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Interventi internazionali: una carrellata storica che porta alla prospettiva di genere

Capitolo 2 Buona salute e cattiva salute: dinamiche e variabili in gioco

2.4 Interventi internazionali: una carrellata storica che porta alla prospettiva di genere

genere

Il percorso per l’eliminazione delle diseguaglianze di genere per arrivare ad una piena parità dei diritti è ancora lungo e continua a richiedere attenzione e impegno da parte di tutti i soggetti istituzionali e sociali. Se si guarda indietro nel tempo si può osservare che i primi interventi normativi a favore delle donne si sono avuti solo alla fine della prima guerra mondiale, dopo secoli di indifferenza finalmente si iniziò a prendere coscienza che il mondo era popolato non solo dagli uomini ma anche dalle donne, figure giuridicamente spoglie da ogni forma di tutela. La Società delle Nazioni emanò, all’inizio del ‘900, la prima normativa a protezione e tutela di alcuni aspetti della condizione femminile32, a questo intervento sovranazionale ne seguirono altri ad opera dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro finalizzati alla protezione del lavoro femminile33, ma è solo con la fine del secondo conflitto mondiale che prende avvio un impegno costante per il riconoscimento dei diritti da parte degli Organismi Internazionali e Nazionali. Le Nazioni Unite dichiarano con forza l'uguaglianza degli esseri umani e si impegnano a promuovere il rispetto e l'osservanza dei diritti e delle libertà fondamentali senza alcuna distinzione di razza, sesso, religione o lingua. Nella Commissione sulla Condizione delle Donne, istituita nel 1946, viene considerata la condizione femminile come fattore determinante di problematiche specifiche, aprendo così la strada ad una prospettiva di genere. Questi provvedimenti sono stati propedeutici al riconoscimento dei diritti, ma tutti quelli oggi posseduti vedono il loro fondamento nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, proclamata dall’Organizzazione delle Nazioni Unite nel 1948, nella quale numerosi articoli sono dedicati esplicitamente ai diritti che spettano alle donne34. Gli anni successivi alla Dichiarazione, testimoniano

32 La Società delle Nazioni istituita nel 1919 a seguito del Trattato di Versailles, stipulò a Ginevra nel 1921 la Convenzione internazionale per la repressione della tratta delle donne e dei fanciulli e nel 1933 la Convenzione per la tratta delle donne maggiorenni.

33 La convenzione del 1919 per la tutela dell'impiego delle donne prima e dopo il parto, nello stesso anno quella per la tutela del lavoro notturno e nel 1935 l'altra Convenzione sull'impiego delle donne nei lavori sotterranei. Le convenzioni sono tuttora vincolanti per gli Stati aderenti.

34 La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani enuncia nei seguenti articoli:

art. 2 “Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza

distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione...”

art.16 “Uomini e donne in età adatta hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia, senza alcuna

limitazione di razza, cittadinanza o religione. Essi hanno eguali diritti riguardo al matrimonio, durante il matrimonio e all’atto del suo scioglimento...”

l’impegno dell’ONU nella produzione di Patti35, Convenzioni e Trattati, per dare forza di legge ai Principi enunciati, vincolando gli Stati firmatari alla loro attuazione. A fronte del costante impegno da parte dell’ONU che portò alla produzione di numerose norme e indicazioni, non si verificò un parallelo cambiamento della situazione femminile, l’inerzia culturale e sociale richiese un altro intervento significativo che potrò all’adozione della Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti delle donne (CEDAW)36. L’Assemblea Generale nei vari articoli ribadisce gli obblighi di legge, ma anche le misure che ogni Stato deve garantire al proprio interno per raggiungere concretamente un’uguaglianza tra donne e uomini, non solo dei diritti garantiti dalla legge ma anche una parità nella vita privata e nei rapporti all’interno della famiglia. Considerare il concetto di parità in un’accezione ampia che trascenda l’aspetto giuridico per abbracciare la prospettiva di genere, implica un cambiamento e una complessità senza pari di cui le Nazioni Unite avevano coscienza, la consapevolezza che le differenze esistenti non derivavano dai fattori biologici, ma dal genere, quale costrutto sociale da combattere e superare demolendo tutti gli stereotipi ancorati fortemente alla cultura, era una realtà che il mondo intero doveva conoscere. Nell’arco temporale di un ventennio, le Nazioni Unite hanno convocato quattro “Conferenze globali sulle donne”37 a testimoniare il loro costante e continuo impegno

art. 23 “Ogni individuo ha diritto al lavoro, alla libera scelta dell’impiego, a giuste e soddisfacenti condizioni di

lavoro e alla protezione contro la disoccupazione [...] ogni individuo, senza discriminazione, ha diritto ad eguale retribuzione per eguale lavoro...”

art. 25 “... La maternità e l’infanzia hanno diritto a speciali cure e assistenza. Tutti i bambini nati nel matrimonio

o fuori di esso devono godere della stessa protezione sociale...”

art. 26 “Ogni individuo ha diritto all’istruzione...”

35 Tra i Patti si ricordano: il Patto Internazionale sui diritti economici, sociali e culturali e quello sui diritti civili e

politici stipulati nel 1966 che insieme alla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani compongono il Codice

Internazionale sui Diritti Umani.

36 La Convenzione CEDAW adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1979 fu firmata inizialmente da 51 Stati (attualmente sono 168), i quali si impegnarono a riferire, entro un anno e poi ogni quattro dalla ratifica, sui provvedimenti interni intrapresi per dare attuazione alle direttive, entrata in vigore nel 1981 è stata ratificata dall’Italia nel 1985.

37 In ordine temporale le quattro Conferenze Globali sulle donne indette dalle Nazioni Unite nel ventennio 1975/1995 furono:

Città del Messico, 1975: dedicata allo sviluppo e alla promozione di obiettivi orientati al futuro in merito a: - piena uguaglianza fra i sessi e eliminazione delle discriminazioni sessuali

- integrazione e piena partecipazione delle donne allo sviluppo nel suo complesso

- riconoscimento dell’importanza del contributo delle donne per il rafforzamento della pace del mondo; Copenhagen,1980: i Governi degli Stati Parti approvarono la CEDAW e affrontarono il tema della violenza sulle

donne;

Nairobi, 1985: a dieci anni dalla prima conferenza furono valutati gli scarsi risultati raggiunti e fu adottato un piano d’azione “Strategie future per l’avanzamento delle donne”;

Pechino, 1995: nella Piattaforma per l’Azione di Pechino, adottata all’unanimità da tutti Paesi presenti, furono individuate specifiche aree di crisi che richiedevano azioni concrete da parte dei Governi e della società civile poiché erano i principali ostacoli al progresso femminile e che riguardavano rispettivamente: povertà, istruzione e

finalizzato al raggiungimento della parità di genere e all’eliminazione di ogni fattore discriminatorio tra le persone. La Conferenza di Pechino in particolare, ha riconosciuto definitivamente i diritti delle donne come diritti umani, ha il merito di aver integrato il genere nelle politiche pubbliche e in quelle sanitarie. I Paesi firmatari, adottando la “Piattaforma d’Azione” si sono impegnati a tenere conto della dimensione sessuale in tutte le azioni politiche o di pianificazioni messe in atto, prima che una decisione venga presa deve essere sottoposta ad un’analisi al fine di valutare l’effetto che potrebbe produrre in termini di benefici sia sugli uomini che sulle donne.

La Conferenza ha posto al centro del dibattito il concetto di sesso nelle sue implicazioni sociali e culturali, rimarcando l’importanza e l’obbligo di tutti i Paesi di rivedere le relazioni tra uomo e donna all’interno dei contesti sociali, politici ma anche privati, gli Stati devono creare le condizioni appropriate per permettere alle donne di vivere, su un piano di parità con quello maschile, la propria vita in tutti i suoi aspetti. Due concetti introdotti e ufficializzati nella Conferenza di Pechino hanno fatto sì che le pari opportunità tra i generi e la non discriminazione divenissero valori universali: empowerment, inteso come attribuzione di potere politico e decisionale, non fine a sè stesso, ma come stimolo per la crescita di competenze e abilità che permettano una partecipazione attiva delle donne a tutti i livelli; mainstreaming, che indica l’importanza di inserire al centro delle politiche generali, tematiche femminili. La Conferenza di Pechino propose il gender mainstreaming come programma trasversale per promuovere le pari opportunità e introducendolo nel Piano d’Azione ha vincolato gli Stati firmatari a sviluppare strategie di genere nelle loro politiche interne.

L’iter per il riconoscimento dei diritti delle donne è stato combattuto e sofferto, ma nonostante l’impegno costante delle Istituzioni non si può dire che l’obiettivo sia stato raggiunto pienamente. Il genere, nel suo significato più ampio, non approda nel pensiero comune e nelle azioni politiche, così come la consapevolezza che l’appartenenza di genere possa influenzare la condizione di salute o di malattia, non riesce ad emerge in tutta la sua importanza se si tralascia il complesso rapporto e le interazioni esistenti tra biologia e cultura (Biancheri 2007). A dispetto delle Dichiarazioni e dei Trattati sull’uguaglianza, nel mondo sono presenti forti contraddizioni e disparità di trattamento, le donne continuano a primeggiare in tanti settori, dalla povertà alla mancanza

formazione, salute, violenza, stupro di guerra, economia, potere e processi decisionali, strategie istituzionali per favorire il progresso delle donne, i media e l’ambiente, fu discusso il diritto delle bambine ad avere informazioni, privacy, fiducia e rispetto da parte dei genitori.

d’istruzione, all’accesso limitato ai servizi, al carico eccessivo di lavoro e in numerosi altri, che arricchiscono l’elenco delle diseguaglianze. Dappertutto ha prevalso una sorta di cecità rispetto al genere (Gender blindness) che ha impedito il suo riconoscimento quale valore essenziale in grado di influenzare a vari livelli la vita delle donne, compresa la salute, un problema di non facile risoluzione che continua ad essere un fenomeno globale anche se si riscontrano differenze tra un Paese e l'altro a seconda del loro grado di sviluppo. L'Organizzazione Mondiale della Sanità, consapevole delle implicazioni sociali, culturali e psicologiche attribuibili al genere, nella commissione sui determinanti sociali di salute presieduta da Marmot, nel 2006, ha stabilito che il genere venisse inserito tra i fattori che concorrono a determinare lo stato di salute, a tutela del benessere non solo delle donne ma anche degli uomini. Adottare un approccio Gender sensitivity, inteso come sensibilità rispetto al genere, permette di individuare le differenze di genere e le criticità che da queste derivano, in modo che possano essere inserite all'interno di piani, strategie e azioni orientate alla rimozione di ogni forma di discriminazione.