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4. Dal c.d “Progetto Mirone”

6.6 La perseguibilità a querela

Il terzo e ultimo comma dell’originaria fattispecie di “Infedeltà a

seguito di dazione o promessa di utilità” prevedeva la necessità della

querela della persona offesa. Anche questo elemento fu introdotto in sede di dibattito parlamentare: il “Progetto Mirone”, infatti, taceva in relazione alle modalità di perseguibilità del reato. La scelta operata dal legislatore del 2002 si esponeva a molte critiche. Se da un lato, tale scelta appariva in perfetta sintonia con il processo di privatizzazione e patrimonializzazione degli interessi protetti che ha contraddistinto, nel suo complesso, la riforma del diritto penale societario; dall’altro lato, non teneva conto del fatto che, anche nei reati economici risulta, comunque, sempre presente un interesse di carattere generale259. La querela sarebbe potuta apparire come un utile strumento di deflazione dell’intervento penale, laddove, come previsto dal testo licenziato dalla Commissione Mirone, esso fosse stato anticipato alla soglia del pericolo. In quest’ultimo caso, infatti, la previsione della procedibilità a querela della persona offesa sarebbe stata utile per garantire esigenze di contro- tutela. Dato che nel corso dell’iter parlamentare si era provveduto a trasformare la fattispecie da “reato di pericolo concreto” a “reato di danno”, coerenza avrebbe voluto che il legislatore ne avesse tenuto conto nell’individuazione del regime di procedibilità. Dal momento che il reato si consumava con la realizzazione di un effettivo pregiudizio per la società, diveniva difficile “comprendere in base a quale legittimo controvalore l’assemblea potesse concludere che non meriti di essere punito un amministratore, che mediante un atto contrario all’ufficio,

258 E.LA ROSA, Op.cit., pag. 270-271 259 E.LA ROSA, Op.cit., pag. 272

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adottato in connessione di un’utilità indebita, abbia effettivamente nuociuto alle condizioni patrimoniali della società”260.

Anche sul piano applicativo, la scelta della perseguibilità a querela aveva posto indubbie criticità, connesse alla tradizionale difficoltà di individuare chi fosse titolare, e quindi potesse esercitare, il diritto-potere di querela nelle società commerciali. In relazione al delitto di cui all’art. 2635 C.c., la persona offesa, e dunque, in quanto tale, titolare del potere di querela, era, infatti, individuabile nella società. Tale circostanza aveva fatto sorgere un quesito: chi, all’interno della società, poteva legittimamente procedere all’esercizio del potere di querela? Generalmente, il titolare del potere di formazione della volontà dell’ente, in relazione alla scelta se esercitare o meno il diritto di querela, viene identificato nell’organo di gestione. Sennonché, in relazione alla fattispecie di reato ora in esame, le offese alla persona giuridica provengono dal suo interno. Non era, perciò, affatto remoto il rischio del manifestarsi di situazioni di conflitto di interessi, che potevano inquinare il procedimento di formazione della volontà dell’ente nell’esercizio del potere di querela, fino a poter giungere al paradosso di lasciare nelle mani dello stesso autore dell’illecito la scelta se attivare o meno il procedimento penale. Secondo autorevole dottrina261, anche in queste ipotesi, la legittimazione a proporre la querela sarebbe rimasta all’organo di gestione, salvo l’obbligo di astensione dell’amministratore autore dell’illecito. La dottrina prevalente262 ritenne, invece, che la provenienza interna dell’offesa spogliasse l’organo di amministrazione della legittimazione, che di regola gli spetta, a proporre la querela. In questa ipotesi, la legittimazione sarebbe stata trasferita, in via esclusiva, all’assemblea dei soci, analogamente a quanto previsto in materia di

260 E.LA ROSA, Op.cit., pag. 273, la citazione è tratta da V.MILITELLO, L’infedeltà patrimoniale a seguito di dazione o promessa di utilità, in AA.VV., I nuovi reati societari: diritto e processo, pag. 497

261 C.PEDRAZZI, Società commerciali (disposizioni penali), in Dig. disc. pen, XIII, Torino, 1998, pag. 396

262 Cfr. L.FOFFANI, Reati societari; F.ANTOLISEI, Manuale di diritto penale. Leggi complementari, I, Milano, 2007

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responsabilità civile degli amministratori e dei sindaci. Anche questa soluzione non risultava, però, esente da critiche. Non bisogna, infatti, dimenticare che gli amministratori non sono altro che espressione dei soci di maggioranza: da qui, il rischio di forme di connivenza tra quest’ultimi e gli amministratori, a scapito dei soci di minoranza. L’unico rimedio davvero efficace, per superare gli inconvenienti legati al regime di procedibilità prescelto dal legislatore, era parso quello di riconoscere la titolarità del diritto di querela anche ai singoli soci pregiudicati dal comportamento infedele. Solo in tal modo si sarebbe evitato il rischio che la querela si trasformasse in uno strumento di arbitrario potere nelle mani delle maggioranze assembleari263. Proprio in quest’ultima direzione sembra essere andata la giurisprudenza, seppur con riferimento al reato di “Infedeltà patrimoniale”.

Anche nel caso dell’art. 2634 C.c., si prevede, infatti, la procedibilità a querela della persona offesa, in ragione del danno subito dalla società. La giurisprudenza264 ha sottolineato come, tale norma, sia posta a tutela del patrimonio sociale: come parte lesa non deve, però, essere individuata la sola società, bensì anche, e principalmente, i soci della stessa, i quali, in ragione dell’infedeltà dell’amministratore, subiscono un depauperamento del proprio patrimonio. La giurisprudenza ritiene, perciò, che si debba riconoscere al singolo socio il diritto di tutelarsi contro il presunto responsabile dell’infedeltà. In altre parole, al singolo socio deve essere riconosciuta non soltanto la qualifica di danneggiato dal reato, ma anche di vera e propria persona offesa: come tale, legittimata a proporre la querela ai sensi dell’art. 120 C.p.265.

263 E.LA ROSA, Op.cit., pag. 280-281

264 Cfr. Corte Cassazione, sez. II, sentenza 24824 del 25 febbraio 2009; sezione V, n. 37033 del 16 giugno 2006

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6.7 Il rapporto di specialità bilaterale con la fattispecie di