Università Ca’ Foscari Venezia
Corso di laurea magistrale in Economia e Gestione delle Arti e delle
Attività Culturali (EGart)
TESI DI LAUREA
La Capitale Europea della Cultura: la gestione del progetto Matera 2019
Relatore:
Candidato:
Ch. Prof. Pieremilio Ferrarese
Mauro Acito
Matricola 853233
Correlatore:
Ch. Prof. Carmelo Alberti
Pagina
INTRODUZIONE………...4
Capitolo 1 La “Cultura” come mezzo per lo sviluppo territoriale……….. 11
1.1 Definizioni………... 11
1.2 Gli impatti della Capitale Europea della Cultura……… 15
1.2.1 Impatto economico………. 18
1.2.2 Impatto sociale……… 19
1.2.3 Impatto culturale………. 19
1.2.4 Impatto simbolico………... 20
Capitolo 2 Storia e funzionamento della Capitale Europea della Cultura……….….21
2.1 Cenni storici……….21
2.1.1 Origine del programma……….…21
2.1.2 Le fasi legislative……….….22
2.1.3 La Capitale Europea della Cultura: evoluzione del titolo……….26
2.2 I numeri di una Capitale Europea……….…….30
2.2.1 Le dimensioni di una ECoC……….….30
2.2.2 Correre per il successo………..31
2.2.3 I costi e le fonti di finanziamento……….35
2.3 Gli effetti e le ricadute di breve e lungo termine……….39
Capitolo 3 Conoscere per imparare: tre Capitale Europee della Cultura………..43
3.1 Copenaghen 1996………...…...44
3.2 Liverpool 2008……….……47
Capitolo 4
L’Italia e la sfida al 2019: breve analisi delle candidature……….56
4.1 Cenni generali………..56
4.2 Focus point:“guida per le città candidate” e “Modulo di candidatura”...57
4.2.1 La guida per le città candidate……….57
4.2.2 Il modulo di candidatura………..58
4.3 Le fasi della candidatura………...60
4.3.1 La pre-selezione per Italia 2019………...61
4.3.2 La valutazione delle 21 candidate………63
4.3.3 La seconda fase: la shortlist……….68
4.3.4 L’analisi delle 5 finaliste……….69
4.3.4.1 Cagliari………....75
4.3.4.2 Lecce………...78
4.3.4.3 Perugia………82
4.3.4.4 Ravenna………...85
4.3.4.5 Siena………89
4.4 La Capitale italiana della Cultura………91
Capitolo 5 Il progetto Matera 2019. “Al servizio dell’Italia, al servizio dell’Europa”…………92
5.1 Dove nasce la candidatura………....92
5.2 La storia di Matera 2019: dal 2008 al 17 ottobre 2014………....95
5.3 Raccontare il processo: i dossier……….103
5.3.1 INSIEME: il primo dossier di candidatura……….105
5.3.2 OPEN FUTURE: il secondo dossier di candidatura…………...114
Capitolo 6 Gli Impatti di Matera 2019: 2 anni dopo, 2 anni prima………129
6.1 La visualizzazione temporale degli impatti………130
6.2 Le ricadute su Matera dopo la nomina………....133
CONCLUSIONI………..145
INTRODUZIONE
La contingenza economica internazionale degli ultimi anni, il cui riverbero desta ancora timori sui mercati, ha influito in modo ponderante sulle politiche economiche e sociali degli Stati. E’ indubbio che molte scelte politiche a livello nazionale e locale siano dipese da una pesante e prolungata stagnazione economica, oltre che da scelte di indirizzo dei vari Governi succedutisi. Il settore culturale ne ha particolarmente risentito: il bilancio del ministero dei Beni e delle attività culturali è passato dai 2,7 miliardi di euro del 2001 (lo 0,37 per cento del bilancio totale dello stato) a 1,5 miliardi previsti per il 2013 (appena
lo 0,2 per cento del bilancio dello Stato)1.
Le recenti parole del Ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Dario
Franceschini, sembrano però di buono auspicio per il settore2, con il bilancio complessivo
del MiBACT che sale a 2,1 miliardi.
E’ ormai da tempo che amministratori, studiosi, sociologi ed economisti utilizzano con sempre maggiore flessibilità il concetto di “cultura”, quale chiave di sviluppo locale e nazionale. L’esperienza di molti Paesi europei che hanno concentrato risorse non solo nella conservazione e tutela dei beni ma anche nella produzione e nella messa a sistema del patrimonio culturale è d’esempio per la creazione di un valore aggiunto per il territorio e per l’indotto economico circostante, implementando le risorse che si hanno a disposizione con investimenti mirati e ponderati.
Nonostante i problemi economici e politici del “sistema” culturale italiano, il Belpaese deve fare i conti anche con difficoltà gestionali dovute alla inimitabile quantità di siti Unesco, Musei, reperti e beni culturali, che rende complesso gestire e canalizzare
correttamente gli investimenti3 e con una difficoltà di aggiornamento della rete museale
che, a causa delle scarse informazioni web e della mancanza di nuove progettualità,
allontana i musei italiani dai primi posti delle classifiche di settore4.
1 Per esemplificare, si presenta un articolo dell’ottobre 2013 i cui dati sono interessanti perché di relativi al periodo
in cui le candidate italiane erano in piena corsa per il titolo: http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/10/08/con-‐ cultura-‐si-‐mangia-‐in-‐italia-‐fattura-‐di-‐80-‐miliardi-‐ma-‐arrivano-‐solo-‐tagli/736076/
2 http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2015-‐12-‐26/cultura-‐bilancio-‐mibact-‐2016-‐sale-‐21-‐miliardi-‐
142508.shtml?uuid=ACJsz0zB&fromSearch
3 Il riferimento è al medesimo articolo citato nella nota 1.
Perché il focus di questo lavoro sia definito, è opportuno scremare la complessa definizione di “cultura”, riducendola ad una sua manifestazione, l’evento culturale, a sua volta declinato in uno specifico ben circoscritto: l’obiettivo è individuare il percorso che permetta alle città candidate ad ospitare la Capitale Europea della Cultura di avere effetti positivi di medio-lungo termine sul territorio di riferimento; quale deve essere il rapporto tra i vari stakeholders locali e nazionali per garantire un equilibrio duraturo; fino a che
punto un evento di grande richiamo giustifichi alti costi non solo economici ma anche
sociali, spesso attraverso una programmazione di ampio respiro che prevede la riqualificazione di quartieri o aree specifiche, con il rischio di incorrere in inediti attriti tra la popolazione coinvolta e le nuove politiche imposte - c.d. gentrification.
Si analizzerà il titolo di Capitale Europea della Cultura (European Capital of Culture – ECoC) e la nomina di Matera quale città designata per il 2019, per due motivi principali: in confronto ad altri eventi culturali di portata nazionale ed internazionale, i programmi legati a questo evento continentale sono unici per raggio d’azione e persone coinvolte (Clark, 2010) e rappresentano una vetrina unica, che può attrarre notevoli investimenti
privati, in Italia resi ancora più convenienti e semplici attraverso il c.d. ArtBonus5; in
secondo luogo, la conquista di tale riconoscimento da parte di una città come Matera è sinonimo di una modifica paradigmatica potenzialmente storica per l’intero Paese: Matera si pone quale laboratorio di un Sud che vede nelle strategia culturali un percorso possibile di crescita urbana e sociale, prima ancora che economica, con reali possibilità di creare cluster culturali localizzati, cosi come avviene per il settore manifatturiero o tecnologico (Porter, 1998) in territori schiavi di una atavica arretratezza economica. La cultura è sempre più proposta (ed auspicata) quale driver per attivare processi positivi a lungo raggio in campo economico e sociale. Questo grazie a molte esperienze ben gestite che hanno dimostrato come possa migliorare la qualità della vita cittadina e come gli investimenti in questo settore non debbano essere connessi solo con antiche forme di mecenatismo ma devono rappresentare una chiara scelta programmatica di lungo periodo (Impact 08).
5 L’Art bonus consente un credito di imposta, pari al 65% dell’importo donato, a chi effettua erogazioni liberali a
Il titolo di Capitale Europea della Cultura, istituito nella sua forma originaria nel 19856, si è imposto come uno dei programmi di maggior successo, veicolando pratiche di riqualificazione urbana e rebranding (Clark, 2010) per molte città ed aree d’Europa. Il dimostrato aumento di visibilità e di flussi turistici ha spinto a vere e proprie gare tra territori e regioni per aggiudicarsi il titolo, non solo per l’attenzione mediatica verso il territorio vincitore ma anche per la mole di investimenti direttamente ed indirettamente attivabili. Tra gli eventi culturali di portata mondiale, essere Capitale Europea è uno dei più ambiti (Clark, 2010; Palmer/RAE 2004): a fronte di costi notevolmente minori rispetto l’Expo e di maggiore visibilità rispetto le Olimpiadi della Cultura, il noto programma di successo lanciato oltre 30 anni rappresenta un’ottima occasione per rilanciare il proprio territorio, farlo conoscere e segnare una linea di sviluppo per il futuro. Inutile dire che queste positività non sono garantite e la mala gestione di questo evento può creare danni irreparabili al tessuto sociale locale.
L’aspetto descrittivo della Capitale Europea della Cultura verrà approfondito attraverso la storia e l’evoluzione delle “capitali” nelle tre fasi (più una quarta che sta per essere lanciata) principali che hanno caratterizzato il premio dal 1985 ad oggi: una prima fase di lancio che vedeva premiate le grandi città o quelle ricche di patrimonio culturale (come ad esempio Atene, Firenze, Berlino, Parigi); una seconda con protagoniste le realtà post-industriali desiderose di trovare nuove identità (tra le altre è giusto citare Bergen, Sibiu, Liverpool, Stavanger); la terza che vede il profilarsi di un nuovo paradigma, nel quale è centrale l’aspetto progettuale e territoriale della candidatura (Essen, Turku, Umeå, Matera e cosi via).
Questa graduale ma costante evoluzione del riconoscimento mostra come le politiche di integrazione europea siano passate anche attraverso gli aspetti culturali dei singoli stati membri, quale motore del processo integrativo e non di esclusione ma anche per “ (…) la rilevanza delle attività culturali nella società e il potenziale di creazione di posti di lavoro che esse rappresentano”7.
Un esempio in questo senso è rappresentato da Glasgow 1990: oltre ad essere la prima
città vincitrice di un concorso nazionale per aggiudicarsi il titolo8, Gold & Gold (2005)
6 Un lungo approfondimento sulla genesi e l’evoluzione del titolo sarà dato nel Capitolo 2.
7 Tratto dalla descrizione del Programma “Cultura 2000” dell’Unione Europea http://eur-‐lex.europa.eu/legal-‐
content/IT/TXT/?uri=URISERV:l29006
segnalano come la principale città scozzese, dopo aver ospitato il programma europeo, abbia mostrato “(...) quali risultati possa raggiungere una città non abitualmente associata con l’arte e la cultura” (Gold & Gold, 2005 – pag. 225). Negli anni seguenti al 1990 Glasgow diventerà un esempio scolastico di come gestire la “(...) nuova ondata di rigenerazione post-industriale culture-led”, aprendo la strada alla candidatura di città non
culturalmente riconosciute9 (Garcia, Cox 2013 – pag. 40).
All’interno del quadro macroeconomico nazionale ed europeo, non è di secondaria importanza che a vincere la competizione italiana per ospitare la Capitale nel 2019 sia stata Matera, dopo Firenze (1986), Bologna (2000) e Genova (2004), portando per la prima volte il titolo nel cuore del Sud Italia.
Il successo del progetto materano non è un punto di arrivo e non basta a cancellare un
pesante divario all’interno del Paese, che sembra non diminuire10. Sarà fondamentale
sfruttare propriamente questa opportunità per far si che si attivi un sistema che permetta un perdurante sviluppo territoriale: ciò passa da una corretta governance del processo che non si esaurisce con la presentazione del dossier di candidatura. Come dimostra Greg Clark la programmazione post-evento è tanto importante quanto la fase di preparazione e il documento finale da presentare alla Giuria selezionatrice deve essere estremamente chiaro al riguardo.
Nell’analisi della candidatura e dei suoi probabili effetti, non verrà preso in considerazione solamente il doppio binario economico-sociale ma, adattando al contesto
il lessico del sociologo francese Pierre Bourdieu, anche gli aspetti culturali e simbolici11.
L’analisi del percorso di candidatura e delle ricadute a poco più di un anno dalla nomina di Matera serviranno per tracciare il quadro entro il quale si è mossa Matera e cercare di intravedere la strada che la città dei Sassi sta tracciando.
9 La riforma che indirizzerà il programma verso questa strada verrà messa in cantiere pochi anni dopo e formalizzata
con le Conclusioni 92/C 336/02 del novembre 1992. Per l’approfondimento si veda il paragrafo 2.1.2.
10 Prendendo in considerazione il solo dato quantitativo legato al PIL calcolato dallo SVIMEZ, Il divario tra
Mezzogiorno e Centro-‐Nord è evidente sia negli anni 2001-‐2007 (fase pre-‐crisi) che negli anni successivi. Nel primo caso, con un’economia europea in crescita il Mezzogiorno fa registrare un incremento del 4,2%, mentre il PIL del Centro-‐Nord cresce del 9,6%. Nel secondo, durante gli anni in cui la maggior parte dei Paesi europei è stata segnata dalla crisi economica la decrescita del PIL del Mezzogiorno (-‐13,0%) è notevolmente più pesante di quella che interessa il Centro-‐Nord (-‐7,4%).
11 Secondo Bourdieu vi sono quattro forme di capitale, intendendo come tale qualunque cosa sia accumulabile e
spendibile: vi è quello economico, quello sociale, quello culturale ed il simbolico. Una contestualizzazione ed un approfondimento saranno presenti nel Capitolo 1
Con il passare degli anni, la “costruzione” della candidatura ha assunto un peso maggiore del patrimonio culturale presenta nella città candidata e non si riceve più l’investitura per ciò che si possiede sul territorio ma per le politiche intraprese, la sostenibilità economica del progetto e la capacità di coinvolgimento del territorio circostante; si sono raffinate le modalità di gestione e controllo pre e post anno da Capitale, che devono essere previste fin dal principio della candidatura nei termini e nei modi richiesti dalla Giuria; il dossier è divenuto un documento di riferimento la cui corretta attuazione viene premiata con un
apposito premio12 dalla Commissione giudicante.
Nel caso italiano, dalle 21 città italiane che hanno presentato un primo dossier di
candidatura13 sono emerse “…progettualità di spessore” (Argano – Iasevoli, 2014) e le
esperienze consolidate nelle fase di pre-selezione hanno dato vita all’inedita iniziativa Italia201914, superando la dura competizione e un cieco campanilismo tra territori concorrenti.
La particolarità della sfida lanciata da Matera nel 2008 e conclusasi positivamente il 17 ottobre 2014, ha comportato il completo coinvolgimento di una Regione – e successivamente di una rete interregionale - che prima d’ora si era unita solamente nella
sventura15. La dimensione unitaria di tale progetto, insita in un coinvolgimento capillare
all’interno di una frammentata, seppur piccola, realtà non si è esaurita nel processo di “spinta” verso la proclamazione ma continua attraverso una comune preparazione all’anno designato. Lavorare per coinvolgere tutti i 131 comuni lucani non è stato scontato
come potrebbe apparire: la totale mancanza di infrastrutture interne16 ha sempre impedito
la creazione di progetti unitari, nonostante il basso numero di abitanti:
La popolazione residente nella regione della Basilicata ammonta a circa 578.400 alla fine del 2013, valore che rapportato alla dimensione territoriale determina una densità
12 Si tratta del Premio Melina Mercouri, dal valore massimo di 1,5 milioni di euro ed assegnato alle città che
“abbiano attuato le raccomandazioni formulate dalla giuria e dal gruppo di monitoraggio”.
13 Le città e i territori candidati erano: Aosta; Bergamo; Cagliari; Caserta; Città-‐diffusa Vallo di Diano e Cilento con la
Regione Campania e il Mezzogiorno d'Italia; Erice; Grosseto-‐Maremma; L’Aquila; Lecce; Mantova; Matera; Palermo; Perugia; Pisa; Ravenna; Reggio Calabria; Siena; Siracusa ed il Sud Est; Taranto; Urbino; Venezia con il Nordest.
14 Un approfondimento sul tema sarà presente nel Capitolo 3, dedicato alla competizione italiana
15 Si parla di eventi come il terremoto in Irpinia del 1980 o le numerose manifestazioni contro il deposito di scorie
nucleari a Scanzano (MT)
16 Come dimostra l’Atlante della competitività regionale di Unioncamere, nel 2012 la Basilicata è 19esima nella
graduatoria della dotazione infrastrutturale. La classifica completa ed eventuali approfondimento sono disponibili presso: http://www.unioncamere.gov.it/Atlante_2015/regioni/basilicata/risultati.html
demografica particolarmente bassa (parzialmente spiegabile con l’elevata presenza di zone montuose) e pari a 57,4 abitanti per kmq, dato di gran lunga inferiore al valore medio nazionale (201,2 ab./Kmq). Il grado d’urbanizzazione della regione risulta fortemente contenuto (nella graduatoria, la Basilicata si pone in 20-esima posizione): solo il 22,1% degli abitanti, infatti, risiede negli unici due comuni con popolazione superiore alle 20.000 unità (Atlante della competitività regionale, Unioncamere, 2015). Questo lavoro di comunità è stato fin da subito alla base del progetto “Matera 2019” e,
come ha puntualizzato Joseph Grima17, la sfida è stata vinta non solo grazie all’incredibile
patrimonio di cui Matera dispone, già “certificato” dall’Unesco dal 1993 ma anche grazie alla creazione di una struttura in grado di mettere a sistema ciò che c’era a disposizione, coinvolgendo trasversalmente la popolazione e impostando un discorso nuovo. L’obiettivo è che Matera (e la Basilicata) fossero il laboratorio per nuovi paradigmi di sviluppo dal basso, facendola considerare un luogo opinion leader (Adduce, Verri 2015). Il capitolo 1 definirà il contesto di riferimento, limitando la definizione di “cultura” e specificherà su quali basi si è andati a ricercare gli effetti della Capitale Europea della Cultura. Il Capitolo 2 traccerà la storia e l’evoluzione del titolo, dalle prime assegnazioni degli anni 80 fino al 2019, con un confronto tra tre città simbolo dell’evoluzione del programma e delle 3 fasi che ne hanno caratterizzato la storia, Copenaghen 1996, Livepool 2008 e Umeå 2014; il Capitolo 3 analizza la competizione italiana per ospitare la Capitale Europea del 2019, anno in condivisione con la Bulgaria, e quali siano stati i tratti salienti dei dossier di candidatura nelle due fasi di selezione; il Capitolo 4 si concentrerà sul percorso intrapreso da Matera e sul processo di costruzione del dossier che ha permesso alla città dei Sassi di superare altre realtà italiane inizialmente più
“quotate”18 con l’obiettivo di comprendere la candidatura, attraverso l’analisi dei due
dossier, i progetti messi in campo, gli obiettivi e la mission del Comitato Matera-Basilicata 2019, gli stakeholders e il rapido confronto con le altre candidature italiane; il Capitolo 5 prova ad identificare l’impatto immediato della proclamazione sui 4 capitali definiti da Bourdieu ed adattati al programma europeo e a comprendere se, a metà strada tra la proclamazione e l’anno da capitale, vi siano già linee di sviluppo tracciate e se vi
17 L’elaborato fa riferimento ad una conferenza del 12 febbraio 2015 presso l’Auditorium Gervasio di Matera 18 La shortlist dopo la prima “scrematura” era composta da 6 città finaliste: Cagliari, Lecce, Matera, Perugia,
siano le condizioni perché i processi attivabili e la legacy dell’evento siano permanenti ed a lungo tempo. A tal proposito, le ricadute turistiche sono certamente le più semplici da evidenziare: un titolo del genere porta in primo luogo un aumento del flusso turistico osservabile nella quotidianità attraverso dati e proiezioni ottenuti grazie alla collaborazione del Comitato e della Fondazione Matera – Basilicata 2019, oltre che l’aiuto di Camera di Commercio di Matera, ApT Basilicata, FederAlberghi, Università
degli Studi della Basilicata, Provincia di Matera e privati cittadini. Più complesso è
valutare il ritorno in termini economici generali, soprattutto per i settori non direttamente
coinvolti nel settore dell’ospitalità e il ritorno sociale in termini di benessere,
miglioramento della qualità della vita, internazionalizzazione e cosi via.
La Capitale Europea della Cultura ha rappresentato un modo per catalizzare le esperienze del territorio e raccogliere le esperienze e le energie attorno ad un progetto con radici nel territorio ma sguardo al resto del mondo: è un grande evento culturale, che attira gente ed investimenti dall’esterno ma che permette a chi risiede quei luoghi di ripensarne le funzioni e le attività, attraverso una presa di coscienza ed un aumento dell’orgoglio. Alcune città hanno cambiato drasticamente la loro pelle, altre hanno sfruttato l’occasione per dare la spinta decisiva a trasformazioni che erano latenti da tempo, altri ancora hanno investito molti soldi ma hanno raccolto solamente buoni risultati turistici nel breve periodo. Matera e la Basilicata avevano bisogno di questo titolo per sentirsi parte dell’Unione Europea e per avere almeno l’opportunità di dimostrare che, oltre la disoccupazione e l’assistenzialismo, esiste un Sud che crea e che è esempio per il mondo.
CAPITOLO 1
La “Cultura” come mezzo per lo sviluppo territoriale
1.1 Definizioni
La relazione tra sviluppo economico e settore culturale è tema di studio e analisi già da diversi anni, in forme via via più approfondite: all’inizio degli anni 2000 Richard Florida pubblicava un testo a cavallo tra geografia, sociologia ed economia, chiedendosi perché la “creative class” tendesse a raccogliersi in certi posti e come fosse possibile la formazione di tali cluster. I lavori di molti studiosi, di cui i più noti sono Florida, Santagata, Throsby e Benhamou – solo per citarne alcuni -, sono stati parte di un fondamentale processo che ha portato ad approfondire e migliorare i dati a disposizione per dimostrare come il driver “cultura”, preso nella sua accezione più larga, fosse importante nelle dinamiche di sviluppo territoriale.
Il Rapporto “Io Sono cultura” (AA.VV., 2015 e 2016), realizzato da Unioncamere e dalla Fondazione Symbola, è il principale lavoro, pubblicato con cadenza annuale, sulla situazione del Sistema Produttivo Culturale e Creativo italiano, considerato nella sua accezione più ampia. Nel rapporto 2016 viene in primis ribadita l’importanza del settore nel nostro paese: a questo si deve il 6,1% della ricchezza prodotta (pari a circa 90 miliardi di euro), con un effetto moltiplicatore che arriva a produrre circa 250 miliardi garantendo 1,5 milioni di posti di lavoro, non considerando gli effetti sui settori prossimi a quello culturale (ibid., 2016). Valori che, in relazione a numeri in declino degli altri settori produttivi, appaiono solidi e di riferimento per i sistemi territoriali: nonostante vi sia un’ambiguità di fondo nella definizione del perimetro, determinante al fine dei risultati finali, il Rapporto Symbola 2015 riduce il tutto a 5 ambiti di analisi, nonostante accada che “(…) nelle misurazioni del valore aggiunto culturale e creativo si considerano soltanto i primi quattro ambiti” (ivi, 2015 - pag 5):
1. performing arts e arti visive: rappresentazioni artistiche, divertimento, convegni e fiera
2. gestione del patrimonio storico-artistico: musei, biblioteche, archivi e gestione di luoghi e monumenti storici
3. industrie culturali: al cui interno sono considerati film, video, radio-tv, videogiochi e software, musica, libri e stampa
4. industrie creative: architettura, comunicazione e branding, design 5. produzione di beni e servizi creative-driven
La ricchezza prodotta dai settori presi in considerazione non è omogenea, tenendo conto che il patrimonio storico-artistico contribuisce al risultato finale solamente per circa l’1,5% ma garantendo una “(…) importante funzione di produzione e rinnovamento dei contenuti culturali” (ivi, 2015 - pag 25).
Concentrando l’attenzione sui dati disaggregati in scala territoriale, il Sud Italia rincorre il resto d’Italia, anche a causa di un farraginoso collegamento tra cultura e produzione di beni e servizi, punto di forza di aree come il Nord Est: il valore aggiunto culturale viene prodotto solamente per il 16% nel Mezzogiorno e gli occupati del settore non toccano quota 300mila unità (20% del totale nazionale); la Basilicata, in questo settore, conta poco più di 10mila occupati, meno dell’1% nazionale.
Uno dei principali problemi del Mezzogiorno d’Italia, seppur molto eterogeneo nella sua complessità, è che viene spesso affrontato unitariamente: si parla di “politiche per il Sud”, con un approccio che riduce e semplifica l’interezza dei problemi da affrontare.
E’ fondamentale evitare cautamente di curare qualunque male con la stessa medicina, utilizzando una visione di insieme solamente per delimitare il campo d’azione: un punto di partenza che ponga il Sud Italia come “soggetto territoriale in grado di misurarsi con le sfide dell’Europa allargata” (Rossi, 2005). Questo discorso di aggregazione, a fronte di un rifiuto di soluzioni unitarie, rientra in una serie di politiche che vengono richieste con sempre più insistenza da quella parte del Mezzogiorno che rifiuta ulteriori politiche di contributi a pioggia ma mette in campo progettualità e competenze specifiche, al fine di evitare una marginalizzazione, a fronte di un allargamento dell’Unione Europea (Sommella, 2007 e Sommella, 2008). L’obiettivo è imporsi come un soggetto unitario ed autonomo, che possa competere in quanto entità fisica all’interno del più ampio quadro nazionale ed europeo, anche nel settore economico e produttivo.
Nel pubblicare l’anticipazione del Rapporto Svimez 2016, l’Istituto di Ricerca sul Mezzogiorno mostra segnali incoraggianti per il Sud, con evidenti segnali di ripresa su più fronti: le regioni del Sud, nel 2015, accorciano il divario con il centro-nord con un aumento del Prodotto Interno Lordo dell’1% (media nazionale 0,7%), dopo 7 anni di continue riduzioni: questi risultati positivi, però, non metteranno nelle condizioni che si
possa “(…) disancorare il Mezzogiorno da (una spirale di) basse produttività, bassa crescita e minor benessere” (SVIMEZ 2016 - pag. 7). Da sottolineare è la crescita omogenea in tutti i settori, compresa una forte accelerazione del settore terziario (+ 0,8%) grazie alla forte spinta del turismo, aumentato nelle regioni meridionali del 6,7% rispetto al dato medio nazionale del 2,5% con un concatenato aumento della spesa turistica media. I dati più incoraggianti riguardano proprio la Basilicata, che “registra il più intenso ritmo di crescita” (ivi, pag. 13): gran parte di questo inedito risultato si deve al settore automotive, presente in regione con gli stabilimenti nuovamente a pieno regime della FCA ma i commentatori analizzano questi risultati ponendo il faro sulla capacità lucana di diversificazione della capacità produttiva: resta forte l’agricoltura, ritrova centralità la produzione industriale e l’indotto della grande industria dell’automobile ma aumenta sensibilmente il ruolo del settore terziario e dei servizi.
All’interno di politiche locali e nazionali di sviluppo del Sistema Produttivo Culturale e nell’ottica di andare a ridurre il gap con il Centro ed il Nord del Paese, è necessario essere in grado utilizzare al meglio le risorse locali e creare nuove occasioni: in quest’ottica, avvenimenti come la nomina a Capitale Europea della Cultura possono diventare un inedito volano di sviluppo che, in una sola occasione, permetta di attivare il complesso Sistema nella sua eterogeneità.
Le diverse sfaccettature del Sistema Produttivo Culturale, la cui concatenazione è dimostrata, possono essere sommate per definire un risultato finale, il cui ruolo nell’economia italiana vada “(…) oltre la mera sommatoria di occupati e valore aggiunto prodotti dalle attività pertinenti” (op. cit., 2016 - pag 124): in tale direzione sono esemplari le ricadute economiche attivate dal turismo culturale in Italia, quantificata, dal Rapporto Symbola, in circa il 37,5% della spesa turistica complessiva, per un totale di circa 30miliardi di euro. Declinando l’incidenza percentuale sul totale della spesa turistica su scala locale, il Sud Italia è al di sotto della media nazionale (30,2% contro il 37,5% complessivo) e partecipa al 22% del totale nazionale, al di sotto persino del Nord Ovest (23,6%). Netta è la prevalenza delle città d’arte su località collinari, lacuali, marine, montane, religiose e termali.
Non è un caso che proprio il Rapporto Symbola ponga, tra i casi studio, la Capitale Europea della Cultura quale acceleratore di opportunità attraverso l’esperienza materana.
La sfida di Matera e della Basilicata risulta essere anche quella di un Sud la cui ricchezze sono spesso annebbiate da una cattiva gestione o sotto utilizzazione: il progetto lanciato dal Comitato Matera 2019, portato avanti dalla Fondazione Matera-Basilicata 2019, ha subito posto la centralità della Lucania nel cuore di questo Sud Italia che vede in questo settore una vera possibilità.
Un lavoro di tessitura di una rete meridionale che è iniziato, fisiologicamente, dall’area immediatamente circostante, sempre con un occhio di riguardo alla logica competitiva della manifestazione: la città di Altamura ha risposto con una delibera di giunta per “… aderire al percorso di candidatura e percorrere questa strada insieme ad una città ed un territorio con cui ci sono molte affinità economiche, sociali e culturali oltre alla breve distanza geografica, nonostante il confine di regione che le divide. E non può essere diversamente perché la candidatura di Matera nasce e si sviluppa nel segno della partecipazione e della condivisione.”19. Altri comuni dell’area murgiana pugliese sono stati coinvolti nella costruzione di un territorio ben identificabile ma raramente percepito come unitario. Questa strategia unificante, a dispetto dell’atavico campanilismo locale, si è pian piano allargata, fino a comprendere i comuni più lontani (dall’Adriatico allo Ionio) in un’ottica di sinergia complementare per raggiungere un obiettivo sentito ormai come comune: il 2019.
Lo stesso Presidente della Regione Puglia, in una dichiarazione all’Ansa20, ha affermato
che la Puglia "potrebbe traghettare Matera 2019 come grande opportunità anche per gli altri territori della macroregione Adriatico-Ionica21 (…)Anche se Matera non fa parte della macroregione, è a 50 chilometri da Bari. Nel contesto della Eusair, la Puglia si occupa del pilastro turistico e quindi cercherà di mettere a disposizione la sua esperienza a disposizione delle altre regioni 'sorelle' “.
19 Un esempio di questo interesse può essere ritrovata al seguente link:
http://www.altamurgia.it/index.php/articoli/turismocultura/30812-‐comune-‐di-‐altamura-‐delibera-‐sostegno-‐a-‐ candidatura-‐matera-‐2019.html
20 Parte dell’intervento del Presidente della Regione Puglia al seguente link:
http://www.ansa.it/basilicata/notizie/2015/10/15/emiliano-‐cogliere-‐occasione-‐matera-‐2019_85661691-‐5354-‐4f66-‐ 90ef-‐cf688cfe0c6f.html
21 La strategia (EUSAIR -‐ EU Strategy for the Adriatic and Ionian Region), contenuta in una Comunicazione della
Commissione e in un Piano d'azione, riguarda principalmente le opportunità dell'economia marittima: "crescita blu", connettività terra-‐mare, connettività dell'energia, protezione dell’ambiente e turismo sostenibile, tutti settori destinati a svolgere un ruolo cruciale nel creare posti di lavoro e stimolare la crescita economica nella regione. http://europa.formez.it/content/eusair-‐nuova-‐strategia-‐macroregione-‐adriatica-‐e-‐ionica
La Capitale Europea della Cultura appare quindi un’occasione unica in quanto, grazie all’input “culturale” si sono attivati (e si possono attivare) programmi e progetti spesso falliti per una scarsa coesione interregionale. Il territorio diventa oggetto dell’attenzione in quanto occasione per creare un vantaggio competitivo che permetta ad un ampio territorio di trovare la propria identità di sviluppo economico e sociale.
Il primo effetto – ed anche il più facilmente evidenziabile – è quello sulle presenze turistiche nei territorio direttamente ed indirettamente coinvolti da questa operazione: il territorio direttamente coinvolte ha, nel suo complesso, diverse eccellenze già conosciute e per le quali una vetrina del genere può servire per aumentare i visitatori e provare politiche di destagionalizzazione dell’offerta turistica; l’opportunità è unica anche per il c.d. turismo di nicchia, che “da opportunità di posizionamento anche a località marginali che non hanno particolare appeal come destinazioni turistiche” (Mininno, 2005)
1.2 Gli impatti della Capitale Europea della Cultura
La Capitale Europea della Cultura rientra a pieno titolo tra gli eventi globali (Clark, 2010) cui una città può aspirare, al pari di Olimpiadi, Mondiali di calcio ed Expo.
Prendere parte al solo processo di candidatura può portare benefici alla comunità, legati alla creazione del dossier di candidatura, mostrando quell’eredità attivabile nel breve
periodo: in un testo per l’11° rapporto annuale Federculture 201522, Salvatore Adduce,
cha ha seguito da sindaco di Matera tutto il periodo di candidatura, e Paolo Verri, direttore della Fondazione Matera-Basilicata 2019, descrivono il processo parafrasando la celebre poesia di Gertrude Stein, con “un dossier è un dossier è un dossier” (pag 82); non serviva aspettare il verdetto della giuria per delineare un percorso virtuoso per la città dei Sassi. Il primo dossier, come si vedrà nel capitolo 5, è definito “politico” (pag 83) con al centro la popolazione e non lo sfruttamento a fini turistici della città.
Grandi eventi possono portare in eredità strutture fisiche, come stadi, contenitori culturali, teatri, hotel, infrastrutture per il trasporto ma anche un effetto più o meno evidente anche in altri campi trasversali attraverso una legacy il cui riverbero può avere lungo effetto nel tempo: un aumento del numero di visitatori, un riposizionamento della città, un aumento dell’orgoglio cittadino, il miglioramento del benessere sociale di una comunità attraverso
22 Open Future – Al servizio dell’Italia, al servizio dell’Europa. Il progetto Matera 2019 come esperimento per nuovi
nuove politiche pubbliche, una ambizione nel progettare eventi nel futuro di sempre maggiori richiamo e cosi via (Jago, Chalip, Brown, Mules & Ali, 2003).
Una città può legare inesorabilmente il suo nome ad un evento di portata globale garantendo un posizionamento nell’immaginario collettivo che, per motivi diversi, non è
detto sia positivo: si pensi al G8 a Genova del 200123, teatro di sanguinosi scontri e
vicende giudiziarie non ancora quietate o dei Mondiali di Calcio in programma a Doha nel 2022, già al centro di polemiche mondiali legate a corruzione e sfruttamento della
manodopera in nero24.
In ogni caso, eventi “mondiali” offrono visibilità “mondiale”, appetibilità per sponsor ed investimenti esterni, necessari per l’ottimale funzionamento della costosa macchina organizzativa, i cui costi possono essere giustificati solo in relazione ad una legacy pianificata sul lungo periodo.
Non sono rari i casi in cui grandi eventi abbiano lasciato in eredità pesanti debiti economici, sociali o mega-strutture non utilizzabili dalla popolazione residente: i Mondiali di Calcio in Brasile del 2014 hanno portato a forti scontri e lo sgombero forzato
di migliaia di abitanti da alcuni slum25, gran parte delle infrastrutture create
appositamente per le Olimpiadi di Pechino del 2008 sono oggi inutilizzate, cosi come i resort e centro congressi costruiti a La Maddalena per ospitare il G8 del 2009 è tutt’oggi una costosissima incompiuta che ferisce l’isola sarda.
In altri casi, invece il forte debito contratto è ripagato, grazie ad una continuità politica e di intenzioni, oltre che una precisa progettazione a monte: la città di Torino, che ha ospitato le Olimpiadi Invernali del 2006, e è un esempio. La concezione della città è profondamente cambiata dopo l’anno olimpico, avviando un processo di trasformazione della prima capitale d’Italia da un polo industriale in declino ad una viva città studentesca con un’offerta culturale di altissimo livello.
23 Tra i molti articoli scritti sul tema, qui viene presentata una ricostruzione inizialmente destinata al giornale inglese
Guardian, tradotta dalla redazione de l’Internazionale http://www.internazionale.it/notizie/2015/04/07/genova-‐g8-‐ inchiesta
24 Due esempi, provenienti da testate diverse sugli scandali scoppiati dopo l’assegnazione del Mondiale di Calcio
2022 nel Qatar: http://www.theguardian.com/football/2014/nov/13/fifa-‐report-‐alleged-‐corruption-‐qatar-‐2022-‐ world-‐cup e http://edition.cnn.com/2016/03/30/football/fifa-‐world-‐cup-‐qatar-‐migrant-‐worker-‐abuse-‐amnesty-‐ international/
25
http://www.repubblica.it/esteri/2014/01/26/news/brasile_duri_scontri_a_san_paolo_protesta_contro_i_mondiali _di_calcio-‐76941349/
Il solo partecipare a competizioni di cosi ampio respiro, investendo anche importanti cifre durante l’arco di candidatura – che per le recenti ECoC arriva fino a 6 anni – può avere ricadute positive sulla comunità: Newcastle, dopo aver conteso il titolo con Liverpool per UK 2008, ha concentrato i suoi sforzi su altri eventi culturali, attivando ricade per oltre 20 milioni di sterline, a fronte di un investimento intorno ai 6 milioni (Richards, Palmer 2010); discorso analogo per le 10 città polacche che hanno partecipato, senza vincere, per il titolo del 2016: stando a Sanetra-Szeliga (2013) è significativo “il cambio nel paradigma di pensare il rapporto tra cultura e sviluppo socio-economico sul piano urbano” (pag. 93). E’ comune, però, che le città sconfitte cadano in un spirale di recriminazioni e polemiche locali che non permettano di seguire – e talvolta addirittura preparare – un piano B per tenere vivo il lavoro svolto durante il lungo periodo di candidatura.
Raramente le istituzioni svolgono o commissionano ricerche su aspetti cosi volubili e difficilmente ponderabili, lasciando il campo aperto a supposizioni non sempre basate su dati: l’aspetto più comune, valido indicatore della riuscita di un evento globale è il numero di visitatori, che spenderanno in città stimoleranno un’economia innestando “(…) un effetto moltiplicatore sui redditi attraverso le supply chain collegate” (Clark, 2010 - pag. 26). Per far si che la definizione dei risultati sia quanto più vasta e corretta possibile, è fondamentale una concezione a lungo tempo dell’evento, che non si debba esaurire nell’anno di protagonismo: oltre una legacy più facilmente positiva (Clark, 2010), il lungo periodo permette di avere una visione di insieme, non considerando solo gli immediati dati economico-quantitativi.
Il primo tentativo istituzionale di tenere conto di un campo quanto più comprensivo possibile di impatti si deve a Palmer (2004) che nel suo noto Rapporto include una serie ampia di aree per valutare gli impatti: organizzazione; obiettivi; impatto culturale; marketing e comunicazione; impatto economico; impatto turistico; legacy ed effetti a lungo termine.
Il successivo programma di ricerca, appositamente creato dall’Università di Liverpool per valutare la capitale inglese del 2008, chiamato Impact08, aggiunge indicatori come l’accessibilità culturale, la partecipazione alla vita culturale, atmosfera creativa, percezione della città e cosi via (Richards, Marques 2015).
Sacco e Blessi (2007) prendono in considerazione la crescita a lungo termine di diversi capitali (umano, sociale, simbolico, naturale etc) nel sistema urbano, calcolati per mezzo di interviste, questionari e dati osservabili.
Per semplificare il campo, usiamo in questa sede la forma “impatto” in quanto neutra, per indicare una relazione tra la manifestazione e un ambiente di riferimento: bisogna tenere conto che l’effetto può essere deleterio per la società o mal amministrato, portando a storture talvolta irrimediabili.
Prendendo spunto dalla teoria del sociologo e filosofo Pierre Bourdieu, che allarga la logica economica agli aspetti sociale, definendo quattro forme di capitale:
• economico (composto dai beni economici accumulabili) • sociale (fatto dalle relazioni e dalle reti di conoscenza)
• culturale (habitus, stile di vita e possibilità di accesso a beni culturali) • simbolico (insieme di simboli)
Questi capitali sono “convertibili l’uno nell’altro, nel senso che chi ha la cultura (capitale
culturale) può tradurla in denaro (capitale economico), e cosi via” (Fusaro, Mangiarini26).
Questa classificazione, se ampliata e modificata in qualche contenuto, può essere molto utile per classificare gli impatti della Capitale Europea della Cultura.
1.2.1 Impatto economico
Il dimostrato impatto economico legato al programma culturale di una ECoC assume un peso notevole nel recente inasprimento della competizione che porta all’aggiudicarsi il titolo: si stima un valore tra i 40 milioni di € (Bruges 2002) e il miliardo di euro per l’iconico Liverpool 2008 (Richards, Marques 2015).
Il primo motivo di un evidente impatto economico è legato alle ricadute turistiche: le evidenze mostrano come questo sia una costante, sta al governo del singolo sistema se di breve, medio o lungo periodo. Aumentando l’attrattività di una città aumenta anche la sua capacità di attrarre investimenti, specialmente nel campo dei servizi. Questo garantisce uno spillover nei confronti dell’indotto.
26 Una rapida e sintetica panoramica sulla vita e le opere del filosofo e sociologo francese si veda il seguente link:
1.2.2 Impatto sociale
L’effetto in quest’area non è giustificato da dati empirici ma, un aumento dei consumi
culturali porta ad un miglioramento dei valori del benessere urbano27, declinato nelle sue
12 dimensioni: salute, istruzione e formazione, lavoro e conciliazione tempi di vita, benessere economico, relazioni sociali, politica e istituzioni, sicurezza, benessere soggettivo, paesaggio e patrimonio culturale, ambiente, ricerca e innovazione, qualità dei servizi.
Gli effetti positivi sono sia per i cittadini, soggetti e spettatori degli scambi proficui all’interno del sistema, quanto per la città, intesa come insieme di chi la abita: in fatto di relazioni, la città vincitrice, cosi come quelle candidate, entrano a far parte di reti nazionali e sovra-nazionali che permettono di accedere ad ulteriori possibilità; inoltre, la legacy di questo grande evento ha effetti anche sulla politica locale, che per raggiungere il risultato, deve attivare una serie di buone pratiche che possono mutare la concezione di establishment. Un effetto concreto può essere il maggior coinvolgimento della popolazione nei processi decisionali o la volontà di partecipare a competizioni sempre più complesse, grazia ad una sopraggiunta coscienza unitaria: aumenta il “know how” competitivo del territorio, prima ancora che delle amministrazioni (Clark, 2010).
1.2.3 Impatto culturale
Trattandosi di un evento che pone al centro del suo programma la dimensione europea della cultura nazionale, l’impatto in termini culturali deve essere citato per primo: l’effetto benefico si mostra sul sistema culturale esistente e sulla futura programmazione dell’attività culturale cittadina e locale. Le esperienze mostrano come l’attività di networking tra istituzioni culturali aumentino nell’anno designato e tendano a decrescere negli anni successivi, restando comunque superiori a livelli pre-designazione.
Politiche di audience development devono affiancare un programma ben costruito, avendo come obiettivo l’allargamento del bacino di utenza, contemporaneamente ad un aumento dell’orgoglio cittadino può essere annoverato in questa categoria, talvolta
27 l progetto per misurare il benessere equo e sostenibile, nato da un’iniziativa congiunta del Cnel e dell’Istat, si
inquadra nel dibattito internazionale sul “superamento del Pil”, alimentato dalla consapevolezza che i parametri sui quali valutare il progresso di una società non possano essere esclusivamente di carattere economico, ma debbano tenere conto anche delle fondamentali dimensioni sociali e ambientali del benessere, corredate da misure di diseguaglianza e sostenibilità.
declinato nel suo aspetto negativo a causa di derive identitarie. Diversi studiosi indirizzano il loro lavoro su questo aspetto più difficilmente analizzabile ma di primaria importanza (Richards, De Brito & Wilk, 2013).
1.2.4 Impatto simbolico
L’orgoglio che scaturisce dalla vittoria porta ad inediti momenti di unione comunitaria, dinamica constatata in tutte le Capitali elette. Questo sentimento può essere utilizzata come grimaldello per attivare processi partecipati dal “basso” e, se ben amministrato, può spingere la città a raggiungere risultati oltre le aspettative.
Anche l’immagine della città tende a migliorare, sia dal punto di vista interno che esterno, portando la città tra le scelte legate al turismo culturale, che rappresenta una importante fetta del totale, composta da un target ben auspicato dalle amministrazioni locali.
Questi aspetti non sono secondari nell’attivazione di dinamiche più ampie, il cui effetto è evidente in termini di “indotto”: l’aumento ed il miglioramento qualitativo degli investimenti economici interni ed esterni al sistema locale passano soprattutto attraverso il sentimento d’orgoglio, il cui eco è immediato anche nel benessere sociale ed urbano.
CAPITOLO 2
Storia e funzionamento del programma “Capitale Europea della Cultura”
2.1 Cenni storici
La “Capitale Europea della Cultura”, il più ambizioso e vasto progetto di cooperazione culturale mosso dal continente europeo, nasce da una proposta/provocazione lanciata in un aeroporto di Atene nel 1984 (European Capitals of Culture: the road to success From 1985 to 2010). L’allora Ministro greco della Cultura Melina Mercouri, discutendo con il reciproco francese Jack Lang, constatava con amarezza quante poche occasioni di confronto culturale vi erano nell’allora scenario europeo e come l’Unione passasse inevitabilmente per questi momenti di comunità culturale.
Il progetto nasce pochi mesi dopo questo incontro, con l’obiettivo di promuovere e celebrare la diversità culturale della nascente Europa; con il passare degli anni ospitare la Capitale Europea della Cultura è diventata un’opportunità per rigenerare città e sistemi locali, con un processo di arricchimento sociale ed economico che nasce nel campo
culturale ma che coinvolge ogni aspetto della vita del territorio coinvolto28. Oggi la
Capitale Europea della Cultura giustifica importanti investimenti infrastrutturali, ben oltre le spese operative preventivate per portare a termine gli eventi inseriti nel programma culturale dell’anno designato ed innescare effetti economico-sociali a lungo termine per la città e il territorio circostante (European Communities, 2009).
2.1.1 Origine del programma
Il sistema oggi conosciuto come “Capitale Europea della Cultura” si è evoluto notevolmente dal 1985 ad oggi, fino a diventare una delle iniziative europee di maggior successo e coinvolgimento popolare: il programma nasce grazie al Ministro greco della Cultura Melina Mercouri, che nel 1984 proponeva al Consiglio d’Europa un progetto destinato ad unire e forgiare l’identità europea, intervenendo sull’aspetto culturale, fino ad allora scarsamente coinvolto dalle politiche europee, fin dal principio (Gold and Gold 2005). L’idea che anima il premio, nonostante le modifiche procedurali degli anni, è rimasta invariata: collegare i Paesi membri in uno scambio comune di saperi e modi di
28 Summary of the European Commission conference “Celebrating 25 years of European Capital of Culture” –
vivere, per forgiare un sentimento europeo attraverso le diversità che compongono l’unione.
2.1.2 Le fasi legislative
Il testo della Risoluzione dei ministri responsabili degli affari culturali, riuniti in sede di Consiglio europeo il 13 giugno 1985, relativa all’organizzazione annuale della manifestazione “Città Europea della Cultura” 85/C 153/02 metteva le basi per quella che, dopo diverse modifiche alla forma ma mai alla sostanza, è diventata la struttura dell’odierna “Capitale Europea della Cultura – European Capital of Culture”.
Questo primo documento, redatto in un periodo di forte instabilità29 geopolitica, è il primo
tentativo di costruzione di una identità comune nel campo della cooperazione culturale europea, con l’obiettivo di “rendere accessibile al pubblico europeo aspetti particolari della cultura della città, della regione o del paese interessato”.
Riguardo i termini di selezione e gli oneri di partecipazione, la prima risoluzione non propone delle linee guida da seguire per investire una città del titolo: sarebbe stata selezionata una sola “Città Europea della Cultura” con un anticipo di due anni “(…) affinchè possano essere prese le opportune disposizioni”30; in questa fase del progetto, inaugurato da Atene come prima Capitale, non era prevista una “gara” interna di aggiudicazione e gli Stati si sarebbero susseguiti in ordine cronologico garantendo una
rotazione tra i membri31, con un generico confronto inter-statale sullo stato dell’arte degli
avanzamenti della programma.
La Capitale Europea della Cultura è un processo in divenire e prova ne sono le diverse modifiche procedurali che si sono susseguite per garantire una azione più incisiva del programma ed una ampliamento ed approfondimento delle legacy: l’importanza di questa risoluzione risiede nella storicità della messa in opera dei lavori, in un periodo storico durante il quale una forte instabilità politica obbligava la nascente Unione ad approfondire un discorso di integrazione e comunità, per fare si che gli Stati riuniti non fossero semplice cuscinetto tra Est ed Ovest ma un soggetto terzo con una chiara identità.
29 Gorbacev sarà nominato segretario del PCUS nello stesso 1985 e, un anno dopo, Spagna e Portogallo entreranno
a far parte della CEE.
30 Risoluzione 85/C 153/02 del 13 giugno 1985. Documento consultabile e scaricabile presso http://eur-‐
lex.europa.eu/legal-‐content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:41985X0622&from=EN (ultima visualizzazione 13/01/2016)
31 E’ importante tenere a mente che “l’Europa” politica, nel 1985, era formata 10 Stati Membri (in ordine di ingresso
L’appetibilità del programma e degli investimenti ad esso connesso diventeranno ulteriore occasione di avvicinamento quando, anni dopo la caduta dell’Unione Sovietica, verranno nominati Capitale Europea della Cultura le città di paesi appartenuti all’ex blocco sovietico, come Repubblica Ceca e Polonia (Praga e Cracovia, nel 2000).
Per quanto riguarda l’aspetto formale, una prima modifica arrivava con le Conclusioni dei Ministri della Cultura riuniti in sede di Consiglio del 12 novembre 1992 sulla procedura per la designazione della Città europea della cultura32; considerando il sostanziale aumento dei paesi membri, i ministri della cultura ritennero opportuno “(…) disporre di una procedura più precisa per la designazione delle città”, istituzionalizzando ancora di più un esperimento che aveva già portato ottimi risultati. Tra le altre, tre erano le principali novità:
• Venivano fissati nuovi termini temporali ben definiti per la designazione delle città (sei anni prima dell’anno preposto).
• La procedura di selezione passava gradualmente nelle mani dello Stato ospitante. • Veniva introdotto il documento programmatico (il dossier di candidatura) come
base per la selezione.
Queste modifiche recepivano una prassi che si stava consolidando nell’esperienza: il Regno Unito, con Glasgow 1990, ha per la prima volta proposto una competizione interna e concesso maggior tempo alla città per mettere a punto il programma degli eventi (Garcia, Cox 2013), divenendo il primo esempio di programmazione a lungo termine per diluire gli effetti positivi sul territorio.
Nel 1999, per mezzo della decisione 1219/1999/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 25 maggio 1999 riguardante un’azione comunitaria a favore della manifestazione «La capitale europea della cultura» per gli anni dal 2005 al 201933, il titolo raggiunse la propria maturità e riconoscibilità:
• Veniva modificato il nome del titolo da “Città Europea della Cultura” all’attuale “Capitale Europea della Cultura”, specificando la nuova lista d’attesa da seguire nelle candidature ed i nuovi criteri di pianificazione e valutazione, mantenendo
32 Conclusioni 92/C 336/02 del 12 novembre 1992. Documento consultabile e scaricabile presso http://eur-‐
lex.europa.eu/legal-‐content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:41992X1219(01)&from=EN (ultima visualizzazione 13/01/2016)
33 Decisione 1219/1999/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 25 maggio 1999 riguardante un’azione
comunitaria a favore della manifestazione «La capitale europea della cultura» per gli anni dal 2005 al 2019 http://eur-‐lex.europa.eu/legal-‐content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:31999D1419&from=EN (ultima visualizzazione 13/01/2016)
inalterata la visione dello spirito originario della manifestazione volto alla
condivisione ed all’unificazione34.
• Si richiamava l’attenzione alla “dimensione europea” del dossier da presentare, mettendo in coda ai criteri di valutazione il patrimonio storico della città candidata (art. 3);
• Il programma assumeva lo status di azione comunitaria, a riprova dalla bontà dell’azione originaria del ministro Mercouri.
• Veniva introdotta una giuria con il compito di “(…) elaborare una relazione sulla o sulle candidature presentate alla luce degli obiettivi e delle caratteristiche dell’azione”, ponendo fin dal momento di candidatura una enfasi all’aspetto progettuale del programma (art. 2) e si introduceva una “relazione valutativa dei risultati della manifestazione” da presentare al Parlamento Europeo.
• Si apriva la competizione anche a Paesi non membri dell’Unione Europea – la Norvegia ospiterà il titolo nel 2008.
Ulteriore passo avanti verso la forma “finale” del programma si è avuto con la Decisione 1822/2006/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 24 ottobre 2006 che istituisce un’azione comunitaria a favore della manifestazione “Capitale Europea della Cultura” per gli anni dal 2007 al 2019, che mira a correggere alcune difficoltà emerse dal documento del 1999, specificando tutti gli aspetti del processo di selezione, compreso l’oggetto del riconoscimento, i termini temporali e le necessarie valutazioni pre/post anno di nomina.
Il testo del 2006 si apre un rifermento all’importante studio della Palmer/RAE Associates che ha analizzato nello specifico lo sviluppo del programma nelle diverse città capitale, dimostrando come vi siano delle “(…) ripercussioni positive per la risonanza data dai mezzi di comunicazione, lo sviluppo culturale e turistico e il riconoscimento da parte degli abitanti dell'importanza del fatto che la loro città sia stata nominata”. Il Rapporto, che indirizzerà con forza la politica comunitaria in materia, sottolinea come fino a quel punto fosse mancata la gestione a lungo termine degli effetti positivi, attutendo quelli potenzialmente a lungo termine; si prova ad ovviare a questa problematica rafforzando il
34 Un nuovo framework per le iniziative tra il 2020 e il 2033 è stato da poco pubblicato ed è disponibile al seguente
programma di controllo con relazioni esterne ed indipendenti agli organi locali e nazionali (art. 12).
Le principali novità risiedono, quindi, in aspetti formali più che di processo: • l’allargamento della Giuria da 7 a 13 membri
• la specificazione dei principali criteri di valutazione - “Dimensione europea”, “Città e cittadini” e sostenibilità economica e sociale.
• La formalizzazione della “doppia” selezione, con una preselezione nazionale per ridurre il numero delle città che hanno mostrato interesse (la c.d. shortlist), e la selezione finale tra le città che hanno superato il primo turno.
• Novità di rilievo è l’istituzione di un premio pecuniario in onore di Melina Mercouri, che la Commissione conferisce “(…) alle città nominate (…) purchè soddisfino i criteri stabiliti (…) e abbiano attuato le raccomandazioni formulate dalla giuria e dal gruppo di monitoraggio e consulenza”. Nell’autunno 2012 la Commissione europea ha assegnato tale premio, dal valore di 1,5 milioni di €, alle città nominate per l’anno 2013, vale a dire Marsiglia e Košice.
Uno degli allegati alla Decisione 1822/2006/CE presentava l’ordine aggiornato delle nazioni a cui spetta ospitare il titolo. Come di prassi, le città destinate ad essere investite del titolo sono due per ogni anno. Nel 2008, oltre al Regno Unito con Liverpool, sarà presente la Norvegia con Stavanger.
Fig. 2.1: tabella tratta dell’allegato alla Decisione 1822/2006/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 24 ottobre 2006 che mostra l’ordine di presentazione delle designazioni a “Capitale Europea della cultura”.
2.1.3 La Capitale Europea della Cultura: evoluzione del titolo
Il problema principale del titolo di Città Europea della Cultura dal 1985 al 1999 era la totale mancanza di un sistema di controllo, il che non permetteva una marcata incidenza post-evento sullo sviluppo economico, culturale e sociale del territorio. Mentre gli effetti di breve periodo sono facilmente riscontrabili ed apprezzabili e, una volta ottenuto il titolo, abbastanza prevedibili, i risultati sul medio-lungo periodo necessitano di una gestione che deve inevitabilmente essere insita nell’evento ma avere la possibilità di svilupparsi indipendentemente lungo direttrici differenti.
Il programma culturale europeo che si sta analizzando in questo elaborato nasceva con una precisa quanto lungimirante idea unitaria - la cui presenza nei dossier di candidatura è tutt’ora discriminante in fase di valutazione - ma non era in alcun modo previsto un sistema di controllo e monitoraggio: questo faceva si che l’azione svolta si esaurisse nell’anno designato e che fosse impossibile discernere le nuove linee di sviluppo da altre già esistenti riattivate. In questo modo era difficile dimostrare empiricamente quanto questa opportunità fosse utile in ottica di sviluppo locale per i vari territori che l’hanno ospitata, concedendo la spalla ad eventuali detrattori.
Le opportunità e le sfide delle diverse città capitali nel corso di questi anni sono state oggetto di diversi studi, che ne hanno mostrato gli evidenti vantaggi nei diversi settori: a seconda di quale sia stato l’obiettivo della candidatura e le linee di gestione della stessa, si parla di effetti a livello economico, con un incremento dei flussi turistici, l’attrazione di investimenti dell’esterno, il potenziamento delle infrastrutture esistenti, a livello socio-culturale, con l‘eredità legata ai processi di audience development, risultato di politiche non mirate alla semplice creazione di un “eventificio”, poiché la frenesia di voler organizzare troppi eventi, includendo “qualcosa per tutti” porta ad una inevitabile confusione e perdita del focus principale della candidatura, problema comune riscontrato più volte dagli analisti (Palmer/Rae, 2004).
Un sistema di monitoraggio in itinere può aiutare le città nel processo di avvicinamento all’anno da Capitale, identificando per tempo altre problematiche, oltre quelle legate alla gestione di lungo periodo dei risultati: si possono prevedere interventi legati agli equilibri della governance locale, che deve accordare manager, istituzioni e bisogni dei cittadini; può essere monitorato il grado di soddisfazione di questi ultimi, spesso indirettamente coinvolti attraverso azioni di rigenerazione urbana che possono modificare