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I cosiddetti presupposti di ammissibilità del ricorso straordinario in cassazione: decisorietà e definitività.

IL RICORSO STRAORDINARIO IN CASSAZIONE

II.2. I cosiddetti presupposti di ammissibilità del ricorso straordinario in cassazione: decisorietà e definitività.

Con la sentenza n. 2593/1953 la Cassazione, come si è rilevato, assume il compito di individuare ciascuna delle ipotesi in cui vi è effettivo esercizio del potere decisorio e rinuncia, in quel momento, a dettare le regole generali e astratte sulla cui base ammettere il ricorso straordinario46.

Di lì a poco, però, la Corte – chiamata a pronunciarsi su una miriade di provvedimenti delle più varie fattispecie – detta le linee guida per delimitare l’ambito di applicazione del ricorso straordinario, subordinando l’accesso al controllo di legittimità, di decreti e ordinanze, alla verifica del carattere decisorio, idoneo al giudicato sostanziale e definitivo dei provvedimenti de quibus47.

Il ricorso avverso le sentenze in senso sostanziale si caratterizza, pertanto, per un’indagine preliminare di ammissibilità che non ha eguali nel ricorso

46 Cass. Sez. Un. 30 luglio 1953 n. 2593, cit., p. 1251.

47 Osserva, in proposito, Denti che «il criterio della “decisorietà” e della “definitività” del

provvedimento emerge con contorni più precisi dopo una serie di pronunce emanate nell’arco del primo decennio del nuovo corso giurisprudenziale…», Denti, Commento all’art. 111, Cost., cit., p. 15.

85 ordinario. La Cassazione non si limita a verificare i presupposti processuali dell’impugnazione, ma svolge altresì un esame preliminare sul contenuto del provvedimento impugnato volto ad accertare la sussistenza dei c.d. presupposti di ammissibilità del ricorso straordinario (decisorietà e definitività).

Trattasi di un’indagine che coinvolge il merito della controversia giungendo finanche, in talune ipotesi, a condizionare l’esito del giudizio48.

Diversamente, quando il ricorso è proposto contro una sentenza, sia essa «non impugnabile» e quindi ricorribile in cassazione in virtù dell’immediata precettività dell’art. 111, 7° comma, Cost., sia essa resa nel giudizio di cognizione, e quindi impugnabile ex art. 360 c.p.c., l’indagine della Corte è circoscritta ai presupposti processuali generali dell’azione o specifici dell’impugnazione. Per ammettere il rimedio non occorre analizzare la sostanza del provvedimento, poiché la forma di sentenza è sintomo ex se di decisorietà49.

Si è detto, dunque, che l’ammissibilità del ricorso straordinario si consolida, nel breve periodo, intorno ai requisiti della decisorietà e della definitività50, nonché nella idoneità del provvedimento ad acquisire la stabilità del giudicato. Quest’ultimo requisito, in realtà, non vive di vita autonoma, ma viene

48 Tipico è il caso, segnalato da Tiscini, (Il ricorso straordinario, cit., p. 282.) del

provvedimento abnorme, qualora l’abnormità è addotta a motivo specifico dell’impugnazione. In tale ipotesi, il buon esito del sindacato preliminare di ammissibilità coincide con l’accoglimento, nel merito, dei motivi di ricorso.

49 Rileva, peraltro, Tiscini che la Corte tende ad argomentare sulla decisorietà del

provvedimento anche nel caso di ricorso ammesso in ragione della portata letterale dell’art. 111, 7° comma, Cost. A riguardo l’A. osserva come «un’approfondita motivazione sul punto sia superflua […] basta la forma di sentenza a dare sufficiente certezza del fatto che si tratta di provvedimento giurisdizionale destinato a decidere una controversia tra parti contrapposte.», Tiscini, Il ricorso straordinario, cit., p. 268.

50 Quanto al requisito del “pregiudizio irreparabile”, previsto dalle Sezioni Unite nella sentenza

n. 2593/1953, raramente viene richiamato della giurisprudenza successiva quale presupposto del ricorso straordinario.

86 interpretato dalla giurisprudenza di legittimità, talvolta come presupposto della decisorietà51, talaltra come specificazione della definitività52.

Rispetto a tali presupposti si assiste ad una graduale evoluzione ad opera della giurisprudenza di legittimità; tale mutamento, come osserva Cerino Canova a proposito della decisorietà, «non è facilmente percepibile, poiché non si scandisce in fasi nette ed è quasi celato dalla costante ripetizione di massime sedimentate.»53

La decisorietà è ravvisata, inizialmente, dalle Sezioni Unite, in uno dei possibili contenuti indicati dall’art. 279, 2° comma, c.p.c. e coincide con l’idoneità del provvedimento impugnato a decidere sui diritti54.

Nelle pronunce successive al grand arrêt n. 2593/1953, il riferimento all’art. 279 c.p.c. viene meno ed emergono, accanto all’accezione originaria55, delle nozioni più ampie di decisorietà quale idoneità del provvedimento a risolvere una controversia, un conflitto su diritti soggettivi o status56 o, ad incidere sulle medesime situazioni sostanziali57.

51 Tale situazione, come osserva Tiscini, (Il giudizio di cassazione, in AA. VV., Le

impugnazioni civili, a cura di Luiso, Vaccarella, p. 329 sub nota 28) ricorre quando la Corte di

cassazione prevede che il provvedimento è da considerare decisorio in quanto idoneo a decidere su diritti con efficacia di giudicato, per cui in mancanza del giudicato il provvedimento non può definirsi decisorio.

52 Osserva in proposito Tiscini, (Il giudizio di cassazione, cit., p. 329) che ciò ricorre quando la

definitività consiste nella mancanza di rimedi diversi e nell’attitudine del provvedimento stesso a pregiudicare, con efficacia di giudicato, i diritti.

53 Così Cerino Canova, La garanzia costituzionale, cit., p. 404. Le medesime osservazioni

sono valide anche in relazione al requisito della definitività.

54 Così Cass. Sez. Un. 30 luglio 1953 n. 2593, cit., p. 1250.

55 Tra le pronunce che riproducono il criterio della decisorietà quale idoneità del

provvedimento impugnato a decidere su diritti o status ad esempio, Cass. 22 gennaio 1976 n. 187, in Giust. civ. 1976, I, p. 915; Cass. 18 settembre 1970 n. 1581, in Foro it. 1970, I, p. 3093; Cass. 6 settembre 1968 n. 2876, in Foro it. 1968, I, p. 3005; Cass. 29 aprile 1967 n. 806, in

Riv. dir. proc. 1968, p. 114; Cass. 11 luglio 1963 n. 1867, in Giust. civ.1963, I, p. 1483.

56 Tra le pronunce che ricollegano la decisorietà alla risoluzione della controversia, ad esempio,

Cass. 2 aprile 1998 n. 3402, in Giur. it.1999, p. 948; Cass. Sez. Un. 21 gennaio 1988 n. 424, e Cass. 3 dicembre 1987 n. 8974, entrambe in Foro it.1989, I, p. 504; Cass. Sez. Un. 23 ottobre 1986 n. 6220, in Giur.it. 1987, I, 1, p. 1616; Cass. 20 marzo 1973 n. 776, in Dir. fall. 1974, II,

87 Tali formule consentono alla Corte suprema di estendere le maglie del ricorso straordinario ben oltre le ipotesi di vera decisione, in particolare quando il provvedimento impugnato si limita ad incidere sui diritti, realizzando un mero condizionamento indiretto sulla situazione sostanziale controversa.

La formula dell’incidenza sui diritti è stata oggetto di critica, da parte della dottrina maggioritaria58, per l’aggravio causato al lavoro della Corte e per il contrasto con il presupposto dell’idoneità al giudicato (solo i provvedimenti decisori su diritti hanno attitudine al giudicato); la medesima dottrina non ha mancato, però, di rilevare l’intento garantistico perseguito dalla Corte suprema attraverso la formula dell’incidenza59.

Ai fini dell’ammissibilità dell’impugnazione, la Cassazione verifica la sussistenza, in capo al provvedimento impugnato, dell’ulteriore requisito della definitività.

È questo un presupposto del ricorso straordinario che, alla luce della concreta esperienza giurisprudenziale, si muove su un piano puramente processuale consentendo il rimedio quando non sussistono strumenti alternativi di riesame del provvedimento impugnato e del diritto che ne è oggetto.

p. 57; Cass. 7 dicembre 1964 n. 2856, in Foro it. 1964, I, p. 2073; Cass. 4 aprile 1962 n. 703, in Giust. civ. 1962, I, 829.

57 Alla decisorietà quale idoneità del provvedimento impugnato ad incidere sui diritti soggettivi

o status si rifanno tra le tante, Cass. 2 dicembre 1992 n. 12861, in Giur.it. 1993, I, 1, p. 1694; Cass. 27 marzo 1985 n. 2151, in Giur. it. 1986, I, 1, p. 265; Cass. 22 aprile 1972 n. 1271, in

Giust. civ. 1972, I, p.1243;. Cass. 14 aprile 1969 n. 1183, in Giur. it. 1969, I, 1, p. 1274.

58 Vedi ad esempio, Cerino Canova, La garanzia costituzionale, cit.,p. 434; Ricci, Il reclamo

contro i provvedimenti del giudice delegato nel fallimento, in Riv. dir. proc. 1990,p. 128;

Tarzia, Le impugnazioni civili tra disfunzioni e riforme, in Riv. dir. proc.1984, pp. 34,35.

59 Denti, I procedimenti camerali come giudizi sommari di cognizione: problemi di

costituzionalità ed effettività della tutela, in Riv. trim. dir. proc. civ. 1990, p. 1101; l’Autore

pur criticando l’estensione dell’ambito di applicabilità dell’articolo 111 Cost. operata dalla giurisprudenza della Cassazione, osserva come «La formula dell’incidenza su diritti […] probabilmente esprimeva l’esigenza di sottoporre a controllo decisioni non aventi ad oggetto diritti soggettivi nel senso classico del termine, e tuttavia idonee a pregiudicare, nei loro effetti, situazioni ritenute meritevoli di tutela».

88 All’iniziale nozione di definitività come “non impugnabilità altrimenti” si sostituisce ben presto, nella giurisprudenza di legittimità, una definizione più ampia, la definitività venendo così a coincidere con l’inidoneità del provvedimento impugnato ad essere oggetto di rimedi diversi dal ricorso in cassazione quali l’impugnazione, ma anche l’opposizione, la richiesta di revoca o modifica, la riproposizione della domanda. Alla luce di queste considerazioni il presupposto della definitività si ricollega al carattere residuale, di «norma di chiusura» dell’art. 111, 7° comma, Cost., laddove la residualità del precetto costituzionale si misura non solo con riferimento all’esistenza di un alternativo rimedio impugnatorio, ma anche in relazione alla possibilità di esperire ogni altra forma di potere giurisdizionale sulla medesima situazione sostanziale già decisa, come, ad esempio, la riproposizione della domanda (con la creazione di una nuova litispendenza) o la prosecuzione del giudizio nelle fasi di opposizione.

L’accesso al ricorso straordinario è così precluso, oltre che da un’alternativa impugnazione, da ogni procedimento giurisdizionale capace di sottoporre all’attenzione del giudice la stessa controversia.

Di qui l’opportuna osservazione di Tiscini, secondo cui «Il presupposto della definitività deve perciò essere riformulato. Esso meglio si attaglia al diritto piuttosto che al provvedimento, perché a dover essere sottoposto ad un ulteriore esame – occorrendo, per le vie dell’art. 111, 7° comma, Cost. – non è il provvedimento in sé (ché, se così fosse, solo la presenza di un rimedio

89 impugnatorio escluderebbe il ricorso), bensì la situazione sostanziale che ne è oggetto.»60

Per la Cassazione, dunque, affinché sia percorribile la via del ricorso straordinario è necessario che il provvedimento giurisdizionale diverso dalla sentenza abbia entrambi i caratteri sopra menzionati, sia cioè decisorio e definitivo. Alla luce di ciò, la giurisprudenza di legittimità esclude che la garanzia del ricorso possa operare, ad esempio, rispetto ai provvedimenti a contenuto processuale ordinatorio come, fra gli altri, l’ordinanza non impugnabile che si pronuncia sulla ricusazione del giudice ai sensi dell’art. 53 c.p.c. in quanto, pur ammettendone il carattere decisorio, ne esclude la definitività61. Ugualmente, la Cassazione ritiene non ricorribili ex art. 111, 7° comma, Cost. le ordinanze adottate dal Tribunale in sede di reclamo contro un provvedimento di natura cautelare ai sensi dell’art. 669-terdecies c.p.c. «quale che ne sia il contenuto, giacché trattasi di decisione munita di efficacia temporanea, in quanto condizionata all’istaurazione e all’esito del giudizio di merito»62. Tale soluzione trova applicazione anche ai provvedimenti cautelari anticipatori degli effetti della sentenza di merito e per quelli ex art. 700 c.p.c., sulla base del presupposto che l’art. 668-octies c.p.c. «pur abrogando il termine finale perentorio entro cui iniziare la causa di merito, ha riaffermato che questa può essere iniziata da ciascuna delle parti della procedura cautelare, attenuando

60 Tiscini, Il ricorso straordinario, cit., p. 129.

61 La giurisprudenza di legittimità è stabile nel negare la definitività dell’ordinanza che decide

sulla ricusazione del giudice, e quindi il ricorso straordinario, sul presupposto che «la non impugnabilità di tale ordinanza non esclude, infatti, che il suo contenuto sia suscettibile di essere riesaminato nel corso dello stesso processo, attraverso il controllo sulla pronunzia resa con il concorso del judex suspectus, convertendosi l’eventuale vizio causato dall’incompatibilità del giudice invano ricusato in motivo di nullità, e quindi di impugnazione, della sentenza da lui emessa. » così, fra le altre, Cass. 23 aprile 2005 n. 8569, in

Giust. civ. 2006, I, p. 423.

90 e non eliminando il carattere strumentale del procedimento cautelare e del provvedimento d’urgenza, rispetto al giudizio di merito63.

Un altro importante settore rispetto al quale la Cassazione esclude il ricorso straordinario ex art. 111, 7° comma, Cost. è rappresentato dalla giurisdizione volontaria, i cui provvedimenti sono sottratti al controllo di legittimità «in quanto privi di carattere decisorio e non incidenti su diritti soggettivi, essendo sempre revocabili e modificabili per motivi di legittimità»64. Ciò che avviene, ad esempio in tema di tutela dei minori, rispetto ai provvedimenti che limitano o escludono la potestà dei genitori naturali ai sensi dell’art. 317-bis c.c.65

Sempre in materia di famiglia, come si dirà più compiutamente nel terzo capitolo, è negata la reclamabilità in cassazione dei provvedimenti nell’interesse dei coniugi e della prole emessi dal giudice istruttore nel corso dei procedimenti di separazione e di divorzio, trattandosi di provvedimenti privi del carattere definitivo, in quanto sempre modificabili e revocabili in corso di causa dal giudice che li ha emessi.

A conclusione di questa analisi, pare opportuno sottolineare che la presenza di questi presupposti, che filtrano l’accesso in cassazione del singolo provvedimento, potrebbe far ritenere ben definiti i confini del ricorso

63 Cass. Sez. Un. 28 dicembre 2007 n. 27187, in Foro it.2008, I, p. 766. 64 Cass. Sez. Un. 15 luglio 2003, n. 11026, in Fam. dir. 2004, p. 165 ss.

65V. ad esempio, Cass. 3 gennaio 2012 n. 49 che richiama il principio espresso da Cass. Sez.

Un. n. 11026 del 2003, cit., secondo cui «in tema di tutela dei minori, i provvedimenti diretti a limitare o escludere la potestà dei genitori naturali, a mente dell’art. 317 bis c.c., o che pronuncino la decadenza dalla potestà sui figli o la reintegrazione in essa, ai sensi degli artt. 330 e 332c.c. , che dettino disposizioni per ovviare a una condotta dei genitori pregiudizievole ai figli nel quadro dell’art. 333c.c., o che dispongano l’affidamento contemplato dall’art. 4, comma2, della legge 4 maggio 1983, n. 184, ancorché resi dal giudice di secondo grado in esito a reclamo, non sono impugnabili con ricorso per cassazione a norma dell’art. 111 Cost. perché privi dei requisiti della decisorietà […] e della definitività […], essendo revocabili in ogni tempo per motivi originari o sopravvenuti ed avendo la funzione non di decidere una lite tra due soggetti, attribuendo ad uno di essi “un bene della vita”, ma di controllare e governare gli interessi dei minori…».

91 straordinario; in realtà, dall’analisi casistica, emerge che la Corte è arbitra di sé stessa nello stabilire quando un provvedimento è decisorio e definitivo.

A riguardo si può richiamare la prassi giurisprudenziale relativa all’ordinanza (non impugnabile) di liquidazione del compenso agli arbitri emessa dal tribunale ai sensi dell’art. 814, 2° comma, c.p.c. (nella formulazione antecedente alla novella di cui al d.lgs. n. 40 del 2006).

La giurisprudenza di legittimità era stabile nell’ammettere il ricorso straordinario sulla base del carattere decisorio e definitivo dell’ordinanza de qua, tuttavia, con la sentenza del 3 luglio 2009 n.15586, le Sezioni Unite della Cassazione mutano indirizzo e negano il ricorso ex art. 111, 7° comma, Cost. avverso tale ordinanza, poiché espressione di una funzione giurisdizionale non contenziosa e quindi priva della decisorietà e della vocazione al giudicato. A distanza di soli due anni da questa pronuncia, la Seconda sezione della Corte di cassazione, con ordinanza n. 17209 dell’11 agosto 2011, rimette il ricorso al Primo presidente per l’eventuale ritorno alle Sezioni Unite sollecitando una rimeditazione della questione. Le Sezioni Unite, tuttavia, confermano l’orientamento già espresso, con la pronuncia n. 15586 del 2009, seppure per il diverso ordine di considerazioni «attinenti all’esigenza di assicurare un sufficiente grado di stabilità degli indirizzi giurisprudenziali formatisi riguardo all’interpretazione di norme che, come l’art 814 c.p.c., presentano in proposito margini di opinabilità.»66

92 L’utilità nel delineare i presupposti del rimedio straordinario deve essere, quindi, relativizzata, trattandosi di requisiti la cui effettiva individuazione è spesso rimessa all’applicazione nel caso concreto.

II.3. Distinzione tra ricorso ordinario e ricorso straordinario in cassazione

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