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"CORRUZIONE TRA PRIVATI" Dal modello europeo al processo interno di riforma

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UNIVERSITÀ DI PISA

DIPARTIMENTO DI GIURISPRUDENZA

Corso di Laurea Magistrale in Giurisprudenza

TESI DI LAUREA

“CORRUZIONE TRA PRIVATI”

Dal modello europeo al processo interno di riforma

Il Relatore:

Chiar.mo Prof. Alberto Gargani

La Candidata:

Valentina Marchetti

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A mia mamma, mio angelo custode

Al mio babbo, mia colonna portante

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INDICE

INTRODUZIONE ... 8

CAPITOLO I PROFILI EMPIRICO - CRIMINOLOGICI 1. La corruzione: tra significato lato sensu e significato stricto sensu13 1.1. La corruzione in senso lato ... 14

1.2. La corruzione in senso stretto ... 18

2. Conseguenze negative del fenomeno corruttivo ... 22

3. Dallo Stato-imprenditore allo Stato-regolatore: il fenomeno delle privatizzazioni ... 26

4. La corruzione privata ... 30

5. Alcuni casi di corruzione privata ... 33

CAPITOLO II LA "CORRUZIONE PRIVATA" IN PROSPETTIVA COMPARATISTICA 1. Le due macro categorie di modelli di repressione della “corruzione privata”: modelli privatistici e modelli pubblicistici a confronto ... 37

2. Modello lealistico/giuslavoristico nell’esperienza “storica” francese e olandese ... 41

2.1 Analisi del modello ... 41

2.2 Ordinamento penale francese ... 46

2.3 Ordinamento penale olandese ... 50

3. Modello patrimonialistico nell’esperienza austriaca ... 51

3.1 Analisi del modello ... 51

3.2 Ordinamento penale austriaco ... 54

4. Modello concorrenziale nell’esperienza tedesca ... 57

4.1 Analisi del modello ... 57

4.2 Ordinamento penale tedesco ... 60

5. Modello onnicomprensivo nell’esperienza svedese ... 63

5.1 Analisi del modello ... 63

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4

CAPITOLO III

INTERVENTI INTERNAZIONALI E SOVRANAZIONALI IN MATERIA DI "CORRUZIONE PRIVATA"

1. Il crescente intervento sovranazionale in tema di “corruzione privata” ... 66 2. Azione comune 98/742/GAI ... 67 3. Convenzione penale sulla corruzione (Convenzione di Strasburgo)

... 71

4. Decisione quadro 2003/568/GAI ... 74 5. Convenzione di Merida ... 79

CAPITOLO IV

L'EVOLUZIONE DELLA DISCIPLINA INTERNA DI CONTRASTO DELLA "CORRUZIONE PRIVATA" 1. Introduzione ... 82

SEZIONE I

AGLI ALBORI DELL'INTERVENTO PENALISTICO IN TEMA DI "CORRUZIONE PRIVATA"

2. Le fattispecie incriminatrici idonee a sanzionare, in forma indiretta, la “corruzione privata” ... 85 2.1 Il ricorso alla fattispecie di “truffa” (art. 640 C.p.) ... 87 2.2 Il riferimento alla fattispecie di “appropriazione indebita” (art. 646 C.p.) ... 88 2.3 L’impiego della fattispecie di “turbata libertà dell’industria e del commercio” (art. 513 C.p.) ... 88 2.4 Il ricorso alle fattispecie di “rivelazione di segreto professionale” (art. 622 C.p.) e di “rivelazione di segreti scientifici e industriali” (art. 623 C.p.) ... 89 2.5 Le ipotesi di “turbata libertà degli incanti” (art. 353 C.p.) e di “astensione dagli incanti” (art. 354 C.p.) ... 90 2.6 Il caso della fattispecie di “comparaggio” (artt. 170-172 R.D. 27 luglio 1934, n. 1265) ... 91 2.7 Il caso del “mercato di voto” (art. 233 L. fallimentare) ... 92

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2.8 L’ipotesi dei “compensi illegali ad amministratori, soci e dipendenti delle società di revisione” (art. 178 D.Lgs. 24 febbraio

1998, n. 58) ... 93

2.9 Il ricorso alla “frode in competizioni sportive” (art. 1 L. 13 dicembre 1989, n. 401) ... 93

3. Il fallimento delle prime proposte legislative volte ad introdurre una fattispecie generale di “corruzione privata” ... 95

4. Dal c.d. “Progetto Mirone” … ... 96

5. … alla Legge delega 366/2001 ... 99

SEZIONE II LA FATTISPECIE DI "INFEDELTÀ ASEGUITO DI DAZIONE O PROMESSA DI UTILITÀ" (ART. 2635 C.C.) 6. Il Decreto Legislativo 11 aprile 2002, n. 61: l’introduzione della fattispecie di “Infedeltà a seguito di dazione o promessa di utilità” (art. 2635 C.c.) ... 104

6.1 Il bene giuridico tutelato ... 105

6.2 I soggetti attivi del reato ... 108

6.3 Il fatto tipico ... 113

6.3.1 La dazione o promessa di utilità ... 114

6.3.2 Il compimento o l’omissione di un atto in violazione degli obblighi inerenti all’ufficio ... 115

6.3.3 Il nocumento alla società ... 117

6.4 L’elemento soggettivo ... 120

6.5 Consumazione del reato e tentativo ... 121

6.6 La perseguibilità a querela ... 123

6.7 Il rapporto di specialità bilaterale con la fattispecie di “Infedeltà patrimoniale” (art. 2634 C.c.) ... 126

6.8 La mancata previsione della responsabilità “amministrativa” degli enti dal reato di “Infedeltà a seguito di dazione o promessa di utilità” ... 130

6.9 La sostanziale incompatibilità della fattispecie nostrana rispetto alle linee guida fissate a livello sovranazionale ... 132

7. Le modifiche apportate alla fattispecie: mediante la Legge 28 dicembre 2005, n. 262 … ... 135

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6

9. La limitatissima applicazione giurisprudenziale della fattispecie di

“Infedeltà a seguito di dazione o promessa di utilità” ... 137

10. La mancata attuazione della Decisione quadro 2003/568/GAI, ai sensi della delega legislativa, contenuta nella Legge comunitaria 2007 ... 141

SEZIONE III LA FATTISPECIE DI "CORRUZIONE TRA PRIVATI" (ART. 2635 C.C.) 11. La Legge 6 novembre 2012, n. 190 e la riscrittura dell’art. 2635 C.c.: la “nuova” fattispecie di “Corruzione tra privati” ... 143

11.1 La nuova rubrica: “Corruzione tra privati” ... 145

11.2 Il bene giuridico tutelato ... 147

11.3 I soggetti attivi del reato ... 148

11.4 Il trattamento sanzionatorio ... 151

11.5 Il fatto tipico ... 154

11.5.1 La dazione o promessa di denaro o altra utilità ... 155

11.5.2 Il compimento o l’omissione di un atto in violazione degli obblighi d’ufficio o degli obblighi di fedeltà ... 156

11.5.3 Il nocumento alla società ... 159

11.6 L’elemento soggettivo ... 159

11.7 Consumazione del reato e tentativo ... 160

11.8 Il regime di procedibilità ... 161

11.9 La clausola di sussidiarietà e i rapporti con altri reati ... 165

12. L’introduzione della responsabilità “amministrativa” degli enti dal reato di “Corruzione tra privati” ... 168

13. La persistente incompatibilità della disciplina interna rispetto alle linee guida sovranazionali ... 171

14. Il Disegno di Legge 15 Marzo 2013, n. 19: un tentativo di riforma ... 173

15. Il Decreto Legislativo 29 ottobre 2016, n. 202: l’introduzione del sesto comma, in tema di confisca ... 175

SEZIONE IV

L'ATTUALE DISCIPLINA DI CONTRASTO DEL FENOMENO DELLA "CORRUZIONE PRIVATA"

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16. Il rischio di una procedura di infrazione per la mancata attuazione

della Decisione quadro 2003/568/GAI ... 177

17. Il contenuto della delega ex art. 19 della Legge 12 agosto 2016, n. 170 ... 179

18. L’attuazione della delega legislativa: il Decreto Legislativo 38/2017 ... 184

19. L’attuale fattispecie di “Corruzione tra privati” (art. 2635 C.c.) ... 186

19.1 L’ambito applicativo della fattispecie ... 186

19.2 Il bene giuridico tutelato ... 188

19.3 I soggetti attivi del reato ... 189

19.4 Il fatto tipico ... 193

19.4.1 Le modalità della condotta ... 193

19.4.2 Il patto corruttivo ... 194

19.4.3 L’elemento finalistico: il compiere o l’omettere un atto con violazione degli obblighi di ufficio o degli obblighi di fedeltà .. 195

19.5 L’elemento soggettivo ... 197

19.6 Consumazione del reato ... 197

19.7 Il regime di procedibilità ... 198

19.8 La clausola di sussidiarietà e i rapporti con altri reati ... 200

20. La fattispecie di “Istigazione alla corruzione tra privati” (art. 2635 bis C.c.) ... 201

21. Le “pene accessorie” previste ex art. 2635 ter C.c. ... 204

22. La responsabilità “amministrativa” degli enti da “Corruzione tra privati” e da “Istigazione alla corruzione tra privati” ... 206

23. Punto di arrivo o nuovo punto di partenza? ... 210

BIBLIOGRAFIA ... 213

GIURISPRUDENZA CITATA ... 219

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INTRODUZIONE

Il 14 aprile 2017 è entrato in vigore il Decreto Legislativo 15 marzo 2017, n. 38 - rubricato “Attuazione della decisione quadro

2003/568/GAI del Consiglio, del 22 luglio 2003, relativa alla lotta contro la corruzione nel settore privato” -, ultima “mossa” del

legislatore italiano di quello che, non a caso, autorevole dottrina1 ha definito come “il gioco infinito” di riforma del reato di “Corruzione tra

privati”.

In effetti, la fattispecie di reato in questione - disciplinata all’art. 2635 C.c. -, nonostante la sua breve vita, ha avuto una storia decisamente travagliata. Nell’arco di quindici anni, la fattispecie penale in esame ha, infatti, subito tre netti interventi di riforma; ai quali, peraltro, si devono aggiungere ulteriori interventi di “aggiustamento” in corso d’opera. Essa venne introdotta, per la prima volta nel nostro ordinamento - in occasione della riforma dei reati societari - mediante il Decreto Legislativo 11 aprile 2002, n. 61; è stata, poi, novellata ad opera della Legge 6 novembre 2012, n. 190 (c.d. “Legge Severino”), sino ad arrivare, da ultimo, al recentissimo intervento di riforma, al quale poc’anzi si è fatto riferimento.

Il legislatore italiano si è trovato costretto ad apportare continue modifiche alla fattispecie di “Corruzione tra privati”, al fine di dare (o meglio, cercare di dare) attuazione alle normative internazionali e sovranazionali, che - a più riprese, a partire dalla fine degli anni Novanta del secolo scorso - hanno auspicato una criminalizzazione del fenomeno corruttivo, anche nel caso in cui esso coinvolga soggetti non investiti di qualifiche pubblicistiche.

Sono, per fortuna, ormai lontani i tempi nei quali si riteneva che la criminalizzazione della corruzione nel settore privato fosse espressione

1 S.SEMINARA, Il gioco infinito: la riforma del reato di corruzione tra privati, in Dir. pen. e processo, fasc. 6, 2017

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9

di un pericoloso moralismo, persino incompatibile con la funzione laica assegnata al diritto penale da uno Stato democratico. Con il passare degli anni, si è assunta sempre maggiore consapevolezza di come la corruzione inter privatos sia un fenomeno capace di causare ingenti danni alla società: essa, infatti, non solo, è in grado di alterare la leale concorrenza tra le imprese - sino ad arrivare a minare la fiducia dei consociati sull’esistenza di regole di mercato - ma si presenta, altresì, come idonea a sottrarre ingenti quantità di risorse economiche -utilizzabili per il soddisfacimento di bisogni della collettività - per destinarle alla ricchezza parassitaria di pochi2.

Sulla base di queste constatazioni, l’Unione Europea e il contesto internazionale, da quasi vent’anni, auspicano, con forza, una criminalizzazione della “corruzione privata”, orientata alla tutela della concorrenza.

Sul punto, l’Italia si è costantemente dimostrata, nella sostanza, impermeabile a tali pressioni: il legislatore interno ha, sempre, opposto resistenza al pieno adempimento degli obblighi di fonte sovranazionale. Com’è facilmente immaginabile, è, però, nel tempo, sorta l’esigenza -per il legislatore italiano - di cedere, progressivamente, di fronte alle pressioni esterne. È in questo scenario che si è innestato “il gioco

infinito” di riforma, fatto proprio dal nostro legislatore: con esso -

attraverso modeste e progressive concessioni - quest’ultimo, non ha fatto altro che rinviare il pieno adempimento dei vincoli sovranazionali. Ci siamo, pertanto, trovati di fronte ad un legislatore perseverante nel fingere di conformarsi ad impegni, che, in realtà, non ha inteso, concretamente, assecondare3.

Lo scopo della presente tesi sarà proprio quello di analizzare da un lato, il modello pubblicistico di criminalizzazione del fenomeno della “corruzione privata” - fatto proprio dalle normative sovranazionali e

2 R.BARTOLI, Corruzione privata: verso una riforma di stampo europeo? in Dir. pen. e processo, fasc. 1, 5 (commento alla normativa), 2017, pag. 5

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internazionali - e, dall’altro lato, esaminare il lento e travagliato processo di criminalizzazione, del fenomeno in questione, all’interno dell’ordinamento penale italiano. Processo che, ad oggi, non sembra possa dirsi ancora concluso.

Nel primo capitolo verranno esaminati gli aspetti empirico-criminologici, legati al fenomeno corruttivo. Nonostante la difficoltà definitoria, inerente al concetto di “corruzione”, si distinguerà tra un concetto ampio di corruzione - proprio del linguaggio sociologico, economico e politologico -, ed un concetto ristretto di corruzione, proprio del linguaggio tecnico-giuridico, segnatamente dell’ambito penalistico. Si evidenzieranno, poi, le principali conseguenze negative del fenomeno corruttivo. Verrà, inoltre, rivolta l’attenzione al fenomeno delle “privatizzazioni”: proprio come conseguenza dell’ondata massiccia di “privatizzazioni”, realizzatasi nel nostro Paese nel corso degli anni Novanta del secolo scorso, è, infatti, sorta l’esigenza di estendere, ovviamente con gli opportuni adattamenti, al settore economico una disciplina assimilabile a quella prevista in tema di corruzione politico-amministrativa. Si procederà, quindi, all’analisi del concetto di “corruzione privata”. Al fine di comprendere meglio la fenomenologia della corruzione inter privatos, il primo capitolo si concluderà con l’illustrazione di alcune vicende fattuali, riconducibili al paradigma del fenomeno corruttivo nel settore privato.

Il secondo capitolo verrà dedicato ai profili comparatistici. Anzitutto, si evidenzierà come i modelli di repressione della “corruzione privata” possano essere ascritti a due macro categorie: la categoria dei “modelli privatistici” e quella dei “modelli pubblicistici”. Per ciascuna macro categoria se ne individueranno i tratti salienti. Si passerà, poi, ad analizzare i quattro modelli di incriminazione sperimentati dai vari ordinamenti. L’attenzione sarà, quindi, rivolta: al “modello

lealistico/giuslavoristico” (altrimenti detto “fiduciario”), proprio

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patrimonialistico”, tipico dell’ordinamento austriaco; al “modello concorrenziale”, di matrice tedesca ed, infine al “modello onnicomprensivo”, fatto proprio dall’ordinamento svedese. Per ciascun

modello - dopo averne individuato le caratteristiche, mettendone in luce, anche, i “punti di debolezza” - si analizzerà la disciplina positiva propria del singolo Stato che ha provveduto ad adottare quel determinato modello.

Nel terzo capitolo verranno vagliati gli interventi a carattere internazionale e sovranazionale che, a più riprese, hanno auspicato una criminalizzazione del fenomeno della “corruzione privata”, da parte degli Stati membri. Si tratta, segnatamente: dell’Azione comune 98/742/GAI - adottata dal Consiglio dell’Unione Europea, il 22 dicembre 1998 -; della Convenzione penale sulla corruzione (c.d. “Convenzione di Strasburgo”) - siglata nell’omonima città francese, in seno al Consiglio d’Europa, il 27 gennaio 1999 -; della Decisione quadro 2003/568/GAI - adottata il 22 luglio 2003 dal Consiglio dell’Unione Europea - e, da ultimo, della Convenzione di Merida - adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 31 ottobre 2003.

Il quarto e conclusivo capitolo, verrà, infine, dedicato all’evoluzione della disciplina di contrasto del fenomeno in esame all’interno dell’ordinamento penale italiano. L’analisi prenderà le mosse dalla situazione antecedente all’introduzione - mediante il D.Lgs. 61/2002 - della fattispecie di “Infedeltà a seguito di dazione o promessa

di utilità” (art. 2635 C.c.). Si vedrà come, prima dell’introduzione di

quest’ultima fattispecie di reato, per far fronte ad episodi riconducibili al paradigma della “corruzione privata”, si fosse fatto ricorso ad altre fattispecie di reato, ritenute idonee a sanzionare, in via indiretta ed eventuale, il fenomeno della corruzione inter privatos. Dopo aver passato in rassegna alcune di quest’ultime fattispecie, si procederà all’esame della fattispecie introdotta dal legislatore del 2002. In seguito, si darà conto degli interventi di riforma, avvenuti ad opera della Legge

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28 dicembre 2005, n. 262 e del Decreto Legislativo 27 gennaio 2010, n. 39. Si passerà, poi, all’analisi della fattispecie di “Corruzione tra

privati” (art. 2635 C.c.): frutto della riscrittura dell’originaria

fattispecie, ad opera della Legge n. 190/2012. Infine, verrà analizzata l’attuale disciplina di contrasto del fenomeno della “corruzione privata”: essa risulta essere il frutto della recentissima novella legislativa, ex D.Lgs. 38/2017. A seguito dell’analisi di ogni intervento di riforma, verranno evidenziati i profili di difformità, della normativa interna, rispetto alle linee guida previste a livello sovranazionale. All’interno del capitolo costante attenzione verrà, altresì, rivolta alla responsabilità “amministrativa” degli enti collettivi dal reato di “Corruzione tra

privati” (ex Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231). Sul punto, si

vedrà come quest’ultima non fosse stata contemplata dal legislatore del 2002: essa è stata introdotta, solamente, a seguito della c.d. “Legge Severino”; ed, infine, è stata novellata ad opera del D.Lgs. 38/2017.

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CAPITOLO I

PROFILI EMPIRICO – CRIMINOLOGICI

SOMMARIO - 1. La corruzione: tra significato lato sensu e significato

stricto sensu. - 1.1 La corruzione in senso lato. - 1.2 La corruzione in senso

stretto. - 2. Conseguenze negative del fenomeno corruttivo. - 3. Dallo Stato-imprenditore allo Stato regolatore: il fenomeno delle privatizzazioni. - 4. La corruzione privata. - 5. Alcuni casi di corruzione privata.

1. La corruzione: tra significato lato sensu e significato stricto sensu

Definire che cosa sia la corruzione non è affatto facile. Facendo riferimento all’etimologia della parola, essa deriva dal latino cum

rumpere: ciò porta, immediatamente, all’idea di un’induzione nei

confronti di taluno affinché egli violi i doveri cui è vincolato4. La difficoltà definitoria, alla quale poc’anzi si è fatto riferimento, si radica nel fatto che il termine “corruzione” è un concetto squisitamente normativo, i cui contenuti devono, pertanto, essere ricercati nella disciplina legislativa propria di ogni Stato5. Ciò nonostante, si è cercato di individuare quali potessero essere i tratti essenziali del fenomeno corruttivo, a prescindere dalle specifiche scelte adottate dai vari legislatori nazionali.

Occorre partire dalla constatazione del fatto che il termine in esame, a causa della sua ambiguità semantica, può essere utilizzato per indicare due concetti tra loro distinti. È, quindi, possibile distinguere tra un concetto ampio di corruzione - la c.d. corruzione lato sensu - tipica del linguaggio sociologico, economico e politologico e un concetto ristretto di corruzione - la c.d. corruzione stricto sensu o batterica - propria del linguaggio tecnico-giuridico, in particolare dell’ambito penalistico. Tale ambiguità semantica è propria della nostra lingua, basti, infatti, pensare

4 S.SEMINARA, La corruzione: problemi e prospettive nella legislazione italiana vigente, in AA.VV., La corruzione: profili storici, attuali, europei e sovranazionali, CEDAM, 2003, pag. 145 nota 195

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che in altri idiomi si utilizzano due termini diversi per indicare i due concetti: ad esempio, nel linguaggio inglese si utilizzano rispettivamente i termini “corruption” e “bribery”; nel linguaggio tedesco “Korruption” e “Bestechung” ed, infine, in quello spagnolo “corrupciòn” e “cohecho”6.

1.1. La corruzione in senso lato

Del concetto giuridico ci occuperemo in seguito, adesso focalizziamo l’attenzione sul concetto ampio di corruzione. Tale concetto presuppone una interferenza illegittima tra la sfera pubblica e la sfera privata, alla luce della quale un soggetto preposto alla tutela di un interesse pubblico antepone allo stesso un interesse privato - proprio di un soggetto estraneo all’ufficio - sul presupposto di ottenere un indebito vantaggio.

Esemplifichiamo il tutto con la definizione accolta da P.S. Green: “X (soggetto passivo) è corrotto da Y (soggetto attivo) se e solo se: X accetta (o concorda l’accettazione di) qualcosa che abbia un valore da parte di Y; in cambio di un atto di X, o dell’accordo di compiere un atto, in conformità a qualche interesse di Y; attraverso la violazione di un qualche dovere fiduciario cui è tenuto X, in virtù dell’ufficio che ricopre, della sua posizione o del suo ruolo in un’attività”7. Ne deriva che, ai fini della configurabilità della vicenda corruttiva, sono essenziali tre diversi aspetti: un aspetto finalistico, un aspetto modale-valutativo ed, infine, un aspetto strutturale.

In relazione all’aspetto finalistico, si fa riferimento all’ottenimento di un vantaggio da parte dei soggetti coinvolti nella vicenda corruttiva. Tale vantaggio deve essere valutato nella prospettiva del soggetto che vi aspira e può ricomprendere una gamma eterogenea di fatti o eventi quali, ad esempio, il conseguimento di una somma di denaro; l’ottenimento di

6 A.SPENA, Il turpe mercato. Teoria e riforma dei delitti di corruzione pubblica, Giuffrè Editore, 2003, pag. 1-3

7 E.LA ROSA, La repressione penale della “corruzione privata”. Punti fermi e questioni aperte – SGB Edizioni, 2011, pag. 8

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un avanzamento di carriera; l’accesso ad una carica elettiva fino ad arrivare alla possibilità di esercitare o vedere realizzato un proprio diritto. Proprio quest’ultimo esempio mette in luce come il vantaggio di per sé non debba necessariamente essere qualificabile come indebito, dal momento in cui ciò che rileva è la modalità illegittima con la quale tale vantaggio è stato perseguito8.

Passiamo ora ad analizzare il secondo aspetto: quello

modale-valutativo. Da tale aspetto discende la natura illecita dei fatti corruttivi.

Tradizionalmente, tale aspetto viene ricondotto dagli scienziati sociali all’“abuso dei poteri”9. La corruzione è un fatto di relazione, che può essere ricondotta ad una relazione a tre: “lui, lei e l’altro”. L’essenza del fatto corruttivo si sostanzia nel fatto che il soggetto corrotto intrattiene due diverse relazioni con soggetti diversi in relazione ad uno stesso oggetto10.

La prima di queste relazioni - la quale fa, per così dire, da presupposto alla vicenda corruttiva - è denominata “relazione di agenzia”. Quest’ultima relazione (per tornare all’esemplificazione di prima “lui e lei”) è definibile come la relazione ufficiale che intercorre tra il principale, in genere il datore di lavoro, e l’agente, generalmente il lavoratore subordinato, in forza della quale il secondo si impegna a lavorare alle dipendenze del primo nel suo esclusivo interesse, attenendosi alle direttive impartite da quest’ultimo11. Ovviamente, con ciò non si vuole affermare che la relazione corruttiva possa avvenire solo e soltanto all’interno di un rapporto di lavoro subordinato: la locuzione “rapporto di agenzia” deve, infatti, essere intesa in un’ottica figurativa. Ciò che veramente rileva, affinché si possa parlare di corruzione, è l’attitudine dell’agente a poter essere corrotto; detto in altri termini,

8 A.SPENA, Op. cit., pag.7 9 A.SPENA, Op. cit., pag.8

10 A.SPENA, Punire la corruzione privata? Un inventario di perplessità politico criminali in Riv. trim. dir. pen. dell’economia, 2007 pag. 809

11 Così richiedono gli artt. 2104 e 2105 C.c., rispettivamente rubricati “Diligenza del prestatore di lavoro” e “Obbligo di fedeltà”

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occorre l’esistenza di un “soggetto legittimato alla corruzione passiva”. Non ogni persona è, infatti, suscettibile di poter essere corrotta: affinché tale eventualità sussista, è necessario che il soggetto rivesta un ruolo all’interno di una pratica sociale organizzata. Occorre, pertanto, che il soggetto passivo sia titolare di una “role-responsibility”: quest’ultima si concretizza quando “una persona occupa all’interno di un’organizzazione sociale, un posto o un ufficio particolari al quale siano connessi specifici doveri di provvedere al benessere di altri soggetti o di contribuire in qualche modo al perseguimento degli scopi o degli obiettivi dell’organizzazione”12. La figura del principale non deve, quindi, essere necessariamente individuata in una persona fisica, ben potendo anche essere identificata in un centro di interessi.

Su questa relazione ufficiale si innesta l’altra, quella propriamente corruttiva (“lei e l’altro”). L’essenza della corruzione è proprio l’instaurazione da parte dell’agente (il corrotto) di una relazione con un terzo (il corruttore). La relazione corruttiva può essere definita come la “violazione delle clausole di un contratto tra un “agente” e un “principale” che prevede una delega di responsabilità”13. Questa seconda relazione poggia su un contratto consensuale - le cui parti essenziali sono l’agente-corrotto e il corruttore - attraverso il quale “l’agente accetta da parte del terzo la promessa o l’offerta che non gli è dovuta, né gli è permesso accettare, a retribuzione di qualcosa - l’esercizio di in potere l’adempimento o l’inadempimento di un dovere - che rientri nella relazione di agenzia”14. Estraneo alla vicenda corruttiva è il compimento, da parte dell’agente, del comportamento per

12 A.SPENA, Punire la corruzione privata? Un inventario di perplessità politico criminali in Riv. trim. dir. pen. dell’economia,2007 pag. 810. La definizione del concetto di “role-responsability” è di HART, Punishment and Responsability, Oxford, 1968, cit. pag. 212

13 G.FORTI, La corruzione tra privati nell’orbita di disciplina della corruzione pubblica: un contributo di tematizzazione, in Riv.it. dir. e proc. pen.,fasc. 4, 2003, cit. pag. 1117

14 Così A.SPENA, Punire la corruzione privata? Un inventario di perplessità politico criminali in Riv. trim. dir. pen. dell’economia, 2007 cit. pag. 811

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il quale è stato corrotto dal terzo. La corruzione si perfeziona, infatti, nel momento in cui corrotto e corruttore addivengano ad un accordo, essendo del tutto ininfluente il fatto che il corrotto abbia o meno già dato esecuzione all’accordo (c.d. corruzione susseguente) oppure sia o meno intenzionato a compiere in futuro l’atto in relazione al quale è stato corrotto (c.d. corruzione antecedente). Il disvalore della corruzione si incentra, dunque, nel pactum sceleris, ossia nello scambio di consensi dei due protagonisti legato al compenso indebito15. Per necessaria completezza, dobbiamo sottolineare il fatto che non sempre è necessario che la condotta dell’agente si ponga in contrasto con l’interesse del principale, ben potendosi ipotizzare corruzione anche quando venga richiesta una tangente per l’adempimento da parte dell’agente di doveri prescritti dallo stesso principale (c.d. corruzione impropria). Proprio sulla base di quest’ultima precisazione, la dottrina italiana è arrivata ad individuare la “portata stigmatizzante” della corruzione, il cui essenziale contenuto di disvalore si sostanzia nel fatto “che l’illecito in esame è incentrato non su un isolato accadimento storico - ad esempio, un determinato abuso d’ufficio, un peculato o una concussione - ma su un atteggiamento personale di disonestà e di infedeltà ai doveri funzionali, che si riflette sul suo autore evocando anche la possibilità di una ripetizione nel tempo della medesima condotta”16.

Analizzati i primi due elementi, passiamo ora ad esaminare il terzo e ultimo elemento, ossia quello strutturale. Questo elemento, seppur non sempre preso in considerazione dagli scienziati sociali, è fondamentale al fine di poter valutare se una determinata condotta possa essere effettivamente ascritta al novero delle vicende corruttive. Vi sono, infatti, dei casi nei quali è ravvisabile una condotta illegittima dell’agente, volta al perseguimento di un vantaggio personale, ma ciò nonostante non riferibile all’ambito della corruzione: si pensi, ad

15 G.FORTI, Op.cit., cit. pag. 1118 16 G.FORTI, Op.cit., cit. pag. 1118

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esempio, al giudice che condanni un imputato solo perché gli sta antipatico oppure al dipendente pubblico che utilizzi parte della sua giornata lavorativa per effettuare telefonate personali17. Si tratta, evidentemente, di casi nei quali ricorrono sia il vantaggio personale sia l’elemento dell’abuso ma, indubbiamente, nessuno è portato a qualificare tali vicende come corruttive. Ciò che caratterizza la corruzione è l’aspetto strutturale della commistione tra sfera pubblica e sfera privata, che si specifica attraverso “la “personificazione” di queste due sfere (…) in capo all’opera di due soggetti diversi: l’uno che riveste una particolare qualifica e che perciò è gravato da doveri funzionali, un altro che invece è estraneo alla funzione concretamente interessante”18. Così, per tornare agli esempi poc’anzi ricordati, sarà ravvisabile corruzione solo nei casi in cui un giudice condanni un imputato che andava assolto non già perché gli stia antipatico, bensì perché ha ricevuto del denaro per farlo e, ancora, lo stesso vale per chi utilizzi il telefono dell’ufficio per rispondere a degli annunci lavorativi nell’interesse e su sollecitazione di un parente. In definitiva, potremmo definire la corruzione come un “deterioramento, una distorsione, attuale o potenziale, delle condizioni volte a garantire un esercizio regolato del potere”19.

1.2. La corruzione in senso stretto

Analizzata la corruzione lato sensu possiamo, adesso, passare

all’analisi della corruzione stricto sensu. In via di prima approssimazione, il concetto giuridico di “corruzione” si può far consistere in un “contratto, ossia in un accordo tra l’agente ad un

extraneus circa il passaggio attuale o potenziale di una qualche utilità

17 Gli esempi sono tratti da A.SPENA, Il turpe mercato. Teoria e riforma dei delitti di corruzione pubblica – Giuffrè Editore, 2003, pag. 14

18 A.SPENA, Il turpe mercato. Teoria e riforma dei delitti di corruzione pubblica – Giuffrè Editore, 2003, cit. pag. 15-16

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indebita dall’uno all’altro dei due soggetti”20. Tradizionalmente, esistono due diverse concezioni di corruzione: la concezione mercantile e la concezione clientelare. Tra le due concezioni quella che rispecchia maggiormente i principi ispiratori della disciplina penalistica della corruzione è la concezione mercantile.

In base a questa prima concezione, la corruzione viene simbolicamente equiparata ad un contratto di compravendita: l’agente pone in essere una condotta in ragione del passaggio attuale o potenziale di utilità. Alla luce di questo modello, il vero disvalore della vicenda di corruzione consiste in ciò che, “l’agente, vendendo un atto della sua funzione, si comporta come se l’ufficio ricoperto fosse oggetto di un suo diritto di proprietà privata: egli agisce come se la qualità rivestita e i poteri a lui attribuiti fossero, anziché gli strumenti a favore della collettività, beni di cui egli può disporre come un legittimo proprietario, cioè come chi può innanzi tutto far commercio delle entità del suo patrimonio”21. Attraverso l’atto corruttivo, si fa entrare nel contesto pubblico - il quale dovrebbe ispirarsi ad uno spirito di servizio e ad un atteggiamento etico - la logica del guadagno e del profitto privato. Il privato, acquistando l’atto d’ufficio, aspira a sostituire la propria personale volontà alla “volontà funzionale” dello Stato. Come ha efficacemente osservato Jacob Van Klaveren “il soggetto corrotto utilizza un metodo di sfruttamento (a method of exploitation) mediante il quale una parte costitutiva della sfera pubblica viene sfruttata (exploited) come se fosse una parte della sfera del mercato”22. Il corrotto si comporta come vero e proprio dominus della situazione: considera la carica da lui ricoperta alla stregua di un diritto di proprietà, alla costante ricerca di una massimizzazione del profitto; massimizzazione che si

20 A.SPENA, Il turpe mercato. Teoria e riforma dei delitti di corruzione pubblica – Giuffrè Editore, 2003, cit. pag. 20

21 Così A.SPENA, Il turpe mercato. Teoria e riforma dei delitti di corruzione pubblica – Giuffrè Editore, 2003, cit. pag. 22

22 A.SPENA, Il turpe mercato. Teoria e riforma dei delitti di corruzione pubblica – Giuffrè Editore, 2003, cit. pag. 29 La definizione originaria è in VAN KLAVEREN, The Concept of Corruption, cit. pag. 26

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viene a realizzare attraverso la compravendita della sua funzione da parte dell’extraneus. La concezione mercantile della corruzione implica l’instaurazione di una relazione bidirezionale tra l’intraneus e l’extraneus, consistente in una manifestazione di reciproca volontà circa il passaggio di un’utilità dall’uno all’altro soggetto; richiedendosi, altresì, un preciso riferimento oggettivo costituito dal compimento di una certa attività funzionale da parte dell’agente e che questo sia, a sua volta, la “causa dello scambio”. Proprio questa concezione bilaterale della corruzione ha fatto entrare in crisi il modello mercantile alla luce della più nota vicenda corruttiva del nostro Paese: Tangentopoli. Nata quasi come un “incidente di percorso” - con l’arresto di Mario Chiesa, denunciato dal titolare di un’impresa di pulizie per la continua richiesta di tangenti, nel febbraio 1992 - l’inchiesta Mani Pulite ha disvelato, ben presto, un vero e proprio “vaso di Pandora”, rivelando all’opinione pubblica la persistente e ormai consolidata commistione tra classe dirigente, classe politica e imprenditoria italiana dell’epoca. Emerge una nuova realtà criminologica: gli scambi corruttivi non assumevano più carattere pulviscolare - ossia scambi limitati alla compravendita di singoli specifici atti - ma avevano assunto una dimensione sistemica di gestione dei rapporti tra P.A. e privati, specie nei settori in cui erano più elevati gli interessi economici (appalti e forniture, autorizzazioni amministrative, edilizia, smaltimento dei rifiuti, ricostruzioni a seguito di disastri naturali, grandi eventi)23. All’originaria presenza dell’intraneus e dell’extraneus si affianca un terzo soggetto: il c.d. “faccendiere” (si sono nel tempo individuate diverse figure di faccendieri: il faccendiere d’impresa, il faccendiere-portaborse, il faccendiere di partito, il faccendiere in proprio), il cui ruolo si sostanzia nel creare occasioni di incontro tra corruttore e corrotto, ovviamente dietro compenso per la sua mediazione indebita. Cambia completamente

23 AA.VV., Trattato di diritto penale – parte speciale- Reati contro la P.A. (a cura di) C.F.GROSSO-M.PELLISSERO, Giuffrè Editore, pag. 247

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lo scenario: nella maggior parte delle ipotesi, corruttore e corrotto non si conoscono più personalmente; essi entrano, viceversa, in contatto per il tramite del faccendiere, vero e proprio anello di congiunzione del patto corruttivo: tutto ciò porta ad una “spersonalizzazione” del rapporto corruttivo. Il mutamento si estende all’oggetto del patto corruttivo: se in precedenza esso era rappresentato dalla compravendita di un singolo atto, adesso la tangente viene corrisposta al funzionario pubblico in vista del compimento di futuri atti illegittimi; in altre occasioni, denaro o altra utilità vengono corrisposti più genericamente in relazione alle funzioni ricoperte, al fine di precostituire un clima favorevole dal quale il corruttore potrà, in futuro, trarre vantaggi indebiti24. Se questa mutata realtà criminologica ha messo in crisi il modello mercantile, quest’ultimo non è però venuto meno, poiché il faccendiere rimane pur sempre un soggetto eventuale: la sua condotta è sicuramente meritevole di autonoma e specifica considerazione, pur non essendo capace di inficiare l’essenziale veridicità della rappresentazione mercantile della corruzione25. Detto in altri termini, da un punto di vista giuridico, non si potrà parlare di “corruzione” se vengono a mancare le figure - anche indirette - del privato-corruttore e del pubblico agente-corrotto, mentre non appare necessaria, al fine della configurabilità del reato, la presenza del terzo.

L’altra concezione di corruzione, sicuramente meno rispondente a quelli che sono i principi ispiratori dei modelli di repressione penale della corruzione, è quella clientelare. Tale concezione può essere simbolicamente rappresentata dalla figura contrattuale della donazione

causale: nell’ambito di essa è sufficiente che il passaggio di utilità

avvenga in ragione della qualità o del ruolo rivestiti dall’agente26. Il corrotto, in virtù del ruolo ricoperto e delle sue qualità, è in grado di

24 AA.VV., Op.cit., pag. 249

25 A.SPENA, Il turpe mercato. Teoria e riforma dei delitti di corruzione pubblica – Giuffrè Editore, 2003, pag. 45

26 A.SPENA, Il turpe mercato. Teoria e riforma dei delitti di corruzione pubblica – Giuffrè Editore, 2003, pag. 20-21

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dispensare favori e perciò viene contornato da uno stuolo di clientes pronti ad offrirgli utilità indebite pur di ingraziarsene la benevolenza.

2. Conseguenze negative del fenomeno corruttivo

Oggi, quando pensiamo alla corruzione lo facciamo, indubbiamente, in termini negativi. Tutto questo potrebbe, erroneamente, indurci a credere che, tale concezione negativa della corruzione sia sempre esistita. Perché il mondo si accorgesse della portata preponderante di un fenomeno - quello corruttivo - sempre esistito ma sino ad allora poco preso in considerazione, bisogna aspettare gli anni Novanta del secolo scorso. Sino ad allora il fenomeno della corruzione aveva riscosso scarsa attenzione: pochi erano gli studiosi, in particolare dell’ambito economico, che se ne erano occupati. Ma v’è di più, gli economisti che si erano occupati del fenomeno lo avevano fatto in chiave positiva, finendo per attribuire alla corruzione un’interpretazione benevola. Generalmente, essi avevano concluso che la corruzione poteva considerarsi il “lubrificante” atto a rimuovere, o a rendere meno nocivi, alcuni ostacoli di varia natura, la cui inamovibilità costituiva un danno per le attività economiche: secondo queste interpretazioni, la corruzione rendeva l’economia più snella ed efficiente27.

Per fortuna, oggi le cose sono cambiate e si è assunta sempre più crescente consapevolezza circa le conseguenze negative che la corruzione porta, inevitabilmente, con sé. Prima di passare ad una veloce disamina di alcuni effetti negativi della corruzione, occorre sottolineare il fatto che, probabilmente, gli effetti più gravi sono difficilmente individuabili e poco misurabili. La corruzione, infatti, agisce nel profondo delle strutture organizzative pubbliche e private minacciando la capacità di quest’ultime di perseguire i propri fini istituzionali ed

27 V.TANZI in La corruzione costa- Effetti economici, istituzionali e sociali (di M. Arnone e E. Iliopulos), V&P, 2005, pag. XI (presentazione)

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economici; interviene a livello decisionale, modificando gli obiettivi generali a favore di interessi particolari; agisce a livello attuativo, impedendo un’efficace attuazione delle regole predisposte dall’autorità, in questo senso interviene negli spazi discrezionali lasciati agli individui, mutando i principi che ne guidano l’azione28. La corruzione è, altresì, un fenomeno caratterizzato da una elevata elusività: proprio quest’ultima caratteristica fa sì che gli stessi politici, molto spesso, non siano consapevoli della sua gravità. Ulteriore caratteristica propria della corruzione è la sua capacità di auto-rafforzamento: minacciando la credibilità, la legittimità e l’immagine delle istituzioni presso l’opinione pubblica, essa stessa finisce per promuovere il compimento di ulteriori atti illeciti.

Passiamo, adesso, alla disamina dei principali effetti negativi del fenomeno corruttivo.

Anzitutto, da un punto di vista macroeconomico, la corruzione influenza lo sviluppo e la crescita: la letteratura economica individua l’esistenza di una relazione inversa tra livelli di corruzione interna e tasso di crescita economica. Esistono vari fattori attraverso i quali gli investimenti possono essere condizionati dalla corruzione. In linea generale, la presenza di un sistema di relazioni basato su tangenti comporta un maggior grado di incertezza per gli operatori, i quali saranno meno propensi ad effettuare l’investimento. Pur potendo essere, teoricamente, equiparata ad un qualsiasi elemento di costo, nel budget relativo ad una qualsiasi operazione di investimento, la tangente comporta un peso maggiore sul calcolo di profittabilità dell’operazione stessa: essa, infatti, oltre a non poter essere dedotta fiscalmente, implica l’introduzione di uno specifico elemento di rischio, il quale potrebbe essere decisivo quando si tratta di investimenti di innovazione29. Il

28 M.ARNONE, E.ILIOPULOS, La corruzione costa – Effetti economici, istituzionali e sociali, V&P, 2005, pag. 4

29 G.GALEAZZI, Corruzione, efficienza del sistema produttivo e sviluppo economico in AA.VV., La corruzione tra privati- Esperienze comparatistiche e prospettive di riforma, Giuffrè Editore, 2003, pag.183

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pagamento della tangente costituisce, quindi, un costo aggiuntivo per le imprese; inoltre, al di là del costo stesso della tangente, bisogna prendere in considerazione anche gli oneri relativi all’adempimento degli accordi, i quali - per ovvie ragioni - sono illegali e, pertanto, non garantiti da un’autorità esterna che agisce da garante. All’effetto depressivo della tangente si aggiungono anche i costi relativi ad un mancato rispetto dell’accordo, nonché quelli necessari al mantenimento della segretezza durante tutta la procedura30. Da sottolineare anche il fatto che, la presenza di corruzione pone un freno agli investimenti da parte di investitori stranieri: i costi relativi alle vicende corruttive entrano, inevitabilmente, nel processo decisionale degli operatori internazionali. Tutto ciò determina una perdita di competitività del mercato: un Paese con ampi livelli di corruzione si trova, quindi, in una posizione di svantaggio rispetto agli altri31.

Gli effetti negativi della corruzione non si registrano solo in ambito macroeconomico, ma anche in ambito microeconomico, in particolare all’interno dei singoli segmenti di mercato.

La corruzione non si prolifera in maniera uniforme in tutti i mercati: essa finisce per essere particolarmente presente negli ambienti dove il potere politico, o quello economico, è concentrato nella mani di pochi. I settori più corrotti sono quelli in cui sono coinvolti ingenti capitali e dove l’intervento dello Stato vincola significativamente l’operare degli agenti. L’incentivo a corrompere deriva dal fatto che i costi relativi alla possibilità che il reato venga perseguito sono più che compensati dagli extraprofitti illegali32. In un mercato nel quale è forte la presenza di corruzione finiscono per non dominare più gli operatori capaci da un punto di vista imprenditoriale bensì coloro i quali, benché meno capaci imprenditorialmente, sono maggiormente capaci di usare (o di farsi usare dal) potere politico per evitare la competizione: tali imprenditori

30 M.ARNONE, E.ILIOPULOS, Op. cit. pag. 74 31 M.ARNONE, E.ILIOPULOS, Op. cit. pag. 6 32 M.ARNONE, E.ILIOPULOS, Op. cit. pag. 55-56

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sono abili nell’attività di rent seeking, ossia la ricerca di risorse e vantaggi parassitari33. Il mercato finisce, così, per non garantire più né efficienza, né ottimalità, né informatività dei prezzi. Tutto ciò avviene a discapito degli operatori onesti, per i quali la sopravvivenza all’interno del mercato diviene sempre più difficile. Oltre a creare danni ad imprese già presenti sul mercato, la corruzione rappresenta, altresì, un ostacolo per l’entrata nel mercato da parte di nuove imprese. Ciò che è idoneo ad incentivare l’entrata di nuove imprese sul mercato è, infatti, l’esistenza di un mercato senza distorsioni; la presenza, viceversa, di regole che favoriscono interessi particolari - a scapito del funzionamento del mercato - nel complesso, disincentivano l’entrata di nuove imprese e finiscono per creare terreno fertile per il diffondersi di episodi di corruzione34.

La corruzione non produce, però, solo effetti negativi atti ad incidere in via diretta sulle imprese, ma anche conseguenze negative che sono idonee a ripercuotersi direttamente sui cittadini. Un Paese nel quale il Governo è corrotto dedicherà poche risorse all’istruzione piuttosto che al sistema sanitario, con evidenti conseguenze di cui dovranno, purtroppo, farsi carico i cittadini. Tutto ciò è dovuto al fatto che, la corruzione influisce sulle decisioni di spesa pubblica e tende a favorire i settori dove si registra un’alta concentrazione di potere politico o economico: gli ambiti nei quali non sono possibili ingenti extraprofitti illegali vengono trascurati35. Peraltro, occorre sottolineare la presenza di una relazione biunivoca intercorrente tra istruzione e corruzione: se, da un lato, alti livelli di corruzione portano a una diminuzione della spesa pubblica destinata all’istruzione, dall’altro lato, il livello di istruzione è uno dei fattori che determinano il grado di corruzione interna: più è alto il livello di istruzione più i cittadini sono in grado di scegliere una classe

33 M.ARNONE, E.ILIOPULOS, Op. cit. pag. 35-36 34 M.ARNONE, E.ILIOPULOS, Op. cit. pag. 40 35 M.ARNONE, E.ILIOPULOS, Op. cit. pag. 145-146

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dirigente di più elevato livello nonché di controllarne, in concreto, l’operato36.

3. Dallo Stato-imprenditore allo Stato-regolatore: il fenomeno delle privatizzazioni

Fin qui si è parlato di corruzione in termini generali, prendendo come punto di riferimento l’ambito pubblico. Si è, cioè, dato per scontato che l’impresa privata fosse l’erogatore della tangente e che il precettore della stessa fosse il pubblico ufficiale. In realtà, occorre iniziare a volgere lo sguardo al fenomeno opposto ossia ai casi in cui l’impresa privata non è l’erogatore della tangente quanto - piuttosto - il precettore della stessa37. È ora di iniziare a volgere lo sguardo all’ambito della c.d. “corruzione privata”.

L’esigenza di un’analisi della “corruzione privata” si è avvertita sin dalla metà degli anni ’7038, ma si è fatta sempre più accentuata sul finire del secolo scorso, complice l’ondata massiccia di privatizzazioni che ha caratterizzato la nostra realtà.

Negli anni Novanta del secolo scorso, si è, infatti, assistito allo storico passaggio dallo Stato-imprenditore allo Stato-regolatore39. Lo

Stato-regolatore è definibile come “uno Stato che svolge per lo più

un’attività regolativa, che si riferirà di norma ad ambiti di attività svolte dai privati, di cui attraverso la regolazione vengono poste condizioni di funzionamento efficiente”40. Tale passaggio è avvenuto per il tramite delle privatizzazioni. Con il termine “privatizzazione” si fa riferimento

36 M.ARNONE, E.ILIOPULOS, Op. cit. pag. 89

37 V.NAPOLEONI, Il “nuovo” delitto di corruzione tra privati, in Legislazione Penale, fasc. 3, 2013, pag. 670

38 Si fa riferimento all’opera di G.MARINUCCI, M.ROMANO, Tecniche normative nella repressione degli abusi degli amministratori delle società per azioni, 1971 39 R.ACQUAROLI, L.FOFFANI, La corruzione tra privati: note introduttive sull’esperienza italiana, in AA.VV., La corruzione tra privati-esperienze comparatistiche e prospettive di riforma, Giuffrè Editore, 2003, pag. 7

40 A.LA SPINA, G.MAJONE, Lo Stato regolatore, Il Mulino, 2000, cit. pag.23. A tale testo si rimanda per un’analisi approfondita del passaggio dallo Stato-imprenditore allo Stato-regolatore.

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a quel procedimento attraverso il quale “il pubblico potere si ritira dalle attività produttive, limitandosi a partecipare al capitale delle S.p.a., anche in minoranza e fino alla dismissione, cioè alla cessione delle quote ai privati, insistendo a controllare e a regolare dall’esterno (…) le attività produttive, perché siano svolte secondo l’interesse pubblico”41.

Quando parliamo di privatizzazioni si può far riferimento, da un punto di vista amministrativo, a tre distinti fenomeni. Il primo può essere definito con la locuzione “privatizzazione materiale”: essa si realizza quando una funzione ovvero un servizio, che precedentemente venivano esercitati esclusivamente dallo Stato, vengono trasferiti nel settore privato. In tali ipotesi, si viene a realizzare una “liberalizzazione” del mercato. All’interno di quest’ultimo, fanno, infatti, ingresso nuovi concorrenti di natura privata. L’ente pubblico - che precedentemente erogava il servizio - sovente, viene trasformato in un’impresa privata, all’interno della quale è, però, ancora, ravvisabile un controllo in mano statale. Il secondo fenomeno è definibile come “fuga dal diritto

amministrativo”: in questo caso l’amministrazione pubblica - per

diverse ragioni, che vanno dalla ricerca di una maggiore efficienza alla volontà di eludere le garanzie e le formalità proprie del diritto amministrativo - modella le sue competenze sulla base della disciplina privatistica. Le tecniche all’uopo utilizzate si sostanziano nella creazione di organismi con uno statuto speciale, ibrido tra pubblico e privato, ovvero nella creazione di società private. Il terzo e ultimo fenomeno è ravvisabile nella “privatizzazione della gestione” o “privatizzazione funzionale”, nell’ambito della quale l’amministrazione, al fine di una maggiore efficienza nella realizzazione di opere pubbliche, procede al trasferimento dell’esecuzione di quest’ultime ad un soggetto di diritto privato. A differenza di quanto accade nella “privatizzazione

materiale”, in quest’ultima ipotesi, la competenza per lo svolgimento

41 M.GIUSTI, Fondamenti di diritto pubblico dell’economia, CEDAM, 2013, cit. pag. 248

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del servizio resta in mano all’amministrazione: viene, infatti trasferita al soggetto di diritto privato soltanto l’esecuzione del servizio. Il soggetto privato finisce, così, per agire come ausiliario dell’Amministrazione42.

Dal punto di vista che qui maggiormente interessa, il fenomeno delle privatizzazioni ha comportato una imponente riallocazione della disciplina giuridica di tali attività dalla sfera pubblica a quella privata, con conseguenze vistose in tema di corruzione. Se, da un lato, le privatizzazioni riducono l’area di potenziale corruzione - purché siano accompagnate da chiare scelte di liberalizzazioni dei relativi mercati - dall’altro lato, nuove occasioni di scambio corrotto si presentano proprio nell’ambito della stessa procedura di cessione della proprietà pubblica. Il rischio è quello che, a privatizzazione avvenuta, una forma di corruzione privata si vada semplicemente a sostituire a quella pubblica43.

Dato il carattere privato di queste nuove imprese, se il dipendente agiva illegalmente, come conseguenza del recepimento di una tangente, si poneva il problema della sua responsabilità. Di per sé, le norme relative alla “corruzione pubblica” (artt. 318 ss. C.p.) non erano applicabili. Le strade percorribili erano, allora, due: o ci si affidava a discutibili interventi di “supplenza” giurisprudenziale, basati su letture dilatate delle nozioni di “pubblico ufficiale” e di “incaricato di pubblico servizio” (artt. 357 e 358 C.p.)44 oppure, si doveva procedere ad una tipizzazione penale della corruzione nel settore privato, al fianco di

42 A. NIETO MARTIN, La corruzione nel settore privato: riflessioni sull’ordinamento spagnolo alla luce del diritto comparato, in AA.VV., La corruzione tra privati-esperienze comparatistiche e prospettive di riforma, Giuffrè Editore, 2003, pag.126-127

43 R.ACQUAROLI, L.FOFFANI, Op. cit., pag. 7-8

44 V.NAPOLEONI, Op. cit., pag. 670, ancora R. ACQUAROLI, L.FOFFANI, La corruzione tra privati: note introduttive sull’esperienza italiana in AA.VV., La corruzione tra privati-esperienze comparatistiche e prospettive di riforma, Giuffrè Editore, 2003, pag.5 in cui troviamo un esempio in tal senso: la vicenda riguardava delle “tangenti” pagate agli amministratori di una società costituita per la gestione, in regime di pubblicità concessione, della costruzione di opere occorrenti per l’attuazione di una linea metropolitana, risoltasi con l’attribuzione di una qualifica pubblicistica (incaricato di pubblico servizio) ai soggetti percettori delle tangenti.( Cfr. Trib. Milano, 22 Maggio 1992)

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quella già esistente nel settore pubblico45. Benché, a seguito della massiccia ondata di privatizzazioni realizzatesi in Italia negli anni ’90 del secolo scorso, la dottrina maggioritaria fosse a favore dell’introduzione di una disciplina che estendesse, con gli opportuni adattamenti, anche al settore privato una disciplina analoga a quanto previsto nel settore pubblico46, la strada verso l’introduzione di una siffatta fattispecie è stata - come vedremo in maniera approfondita nel proseguo di questa trattazione - nel nostro ordinamento, lunga e complessa. Si deve, peraltro, sin da ora sottolineare il fatto che, se oggi il nostro ordinamento è munito di una disciplina generale che sanziona penalmente la “corruzione tra privati” (art. 2635 C.c.) ciò è dovuto, in larga misura, all’esigenza di conformarsi alle disposizioni internazionali e sovranazionali in materia che, a più riprese, hanno auspicato una criminalizzazione della corruzione nel settore privato, piuttosto che ad una volontà autonoma del nostro legislatore. La volontà sovranazionale di procedere ad una criminalizzazione della corruzione privata, come conseguenza dei processi di privatizzazione, è stata costante: basti pensare che già nel 1999 il par. 52 del Rapporto esplicativo alla Convenzione del Consiglio d’Europa osservava: “nel corso degli anni importanti funzioni pubbliche sono state privatizzate (istruzione, sanità, trasporti, telecomunicazioni ecc.). Il trasferimento di queste funzioni pubbliche al settore privato, spesso legato a processi di massiccia privatizzazione, implica il trasferimento di importanti poste di bilancio e di competenze regolamentari. E’, dunque, logico proteggere il

45 J.L. DE LA CUESTA ARZAMENDI, I. BLANCO CORDERO, La criminalizzazione della corruzione nel settore privato: aspetti sovranazionali e di diritto comparato, in AA.VV. La corruzione tra privati-esperienze comparatistiche e prospettive di riforma, Giuffrè Editore, 2003, pag. 45

46 Di diverso avviso A.SPENA in Punire la corruzione privata? Un inventario di perplessità politico criminali, Riv. Trim. dir. Pen. Econ., 2007, cit. pag. 839, per il quale “in certi casi che parrebbero (o comunque, formalmente sono) di corruzione privata, ci troviamo in realtà a che fare con vicende di corruzione sostanzialmente pubblica; vicende corruttive riguardanti lo svolgimento di servizi che sarebbero privatizzati (o comunque svolti da privati), mantengono per la loro rilevanza rispetto alla soddisfazione di bisogni fondamentali delle persone, una sostanza pubblicistica”.

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pubblico anche contro gli effetti pregiudizievoli della corruzione all’interno delle imprese, specie ove si consideri la rilevante importanza sociale dei poteri non solo finanziari concentrati nel settore privato e indispensabili al nuovo ruolo dell’impresa”.

4. La corruzione privata

Sovente siamo portati ad utilizzare come sinonimi le seguenti espressioni: “corruzione privata”, “corruzione tra privati”,

“corruzione nel settore privato”. In realtà, si tratta di espressioni non

completamente fungibili. Cerchiamo di fare chiarezza sul diverso significato da attribuire a tali formule. Parlare di “corruzione tra

privati” può portare ad un fraintendimento, poiché potrebbe,

erroneamente, far pensare alla necessaria qualificazione privatistica di entrambi i soggetti coinvolti nello scambio illecito, mentre, in realtà, l’assenza di una qualifica pubblicistica deve riguardare solo il recettore della tangente. Anche l’utilizzo della locuzione “corruzione nel settore

privato” non sembra essere corretta poiché - se presenta il pregio di

mettere in evidenza i profili di differenziazione tra settore pubblico e settore privato - in realtà, non prende in considerazione la circostanza che lo stesso concetto di “settore privato” in contrapposizione a quello “pubblico” presenta dei confini troppo incerti.

Appare, allora, preferibile ricorrere alla più neutra dicitura

“corruzione privata”47.

Si pone, ora, il problema di capire a cosa si voglia alludere con tale locuzione, la quale agli occhi del giurista - almeno sino a qualche anno orsono - poteva suonare come un ossimoro, tenuto conto del fatto che, tradizionalmente, nel nostro ordinamento si è sempre fatto riferimento alla corruzione pubblica. L’ambito concettuale della corruzione privata può essere definito sia “in negativo” che “in positivo”.

47 E.LA ROSA, La repressione penale della “corruzione privata”. Punti fermi e questioni aperte – SGB Edizioni, 2011, pag. 8-9

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Da un punto di vista negativo, la corruzione privata può essere definita per esclusione: corruzione privata in questo senso è una “corruzione non pubblica”. Poiché corruzione pubblica è corruzione di un pubblico agente - ossia un “pubblico ufficiale” (art. 357 C.p.) o un “incaricato di un pubblico servizio” (art. 358 C.p.) - l’ambito concettuale della corruzione privata si può definire assumendo che, per essere tale, un fatto di corruzione deve coinvolgere, quale soggetto corrotto, qualcuno che non sia un pubblico agente48. Una definizione in termini squisitamente negativi appare essere troppo generica: essa potrebbe ricomprendere delle ipotesi non rilevanti da un punto di vista politico-criminale.

Passiamo, allora, ad analizzare il significato di corruzione privata nella sua accezione positiva. Caratteristica positiva della corruzione

privata è il fatto che essa abbia luogo nel contesto, non già di una pratica

sociale qualsiasi, bensì nell’“ambito di un’attività commerciale” (così, ad esempio, nell’art. 7, Convenzione penale sulla corruzione, Consiglio d’Europa, Strasburgo, 27 gennaio 1999), “nell’esercizio di attività imprenditoriali” (così nell’art. 2 n.1, Azione comune del Consiglio UE, 22 dicembre 1998), “in una transazione economica” (così nel § 299, StGB tedesco). Quando parliamo di corruzione privata ci riferiamo, dunque, a pratiche corruttive che avvengono nello svolgimento di attività economiche o lato sensu di impresa: tale tipologia di corruzione diviene, perciò, rilevante - come problema giuridico e politico-criminale - solo quando avviene nell’ambito delle suddette attività; quando, cioè, è un fenomeno idoneo a pregiudicare interessi che abbiano a che fare con lo svolgimento di attività economiche49.

Se con il termine “corruzione” si intende usualmente la “compravendita dell’atto amministrativo da parte di un pubblico agente”, allorquando si parla di corruzione privata si fa riferimento “a

48 A.SPENA, Punire la corruzione privata? Un inventario di perplessità politico criminali, Riv. Trim. dir. Pen. Econ., 2007, pag. 813

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tutti quei comportamenti riprovevoli che si tengono nell’ambito dell’attività contrattuale, ove sia prevista per almeno uno dei contraenti l’osservanza di determinate regole e/o condotte di comportamento, allorché uno dei contraenti richieda all’altro un vantaggio ulteriore per concludere la negoziazione”50. Rimanendo sempre in ambito definitorio, la corruzione privata può essere descritta come “la dazione o la ricezione di denaro o altra utilità tra soggetti privati al fine di influenzarne la condotta in relazione a pratiche d’affari in corso”51.

Diversi sono gli ambiti all’interno dei quali può sorgere la

corruzione privata. Anzitutto, essa può manifestarsi nell’ambito

imprenditoriale: si pensi al caso-tipo del dirigente dell’ufficio-acquisti di un’impresa che preferisca far acquistare alla società della quale è dipendente materiali meno pregiati e ad un prezzo maggiore soltanto perché gli è stata promessa dal venditore una somma di denaro. Tale forma corruttiva può palesarsi, inoltre, in ambito societario: è questo il caso del top manager di una banca, che chieda un compenso in denaro per prestare il proprio consenso ad una fusione non proprio vantaggiosa per la banca. Infine, essa può manifestarsi anche all’esterno di ogni attività organizzata, ma sempre in ambito commerciale: essa, ad esempio, si può delineare in una richiesta (o offerta) ingiustificata di un sovrapprezzo alla controparte, per indurla a concludere un contratto a condizioni diverse da quelle predeterminate per legge: si pensi al caso dell’aspirante inquilino che offra una somma aggiuntiva “in nero” per indurre il proprietario a stipulare un contratto di locazione che altrimenti non stipulerebbe, o alla richiesta di una “gratifica” rivolta alla controparte per averle permesso di stipulare un contratto52.

50 R.ZANOTTI, La corruzione privata: una previsione utile nel nostro ordinamento? Riflessioni su un dibattito in corso, in Indice penale, 2005 pag. 534-535

51 D.PERRONE, L’introduzione nell’ordinamento italiano della fattispecie di corruzione privata: in attesa dell’attuazione della L.25 Febbraio 2008 N.34, in Cass. Pen.,fasc.2, 2009, pag.769B, la definizione è tratta da NUNZIATA, Verso l’indispensabile incriminazione della “corruzione inter privatos”: primi spunti di riflessione, in Riv. pol., 1998, pag. 417 ss.

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5. Alcuni casi di corruzione privata

Per comprendere meglio la fenomenologia della corruzione privata, appare utile far rifermento ad alcuni casi che, nel corso degli anni, si sono venuti a realizzare e che sono stati trattati dalla giurisprudenza dei vari Paesi nei quali tali fatti si sono palesati. Il primo caso, al quale si vuol far riferimento, riguarda una vicenda giudicata con sentenza del 16 settembre 1982 dall’United States District Court for the District of

Alaska. Sebbene il caso avesse ad oggetto l’applicazione della

legislazione antitrust, indubbiamente, alla sua base vi era una tipica ipotesi di corruzione privata.

Procediamo ad una riassuntiva illustrazione della vicenda. Un’impresa di pubblici servizi telefonici - l’Anchorage Telephone

Utility - e il comune della città di Anchorage (Alaska) avevano citato in

giudizio per risarcimento dei danni la società Hitachi Cable Ltd per aver corrotto due dipendenti municipali: Richard McBride e Forrest Ellis. L’Anchorage Telephone Utility, impresa di servizi cui era affidata la costruzione, manutenzione e gestione del sistema telefonico della città di Anchorage nel periodo compreso tra il 1970 e il 1978, aveva bandito una gara per un contratto di fornitura di cavi. Il bando di gara prevedeva l’onere in capo alla aziende partecipanti di indicare il prezzo di circa 125 diversi tipi di cavi per 1000 piedi, senza precisare quali di questi sarebbero poi stati effettivamente richiesti e pagati dall’appaltante né in che quantità. Facendo una media dei prezzi di ciascun cavo, la ditta banditrice della gara avrebbe, poi, individuato il contraente in grado di offrire le condizioni astrattamente più convenienti. Stante a quanto prospettato dall’attore nella causa de qua, tra il 1970 e il 1978, la società

Hitachi Cable Ltd avrebbe pagato tangenti pari a circa $$ 250.000 ai due

dipendenti municipali infedeli: sarebbe, così, venuta a conoscenza dei cavi di cui la ditta banditrice avrebbe poi effettivamente avuto bisogno.

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