I CONTROLLI SUI PROVVEDIMENTI TEMPORANEI E URGENTI NELL’INTERESSE DELLA PROLE E DEI CONIUGI NELLA
I.3. La giurisprudenza sui provvedimenti nell’interesse della prole e dei coniugi all’indomani del reclamo cautelare della novella del 1990.
Con l’art. 74, 2° comma, della legge 26 novembre del 1990, n. 353 (Provvedimenti urgenti per il processo civile) il legislatore, seguendo la tecnica della novellazione al codice di rito, detta una disciplina unitaria del procedimento cautelare in generale, in vigore dal 1° gennaio del 1993.
L’art. 74 antepone alla disciplina delle misure cautelari tipiche e atipiche (che vengono ad essere regolate alle sezioni II, III, IV e V del capo III, titolo I del libro IV del codice di rito) una sezione I, intitolata «Dei procedimenti cautelari in generale», che si articola in tredici disposizioni dall’art. 669-bis all’art. 669- quaterdecies attraverso le quali vengono regolati i profili concernenti la domanda, la competenza, il procedimento, la revoca e la modifica, l’attuazione e il reclamo dei provvedimenti cautelari.
Tali disposizioni si applicano, per espressa previsione dell’art. 669- quaterdecies, oltre ai provvedimenti cautelari previsti dal codice di rito, «in quanto compatibili, agli altri provvedimenti cautelari previsti dal codice civile e dalle leggi speciali…»; restano estranei al suo ambito i provvedimenti di istruzione preventiva, cui si applica unicamente l’art. 669-septies c.p.c.
L’art. 669-quaterdecies contiene, dunque, la c.d. clausola di compatibilità rovesciata: le norme del procedimento cautelare uniforme si applicano solo se compatibili con quelle che regolano i singoli provvedimenti.
La riforma del ’90 introduce in via generale lo strumento del reclamo per il riesame nel merito del provvedimento cautelare, disciplinandolo all’articolo
120 669-terdecies c.p.c. e strutturandolo con un parziale rinvio alle norme sui procedimenti in camera di consiglio quanto ai termini e al procedimento. La competenza a decidere del reclamo è disciplinata al 2° comma dell’art. 669 - terdecies, c.p.c ove si prevede che il reclamo si propone al tribunale, per i provvedimenti emessi dal pretore29; al collegio, se è reclamato un provvedimento del giudice singolo del tribunale (in tal caso non può entrare a comporre il collegio il giudice che ha emesso il provvedimento reclamato ); ad altra sezione della Corte d’appello o, in mancanza, alla Corte d’appello più vicina, se è reclamato un provvedimento della Corte d’appello (art. 669- terdecies, 2° comma, c.p.c.). Mette conto rilevare che l’art. 669-terdecies c.p.c. è stato oggetto di alcune pronunce della Corte Costituzionale, le cui affermazioni, per la loro generalità, hanno trovato applicazione anche in tema di controllo dei provvedimenti de quibus.
In particolare, l’articolo 669-terdecies, nella sua formulazione originaria ammetteva l’esperibilità del reclamo solo contro «l’ordinanza con la quale, prima dell’inizio o nel corso della causa di merito, sia stato concesso un provvedimento cautelare…» (art. 669-terdecies, 1° comma, c.p.c.). Restava escluso il reclamo del provvedimento di rigetto della domanda cautelare con evidente discriminazione tra la posizione del ricorrente, che poteva solo riproporre la domanda in caso di mutamento delle circostanze di fatto e di diritto, e quella del resistente, che poteva liberamente impugnare il provvedimento concessivo della cautela.
29 Il riferimento al pretore è venuto meno con l’art. 108, del d.lgs. n. 51 del 1998, che ha
disposto la soppressione dell’ufficio del pretore ed il trasferimento delle relative competenze al tribunale
121 Sollecitata sul punto, la Corte costituzionale, con sentenza n. 253 del 23 giugno 1994, osserva che la mancata previsione del reclamo in favore della parte che subisca la situazione assunta come lesiva del proprio diritto e che abbia chiesto senza successo una cautela anticipatoria o conservativa realizza un amputazione del diritto di difesa, in quanto attribuisce maggiori possibilità di far valere le proprie ragioni a chi resiste alla richiesta di provvedimento cautelare rispetto a chi la propone. La Consulta rileva che la sperequazione determinata dalla reclamabilità dei soli provvedimenti di accoglimento non può ritenersi compensata dal fatto che, a norma dell’art. 669-septies, 1° comma, c.p.c., l’ordinanza di rigetto non preclude la riproponibilità dell’istanza al medesimo giudice in caso di mutamenti delle circostanze o nuove ragioni di fatto o di diritto. Tra i rimedi della reclamabilità e della riproponibilità non vi è rapporto di equivalenza giacché «sul reclamo di cui all’art. 669-terdecies è chiamato a decidere un giudice diverso da quello che ha pronunziato il provvedimento impugnato, mentre la riproposizione dell’istanza ai sensi dell’art. 669-septies si rivolge al medesimo giudice che ha respinto la richiesta di misura cautelare. E l’alterità del giudice dell’impugnazione rappresenta – secondo l’orientamento e secondo il comune sentire – un fattore di maggior garanzia.»30
La Corte, pertanto, dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 669-terdecies c.p.c., per contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., nella parte in cui non ammette il reclamo ivi previsto, anche avverso l’ordinanza con cui sia stata rigettata la domanda di provvedimento cautelare.
122 Tale pronuncia, come si dirà, sarà posta a fondamento della tesi che sostiene il reclamo avverso i provvedimenti interinali del presidente e del giudice istruttore nei giudizi di separazione e divorzio.
All’indomani dell’introduzione del rito cautelare uniforme ci si è chiesti se i provvedimenti temporanei e urgenti nell’interesse dei coniugi e della prole emanati, anche d’ufficio, dal presidente del tribunale all’esito del fallimento del tentativo di conciliazione, (nella separazione giudiziale ex art. 708, 3° comma, c.p.c., e nel divorzio ex art. 4, 8° comma, legge 898/1970), fossero assoggettabili alla disciplina degli artt. 669-bis ss. e in particolare se fossero reclamabili ai sensi dell’art. 669-terdecies c.p.c.
Come è stato osservato31, logica avrebbe voluto che la giurisprudenza di merito - tenendo conto del più che consolidato orientamento della Corte suprema, che qualificava in termini cautelari i provvedimenti de quibus32 - ne ammettesse de
plano il reclamo.
Al contrario, la giurisprudenza di merito e la dottrina maggioritaria escludono con decisione l’esperibilità del reclamo ex art. 669-terdecies c.p.c., sulla base di concorrenti ragioni.
In primo luogo, in base ad argomenti di ordine sistematico volti a negare la natura cautelare dei provvedimenti in oggetto.
In particolare, si osserva che i provvedimenti emessi dal presidente e dal giudice istruttore nell’ambito del giudizio di separazione e di divorzio, pur
31 Il rilievo è di Cipriani, L’impugnazione dei provvedimenti “nell’interesse dei coniugi e della
prole” e il lento ritorno al garantismo, In Corr. giur. 1998, p. 211 ss., spec. p. 216.
32 A titolo di esempio si richiamano, Cass. 12 giugno 2006 n. 13593, cit.; Cass. 5 ottobre 1999
n. 11029, cit.; Cass. 22 maggio 1990 n. 4613, cit. Preme qui precisare, però, che la Cassazione non fa discendere della natura cautelare dei provvedimenti in esame l’applicazione ad essi del rito cautelare uniforme.
123 essendo «temporanei e urgenti», mancano del carattere della strumentalità processuale rispetto alla pronuncia definitiva, che contraddistingue i provvedimenti cautelari strictu sensu considerati. La strumentalità tra cautela e merito è sancita al 1° comma dell’art. 669-novies c.p.c laddove si prevede che «Se il procedimento di merito non è iniziato nel termine perentorio di cui all’articolo 669-octies, ovvero se successivamente al suo inizio si estingue, il provvedimento cautelare perde la sua efficacia». La giurisprudenza di merito sottolinea che, mentre per i provvedimenti cautelari vi è la necessità che la decisione cautelare sia verificata con pienezza di cognizione e per ottenere tale risultato l’ordinamento prevede l’onere per le parti di iniziare o di coltivare il giudizio di cognizione ordinaria, pena l’inefficacia della stessa misura cautelare (come si deduce dal combinato disposto degli artt. 669-octies e 669-novies c.p.c.), rispetto ai provvedimenti interinali del presidente e del giudice istruttore ex art. 708 c.p.c. e 4 l. div. l’ordinamento sancisce l’ultrattività, stabilendo che le ordinanze in esame conservano la loro efficacia, anche dopo l’estinzione del processo, finché non siano sostituite «con altro provvedimento emesso dal presidente o dal giudice istruttore a seguito di nuova presentazione del ricorso per separazione personale dei coniugi.» (art. 189, 2° periodo, disp. att. c.p.c.).33
33 In tal senso: Tribunale di Bari 23 dicembre 2004,ord., in Foro it. 2005, I, p. 1244 ss., spec.
p. 1246; Tribunale di Verona 20 febbraio 2003,ord., cit., p. 3164; Tribunale di Foggia 30 luglio 2001, ord., cit., p. 275; Tribunale di Trani 26 novembre 1997, ord., in Foro it.1998, I, p. 232 ss., spec. p. 234; Tribunale di Arezzo 11 giugno 1997, ord., in Foro it. 1998, I, p. 2285ss. spec., p. 2289; Tribunale di Pavia 9 gennaio 1997, ord., in Foro it. 1998, I, p. 323ss., spec. p. 237; Tribunale di Pisa 13 aprile 1995, ord., in Rep. Gius1995, IV, p. 1856; Tribunale di Roma 27 gennaio 1994, ord., in Foro it. I, p. 1216 ss., spec. p. 1217; Tribunale di Catania 21 luglio 1993, ord., in Foro it 1994, p. 1216 ss., spec. p. 1218.
124 Significativa al riguardo è la pronuncia del Tribunale di Bari secondo cui «la riprova dell’esattezza di tale ricostruzione che nega il carattere strumentale e quindi cautelare dei provvedimenti de quibus è data dal d.lgs. 17 gennaio 2003 n. 5, regolante il processo societario che, all’art. 23, dettato in materia di procedimento cautelare, stabilisce il principio della sopravvivenza della misura cautelare all’estinzione del giudizio di merito (non obbligatorio, ma facoltativo) analogamente a quanto prevede l’art. 189 disp. att. c.p.c. in materia familiare. La norma si chiude con una disposizione che richiama, in quanto compatibili, le norme di cui al procedimento cautelare uniforme (art. 669 bis- quaterdecies). Pertanto, se il legislatore ha espressamente stabilito, in una materia speciale (quale è quella societaria), un principio che deroga alla regola generale della strumentalità necessaria tra cautela e merito, con una norma di richiamo alla disciplina del rito cautelare uniforme, temperata dal criterio della compatibilità, ha riconfermato che la regola generale resta tale, altrimenti non avrebbe senso stabilire la citata deroga.»34
Sempre allo scopo di escludere i provvedimenti de quibus dal novero delle misure cautelari in senso tecnico, la giurisprudenza di merito ne sottolinea l’efficacia immediatamente esecutiva, ex art. 189 disp. att. c.p.c., e l’ufficiosità, che ricorre in relazione ai provvedimenti concernenti i figli minorenni, ex art. 708, 3° comma, c.p.c. e 4, 8° comma, l. div., diversamente dalle misure cautelari soggette alla regola generale della domanda di parte35.
La reclamabilità è poi negata in base ad un argomento di ordine letterale: «l’art. 669 quaterdecies, relativo all’ambito di applicazione della disciplina de qua
34 Tribunale di Bari 23 dicembre 2004, ord., cit. pp. 1246, 1247.
35 Vedi ad esempio, Tribunale di Foggia 30 luglio 2001, ord., cit. p. 275; Tribunale di Arezzo
125 [della disciplina, cioè, sui provvedimenti cautelari] non ricomprende le misure cautelari previste dal c.p.c. al di fuori del detto capo III (l’art. 708 c.p.c. è collocato nel capo I del titolo II) »36. Si sostiene, dunque, che avverso i provvedimenti temporanei e urgenti emessi dal presidente o dall’istruttore non è esperibile il rimedio del reclamo ex art. 669- terdecies c.p.c. perché non può operare la clausola di compatibilità prevista dall’art. 669- quaterdecies c.p.c. in presenza della quale solo è consentita l’estensione delle norme dettate per il procedimento cautelare uniforme ad altre misure.
Da tale ricostruzione si discosta il Tribunale di Trani, il quale, pur negando il reclamo, afferma che la mancanza di strumentalità che caratterizza i provvedimenti in esame non può fondarsi, né sull’argomento letterale di cui all’art. 669-quaterdecies, c.p.c. poiché «è indubbio che l’intenzione del legislatore, come del resto risulta espressamente dai lavori preparatori, era quella di dettare “una norma di coordinamento tendente sostanzialmente a stabilire che le disposizioni in esame si applicano a tutti i provvedimenti cautelari, fatta eccezione […] per i provvedimenti di istruzione preventiva”»; né sul carattere ufficioso di tali provvedimenti poiché «nel giudizio di separazione tra coniugi, mentre i provvedimenti necessari alla tutela materiale e morale dei figli devono essere adottati d’ufficio a norma dell’art. 155 c.c. in quanto rivolti a soddisfare esigenze e finalità pubblicistiche sottratte alla disponibilità delle parti, quelli riguardanti […] i rapporti economici tra i coniugi presuppongono sempre e comunque una loro iniziativa…».37 Secondo il tribunale di Trani, la mancanza di strumentalità che contraddistingue i
36 Così, Tribunale di Roma 27 gennaio 1994, ord., cit., p. 1217; nello stesso senso: Tribunale di
Pavia 9 gennaio1997, ord., cit., p. 237; Tribunale di Pisa 13 aprile 1995, ord., cit., p. 1856.
126 provvedimenti provvisori e urgenti resi dal presidente o dal giudice istruttore nel processo di separazione è da ravvisarsi, invece, nella previsione dell’ultrattività, sancita dall’art. 189 disp. att. c.p.c.
Negata la natura cautelare dei provvedimenti in oggetto e conseguentemente l’assoggettabilità alle norme del rito cautelare uniforme e, in particolare, al rimedio del reclamo ex art. 669-terdecies c.p.c., la giurisprudenza di merito riconduce i provvedimenti temporanei e urgenti emessi nel giudizio di separazione e divorzio nella categoria dei provvedimenti sommari anticipatori non cautelari.
Dall’indirizzo maggioritario si discosta una parte della dottrina e il Tribunale di Genova.
Da parte di alcuni studiosi si evidenzia come gli argomenti su cui si fonda la tesi dominante per escludere la natura cautelare e il reclamo avverso i provvedimenti nell’interesse della prole e dei coniugi non sono decisivi. In particolare, si fa leva sulla funzione cautelare dei provvedimenti de quibus e sulla considerazione che tra i requisiti del reclamo cautelare di cui all’art. 669 - terdecies c.p.c. non vi sono i dati strutturali di provvisorietà e rigida strumentalità38.
38 Sul punto Cea, I provvedimenti nell’interesse dei coniugi e della prole e il reclamo
cautelare, in nota a Tribunale di Foggia 30 luglio 2001, in Foro it. 2002, p. 264ss.; Cipriani, L’impugnazione dei provvedimenti., cit., p. 211 ss.; Cecchella, Il processo cautelare, Commentario, Torino 1997, pp. 243, 244; Martinelli, Alcune questioni sull’ambito di applicazione del nuovo rito cautelare uniforme, in Foro it. 1995, p. 161ss.; Salvaneschi, Provvedimenti presidenziali nell’interesse dei coniugi e della prole e procedimento cautelare uniforme, in Riv. dir . proc. 1994, p. 1063, la quale però pur affermando la natura cautelare dei
provvedimenti de quibus ne esclude il reclamo, per incompatibilità della disciplina, poiché diversamente da quanto dispone l’art. 669-decies c.p.c. per il rito cautelare uniforme, l’ordinanza presidenziale nell’interesse dei coniugi e della prole può essere modificata o revocata dal giudice istruttore anche in assenza di sopravvenienze.
127 Un certo peso nell’evoluzione del dibattito dottrinale - non in quello giurisprudenziale che, fatto salvo il Tribunale di Genova, è arroccato nell’escludere qualsiasi forma di gravame verticale avverso i provvedimenti de quibus, - è da attribuirsi ad alcune decisioni della Corte costituzionale e in particolare alla, già menzionata, sentenza n. 253 del 1994, con cui il Giudice delle leggi, dichiarando l’illegittimità costituzionale dell’art. 669-terdecies c.p.c., nella parte in cui non ammetteva il reclamo avverso l’ordinanza di rigetto della domanda di provvedimento cautelare, ha affermato il principio dell’alterità del giudice dell’impugnazione come fattore di maggior garanzia. Da ciò si è tratta la conclusione che la revisione del provvedimento da parte del medesimo giudice che lo ha emesso, il c.d. ius poenitendi, non può assorbire ogni esigenza di revisione che la parte può vantare. La Corte, poi, in una successiva pronuncia sempre avente ad oggetto la legittimità costituzionale dell’art. 669-terdecies c.p.c, ha precisato che ai fini della legittimità dell’impugnazione il giudice deve essere non solo diverso, ma anche superiore o equiordinato39.
In altra occasione, invece, la Consulta, pronunciandosi sulla legittimità costituzionale dell’art. 146 l.f. (ora abrogato) che consentiva al giudice delegato al fallimento di disporre anche d’ufficio il sequestro conservativo sui beni degli amministratori nei cui confronti fosse stata esercitata l’azione di responsabilità, ha affermato che avverso tale misura cautelare «fossero esperibili i normali mezzi di impugnazione, a cominciare dall’immediato
128 reclamo al collegio»40, da tutti poi individuato nel rimedio ex art. 669-terdecies c.p.c.
Nella giurisprudenza di merito è il Tribunale di Genova che inaugura la strada verso un maggior garantismo in questa delicata materia.
A più riprese e senza peraltro contraddire la tesi dominante che nega la natura cautelare delle ordinanze in commento, il tribunale ligure ritiene reclamabili al collegio, ex art. 669- terdecies c.p.c., i provvedimenti relativi ai coniugi e alla prole emessi dal giudice istruttore nel processo di separazione e divorzio. Il Tribunale, in un primo tempo, ammette il reclamo avverso i provvedimenti sulla prole emanati dal giudice istruttore nel giudizio di separazione41.
Il Tribunale muove dal rilievo che il provvedimento impugnato, in quanto diretto ad evitare temuti pregiudizi per i figli minori della coppia, rientra nella tipologia dei provvedimenti minorili adottati ai sensi dell’art. 333 c.c. Trattasi, dunque, di un provvedimento «processualmente espiantato dal rito camerale che lo accompagna davanti al tribunale per i minorenni ed inserito nel rito di separazione.»
Con grande sensibilità, il Tribunale di Genova osserva, poi, che «Caratteristica dei provvedimenti relativi ai minori per quanto attiene ai loro rapporti con ciascuno dei genitori è quella di provocare (potenzialmente) effetti psicologici duraturi poi difficilmente superabili…non è [pertanto] possibile negare che in questa materia il tempo […] può trasformare un provvedimento reso per un’erronea valutazione in materia minorile in una causa di grave distorsione della funzione educativa.»
40 Corte costituzionale 2-8 maggio 1996 n.148, in www.cortecostituzionale.it
41Tribunale di Genova 7 marzo 2002, ord., in Fam. dir. 2002, p. 631ss.; Tribunale di Genova
129 Considerato, quindi, che verso un simile provvedimento adottato dal Tribunale per i minorenni è previsto il reclamo immediato alla Corte d’appello ex art. 739 c.p.c. e tenuto conto l’ammonimento espresso dalla Corte costituzionale, con sentenza n. 253 del 23 giugno 1994, sull’alterità del giudice dell’impugnazione come fattore di maggior garanzia, «il tribunale ritiene che in una lettura costituzionalmente adeguata dell’art. 669 quaterdecies debba rientrare anche il provvedimento assunto, nella materia disciplinata dall’art. 333 c.c., dal g. i. della causa di separazione con le forme dell’art.708 c.p.c. … se così non fosse, analoghi provvedimenti assunti con riti diversi da giudici diversi (tribunale per i minorenni e tribunale ordinario) godrebbero di garanzie troppo palesemente differenti, su un terreno (quello della possibilità di reclamare ad un giudice diverso da quello che ha pronunciato il provvedimento) che la Corte costituzionale ha indicato come essenziale per l’effettività del diritto di difesa.» 42
Successivamente il Tribunale di Genova estende la reclamabilità anche ai provvedimenti del giudice istruttore adottati nell’interesse dei coniugi nel giudizio di separazione43 e in quello di divorzio44.
Pur riconducendo tali misure alla categoria dei provvedimenti anticipatori e interinali, il Tribunale osserva che «la categoria dei provvedimenti anticipatori ha solitamente la sua ratio nel superamento, nel corso del procedimento, di una serie di momenti che assumono un particolare rilievo per la consistenza degli accadimenti processuali: la mancata contestazione di una pretesa, l’offerta di
42 Tribunale di Genova 16 marzo 2001,ord., cit., p. 2357; Tribunale di Genova 7 marzo 2002,
ord., cit., p. 631.
43 Tribunale di Genova 10 gennaio 2004, ord., in Foro it. 2004, p. 931, 932. 44 Tribunale di Genova 16 febbraio 2004, ord., in Foro it. 2004, p. 904 ss.
130 prova scritta di un diritto, la conclusione dell’attività istruttoria ne sono esempi evidenti. Il provvedimento reso dall’istruttore (e prima di lui dal presidente) ai sensi dell’art. 708 non corrisponde affatto al superamento di un gradino di conclusività dell’attività processuale svolta, ma risponde al contrario soltanto all’urgenza che proviene dalla natura dei diritti in discussione … La funzione di una simile “ultra-sommarietà” […] è dunque appunto e solo quella di tutela dell’effettività dei diritti, e non quella (come avviene in altri provvedimenti anticipatori) di evitare lo spreco di attività processuale economizzando il giudizio. Ma la parte che subisce il provvedimento si trova così esposta ad effetti esecutivi anche molto rilevanti, prima che il suo diritto di difesa abbia potuto esplicarsi in modo ordinario; ed è questa differenza, rispetto ad altri provvedimenti di natura anticipatoria, che ad avviso del tribunale il reclamo previsto dall’art. 669 terdecies può porre rimedio, così riequilibrando – dal punto di vista dell’effettività costituzionale – i rischi insiti in un provvedimento adottato “a tamburo battente” per la sola considerazione della natura dei diritti da tutelare.»
Alla base di queste pronunce vi è l’idea che le categorie dogmatiche elaborate dalla dottrina «non portino sacrificio di quella tutela cautelare atipica (comprensiva di un reclamo a giudice diverso) che integra le dosi di effettività dei presidi processuali rispetto ai diritti sostanziali tutelati.»45
L’attenzione del Tribunale ligure è rivolta principalmente alle ordinanze del giudice istruttore perché, si osserva, rispetto all’ordinanza presidenziale «deve trovare innanzi tutto applicazione la regola generale prevista dal legislatore
45 Tribunale di Genova 10 gennaio 2004,ord., cit., p. 931, 932; Tribunale di Genova 16
131 all’art. 708, 3° comma, c.p.c., e cioè la facoltà della parte interessata di richiedere, anche in via di urgenza, la revoca e/o la modifica del provvedimento presidenziale al giudice istruttore designato a norma dell’art. 177 c.p.c.»46 D’altra parte, tenendo conto di quanto espresso dalla Corte costituzionale sul principio dell’alterità del giudice dell’impugnazione come fattore di maggior garanzia, il Tribunale di Genova afferma che «laddove all’esito della fase presidenziale della separazione, il presidente nomini se stesso quale istruttore, […] il provvedimento da lui emesso dovrebbe considerarsi reclamabile ex art. 669 terdecies c.p.c.»47, ammettendo, quindi, in