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Salute e violenza di genere: la risposta toscana. Uno studio di caso: il Codice Rosa.

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Academic year: 2021

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Università di Pisa

Dipartimento di Scienze Politiche

Corso di Laurea Magistrale in Sociologia e Politiche Sociali

Tesi di Laurea Magistrale

SALUTE E VIOLENZA DI GENERE: LA RISPOSTA TOSCANA.

UNO STUDIO DI CASO: IL CODICE ROSA

Candidata: Relatore:

Carmela Alfonsina Lomonaco Prof.ssa Rita Biancheri

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La violenza è l'ultimo rifugio degli incapaci.

(Isaac Asimov)

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Indice

Introduzione ... 1

Capitolo 1 Malattia e salute: una lettura sociologica della loro evoluzione ... 4

1.1 Origini storiche della sociologia della salute: uno sguardo al passato per comprendere il presente ... 5

1.2 Il Modello Bio-Medico: dall'uomo macchina alla medicina sociale ... 8

1.3 Il Modello Funzionalista: malattia come processo dinamico, Parsons e il sick role ... 10

1.4 Gli approcci critici: dalla salute come economia al paradosso della iatrogenesi ... 11

1.5 Individuo, salute e ambiente come unico sistema: l'approccio ecosistemico ... 14

1.6 L'aspetto soggettivo della malattia: dalla fenomenologia alla narrazione della salute-malattia ... 17

1.7 L'aspetto tridimensionale della malattia: la triade DIS nel triangolo Disease, Illness e Sikness ... 23

1.8 Le dimensioni della salute e della malattia si ricompongono in un unico modello: il paradigma correlazionale ... 26

Capitolo 2 Buona salute e cattiva salute: dinamiche e variabili in gioco ... 31

2.1 I determinanti della salute: una rete dinamica che impatta sullo stato di benessere/malessere della persona ... 35

2.2 Il paradosso del mondo occidentale: disuguaglianze e povertà crescono con l'aumento della ricchezza ... 38

2.3 La differenza che genera diseguaglianze: Il genere come determinante di salute ... 41

2.4 Interventi internazionali: una carrellata storica che porta alla prospettiva di genere ... 45

2.5 Il genere nella scienza medica: la medicina di genere come nuovo approccio alle cure ... 48

2.6 Uno sguardo in ottica di genere al contesto nazionale ... 54

Capitolo 3 La violenza e il genere: un antico ma sempre attuale binomio ... 59

3.1 Le sfumature della violenza di genere ... 60

3.2 Violenza di genere: un problema sociale da contrastare ... 69

3.3 L'impegno costante nel tempo dei centri antiviolenza ... 76

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Capitolo 4 Il Codice Rosa come nuovo modello istituzionale e strategia di azione ... 82

4.1 Il Codice Rosa: un'innovativa esperienza per contrastare la violenza di genere ... 84

4.2 Il Codice Rosa da esperienza locale a progetto regionale ... 86

4.3 La risposta toscana si rafforza nella “Rete Regionale Codice Rosa” ... 89

4.4 Il Codice Rosa nell'esperienza locale: la peculiarità dell'azienda Ospedaliero Universitaria Pisana ... 94

4.5 Uno sguardo ai dati ... 98

Conclusioni ... 105 APPENDICE A ... 108 APPENDICE B ... 113 APPENDICE C ... 118 APPENDICE D ... 124 APPENDICE E ... 136 Riferimenti bibliografici ... 142 Riferimenti normativi ... 146 Siti consultati ... 148 Ringraziamenti ... 149

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INTRODUZIONE

Il presente lavoro di tesi ha l'obiettivo di affrontare il tema della violenza legata al genere, un fenomeno antico ma che continua ad avere tutt'oggi una forte risonanza per la sua diffusione globale e per i costi umani, sociali ed economici provocati, i quali inevitabilmente ricadono, oltreché sull’esistenza delle persone che la subiscono, sull'intera collettività. I concetti di violenza e di qualità della vita si uniscono per comprenderne i riflessi sullo stato di salute, un’interazione inscindibile che rappresenta la nostra chiave di lettura. L’argomento trattato è complesso, di conseguenza, per essere affrontato nelle sue multi-sfaccettature necessita di un percorso a ritroso in grado di fornire approcci interpretativi per rendere più comprensibili i fenomeni sociali legati a queste tematiche e le relative risposte che efficacemente possono essere elaborate dalle istituzioni.

Il lavoro sarà articolato in una prima parte teorica, infatti nel capitolo iniziale si ripercorreranno, attraverso i concetti elaborati dalla sociologia e in una prospettiva diacronica e sincronica, le tappe evolutive che nel tempo hanno interessato le categorie di salute/malattia e il modificarsi del loro significato all'interno dei vari contesti socio-culturali; in un processo dinamico e continuo che accompagna tutti i cambiamenti culturali della disciplina. In particolare sarà evidenziato il contributo apportato dalla sociologia della salute, attraverso il pensiero dei vari autori, si rileggeranno, a tal fine, i paradigmi e i modelli teorici da loro elaborati nel corso del tempo.

Si vedrà come al lento superamento della visione meccanicistica, per lungo tempo dominante in campo scientifico come nel senso comune, che vede il corpo e la mente come due entità a sé stanti e indipendenti l'una dall'altra, si sia accompagnato l’affermarsi di una visione multidimensionale e dinamica che guarda alla malattia come a un fenomeno co-costruito dall'interazione dei diversi fattori in continua evoluzione. Rilevanza verrà data alla definizione di salute sancita dall'OMS a cui ha fatto seguito la diffusione della consapevolezza che la salute è un diritto fondamentale di ogni persona da garantire e tutelare, all'evoluzione normativa dei singoli Stati che insieme ai governi, alle comunità internazionali e ai sistemi sanitari si riconoscono responsabili dei propri cittadini, dei quali devono concretamente e pubblicamente proteggere e garantire la

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salute.

Nel secondo capitolo l'attenzione sarà focalizzata sui fattori di rischio, sulle variabili che in diversa misura entrano in gioco, influenzano e determinano lo stato di benessere/malessere degli individui, considerati nella loro totalità bio-psichica-sociale, in continuo interscambio con il proprio ambiente. Considerando che le norme non sono sufficienti a garantire una buona salute si prenderanno in esame i vari determinanti classificati dall'OMS, fra questi in particolar modo si esaminerà il genere sia come fattore determinate nei processi di salute/malattia che come appartenenza sessuale discriminante per le donne rispetto alle opportunità di scelta, alla fruibilità delle risorse, sia materiali che simboliche, disponibili. Il genere verrà analizzato nella sua accezione più ampia di dimensione umana socialmente costruita, unitamente alle diseguaglianze declinate gerarchicamente da un “mondo maschile”, svantaggi che pesano enormemente sulla salute delle donne e alimentano il paradosso delle maggiori speranze di vita ma in condizioni di patologie croniche rilevanti. Si noterà come questo status di iniquità a subordinazione femminile abbia avuto ripercussioni anche nel campo medico, a causa dell'approccio neutro che ha caratterizzato, e che caratterizza in larga parte, la medicina tradizionale. Una simile visione ha comportato, come ormai ampiamente alimentato in letteratura, spesso forti ritardi diagnostici e terapeutici. In merito si guarderà con interesse alla medicina di genere, o meglio all’approccio di genere in salute, come nuovo paradigma multidisciplinare, multidimensionale e trasversale, rivolto al riconoscimento e al rispetto delle diversità e delle specificità, una nuova visione in ottica di comprensione delle differenze, al momento non ancora matura, ma che dall'interesse che sta suscitando negli ultimi anni tra i diversi operatori, fa sperare in un cambio di prospettiva dal quale la salute di tutte le persone potrà ricavarne una maggiore efficacia nelle prestazioni sanitarie e, di conseguenza, sicuri benefici.

Nella seconda parte del presente lavoro verranno esaminati i vari problemi derivanti dall’appartenenza di genere come fattore riproduttivo di diseguaglianze, nonostante l'impegno continuo dimostrato dalla volontà internazionale per la loro eliminazione. Nel terzo capitolo si evidenzierà come l'attenzione al genere si confermi frammentaria dal momento che ancora oggi non considera unitamente alcuni fattori di rischio, come può essere la violenza di genere che continua ad espandersi e a colpire non solo le donne, ma tutte quelle persone che per scelte sessuali o per particolari fragilità si ritrovano ad essere il bersaglio di chi legittima, nell'odio e nell'incapacità a relazionarsi

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con l'altro, il proprio potere e la propria forza. Della violenza di genere si analizzeranno le sue innumerevoli sfumature unitamente alle modalità e alle dinamiche con le quali si manifesta, come viene vissuta e quali meccanismi inducono chi la subisce a celarla per non farla emergere. Inoltre, come elemento di rischio per il benessere psicofisico si valuteranno i costi sociali ed economici stimati, nelle ricerche effettuate, molto elevati, le conseguenze sulla salute delle vittime che inevitabilmente ricadono sui sistemi sanitari e sul bilancio degli Stati con le relative ripercussioni sull'intera comunità.

Nel quarto capitolo si prenderanno in esame le risposte istituzionali adottate per contrastare e prevenire il fenomeno considerato, si guarderà alla Regione Toscana, tra le prime in Italia a dimostrare particolare attenzione verso le problematiche di genere e a concretizzare nel tempo questo orientamento con leggi proprie e con strategie d'azione innovative.

Lo studio di un caso in particolare, il Codice Rosa, percorso speciale attivato al Pronto Soccorso e dedicato a tutti coloro che si ritrovano ad essere oggetto di una qualsiasi forma di violenza, consentirà una visione più completa di come questa problematica venga affrontata e contrastata a livello regionale. La lettura critica di tutti quegli strumenti indispensabili alla formalizzazione e legittimazione del Codice Rosa, consentirà un approfondimento del caso preso in considerazione offrendo chiavi interpretative ulteriori per avvicinarsi alla realizzazione di nuove modalità operative, agli obiettivi e alla diffusione di questo progetto, adottato in tante altre realtà tanto che oggi se ne parla come di un modello istituzionale di interesse nazionale.

Il presente lavoro si concluderà con un focus sulle peculiarità dell'esperienza Codice Rosa dell'Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana, attraverso gli atti deliberati, le modalità e la concretizzazione delle sue azioni, si cercherà di comprendere come la violenza di genere viene affrontata e con quali mezzi contrastata nella realtà locale. Una breve analisi dei dati darà la possibilità di verificare la situazione specifica in merito al numero di accessi al Codice Rosa effettuati nei tre anni, a partire dal 2014, che hanno visto l'adesione dell'A.O.U. pisana prima al progetto e successivamente alla rete regionale e quali strategie oltre a quelle già presenti pensa di mettere in atto per un eventuale miglioramento futuro.

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CAPITOLO 1

MALATTIA E SALUTE: UNA LETTURA SOCIOLOGICA DELLA

LORO EVOLUZIONE

Salute e malattia sono due concetti legati inscindibilmente tra loro, hanno catturato l'attenzione di studiosi e istituzioni e negli anni hanno subito profonde trasformazioni evolvendosi nel loro significato. Oggi la definizione più condivisa è quella contenuta nella Costituzione dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (1946)1 che descrive la salute come “stato di completo benessere fisico, mentale e sociale”, ripresa successivamente nella Dichiarazione di Alma Ata dell'OMS (1978) in contrapposizione alla tradizionale visione di semplice assenza di malattia e infermità. Per lunghi anni la concezione negativa di salute ha prevalso sia in campo scientifico che nel senso comune, trovando giustificazione negli alti tassi di mortalità e nella speranza di vita limitata, in una società in cui la stessa sopravvivenza era un traguardo che non tutti riuscivano a raggiungere. In passato i concetti di salute e malattia erano semplici da definire e da capire in quanto si escludevano a vicenda, era sano colui che non aveva malattie e malato colui al quale mancava la salute. La malattia aveva un senso perché era uno stato evidente e occorreva limitare i danni che poteva produrre su tutta la collettività, di conseguenza andava controllata e per quanto possibile curata; la salute “costituiva una dimensione nascosta della vita sociale” (Giarelli 2009, pag. 157) e non essendo evidente, né pericolosa, non veniva considerata un problema sociale e di conseguenza non suscitava interesse.

Il XX secolo è scenario di grandi trasformazioni, le nuove scoperte tecnologiche, scientifiche ed epidemiologiche che interessano i Paesi industrializzati fanno sì che l'attenzione degli studiosi si sposti su tutti quei fattori che possono determinare l'insorgere di malattie e sulla necessità di mettere in atto azioni preventive. Questi fattori rivoluzionari che interessano la società fanno cambiare totalmente il modo di pensare e di approcciarsi alla malattia, questa viene sempre di più associata alla salute nella consapevolezza che i due aspetti non possono essere scissi tra loro né tanto meno dal

1 La costituzione è stata adottata dalla conferenza internazionale della sanità che si è tenuta a New York dal 19 giugno al 22 luglio 1946; è stata firmata il 22 luglio dai rappresentanti di 61 stati ed è entrata in vigore il 7 aprile 1948 (http://www.who.int/governance/eb/who_constitution_en.pdf).

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contesto sociale in cui si manifestano. La malattia diventa, insieme alla salute, fatto sociale da analizzare e studiare su cui si concentra l'attenzione delle diverse discipline. Anche la sociologia della salute per il suo oggetto di studio, sulla scia della definizione positiva di salute data dall'OMS, ha apportato il suo contributo, infatti numerosi autori hanno focalizzato i loro studi sull'analisi dei concetti di salute e di malattia elaborando in merito diversi paradigmi.

In questo primo capitolo verrà data una lettura sociologica, secondo una prospettiva sia diacronica che sincronica, di quei modelli teorici che hanno contribuito all'evoluzione del binomio salute/malattia, l'attenzione sarà posta sui paradigmi Bio-medico, struttural-funzionalista, marxista, critico, eco-sistemico, fenomenologico dal quale ha preso vita l'approccio narrativo, per arrivare a quello correlazione; ma prima di iniziare la loro analisi lo sguardo deve andare indietro nel tempo ai tanti autori che implicitamente si sono interessati a questi due aspetti dalla realtà.

1.1 Origini storiche della sociologia della salute: uno sguardo al passato per

comprendere il presente

La sociologia è una scienza relativamente giovane, la sua nascita come scienza a sé si deve ad Auguste Comte (1798-1857), per il quale è scienza vera che studia l'identità della società basandosi sull'osservazione, comparazione ed esperimento (Toscano, 1998). Tra le due guerre la sociologia, anche quella europea, si diffuse negli Stati Uniti, dove fu anche istituita la prima cattedra di sociologia alla Yale University e da allora sono nate tante specializzazioni che hanno dato origine a tante “sociologie” che, pur avendo la stessa matrice, hanno acquisito nel tempo un proprio pensiero e una propria autonomia. Tra le diverse specializzazioni troviamo la sociologia della salute le cui origini si fanno risalire a Talcott Parson con la pubblicazione, nel 1951, del suo libro Il sistema sociale all'interno del quale un capitolo2 viene dedicato alla sanità, malattia e medicina. Anche se andando indietro nel tempo troviamo autori come Ramazzini, Virchow, Sigerist, Engels, Durkheim e Weber per citarne solo alcuni, che con i loro studi hanno posto le basi della futura sociologia della medicina e della salute.

Ramazzini (1633-1714), innovativo nella sua ricerca e nei suoi studi sulla sicurezza sul posto di lavoro, si dedicò all'analisi di tutte quelle malattie che colpivano i lavoratori

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(falegnami, minatori, pittori, ostetriche e altri) e alle condizioni in cui essi vivevano con l'obiettivo di fornire ai medici indicazioni pratiche, utili alla cura dei propri pazienti, invitandoli ad instaurare con loro un rapporto umano all'insegna del dialogo e dell'empatia.

Virchow (1821-1902) iniziò a lavorare come medico sociale nel 18483, egli era convinto che occorressero delle innovazioni in campo sanitario e che lo Stato dovesse essere scosso dal suo immobilismo. Grazie alle sue esperienze lavorative (fece parte di una commissione di studi inviata dal Governo in Alta Slesia per scoprire le cause dell'epidemia di tifo che aveva colpito il Paese) era fortemente consapevole che tra le condizioni sociali e la salute degli individui ci fosse una forte correlazione e che per curare le persone occorreva prevenire la malattia che era distribuita in maniera diseguale tra i diversi gruppi sociali.

Sigerist (1821-1857) era convinto che la medicina fosse una scienza sociale perché deputata a mantenere le persone in armonia con il proprio ambiente e che, nel caso di malattia, avesse il compito di ristabilire l'equilibrio perso e di riportare gli individui ad uno stato di salute tale da continuare ad essere utili alla società. I medici dovevano impegnarsi non solo nella cura della malattia ma anche nella difesa dei diritti dei lavoratori, indossando i panni di avvocati difensori. Sigerist sosteneva inoltre che le condizioni economiche fossero alla base della salute pubblica per cui era fondamentale l'intervento istituzionale per finanziare i servizi sanitari e poter estendere a tutta la popolazione l'assistenza sanitaria.

Anche Engels (1820-1895) con le sue ricerche effettuate sul campo, evidenziò la miseria e l'alienazione in cui riversavano gli operai della società inglese del diciannovesimo secolo, fece numerosissime interviste a soggetti appartenenti a tutte le classi sociali raccogliendo così un vasto materiale a testimonianza del legame che intercorre tra le condizioni di vita di una popolazione e l'insorgere delle malattie.

Durkheim (1858-1917) fu promotore di un argomento che ancora oggi è al centro del dibattito, egli ha correlato il concetto di salute a quello di integrazione sociale. Nei suoi studi empirici analizzò numerosi soggetti affetti da disturbi mentali, verificando che non sempre esisteva un legame tra lo stato psichico del soggetto e il suicidio che costui metteva in atto. Egli notò che i tassi più alti di suicidio si verificavano tra gli individui

3 La medicina sociale inizia a diffondersi nei paesi industrializzati già dall'ottocento, grazie agli studi epidemiologici che fanno spostare l'attenzione dalla cura del singolo soggetto alla cura di interi gruppi sociali (Cipolla 2004).

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con una rete relazionale debole o inesistente, che si sentivano abbandonati a sé stessi senza modelli da seguire, in quanto la società, trovandosi in uno stato di anomia, non assolveva più la sua funzione di guida morale e di controllo sociale. Il suicidio pur essendo un atto individuale, doveva essere studiato come fatto sociale, perché le cause erano sociali. Il legame tra salute e integrazione sociale e la dipendenza tra benessere, qualità della vita e reti sociali che Durkheim aveva individuato con largo anticipo, nel tempo sono stati verificati divenendo realtà perché inglobati nelle moderne politiche socio-sanitarie. Durckheim, analizzando la malattia non solo come un evento fisico e patologico da studiare clinicamente ma vedendola all'interno del contesto sociale e relazionale in cui questa si manifesta, ha anticipato la distinzione tra i concetti di Illnes, Disease e Sickness4 analizzati da Twaddle molti anni dopo, nel modello “DIS” da lui elaborato per l'analisi della malattia.

Tra gli autori classici della sociologia che hanno dato il loro contributo alla sociologia della salute, anche se non direttamente, non si può non ricordare Weber (1864-1920), il quale fornì dei modelli teorici da cui hanno preso spunto le Organizzazioni Sanitarie come ad esempio gli Ospedali, i quali rappresentano la concretizzazione del tipo ideale di burocrazia nel quale l'autorità fondata sulla competenza e sulla specializzazione dei medici ha creato al suo interno una gerarchizzazione delle competenze. Centrale per Weber era l'agire sociale di cui egli propose quattro forme idealtipiche, distinte a seconda del senso che il soggetto vi attribuiva. Tutte le azioni umane devono essere interpretate in base al senso soggettivo che l'individuo attribuisce alle azioni che compie, ma questo senso non è mai solo soggettivo perché è condizionato dal contesto sociale e culturale in cui queste vengono attuate e dal significato simbolico che il senso comune attribuisce ad esse, di conseguenza l'agire diventa sociale.

Gli “ideal tipi”5 dell'azione sociale sono: azione tradizionale, azione affettiva, azione razionale rispetto al valore e azione razionale rispetto allo scopo.

Le azioni tradizionali sono quelle relative al contesto in cui si attuano, vengono compiute per tradizione o abitudine (ciò che una determinata cultura considera buone maniere). Le azioni affettive sono dettate dall'affetto o dai sentimenti. Le azioni razionali rispetto al valore si compiono per realizzare o rimanere fedeli a un valore (sacrificio in nome di un credo religioso o politico). Le azioni razionali rispetto allo

4 Illnes indica la percezione soggettiva del malessere, Disease la malattia secondo i canoni biomedici, Sickness la rappresentazione sociale della malattia.

5 L'ideal tipo di Weber non si trova allo stato puro nella realtà, il tipo ideale non è un'ipotesi ma un orientamento per la formulazione di ipotesi, è un criterio per descrivere e far meglio comprendere la realtà (Toscano 1998).

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scopo vengono messe in atto per realizzare uno scopo concreto in base ai mezzi a disposizione (agire economico).

Le azioni compiute rispetto al valore e allo scopo, pur essendo entrambe razionali, si differenziano tra loro in quanto le prime trovano la loro coerenza e razionalità nel valore che spinge a compierle, di conseguenza per colui che è all'oscuro di questi valori potrebbero essere considerate irrazionali; mentre le azioni razionali rispetto allo scopo trovano la loro razionalità nell'efficienza data dalla coerenza tra mezzi e fini. Per Weber, a causa della continua razionalizzazione del mondo, dell'industrializzazione, del potere della sfera commerciale ed economica, le azioni razionali rispetto allo scopo avrebbero prevalso nel tempo sulle altre tipologie di azioni (Weber 2005).

I tipi ideali dell'agire sociale teorizzati da Weber, secondo Sheila Hillier si possono collegare alle scelte di salute che gli individui fanno. Nel pensiero dell'autrice, nel mondo occidentale gli individui pensano alla malattia e alla salute secondo i canoni della medicina ufficiale anche se poi la classificazione che ne fanno si discosta dalla razionalità della scienza medica. Infatti non è raro che si faccia dipendere l'insorgere di una malattia da cause profane legate a fattori sociali o a credenze popolari, tutti meccanismi di difesa che contribuiscono al fenomeno della medicalizzazione della vita. Per l'autrice queste credenze profane che gli individui hanno sulla malattia e sulla salute non vanno considerate irrazionali rispetto alla scienza medica tradizionale, poiché hanno una loro razionalità che nasce dal significato personale che ogni individuo attribuisce alla sua malattia e che sfugge all'osservatore, è una razionalità rispetto al valore che scaturisce dall'unicità della propria esperienza vissuta all'interno di un determinato contesto di vita. Un discorso simile deve essere applicato alla medicina alternativa o complementare le cui pratiche, se interpretate secondo i canoni ufficiali, vengono considerate irrazionali ma, se lette secondo i valori e le credenze degli individui che vi ricorrono, acquistano un senso (Maturo 2004).

1.2 Il Modello Bio-Medico: dall'uomo macchina alla medicina sociale

Come accennato inizialmente la sociologia, sempre attenta ai cambiamenti che hanno interessato e interessano la società nel suo continuo evolversi, ha cercato di dare un ordine ai diversi concetti elaborati in riferimento alla salute e alla malattia,

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sistematizzandoli nei vari modelli o paradigmi a seconda del periodo storico-culturale in cui venivano elaborati.

Il modello bio-medico non si può definire prettamente sociologico in quanto considera la salute solo in riferimento alla malattia intesa come un cattivo funzionamento del corpo, causato da una lesione organica o una patologia, la cui origine è da ricercarsi nei fattori genetici o nell'esposizione ad agenti esterni nocivi. Compito della medicina, quale scienza oggettiva, è scoprire le cause che hanno determinato il guasto e cercare una terapia che sia in grado di riportare il corpo al suo funzionamento precedente. Questa concettualizzazione meccanicistica, che vede il corpo e la mente come due entità a sé stanti che non si influenzano reciprocamente, trae le sue origini dal dualismo Cartesiano. La res cogitans (mente) essendo razionale e capace di idee innate, ha un ruolo centrale nella vita dell'uomo, mentre la res extensa (corpo) essendo materia bruta, è simile ad una macchina divisibile in parti i cui componenti potrebbero essere rimossi senza provocare nessuna alterazione all'insieme (Giarelli 2009). La malattia, secondo questa visione, è completamente scollegata da qualsiasi comportamento sociale e psichico, di conseguenza va studiata da un punto di vista biologico e molecolare, quindi spetta alla medicina trovare le cause che l'hanno provocata. Il medico, allo stesso modo di un meccanico che scomponendo il motore trova il guasto della macchina, considerando separatamente la mente dal corpo, dovrà essere in grado di individuare la patologia che potrà essere eliminata o ridimensionata, chirurgicamente o farmacologicamente.

Questa chiave di lettura ha influenzato per molti anni e forse ancora influenza, sia il mondo scientifico che il pensare comune, contribuendo alla visione della scienza come entità in grado di trovare la causa e il rimedio a tutti i mali, all'idealizzazione della figura del medico e alla crescente medicalizzazione6 del mondo occidentale, fenomeno ancora oggi in espansione.

Parallelamente, nel corso dell'800, nei paesi interessati dalla rivoluzione industriale, sotto la spinta delle scoperte scientifiche7 del periodo e in seguito alla diffusione di malattie causate dallo stile di vita precario in cui viveva la popolazione, prese vita la

6 Medicalizzazione, con questo termine si fanno rientrare nella sfera della medicina eventi che hanno natura sociale o psichica, condizioni dell'uomo che prima rientravano nella normalità ora sono considerate patologiche e vengono curate come tali provocando un aumento dei costi sociali sia in termini economici che culturali.

7 Pasteur (1822-1895), biologo/chimico francese, considerato il fondatore della microbiologia moderna, con le sue numerose scoperte per la cura delle malattie infettive verificò che la malattia non dipende solo da cause interne ma è influenzata anche da fattori esterni come quelli ambientali, e dalla loro continua interazione. Si deve a lui la scoperta della fermentazione, l'introduzione dei vaccini e dei metodi di sterilizzazione.

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medicina sociale o comportamentale, un modo diverso di approcciarsi alla malattia, che si allontanava dal pensiero dominante della macchina corpo (Bucchi e Neresini 2001, pag. 42) che caratterizzava il modello meccanicistico bio-medico. Gli studi epidemiologici8 dimostrarono che tante malattie, in special modo quelle infettive, diminuivano o scomparivano del tutto grazie al miglioramento sia dello stile di vita che delle condizioni socioculturali. Si rafforzava l'idea che l'allungamento della vita media e il miglioramento della salute erano dovuti non solo ai progressi della scienza, ma in buona parte alle condizioni migliori in cui viveva la popolazione. La malattia e la salute erano parti integranti della società, per cui non potevano essere studiate al di fuori del contesto sociale in cui si manifestavano, solo la consapevolezza che la malattia fosse il risultato dell'interazione continua tra fattori interni ed esterni poteva aiutare a trovare il modo per curarla e, ancora più importante, per prevenirla. Grazie a queste nuove acquisizioni, l'attenzione non era più centrata sul singolo individuo portatore di una determinata patologia, ma si spostava su tutta la collettività e la malattia doveva essere osservata e studiata come una parte di un unico sistema.

1.3 Il Modello Funzionalista: malattia come processo dinamico, Parsons e il sick role

Come accennato in precedenza, diversi autori classici, sia pure implicitamente, si sono occupati di salute, ma si attribuisce a Parsons la nascita di questo ramo della sociologia chiamato della salute.

Ogni essere umano nel momento in cui si ammala, per fronteggiare il nuovo stato mette in atto delle risposte e delle strategie per poter tornare alla condizione iniziale di salute. Essendo due aspetti interconnessi tra di loro, si può parlare di salute e malattia come di due processi dinamici e ambivalenti in quanto nella realtà non si è mai completamente sani o completamente malati, ma a seconda della propria realtà che cambia continuamente sotto l'influenza di numerosi fattori, ogni individuo si colloca più vicino ad uno stato o all'altro (Giarelli 2009). Parsons ha elaborato la sua teoria analizzando il ruolo del malato all'interno della società nella quale agisce; lo stato di salute è strettamente legato al sistema e contribuisce sia al suo funzionamento che al suo mantenimento. La malattia ha un ruolo sociale oltre che biologico, perché “la malattia è uno stato di turbamento nel normale funzionamento dell'individuo umano nel suo

8 L'epidemiologia è una branca della medicina che studia la distribuzione, la frequenza, i fattori causali e di rischio delle malattie, servendosi della statistica, con l'obiettivo di individuare efficaci interventi preventivi.

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complesso, in quanto comprende sia lo stato dell'organismo come sistema biologico sia i suoi adattamenti personali e sociali” (Cipolla 2004, pag. 56). Per Parsons la salute è quello stato di benessere e di autocontrollo indispensabile per poter svolgere tutta una serie di funzioni sia all'interno che all'esterno del sistema. La malattia viene vista come una devianza dal ruolo sociale, un ruolo che ogni società elabora per i soggetti che si ammalano e nei confronti dei quali nutre delle aspettative, al fine di ridurre i potenziali effetti negativi che lo stato di malattia potrebbe causare mettendo a repentaglio l'equilibrio generale della società. Ogni situazione critica che colpisce l'individuo, che sia una malattia, un incidente o una disabilità, è da considerarsi un problema sociale perché rende l'individuo inabile allo svolgimento delle proprie funzioni e un rischio per la sopravvivenza della stessa società. In questa situazione diventa fondamentale riportare l'ordine sociale eliminando o riducendo la causa che ha provocato lo stato di turbamento nel normale funzionamento dell'individuo.

Lo stato di malattia, non essendo volontario, deresponsabilizza il malato al quale la società riconosce dei diritti, esonerandolo dai suoi ruoli sociali abituali di lavoratore, di marito o altro. Il sick role prevede però anche dei doveri, nel senso che questo ruolo deve essere legittimato dall'autorità scientifica, il malato deve considerare indesiderabile la sua malattia e cercare di guarire il prima possibile, ma non potendo riuscirci da solo, si deve affidare ai medici9, esperti in grado di fornire l'aiuto tecnico di cui necessita e con i quali deve collaborare.

In quest'ottica la medicina diventa un'istituzione di controllo sociale che utilizza il malato e la sua malattia come mezzi per riportare il sistema sociale al suo equilibrio, quindi l'aspetto personale di questa nuova realtà che il soggetto ammalato deve imparare a vivere non è rilevante perché ciò che conta sono solo le modalità di risposta che mette in atto per conformarsi alle aspettative sociali.

1.4 Gli approcci critici: dalla salute come economia al paradosso della iatrogenesi

Parson con la sua teoria ha avuto il merito di evidenziare l'aspetto sociale che sottende alla malattia ma non è riuscito a liberarsi dal modello bio-medico, in quanto nella sua analisi del ruolo sociale del malato e della relazione che instaura con il medico, continua

9 La relazione medico paziente, analizzata da Parsons risulta fortemente asimmetrica, il paziente è relegato in una posizione subalterna rispetto al medico con il quale ha un rapporto di collaborazione (Bucchi e Neresini, 2001).

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a prevalere la componente organica della malattia che si legittima nel sistema medico-sanitario istituzionalizzato, ed è proprio questo legame persistente che ha dato origine a numerose critiche.

La teoria marxista trova le sue basi negli studi empirici di Engels sulle misere condizioni di vita del proletariato inglese attribuite all'espansione del capitalismo, il legame tra salute e sviluppo del capitalismo rimarrà il punto centrale della critica marxista. Per gli studiosi di questo filone la salute e la malattia vengono influenzate dal sistema capitalistico che provoca disuguaglianze e ingiustizie e responsabile dello stato di salute della popolazione è tutto il sistema sociale, comprese le forze economiche e politiche. Secondo questo pensiero il modello bio-medico rappresenta il sistema capitalistico che è presente in sanità perché riducendo l'individuo malato ad unico responsabile del proprio stato di salute ridimensiona tutti gli altri fattori sociali che influiscono sulla produzione di salute/malattia, permettendo alla medicina di esercitare una forma di controllo sociale.

Per i critici la salute e la malattia derivano dalle disuguaglianze di classe, anche il sistema sanitario viene fortemente influenzato dalla distribuzione iniqua delle risorse, questa iniquità, sempre presente nelle società, determina un diverso accesso ai servizi sanitari e una distribuzione diseguale della salute e della malattia. L'accesso ai servizi non universalizzato porta alla mercificazione della salute e di tutta l'organizzazione sanitaria che diventa una fonte di profitto a scapito delle persone che si ammalano. L'economia politica della salute vede la malattia come sickness, ossia un prodotto delle relazioni sociali, politiche ed economiche all'interno di un determinato contesto sociale, la malattia è una condizione generale che interessa la società nel suo complesso e non solo il singolo.

Il modello biomedico e le strutture sanitarie fondate sulla pretesa della sua superiorità scientifica, vengono messe in discussione da Ivan Illich, esponente della “Critica culturale della medicina”10 il quale denunciò nella sua opera Nemesi Medica11 tutto il

sistema sanitario del mondo occidentale che aveva portato “sull'altare” l'ormai intoccabile istituzione medica dei paesi industrializzati. L'autore sostiene che la medicina moderna non assolve più la sua funzione principale di cura perché la scienza medica, e le istituzioni dove questa si pratica, sono diventate produttrici di malattia. La

10 Questo approccio non è un vero paradigma ma rappresenta un insieme di critiche radicali che mettono in discussione il sapere biomedico.

11 Nemesi, nella mitologia greca, era la vendetta divina che si abbatteva sui mortali quando questi osavano appropriarsi con l'inganno di prerogative che spettavano solo agli dei.

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diagnosi e la terapia sono patogene e possono assumere le dimensioni di un'epidemia che egli chiama iatrogena, le stesse cure non apportano benefici ma danni e contribuiscono all'estensione del potere della medicina ufficiale. La iatrogenesi12, paradosso della medicina moderna, viene divisa da Illich in: Iatrogenesi clinica, Iatrogenesi sociale e Iatrogenesi culturale.

- Iatrogenesi clinica indica i danni complessivi che provocano i medici, gli ospedali e le case farmaceutiche quando il loro intervento non è più collegato alla diminuzione della morbosità ma si accompagna a cattive pratiche mediche, come nel caso degli effetti collaterali di una terapia che superano il beneficio, oppure di interventi chirurgici non necessari o di infezioni ospedaliere.

- Iatrogenesi sociale è riferita ai servizi sanitari che promuovono malessere in una società morbosa che spinge i propri membri al consumo sempre più massiccio di medicine e che ha portato alla medicalizzazione della vita, intesa come l'insieme di tutti quei cambiamenti sociali ed economici prodotti dal sistema sanitario organizzato. La medicalizzazione diffusa ha causato un'espropriazione della salute dei profani, i quali diventano sempre più estranei alla loro stessa malattia e sempre più dipendenti dalle terapie e dai luoghi ospedalizzati.

- Iatrogenesi culturale riguarda l'alta professionalizzazione organizzata della medicina la quale ha fatto sì che la medicina diventasse un'impresa contribuendo all'annullamento della capacità umana di accettare, sopportare e fronteggiare il dolore e la propria condizione di fragilità e vulnerabilità. Il progresso sanitario ha portato a considerare la salute come una merce, con la promessa illusoria di produrre “una salute migliore” si è appropriato indebitamente del dolore, che spogliato dei suoi significati personali ed emozionali è diventato solo un problema tecnico che la tecnocrazia medica avrebbe risolto.

Per l'autore, dall'interazione tra questi tre livelli di iatrogenesi si origina la nemesi medica, la vendetta della natura sulla presunzione della supremazia della medicina occidentale (Giarelli 2009).

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1.5 Individuo, salute e ambiente come unico sistema: l'approccio ecosistemico

Per superare la divisione tra mente e corpo, tra sistema biologico e sistema psichico iniziata con Cartesio e successivamente accettata e condivisa dal modello biomedico, viene introdotto l'approccio ecosistemico che considera l'individuo nella sua totalità biologica, psichica e sociale all'interno del proprio ambiente. La fonte da cui attingono i sostenitori di questo approccio è il costruttivismo, teoria secondo la quale la realtà non è qualcosa di oggettivo e di indipendente dal soggetto, in quanto è lo stesso soggetto che la crea e la costruisce a seconda di come pensa che sia, quindi la realtà è il prodotto del pensiero e dell'interazione sociale.

Il passaggio dalla visione meccanicista-riduzionista del metodo scientifico, che interpreta i fenomeni della realtà come insieme di rapporti lineari di causa-effetto, ad una visione olistica, come insieme di relazioni e correlazioni di tutte le variabili che possono influenzare l'intero sistema sociale, deve essere ricercato nella Teoria generale dei sistemi e nella cibernetica.

La teoria generale dei sistemi fu elaborata intorno agli anni trenta-quaranta da Von Bertalanffy, biologo austriaco, con l'obiettivo di far dialogare tra loro le varie scienze che si occupavano della complessità degli organismi viventi e di comprendere il loro comportamento all'interno del proprio contesto relazionale. Secondo questa teoria ogni organismo è un sistema, una totalità composta da parti che interagiscono tra di loro e che tendono all'equilibrio, le parti stanno tra loro in un rapporto circolare, per cui il cambiamento di una di queste provoca una modifica delle altre e di tutto il sistema. Si tratta di una causalità circolare e non più lineare, che deriva dalle continue interazioni tra le numerose variabili dove causa ed effetto si influenzano reciprocamente. Alla luce di questa teoria un fenomeno si può comprendere e spiegare solo se si studia nella sua globalità, nella sua organizzazione e nell'interazione che le singole parti stabiliscono tra loro.

Contemporaneamente alla teoria generale dei sistemi Wiener sviluppa la cibernetica, definita dallo stesso autore come la “scienza del controllo e della comunicazione nell'animale e nella macchina”, questa scienza, nata per progettare e realizzare sistemi artificiali automatici, ma allo stesso tempo in grado di interpretare anche i sistemi viventi, ha lasciato il segno nella società moderna con la rivoluzione tecnologica che ha portato alla nascita e alla diffusione dei computer.

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escono da un sistema aperto vi rientrano sotto forma di informazioni riguardanti l'uscita dal sistema. La retroazione è negativa quando il sistema nella sua interazione con l'ambiente modifica il proprio comportamento in risposta alle variazioni ambientali per mantenere il proprio equilibrio interno, è positiva se la correzione aumenta la deviazione in uscita e i sistemi tendono a modificare il proprio equilibrio (Gambini 2007).

L'approccio sistemico-cibernetico è nato dall'incontro tra la Teoria generale dei sistemi e la cibernetica che ha in Luhmann il suo maggiore esponente. L'autore considera i sistemi sociali separati dai sistemi biologici; il sistema è tutta la società nella sua interezza, l'economia, la politica, la sanità e gli stessi individui sono sistemi. La società non è la somma degli uomini ma è comunicazione e tutto il sistema sociale è formato dalla comunicazione e dagli effetti che questa produce. Ogni sistema sociale è situato in un ambiente che è molto più complesso e imprevedibile dello stesso sistema, il quale per poter sopravvivere deve sviluppare strategie per far fronte alle difficoltà ambientali. Il sistema è fornito di una chiusura operativa che lo rende autonomo e autoreferenziale rispetto all'ambiente, questo meccanismo gli permette di mantenere i propri confini e di ridurre la complessità esterna a scapito, però, di quella interna. L'ambiente non è subordinato all'autonomia del sistema perché questo non regola ciò che si trova all'esterno, essendo chiuso produce solo ciò che si trova al suo interno e che gli è necessario per contrastare le variazioni provenienti dall'ambiente, in modo da poter conservare il proprio equilibrio. A volte può succedere che tra sistema e ambiente si creino dei disturbi che possono provocare delle disfunzioni, un esempio di disfunzione del sistema potrebbe essere la malattia, mentre uno stato di equilibrio potrebbe essere rappresentato dalla salute.

I sistemi mantengono la loro autonomia perché sono dotati di autopoiesi13, una qualità comune a tutti i sistemi che permette loro di mantenere costante la propria organizzazione e di definire i propri confini attraverso la continua riproduzione dei propri componenti. Per l'autore la comunicazione, che è l'elemento indispensabile alla nascita e al mantenimento di ogni sistema sociale, possiede tutte le caratteristiche necessarie per l'autopoiesi. Tra sistema e ambiente esiste uno stato di continua tensione generata dall'intrecciarsi delle loro complesse correlazioni che non possono essere

13 Il concetto di autopoiesi Luhmann lo ha mutuato dal neurobiologo Maturana, che lo coniò a seguito di uno studio sui processi visivi delle rane sostenendo che i sistemi autopoietici producono non solo le proprie strutture ma anche gli elementi di cui sono composti.

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controllate dall'uomo, il quale nelle società moderne sempre più articolate, ha perso la sua centralità. L'autore non esclude che da questo processo di correlazioni e tensioni possano nascere dei sistemi parziali autonomi, con funzioni proprie, la medicina potrebbe essere un esempio di sistema parziale istituzionalizzato nato dal sistema sociale in risposta ad una sfida ambientale.

Altri autori, importanti per i loro contributi innovativi che si inseriscono nell'approccio ecosistemico, sono Edgar Morin e Gregory Bateson, entrambi interessati al sistema-ambiente anche se focalizzati sul soggetto all'interno del proprio sistema-ambiente e non sul sistema.

Per Morin l'ambiente non è il luogo fisico in cui il soggetto vive, ma è tutto l'eco-sistema originato dal complesso delle interazioni che avvengono tra i vari organismi che egli considera come sistemi aperti. Questo continuo interscambio tra i sistemi crea una corrispondenza fra equilibrio ecosistemico e salute, quest'ultima, vista sia sul piano individuale che collettivo, è una condizione di equilibrio ecologico, le capacità autocorrettive permesse dal processo di retroazione creano uno stato di omeostasi del sistema vivente.

Gregory Bateson, biologo, psichiatra e antropologo, pensava che esistesse qualcosa che collegasse i diversi aspetti della realtà apparentemente distanti tra loro, egli voleva trovare “la struttura che connette, la metastruttura” (Giarelli 2009, pag. 41). L'autore nella sua opera Verso un'ecologia della mente del 1972, sostituisce il concetto di sistema con quello di mente, pensa che sia possibile una nuova alleanza tra natura e mente14. La mente è considerata come un aggregato di parti in continua interazione, ogni parte ha delle funzioni specifiche che si distinguono l'una dall'altra per la “differenza”, intesa come concetto mentale, idea, priva di fisicità, in quanto non esiste nel tempo e nello spazio. La mente è una metastruttura che permette di collegare tra loro tutti i livelli dei sistemi viventi, da quelli biologici, psicologici a quelli sociali, di conseguenza l'attenzione degli studiosi si deve spostare sulle relazioni che intercorrono tra i diversi elementi, la mente può essere compresa solo se si è consapevoli di questa organizzazione.

Bateson applicò la sua teoria anche allo studio della schizofrenia, infatti nella ricerca sulla comunicazione nelle famiglie schizofreniche, portata avanti da un gruppo di studiosi a Palo Alto alla quale partecipò, elaborò la teoria del doppio legame per

14 La fusione tra scienze del vivente e sistemi sociali che cerca una nuova alleanza fra mente e natura si definisce “pensiero ecologico” (Cipolla 2004).

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evidenziare gli effetti negativi di una comunicazione disfunzionale all'interno di un contesto relazionale e di come le sue modalità possano influenzare l'insorgere di patologie schizofreniche.

1.6 L'aspetto soggettivo della malattia: dalla fenomenologia alla narrazione della

salute-malattia

Il modello fenomenologico abbandona la dimensione macro, biologica e sociosistemica dei modelli precedentemente accennati, per inserirsi in una dimensione micro, nella quale la salute è considerata un'esperienza umana dotata di senso soggettivo, l'interesse è rivolto al soggetto e al modo personale in cui egli vive la propria esperienza di malattia. La fonte teorica di questo paradigma è la filosofia di Husserl il quale parte dalla concezione che la coscienza è sempre intenzionale perché è sempre coscienza di qualcosa, l'intenzionalità lega indissolubilmente il soggetto conoscente all'oggetto conosciuto, rendendoli indistinguibili l'uno dall'altro, il pensiero e i ricordi esistono perché sono legati a qualcosa e qualsiasi oggetto esiste perché è pensato dal soggetto. Il mondo non si può indagare scientificamente perché sfugge ad ogni legge universale, ogni individuo ha tanti tipi di esperienze e la stessa scienza è un'esperienza che codifica il mondo in un determinato modo. Si conosce solo il fenomeno per come viene visto dall'osservatore, il quale non può sapere cosa sia il mondo intero al di fuori di ciò che egli vede, l'osservazione deve avvenire attraverso la sospensione del giudizio sulla realtà (epochè). Il mondo che si deve considerare è quello della coscienza, nelle cui strutture universali avviene ogni tipo di esperienza al quale l'individuo riesce a dare un significato socialmente condiviso (Muzzetto 1997), per cui ogni conoscenza nasce dalla soggettività quotidiana dell'individuo considerato nella sua interezza di corpo e mente. All'interno della fenomenologia di Husserl si snodano alcuni concetti fondamentali come quelli di empatia, di corporeità, del mondo della vita e in ultimo quello di oggettività intersoggettiva, concetti che hanno trovato spazio negli ambienti sanitari, là dove si è capita l'importanza di considerare i pazienti come persone e non solo come corpi portatori di sintomi e patologie.

Il concetto di empatia è la capacità del soggetto di aprirsi agli altri durante le interazioni faccia a faccia e attraverso il processo di introspezione, di comprendere le altrui intenzioni e di identificarsi con il vissuto degli altri soggetti, l'empatia permette di uscire

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dalla propria individualità per arrivare all'intersoggettività e andare verso il mondo. La corporeità è intesa come corpo vivente di cui il soggetto fa esperienza attraverso la propria coscienza personale, permette il processo empatico e l'incontro tra le diverse soggettività perché per Husserl lo stato fisico e quello mentale si condizionano a vicenda.

Il mondo della vita (Lebenswelt) per Husserl è l'unico mondo che il soggetto può conoscere perché è formato dalle attività abituali e dalle relazioni faccia a faccia. È la realtà della vita quotidiana dove tutto è dato per scontato, anche se è soggetta a continui cambiamenti è comunque indispensabile per la vita sociale perché permette di interpretare e dare un senso a ciò che accade intorno.

L'oggettività intersoggettiva indica la componente intenzionale e soggettiva che è alla base di ogni conoscenza che nasce dalla comunicazione interpersonale e dalla condivisione di senso per giungere ad una conoscenza socialmente condivisa (Giarelli 2009). Per l'autore il mondo inizialmente è un dato oggettivo con una storia e una sua struttura che gli attori sociali, attraverso la condivisione delle esperienze, ricostruiscono e riempiono di significati.

Alcune idee di Husserl vengono riprese da Schutz che le trasporta in ambito sociologico, egli condivide l'idea che il luogo in cui avvengono la formazione del senso della vita e la costruzione dei significati sociali sia la coscienza, inoltre egli approfondisce il concetto di mondo vitale come originario di tutte le esperienze umane e al quale i soggetti danno un senso, un'interpretazione condivisa socialmente. Per Schutz ogni individuo fa esperienza del reale in base al proprio vissuto, ma allo stesso tempo le sue esperienze sono determinate dalla conoscenza condivisa e non possono esistere fuori dal sociale. L'individuo, attraverso le relazioni sociali e il processo empatico, acquisisce la consapevolezza che l'altro ha una coscienza strutturata come la propria, questo rende possibile la comprensione dell'altro e del mondo. Per l'autore, come per Husserl, l'intersoggettività crea l'oggettività, l'esperienza del mondo è intersoggettiva perché nasce dall'incontro dei vissuti coscienziali dei soggetti nelle loro interazioni e relazioni faccia a faccia (Bertolazzi 2004). Per Schutz non esiste un solo mondo sociale ma ne esistono tanti quanti sono i punti di vista che lo osservano, allo stesso modo non è possibile che esista una sola realtà perché questa si dirama in tante realtà multiple, in tanti sottouniversi o province finite di significato che si formano dal senso che si attribuisce alle esperienze personali. Tra le tante province finite di significato rientra anche la malattia in quanto esperienza umana che ogni individuo arricchisce di propri

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significati e vive in maniera del tutto personale, di conseguenza la malattia non può essere separata da chi la sta vivendo/soffrendo e dal significato soggettivo che ne viene dato, la mente e il corpo si riuniscono per formare un'unica entità dotata di senso.

Ellen Idler, che ha trasportato i concetti fenomenologici nell'analisi della malattia, muove una critica alla medicina tradizionale, in quanto concentrandosi solo sull'aspetto scientifico della malattia ha emarginato la sua componente personale ed emozionale. Secondo questa analisi lo stato di malattia è caratterizzato da un determinato stile cognitivo che porta a un degrado progressivo di coscientizzazione attraverso un processo che si attua in diverse fasi. Il soggetto, al manifestarsi della malattia, tende ad isolarsi e a focalizzare la sua attenzione sul proprio corpo, progressivamente si allontana dalla sua realtà quotidiana che dava per scontata e ne costruisce un'altra più dolorosa. Il verificarsi di questi nuovi eventi porta alla costruzione di un nuovo Sé molto più fragile e vulnerabile e spinge l'individuo ad allontanarsi sempre di più dal quel contesto sociale di cui si sentiva parte attiva. Questa nuova condizione che travolge l'individuo, unita alla consapevolezza dell'incapacità di poter svolgere il proprio ruolo sociale, determina nel soggetto malato uno stato di apatia e di passività, inoltre il dolore riduce lo stato di coscienza creando enormi ostacoli alla comunicazione con i propri familiari (Giarelli 2004).

Tra gli altri approcci microsociologici, di orientamento fenomenologico, sono da ricordare quello etnometodologico elaborato da Garfinkel e quello drammaturgico di Gofmann, entrambi vedono la salute e la malattia come costruzione sociale della realtà. Per Garfinkel le caratteristiche di ogni società sono prodotte dalla continua interazione dei suoi membri grazie agli etnometodi, termine che indica tutte le procedure, le conoscenze, le pratiche sociali e i discorsi stereotipati che ogni individuo utilizza nei contesti comunicativi quotidiani e che permettono la reciproca comprensione, sono queste pratiche sociali a dare origine ai relativi contesti e alle istituzioni.

Per l'autore negli ambienti sanitari le modalità utilizzate per la raccolta dei dati clinici sono sbrigative e non lasciano spazio alla componente gestuale e verbale che dovrebbe accompagnare l'anamnesi del paziente nel momento in cui si presenta davanti all'operatore sanitario per iniziare la costruzione sociale del suo stato di malattia.

Goffman sostiene che la vita quotidiana è una rappresentazione paragonabile ad un palcoscenico teatrale nel quale gli attori mettono in scena immagini di se stessi per mostrarsi agli altri, seguendo determinati copioni o schemi rituali, ognuno si impegna a recitare i propri ruoli sociali, sono i frame a regolare tutti gli eventi e il coinvolgimento

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dei vari attori al loro interno. In questa continua interazione tra gli attori esiste il rischio che tra la personalità vera dell'attore e il ruolo sociale che recita si possano creare delle fratture tali da provocare una fuoriuscita dagli schemi rituali che possono portare a forme di devianza (Goffman, 1997).

Goffman nei suoi studi sulle piccole comunità, si fece assumere come infermiere in un manicomio di Washington dove rimase un anno, per portare avanti una ricerca etnografica per verificare gli effetti devastanti che questi ambienti possono avere sulla personalità degli individui che entrano in contatto e vivono per un periodo o per sempre al loro interno. Per l'autore tutti quei luoghi in cui vivono o lavorano gruppi di persone costretti a condividere una situazione formalmente amministrata, ma chiusa a qualsiasi tipo di relazione sociale, che li esclude dal resto del mondo, sono Istituzioni totali. Questi luoghi chiusi alla realtà esterna hanno una forza costrittiva tale da annullare l'identità degli individui che vi entrano e lo scopo di risocializzarli ai valori e ai modelli dominanti al loro interno, di far loro accettare l'ordine sociale e le regole vigenti per prepararli a svolgere il nuovo ruolo che è funzionale all'istituzione ospitante e che la società si aspetta da loro (Goffman, 2001).

La spersonalizzazione e la costruzione della nuova identità avvengono in un lungo e faticoso processo che si snoda durante tutta la carriera morale del ricoverato il quale, ridotto a non persona, progressivamente si identifica con il ruolo sociale di deviante riconosciuto e sostenuto, sin dall'inizio, da tutti gli altri soggetti che lo ritenevano tale. Goffman parla di genesi sociale della devianza all'interno della quale individua tre categorie di persone portatrici di diversità, deformazioni fisiche, stigmi tribali e aspetti criticabili del carattere, che rischiano la stigmatizzazione e che vengono considerate socialmente indesiderabili, questi elementi di diversificazione creano delle perturbazioni nelle quotidiane relazioni sociali tali da provocare la loro esclusione sociale (Giarelli 2009).

Attraverso il breve richiamo fatto agli autori precedentemente trattati si è evidenziato il notevole contributo che l'approccio fenomenologico ha apportato all'analisi della malattia e della salute, permettendo l'acquisizione di nuove chiavi di lettura per una visione più ampia in una prospettiva globale. L'epicentro si è spostato gradualmente dalla patologia da curare, pur comprendendola, agli aspetti più personali e nascosti di questo stato di fragilità e vulnerabilità che può colpire ogni individuo in qualsiasi momento, il quale si vede rivoluzionare la propria esistenza.

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come questa viene interpretata da chi la vive quotidianamente, inoltre ha permesso una nuova modalità operativa di gestione del malato, una prassi clinica chiamata Narrative-based medicine (NBM) che al centro mette la persona con le sue esperienze, le sue attività sociali e la sua storia di malattia.

La medicina narrativa è un orientamento nato negli Stati Uniti grazie al pensiero Arthur Kleinman, antropologo e psichiatra della scuola di Harvard, secondo il quale salute, malattia e medicina sono sistemi culturali e simbolici il cui significato viene costruito socialmente e culturalmente.

La cultura è intesa come “un sistema di significati simbolici che modella sia la realtà sociale che l'esperienza personale, mediando fra i parametri esterni e interni e che costituisce una determina rilevante del loro contenuto, degli effetti e del mutamento cui esso soggiacente” (Cipolla 2004, pag. 125).

Nel racconto dell'esperienza personale la malattia viene ricostruita e dotata di senso, diventa la trama della narrazione, comprensibile a tutti gli attori sociali presenti nel sistema perché il linguaggio utilizzato non è scientifico e comprensibile solo agli esperti, ma è un linguaggio comune che viene comunicato attraverso i codici dettati dall'esperienza sia di malattia che professionale.

Per Kleinman tutte le malattie, in quanto esperienze umane, sono ricche di significato e ogni malato cercherà di capire la sua malattia a seconda dei modelli esplicativi messi a disposizione dalla propria cultura che sono diversi dai modelli utilizzati dal medico e che permettono un linguaggio comune tra medico e paziente. Ogni società elabora un proprio significato e una diversa spiegazione della malattia che rispecchia la propria cultura, a questo proposito Kleinman propone il suo modello di sistema sanitario che chiama etnomedico. Questo è un modello interculturale in grado di analizzare il modo in cui la malattia viene costruita nelle diverse società e di sopperire al riduzionismo del modello biomedico, esso comprende tre importanti settori nei quali la malattia viene vissuta:

• Il settore popolare è quello in cui viene gestita la più alta percentuale di casi di malattia, ne fa parte la famiglia che in tutte le società ha la funzione di cura insieme alle reti sociali e comunicative.

• Il settore professionale di cui fanno parte sia la medicina scientifica occidentale che tutte le altre forme mediche di altre tradizioni.

• Il settore tradizionale che è popolato dai guaritori non professionali.

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esclusivamente dal corpo ma è sempre il risultato che viene attribuito dalle diverse culture alle varie manifestazioni del corpo, infatti “ammalarsi non è dappertutto la stessa cosa; ciò che si ritiene malattia o salute non è costante nel tempo; non tutte le malattie sono simili per ciò che riguarda la loro rappresentazione sociale; le persone non si ammalano tutte allo stesso modo; riconoscersi sani o malti è raramente un atto solitario” (Bucchi/Neresini 2001 pag. 136).

La medicina narrativa nella sua analisi predilige un rapporto dialogico e empatico tra il medico e il paziente per arrivare ad una diagnosi e ad una terapia che non guarisca solo il “pezzo non funzionante” ma la persona nel suo essere di corpo e di mente. Tra i due o più soggetti presenti in scena avviene una negoziazione dei significati che utilizza la narrazione come mezzo privilegiato attraverso cui si riesce ad organizzare e interpretare l'esperienza di entrambi.

La medicina narrativa non deve essere vista in opposizione alla medicina basata sull'evidenza scientifica in quanto si affianca ad essa, perché portando in superficie tutti quegli aspetti culturali, sociali ed emozionali, da sempre trascurati dalla medicina tradizionale, permette una presa in carico completa del malato da parte dei sanitari ai quali sono richieste competenze personali aperte all'ascolto e alla relazione empatica, ma anche competenze specifiche che possono essere apprese attraverso processi formativi15. Allo stesso tempo il paziente, grazie alla narrazione della sua esperienza, diventa il protagonista del racconto, acquisisce la consapevolezza di essere ascoltato e compreso, non più emarginato dalla sua stessa malattia che egli non vive come degrado di coscientizzazione, ma come un evento che pur nella sua drammaticità e fragilità, se compreso e curato appropriatamente, un giorno potrebbe trovare una risoluzione con la guarigione e andare a depositarsi nel personale bagaglio esperienziale.

15 Negli Stati Uniti la NBM ha trovato legittimazione anche nelle università grazie al lavoro di Rita Charon che ne ha coniato il termine, in Italia è da qualche anno che sta suscitando interesse. L'Istituto Superiore di Sanità ha organizzato una serie di convegni e progetti a livello nazionale e nel 2009 è nata la Società italiana di Medicina Narrativa ad opera di Antonio Virzì, psichiatra della clinica universitaria degli studi di Catania (http://www.hstory.it/medicinanarrativa/).

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1.7 L'aspetto tridimensionale della malattia: la triade DIS nel triangolo disease,

Illness e Sikness

La medicina narrativa ha contribuito all'espandersi di tutte quelle medicine complementari e non convenzionali16 che hanno un comune denominatore rintracciabile nella concezione olistica di salute, che considera l'uomo nella sua totalità formata dal corpo, dalla mente e dall'anima, e la salute in una visione globale. Il concetto di malattia olisticamente inteso si amplia, includendovi oltre alla componente bio-medica anche la soggettiva e la sociale. Questa visione tridimensionale della malattia si deve ad Andrew Twaddle (1968) il quale propose un modello multidisciplinare per la sua analisi, la triade DIS (Disease, Illness e Sikness). Disease è la malattia come guasto dell'organismo macchina, una lesione organica indipendente dalla volontà del soggetto che può essere limitante per la vita sociale abituale, l'individuo è inerme affidato totalmente allo specialista che lo deve guarire dal suo male.

Il concetto di illness è la componente soggettiva, che richiede un coinvolgimento del malato il quale deve prendere coscienza del suo male e del disagio che la sua nuova condizione gli procura per poi essere in grado di dargli un senso e poterla descrivere. Il concetto di sikness introduce nell'analisi della malattia la dimensione societaria, è attraverso questo processo che avviene la socializzazione sia della disease che della illness, in base al significato e al peso che la società attribuisce a quella determinata malattia vengono stabilite le relative pratiche mediche e riconosciuti i diritti e i doveri del malato il quale vede legittimato il suo stato.

Da questa triade emerge che nello stato di malattia sono coinvolti tre soggetti tra loro interconnessi: la persona malata, l'istituzione medica e la società che insieme danno vita ad un sistema di interazione sociale da cui ha origine questo triangolo della malattia o triangolo terapeutico, ognuno di questi soggetti interpreta e dà un significato della malattia dal proprio punto di vista (Giarelli 2009).

16 Le medicine non convenzionali indicano le pratiche terapeutiche distinte dalla medicina ufficiale, quelle complementari comprendono la logica dell'integrazione e della collaborazione che dovrebbe essere alla base di tutte le pratiche scientifiche e non. Secondo l'indagine multiscopo dell'Istat del 2001, in Italia le medicine convenzionali più diffuse sono l'omeopatia, i trattamenti manuali, la fitoterapia e l'agopuntura (Bartollino e Perino, 2004).

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Figura 1.1 Il triangolo terapeutico: illness/disease/sickness (fonte: Giarelli 2009, pag. 233)

Il triangolo evidenzia la multidimensionalità della malattia come fenomeno co-costruito dalla interazione dei diversi attori, ognuno dei quali non può prescindere dall'esperienza dell'altro, i suoi tre elementi si evolvono nel tempo e il loro significato muta a seconda del contesto socioculturale in cui viene costruito e vissuto. Da una lettura multidimensionale della loro combinazione, desease, illness e sikness, vengono costruite socialmente, fanno emergere la centralità di tutti quegli aspetti nascosti appartenenti al genere umano che per lungo tempo sono stati trascurati e danno origine a diverse situazioni in cui si esplica la malattia.

Antonio Maturo ha ripreso la triade DIS e combinando tra di loro i tre elementi ha ottenuto sette diverse situazioni per analizzare i vari casi di malattia:

- La combinazione ideale, la meno problematica è quella in cui sono presenti e individuabili tutti gli elementi della triade, è il caso di una malattia che viene vissuta come un evento doloroso dal soggetto interessato, è socialmente accettata perché riconosciuta e legittimata dalla scienza medica. Esempio di questa combinazione è il caso di un’ernia che causa dolore, viene diagnosticata attraverso esami strumentali e curata con terapia medica o chirurgica.

- Un'altra combinazione è quella in cui si individua solo disease e sikness ma manca illness, è la situazione in cui la patologia è presente in quanto individuata dalla scienza attraverso esami specifici e viene riconosciuta socialmente, ma mancano la consapevolezza e l'esperienza di malattia da parte del soggetto colpito, esempio di questa combinazione potrebbe essere il caso di portatori sani

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di malattie, di valori ematici elevati o la scoperta improvvisa di qualche forma tumorale.

- Disease e illness senza sikness sono tutti quei casi in cui l'individuo fa esperienza di episodi lievi di malattia, quale potrebbe essere un raffreddore o altro, che comunque sono certificate dalla medicina ma non vengono riconosciute socialmente.

- La quarta combinazione vede la presenza di illness e sikness senza disease, è riscontrabile nei casi in cui il soggetto esperisce la malattia perché dolorosa, questa viene riconosciuta dalla società ma non può essere dimostrata dalla scienza, esempi sono le emicranie o il colpo di frusta.

Le combinazioni più complesse sono quelle in cui è presente una sola dimensione: - La presenza della sola disease non provoca apparentemente nessun disturbo ma

presenta elevati fattori di rischio, può essere riscontrata nei casi di ipertensione o di ipercolesterolemia, patologie che se non diagnosticate per tempo possono avere conseguenze anche gravi.

- Illness senza sikness e disease, è la combinazione che comprende tutti quei malesseri, percepiti solo a livello soggettivo da chi li vive, e quei disturbi psicosomatici, oggi sempre più frequenti, ai quali manca il supporto di una diagnosi scientifica e il riconoscimento sociale.

- L'ultima combinazione, nella quale c'è solo sikness e mancano illness e disease, non prevede nessuna diagnosi medica e nessuna esperienza di malattia, si riscontra in tutti quei casi come l'omosessualità e le varie dipendenze o forme di obesità, situazioni facilmente stigmatizzate dalla società (Giarelli 2009).

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