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Il contenuto della delega ex art 19 della Legge 12 agosto 2016, n.

Ai sensi dell’art. 19 della Legge n. 170/2016 il Parlamento italiano ha delegato il Governo ad adottare, entro tre mesi dall’entrata in vigore della Legge, un Decreto Legislativo, recante le norme occorrenti per dare attuazione alla Decisione quadro 2003/568/GAI del Consiglio, del 22 luglio 2003, relativa alla lotta alla corruzione nel settore privato.

Ai sensi della lettera a) dell’art. 19 della Legge n. 170/2016 l’Esecutivo veniva invitato a prevedere - tenuto conto delle disposizioni incriminatrici già vigenti - “che sia punito chiunque promette, offre o

dà, per sé o per altri, anche per interposta persona, denaro o altra utilità non dovuti ad un soggetto che svolge funzioni dirigenziali o di controllo o che comunque presta attività lavorativa con l’esercizio di funzioni direttive presso società o enti privati, affinché esso compia od ometta un atto in violazione degli obblighi inerenti al proprio ufficio”.

385 S.SEMINARA, Il gioco infinito: la riforma del reato di corruzione tra privati, in Dir. pen. e proc. fasc. 6, 2017, pag. 715; F.DI VIZIO, La riforma della corruzione tra privati, in Il Quotidiano Giuridico, 3 aprile 2017, pag. 2

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Specularmente, la lettera b) prevedeva che venisse punito “chiunque, nell’esercizio di funzioni dirigenziali o di controllo, ovvero

nello svolgimento di una attività lavorativa con l’esercizio di funzioni direttive, presso società o enti privati, sollecita o riceve per sé o per altri, anche per interposta persona, denaro o altra utilità non dovuti, ovvero ne accetta la promessa, per compiere o per omettere un atto in violazione degli obblighi inerenti al proprio ufficio”.

La lettera c) prevedeva, altresì, che dovesse essere punita anche l’istigazione alle condotte di cui ai precedenti capoversi. La lettera d) era dedicata al trattamento sanzionatorio, in particolare si disponeva che: al reato di corruzione tra privati fosse applicata “la pena della

reclusione non inferiore nel minimo a sei mesi e non superiore nel massimo a tre anni”; si prevedeva, inoltre, “la pena accessoria dell’interdizione temporanea dall’esercizio dell’attività nei confronti di colui che esercita funzioni direttive o di controllo presso società o enti privati, ove già condannato per le condotte di cui alle lettere b) e c)”.

La lettera e) era, infine, dedicata alla responsabilità delle persone giuridiche: essa disponeva di prevedere “la responsabilità delle persone

giuridiche in relazione al reato di corruzione tra privati, punita con una sanzione pecuniaria non inferiore a duecento quote e non superiore a seicento quote nonché l’applicazione delle sanzioni amministrative interdittive di cui all’art. 9 del Decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231”.

La Legge delega del 2016 si caratterizzava, indubbiamente, per una maggiore convergenza con il diritto sovranazionale386. La dottrina387 ha, infatti, osservato come, nonostante qualche contraddizione e passo indietro, i criteri direttivi fossero da ritenere conformi alla Decisione quadro 2003/568/GAI.

386 A. CISTERNA, Lotta alla corruzione nel settore privato limitata ai dirigenti, in Guida al Diritto / Il Sole 24 Ore, numero 46 / 12 novembre 2016, pag. 94

387 R.BARTOLI, Corruzione privata: verso una riforma di stampo europeo?, in Dir. pen. e proc., fasc. 1, 5 (commento alla disciplina), 2017, pag. 3

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Un passo indietro si registrava sul piano sanzionatorio: veniva indicata, quale cornice edittale, un minimo di sei mesi e un massimo di tre anni di reclusione. Si veniva, così, a delineare una cornice edittale identica a quella prevista per la fattispecie di “Infedeltà patrimoniale”. Il legislatore del 2012, coerentemente con la maggior portata offensiva della “corruzione privata”, aveva, viceversa, previsto quale cornice edittale della fattispecie di “Corruzione tra privati” la reclusione da uno a tre anni.

Contraddittoria appariva, poi, l’indicazione relativa ai potenziali soggetti attivi del reato: essi erano ristretti agli apicali che svolgessero funzioni dirigenziali o di controllo o che, comunque, prestassero attività lavorativa con l’esercizio di funzioni direttive. La prospettiva europea, invece, in coerenza ad un modello improntato alla tutela della concorrenza, prevede la punibilità di chiunque svolga un’attività lavorativa.

Al di là di queste criticità, erano da accogliere con favore: la rilevanza attribuita all’offerta, alla sollecitazione, e all’attività di intermediazione; il riferimento al patto finalizzato al compimento di atti, accompagnato dalla mancata menzione del nocumento alla società; il silenzio sul regime di procedibilità, idoneo a far ritenere il fatto perseguibile d’ufficio; la previsione della pena accessoria dell’interdizione temporanea dall’esercizio dell’attività nei confronti di chi esercitasse funzioni direttive o di controllo presso società, laddove fosse già stato condannato per “corruzione privata”388.

La Legge delega conteneva, però, un inciso ambiguo: nell’esercizio della delega legislativa, il Governo avrebbe dovuto tener conto delle “disposizioni incriminatrici già vigenti”. Quest’ultimo inciso era, indubbiamente, destinato ad incidere sull’impianto della successiva riforma, a seconda di come venisse interpretato. Da un lato, esso poteva essere interpretato avendo riguardo a fattispecie incriminatrici vigenti -

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diverse dalla “corruzione privata” - in relazione alle quali poteva sorgere un’esigenza di coordinamento: si pensi, su tutte, alla fattispecie di “Infedeltà patrimoniale”. In tale prospettiva sarebbe risultato evidente che, considerato il silenzio della Legge delega, nel formulare la nuova fattispecie di “Corruzione tra privati”, il legislatore delegato potesse prescindere dal nocumento alla società, così come dalla disciplina “compromissoria”, in tema di procedibilità: addivenendo, così, a prevedere una fattispecie di pericolo, procedibile ex officio. Si sarebbe, pertanto, giunti - al netto delle criticità precedentemente illustrate - a formulare una fattispecie penale incriminatrice allineata in toto con lo

standard europeo. Dall’altro lato, l’inciso poteva, però, essere

interpretato con riferimento alla fattispecie di “Corruzione tra privati”, allora vigente. In questa seconda prospettiva, non essendo stata fatta menzione, nella Legge delega, né del nocumento alla società, né del regime di perseguibilità, si poteva ritenere che tali aspetti potessero non essere toccati dalla riforma389.

Il punto appariva estremamente delicato; in dottrina390 si era, però, sottolineato come la prima interpretazione fosse da preferire per tre ragioni fondamentali:

1) l’espressione “tenendo conto delle disposizioni incriminatrici già

vigenti” non poteva significare che, nel riscrivere una fattispecie, il

legislatore delegato dovesse innestare il “nuovo” nell’impianto del “vecchio”: si sarebbe, così, venuto a creare un mixtum compositum del tutto irrazionale nel momento in cui vengono date indicazioni di riforma;

2) dal momento che la delega richiedeva di punire un patto corruttivo finalizzato al compimento di atti, l’eventuale previsione di un nocumento alla società, così come della perseguibilità a querela sarebbero state del tutto disfunzionali. Se la nuova fattispecie avesse

389 R.BARTOLI, Op. cit., pag. 4 390 R.BARTOLI, ibidem

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continuato a prevedere il “nocumento”, si sarebbe realizzata una fattispecie a tutela anticipata del patrimonio societario: il “nocumento” alla società da elemento costitutivo, sarebbe stato trasformato in una sorta di “condizione obiettiva di punibilità”. Quanto alla perseguibilità, una volta venuto meno il nocumento alla società, sarebbe apparso distonico continuare a prevedere una procedibilità a querela della persona offesa, in una fattispecie a tutela della concorrenza;

3) al legislatore delegato, nel silenzio del legislatore delegante, viene riconosciuta la possibilità di operare in coerenza con gli obiettivi perseguiti dalla Legge delega, senza incorrere nel rischio di un eccesso di delega. Dal momento che, scopo della Legge delega n. 170/2016 era quello di dare attuazione alla Decisione quadro 2003/568/GAI, il nocumento alla società e il regime di procedibilità non sarebbero stati menzionati proprio perché ad essi, la Decisione quadro che si intendeva attuare, non faceva alcun riferimento.

La Legge delega, ora esaminata, è stata oggetto di esame da parte del GRECO. Nel rapporto di valutazione sull’Italia - adottato nella 74ª riunione planaria, svoltasi dal 28 novembre al 2 dicembre 2016 - il GRECO, preso nota dell’art. 19 della Legge n. 170/2016, si è rallegrato con le autorità italiane. Il GRECO riteneva, infatti, di cogliere in tale norma le premesse per il superamento di tutte le criticità precedentemente riscontrate e per un pieno adeguamento della normativa interna agli artt. 7 e 8 della Convenzione. Purtroppo - alla luce dell’effettiva riforma che di lì a poco si verrà a realizzare, per mezzo del D.Lgs. 38/2017 - il giudizio del GRECO risulterà essere viziato da una serie di equivoci sul contenuto della delega: in primis l’aver ritenuto soppressa la perseguibilità a querela, così come il requisito della distorsione della concorrenza per la procedibilità d’ufficio391.

391 S.SEMINARA, Il gioco infinito: la riforma del reato di corruzione tra privati, in Dir. pen. e proc. fasc. 6, 2017, pag. 715, nota 9

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18. L’attuazione della delega legislativa: il Decreto Legislativo