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La capitale europea della cultura: la gestione del progetto Matera 2019

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Academic year: 2021

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Università Ca’ Foscari Venezia

Corso di laurea magistrale in Economia e Gestione delle Arti e delle

Attività Culturali (EGart)

TESI DI LAUREA

La Capitale Europea della Cultura: la gestione del progetto Matera 2019

Relatore:

Candidato:

Ch. Prof. Pieremilio Ferrarese

Mauro Acito

Matricola 853233

Correlatore:

Ch. Prof. Carmelo Alberti

(2)

Pagina

INTRODUZIONE………...4

Capitolo 1 La “Cultura” come mezzo per lo sviluppo territoriale……….. 11

1.1 Definizioni………... 11

1.2 Gli impatti della Capitale Europea della Cultura……… 15

1.2.1 Impatto economico………. 18

1.2.2 Impatto sociale……… 19

1.2.3 Impatto culturale………. 19

1.2.4 Impatto simbolico………... 20

Capitolo 2 Storia e funzionamento della Capitale Europea della Cultura……….….21

2.1 Cenni storici……….21

2.1.1 Origine del programma……….…21

2.1.2 Le fasi legislative……….….22

2.1.3 La Capitale Europea della Cultura: evoluzione del titolo……….26

2.2 I numeri di una Capitale Europea……….…….30

2.2.1 Le dimensioni di una ECoC……….….30

2.2.2 Correre per il successo………..31

2.2.3 I costi e le fonti di finanziamento……….35

2.3 Gli effetti e le ricadute di breve e lungo termine……….39

Capitolo 3 Conoscere per imparare: tre Capitale Europee della Cultura………..43

3.1 Copenaghen 1996………...…...44

3.2 Liverpool 2008……….……47

(3)

Capitolo 4

L’Italia e la sfida al 2019: breve analisi delle candidature……….56

4.1 Cenni generali………..56

4.2 Focus point:“guida per le città candidate” e “Modulo di candidatura”...57

4.2.1 La guida per le città candidate……….57

4.2.2 Il modulo di candidatura………..58

4.3 Le fasi della candidatura………...60

4.3.1 La pre-selezione per Italia 2019………...61

4.3.2 La valutazione delle 21 candidate………63

4.3.3 La seconda fase: la shortlist……….68

4.3.4 L’analisi delle 5 finaliste……….69

4.3.4.1 Cagliari………....75

4.3.4.2 Lecce………...78

4.3.4.3 Perugia………82

4.3.4.4 Ravenna………...85

4.3.4.5 Siena………89

4.4 La Capitale italiana della Cultura………91

Capitolo 5 Il progetto Matera 2019. “Al servizio dell’Italia, al servizio dell’Europa”…………92

5.1 Dove nasce la candidatura………....92

5.2 La storia di Matera 2019: dal 2008 al 17 ottobre 2014………....95

5.3 Raccontare il processo: i dossier……….103

5.3.1 INSIEME: il primo dossier di candidatura……….105

5.3.2 OPEN FUTURE: il secondo dossier di candidatura…………...114

Capitolo 6 Gli Impatti di Matera 2019: 2 anni dopo, 2 anni prima………129

6.1 La visualizzazione temporale degli impatti………130

6.2 Le ricadute su Matera dopo la nomina………....133

CONCLUSIONI………..145

(4)

INTRODUZIONE

La contingenza economica internazionale degli ultimi anni, il cui riverbero desta ancora timori sui mercati, ha influito in modo ponderante sulle politiche economiche e sociali degli Stati. E’ indubbio che molte scelte politiche a livello nazionale e locale siano dipese da una pesante e prolungata stagnazione economica, oltre che da scelte di indirizzo dei vari Governi succedutisi. Il settore culturale ne ha particolarmente risentito: il bilancio del ministero dei Beni e delle attività culturali è passato dai 2,7 miliardi di euro del 2001 (lo 0,37 per cento del bilancio totale dello stato) a 1,5 miliardi previsti per il 2013 (appena

lo 0,2 per cento del bilancio dello Stato)1.

Le recenti parole del Ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Dario

Franceschini, sembrano però di buono auspicio per il settore2, con il bilancio complessivo

del MiBACT che sale a 2,1 miliardi.

E’ ormai da tempo che amministratori, studiosi, sociologi ed economisti utilizzano con sempre maggiore flessibilità il concetto di “cultura”, quale chiave di sviluppo locale e nazionale. L’esperienza di molti Paesi europei che hanno concentrato risorse non solo nella conservazione e tutela dei beni ma anche nella produzione e nella messa a sistema del patrimonio culturale è d’esempio per la creazione di un valore aggiunto per il territorio e per l’indotto economico circostante, implementando le risorse che si hanno a disposizione con investimenti mirati e ponderati.

Nonostante i problemi economici e politici del “sistema” culturale italiano, il Belpaese deve fare i conti anche con difficoltà gestionali dovute alla inimitabile quantità di siti Unesco, Musei, reperti e beni culturali, che rende complesso gestire e canalizzare

correttamente gli investimenti3 e con una difficoltà di aggiornamento della rete museale

che, a causa delle scarse informazioni web e della mancanza di nuove progettualità,

allontana i musei italiani dai primi posti delle classifiche di settore4.

                                                                                                               

1  Per  esemplificare,  si  presenta  un  articolo  dell’ottobre  2013  i  cui  dati  sono  interessanti  perché  di  relativi  al  periodo  

in  cui  le  candidate  italiane  erano  in  piena  corsa  per  il  titolo:  http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/10/08/con-­‐ cultura-­‐si-­‐mangia-­‐in-­‐italia-­‐fattura-­‐di-­‐80-­‐miliardi-­‐ma-­‐arrivano-­‐solo-­‐tagli/736076/  

2  http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2015-­‐12-­‐26/cultura-­‐bilancio-­‐mibact-­‐2016-­‐sale-­‐21-­‐miliardi-­‐

142508.shtml?uuid=ACJsz0zB&fromSearch  

3  Il  riferimento  è  al  medesimo  articolo  citato  nella  nota  1.  

(5)

Perché il focus di questo lavoro sia definito, è opportuno scremare la complessa definizione di “cultura”, riducendola ad una sua manifestazione, l’evento culturale, a sua volta declinato in uno specifico ben circoscritto: l’obiettivo è individuare il percorso che permetta alle città candidate ad ospitare la Capitale Europea della Cultura di avere effetti positivi di medio-lungo termine sul territorio di riferimento; quale deve essere il rapporto tra i vari stakeholders locali e nazionali per garantire un equilibrio duraturo; fino a che

punto un evento di grande richiamo giustifichi alti costi non solo economici ma anche

sociali, spesso attraverso una programmazione di ampio respiro che prevede la riqualificazione di quartieri o aree specifiche, con il rischio di incorrere in inediti attriti tra la popolazione coinvolta e le nuove politiche imposte - c.d. gentrification.

Si analizzerà il titolo di Capitale Europea della Cultura (European Capital of Culture – ECoC) e la nomina di Matera quale città designata per il 2019, per due motivi principali: in confronto ad altri eventi culturali di portata nazionale ed internazionale, i programmi legati a questo evento continentale sono unici per raggio d’azione e persone coinvolte (Clark, 2010) e rappresentano una vetrina unica, che può attrarre notevoli investimenti

privati, in Italia resi ancora più convenienti e semplici attraverso il c.d. ArtBonus5; in

secondo luogo, la conquista di tale riconoscimento da parte di una città come Matera è sinonimo di una modifica paradigmatica potenzialmente storica per l’intero Paese: Matera si pone quale laboratorio di un Sud che vede nelle strategia culturali un percorso possibile di crescita urbana e sociale, prima ancora che economica, con reali possibilità di creare cluster culturali localizzati, cosi come avviene per il settore manifatturiero o tecnologico (Porter, 1998) in territori schiavi di una atavica arretratezza economica. La cultura è sempre più proposta (ed auspicata) quale driver per attivare processi positivi a lungo raggio in campo economico e sociale. Questo grazie a molte esperienze ben gestite che hanno dimostrato come possa migliorare la qualità della vita cittadina e come gli investimenti in questo settore non debbano essere connessi solo con antiche forme di mecenatismo ma devono rappresentare una chiara scelta programmatica di lungo periodo (Impact 08).

                                                                                                               

5  L’Art  bonus  consente  un  credito  di  imposta,  pari  al  65%  dell’importo  donato,  a  chi  effettua  erogazioni  liberali  a  

(6)

Il titolo di Capitale Europea della Cultura, istituito nella sua forma originaria nel 19856, si è imposto come uno dei programmi di maggior successo, veicolando pratiche di riqualificazione urbana e rebranding (Clark, 2010) per molte città ed aree d’Europa. Il dimostrato aumento di visibilità e di flussi turistici ha spinto a vere e proprie gare tra territori e regioni per aggiudicarsi il titolo, non solo per l’attenzione mediatica verso il territorio vincitore ma anche per la mole di investimenti direttamente ed indirettamente attivabili. Tra gli eventi culturali di portata mondiale, essere Capitale Europea è uno dei più ambiti (Clark, 2010; Palmer/RAE 2004): a fronte di costi notevolmente minori rispetto l’Expo e di maggiore visibilità rispetto le Olimpiadi della Cultura, il noto programma di successo lanciato oltre 30 anni rappresenta un’ottima occasione per rilanciare il proprio territorio, farlo conoscere e segnare una linea di sviluppo per il futuro. Inutile dire che queste positività non sono garantite e la mala gestione di questo evento può creare danni irreparabili al tessuto sociale locale.

L’aspetto descrittivo della Capitale Europea della Cultura verrà approfondito attraverso la storia e l’evoluzione delle “capitali” nelle tre fasi (più una quarta che sta per essere lanciata) principali che hanno caratterizzato il premio dal 1985 ad oggi: una prima fase di lancio che vedeva premiate le grandi città o quelle ricche di patrimonio culturale (come ad esempio Atene, Firenze, Berlino, Parigi); una seconda con protagoniste le realtà post-industriali desiderose di trovare nuove identità (tra le altre è giusto citare Bergen, Sibiu, Liverpool, Stavanger); la terza che vede il profilarsi di un nuovo paradigma, nel quale è centrale l’aspetto progettuale e territoriale della candidatura (Essen, Turku, Umeå, Matera e cosi via).

Questa graduale ma costante evoluzione del riconoscimento mostra come le politiche di integrazione europea siano passate anche attraverso gli aspetti culturali dei singoli stati membri, quale motore del processo integrativo e non di esclusione ma anche per “ (…) la rilevanza delle attività culturali nella società e il potenziale di creazione di posti di lavoro che esse rappresentano”7.

Un esempio in questo senso è rappresentato da Glasgow 1990: oltre ad essere la prima

città vincitrice di un concorso nazionale per aggiudicarsi il titolo8, Gold & Gold (2005)

                                                                                                               

6  Un  lungo  approfondimento  sulla  genesi  e  l’evoluzione  del  titolo  sarà  dato  nel  Capitolo  2.  

7  Tratto  dalla  descrizione  del  Programma  “Cultura  2000”  dell’Unione  Europea  http://eur-­‐lex.europa.eu/legal-­‐

content/IT/TXT/?uri=URISERV:l29006  

(7)

segnalano come la principale città scozzese, dopo aver ospitato il programma europeo, abbia mostrato “(...) quali risultati possa raggiungere una città non abitualmente associata con l’arte e la cultura” (Gold & Gold, 2005 – pag. 225). Negli anni seguenti al 1990 Glasgow diventerà un esempio scolastico di come gestire la “(...) nuova ondata di rigenerazione post-industriale culture-led”, aprendo la strada alla candidatura di città non

culturalmente riconosciute9 (Garcia, Cox 2013 – pag. 40).

All’interno del quadro macroeconomico nazionale ed europeo, non è di secondaria importanza che a vincere la competizione italiana per ospitare la Capitale nel 2019 sia stata Matera, dopo Firenze (1986), Bologna (2000) e Genova (2004), portando per la prima volte il titolo nel cuore del Sud Italia.

Il successo del progetto materano non è un punto di arrivo e non basta a cancellare un

pesante divario all’interno del Paese, che sembra non diminuire10. Sarà fondamentale

sfruttare propriamente questa opportunità per far si che si attivi un sistema che permetta un perdurante sviluppo territoriale: ciò passa da una corretta governance del processo che non si esaurisce con la presentazione del dossier di candidatura. Come dimostra Greg Clark la programmazione post-evento è tanto importante quanto la fase di preparazione e il documento finale da presentare alla Giuria selezionatrice deve essere estremamente chiaro al riguardo.

Nell’analisi della candidatura e dei suoi probabili effetti, non verrà preso in considerazione solamente il doppio binario economico-sociale ma, adattando al contesto

il lessico del sociologo francese Pierre Bourdieu, anche gli aspetti culturali e simbolici11.

L’analisi del percorso di candidatura e delle ricadute a poco più di un anno dalla nomina di Matera serviranno per tracciare il quadro entro il quale si è mossa Matera e cercare di intravedere la strada che la città dei Sassi sta tracciando.

                                                                                                               

9  La  riforma  che  indirizzerà  il  programma  verso  questa  strada  verrà  messa  in  cantiere  pochi  anni  dopo  e  formalizzata  

con  le  Conclusioni  92/C  336/02  del  novembre  1992.  Per  l’approfondimento  si  veda  il  paragrafo  2.1.2.  

10  Prendendo  in  considerazione  il  solo  dato  quantitativo  legato  al  PIL  calcolato  dallo  SVIMEZ,  Il  divario  tra  

Mezzogiorno  e  Centro-­‐Nord  è  evidente  sia  negli  anni  2001-­‐2007  (fase  pre-­‐crisi)  che  negli  anni  successivi.  Nel  primo   caso,  con  un’economia  europea  in  crescita  il  Mezzogiorno  fa  registrare  un  incremento  del  4,2%,  mentre  il  PIL  del   Centro-­‐Nord  cresce  del  9,6%.  Nel  secondo,  durante  gli  anni  in  cui  la  maggior  parte  dei  Paesi  europei  è  stata  segnata   dalla  crisi  economica  la  decrescita  del  PIL  del  Mezzogiorno  (-­‐13,0%)  è  notevolmente  più  pesante  di  quella  che   interessa  il  Centro-­‐Nord  (-­‐7,4%).  

11  Secondo  Bourdieu  vi  sono  quattro  forme  di  capitale,  intendendo  come  tale  qualunque  cosa  sia  accumulabile  e  

spendibile:  vi  è  quello  economico,  quello  sociale,  quello  culturale  ed  il  simbolico.  Una  contestualizzazione  ed  un   approfondimento  saranno  presenti  nel  Capitolo  1  

(8)

Con il passare degli anni, la “costruzione” della candidatura ha assunto un peso maggiore del patrimonio culturale presenta nella città candidata e non si riceve più l’investitura per ciò che si possiede sul territorio ma per le politiche intraprese, la sostenibilità economica del progetto e la capacità di coinvolgimento del territorio circostante; si sono raffinate le modalità di gestione e controllo pre e post anno da Capitale, che devono essere previste fin dal principio della candidatura nei termini e nei modi richiesti dalla Giuria; il dossier è divenuto un documento di riferimento la cui corretta attuazione viene premiata con un

apposito premio12 dalla Commissione giudicante.

Nel caso italiano, dalle 21 città italiane che hanno presentato un primo dossier di

candidatura13 sono emerse “…progettualità di spessore” (Argano – Iasevoli, 2014) e le

esperienze consolidate nelle fase di pre-selezione hanno dato vita all’inedita iniziativa Italia201914, superando la dura competizione e un cieco campanilismo tra territori concorrenti.

La particolarità della sfida lanciata da Matera nel 2008 e conclusasi positivamente il 17 ottobre 2014, ha comportato il completo coinvolgimento di una Regione – e successivamente di una rete interregionale - che prima d’ora si era unita solamente nella

sventura15. La dimensione unitaria di tale progetto, insita in un coinvolgimento capillare

all’interno di una frammentata, seppur piccola, realtà non si è esaurita nel processo di “spinta” verso la proclamazione ma continua attraverso una comune preparazione all’anno designato. Lavorare per coinvolgere tutti i 131 comuni lucani non è stato scontato

come potrebbe apparire: la totale mancanza di infrastrutture interne16 ha sempre impedito

la creazione di progetti unitari, nonostante il basso numero di abitanti:

La popolazione residente nella regione della Basilicata ammonta a circa 578.400 alla fine del 2013, valore che rapportato alla dimensione territoriale determina una densità                                                                                                                

12  Si  tratta  del  Premio  Melina  Mercouri,  dal  valore  massimo  di  1,5  milioni  di  euro  ed  assegnato  alle  città  che  

“abbiano  attuato  le  raccomandazioni  formulate  dalla  giuria  e  dal  gruppo  di  monitoraggio”.

13  Le  città  e  i  territori  candidati  erano:  Aosta;  Bergamo;  Cagliari;  Caserta;  Città-­‐diffusa  Vallo  di  Diano  e  Cilento  con  la  

Regione  Campania  e  il  Mezzogiorno  d'Italia;  Erice;  Grosseto-­‐Maremma;  L’Aquila;  Lecce;  Mantova;  Matera;  Palermo;   Perugia;  Pisa;  Ravenna;  Reggio  Calabria;  Siena;  Siracusa  ed  il  Sud  Est;  Taranto;  Urbino;  Venezia  con  il  Nordest.  

14  Un  approfondimento  sul  tema  sarà  presente  nel  Capitolo  3,  dedicato  alla  competizione  italiana  

15  Si  parla  di  eventi  come  il  terremoto  in  Irpinia  del  1980  o  le  numerose  manifestazioni  contro  il  deposito  di  scorie  

nucleari  a  Scanzano  (MT)  

16  Come  dimostra  l’Atlante  della  competitività  regionale  di  Unioncamere,  nel  2012  la  Basilicata  è  19esima  nella  

graduatoria  della  dotazione  infrastrutturale.  La  classifica  completa  ed  eventuali  approfondimento  sono  disponibili   presso:  http://www.unioncamere.gov.it/Atlante_2015/regioni/basilicata/risultati.html  

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demografica particolarmente bassa (parzialmente spiegabile con l’elevata presenza di zone montuose) e pari a 57,4 abitanti per kmq, dato di gran lunga inferiore al valore medio nazionale (201,2 ab./Kmq). Il grado d’urbanizzazione della regione risulta fortemente contenuto (nella graduatoria, la Basilicata si pone in 20-esima posizione): solo il 22,1% degli abitanti, infatti, risiede negli unici due comuni con popolazione superiore alle 20.000 unità (Atlante della competitività regionale, Unioncamere, 2015). Questo lavoro di comunità è stato fin da subito alla base del progetto “Matera 2019” e,

come ha puntualizzato Joseph Grima17, la sfida è stata vinta non solo grazie all’incredibile

patrimonio di cui Matera dispone, già “certificato” dall’Unesco dal 1993 ma anche grazie alla creazione di una struttura in grado di mettere a sistema ciò che c’era a disposizione, coinvolgendo trasversalmente la popolazione e impostando un discorso nuovo. L’obiettivo è che Matera (e la Basilicata) fossero il laboratorio per nuovi paradigmi di sviluppo dal basso, facendola considerare un luogo opinion leader (Adduce, Verri 2015). Il capitolo 1 definirà il contesto di riferimento, limitando la definizione di “cultura” e specificherà su quali basi si è andati a ricercare gli effetti della Capitale Europea della Cultura. Il Capitolo 2 traccerà la storia e l’evoluzione del titolo, dalle prime assegnazioni degli anni 80 fino al 2019, con un confronto tra tre città simbolo dell’evoluzione del programma e delle 3 fasi che ne hanno caratterizzato la storia, Copenaghen 1996, Livepool 2008 e Umeå 2014; il Capitolo 3 analizza la competizione italiana per ospitare la Capitale Europea del 2019, anno in condivisione con la Bulgaria, e quali siano stati i tratti salienti dei dossier di candidatura nelle due fasi di selezione; il Capitolo 4 si concentrerà sul percorso intrapreso da Matera e sul processo di costruzione del dossier che ha permesso alla città dei Sassi di superare altre realtà italiane inizialmente più

“quotate”18 con l’obiettivo di comprendere la candidatura, attraverso l’analisi dei due

dossier, i progetti messi in campo, gli obiettivi e la mission del Comitato Matera-Basilicata 2019, gli stakeholders e il rapido confronto con le altre candidature italiane; il Capitolo 5 prova ad identificare l’impatto immediato della proclamazione sui 4 capitali definiti da Bourdieu ed adattati al programma europeo e a comprendere se, a metà strada tra la proclamazione e l’anno da capitale, vi siano già linee di sviluppo tracciate e se vi                                                                                                                

17  L’elaborato  fa  riferimento  ad  una  conferenza  del  12  febbraio  2015  presso  l’Auditorium  Gervasio  di  Matera   18  La  shortlist  dopo  la  prima  “scrematura”  era  composta  da  6  città  finaliste:  Cagliari,  Lecce,  Matera,  Perugia,  

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siano le condizioni perché i processi attivabili e la legacy dell’evento siano permanenti ed a lungo tempo. A tal proposito, le ricadute turistiche sono certamente le più semplici da evidenziare: un titolo del genere porta in primo luogo un aumento del flusso turistico osservabile nella quotidianità attraverso dati e proiezioni ottenuti grazie alla collaborazione del Comitato e della Fondazione Matera – Basilicata 2019, oltre che l’aiuto di Camera di Commercio di Matera, ApT Basilicata, FederAlberghi, Università

degli Studi della Basilicata, Provincia di Matera e privati cittadini. Più complesso è

valutare il ritorno in termini economici generali, soprattutto per i settori non direttamente

coinvolti nel settore dell’ospitalità e il ritorno sociale in termini di benessere,

miglioramento della qualità della vita, internazionalizzazione e cosi via.

La Capitale Europea della Cultura ha rappresentato un modo per catalizzare le esperienze del territorio e raccogliere le esperienze e le energie attorno ad un progetto con radici nel territorio ma sguardo al resto del mondo: è un grande evento culturale, che attira gente ed investimenti dall’esterno ma che permette a chi risiede quei luoghi di ripensarne le funzioni e le attività, attraverso una presa di coscienza ed un aumento dell’orgoglio. Alcune città hanno cambiato drasticamente la loro pelle, altre hanno sfruttato l’occasione per dare la spinta decisiva a trasformazioni che erano latenti da tempo, altri ancora hanno investito molti soldi ma hanno raccolto solamente buoni risultati turistici nel breve periodo. Matera e la Basilicata avevano bisogno di questo titolo per sentirsi parte dell’Unione Europea e per avere almeno l’opportunità di dimostrare che, oltre la disoccupazione e l’assistenzialismo, esiste un Sud che crea e che è esempio per il mondo.  

     

(11)

       

CAPITOLO 1

La “Cultura” come mezzo per lo sviluppo territoriale

1.1 Definizioni

La relazione tra sviluppo economico e settore culturale è tema di studio e analisi già da diversi anni, in forme via via più approfondite: all’inizio degli anni 2000 Richard Florida pubblicava un testo a cavallo tra geografia, sociologia ed economia, chiedendosi perché la “creative class” tendesse a raccogliersi in certi posti e come fosse possibile la formazione di tali cluster. I lavori di molti studiosi, di cui i più noti sono Florida, Santagata, Throsby e Benhamou – solo per citarne alcuni -, sono stati parte di un fondamentale processo che ha portato ad approfondire e migliorare i dati a disposizione per dimostrare come il driver “cultura”, preso nella sua accezione più larga, fosse importante nelle dinamiche di sviluppo territoriale.

Il Rapporto “Io Sono cultura” (AA.VV., 2015 e 2016), realizzato da Unioncamere e dalla Fondazione Symbola, è il principale lavoro, pubblicato con cadenza annuale, sulla situazione del Sistema Produttivo Culturale e Creativo italiano, considerato nella sua accezione più ampia. Nel rapporto 2016 viene in primis ribadita l’importanza del settore nel nostro paese: a questo si deve il 6,1% della ricchezza prodotta (pari a circa 90 miliardi di euro), con un effetto moltiplicatore che arriva a produrre circa 250 miliardi garantendo 1,5 milioni di posti di lavoro, non considerando gli effetti sui settori prossimi a quello culturale (ibid., 2016). Valori che, in relazione a numeri in declino degli altri settori produttivi, appaiono solidi e di riferimento per i sistemi territoriali: nonostante vi sia un’ambiguità di fondo nella definizione del perimetro, determinante al fine dei risultati finali, il Rapporto Symbola 2015 riduce il tutto a 5 ambiti di analisi, nonostante accada che “(…) nelle misurazioni del valore aggiunto culturale e creativo si considerano soltanto i primi quattro ambiti” (ivi, 2015 - pag 5):

1. performing arts e arti visive: rappresentazioni artistiche, divertimento, convegni e fiera

2. gestione del patrimonio storico-artistico: musei, biblioteche, archivi e gestione di luoghi e monumenti storici

3. industrie culturali: al cui interno sono considerati film, video, radio-tv, videogiochi e software, musica, libri e stampa

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4. industrie creative: architettura, comunicazione e branding, design 5. produzione di beni e servizi creative-driven

La ricchezza prodotta dai settori presi in considerazione non è omogenea, tenendo conto che il patrimonio storico-artistico contribuisce al risultato finale solamente per circa l’1,5% ma garantendo una “(…) importante funzione di produzione e rinnovamento dei contenuti culturali” (ivi, 2015 - pag 25).

Concentrando l’attenzione sui dati disaggregati in scala territoriale, il Sud Italia rincorre il resto d’Italia, anche a causa di un farraginoso collegamento tra cultura e produzione di beni e servizi, punto di forza di aree come il Nord Est: il valore aggiunto culturale viene prodotto solamente per il 16% nel Mezzogiorno e gli occupati del settore non toccano quota 300mila unità (20% del totale nazionale); la Basilicata, in questo settore, conta poco più di 10mila occupati, meno dell’1% nazionale.

Uno dei principali problemi del Mezzogiorno d’Italia, seppur molto eterogeneo nella sua complessità, è che viene spesso affrontato unitariamente: si parla di “politiche per il Sud”, con un approccio che riduce e semplifica l’interezza dei problemi da affrontare.

E’ fondamentale evitare cautamente di curare qualunque male con la stessa medicina, utilizzando una visione di insieme solamente per delimitare il campo d’azione: un punto di partenza che ponga il Sud Italia come “soggetto territoriale in grado di misurarsi con le sfide dell’Europa allargata” (Rossi, 2005). Questo discorso di aggregazione, a fronte di un rifiuto di soluzioni unitarie, rientra in una serie di politiche che vengono richieste con sempre più insistenza da quella parte del Mezzogiorno che rifiuta ulteriori politiche di contributi a pioggia ma mette in campo progettualità e competenze specifiche, al fine di evitare una marginalizzazione, a fronte di un allargamento dell’Unione Europea (Sommella, 2007 e Sommella, 2008). L’obiettivo è imporsi come un soggetto unitario ed autonomo, che possa competere in quanto entità fisica all’interno del più ampio quadro nazionale ed europeo, anche nel settore economico e produttivo.

Nel pubblicare l’anticipazione del Rapporto Svimez 2016, l’Istituto di Ricerca sul Mezzogiorno mostra segnali incoraggianti per il Sud, con evidenti segnali di ripresa su più fronti: le regioni del Sud, nel 2015, accorciano il divario con il centro-nord con un aumento del Prodotto Interno Lordo dell’1% (media nazionale 0,7%), dopo 7 anni di continue riduzioni: questi risultati positivi, però, non metteranno nelle condizioni che si

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possa “(…) disancorare il Mezzogiorno da (una spirale di) basse produttività, bassa crescita e minor benessere” (SVIMEZ 2016 - pag. 7). Da sottolineare è la crescita omogenea in tutti i settori, compresa una forte accelerazione del settore terziario (+ 0,8%) grazie alla forte spinta del turismo, aumentato nelle regioni meridionali del 6,7% rispetto al dato medio nazionale del 2,5% con un concatenato aumento della spesa turistica media. I dati più incoraggianti riguardano proprio la Basilicata, che “registra il più intenso ritmo di crescita” (ivi, pag. 13): gran parte di questo inedito risultato si deve al settore automotive, presente in regione con gli stabilimenti nuovamente a pieno regime della FCA ma i commentatori analizzano questi risultati ponendo il faro sulla capacità lucana di diversificazione della capacità produttiva: resta forte l’agricoltura, ritrova centralità la produzione industriale e l’indotto della grande industria dell’automobile ma aumenta sensibilmente il ruolo del settore terziario e dei servizi.

All’interno di politiche locali e nazionali di sviluppo del Sistema Produttivo Culturale e nell’ottica di andare a ridurre il gap con il Centro ed il Nord del Paese, è necessario essere in grado utilizzare al meglio le risorse locali e creare nuove occasioni: in quest’ottica, avvenimenti come la nomina a Capitale Europea della Cultura possono diventare un inedito volano di sviluppo che, in una sola occasione, permetta di attivare il complesso Sistema nella sua eterogeneità.

Le diverse sfaccettature del Sistema Produttivo Culturale, la cui concatenazione è dimostrata, possono essere sommate per definire un risultato finale, il cui ruolo nell’economia italiana vada “(…) oltre la mera sommatoria di occupati e valore aggiunto prodotti dalle attività pertinenti” (op. cit., 2016 - pag 124): in tale direzione sono esemplari le ricadute economiche attivate dal turismo culturale in Italia, quantificata, dal Rapporto Symbola, in circa il 37,5% della spesa turistica complessiva, per un totale di circa 30miliardi di euro. Declinando l’incidenza percentuale sul totale della spesa turistica su scala locale, il Sud Italia è al di sotto della media nazionale (30,2% contro il 37,5% complessivo) e partecipa al 22% del totale nazionale, al di sotto persino del Nord Ovest (23,6%). Netta è la prevalenza delle città d’arte su località collinari, lacuali, marine, montane, religiose e termali.

Non è un caso che proprio il Rapporto Symbola ponga, tra i casi studio, la Capitale Europea della Cultura quale acceleratore di opportunità attraverso l’esperienza materana.

(14)

La sfida di Matera e della Basilicata risulta essere anche quella di un Sud la cui ricchezze sono spesso annebbiate da una cattiva gestione o sotto utilizzazione: il progetto lanciato dal Comitato Matera 2019, portato avanti dalla Fondazione Matera-Basilicata 2019, ha subito posto la centralità della Lucania nel cuore di questo Sud Italia che vede in questo settore una vera possibilità.

Un lavoro di tessitura di una rete meridionale che è iniziato, fisiologicamente, dall’area immediatamente circostante, sempre con un occhio di riguardo alla logica competitiva della manifestazione: la città di Altamura ha risposto con una delibera di giunta per “… aderire al percorso di candidatura e percorrere questa strada insieme ad una città ed un territorio con cui ci sono molte affinità economiche, sociali e culturali oltre alla breve distanza geografica, nonostante il confine di regione che le divide. E non può essere diversamente perché la candidatura di Matera nasce e si sviluppa nel segno della partecipazione e della condivisione.”19. Altri comuni dell’area murgiana pugliese sono stati coinvolti nella costruzione di un territorio ben identificabile ma raramente percepito come unitario. Questa strategia unificante, a dispetto dell’atavico campanilismo locale, si è pian piano allargata, fino a comprendere i comuni più lontani (dall’Adriatico allo Ionio) in un’ottica di sinergia complementare per raggiungere un obiettivo sentito ormai come comune: il 2019.

Lo stesso Presidente della Regione Puglia, in una dichiarazione all’Ansa20, ha affermato

che la Puglia "potrebbe traghettare Matera 2019 come grande opportunità anche per gli altri territori della macroregione Adriatico-Ionica21 (…)Anche se Matera non fa parte della macroregione, è a 50 chilometri da Bari. Nel contesto della Eusair, la Puglia si occupa del pilastro turistico e quindi cercherà di mettere a disposizione la sua esperienza a disposizione delle altre regioni 'sorelle' “.

                                                                                                               

19  Un  esempio  di  questo  interesse  può  essere  ritrovata  al  seguente  link:  

http://www.altamurgia.it/index.php/articoli/turismocultura/30812-­‐comune-­‐di-­‐altamura-­‐delibera-­‐sostegno-­‐a-­‐ candidatura-­‐matera-­‐2019.html  

20  Parte  dell’intervento  del  Presidente  della  Regione  Puglia  al  seguente  link:  

http://www.ansa.it/basilicata/notizie/2015/10/15/emiliano-­‐cogliere-­‐occasione-­‐matera-­‐2019_85661691-­‐5354-­‐4f66-­‐ 90ef-­‐cf688cfe0c6f.html  

21  La  strategia  (EUSAIR  -­‐  EU  Strategy  for  the  Adriatic  and  Ionian  Region),  contenuta  in  una  Comunicazione  della  

Commissione  e  in  un  Piano  d'azione,  riguarda  principalmente  le  opportunità  dell'economia  marittima:  "crescita   blu",  connettività  terra-­‐mare,  connettività  dell'energia,  protezione  dell’ambiente  e  turismo  sostenibile,  tutti  settori   destinati  a  svolgere  un  ruolo  cruciale  nel  creare  posti  di  lavoro  e  stimolare  la  crescita  economica  nella  regione.   http://europa.formez.it/content/eusair-­‐nuova-­‐strategia-­‐macroregione-­‐adriatica-­‐e-­‐ionica  

(15)

La Capitale Europea della Cultura appare quindi un’occasione unica in quanto, grazie all’input “culturale” si sono attivati (e si possono attivare) programmi e progetti spesso falliti per una scarsa coesione interregionale. Il territorio diventa oggetto dell’attenzione in quanto occasione per creare un vantaggio competitivo che permetta ad un ampio territorio di trovare la propria identità di sviluppo economico e sociale.

Il primo effetto – ed anche il più facilmente evidenziabile – è quello sulle presenze turistiche nei territorio direttamente ed indirettamente coinvolti da questa operazione: il territorio direttamente coinvolte ha, nel suo complesso, diverse eccellenze già conosciute e per le quali una vetrina del genere può servire per aumentare i visitatori e provare politiche di destagionalizzazione dell’offerta turistica; l’opportunità è unica anche per il c.d. turismo di nicchia, che “da opportunità di posizionamento anche a località marginali che non hanno particolare appeal come destinazioni turistiche” (Mininno, 2005)

1.2 Gli impatti della Capitale Europea della Cultura

La Capitale Europea della Cultura rientra a pieno titolo tra gli eventi globali (Clark, 2010) cui una città può aspirare, al pari di Olimpiadi, Mondiali di calcio ed Expo.

Prendere parte al solo processo di candidatura può portare benefici alla comunità, legati alla creazione del dossier di candidatura, mostrando quell’eredità attivabile nel breve

periodo: in un testo per l’11° rapporto annuale Federculture 201522, Salvatore Adduce,

cha ha seguito da sindaco di Matera tutto il periodo di candidatura, e Paolo Verri, direttore della Fondazione Matera-Basilicata 2019, descrivono il processo parafrasando la celebre poesia di Gertrude Stein, con “un dossier è un dossier è un dossier” (pag 82); non serviva aspettare il verdetto della giuria per delineare un percorso virtuoso per la città dei Sassi. Il primo dossier, come si vedrà nel capitolo 5, è definito “politico” (pag 83) con al centro la popolazione e non lo sfruttamento a fini turistici della città.

Grandi eventi possono portare in eredità strutture fisiche, come stadi, contenitori culturali, teatri, hotel, infrastrutture per il trasporto ma anche un effetto più o meno evidente anche in altri campi trasversali attraverso una legacy il cui riverbero può avere lungo effetto nel tempo: un aumento del numero di visitatori, un riposizionamento della città, un aumento dell’orgoglio cittadino, il miglioramento del benessere sociale di una comunità attraverso                                                                                                                

22  Open  Future  –  Al  servizio  dell’Italia,  al  servizio  dell’Europa.  Il  progetto  Matera  2019  come  esperimento  per  nuovi  

(16)

nuove politiche pubbliche, una ambizione nel progettare eventi nel futuro di sempre maggiori richiamo e cosi via (Jago, Chalip, Brown, Mules & Ali, 2003).

Una città può legare inesorabilmente il suo nome ad un evento di portata globale garantendo un posizionamento nell’immaginario collettivo che, per motivi diversi, non è

detto sia positivo: si pensi al G8 a Genova del 200123, teatro di sanguinosi scontri e

vicende giudiziarie non ancora quietate o dei Mondiali di Calcio in programma a Doha nel 2022, già al centro di polemiche mondiali legate a corruzione e sfruttamento della

manodopera in nero24.

In ogni caso, eventi “mondiali” offrono visibilità “mondiale”, appetibilità per sponsor ed investimenti esterni, necessari per l’ottimale funzionamento della costosa macchina organizzativa, i cui costi possono essere giustificati solo in relazione ad una legacy pianificata sul lungo periodo.

Non sono rari i casi in cui grandi eventi abbiano lasciato in eredità pesanti debiti economici, sociali o mega-strutture non utilizzabili dalla popolazione residente: i Mondiali di Calcio in Brasile del 2014 hanno portato a forti scontri e lo sgombero forzato

di migliaia di abitanti da alcuni slum25, gran parte delle infrastrutture create

appositamente per le Olimpiadi di Pechino del 2008 sono oggi inutilizzate, cosi come i resort e centro congressi costruiti a La Maddalena per ospitare il G8 del 2009 è tutt’oggi una costosissima incompiuta che ferisce l’isola sarda.

In altri casi, invece il forte debito contratto è ripagato, grazie ad una continuità politica e di intenzioni, oltre che una precisa progettazione a monte: la città di Torino, che ha ospitato le Olimpiadi Invernali del 2006, e è un esempio. La concezione della città è profondamente cambiata dopo l’anno olimpico, avviando un processo di trasformazione della prima capitale d’Italia da un polo industriale in declino ad una viva città studentesca con un’offerta culturale di altissimo livello.

                                                                                                               

23  Tra  i  molti  articoli  scritti  sul  tema,  qui  viene  presentata  una  ricostruzione  inizialmente  destinata  al  giornale  inglese  

Guardian,  tradotta  dalla  redazione  de  l’Internazionale  http://www.internazionale.it/notizie/2015/04/07/genova-­‐g8-­‐ inchiesta  

24  Due  esempi,  provenienti  da  testate  diverse  sugli  scandali  scoppiati  dopo  l’assegnazione  del  Mondiale  di  Calcio  

2022  nel  Qatar:  http://www.theguardian.com/football/2014/nov/13/fifa-­‐report-­‐alleged-­‐corruption-­‐qatar-­‐2022-­‐ world-­‐cup  e  http://edition.cnn.com/2016/03/30/football/fifa-­‐world-­‐cup-­‐qatar-­‐migrant-­‐worker-­‐abuse-­‐amnesty-­‐ international/  

25  

http://www.repubblica.it/esteri/2014/01/26/news/brasile_duri_scontri_a_san_paolo_protesta_contro_i_mondiali _di_calcio-­‐76941349/  

(17)

Il solo partecipare a competizioni di cosi ampio respiro, investendo anche importanti cifre durante l’arco di candidatura – che per le recenti ECoC arriva fino a 6 anni – può avere ricadute positive sulla comunità: Newcastle, dopo aver conteso il titolo con Liverpool per UK 2008, ha concentrato i suoi sforzi su altri eventi culturali, attivando ricade per oltre 20 milioni di sterline, a fronte di un investimento intorno ai 6 milioni (Richards, Palmer 2010); discorso analogo per le 10 città polacche che hanno partecipato, senza vincere, per il titolo del 2016: stando a Sanetra-Szeliga (2013) è significativo “il cambio nel paradigma di pensare il rapporto tra cultura e sviluppo socio-economico sul piano urbano” (pag. 93). E’ comune, però, che le città sconfitte cadano in un spirale di recriminazioni e polemiche locali che non permettano di seguire – e talvolta addirittura preparare – un piano B per tenere vivo il lavoro svolto durante il lungo periodo di candidatura.

Raramente le istituzioni svolgono o commissionano ricerche su aspetti cosi volubili e difficilmente ponderabili, lasciando il campo aperto a supposizioni non sempre basate su dati: l’aspetto più comune, valido indicatore della riuscita di un evento globale è il numero di visitatori, che spenderanno in città stimoleranno un’economia innestando “(…) un effetto moltiplicatore sui redditi attraverso le supply chain collegate” (Clark, 2010 - pag. 26). Per far si che la definizione dei risultati sia quanto più vasta e corretta possibile, è fondamentale una concezione a lungo tempo dell’evento, che non si debba esaurire nell’anno di protagonismo: oltre una legacy più facilmente positiva (Clark, 2010), il lungo periodo permette di avere una visione di insieme, non considerando solo gli immediati dati economico-quantitativi.

Il primo tentativo istituzionale di tenere conto di un campo quanto più comprensivo possibile di impatti si deve a Palmer (2004) che nel suo noto Rapporto include una serie ampia di aree per valutare gli impatti: organizzazione; obiettivi; impatto culturale; marketing e comunicazione; impatto economico; impatto turistico; legacy ed effetti a lungo termine.

Il successivo programma di ricerca, appositamente creato dall’Università di Liverpool per valutare la capitale inglese del 2008, chiamato Impact08, aggiunge indicatori come l’accessibilità culturale, la partecipazione alla vita culturale, atmosfera creativa, percezione della città e cosi via (Richards, Marques 2015).

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Sacco e Blessi (2007) prendono in considerazione la crescita a lungo termine di diversi capitali (umano, sociale, simbolico, naturale etc) nel sistema urbano, calcolati per mezzo di interviste, questionari e dati osservabili.

Per semplificare il campo, usiamo in questa sede la forma “impatto” in quanto neutra, per indicare una relazione tra la manifestazione e un ambiente di riferimento: bisogna tenere conto che l’effetto può essere deleterio per la società o mal amministrato, portando a storture talvolta irrimediabili.

Prendendo spunto dalla teoria del sociologo e filosofo Pierre Bourdieu, che allarga la logica economica agli aspetti sociale, definendo quattro forme di capitale:

• economico (composto dai beni economici accumulabili) • sociale (fatto dalle relazioni e dalle reti di conoscenza)

• culturale (habitus, stile di vita e possibilità di accesso a beni culturali) • simbolico (insieme di simboli)

Questi capitali sono “convertibili l’uno nell’altro, nel senso che chi ha la cultura (capitale

culturale) può tradurla in denaro (capitale economico), e cosi via” (Fusaro, Mangiarini26).

Questa classificazione, se ampliata e modificata in qualche contenuto, può essere molto utile per classificare gli impatti della Capitale Europea della Cultura.

1.2.1 Impatto economico

Il dimostrato impatto economico legato al programma culturale di una ECoC assume un peso notevole nel recente inasprimento della competizione che porta all’aggiudicarsi il titolo: si stima un valore tra i 40 milioni di € (Bruges 2002) e il miliardo di euro per l’iconico Liverpool 2008 (Richards, Marques 2015).

Il primo motivo di un evidente impatto economico è legato alle ricadute turistiche: le evidenze mostrano come questo sia una costante, sta al governo del singolo sistema se di breve, medio o lungo periodo. Aumentando l’attrattività di una città aumenta anche la sua capacità di attrarre investimenti, specialmente nel campo dei servizi. Questo garantisce uno spillover nei confronti dell’indotto.

                                                                                                               

26  Una  rapida  e  sintetica  panoramica  sulla  vita  e  le  opere  del  filosofo  e  sociologo  francese  si  veda  il  seguente  link:  

(19)

1.2.2 Impatto sociale

L’effetto in quest’area non è giustificato da dati empirici ma, un aumento dei consumi

culturali porta ad un miglioramento dei valori del benessere urbano27, declinato nelle sue

12 dimensioni: salute, istruzione e formazione, lavoro e conciliazione tempi di vita, benessere economico, relazioni sociali, politica e istituzioni, sicurezza, benessere soggettivo, paesaggio e patrimonio culturale, ambiente, ricerca e innovazione, qualità dei servizi.

Gli effetti positivi sono sia per i cittadini, soggetti e spettatori degli scambi proficui all’interno del sistema, quanto per la città, intesa come insieme di chi la abita: in fatto di relazioni, la città vincitrice, cosi come quelle candidate, entrano a far parte di reti nazionali e sovra-nazionali che permettono di accedere ad ulteriori possibilità; inoltre, la legacy di questo grande evento ha effetti anche sulla politica locale, che per raggiungere il risultato, deve attivare una serie di buone pratiche che possono mutare la concezione di establishment. Un effetto concreto può essere il maggior coinvolgimento della popolazione nei processi decisionali o la volontà di partecipare a competizioni sempre più complesse, grazia ad una sopraggiunta coscienza unitaria: aumenta il “know how” competitivo del territorio, prima ancora che delle amministrazioni (Clark, 2010).

1.2.3 Impatto culturale

Trattandosi di un evento che pone al centro del suo programma la dimensione europea della cultura nazionale, l’impatto in termini culturali deve essere citato per primo: l’effetto benefico si mostra sul sistema culturale esistente e sulla futura programmazione dell’attività culturale cittadina e locale. Le esperienze mostrano come l’attività di networking tra istituzioni culturali aumentino nell’anno designato e tendano a decrescere negli anni successivi, restando comunque superiori a livelli pre-designazione.

Politiche di audience development devono affiancare un programma ben costruito, avendo come obiettivo l’allargamento del bacino di utenza, contemporaneamente ad un aumento dell’orgoglio cittadino può essere annoverato in questa categoria, talvolta                                                                                                                

27  l  progetto  per  misurare  il  benessere  equo  e  sostenibile,  nato  da  un’iniziativa  congiunta  del  Cnel  e  dell’Istat,  si  

inquadra  nel  dibattito  internazionale  sul  “superamento  del  Pil”,  alimentato  dalla  consapevolezza  che  i  parametri  sui   quali  valutare  il  progresso  di  una  società  non  possano  essere  esclusivamente  di  carattere  economico,  ma  debbano   tenere  conto  anche  delle  fondamentali  dimensioni  sociali  e  ambientali  del  benessere,  corredate  da  misure  di   diseguaglianza  e  sostenibilità.        

(20)

declinato nel suo aspetto negativo a causa di derive identitarie. Diversi studiosi indirizzano il loro lavoro su questo aspetto più difficilmente analizzabile ma di primaria importanza (Richards, De Brito & Wilk, 2013).

1.2.4 Impatto simbolico

L’orgoglio che scaturisce dalla vittoria porta ad inediti momenti di unione comunitaria, dinamica constatata in tutte le Capitali elette. Questo sentimento può essere utilizzata come grimaldello per attivare processi partecipati dal “basso” e, se ben amministrato, può spingere la città a raggiungere risultati oltre le aspettative.

Anche l’immagine della città tende a migliorare, sia dal punto di vista interno che esterno, portando la città tra le scelte legate al turismo culturale, che rappresenta una importante fetta del totale, composta da un target ben auspicato dalle amministrazioni locali.

Questi aspetti non sono secondari nell’attivazione di dinamiche più ampie, il cui effetto è evidente in termini di “indotto”: l’aumento ed il miglioramento qualitativo degli investimenti economici interni ed esterni al sistema locale passano soprattutto attraverso il sentimento d’orgoglio, il cui eco è immediato anche nel benessere sociale ed urbano.

(21)

CAPITOLO 2

Storia e funzionamento del programma “Capitale Europea della Cultura”

2.1 Cenni storici

La “Capitale Europea della Cultura”, il più ambizioso e vasto progetto di cooperazione culturale mosso dal continente europeo, nasce da una proposta/provocazione lanciata in un aeroporto di Atene nel 1984 (European Capitals of Culture: the road to success From 1985 to 2010). L’allora Ministro greco della Cultura Melina Mercouri, discutendo con il reciproco francese Jack Lang, constatava con amarezza quante poche occasioni di confronto culturale vi erano nell’allora scenario europeo e come l’Unione passasse inevitabilmente per questi momenti di comunità culturale.

Il progetto nasce pochi mesi dopo questo incontro, con l’obiettivo di promuovere e celebrare la diversità culturale della nascente Europa; con il passare degli anni ospitare la Capitale Europea della Cultura è diventata un’opportunità per rigenerare città e sistemi locali, con un processo di arricchimento sociale ed economico che nasce nel campo

culturale ma che coinvolge ogni aspetto della vita del territorio coinvolto28. Oggi la

Capitale Europea della Cultura giustifica importanti investimenti infrastrutturali, ben oltre le spese operative preventivate per portare a termine gli eventi inseriti nel programma culturale dell’anno designato ed innescare effetti economico-sociali a lungo termine per la città e il territorio circostante (European Communities, 2009).

2.1.1 Origine del programma

Il sistema oggi conosciuto come “Capitale Europea della Cultura” si è evoluto notevolmente dal 1985 ad oggi, fino a diventare una delle iniziative europee di maggior successo e coinvolgimento popolare: il programma nasce grazie al Ministro greco della Cultura Melina Mercouri, che nel 1984 proponeva al Consiglio d’Europa un progetto destinato ad unire e forgiare l’identità europea, intervenendo sull’aspetto culturale, fino ad allora scarsamente coinvolto dalle politiche europee, fin dal principio (Gold and Gold 2005). L’idea che anima il premio, nonostante le modifiche procedurali degli anni, è rimasta invariata: collegare i Paesi membri in uno scambio comune di saperi e modi di                                                                                                                

28  Summary  of  the  European  Commission  conference  “Celebrating  25  years  of  European  Capital  of  Culture”  –  

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vivere, per forgiare un sentimento europeo attraverso le diversità che compongono l’unione.

2.1.2 Le fasi legislative

Il testo della Risoluzione dei ministri responsabili degli affari culturali, riuniti in sede di Consiglio europeo il 13 giugno 1985, relativa all’organizzazione annuale della manifestazione “Città Europea della Cultura” 85/C 153/02 metteva le basi per quella che, dopo diverse modifiche alla forma ma mai alla sostanza, è diventata la struttura dell’odierna “Capitale Europea della Cultura – European Capital of Culture”.

Questo primo documento, redatto in un periodo di forte instabilità29 geopolitica, è il primo

tentativo di costruzione di una identità comune nel campo della cooperazione culturale europea, con l’obiettivo di “rendere accessibile al pubblico europeo aspetti particolari della cultura della città, della regione o del paese interessato”.

Riguardo i termini di selezione e gli oneri di partecipazione, la prima risoluzione non propone delle linee guida da seguire per investire una città del titolo: sarebbe stata selezionata una sola “Città Europea della Cultura” con un anticipo di due anni “(…) affinchè possano essere prese le opportune disposizioni”30; in questa fase del progetto, inaugurato da Atene come prima Capitale, non era prevista una “gara” interna di aggiudicazione e gli Stati si sarebbero susseguiti in ordine cronologico garantendo una

rotazione tra i membri31, con un generico confronto inter-statale sullo stato dell’arte degli

avanzamenti della programma.

La Capitale Europea della Cultura è un processo in divenire e prova ne sono le diverse modifiche procedurali che si sono susseguite per garantire una azione più incisiva del programma ed una ampliamento ed approfondimento delle legacy: l’importanza di questa risoluzione risiede nella storicità della messa in opera dei lavori, in un periodo storico durante il quale una forte instabilità politica obbligava la nascente Unione ad approfondire un discorso di integrazione e comunità, per fare si che gli Stati riuniti non fossero semplice cuscinetto tra Est ed Ovest ma un soggetto terzo con una chiara identità.                                                                                                                

29  Gorbacev  sarà  nominato  segretario  del  PCUS  nello  stesso  1985  e,  un  anno  dopo,  Spagna  e  Portogallo  entreranno  

a  far  parte  della  CEE.  

30  Risoluzione  85/C  153/02  del  13  giugno  1985.  Documento  consultabile  e  scaricabile  presso  http://eur-­‐

lex.europa.eu/legal-­‐content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:41985X0622&from=EN  (ultima  visualizzazione  13/01/2016)  

31  E’  importante  tenere  a  mente  che  “l’Europa”  politica,  nel  1985,  era  formata  10  Stati  Membri  (in  ordine  di  ingresso  

(23)

L’appetibilità del programma e degli investimenti ad esso connesso diventeranno ulteriore occasione di avvicinamento quando, anni dopo la caduta dell’Unione Sovietica, verranno nominati Capitale Europea della Cultura le città di paesi appartenuti all’ex blocco sovietico, come Repubblica Ceca e Polonia (Praga e Cracovia, nel 2000).

Per quanto riguarda l’aspetto formale, una prima modifica arrivava con le Conclusioni dei Ministri della Cultura riuniti in sede di Consiglio del 12 novembre 1992 sulla procedura per la designazione della Città europea della cultura32; considerando il sostanziale aumento dei paesi membri, i ministri della cultura ritennero opportuno “(…) disporre di una procedura più precisa per la designazione delle città”, istituzionalizzando ancora di più un esperimento che aveva già portato ottimi risultati. Tra le altre, tre erano le principali novità:

• Venivano fissati nuovi termini temporali ben definiti per la designazione delle città (sei anni prima dell’anno preposto).

• La procedura di selezione passava gradualmente nelle mani dello Stato ospitante. • Veniva introdotto il documento programmatico (il dossier di candidatura) come

base per la selezione.

Queste modifiche recepivano una prassi che si stava consolidando nell’esperienza: il Regno Unito, con Glasgow 1990, ha per la prima volta proposto una competizione interna e concesso maggior tempo alla città per mettere a punto il programma degli eventi (Garcia, Cox 2013), divenendo il primo esempio di programmazione a lungo termine per diluire gli effetti positivi sul territorio.

Nel 1999, per mezzo della decisione 1219/1999/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 25 maggio 1999 riguardante un’azione comunitaria a favore della manifestazione «La capitale europea della cultura» per gli anni dal 2005 al 201933, il titolo raggiunse la propria maturità e riconoscibilità:

• Veniva modificato il nome del titolo da “Città Europea della Cultura” all’attuale “Capitale Europea della Cultura”, specificando la nuova lista d’attesa da seguire nelle candidature ed i nuovi criteri di pianificazione e valutazione, mantenendo                                                                                                                

32  Conclusioni  92/C  336/02  del  12  novembre  1992.  Documento  consultabile  e  scaricabile  presso  http://eur-­‐

lex.europa.eu/legal-­‐content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:41992X1219(01)&from=EN  (ultima  visualizzazione  13/01/2016)  

33  Decisione  1219/1999/CE  del  Parlamento  Europeo  e  del  Consiglio  del  25  maggio  1999  riguardante  un’azione  

comunitaria  a  favore  della  manifestazione  «La  capitale  europea  della  cultura»  per  gli  anni  dal  2005  al  2019   http://eur-­‐lex.europa.eu/legal-­‐content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:31999D1419&from=EN  (ultima  visualizzazione   13/01/2016)  

(24)

inalterata la visione dello spirito originario della manifestazione volto alla

condivisione ed all’unificazione34.

• Si richiamava l’attenzione alla “dimensione europea” del dossier da presentare, mettendo in coda ai criteri di valutazione il patrimonio storico della città candidata (art. 3);

• Il programma assumeva lo status di azione comunitaria, a riprova dalla bontà dell’azione originaria del ministro Mercouri.

• Veniva introdotta una giuria con il compito di “(…) elaborare una relazione sulla o sulle candidature presentate alla luce degli obiettivi e delle caratteristiche dell’azione”, ponendo fin dal momento di candidatura una enfasi all’aspetto progettuale del programma (art. 2) e si introduceva una “relazione valutativa dei risultati della manifestazione” da presentare al Parlamento Europeo.

• Si apriva la competizione anche a Paesi non membri dell’Unione Europea – la Norvegia ospiterà il titolo nel 2008.

Ulteriore passo avanti verso la forma “finale” del programma si è avuto con la Decisione 1822/2006/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 24 ottobre 2006 che istituisce un’azione comunitaria a favore della manifestazione “Capitale Europea della Cultura” per gli anni dal 2007 al 2019, che mira a correggere alcune difficoltà emerse dal documento del 1999, specificando tutti gli aspetti del processo di selezione, compreso l’oggetto del riconoscimento, i termini temporali e le necessarie valutazioni pre/post anno di nomina.

Il testo del 2006 si apre un rifermento all’importante studio della Palmer/RAE Associates che ha analizzato nello specifico lo sviluppo del programma nelle diverse città capitale, dimostrando come vi siano delle “(…) ripercussioni positive per la risonanza data dai mezzi di comunicazione, lo sviluppo culturale e turistico e il riconoscimento da parte degli abitanti dell'importanza del fatto che la loro città sia stata nominata”. Il Rapporto, che indirizzerà con forza la politica comunitaria in materia, sottolinea come fino a quel punto fosse mancata la gestione a lungo termine degli effetti positivi, attutendo quelli potenzialmente a lungo termine; si prova ad ovviare a questa problematica rafforzando il

                                                                                                               

34  Un  nuovo  framework  per  le  iniziative  tra  il  2020  e  il  2033  è  stato  da  poco  pubblicato  ed  è  disponibile  al  seguente  

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programma di controllo con relazioni esterne ed indipendenti agli organi locali e nazionali (art. 12).

Le principali novità risiedono, quindi, in aspetti formali più che di processo: • l’allargamento della Giuria da 7 a 13 membri

• la specificazione dei principali criteri di valutazione - “Dimensione europea”, “Città e cittadini” e sostenibilità economica e sociale.

• La formalizzazione della “doppia” selezione, con una preselezione nazionale per ridurre il numero delle città che hanno mostrato interesse (la c.d. shortlist), e la selezione finale tra le città che hanno superato il primo turno.

• Novità di rilievo è l’istituzione di un premio pecuniario in onore di Melina Mercouri, che la Commissione conferisce “(…) alle città nominate (…) purchè soddisfino i criteri stabiliti (…) e abbiano attuato le raccomandazioni formulate dalla giuria e dal gruppo di monitoraggio e consulenza”. Nell’autunno 2012 la Commissione europea ha assegnato tale premio, dal valore di 1,5 milioni di €, alle città nominate per l’anno 2013, vale a dire Marsiglia e Košice.

Uno degli allegati alla Decisione 1822/2006/CE presentava l’ordine aggiornato delle nazioni a cui spetta ospitare il titolo. Come di prassi, le città destinate ad essere investite del titolo sono due per ogni anno. Nel 2008, oltre al Regno Unito con Liverpool, sarà presente la Norvegia con Stavanger.

Fig. 2.1: tabella tratta dell’allegato alla Decisione 1822/2006/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 24 ottobre 2006 che mostra l’ordine di presentazione delle designazioni a “Capitale Europea della cultura”.

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2.1.3 La Capitale Europea della Cultura: evoluzione del titolo

Il problema principale del titolo di Città Europea della Cultura dal 1985 al 1999 era la totale mancanza di un sistema di controllo, il che non permetteva una marcata incidenza post-evento sullo sviluppo economico, culturale e sociale del territorio. Mentre gli effetti di breve periodo sono facilmente riscontrabili ed apprezzabili e, una volta ottenuto il titolo, abbastanza prevedibili, i risultati sul medio-lungo periodo necessitano di una gestione che deve inevitabilmente essere insita nell’evento ma avere la possibilità di svilupparsi indipendentemente lungo direttrici differenti.

Il programma culturale europeo che si sta analizzando in questo elaborato nasceva con una precisa quanto lungimirante idea unitaria - la cui presenza nei dossier di candidatura è tutt’ora discriminante in fase di valutazione - ma non era in alcun modo previsto un sistema di controllo e monitoraggio: questo faceva si che l’azione svolta si esaurisse nell’anno designato e che fosse impossibile discernere le nuove linee di sviluppo da altre già esistenti riattivate. In questo modo era difficile dimostrare empiricamente quanto questa opportunità fosse utile in ottica di sviluppo locale per i vari territori che l’hanno ospitata, concedendo la spalla ad eventuali detrattori.

Le opportunità e le sfide delle diverse città capitali nel corso di questi anni sono state oggetto di diversi studi, che ne hanno mostrato gli evidenti vantaggi nei diversi settori: a seconda di quale sia stato l’obiettivo della candidatura e le linee di gestione della stessa, si parla di effetti a livello economico, con un incremento dei flussi turistici, l’attrazione di investimenti dell’esterno, il potenziamento delle infrastrutture esistenti, a livello socio-culturale, con l‘eredità legata ai processi di audience development, risultato di politiche non mirate alla semplice creazione di un “eventificio”, poiché la frenesia di voler organizzare troppi eventi, includendo “qualcosa per tutti” porta ad una inevitabile confusione e perdita del focus principale della candidatura, problema comune riscontrato più volte dagli analisti (Palmer/Rae, 2004).

Un sistema di monitoraggio in itinere può aiutare le città nel processo di avvicinamento all’anno da Capitale, identificando per tempo altre problematiche, oltre quelle legate alla gestione di lungo periodo dei risultati: si possono prevedere interventi legati agli equilibri della governance locale, che deve accordare manager, istituzioni e bisogni dei cittadini; può essere monitorato il grado di soddisfazione di questi ultimi, spesso indirettamente coinvolti attraverso azioni di rigenerazione urbana che possono modificare

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