostazione è nata nell’ambito dell’Unione Europea, di cui gode il supporto finanziario, con l’obiettivo di fare del Parco Letterario uno strumento a favore dell’imprenditoria. Ciò spiega, almeno in parte, anche la distribuzione geografica dei Parchi Letterari finora proclamati: quelli promossi dalla Fondazione Nievo sono concentrati nel Nord e nel Centro, mentre quelli istituiti sotto l’ombrello dell’ Unione Europea sono diffusi nel Sud e nel centro, con l’evidente scopo di assecondare politiche di sviluppo del Mezzogiorno. Nell’ottica dell’Unione Europea questi Parchi si configurano una nuova categoria di pianificazione del territorio e motori di sviluppo: l’asserto dominante per delineare il Parco Letterario è costituito dal genius loci.

L’espressione Genius Loci, proveniente dal latino, infatti, richiede l’attenzione su entrambi i termini, genio e luogo, ambedue capaci di condurre alle sorgenti del discorso geografico. Nel senso comune, tra i vari significati con cui viene usato, spicca quello geografico in rapporto al quale il luogo è assunto come “ambito spaziale idealmente o materialmente determinato” (Devoto-Oli,1982 22). Questa definizione che, almeno in prima approssimazione, può ritenersi vicina al concetto di luogo diffuso nelle scienze del territorio, dà origine a due implicazioni: prima di tutto ammette che il luogo possa ammettersi sia come una realtà tangibile, costituita come una porzione di superficie terrestre, sia come una realtà intangibile, collocata nella sfera dell’immaginazione, assumendo la veste di un oggetto idealmente configurato. L’idea di luogo può essere espressa senza riferirsi a una scala geografica determinata- siamo alla seconda implicazione- in ciò sottendendo un problema implicito nel linguaggio geografico. Sotto questo punto di vista si presentano due opzioni, ricche di conseguenze per la discussione sul genius loci.

La prima opzione consiste nel ritenere che il luogo sia una porzione della superficie terrestre caratterizzata da una determinata magnitudo. In tal caso, il luogo è nello spazio, nel senso ontologico del termine ed, in questo modo, si spiega la contrapposizione di

21 Ivi, p. 15.

22 G. DEVOTO, G.C. OLI, Vocabolario illustrato della lingua italiana, Le Monnier, Firenze, 1982, vol.1, p.1515.

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spazio e luogo (space and place) che caratterizza le discussioni concettuali sulla geografia.23 Così concepito, il luogo ci rimanda ad una visione tendenzialmente puntuale del territorio: lo si identifica nel singolo insediamento, nelle città o in una sua parte, in uno spazio rurale ben circoscritto, e cosi via. La seconda opzione consiste nel ritenere che il luogo denoti una certa prospettiva dalla quale guardare la superficie terrestre senza alcun riferimento alla magnitudo.

Su questo piano si dispone, ad esempio, la speculazione di Norberg-Schulz 24(1979), il quale ritiene che il luogo denoti la prospettiva fenomenologica dalla quale guardare la superficie terrestre. In questo senso “luogo” è una categoria molto ampia, all’interno della quale troviamo i concetti di paesaggio, spazio e carattere del luogo. Volendo identificare un concetto, o almeno un campo concettuale, coerente con l’idea di genius, appare ragionevole ritenere che il luogo debba essere inteso come un tratto della superficie terrestre, considerato nella sua materialità. In senso semiotico ci troviamo di fronte a un referente fisico, costituito da una realtà tangibile. Il luogo dovrebbe anche essere inteso come una porzione circoscritta della superficie terrestre, identificata con maggiore attenzione alla visione puntuale del territorio piuttosto che con l’attenzione opposta rivolta a considerare superfici estese.

Ne consegue che l’assunto di Norberg-Schulz, in rapporto al quale il luogo è qualcosa di indistinto, appare in conflitto con l’attribuzione di senso al concetto di genius loci, in quanto quest’ultimo presuppone un locus oggettivamente identificabile. Questo doppio risultato- il luogo assunto come superficie terrestre nella sua materialità ed identificato a una piccola magnitudo, quindi a una scala geografica grandissima- è la base di partenza per il fulcro discorsivo, che consiste nel mettere in riferimento il luogo con il soggetto. La visione propria del razionalismo geografico, considera il luogo in sé, come una realtà determinabile, prescindendo dal soggetto che, da questa prospettiva, è considerato “parte del luogo”, cioè assorbito in una realtà oggettivamente determinabile. La seconda visione, invece, propria di prospettive che si dissociano dal razionalismo, considera il luogo non come realtà materiale, bensì come una realtà presente solo nella

23 Rediscovering Geography Committee, Board on Earth Sciences and Resources, et al, Rediscovering

Geography. New Relevance for Science and Society, Washington D.C., National Academy Press, 1997,

pp. 73-75, 86-95.

24 C. NORBERG-SCHULZ, Genius loci. Paesaggio Ambiente Architettura, Milano, Electa, 1979, pp. 11-18.

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mente del soggetto: l’oggetto è nel soggetto, il luogo vive nel soggetto e non costituisce nulla di esterno al soggetto. Quando si muove su questo terreno il geografo considera i luoghi come parte delle visioni e delle immaginazioni dell’individuo.

Se ci fermassimo a questo punto, potremmo banalmente concludere che il concetto di

genius loci è improponibile, sia se si adotti una prospettiva oggettivistica e sia una

soggettivistica radicale. Esiste, però una terza via, quest’ultima consiste nel considerare il luogo come realtà che esiste di per sé, esternamente al soggetto, ma che viene considerata per il modo con cui è trasfusa nell’esistenza del soggetto e, quindi, diventa parte di una storia individuale dell’individuo. Il luogo è così considerato nella sua concretezza ed il soggetto come individuo, Vidal de la Blache aveva insegnato al geografo di studiare il singolo luogo, nella sua individualità, ed ora il geografo muove da questo piano per includere il soggetto nella sua rappresentazione di territorio e per considerarlo come individuo.

Si tratta però di una prospettiva che, per essere soppesata in rapporto alla discussione sul genius loci, richiede di essere trasferita su un piano discorsivo più esteso, a cui ha dedicato molta attenzione Norberg-Schulz, il quale introduce un altro fattore, ‘’l’abitazione’’, spiegando come questa sia un luogo e il mondo.25 Volendo essere più precisi: quando un individuo decide di abitare la superficie terrestre crea un luogo, trasferisce il mondo in un tratto di territorio, creando la soglia che divide l’interno dall’esterno. Seguendo queste argomentazioni, possiamo dedurre che la creazione di luoghi ha avuto inizio con la civiltà neolitica, perché proprio in quel contesto culturale l’insediamento stanziale ha identificato i luoghi, creato meccanismi di chiusura/apertura e ha costruito visioni del mondo che si riflettevano sui luoghi. Non è di avviso sostanzialmente diverso Norberg-Schulz, quando sostiene che fin dall’inizio dei

tempi,l’uomo si è reso conto che creare un luogo significa esprimere l’essenza dell’essere. L’ambiente artificiale della sua esistenza non è soltanto uno strumento pratico, o il risultato di avvenimenti arbitrari, ma possiede una struttura ed incarna dei significati che riflettono il suo modi di intendere l’ambiente naturale, e la sua situazione esistenziale in genere.26

25 Ivi, pp. 18-23.

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Non è mia intenzione indugiare su questa argomentazione e per quanto attiene al discorso sul luogo in rapporto al genius loci è fondamentale l’introduzione sul “carattere del luogo”:

“Il carattere è determinato da come le cose sono, ed offre alla nostra indagine una base per lo studio dei fenomeni concreti della nostra vita quotidiana. Solo in questo modo possiamo afferrare il geniusloci, lo spirito del luogo, che gli antichi riconobbero come quell’opposto con cui l’uomo deve scendere a patti per acquistare la possibilità di abitare. Il carattere si risolve, insomma, nell’atmosfera generale, che rappresenta la proprietà più comprensiva di qualsiasi luogo.”27

Concetto utile questo in quanto contribuisce a richiamare l’attenzione su due circostanze, tra loro connesse e che connotano il luogo: possedere un marchio proprio, che si differenzia da quello di ogni altro luogo e, proprio per questo, costruire un ambito della superficie terrestre che si identifica in sé, separato dal resto della realtà territoriale e comunque aperto ad essa. Spazio chiuso significa soprattutto un’area distinta e separata dall’ambiente attiguo, mediante la creazione di un confine, il quale può presentarsi anche in forma meno rigida, come raggruppamento denso di elementi. Prescindendo dal fatto che Norberg-Schulz abbia dedicato il libro al genius loci pur non dedicando ampio spazio ad esplicitarne il concetto, possiamo estrapolare, dalle sue argomentazioni veramente stringate, l’origine del concetto. Radicato, appunto, nella civiltà classica e nel sostenere che il richiamo dell’individuo al genio del luogo era un segno della propensione a mantenere un rapporto di armonia con la natura, tale concetto, nei tempi successivi, nonostante in apparenza non fosse sopravvissuto, è rimasto implicito nel modo con cui spiriti eccellenti hanno considerato la realtà territoriale, una realtà viva, anche quando non è stato espressamente nominato come tale.

Per quanto concerne, invece, il concetto di genius, l’etimologia del termine è ben nota: la parola deriva dal latino geniu(m) e denotava sia lo spirito che accompagnava ogni individuo, sia la sua personale inclinazione e sotto questo profilo il campo dei suoi significati è stato ampiamente esteso. L’attribuzione del termine ai luoghi avvenne più tardi, essendo dunque una tarda manifestazione dell’evoluzione del concetto, per cui non sarebbe legittimo considerare quest’ultimo come un apporto concettuale dato da

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prelevarsi come era stato concepito in passato. La sfida consiste proprio nel verificare se sia possibile utilizzare questo concetto e quale significato attribuirgli nella rappresentazione dei luoghi.

L’idea di genius loci, innanzi tutto, appare come uno strumento attraverso il quale costruire segni, vale a dire creare rappresentazione, e dai segni procedere verso i significati e per identificare le possibili funzioni che questo strumento di “costruzione segnica” può svolgere, è necessario delineare un modello attraverso il quale individuiamo sia il rapporto sia tra segno e referente (oggetto) sia tra segno e significato. A questo riguardo può essere utile un modello per scandagliare i temi della geografia culturale, un modello che potremo qualificare come “triangolo semiotico della rappresentazione geografica”.

Ai vertici si dispongono, nell’ordine, l’oggetto (referente), il segno e il significato, mentre lungo i dati si susseguono la relazione tra segno e referente, la relazione tra segno e significato ed infine la relazione tra significato e referente, che si esprime nella produzione di prassi territoriale. Nel vertice di partenza, l’oggetto, referente, si colloca il luogo, come un tratto della superficie terrestre che rientra in una realtà materiale, tangibile. Nel vertice successivo, continuando, in basso a sinistra, è collocato il segno, protagonista della rappresentazione. Rispetto al luogo, possiamo dire che il segno assume la veste di segno-rappresentante, nel senso che tende a rappresentare un oggetto per attribuirgli un significato. È usato, appunto, il termine di rapresentamen, il quale mette in evidenza una circostanza che in geografia assume un rilievo cruciale: il segno in quanto rapresentamen, viene assunto come prodotto peculiare della rappresentazione. Nel momento stesso in cui ha luogo la costruzione del segno come protagonista della rappresentazione, interviene il soggetto e quindi ha inizio l’esperienza esistenziale che conduce alla costruzione di valori ed idee, ergo alla costruzione di cultura. Il

rapresentamen, infatti, è un segno che parte dal referente, nel nostro caso dal luogo, e si

proietta verso la costruzione di significati. Da qui la doppia funzione del segno, che sul versante del luogo assume la veste di segno-rappresentante, mentre sul versante del significato assume la funzione di segno-interpretante. Terzo vertice, infine, è costituito dal significato, interpretante: il significato, tappa finale del percorso discorsivo, è il prodotto dell’interpretazione del segno, per cui ci troviamo di fronte al

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definita una semiosi, attraverso la quale ha luogo la produzione cumulativa di conoscenza.28

Dalle nozioni appena chiamate in causa emergono due questioni: quale sia la natura segnica del genius loci e quale sia la natura delle relazioni tra segno e significato, il che equivale a chiederci quale sia la funzione del segno-interpretante. Le due questioni possono essere affrontate tenendo conto che, in rapporto alla teoria semiotica, i segni possono rientrare in tre categorie fondamentali. La prima categoria è costituita dall’

indice che secondo Eco è un segno che ha una connessione fisica con l’oggetto che

indica, ad esempio il fumo indica la presenza del fuoco; la seconda è, invece costituita dall’ icona, che rimanda al suo oggetto in virtù di una somiglianza, di sue proprietà intrinseche che corrispondono in qualche modo a proprietà dell’oggetto, ovvero del suo denotato, così sono icone una fotografia, un diagramma o un’immagine mentale. Le condizioni si complicano, piuttosto, quando si approva alla terza categoria, quella del

simbolo: ci troviamo ora in presenza di un tipo di segno che non possiede somiglianza

con il significante ed è legato al significato da una relazione predeterminata, univoca. In sostanza è un segno arbitrario, il cui rapporto con il significato è definito da una legge determinata dalla cultura di riferimento per cui mutando il contesto, può mutare il significato attribuito allo stesso simbolo.

Identificare la cultura di una comunità, nel patrimonio di simboli costruiti nella sua storia, dà modo di esplorare la sua identità culturale, che è espressa dalla differenza tra il suo patrimonio e i patrimoni di simboli di altre comunità. Questo è un cardine teorico, che dalla prospettiva geografica conduce a rappresentare la cultura come una storia di simboli attribuiti ai luoghi e agli spazi di vita di una determinata comunità. Luoghi, simboli e condizioni esistenziali costituiscono la triade concettuale attorno alla quale ruota la rappresentazione geografica della cultura. Questa discussione sulle ipotesi discorsive, appunto, ci porta a concludere che il luogo è la categoria ontologica fondamentale per la rappresentazione del territorio in chiave semiotica e, in questo quadro, il genius loci può essere inteso come il simbolo, le cui connotazioni mutano in rapporto alle culture e possono anche mutare nel corso della storia di una stessa cultura. Inquadrato così il procedimento, possiamo applicarlo al caso specifico del genius loci per constatare se lo si possa estrarre dalla posizione effimera concettualmente in cui

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