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I controlli sui provvedimenti nell’interesse della prole e dei coniugi alla luce delle recenti riforme legislative: la legge n 80 del 2005 e la legge

NUOVA DISCIPLINA DEI CONTROLLI SUI PROVVEDIMENTI ANTICIPATORI NELL’INTERESSE DELLA PROLE E DEI CONIUGI.

II.1. I controlli sui provvedimenti nell’interesse della prole e dei coniugi alla luce delle recenti riforme legislative: la legge n 80 del 2005 e la legge

n. 54 del 2006.

Sul quadro normativo e giurisprudenziale finora descritto si innestano gli effetti delle innovazioni legislative introdotte, prima con il d.l. 14 marzo 2005, n. 35, convertito nella legge 14 maggio 2005, n. 80 (emendata dalla legge 28 dicembre 2005, n. 263) e successivamente con la legge 8 febbraio 2006, n. 54 recante «Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli».

La legge n. 80/2005, di riforma del codice di rito, ha apportato importanti modifiche alla disciplina della fase introduttiva dei procedimenti di separazione e di divorzio, ha, invece, inciso solo indirettamente sul regime di impugnabilità dei provvedimenti temporanei e urgenti emessi, nell’ambito dei giudizi di separazione e di divorzio, dal presidente o, in seguito ad istanza di revoca e modifica, dal giudice istruttore. Più precisamente, la novella del 2005 non si è

133 occupata del problema della reclamabilità dei provvedimenti de quibus, ma è intervenuta sull’istituto della revoca e modifica dei provvedimenti presidenziali emanati nel procedimento di separazione personale dei coniugi.

Il legislatore ha abrogato la previsione di cui all’ultimo comma del previgente art. 708 c.p.c., che subordinava la revoca e modifica dell’ordinanza presidenziale, ad opera del giudice istruttore, al verificarsi di mutamenti delle circostanze. Contemporaneamente ha aggiunto un quarto comma all’art. 709 c.p.c. secondo il quale «i provvedimenti temporanei e urgenti assunti dal presidente con l’ordinanza di cui al terzo comma dell’art. 708 possono essere revocati o modificati dal giudice istruttore», prevedendo, così, la libera modifica e revoca dei provvedimenti presidenziali da parte dell’istruttore. Tale soluzione, peraltro, era da più parti ammessa anche sotto il regime previgente, in virtù di quanto previsto dall’art. 23 della legge n. 74 del 1987 che aveva esteso ai giudizi di separazione personale dei coniugi, in quanto compatibili, le norme del procedimento di divorzio di cui all’art. 4 legge 1 dicembre 1970, n. 898. L’art. 4, 8° comma, l. div., stabiliva, con una formula tutt’ora immutata, che «l’ordinanza del presidente può essere revocata o modificata dal giudice istruttore», senza, dunque, richiedere il verificarsi di mutamenti nelle circostanze.

Sulla materia in esame hanno influito anche le modifiche introdotte dalla legge n. 80 del 2005 alla disciplina del procedimento cautelare uniforme. In particolare, per quello che qui interessa, il legislatore ha introdotto un nuovo 6° comma nell’art. 669-octies c.p.c., che disciplina il provvedimento di accoglimento dell’istanza cautelare, prevedendo che «Le disposizioni di cui al

134 presente articolo e al primo comma dell’articolo 669 novies non si applicano ai provvedimenti di urgenza emessi ai sensi dell’articolo 700 e agli altri provvedimenti cautelari idonei ad anticipare gli effetti della sentenza di merito, previsti dal codice civile o da leggi speciali, nonché ai provvedimenti emessi a seguito di denuncia di nuova opera o di danno temuto ai sensi dell’articolo 688, ma ciascuna parte può iniziare il giudizio di merito.» Rispetto a tali provvedimenti, il successivo 7° comma (attuale 8° comma) dell’art. 669-octies c.p.c. prevede, inoltre, che l’estinzione del giudizio di merito non ne determina l’inefficacia, anche quando la relativa domanda è stata proposta in corso di causa.

Con tale disposizione, il legislatore della riforma ha generalizzato la regola già prevista dagli artt. 23 e 24 del d.lgs. n. 5 del 17 gennaio 2003 per il rito societario (successivamente abrogato), e ha individuato, all’interno della categoria dei provvedimenti cautelari, i c.d. provvedimenti cautelari anticipatori rispetto ai quali non ricorre il requisito della strumentalità necessaria tra tutela cautelare e tutela di merito50. Si prevede, infatti, che essi mantengano la loro efficacia anche se il giudizio di merito non è instaurato nel termine prescritto o se, dopo essere tempestivamente instaurato, si estingue o si chiude in rito.

Con la generalizzazione dell’ultrattività a tutti i provvedimenti cautelari anticipatori, sembrava venuto meno il principale ostacolo posto dalla giurisprudenza alla reclamabilità cautelare dei provvedimenti provvisori e urgenti, concernenti i coniugi e la prole, emessi dal presidente e dal giudice

50 Sul punto si veda Buoncristiani, Il nuovo procedimento cautelare, in AA.VV., Il nuovo

processo ordinario e sommario di cognizione, a cura di Cecchella, in Guida alle riforme del processo civile, Milano 2006, p. 99 ss., spec. p. 105.

135 istruttore nell’ambito dei giudizi di separazione e divorzio, ovvero l’esclusione della natura cautelare per le misure in commento desunta dall’ultrattività di cui all’art. 189 disp. att. c.p.c.

Sennonché, a distanza di pochi mesi dalla ridefinizione del procedimento di separazione e di divorzio ad opera della legge n. 80/2005, il legislatore è nuovamente intervenuto in materia di diritto di famiglia con la legge 8 febbraio 2006, n. 54 recante “Disposizioni in materia di separazione dei coniugi e affidamento condiviso dei figli”.

L’articolo 2 della legge 54/2006 ha inserito un nuovo 4° comma all’art. 708 c.p.c. prevedendo che «Contro i provvedimenti di cui al terzo comma [i provvedimenti temporanei ed urgenti assunti dal presidente all’esito del tentativo di conciliazione] si può proporre reclamo con ricorso alla Corte di appello. Il reclamo deve essere proposto nel termine perentorio di dieci giorni dalla notificazione del provvedimento.» Tale disposizione si applica anche al processo di divorzio, in forza dell’art. 4, 2° comma, l. n. 54/2006 secondo cui «Le disposizioni della presente legge si applicano anche in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio, nonché ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati.»

La previsione del reclamo avverso i provvedimenti resi dal presidente del tribunale ai sensi dell’articolo 708, 3° comma, c.p.c., ha finalmente colmato una rilevante lacuna normativa e posto fine all’annoso dibattito giurisprudenziale e dottrinale sulla sussistenza o meno di un rimedio innanzi ai provvedimenti presidenziali. Alla possibilità di chiedere la revoca e la modifica di tali provvedimenti al giudice istruttore ai sensi dell’art. 709, ultimo

136 comma, c.p.c., si aggiunge l’esperibilità del reclamo innanzi ad un giudice superiore e collegiale, quale la Corte d’appello. Tuttavia tale importante innovazione, anche per la fretta con cui è stata licenziata, manca di coordinamento con il mutato quadro normativo su cui si è andata ad innestare che prevede il potere del giudice istruttore di modificare o revocare liberamente le ordinanze presidenziali, (art. 709, 4° comma, c.p.c., nel nuovo testo riformato dalla legge 14 maggio 2005, n. 80)

Questo “doppio binario” ha favorito il sorgere di molteplici dubbi interpretativi che, come vedremo nel paragrafo successivo, hanno prodotto applicazioni giurisprudenziali anche fortemente dissonanti tra loro. In particolare, contrasti giurisprudenziali sono sorti in relazione ai rapporti tra il reclamo alla Corte d’appello avverso il provvedimento presidenziale e il potere di revoca e modifica in capo al giudice istruttore, sotto il profilo delle condizioni di proponibilità dei due rimedi e in relazione ai presupposti per proporre la revoca/modifica al giudice istruttore.

II.2. Orientamenti giurisprudenziali contrapposti sul rapporto tra il

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