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Provvedimenti non ricorribili in cassazione in particolare provvedimenti anticipatori nell'interesse della prole, e modalità per la realizzazione dell'uniformità del diritto.

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(1)

I

INDICE

٭٭٭

Introduzione

1

CAPITOLO I

La nomofilachia

Sezione I

La nomofilachia nell’idea di Calamandrei

I.1. Lo scopo della Cassazione. 4

I.2. I due aspetti dello scopo della Cassazione: la nomofilachia e

l’unificazione della giurisprudenza.

7 I.3. La combinazione dello scopo di nomofilachia con lo scopo di

unificazione della giurisprudenza.

15

Sezione II

La nomofilachia nell’ordinamento giuridico italiano II.1. La nomofilachia nell’art. 65 del r.d. 30 gennaio 1941 n. 12

sull’ordinamento giudiziario.

19 II.2. La funzione nomofilattica alla luce delle moderne teorie

esegetiche.

26 II.3. I valori sottesi alla funzione nomofilattica e la questione dei

provvedimenti non ricorribili in cassazione.

33 II.4. La funzione nomofilattica nelle recenti riforme legislative del

giudizio di cassazione: il d.lgs. n. 40/2006, la legge n. 69/2009 e la legge n. 134/2012.

36

(2)

II

CAPITOLO II

Il ricorso ex art. 111, 7° comma, della Costituzione

Sezione I

L’articolo 111, 7° comma, della Costituzione

I.1. La ratio dell’art. 111, 7° comma, Cost. 62

I.2. L’applicazione diretta dell’art. 111, 7° comma, Cost. 64

I.3. L’interpretazione estensiva dell’art. 111, 7° comma, Cost.: a) la

sentenza soggetta a ricorso nell’elaborazione dottrinale.

68 I.4. Segue: b) la sentenza soggetta a ricorso nella giurisprudenza della Cassazione. Il grand arrêt delle Sezioni Unite n. 2593/1953.

73

Sezione II

Il ricorso straordinario in cassazione

II.1. Il ricorso straordinario in cassazione. 81

II.2. I cosiddetti presupposti di ammissibilità del ricorso straordinario

in cassazione: decisorietà e definitività. 84

II.3. Distinzione tra ricorso ordinario e ricorso straordinario in

cassazione quanto ai motivi di impugnazione: la disciplina previgente e l’arrêt delle Sezioni Unite n. 5888/1992.

92 II.4. L’uniformazione tra motivi di ricorso ordinario e straordinario. 98

(3)

III

CAPITOLO III

I provvedimenti non ricorribili in cassazione: la fattispecie dei

provvedimenti temporanei e urgenti nell’interesse della prole e

dei coniugi nei procedimenti di separazione e di divorzio

Sezione I

I controlli sui provvedimenti temporanei e urgenti nell’interesse della prole e dei coniugi nella disciplina previgente

I.1. Individuazione dell’oggetto dell’indagine: la nomofilachia e i

controlli sui provvedimenti anticipatori nell’interesse della prole e dei coniugi nei procedimenti di separazione e di divorzio.

105 I.2. Natura e impugnabilità dei provvedimenti nell’interesse della

prole e dei coniugi dal codice del 1865 al codice del 1940.

112 I.3. La giurisprudenza sui provvedimenti nell’interesse della prole e

dei coniugi all’indomani del reclamo cautelare della novella del 1990.

119

Sezione II

Nuova disciplina dei controlli sui provvedimenti anticipatori nell’interesse della prole e dei coniugi. Divergenti orientamenti giurisprudenziali e possibili rimedi per realizzare l’uniformità del diritto

II.1. I controlli sui provvedimenti nell’interesse della prole e dei

coniugi alla luce delle recenti riforme legislative: la legge n. 80 del 2005 e la legge n. 54 del 2006.

132 II.2. Orientamenti giurisprudenziali contrapposti sul rapporto tra il

reclamo e la revoca o modifica dei provvedimenti presidenziali.

136 II.3. Il problema della reclamabilità dell’ordinanza con cui il giudice

istruttore revoca o modifica il provvedimento presidenziale.

147 II.4. La giurisprudenza che esclude tout court la reclamabilità. 148

II.5. La giurisprudenza che ammette il reclamo ex art. 669-terdecies

c.p.c. 152

II.6. La giurisprudenza che sostiene l’esperibilità del reclamo alla

Corte d’appello ex art. 708 c.p.c.

158 II.7. Come garantire la nomofilachia: l’intervento della Corte

costituzionale e «il principio di diritto nell’interesse della legge».

160

(4)

IV

Conclusioni

168

Bibliografia

172

(5)

1

INTRODUZIONE

Il presente studio si propone di analizzare la funzione tipica della Corte di cassazione che va sotto il nome di nomofilachia (letteralmente: salvaguardia, custodia delle norme), approfondire l’esercizio di tale funzione in relazione all’articolo 111, 7° comma, della Costituzione e occuparsi, infine, della tematica dei provvedimenti non ricorribili in cassazione, rispetto ai quali si pone il problema dell’attuazione della funzione nomofilattica.

L’elaborato si articolerà in tre parti. Il primo capitolo illustrerà i tratti più significativi della nomofilachia, così come è stata regolata nell’ordinamento giuridico italiano. A tale scopo sarà utile partire dal contributo di Calamandrei il quale, nel secondo volume de “La Cassazione civile” del 1920, indica la nomofilachia come l’attività esclusiva della Corte di cassazione volta ad assicurare che la legge sostanziale sia interpretata esattamente da parte dei giudici di merito. Tale attività è intrinsecamente connessa con l’altra funzione della Corte suprema diretta a garantire l’uniforme interpretazione della legge su tutto il territorio nazionale. Nell’impostazione di Calamandrei, la nomofilachia e l’unificazione della giurisprudenza rappresentano i due aspetti del controllo giuridico che la Corte di cassazione esplica sull’attività dei giudici di merito e concorrono a realizzare l’unità del diritto oggettivo.

Il lavoro proseguirà con l’analisi dell’art. 65 del r.d. n. 12 del 1941 sull’ordinamento giudiziario, con cui il nostro ordinamento ha recepito la nozione di nomofilachia elaborata da Calamandrei. Tale nozione, come si evidenzierà, è stata successivamente oggetto di una rilettura orientata ad

(6)

2 attualizzarne il contenuto alla luce delle moderne teorie ermeneutiche e dei principi espressi dalla Costituzione, in primo luogo del principio di uguaglianza. Da ultimo verranno esaminate le recenti modifiche al procedimento di legittimità, introdotte dal d.lgs. n. 40 del 2006, dalla l. n. 69 del 2009 e dalla l. n. 134 del 2012, con cui il legislatore nell’intento di recuperare e rafforzare la funzione nomofilattica ha esteso, ove opportuno, gli ambiti di operatività della Suprema Corte, e ha introdotto al contempo misure deflative nella convinzione che il carico di contenzioso che si riversa sui ruoli della Corte renda difficile l’esplicarsi della suddetta funzione.

Il secondo capitolo sarà incentrato sull’analisi dell’articolo 111, 7° comma della Costituzione e, in particolare, sull’interpretazione estensiva che di tale disposizione ha dato la Cassazione con il grand arrêt n. 2593 del 1953.

La Cassazione, come si dirà, con tale pronuncia adotta un’interpretazione sostanziale del termine «sentenza», di cui all’articolo 111, 7° comma, Cost., intesa come provvedimento che, pur non avendo la forma della sentenza, in quanto decisorio e definitivo ne condivide la sostanza ed è ricorribile in cassazione ex articolo 111, 7° comma, Cost. Il ricorso avverso tali provvedimenti viene denominato straordinario per distinguerlo da quello ordinario regolato agli artt. 360 ss. c.p.c., ed è esperibile avverso quei provvedimenti che la Cassazione individua come decisori e definitivi. Trattasi di un istituto la cui origine e disciplina è da individuarsi nella giurisprudenza di legittimità e il cui riconoscimento legislativo si è avuto, solo in tempi recenti, con il d.lgs. n. 40 del 2006.

(7)

3 Il terzo capitolo affronterà la questione dei provvedimenti non ricorribili in cassazione, rispetto ai quali si pone il problema dell’attuazione della funzione nomofilattica. A tale scopo, si analizzeranno le tematiche relative ai controlli sui provvedimenti provvisori e urgenti emessi nei giudizi di separazione di divorzio e, in particolare, la questione del rapporto tra l’istituto del reclamo alla Corte d’appello dei provvedimenti presidenziali e il potere di revoca e modifica del giudice istruttore, nonché la problematica del reclamo avverso le ordinanze revisionali del giudice istruttore.

Attraverso l’analisi della giurisprudenza si evidenzierà come differenti Tribunali risolvono in modo diverso tali questioni, dando vita ad una giurisprudenza a “macchia di leopardo”.

Lo studio si completerà con l’individuazione dei possibili rimedi, atti a garantire anche in queste materie l’uniforme interpretazione della legge su tutto il territorio nazionale.

(8)

4

CAPITOLO I

LA NOMOFILACHIA

SEZIONE I

LA NOMOFILACHIA NELL’IDEA DI CALAMANDREI

I.1. Lo scopo della Cassazione.

Uno studio sulla funzione nomofilattica della Cassazione può prendere utilmente avvio dall’analisi di Calamandrei, l’illustre Maestro che ha contribuito in modo determinante all’individuazione dei tratti salienti di tale funzione.

La concezione della nomofilachia di Calamandrei si inserisce nell’ambito della sua teoria sullo scopo della Cassazione, formulata nel volume secondo de La Cassazione civile del 1920.

L’Autore colloca la nomofilachia e l’unificazione della giurisprudenza, che definisce rispettivamente come l’aspetto negativo e positivo dello scopo della Cassazione, al centro di quella che sarà, in seguito, definita “ricostruzione razionalizzatrice”1 dell’istituto della Cassazione. Si parla di “ricostruzione razionalizzatrice” in quanto la teoria della Cassazione, elaborata da Calamandrei, non descriveva l’istituto così come questo era positivamente disciplinato nell’ordinamento italiano del 1920: «si trattava piuttosto della sovrapposizione, all’esperienza italiana, di un modello “puro” che Calamandrei

1 Tale espressione è di Taruffo, La Corte di cassazione e la legge, in Riv. trim. dir. proc. civ.

(9)

5 derivava in parte dal sistema francese e in parte dalla concettualizzazione dei caratteri che egli riteneva dovessero essere propri di una Corte di cassazione.»2 Punto di partenza della teoria sullo scopo della Cassazione è l’art. 122 della LOG (legge organica unitaria sull’ordinamento giudiziario, r.d. 6 dicembre 1865, n. 2626) il quale prevede che «la Corte di cassazione è istituita per mantenere l’esatta osservanza delle leggi». Trattasi di una disposizione scarna che, si osserva, se interpretata letteralmente, non riesce a dare un’idea nemmeno approssimativa dell’istituto a cui fa riferimento e necessita quindi di integrazione. Tuttavia, il semplice fatto della sua esistenza conduce l’Autore a un’osservazione non priva di rilievo: essa è l’unica disposizione, all’interno della LOG, che mira a definire lo scopo di un organo giurisdizionale e quindi «se il nostro legislatore ha sentito per la sola Corte di cassazione quella necessità di definirne gli scopi, che non ha sentito per gli altri organi giurisdizionali, ciò deriva dal fatto che la Corte di cassazione serve ad uno scopo differente da quello cui servono tutti gli altri organi giurisdizionali.» 3 Calamandrei si propone di individuare questa differenza di scopi e a tal fine introduce il concetto di controllo giuridico.

Il controllo giuridico è una delle funzioni fondamentali dello Stato e consiste nell’attività volta a stabilire se il comportamento, posto in essere da un soggetto in determinate circostanze, sia stato conforme al concreto imperativo nato, al suo indirizzo, da una norma giuridica.

Oggetto del controllo giuridico è, in primo luogo, la condotta dei privati; la dottrina è, infatti, concorde nel ritenere che i concreti precetti giuridici, che

2 Taruffo, La Corte di cassazione, cit., p. 351.

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6 scaturiscono dalle norme di diritto sostanziale, si indirizzano immediatamente ai privati. Lo Stato, quindi, per esplicare la sua funzione di controllo sull’osservanza di queste norme, dovrà esaminare direttamente la condotta dei privati e attuare coattivamente quelle norme a cui non si sono spontaneamente conformati. Questa forma di controllo giuridico prende il nome di giurisdizione civile4.

Oltre che sulla condotta dei privati, il controllo giuridico dello Stato si esercita sulla condotta dei propri organi. Infatti, sono sempre più numerose e dettagliate le norme giuridiche che disciplinano l’attività degli organi dello Stato e giustificano la presenza, in tutti gli ordinamenti positivi, di istituti che hanno il compito di verificare che essi si muovano entro i propri limiti di attribuzione. È in questo contesto che si assiste al fenomeno del controllo sul controllo che ricorre quando «l’organo giurisdizionale, istituito per controllare che la condotta dei sudditi corrisponda ai precetti giuridici di cui essi sono destinatari, è sottoposto a sua volta al sindacato di un organo superiore, incaricato di controllare se l’attività di controllo esercitata dal giudice si sia svolta nell’ambito della legalità…»5.

L’accennata distinzione degli organi di controllo in due categorie, a seconda dell’oggetto su cui esplicano il controllo giuridico, consente a Calamandrei di individuare in quale aspetto lo scopo della Cassazione differisce da quello degli altri organi giurisdizionali: gli organi della giurisdizione civile diversi dalla Cassazione esercitano il loro controllo sulla condotta dei privati, il controllo della Cassazione, invece, ha per oggetto la condotta degli organi

4 Calamandrei, La Cassazione civ., cit., pp. 23-25. 5 Calamandrei, La Cassazione civ., cit., p. 26.

(11)

7 giurisdizionali di merito. Questa differenza non risulta dall’art. 122 della LOG, ma, rileva Calamandrei, deve essere evidenziata se si vuole attribuire un preciso significato a tale disposizione, che perciò viene così integrata: “La Corte di cassazione è istituita per mantenere l’esatta osservanza delle leggi da parte degli organi giurisdizionali”6.

In sostanza, secondo l’Autore «la Corte di cassazione ci dà l’esempio tipico di un organo di controllo giuridico incaricato di mantenere nei limiti della legalità una serie di altri organi dello Stato (organi della giurisdizione ordinaria) che alla loro volta hanno l’ufficio di mantenere nei limiti della legalità i privati cittadini.»7

I.2. I due aspetti dello scopo della Cassazione: la nomofilachia e l’unificazione della giurisprudenza.

Nella teoria di Calamandrei, la funzione di controllo giuridico, che la Cassazione esercita sull’attività dei giudici di merito, è caratterizzata dalla nomofilachia e dall’unificazione della giurisprudenza.

La nomofilachia viene configurata come l’attività della Cassazione volta ad assicurare l’esatta osservanza della legge da parte dei giudici di merito, mediante l’annullamento delle sentenze viziate (da qui deriva il concetto di nomofilachia come aspetto negativo dello scopo della Cassazione).

Tale funzione, nell’analisi dell’Autore, viene posta a tutela dell’unica norma che regola l’attività in iudicando del giudice prescrivendogli di giudicare secundum ius, cioè di risolvere la lite secondo la legge che regola i rapporti

6 Calamandrei, La Cassazione civ., cit., p. 27. 7 Calamandrei, La Cassazione civ., cit., p. 28.

(12)

8 simili a quello controverso. Si tratta di una norma fondamentale, di natura processuale, implicita nell’ordinamento positivo del 1920 (ora sancita a livello costituzionale dall’art.101, 2° comma, Cost.) che si pone come base e giustificazione del potere decisionale del giudice.

La violazione del precetto di giudicare secundum ius (error iuris in iudicando) si ripercuote indirettamente sulla norma di diritto sostanziale, che il giudice avrebbe dovuto porre a base della sua decisione; tale violazione viene, infatti, a negare la sanzione giurisdizionale a quelle concrete volontà di legge che da questa norma sono sorte all’indirizzo delle parti in causa e che per la loro mancata dichiarazione giudiziaria restano definitivamente ineseguite. Si tratta di un effetto tipico della funzione giurisdizionale, perché lo Stato attribuisce solo al giudice il potere di dichiarare quali concrete volontà di legge sono sorte dal coincidere della fattispecie reale con la fattispecie legale.

La Cassazione, richiamando il giudice al suo dovere di giudicare secundum ius, tutela, quindi, le norme sostanziali che il giudice ha l’obbligo di porre a base della sua decisione.

Nell’idea di Calamandrei, pertanto, la Corte suprema adempie alla funzione nomofilattica annullando le sentenze viziate da errores iuris in iudicando, ovvero dalle inesecuzioni di quel precetto che regola l’attività di giudizio e che, quindi, può essere violato solo dal giudice. Sono invece sottratti al suo controllo gli errores in procedendo, cioè le violazioni di quei precetti che regolano gli atti esteriori in procedendo del giudice (del tutto simili alle inesecuzioni di concrete volontà giuridiche che qualunque soggetto di diritto può commettere) e gli errores facti in iudicando, cioè gli errori in cui il giudice

(13)

9 incorre nella risoluzione delle questioni di fatto che, per tradizione, sono esclusi dal riesame della Cassazione.

L’Autore desume il criterio in base al quale la Corte di cassazione limita il suo controllo agli errores iuris in iudicando dall’importanza intrinseca, attribuita dallo Stato, al precetto che impone al giudice di giudicare secundum ius, in virtù della quale le violazioni di questa norma sono considerate più gravi non solo degli errores in procedendo, ma anche degli errores facti in iudicando8. L’importanza intrinseca di tale precetto è dimostrata attraverso l’analisi di Kleinfeller: «Se ogni norma giuridica contiene un comando […] la norma non può essere variata se non da chi sia fornito di un potere di comando (Befehlsgewalt) generale come quello nella norma stessa contenuto; ma il giudice, finché resta giudice, è chiamato soltanto a dare decisioni su singoli casi concreti, e quindi […] non può mai, colla sua limitata facoltà di comandare in concreto, distruggere l’imperativo della legge che comanda in astratto: ammettere che il giudice possa giudicare contra legem equivale pertanto a consentire al giudice poteri assolutamente estranei alla funzione giurisdizionale.»9

Sulla scorta di tali osservazioni, Calamandrei qualifica il precetto di giudicare secundum ius come «una norma di diritto costituzionale che regola i rapporti tra la funzione giurisdizionale e la funzione legislativa, e che per questo ha importanza assai maggiore di quelle numerose norme processuali che regolano la condotta esterna del giudice nello svolgimento del processo.»10

8 Calamandrei, La Cassazione civ., cit., p. 33 ss., spec. pp. 38-44. 9 Calamandrei, La Cassazione civ., cit., p. 45.

(14)

10 Ciò consente a Calamandrei di affermare che il giudice che compie un error in procedendo incorre nella violazione di un precetto a lui indirizzato, ma non per questo cessa di essere, costituzionalmente, giudice; il giudice che invece trasgredisce al suo dovere di giudicare secondo la legge, dal punto di vista costituzionale, non giudica; egli commette un eccesso di potere che lo porta a comandare al di là dei confini entro i quali è contenuto il suo potere11.

Come premesso, Calamandrei ritiene che la funzione di controllo giuridico, esercitata dalla Cassazione sui giudici di merito, si concretizza non solo nella funzione nomofilattica, ma anche nell’unificazione dell’interpretazione giurisprudenziale12.

L’analisi dell’Autore sull’unificazione della giurisprudenza muove dalla considerazione che: «quantunque la risoluzione di una questione giuridica astratta, contenuta nella motivazione di una sentenza, non abbia di diritto nessuna forza obbligatoria per il futuro, purtuttavia, praticamente, la enunciazione di questa risoluzione può produrre nella coscienza giuridica dei consociati estranei alla controversia un duplice effetto, cioè: a) la convinzione che la interpretazione della legge data dal giudice sia quella che ufficialmente corrisponde alla volontà dello Stato, e che quindi, conformandosi, negli atti della vita privata, a quella interpretazione, si è sicuri di adempiere fedelmente alla legge…»13. Ciò è conseguenza del fatto che coloro che non sono esperti di diritto ritengono che il giudice sia il rappresentante del potere sovrano, ufficialmente autorizzato a giudicare in nome dello Stato, non solo nel momento della decisione concreta sul singolo rapporto controverso ma,

11 Calamandrei, La Cassazione civ., cit., pp. 48, 49. 12 Calamandrei, La Cassazione civ., cit., pp. 57 ss. 13 Calamandrei, La Cassazione civ., cit., p. 68.

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11 erroneamente, anche nel momento in cui risolve nella motivazione questioni giuridiche astratte; «b) la convinzione che se in avvenire la stessa questione giuridica si ripresenterà, in occasione di un altro processo, al giudice, egli adotterà la stessa risoluzione che è stata una prima volta consacrata nel precedente giudizio.»14 Ciò è il frutto dell’osservazione che nella prassi la giurisprudenza dei tribunali tende all’imitazione e alla costanza.

Calamandrei osserva che questo duplice effetto non danneggerebbe in alcun modo l’unità del diritto obiettivo (conquistata, formalmente, con il codice) se esistesse in tutto lo Stato un solo tribunale competente a decidere, in via definitiva, tutte le controversie. In tale ipotetico ordinamento, infatti, si potrebbe verificare la disformità successiva della giurisprudenza (auspicata dall’Autore in quanto contribuisce all’evoluzione del diritto nel tempo), ma non la disformità contemporanea (questa sola oggetto di critica da parte del Calamandrei) «poiché non è pensabile che la stessa questione giuridica sia nello stesso tempo risoluta in più sensi disformi dallo stesso tribunale.»15 Senonché, sottolinea l’Autore, nello Stato vige, per necessità pratiche, il principio della pluralità degli organi giudiziari che prevede la contemporanea esistenza di più giudici dello stesso grado, i quali esercitano la loro funzione nei limiti della propria circoscrizione. Questa situazione può costituire una grave minaccia per l’unità del diritto oggettivo e per i vantaggi giuridici, economici e morali che da essa derivano, poiché può accadere che, per la diversità delle tradizioni giuridiche regionali e delle concezioni scientifiche di ciascun giudice, una medesima norma sia interpretata in modi differenti nelle

14 Calamandrei, La Cassazione civ., cit., p. 68. 15 Calamandrei, La Cassazione civ., cit., p. 82.

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12 diverse circoscrizioni e di conseguenza che contemporaneamente nelle varie circoscrizioni giudiziarie la coscienza giuridica popolare considera come rispondenti alla volontà della legge, interpretazioni della stessa norma tra loro diverse e contrapposte.

Calamandrei ricollega alla disformità contemporanea della giurisprudenza un danno attuale, la violazione del principio di uguaglianza dei cittadini davanti alla legge, e un danno potenziale, la lesione della certezza del diritto.

La violazione del principio di uguaglianza si verifica nel momento in cui due giudici, in base ad una diversa interpretazione della medesima norma giuridica, pervengono a pronunce di segno opposto nella disciplina di due rapporti giuridici di fatto identici .

Mentre questo danno è limitato alle parti dei rapporti giuridici controversi, diversamente giudicati, il danno potenziale minaccia di colpire tutti i consociati. Può accadere, infatti, che la contemporanea esistenza di differenti interpretazioni giudiziarie di una medesima norma giuridica produca, nella pratica giudiziaria, una serie di tendenze divergenti che, oltre ad annullare i vantaggi che derivano dall’unità del diritto obiettivo, impedisce ai consociati di conoscere, con assoluta certezza, quale norma devono seguire nell’esplicazione della loro attività giuridica16.

L’Autore individua nella Corte di cassazione il mezzo per realizzare l’uniformità contemporanea dell’interpretazione giurisprudenziale e limitare in tal modo i danni che derivano dalla disformità.

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13 La Corte suprema, partendo dall’osservazione che la disformità contemporanea della giurisprudenza è il portato inevitabile della presenza, nello Stato, di più organi giudiziari dello stesso grado, si propone di eliminare, nei limiti del possibile, i pericoli che da questa situazione possono giungere all’uniformità della giurisprudenza. Per raggiungere questo scopo si avvale della struttura piramidale, che contraddistingue il nostro ordinamento giudiziario, ove gli organi giurisdizionali sono suddivisi in livelli sovrapposti, che da quello più basso, comprendente un gran numero di organi distribuiti in circoscrizioni territoriali ristrette, culminano, attraverso livelli caratterizzati da un numero di organi via via minore e circoscrizioni sempre più ampie, in un unico vertice che riassume e domina tale organismo.

La possibilità, offerta da un ordinamento giudiziario così strutturato, di far convergere in un vertice tutte le controversie iniziate in primo grado davanti a giudici territorialmente diversi, consente alla Cassazione, che si pone come vertice e centro di tale ordinamento, di confrontare le soluzioni discordanti date alla stessa questione giuridica e di unificare l’interpretazione giurisprudenziale, scegliendo, tra le tante, la soluzione ritenuta più fondata.

Oggetto del riesame della Cassazione sono unicamente le questioni che possono dar luogo a disformità nella giurisprudenza.

Sono pertanto escluse le questioni di fatto la cui risoluzione, fondandosi su circostanze proprie del singolo rapporto controverso, non può integrare un precedente, atto a introdurre nella giurisprudenza nuovi orientamenti e a minacciare così la certezza del diritto.

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14 La Corte di cassazione, al contrario, può riesaminare le questioni giuridiche sia astratte, relative cioè al significato che deve essere dato in astratto ad una certa norma giuridica, che per il loro carattere potenzialmente generale possono produrre nella giurisprudenza pericolose tendenze all’analogia, sia speciali, riguardanti cioè la relazione che intercorre tra la norma giuridica e il fatto controverso o la qualificazione giuridica del fatto medesimo. Rispetto a quest’ultime la funzione unificatrice della Cassazione è resa necessaria dalla numerosa presenza di formule generiche, nella descrizione della fattispecie legale, che richiedono l’intervento di integrazione del giudice17.

L’analisi della funzione di unificazione della giurisprudenza si chiude con un monito dell’Autore: «Bisogna peraltro guardarsi dall’identificare, come si può essere tentati a fare in conseguenza della autorità preminente che hanno sulla evoluzione giurisprudenziale le decisioni della Corte di cassazione, la funzione della Cassazione colla funzione della giurisprudenza.»18

L’interpretazione della legge, infatti, compete alla Cassazione come a ciascun giudice operante sul territorio nazionale; tutti concorrono con le proprie decisioni allo sviluppo del diritto obiettivo.

Scopo esclusivo della Cassazione è, invece, quello di unificare il lavoro di interpretazione giurisprudenziale, compiuto da ogni singolo giudice, rimuovendo, mediante un’opera diretta ad individuare il vero significato della legge, le interpretazioni discordanti e assicurando, in tal modo, l’unità e

17 Calamandrei, La Cassazione civ., cit., pp. 82- 88.

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15 l’uguaglianza del diritto obiettivo19 (da qui deriva la nozione di unificazione della giurisprudenza come aspetto positivo dello scopo della Cassazione).

I.3. La combinazione dello scopo di nomofilachia con lo scopo di unificazione della giurisprudenza.

La funzione nomofilattica e quella di unificazione della giurisprudenza, indicate da Calamandrei come i due aspetti dello scopo della Cassazione, non sono apparse contemporaneamente nello sviluppo storico dell’istituto.

È noto infatti, che il Tribunal de Cassation, l’antenato più prossimo della Corte di cassazione istituito in Francia nel 1790, non era un organo giudiziario ma un organo di controllo costituzionale, posto a fianco del potere legislativo con il compito, meramente negativo, di annullare le sentenze che contenevano «une contravention espresse au texte de la loi» e di rinviarle al giudice competente senza conoscere del merito.

In coerenza con la sua natura di organo posto al di fuori dell’ordinamento giudiziario era estraneo al suo ufficio qualsiasi scopo di unificazione giurisprudenziale, questo avrebbe infatti comportato uno sconfinamento nel territorio della funzione giudiziaria e, quindi, una violazione di quel principio della separazione dei poteri per tutelare il quale il tribunale era stato previsto. A poco a poco e in via del tutto consuetudinaria il Tribunal de Cassation, ben presto ribattezzato Cour de Cassation, si trasformò in un organo

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16 giurisdizionale, posto al vertice di quell’ordinamento giudiziario che in origine doveva sorvegliare dal di fuori, regolatore positivo della giurisprudenza20. In seguito a questi mutamenti «la originaria funzione di nomofilachia restò in parte vuotata del suo contenuto, e ad essa prevalse la funzione di unificazione giurisprudenziale.»21

Per quanto anche nella Cassazione italiana del 1920 lo scopo di unificazione dell’interpretazione giurisprudenziale risulta prevalente, l’Autore afferma che lo scopo di nomofilachia non può essere considerato una mera sopravvivenza storica, e, a sostegno di ciò, osserva che la sola funzione di unificazione della giurisprudenza non è sufficiente a spiegare il funzionamento della Cassazione nel nostro ordinamento.

Il controllo che la Corte suprema effettua, infatti, non si limita ai casi in cui si è già verificata quella pluralità di interpretazioni discordanti che distrugge l’uniformità della giurisprudenza, ma si estende a tutte le risoluzioni di questioni giuridiche, quindi, anche a quelle che non abbiano mai dato occasione a pluralità di interpretazione, (si pensi al caso in cui tutti i giudici dello stesso grado esistenti nello Stato rifiutano di applicare una nuova legge che ha suscitato il dissenso di una parte dell’opinione pubblica), e a quelle che per la prima volta si presentano all’esame di un solo giudice che le risolve in modo contrario alla legge. In queste ipotesi non si verifica alcuna lesione dell’interesse pubblico all’uniformità della giurisprudenza, tuttavia, la

20 Calamandrei - Furno, Cassazione civile, voce del Noviss. dig. it., II, Torino 1958, p. 1053 ss.,

spec. pp. 1059 - 1061.

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17 Cassazione interviene perchè il giudice, pronunciando contra legem, ha violato l’altro interesse, anch’esso pubblico, all’esatta osservanza della legge22.

Nell’idea dell’Autore, dunque, l’ufficio che la Cassazione adempie nel nostro ordinamento non può essere inteso se non da chi contemporaneamente ne tenga presente le due funzioni, che possono considerarsi «due facce della stessa medaglia»23, ossia i due aspetti della medesima funzione di controllo giuridico che la Cassazione esercita sull’attività dei giudici di merito.

Muovendo da queste premesse, Calamandrei dimostra che lo scopo di nomofilachia e quello di unificazione della giurisprudenza, che in casi eccezionali possono apparire separati, di regola si integrano a vicenda tale che l’uno non può compiutamente realizzarsi senza l’altro e si fondono nell’unico scopo di mantenere l’esatta interpretazione della legge infatti: «L’interesse al mantenimento della osservanza della legge […] appare, in ogni caso, preordinato al raggiungimento della uniforme interpretazione giurisprudenziale, perché esso mira, attraverso il riesame della risoluzione viziata da un errore di diritto in iudicando, […] a far prevalere, sulle interpretazioni non conformi alla legge che, data la infinita possibilità di errori, possono essere tra loro molteplici e discordanti, la interpretazione conforme alla legge che non può essere che una.» D’altro canto, «l’interesse al mantenimento della giurisprudenza uniforme è il miglior alleato della nomofilachia: infatti, tra le diverse interpretazioni di una stessa norma giuridica, la coesistenza contemporanea delle quali distruggerebbe la uniformità della giurisprudenza, l’organo unificatore sceglie e fa prevalere

22 Calamandrei, La Cassazione civ., cit., pp. 93-97.

23 L’espressione è di Taruffo, Una riforma della Cassazione civile?, in Riv. trim. dir. proc. civ.

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18 quella che corrisponde al vero significato della legge, ed elimina tutte le altre …»24.

Le considerazioni svolte sullo scopo della Cassazione consentono all’Autore di integrare ulteriormente la formula dell’art. 122 LOG e precisare che, quando questa individua lo scopo della Cassazione nel mantenimento della «esatta osservanza delle leggi», non fa riferimento all’osservanza concreta dei singoli precetti giuridici, che può essere compiuta solo dai destinatari di questi precetti, ma all’esatta interpretazione delle leggi da parte del giudice ufficialmente chiamato ad accertare quali volontà di legge sono sorte nel caso concreto.

Appare pertanto netta la distinzione tra lo scopo della Cassazione e quello dei giudici di merito: mentre questi ultimi devono garantire che le specifiche volontà di legge, nate all’indirizzo dei privati, siano attuate in concreto anche quando manchi la spontanea osservanza da parte dei loro destinatari; la Cassazione ha il compito di assicurare che gli organi giurisdizionali di merito, quando deducono l’esistenza di queste specifiche volontà dalle norme generali, intendano queste norme nel loro esatto significato astratto25.

24 Calamandrei, La Cassazione civ., cit., p. 98. 25 Calamandrei, La Cassazione civ., cit., p. 105.

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19

SEZIONE II

LA NOMOFILACHIA NELL’ORDINAMENTO GIURIDICO ITALIANO

II.1. La nomofilachia nell’art. 65 del r.d. 30 gennaio 1941 n. 12 sull’ordinamento giudiziario.

Come premesso, Calamandrei formula la teoria sullo scopo della Cassazione nel periodo in cui l’ordinamento giudiziario italiano è regolato dalla legge organica unitaria contenuta nel r.d. 6 dicembre 1865, n. 2626, il cui art. 122, quanto alle funzioni della Cassazione, assegna alla stessa il solo compito di «mantenere l’esatta osservanza delle leggi».

Il successivo testo unico sull’ordinamento giudiziario, introdotto con il r.d. 30 dicembre 1923, n. 2786, non apporta novità nelle funzioni della Cassazione: l’art. 61 recepisce la medesima formulazione dell’art. 122.

È solo con il r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, recante le nuove disposizioni sull’ordinamento giudiziario, che vengono rimodellate le funzioni della Cassazione; l’art. 65, 1° comma, r.d. sull’ordinamento giudiziario dispone, infatti, che «La Corte suprema di cassazione, quale organo supremo della giustizia, assicura», tra le altre funzioni, «l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge» nonché «l’unità del diritto oggettivo nazionale»26. È opinione pacifica che l’art. 65 rifletta una visione burocratico-autoritaria di stile fascista che si può cogliere nel riferimento all’ «unità del diritto oggettivo

26 L’art. 65 r.d. n. 12 del 30 gennaio 1941, rubricato «Attribuzioni della Corte suprema di

cassazione» prevede che «La Corte suprema di cassazione, quale organo supremo della giustizia, assicura l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge, l’unità del diritto oggettivo nazionale, il rispetto dei limiti delle diverse giurisdizioni; regola i conflitti di competenza e di attribuzioni, ed adempie gli altri compiti ad essa conferiti dalla legge.

La Corte suprema di cassazione ha sede in Roma ed ha giurisdizione su tutto il territorio della

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20 nazionale», mentre nella Relazione (n. 10) si ricollega all’idea di considerare la Cassazione, posta al vertice della piramide giudiziaria, come un organo di interpretazione quasi-autentica della legge da cui “si irradia sull’amministrazione della giustizia una luce intensa e perenne”, ossia un’interpretazione unitaria27.

A parte l’impronta di stampo accentratore e autoritario, frutto del regime allora vigente, l’art. 65, come è dato ricavare dal tenore letterale, si rifà alla teoria della Cassazione formulata da Calamandrei. La norma, infatti, ribadisce la tesi dell’unicità della Cassazione, sostenuta dall’illustre Autore, e attribuisce alla Corte suprema quella funzione nomofilattica che Calamandrei delinea come di competenza della medesima28.

Si è, quindi, opportunamente osservato che il precedente dell’art. 65 va ravvisato nell’elaborazione del modello puro di Cassazione di Calamandrei, piuttosto che nelle norme anteriori29.

La nozione di nomofilachia recepita dall’art. 65 rappresenta un tema costante di studio e discussione tra gli operatori del diritto. In dottrina, un importante contributo al dibattito è fornito da Taruffo, che analizza la funzione di legittimità della Corte di Cassazione muovendo da un’interpretazione letterale della norma qui in commento.

Nell’idea di Taruffo, la formula iniziale dell’art. 65, che qualifica la Cassazione quale «organo supremo della giustizia», non contribuisce a chiarire il contenuto della nomofilachia in quanto, se correttamente si identifica la «giustizia» con

27 Taruffo, La Corte di cassazione, cit., p. 353; nello stesso senso Scarselli, Note sulla crisi

della Cassazione (civile) e sui possibili rimedi, in www.judicium.it § 3.

28 In tal senso Prestipino, Il nuovo ruolo delle sezioni unite, in AA. VV., Il nuovo giudizio di

cassazione, a cura di Ianniruberto e Morcavallo, Milano 2007, p. 37 ss., spec. p. 48.

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21 l’organizzazione dell’amministrazione della giustizia, la formula conferma la collocazione della Corte al vertice della piramide giudiziaria, ma non dice alcunché circa la funzione nomofilattica; se, invece, si attribuisce al termine «giustizia» il significato di legalità, ossia esatta osservanza e uniforme interpretazione della legge, la formula è una mera ripetizione di ciò che viene detto in altre parti della norma. Si esclude, poi, che il legislatore del ’41 abbia fatto riferimento alla giustizia sostanziale, sì da configurare la Cassazione come garante della giusta decisione sulla base di criteri di giustizia materiale, poiché si sottolinea che la norma privilegia canoni di legalità formale30.

Per contro, secondo Taruffo concorrono a definire il ruolo della Cassazione «l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge», nonché «l’unità del diritto oggettivo nazionale».

Da tale impostazione dissente Chiarloni, che considera «l’esatta osservanza» un «innocuo enunciato ispirato agli usi linguistici del positivismo giuridico»31 e identifica la funzione nomofilattica con il solo compito di garantire l’uniforme interpretazione della legge. L’opinione di Chiarloni non è condivisa da Luiso per il quale la funzione nomofilattica, come disciplinata dall’art. 65, «comporta necessariamente il compimento di due attività diverse, anche se complementari: una negativa (“l’esatta osservanza”) – togliere efficacia al

30 Taruffo, La Corte di cassazione, cit., p. 354 ss. Tale ricostruzione non è, tuttavia, condivisa

da Rusciano, Nomofilachia e ricorso in cassazione, Torino 2012, p. 59, la quale osserva che «Questa soluzione non tiene, probabilmente, conto che l’art. 65 è la norma volta a delineare le attribuzioni della Cassazione, come emerge dalla sua rubrica, e non già a collocare l’organo al vertice del sistema giurisdizionale. Prediligere il riferimento alla giustizia quale “giustizia sostanziale” non pone, in realtà, un contrasto rispetto ai canoni di legalità formale della esatta osservanza e uniforme interpretazione della legge…»

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22 singolo atto contrario alla legge; ed una positiva (“l’uniforme interpretazione”) – dettare un criterio cui possono ispirarsi le future decisioni.»32

Con riguardo alla funzione, indicata dall’art. 65 r.d. sull’ordinamento giudiziario, con cui la Cassazione «assicura l’esatta osservanza […] della legge», si individuano due principali ipotesi interpretative, le quali riflettono un differente modo di intendere la natura e il ruolo di questo istituto.

In base alla prima ipotesi, assicurare l’esatta osservanza della legge significa controllare la legittimità della decisione impugnata. La funzione principale della Corte è, dunque, quella di verificare la corretta applicazione della norma nel caso concreto. Ciò implica anche un’attività interpretativa, ma questa non entra in gioco come attività “scientifica”, cioè volta a stabilire l’interpretazione in generale più giusta della norma, ma, piuttosto, come interpretazione “operativa”, destinata solo alla giusta decisione del caso concreto; si tratta di un’interpretazione rivolta al passato, poiché interessa esclusivamente la fattispecie decisa. Tale ipotesi è tipica del modello della “terza istanza”, che fa della Corte un organo volto alla difesa dello jus litigatoris, alla tutela, cioè, dell’interesse delle parti alla legalità della sentenza impugnata, senza alcuna pretesa di produrre effetti che si proiettino al di là dei limiti oggettivi della singola controversia.

In base alla seconda ipotesi interpretativa, assicurare l’esatta osservanza della legge significa individuare l’interpretazione corretta delle norme giuridiche in sé considerate. L’intervento della Corte di cassazione è determinato dal controllo sulla decisione del caso concreto, essa, però, “utilizza” il caso

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23 specifico come mezzo per definire in termini generali l’interpretazione della norma sottoposta al suo esame. È, questa, un’interpretazione essenzialmente rivolta al futuro, poiché diretta a individuare il significato generale e astratto di una norma, suscettibile di essere riferito ad una pluralità di casi concreti.

Tale soluzione è tipica del modello della “Corte suprema”, per cui lo scopo principale della Cassazione è la creazione del diritto giurisprudenziale, la formulazione, cioè, di decisioni che costituiscono criteri-guida per la soluzione di future controversie identiche o analoghe. La Cassazione è dunque, rivolta alla tutela dello jus constitutionis, ovvero, alla tutela dell’interesse pubblico alla corretta interpretazione delle norme, piuttosto che alla definizione della lite tra i singoli33.

Come si è dai più osservato, nella Cassazione italiana convivono, in realtà, elementi relativi a entrambi i modelli che si sono menzionati 34; essa, pertanto, si trova a esplicare la duplice funzione di assicurare, al contempo, da un lato l’interesse generale all’esatta osservanza e all’uniforme interpretazione della legge e, dall’altro lato, l’interesse della parte alla verifica della correttezza giuridica del provvedimento impugnato. In un simile quadro, compito dell’interprete è quello di verificare quale delle due funzioni identifichi, in un determinato periodo storico, la finalità primaria, essenziale, della Corte di cassazione.

33 Taruffo, La Corte di cassazione, cit., pp. 354, 355; ID., Il vertice ambiguo. Saggi sulla

Cassazione civile, Bologna 1991, pp. 157-164.

34 In tal senso, ad esempio, Criscuolo, I provvedimenti ricorribili. Il ricorso nell’interesse

della legge, in AA.VV., Il nuovo giudizio, cit., p. 161ss., spec. pp. 162-164; Taruffo, La Corte di cassazione, cit., p. 355; Rusciano, Nomofilachia e ricorso, cit., p. 19; Scarselli, La riforma del giudizio in cassazione, entrato in vigore con la legge 18 giugno 2009 n. 69,in www.studiolegale.scarselli.com § 7.

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24 Nel contesto dell’art. 65 appare dominante la tutela dello jus constitutionis. A detta conclusione si perviene osservando che tale disposizione si ispira al concetto di nomofilachia, come interpretazione generale e astratta della legge, elaborato da Calamandrei e che «l’uniforme interpretazione della legge» e «l’unità del diritto oggettivo», di cui all’art. 65, alludono chiaramente al significato della norma in sé considerata, all’interpretazione della legge come regola generale volta a disciplinare “classi” di fattispecie35.

Come si è detto, l’articolo 65 prevede che la Cassazione assicuri «l’esatta osservanza […] della legge.»36 La nozione di “esattezza”, definita come «uno dei fattori letterali più importanti nel contesto della norma in esame…»,37 si ricollega alla tradizionale dottrina positivistica secondo cui l’esattezza, riferita all’interpretazione della norma, implica che questa sia oggetto di un calcolo concettuale dell’interprete, volto a individuare il significato oggettivo dell’enunciato normativo, e che esista una sola interpretazione corretta della norma che l’interprete ha il compito di scoprire e dichiarare, eliminando via via le interpretazioni errate.

Il legislatore del ‘41 presuppone, dunque, che la Corte faccia chiarezza nella confusione interpretativa creata dai giudici di merito, dichiarando qual è il “vero” significato della norma in questione.

Proseguendo nell’esegesi dell’art. 65 si rileva che, oltre all’esatta osservanza della legge, concorrono a definire lo scopo della Cassazione «l’uniforme

35 Taruffo, La Corte di cassazione., cit., p. 356; nello stesso senso, Ricci, La Suprema corte tra

funzione nomofilattica e tutela dello ius litigatoris. Il problema alla luce del controllo della motivazione, in Riv. trim. dir. proc. civ. 2009, p. 571ss., spec. p. 572.

36 Mio il corsivo.

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25 interpretazione della legge» e «l’unità del diritto oggettivo», elementi di assoluta novità rispetto ai precedenti normativi dell’art. 65.

La funzione di assicurare «l’uniforme interpretazione della legge» si riferisce all’esigenza che la stessa norma venga interpretata nel medesimo modo, nei vari casi uguali o simili; a riguardo si è osservato che l’uguaglianza dei casi concreti non è espressamente prevista dal legislatore, ma evidentemente presupposta.

Nella lettera dell’articolo 65, l’uniforme interpretazione della legge è prevista in stretta connessione con l’esatta osservanza della legge, se ne è dedotto che «ciò che deve essere uniforme è “l’interpretazione esatta della legge”. In sostanza, posto che ogni norma ha un significato vero e oggettivamente dato, e che spetta alla Cassazione di scoprirlo, è questo significato che deve ripetersi in modo uniforme in tutti i casi nei quali quella norma trova applicazione.»38 La legge sull’ordinamento giudiziario del ’41 ha, quindi, recepito l’idea di Calamandrei di configurare l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge come due aspetti diversi, ma complementari della funzione nomofilattica della Cassazione; se ne è discostata, tuttavia, per quanto attiene alla dimensione dell’uniformità. Calamandrei, infatti, auspica la realizzazione di un’uniformità contemporanea, sincronica diremmo oggi, e non anche successiva o diacronica. L’articolo 65, interpretato alla luce della Relazione sembra, invece, accogliere entrambe le dimensioni dell’uniformità, in quanto il ruolo di «guida costante» che la Cassazione dovrebbe svolgere nei confronti dei giudici inferiori e la «luce intensa e perenne» che da essa si irradia,

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26 presuppongono una dimensione anche diacronica dell’uniformità dell’interpretazione. In tale contesto, pertanto, non solo la norma deve essere interpretata nel medesimo modo nei vari casi che si verificano in un determinato momento (uniformità sincronica), ma tale interpretazione deve, altresì, perdurare nel tempo (uniformità diacronica)39.

Quanto all’«unità del diritto oggettivo», si è evidenziato che, nella logica sottesa all’art. 65, «il diritto oggettivo» è il significato esatto che si suppone proprio di ogni norma e costituisce il fondamento della funzione della Cassazione, la quale si realizza nel senso dell’«unità» poiché la Corte si colloca al vertice del sistema delle impugnazioni.

L’uniformità dell’interpretazione e l’unità del diritto oggettivo sono «articolazioni, diverse ma coerenti e complementari, della stessa idea fondamentale: l’uniformità è la costanza del significato “proprio” di ogni norma in tutti i casi in cui essa viene applicata, mentre l’unità ne è la conseguenza, che la Cassazione realizza attuando la sua funzione istituzionale.»40

II.2. La funzione nomofilattica alla luce delle moderne teorie esegetiche.

Da quanto sopra, emerge che l’art. 65 r.d. sull’ordinamento giudiziario è legato a una nozione formale di interpretazione, tipica dell’orientamento riconducibile alla versione classica del positivismo giuridico, definito “formalismo interpretativo”41.

39 Taruffo, La Corte di cassazione, cit., p. 360 e sub nota 30. 40 Così Taruffo, La Corte di cassazione, cit., p. 361.

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27 Secondo la teoria formale dell’interpretazione, ogni norma ha un significato intrinseco, implicito e oggettivamente dato, che il giudice ha il compito di “scoprire” e rendere esplicito attraverso il metodo logico-deduttivo. Il giudice, quindi, “dichiara il diritto” e non lo crea; procede logicamente senza compiere scelte discrezionali, applicando deduttivamente la norma al fatto. Tale teoria ritiene, inoltre, che ogni testo normativo ammetta una, ed una sola, interpretazione vera ed esatta, che deve essere affermata scartando le interpretazioni sbagliate, non vere.

Ora, se possiamo considerare pacifica la volontà del legislatore del ’41 di codificare la dottrina logico formalistica, è anche vero che questa dottrina da tempo non è più condivisa, tanto che Bobbio, già alla fine degli anni ’50, così si esprime: «Che le operazioni compiute dal giudice per interpretare il diritto siano esclusivamente operazioni logiche, nel senso stretto della parola, cioè siano operazioni di deduzione di certe conclusioni da certe premesse […] non lo crede davvero più nessuno. I giuristi e i filosofi del diritto sono diventati sempre più attenti alla presenza, palese o nascosta, consapevole o inconsapevole, dei giudizi di valore.»42

Le teorie dell’interpretazione oggi dominanti respingono i postulati del formalismo interpretativo e, in particolare, l’idea per cui dato un enunciato normativo ne esisterebbe un significato oggettivo, che attende solo di essere trovato e dichiarato dall’interprete. Al contrario, si ritiene che l’interpretazione sia un’attività creativa del diritto per cui il giudice, quando interpreta la norma

42 Bobbio, Sul formalismo giuridico, in Riv. ital. di dir. e proc. penale 1958, p. 977 ss., spec. p.

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28 per applicarla al caso concreto, non ne individua un significato preesistente, ma lo determina discrezionalmente in funzione della decisione.

Alla luce di queste nuove concezioni sull’interpretazione, il fondamento teorico dell’art. 65 appare quanto mai discutibile. Si pone, quindi, la necessità di una rilettura delle funzioni delineate dall’art. 65 che mantenga i caratteri essenziali della Cassazione e i valori positivi che ad essa si ricollegano, ma che sia anche coerente con le moderne teorie esegetiche.

La dottrina è concorde nel ritenere che, alla luce delle recenti teorie ermeneutiche, la funzione nomofilattica non consiste nell’assicurare l’esattezza formale dell’interpretazione, perché ciò comporterebbe la difesa di un’interpretazione formale della legge, ma consiste nello stabilire qual è l’interpretazione giusta della norma sulla base delle direttive e delle scelte più corrette. La nomofilachia così intesa non si riferisce a criteri specifici e predeterminati di giustizia materiale o a criteri equitativi, ma è, al contrario, scelta dell’interpretazione sorretta dalle migliori ragioni siano esse logiche, sistematiche o valutative43. Divergenze tra gli studiosi si ravvisano, piuttosto, allorché si intende precisare come dovrebbe esplicarsi in concreto la funzione di legittimità della Corte suprema.

Secondo Taruffo, la scelta della soluzione interpretativa più giusta deve avvenire sulla base di criteri generali di interpretazione, piuttosto che in

43 Così Taruffo, La Corte di cassazione, cit., p. 376; nello stesso senso, ad esempio, Silvestri

E. Corti supreme europee: accesso, filtri e selezione, Atti del convegno su “Le Corti Supreme” Perugia 5-6 maggio 2000, a cura del Centro Studi giuridici e politici della Regione umbra e del Centro internazionale magistrati “Luigi Severini”, Milano 2001, p.105 ss., spec. pp. 112, 113; Borrè, Il giudizio di cassazione nel sistema delle impugnazioni: un primo tentativo di

sintesi, in Il giudizio di cassazione nel sistema delle impugnazioni, a cura di Mannuzzu e

Sestini, in Democrazia e diritto, suppl. n.1, 1992, p. 159 ss., spec. p. 160-163; Bin, Funzione

uniformatrice della Cassazione e valore del precedente giudiziario, in Contratto e impresa

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29 relazione alle peculiarità del caso concreto, ciò per consentire di utilizzare la medesima interpretazione ai casi analoghi e di assicurare, in tal modo, l’uniforme interpretazione della legge. Con riferimento alle pronunce della Cassazione osserva, infatti, l’Autore che: «più queste si fondano sull’enunciazione di principi interpretativi a significato ampio e proiettati verso il futuro, più sono destinate ad operare come guida autorevole ed uniforme per la giurisprudenza successiva.»44

La nomofilachia viene così a coincidere con la difesa dello ius constitutionis, mentre la tutela della legalità nel singolo caso, lo ius litigatoris, è considerata un effetto secondario della funzione nomofilattica; «l’interpretazione della legge compiuta in quel caso rappresenta un esempio dell’interpretazione ritenuta valida in generale, e quindi destinata ad operare anche in altri casi.»45 L’Autore osserva che nella prassi la Cassazione privilegia la giustizia del caso concreto, sull’individuazione della corretta interpretazione della norma in termini generali. In sostanza, il controllo della Corte verte principalmente sul punto della qualificazione giuridica del fatto, piuttosto che sull’interpretazione della norma sottoposta al suo esame. Un sintomo di questa tendenza è la lettura sostanzialistica del termine «sentenze», contenuto nell’art. 111, 2° comma, Cost., (ora 7° comma), per cui la Corte interpreta la garanzia del controllo di legittimità come un diritto individuale esistente in capo ad ogni soggetto titolare di un diritto soggettivo su cui abbia inciso un provvedimento giurisdizionale, quale che sia la forma adottata. Nella stessa direzione operano altri fattori, quali la propensione delle parti a ricercare in Cassazione una

44 Taruffo, La Corte di cassazione tra legittimità e merito, in Foro it. 1988,V, p. 237 ss., spec.

p. 239.

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30 vittoria non conseguita nei gradi di merito, piuttosto che l’esatta interpretazione della legge, e l’incapacità della stessa Corte di privilegiare le questioni di maggior importanza e di elaborare organiche politiche dell’interpretazione delle norme più oscure.

Taruffo ravvisa nella tendenza della Cassazione a decidere il caso concreto, un elemento di riduzione di efficacia della funzione di legittimità; ciò in quanto egli ritiene che la Corte, quando giudica avendo di mira la giusta soluzione del singolo caso, utilizza criteri individualizzanti, volti a trarre dalla norma ciò che serve a risolvere la specifica questione, piuttosto che criteri generalizzanti, che riconducono il caso entro un’interpretazione assunta come valida in linea generale, con la conseguenza di rendere la ratio decidendi reale troppo specifica e non idonea, quindi, ad essere estesa ad altri casi.

Nell’idea dell’Autore, dunque, la Corte adotta un modello di decisione che è molto più vicino a quello del giudice di merito che non a quello del giudice di legittimità, per cui l’esatta osservanza della legge viene intesa non come elaborazione di corrette interpretazioni della norma, ma come eliminazione degli errori compiuti dal giudice della sentenza impugnata, mentre l’uniforme interpretazione diviene un valore sicuramente secondario, in realtà non attuato46.

L’analisi di Taruffo è oggetto di critiche in dottrina; al riguardo, particolarmente interessanti sono le osservazioni svolte da Chiarloni.

Chiarloni contesta la contrapposizione, prospettata da Taruffo, tra il controllo di legalità del singolo caso e l’attuazione del compito di nomofilachia,

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31 attraverso l’elaborazione di corrette interpretazioni delle norme sottoposte all’esame della Corte, poiché la risoluzione dei problemi di qualificazione e sussunzione è parte fondamentale di una completa esplicazione della nomofilachia. Osserva, invero, l’Autore, che i giudici di Cassazione si trovano in una posizione ben diversa da quella del legislatore chiamato a compiti di interpretazione autentica delle norme. Il legislatore deve, infatti, risolvere i dubbi interpretativi che nascono in relazione alle norme astrattamente considerate, tuttavia, non è in grado di far fronte agli innumerevoli dubbi che derivano dall’applicazione della norma alla fattispecie concreta; qui soccorre, necessariamente, la funzione concretizzatrice della giurisprudenza di legittimità, che risolve i problemi di sussunzione.

Si intende, quindi, perché Chiarloni, in aperto contrasto con Taruffo, ritenga che la ratio decidendi della pronuncia di legittimità debba essere specifica e modellarsi sul caso di specie: solo così la Corte può controllare la correttezza dell’applicazione della norma, compiuta dal giudice di merito, ai fatti rilevanti posti a fondamento della decisione. Ciò non solo, la concretezza delle rationes decidendi è una condizione essenziale per l’assolvimento del compito di nomofilachia, sotto il profilo della precisa comunicazione ai destinatari degli orientamenti della Cassazione. Sussistendo tale concretezza può, infatti, evitarsi l’incertezza derivante dai contrasti apparenti di giurisprudenza o, al contrario, l’illusione di una conformità dei precedenti che cela la realtà dei contrasti.

In definitiva, secondo Chiarloni la tesi di Taruffo deve essere rovesciata, poiché la realizzazione dell’uniforme interpretazione della legge esige,

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32 necessariamente, il controllo di legalità del singolo caso attraverso l’attenta qualificazione dei fatti individuati dal giudice a quo47.

Nell’ambito della rilettura delle funzioni della Corte di cassazione delineate dall’art. 65 r.d. sull’ordinamento giudiziario, un ruolo significativo assumono le riflessioni sull’uniforme interpretazione della legge che la Corte attua dettando principi di diritto validi per l’avvenire.

Taruffo muove dall’osservazione che l’uniformità sincronica e diacronica dell’interpretazione della legge non possono coesistere in termini assoluti, come invece sembra emergere dall’art. 65, se non a costo di dar vita a un sistema impossibile da garantire e soprattutto inopportuno, «perché ciò significherebbe cristallizzare un’interpretazione, bloccando l’evoluzione del diritto e facendo della nomofilachia un’operazione formalistica invece che un’attività di creazione di interpretazioni “giuste”»48.

L’obiettivo è, dunque, quello di individuare il punto di equilibrio tra l’uniformità nell’interpretazione della legge e le variazioni che essa deve conoscere per continuare ad essere giusta.

Al riguardo, l’Autore osserva che l’uniformità sincronica dell’interpretazione, relativa, cioè, ad un ragionevole periodo di tempo, è indispensabile per

47 Chiarloni, La Cassazione, cit., pp. 989-996; l’analisi di Chiarloni è condivisa da Borrè, Il

giudizio di cassazione nel sistema delle impugnazioni, cit., pp.163-166. Secondo Borrè il

controllo della Cassazione sulla qualificazione giuridica del fatto non solo è compatibile con la funzione nomofilattica, ma è anche necessario per garantirne l’utile esercizio. Ciò in quanto, per fare “buoni precedenti” e quindi “buona nomofilachia” occorre stabilire quali fatti individualizzanti debbano essere sussunti, così da evitare precedenti che non possono funzionare come tali per la loro eccessiva specificità o che, al contrario, per non aver considerato la giusta quantità di elementi individualizzanti, occultano i contrasti giurisprudenziali. Nello stesso senso anche Pivetti, Quale Cassazione? Quale nomofilachia?, in Quest. Giust. 1991, p. 836 ss., spec. pp. 847-849, secondo cui nel giudizio di legittimità, come in ogni altro giudizio, la qualificazione giuridica del fatto rappresenta uno strumento indispensabile per modificare o rifiutare la soluzione interpretativa precedentemente adottata, poiché solo applicando tale interpretazione al caso concreto è possibile accertarne la validità.

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33 realizzare la certezza del diritto e l’uguaglianza di trattamento secondo la legge.

Nello stesso senso si esprime Chiarloni, secondo cui una prassi sincronica di uniforme interpretazione del diritto vigente è un obiettivo apprezzabile poiché in tal modo si evita incertezza e disordine49.

Il discorso muta con riguardo all’uniformità diacronica, che si realizza nel lungo periodo. Rispetto a questa si pone il problema della variazione necessaria poiché «se la Cassazione deve essere un organo di giustizia, invece che il luogo ove si producono interpretazioni formalistiche di una legge […], occorre che l’uniformità diacronica sia fortemente relativizzata e possa venir meno quando variazioni anche rilevanti nell’interpretazione di una norma siano necessarie»50.

Il punto di equilibrio tra l’uniformità diacronica e la variazione necessaria si individua nella c.d. “variazione giustificata”, nel senso che la Cassazione dovrebbe mantenere l’uniforme interpretazione di una norma fino a quando non si verificano ragioni tali da giustificare l’adozione di un’interpretazione diversa.

II.3. I valori sottesi alla funzione nomofilattica e la questione dei provvedimenti non ricorribili in cassazione.

La funzione di nomofilachia della Cassazione, intesa nel duplice senso di controllo posto a difesa del diritto oggettivo e di unificazione della giurisprudenza, si pone a presidio di principi fondamentali dell’ordinamento

49 Chiarloni, Efficacia del precedente giudiziario e tipologia dei contrasti di giurisprudenza, in

Riv. trim. dir. proc. civ. 1989, p. 120 ss., spec. p.146.

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34 quali, la certezza del diritto e l’uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge. Trattasi di principi che già Calamandrei, nella sua opera del 1920, aveva ricollegato al suo modello ideale di Corte suprema.

Il dovere funzionale della Corte di cassazione e dei giudici di merito di non distaccarsi dai precedenti della Corte se non per gravi e motivate ragioni è essenziale per assicurare la certezza del diritto, intesa come certezza di esso quale regola di condotta per chi intende compiere un determinato atto e vuole conoscere gli effetti giuridici che da esso scaturiscono51. Tale certezza, come è stato opportunamente osservato, ha risvolti positivi «non solo sul versante istituzionale per l’acquisizione di una maggior credibilità del servizio giustizia, ma anche sul versante socio-economico, perché una risposta giudiziaria improntata ad un alto tasso di alea determina in settori portanti dell’economia del paese effetti deleteri, disincentivando gli investimenti di capitale e ponendo seri ostacoli ad ogni iniziativa imprenditoriale.» 52

Alla funzione nomofilattica della Cassazione si ricollega, inoltre, la finalità di assicurare l’uguaglianza nell’amministrazione della giustizia; l’uniforme interpretazione della legge si traduce, infatti, nella garanzia di effettiva parità di trattamento per tutti coloro che si trovano nella medesima situazione o caso. In tale funzione si ravvisa, pertanto, «la proiezione dell’art. 3 Cost. quale garanzia

51 Gorla, Postilla su «l’uniforme interpretazione della legge e i tribunali supremi», in Foro it.

1976, V, p. 127 ss. L’Autore trae dall’art. 65 dell’ordinamento giudiziario l’esistenza di un “dovere funzionale”, e non meramente morale, della Corte di cassazione di realizzare il principio di uniforme interpretazione della legge, che è parte integrante dell’ordinamento perché da esso dipendono la certezza del diritto e l’uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge.

52 Prestipino, Il nuovo ruolo delle sezioni unite, cit., p. 51; nello stesso senso Bin, Funzione

uniformatrice della Cassazione., cit., p. 548, secondo cui «specie nel campo dei rapporti

economici, vi è un crescente bisogno degli operatori di poter programmare, contare sulla sicurezza del quadro giuridico in cui si muovono le iniziative economiche e del “traffico giuridico”, di “minimizzare l’incertezza”.»

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35 dell’uguaglianza dei cittadini (e non dei soli cittadini) di fronte alla legge, essendo tale uguaglianza offesa da sentenze, che, interpretando, in guisa diversa, le norme del diritto, impongono ai casi uguali assetti diversi…»53. Uno scopo, quindi, di carattere costituzionale che si realizza, in concreto, attribuendo alla persona del danneggiato la legittimazione ad agire in Cassazione per rimuovere l’ingiustizia subita e alla Corte la funzione di scegliere una tra le diverse possibili interpretazioni della stessa legge, destinata ad imporsi sulle altre per l’autorevolezza dell’organo da cui promana.

La particolare rilevanza dei valori di certezza del diritto e di uguaglianza, sottesi allo svolgimento della funzione nomofilattica della Corte, fa emergere la criticità di quei settori dell’ordinamento sottratti all’attività razionalizzatrice e unificatrice dei giudici di legittimità. A riguardo vengono in considerazione intere categorie di provvedimenti aventi forma diversa dalla sentenza per i quali, come si dirà compiutamente analizzando l’art. 111, 7° comma, Cost., è escluso il ricorso straordinario in cassazione in quanto non idonei a decidere o incidere su situazioni sostanziali soggettive con efficacia di giudicato e privi del carattere della definitività. In queste materie, tra cui spiccano quella cautelare, di volontaria giurisdizione e anticipatoria, si registrano le più diversificate posizioni da parte della giurisprudenza di merito (è il fenomeno della c.d. giurisprudenza a macchia di leopardo) con grave lesione dei principi di cui sopra.

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