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Tutela penale dell'ambiente. Profili della responsabilità penale tra riforme, prassi applicative e principi di garanzia.

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(1)

DIPARTIMENTO DI GIURISPRUDENZA

Corso di Laurea Magistrale in Giurisprudenza

Tutela penale dell’ambiente

Profili della responsabilità penale tra riforme,

prassi applicative e principi di garanzia

Candidata Relatore

Beatrice Neroni Chiar.mo Prof. Alberto Gargani

(2)

SOMMARIO

INTRODUZIONE ... 6

CAPITOLO I ... 12

IL DIRITTO PENALE DELL’AMBIENTE: IL BENE GIURIDICO E LE TECNICHE DI TUTELA ... 12

1. L’IMPORTANZA DELLA TUTELA DELL’AMBIENTE: PREMESSA. ... 12

2. L’AMBIENTE COME BENE GIURIDICO OGGETTO DI TUTELA. ... 13

2.1 L’individuazione del bene giuridico ambiente. ... 13

2.2 L’ambiente come oggetto di tutela tra prospettiva ecocentrica e antropocentrica. ... 18

2.3 L’ambiente come interesse diffuso. ... 22

3. FONTI E PRINCIPI DEL DIRITTO AMBIENTALE. ... 24

4. I MODELLI DI ILLECITO PENALE AMBIENTALE. ... 30

5. LA TUTELA PENALE DELL’AMBIENTE FINO ALL’AVVENTO DELLA L. 68/2015. ... 39

5.1 L’evoluzione del diritto penale dell’ambiente. ... 39

5.2 I reati ambientali nella legislazione complementare. ... 46

5.2.1 L’offensività del reato ambientale e l’anticipazione della soglia della punibilità. ... 52

5.2.2 Problemi di effettività e vuoti di tutela. ... 59

5.3 Gli obblighi comunitari di criminalizzazione: la direttiva 2008/99/CE. ... 62

5.4 Il d.lgs. 121/2011: un recepimento solo parziale. ... 71

5.4.1 Le nuove fattispecie contravvenzionali. ... 72

5.4.2 La mancata attuazione degli obblighi comunitari. ... 77

5.4.3 La responsabilità degli enti per (taluni) reati ambientali: l’art. 25-undecies d.lgs. n. 231/2001. ... 78

(3)

6. LA TUTELA PENALE DELL’AMBIENTE NEL PANORAMA LEGISLATIVO

EUROPEO. ... 85

6.1 Un breve sguardo ai modelli di tutela adottati in altri ordinamenti. .. 85

6.2 La tutela penale dell’ambiente nel codice penale tedesco. ... 86

6.3 La disciplina di cui al codice penale austriaco. ... 90

6.4 La disciplina prevista nel codice penale spagnolo. ... 92

6.5 L’assetto di tutela nell’ordinamento portoghese. ... 96

CAPITOLO II ... 99

LA TUTELA GIUDIZIARIA DELL’AMBIENTE: IL DISASTRO ECOLOGICO DI MATRICE GIURISPRUDENZIALE... 99

1. L’INEFFICACIA DEL SISTEMA PENALE AMBIENTALE: UN RIEPILOGO. ... 99

2. L’INTERSEZIONE TRA TUTELA DELL’AMBIENTE E PROTEZIONE DELL’INCOLUMITÀ PUBBLICA. ... 100

2.1 La riscoperta applicativa dei delitti contro l’incolumità pubblica: l’ibridazione con la tutela dell’ambiente. ... 100

2.2 Il “disastro innominato” di cui all’art. 434 c.p.. ... 102

3. IL DISASTRO AMBIENTALE GIUDIZIARIO. ... 105

3.1 La prassi pretoria inaugurata dal caso Icmesa di Seveso e il leading case del Petrolchimco di Porto Marghera. ... 105

3.2 L’intervento della Corte Costituzionale con sentenza n. 327/2008. . 110

3.3 Il disastro di matrice giurisprudenziale al banco di prova del processo Eternit. ... 114

3.3.1 Ricostruzione del capo di imputazione e suo accoglimento nella sentenza di primo grado. ... 117

3.3.2 La declinazione sanitaria del disastro: l’ulteriore evoluzione del disastro ambientale. ... 120

3.3.3 La sentenza della Corte di Cassazione: la ghigliottina della prescrizione. ... 123

(4)

4. L’IRRIDUCIBILITÀ DELLE CONDOTTE DI INQUINAMENTO AL DISASTRO

INNOMINATO. ... 126

4.1 La nozione unitaria di disastro come delitto di pericolo comune mediante violenza. ... 126

4.2 Le ragioni dell’inconciliabilità tra disastro e condotte di inquinamento. ... 133

4.3 Proposte alternative nella prospettiva di una riforma dei reati ambientali. ... 137

CAPITOLO III ... 140

I NUOVI DELITTI AMBIENTALI ... 140

(L. 68/2015) ... 140

1. LA L. 68/2015: UNA RIFORMA LUNGAMENTE ATTESA. ... 140

2. SGUARDO D’INSIEME SULLA L. 68/2015. ... 142

2.1 La collocazione della disciplina. ... 142

2.2 Breve ricognizione delle novità introdotte. ... 145

2.3 Focalizzazione dell’oggetto dell’indagine. ... 146

3. LA FATTISPECIE DI DISASTRO AMBIENTALE DI CUI ALL’ART. 452-QUATER C.P.. ... 147

3.1 Il disastro ambientale quale reato di evento causalmente orientato.147 3.2 La clausola “abusivamente”. ... 148

3.3 Gli eventi costitutivi del disastro. ... 154

3.4 I rapporti tra il “disastro ambientale” e l’“altro disastro” alla luce della clausola di riserva. ... 162

3.5 L’elemento psicologico. ... 166

4. LA FATTISPECIE DI INQUINAMENTO AMBIENTALE DI CUI ALL’ART. 452-BIS C.P.. ... 167

4.1 L’inquinamento penalmente rilevante. ... 167

4.2 L’evento di danno: la compromissione e il deterioramento. ... 170

(5)

4.4 Il dolo di inquinamento. ... 179

4.5 Le prime applicazioni della fattispecie da parte della Cassazione. .. 180

4.6 L’art. 452-ter c.p.: circostanza aggravante o fattispecie autonoma? ... 191

5. LE FATTISPECIE COLPOSE E DI PERICOLO (ART. 452-QUINQUIES C.P.). ... 194

6. LE ALTRE FIGURE DELITTUOSE DI NUOVA INTRODUZIONE (CENNI). ... 196

6.1 Il traffico e l’abbondono di materiale ad alta radioattività (art. 452-sexies c.p.). ... 196

6.2 La fattispecie di impedimento al controllo (art.452-septies c.p.). .... 201

6.3 Il delitto di omessa bonifica (art. 452-terdecies c.p.). ... 203

7. LA PREVISIONE DELLA RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA DEGLI ENTI DA DELITTO AMBIENTALE. ... 205

8. L’INEFFICACIA COMPLESSIVA DELL’IMPIANTO DI TUTELA DELL’AMBIENTE INTRODOTTO DALLA RIFORMA. ... 211

8.1 Aspettative deluse. ... 211

8.2 L’approssimativa qualità redazionale delle norme. ... 214

8.3 Gli eventi di inquinamento e di disastro: problemi di gigantismo e difficoltà probatorio-processuali. ... 218

9. PROSPETTIVE DE JURE CONDENDO: LE ALTERNATIVE. ... 223

10. OSSERVAZIONI CONCLUSIVE. ... 229

(6)

INTRODUZIONE

Il tema della tutela penale dell’ambiente, per lungo tempo ignorato, o affrontato solo incidentalmente, quasi con superficialità, si è posto prepotentemente all’attenzione degli interpreti e del legislatore a partire dagli anni’60, con l’emergere della c.d. della questione ambientale, ed è progressivamente divenuto di massima rilevanza all’interno del dibattito giuridico, e non solo, a causa dei sempre più frequenti fenomeni di inquinamento e di disastro, che caratterizzano la nostra società moderna. Come è stato efficacemente osservato in dottrina, “la tutela penale dell’ambiente costituisce oggi, non solo una difficile sfida per il legislatore e un arduo impegno per la riflessione scientifica, ma anche e prima di tutto, una specie di paradosso. Mentre, infatti, da un lato, si è intensificata la consapevolezza dell’esigenza di un’efficace salvaguardia delle risorse ambientali, dall’altro, si è consolidata l’idea di una forte tensione tra i principi fondamentali del diritto penale classico e le tecniche di tutela dell’ambiente”1.

La nostra riflessione deve prendere avvio proprio da questa specie di paradosso che contraddistingue il diritto penale dell’ambiente, stretto tra una crescente consapevolezza delle necessità di tutela e la constatazione della potenziale erosione dei principi fondamentali. Infatti, per quanto la necessità di una incisiva protezione dell’ambiente attraverso il diritto penale sembra essere avvertita - per la dimensione transnazionale degli effetti prodotti dagli inquinamenti e degli altri fattori di degrado ambientale - con sempre maggiore intensità anche a livello internazionale e comunitario, oltre che naturalmente a livello interno, le tecniche di tutela penale finora individuate dal legislatore nazionale non sembrano pienamente soddisfacenti allo scopo e, anzi, il sistema sanzionatorio predisposto si pone in tensione con principi di legalità, offensività e personalità della responsabilità penale.

1 F. C. PALAZZO, Principi fondamentali e opzioni politico criminali nella tutela penale dell’ambiente, in A.A.V.V., Ambiente e diritto, II, Perugia, 1999, p. 545.

(7)

La predisposizione di un adeguato sistema di tutela penale dell’ambiente rappresenta senza dubbio uno dei principali e più complessi problemi giuridici della modernità: le questioni sollevate sono molteplici e trascendono anche la specifica materia ambientale, essendo comuni ad altri settori di nuova emersione contrassegnati da una molteplicità di fattori di rischio. Come è stato osservato in dottrina, “l’orizzonte tematico entro il quale è obbligato a muoversi il penalista che si occupi della tutela penale dell’ambiente è vastissimo ed abbraccia la teoria del bene giuridico tutelato, la funzione e i limiti dell’intervento penale, la selezione delle tecniche di tutela, i rapporti tra diritto penale e diritto amministrativo, la scelta tra contravvenzioni e delitti”2. Nella

consapevolezza dell’ampiezza dei temi evocati e senza avere alcuna pretesa di fornire risposte complete e definitive a problematiche tanto complesse, il presente lavoro si pone l’obiettivo di svolgere un’indagine sulla legislazione penale ambientale al fine di individuarne le caratteristiche e i principali limiti. Nella riflessione sulla tutela penale dell’ambiente costituisce un punto di partenza obbligato la problematica del bene giuridico. Dopo aver evidenziato le difficoltà connesse alla ricostruzione di una nozione di ambiente a causa dell’assenza di una definizione legislativa e aver ricostruito le principali questioni affrontate dalla dottrina penalistica sul tema (l’opzione tra teorie moniste e pluraliste, il riconoscimento di un’accezione restrittiva o estensiva alla nozione di ambiente, l’adesione ad una concezione eco-centrica o antropocentrica), si perverrà a riconoscere l’ambiente come bene giuridico nuovo, dotato di dignità e autonomia rispetto ad altri beni giuridici tradizionali, tanto da essere meritevole di divenire oggetto di tutela penale. Partendo dal presupposto che vi sia una stretta correlazione tra beni giuridici e tecniche di tutela, si cercheranno allora di individuare le tecniche che risultino più adeguate alle specifiche caratteristiche, di bene collettivo e di interesse diffuso,

2 L.SIRACUSA, La tutela penale dell’ambiente. Bene giuridico e tecniche di incriminazione,

(8)

riconosciute al bene ambiente, quale nuova oggettività giuridica di riferimento, per poi passare all’esame di quelle impiegate nel nostro ordinamento.

Nel primo capitolo si procederà all’esame del modello meramente sanzionatorio, che ha caratterizzato fino a tempi più recenti la legislazione penale ambientale complementare: lo strumento penale è stato impiegato in funzione repressiva di discipline amministrative. Oltre che per l’accessorietà al diritto amministrativo, i numerosi provvedimenti in materia di ambiente si contraddistinguono per l’anticipazione dell’intervento penale, che risulta operata attraverso un duplice meccanismo: da un lato utilizzando il modello contravvenzionale chiamato a reprimere comportamenti strumentali o formali privi di dannosità sociale, e dall’altro, ricorrendo a fattispecie di pericolo presunto. Tale tipo di tutela, pur ricevendo l’avvallo di autorevole dottrina, che ne ha sottolineato l’opportunità in considerazione delle caratteristiche del bene ambiente, non è stato immune da critiche concernenti la compatibilità con il principio di offensività e la sua reale effettività. Con riguardo a questo ultimo profilo, è stato evidenziato come il ricorso alle fattispecie di pericolo presunto ha determinato un “modello debole” di tutela penale: anziché risolversi in una maggiore efficacia di tipo preventivo, ha prodotto effetti opposti, mascherando un assoluto vuoto di tutela.

I risultati insoddisfacenti sul piano dell’effettività, nonché la mancata previsione di fattispecie ambientali che andassero a punire le più gravi forme di aggressione all’ambiente, hanno portato parte della dottrina a interrogarsi sull’opportunità di rafforzare il modello mediante l’introduzione di fattispecie incentrate sul disvalore di evento. I molteplici progetti di riforma presentati negli ultimi venti anni per l’introduzione di eco-delitti nel codice penale, costruiti secondo il modello penalistico puro, sull’esempio di altri legislatori europei, sono caduti nel nulla fino alla più recente riforma del 2015, nonostante l’adozione a livello comunitario della Direttiva 2008/99/CE, che imponeva obblighi di criminalizzazione al fine di colmare i vuoti di disciplina in relazione

(9)

alle forme più gravi di aggressione all’ambiente, con una riformulazione in chiave offensiva della tutela ambientale.

“Nella prassi non si è certo rimasti ‘con le mani in mano’ ad attendere il riconoscimento legislativo di forme di tutela reale ed immediata del bene ambientale”3. La giurisprudenza, infatti, ha intrapreso un’operazione di

adattamento ermeneutico di disposizioni del codice penale vigenti suscettibili di essere utilizzate in funzione di tutela diretta dell’ambiente o dei beni ad esso correlati per perseguire condotte illecite anche gravi, le quali sarebbero state destinate a rimanere altrimenti prive di sanzione. L’importanza del formante giurisprudenziale nel diritto penale dell’ambiente impone di dedicare il secondo capitolo al diritto vivente. In particolare, oggetto del nostro interesse sarà la creazione giurisprudenziale del delitto di disastro ambientale nelle “maglie larghe” del disastro innominato di cui all’art. 434 c.p., norma di chiusura del capo relativo ai delitti di comune pericolo mediante violenza, potenzialmente idonea a colmare ogni eventuale lacuna derivante dallo sviluppo della società. Questa soluzione ermeneutica, però, non è andata esente da critiche, soprattutto quando ha riguardato, piuttosto che disastri causati da eventi violenti e istantanei (come nella vicenda dell’Icmesa di Seveso), disastri generati da micro-condotte lente e reiterate in un arco temporale estremamente dilatato (come nel caso del Petrolchimico di Porto Marghera), a tal punto che nel 2008 la Consulta ne aveva auspicato il superamento, con un intervento del legislatore che disciplinasse autonomamente le ipotesi di disastro ambientale. L’assoluta inadeguatezza del disastro innominato a sanzionare i fatti di inquinamento i cui effetti dannosi si manifestino a distanza di tempo, è stata poi disvelata dalla pronuncia della Corte di Cassazione relativa alla vicenda Eternit. La drammatica vicenda assolutoria ha definitivamente “squarciato il velo che ancora provava a celare grossolanamente l’inefficacia repressiva nei confronti dei macro-eventi di disastro tanto dell’assetto normativo delineato dal Codice

3 A. GARGANI,La protezione immediata dell’ambiente, in S. VINCIGUERRA,F.DASSANO, Scritti in memoria di Giuliano Marini, Napoli, 2010, p. 418.

(10)

Penale del 1930 e dal Codice dell’Ambiente, quanto delle soluzioni nelle more sperimentate in via ermeneutica da una giurisprudenza creativa”4.

Proprio pochi mesi dopo il deposito delle motivazione della sentenza Eternit - una contiguità temporale che non sembra essere casuale - il legislatore ha approvato con l. 22.5.2015, n. 68 la riforma dei reati ambientali, da tanti anni annunciata, ma mai concretamente attuata, che ha introdotto nel codice penale un nuovo Titolo VI-bis interamente dedicato ai “Delitti contro l’ambiente”. Il terzo capitolo sarà, dunque, dedicato all’esame della tanto attesa riforma. In particolare, dopo uno sguardo d’insieme, volto a fornire una visione complessiva dell’intervento di riforma, l’indagine si concentrerà sui principali delitti di nuova introduzione: l’inquinamento ambientale e il disastro ambientale. Attraverso l’esame delle due fattispecie si tenterà di verificare se la novella costituisca una risposta adeguata alle invocate esigenze di tutela dell’ambiente in termini di effettività, che hanno reso necessaria la sua introduzione.

In realtà, nonostante la lunga gestazione, la novella sembra aver predisposto un impianto scarsamente efficace, che di certo “non aiuta l’ambiente”5. Il legislatore, anziché propendere per un intervento più meditato

e meno clamoroso, ha percorso le scorciatoie di una roboante penalizzazione dagli incertissimi risultati: si tratta di una legislazione d’effetto, ricca di retorica, che suscita seri dubbi circa la sua legittimità costituzionale e la sua concreta applicabilità. Al contrario, l’introduzione di fattispecie incriminatrici caratterizzate da un danno o da un pericolo concreto, in ossequio al principio di offensività, richiedeva la redazione di norme chiare e comprensibili come prescritto dai principi di tassatività e determinatezza dell’illecito penale. Ai problemi di scrittura delle norme si aggiungono, poi, difficoltà probatorie quasi insuperabili. La riforma, infatti, sulla scia della Direttiva 2008/99/CE,

4 G. AMARELLI, La riforma dei reati ambientali: luci ed ombre di un intervento a lungo atteso,

in www.penalecontemporaneo.it, p. 4.

5 T. PADOVANI, I nuovi ecoreati: un impianto inefficace che non tutela l’ambiente, in Guida dir., 2015.

(11)

“scommette” sull’applicabilità nella realtà giudiziaria di fattispecie incentrate sul disvalore di evento, nonostante le criticità avanzate da autorevole dottrina proprio in relazione alla difficile prova del nesso causale tra la condotta e gli eventi di inquinamento e di disastro.

Dopo aver evidenziato le principali criticità e problematiche connesse ai nuovi delitti ambientali, in sede conclusiva del lavoro, si dovrà dar conto delle soluzioni che potevano essere più correttamente percorse dal legislatore e che possono ancora essere adottate, in una prospettiva de lege ferenda, per fornire un’adeguata risposta alle esigenze di salvaguardia dell’ambiente. Una tutela penale dell’ambiente è, infatti, irrinunciabile, nella misura in cui, però, questa sia attuata con tecniche compatibili con i principi costituzionali che vincolano l’esercizio del potere punitivo.

(12)

CAPITOLO I

IL DIRITTO PENALE DELL’AMBIENTE: IL BENE

GIURIDICO E LE TECNICHE DI TUTELA

1. L’importanza della tutela dell’ambiente: premessa.

La diffusa consapevolezza della limitatezza e dell'estrema fragilità delle risorse naturali, un tempo ritenute illimitate, ha messo in chiara evidenza l'esigenza di una maggiore e più incisiva protezione dell'ambiente in ambito giuridico, avvertita con sempre maggiore intensità a livello internazionale, oltre che negli ordinamenti dei singoli Stati.

La ricerca di un’efficace tutela di tale bene e valore primario ha comportato, nei diversi Paesi, un notevole ampliamento della legislazione a tutela delle componenti fondamentali dell’ambiente, che ha finito col coinvolgere diverse branche dell’ordinamento e, fra queste, anche il diritto penale. La tutela dell’ambiente, senza più alcun dubbio, rientra a pieno titolo tra i compiti del diritto penale, in considerazione dell’inevitabile interconnessione di tale bene con altri interessi di rilevanza fondamentale: la qualità della vita, la salute, la libertà economica, l’occupazione6.

La predisposizione di un adeguato sistema di tutela penale dell’ambiente costituisce uno dei principali e più complessi problemi della modernità: le questioni che pone il diritto penale dell’ambiente sono molteplici e vanno dalla tecnica di normazione al trattamento sanzionatorio. Pur nella loro varietà, esse si irradiano da un nucleo tematico comune, costituito dal concetto di ambiente

6 F.GIUNTA, Ideologie punitive e tecniche di normazione nel diritto penale dell’ambiente, in Riv. trim. dir. pen. econ., 2002, p. 845.

(13)

come bene giuridico; ed è proprio da questo concetto che è opportuno prendere le mosse.

2. L’ambiente come bene giuridico oggetto di tutela.

2.1 L’individuazione del bene giuridico ambiente.

Nonostante la presenza nel nostro – così come in quasi tutti i moderni ordinamenti giuridici – di molteplici discipline volte alla tutela dell’ecosistema, la nozione “ambiente” è del tutto vaga e mutevole: il legislatore non ne ha mai fornito una definizione certa e ad essa non sono stati assegnati significati univoci.

Secondo un’opinione, “il termine ‘ambiente’ (…) indica un concetto tendenzialmente macroscopico e di difficile determinazione che manifesta una complessità strutturale dovuta al suo carattere poliedrico e multi-dimensionale”7. Tanto che, ad avviso di una parte della dottrina, “nel linguaggio

normativo l’ambiente, per quanto di continuo evocato, non è definito né definibile”8.

Per una corretta impostazione della questione appare opportuno partire dalla collocazione dell’ambiente tra i valori fondamentali tutelati dalla nostra Costituzione. In realtà, fino alla modifica dell’art. 117 operata con l’art. 3 della legge costituzionale 18.10.2001, n.3, non vi era alcuna disposizione che considerava specificatamente l’ambiente. A fronte di tale lacuna, dottrina e giurisprudenza hanno ricercato principi che potessero offrire fondamento e garanzia costituzionale alla sempre più crescente domanda sociale di protezione dell’ambiente naturale, pervenendo alla costruzione della nozione giuridica dell’ambiente ricorrendo, in via interpretativa, agli artt. 2, 9, 32 Cost. che tutelano rispettivamente i diritti inviolabili dell’uomo nelle formazioni sociali

7 M. CECCHETTI, Principi costituzionali per la tutela dell’ambiente, Milano, 2000, p. 1. 8 S.GRASSI, Presentazione al volume di Principi costituzionali a tutela dell’ambiente, di M.

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in cui si svolge la sua personalità, il paesaggio e la salute9. Facendo leva sulle stesse norme, le Sezioni Unite della Cassazione, già nel 1979, avevano affermato che “il diritto alla salute piuttosto (e oltre) che un mero diritto alla vita e all’incolumità fisica si configura come un diritto ad un ambiente salubre”10.

A partire dagli anni Ottanta, la Corte Costituzionale ha esplicitamente riconosciuto il fondamento costituzionale della tutela dell’ambiente, ravvisandovi dapprima un diritto fondamentale dell’uomo e poi riconoscendogli la piena autonomia di valore primario11. Infine, la riforma costituzionale del 2001 ha ulteriormente confermato la valenza da riconoscere a tale bene, introducendo a pieno titolo la nozione di ambiente in Costituzione attraverso la formula “tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni

culturali”.

Oltre alla Costituzione, determinante nella progressiva emersione del bene giuridico ambiente è stata anche la stessa normativa in materia ambientale. La vera e propria “c.d. svolta verde”, che ha riconosciuto espressamente valore primario all’ambiente, viene individuata, a livello di legislazione ordinaria, nella l. 8.8.1985, n. 431, sulla tutela delle zone di particolare interesse ambientale, e nella l. 8.7.1986, n. 349, che ha istituito il Ministero dell’Ambiente. In particolare, l’abrogato art. 18 di quest’ultima legge, aveva introdotto una nozione di danno ambientale – “qualunque fatto doloso o

colposo in violazione di disposizioni di legge o di provvedimenti adottati in base a legge che comprometta l'ambiente, ad esso arrecando danno, alterandolo, deteriorandolo o distruggendolo in tutto o in parte obbliga l'autore del fatto al risarcimento nei confronti dello Stato” –, che faceva

riferimento a beni non appartenenti a persone fisiche o giuridiche pubbliche o

9 G.DI NARDO,G.DI NARDO, I reati ambientali, Padova, 2006, p. 7.

10 Cass. civ., Sez. un., 6 ottobre 1979, n. 5172, in Giur. it., 1980, I, p. 859 ss., con nota di S.

PATTI, Diritto all’ambiente e tutela della persona.

(15)

private, ma ad un’astrazione sovrapersonale ascrivibile alla collettività nel suo complesso e tutelata dallo Stato in quanto bene pubblico12.

In ambito penale, la ricostruzione del concetto di ambiente come bene giuridico, non è una questione solamente teorica, in quanto essa rileva sul piano della tecnica della strutturazione delle fattispecie, condizionando di conseguenza la definizione dei connotati offensivi delle condotte incriminate. L’ “afferrabilità del bene”13 è il “presupposto essenziale affinché le forme

dell’aggressione al medesimo siano scolpite dal legislatore o ricavabili, entro i limiti in cui lo consente l’art. 25, comma 2, Cost., dall’interprete con un elevato grado di certezza”14.

Mentre in alcuni settori del diritto dottrina e giurisprudenza hanno cercato di ricostruire il concetto di ambiente in termini unitari, elaborando le c.d. teorie moniste15, nel diritto penale si è evidenziata l’opportunità di

considerare l’ambiente nei singoli elementi che lo compongono, che il legislatore di volta in volta eleva ad oggetto di disciplina (atmosfera, acqua, suolo, paesaggio, etc.), secondo una visione tipica delle teorie pluraliste16. Da un lato, infatti, risulta difficile, da un punto di vista giuridico, operare una

reductio ad unum, che soddisfi tutte le realtà fenomeniche oggetto della

legislazione di tutela; dall’altro, l’identificazione dell’oggetto di tutela non può esaurirsi in formule suggestive sul piano comunicativo (“ciò di cui viviamo e in cui viviamo”, ossia l’habitat dell’uomo), ma ha bisogno di riferimenti più

12 C. BERNASCONI, Il reato ambientale. Tipicità, offensività, antigiuridicità, colpevolezza, Pisa,

2008, p. 13.

13 Ivi, p. 10.

14 F.BRICOLA, Tecniche di tutela penale e tecniche alternative di tutela, in M.DE ACUTIS,G.

PALOMBARINI (a cura di), Funzioni e limiti del diritto penale, Padova, 1984, p. 29.

15 S.PATTI, Ambiente (tutela dell’) nel diritto civile, in Dig. disc. priv. sez. civ., I, Torino, 1987,

p. 286; B. CARAVITA, Diritto pubblico dell’ambiente, Bologna, 1990, p. 43 ss.; A. GUASTAPANE, La tutela globale dell’ambiente: dalla legge 349 del 1986 alle leggi 142 e 241

del 1990, Milano, 1991, p. 15 ss.; ID., Tutela dell’ambiente (diritto interno), in Enc. Dir., XLV, Roma, 1992, p. 413 ss..

16 R. BAJNO, Ambiente (tutela dell’) nel diritto penale, in Dig. disc. pen., I, 1987, p. 116 ss.; L.

BERTOLINI Ambiente (tutela dell’) IV) Diritto penale, in Enc. giur. Treccani, I, Roma, 1988, p. 1; A. FIORELLA, Ambiente e diritto penale in Italia, in A. ZANGHÌ (a cura di) Protection of the

Environment and penal law, Bari, 1993, p. 231; M. S.GIANNINI, “Ambiente”: saggio sui suoi

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circoscritti e dotati di un significato riducibile ad una formula precettiva, tanto più in presenza di una minaccia di una sanzione punitiva.

Peraltro, l’unitarietà dell’ambiente come bene giuridico di categoria non impedisce di cogliere al suo interno specifici e più ristretti settori di intervento della normativa penale17. Tale considerazione “analitica” del bene ambiente, dal punto di vista strettamente penalistico, comporta dei vantaggi sia sul piano della costruzione della fattispecie, risultando più agevole individuare comportamenti dotati di attitudine offensiva nei confronti di ognuna delle componenti ambientali singolarmente considerate piuttosto che del sistema naturale nel complesso, sia con riguardo all’accertamento del nesso causale tra una determinata condotta e l’evento offensivo, assumendosi ad oggetto della tutela i singoli elementi di ciascun ecosistema18.

All’interno del settore penale, il dibattito concernente l’estensione semantica del bene ambiente investe poi ulteriori questioni. Si possono rinvenire due diverse accezioni del bene ambiente: una estensiva e una restrittiva.

Secondo la concezione estensiva, per ambiente si dovrebbe intendere “il complesso delle condizioni sociali, culturali e morali nel quale l’essere umano si trova, si forma e si sviluppa”19, con il risultato di far rientrare nell’oggetto di

tutela penale anche beni non connotati dalle loro qualità naturali intrinseche, ma da qualificazioni giuridiche, quali il paesaggio, i beni artistici e culturali. Tale concezione, confortata dalla lettura combinata degli artt. 2, 9 e 32 della Costituzione e da alcune pronunce giurisprudenziali, risulta criticabile nella misura in cui assimila beni quali i laghi, i fiumi, le piante e beni quali monumenti e architetture20.

17 F. GIUNTA, Il diritto penale dell’ambiente in Italia: tutela di beni o tutela di funzioni?, in Riv. it. dir. proc. pen., 1997, p. 1108.

18 C.BERNASCONI, Il reato ambientale, cit., p. 15.

19 F. GIUNTA, Il diritto penale dell’ambiente in Italia, cit., p. 1100.

20 M. CATENACCI, La tutela penale dell’ambiente. Contributo all’analisi delle norme penali a struttura sanzionatoria, Padova, 1996, p. 29.

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Al contrario, sempre più autori aderiscono ad una concezione restrittiva dell’ambiente, secondo la quale la tutela avrebbe ad oggetto gli elementi fondamentali della biosfera (acqua, aria, suolo), protetti in quanto ecosistemi naturali. Assume rilievo, dunque, il concetto di ecosistema, cioè di ambiente biologico, composto da tutti gli organismi viventi (biotici) in una particolare area e da quelle componenti fisiche non viventi (abiotiche) con le quali gli organismi interagiscono come l’aria, la terra, l’acqua21.

Se per ambiente si intende il solo equilibrio ecologico di elementi biotici e abiotici, è, dunque, chiaro che i beni storico-artistici, i piani urbanistici etc. sono considerati come beni autonomi, differenti e a sé stanti oggetti giuridici, da regolamentare con apposita disciplina con principi e finalità del tutto diversi. A sostegno di una tale impostazione distintiva, vi sarebbe la stessa riformulazione dell’art. 117 della Costituzione: l’aver attribuito competenza esclusiva allo Stato in materia di “tutela ambiente e dell’ecosistema” (art. 117, comma 2 lett. s) Cost.), ma competenza concorrente di Stato e regioni per quel che riguarda “governo e territorio” e “valorizzazione dei beni culturali ed

ambientali” (art. 117, comma 3 Cost.) segnala in modo evidente l’intento di

dividere concettualmente la nozione di ambiente in senso ecologico dagli altri settori del diritto, quali l’urbanistica, la tutela del paesaggio e così via. Il quadro così delineato non escluderebbe la possibilità che si verifichi, in alcuni casi, l’identità di oggetti di tutela tra la competenza in materia ecologica e la protezione dei singoli beni ambientali ad essa collegati, che spetta allo Stato, se finalizzata alla prevenzione o rimozione di danni ecologici, o alle Regioni, se da essa derivino esigenze di governo del territorio22.

Peraltro, il significato più ristretto di ambiente appare più congeniale ai dati desumibili dal sistema normativo vigente, ma soprattutto, ad un’accezione

21 B.CARAVITA, Il diritto costituzionale dell’ambiente, in S.NESPOR,A.L.DE CESARIS (a cura

di), Codice dell’ambiente, Milano, 2009, p. 104 ss.; M. CATENACCI, La tutela penale

dell’ambiente, cit., p. 45; L. SIRACUSA, La tutela penale dell’ambiente. Bene giuridico e

tecniche di incriminazione, cit., p. 23 ss..

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definita e afferrabile di interesse protetto23. Dall’esame degli atti legislativi in materia, si evidenzia, anzitutto, la distinzione tra i termini “ambiente” e “beni ambientali”, che indicherebbero rispettivamente l’equilibrio ecologico di acque, aria e suolo, tutelati in quanto sistemi natura, e i “luoghi di vita”, tutelati, invece, in virtù di una qualificazione giuridica, per garantirne “un certo stato che li qualifica come ‘paesaggio’, ‘bene archeologico’, ‘zona agricola’ ‘patrimonio culturale’ e così via”24. Secondariamente, si tende a distinguere tra

le norme che tutelano la salute e l’igiene dei luoghi e le norme che mirano all’integrità del territorio, a ulteriore riprova del fatto che il legislatore stesso stia prendendo sempre più le distanze da una concezione di ambiente inteso come tutto l’habitat dell’uomo25.

2.2 L’ambiente come oggetto di tutela tra prospettiva ecocentrica e antropocentrica.

Un ulteriore aspetto che è stato oggetto di riflessione da parte della dottrina penalistica sulla tutela dell’ambiente concerne il carattere strumentale o meno della tutela dell’ambiente rispetto a beni finali, suscettibili di essere compromessi da aggressioni all’equilibrio ecologico. In altre parole, si tratta di capire se sia opportuno considerare l’ambiente come bene la cui tutela sia funzionale rispetto ad altri interessi facenti capo alla persona, in particolare quello della salute, o se vada considerato meritorio in sé di tutela, costituendo esso stesso il bene finale. La risposta a tale ultima questione può essere diversa a seconda che si aderisca a una concezione ecocentrica o antropocentrica dell’ambiente26.

Secondo la concezione ecocentrica, il diritto penale viene chiamato a tutelare “l’ambiente in sé e per sé”, in quanto bene indisponibile perché di

23 G. INSOLERA, Modello penalistico puro per la tutela dell’ambiente, in Dir. pen. proc., 1997,

p. 738.

24 MCATENACCI, La tutela penale dell’ambiente, cit., p. 28.

25 M. CATENACCI, I reati ambientali e il principio di offensività, in Riv. quadr. dir. amb., 2010,

p. 47.

26 J. LUTHER, Antropocentrismo ed ecocentrismo del diritto dell’ambiente in Italia, in Pol. dir.,

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titolarità delle generazioni future. Tale approccio assegna all’ambiente un’importanza preponderante rispetto a qualunque altro bene giuridico, così da escludere in radice la possibilità di un suo bilanciamento con altri valori, e riconosce allo strumento penale un ruolo decisivo nella tutela, dal momento che assicura il massimo livello di efficacia conservativa di cui può disporre l’ordinamento, attraverso sanzioni che colpiscono in via anticipata condotte anche solo pericolose per l’ambiente27. La concezione ecocentrica ispira una

tutela che, nella sua tendenziale assolutezza, aspira a far fronte alle difficoltà che l’ambiente incontra nell’essere riconosciuto come esigenza prioritaria28.

Al contrario, la concezione antropocentrica pone al centro dell’ecosistema l’uomo, considerato un “prius” rispetto alla natura, in quanto essere superiore dotato di ragione chiamato a dominare e ad appropriarsi della natura stessa, che deve servire come mezzo per il soddisfacimento dei suoi bisogni29. Tutelare l’ambiente significa fornire una protezione estremamente anticipata ai beni individuali quali la vita e la salute umana, dai pericoli che possono ad essi derivare dall’ambiente30. Al fine della realizzazione della

persona umana, la tutela dell’ambiente non è assoluta, perché deve essere bilanciata dalla presenza di contro-interessi, dai quali dipende la conservazione e il progresso delle condizioni esistenziali dell’uomo, come le esigenze del mondo della produzione e del progresso tecnologico31. L’uomo, dunque, dispone di ampi poteri di intervento sulla natura, la cui tutela deve essere bilanciata con altri interessi concorrenti32. La disciplina giuridica dell’ambiente

nei vari Paesi europei muove proprio da tale concezione, che vede

27 F. GIUNTA, Ideologie punitive e tecniche di normazione nel diritto penale dell’ambiente, cit.,

p. 846.

28 F. C. PALAZZO, Principi fondamentali e opzioni politico criminali nella tutela penale dell’ambiente, cit., p. 559.

29 J. LUTHER, Antropocentrismo ed ecocentrismo nel diritto dell’ambiente in Germania e in Italia, cit., p. 637 ss..

30 W. HASSEMER, Il bene giuridico nel rapporto di tensione tra costituzione e diritto naturale,

in Dei delitti e delle pene, 1984, p. 104.

31 G. DE SANTIS, Diritto penale dell’ambiente. Un’ipotesi sistematica, Milano, 2012, p. 56. 32 V. PLANTAMURA, Principi, modelli e forme per il diritto penale ambientale del terzo millennio, in Riv. trim. dir. pen. ec., 2002, p. 1028 ss..

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nell’ecosistema naturale una condizione per la piena realizzazione della persona33.

La contrapposizione netta tra l’approccio antropocentrico e quello econcentrico non deve essere forzata rischiando, altrimenti, di condurre a pericolosi quanto inutili estremismi. “In realtà, occorre accettare senza timori pregiudiziali la prospettiva antroprocentrica, recuperandone però una nozione corretta”34, ossia è opportuna “la puntualizzazione di una forma più moderna di

antropocentrismo”. Se è vero che tradizionalmente la difesa dell’ambiente è stata perseguita strumentalmente, in via mediata, in quanto “altri erano i beni e i valori individuati teleologicamente dalle norme, il cui referente era comunque sempre l’uomo uti singuli o la collettività”, l’evoluzione sociale e giuridica ha dimostrato la necessaria alterità e autonomia del bene ambiente rispetto ai diversi interessi individuali e collettivi tradizionalmente utilizzati per conseguire una tutela (mediata e indiretta) dell’ambiente medesimo, posta la difficoltà di quest’ultimo di affermarsi come bene autonomo. In questo senso, si comprende come la concezione ecocentrica abbia “svolto il ruolo di grimaldello per scardinare le resistenze al pieno riconoscimento di un valore in via di progressione”35, ma non possa corrispondere al volto del sistema penale

dell’ambiente, posto che il diritto implica una sorta di antropocentrismo necessario, in quanto scienza sociale che non può considerare l’ambiente se non con riferimento all’uomo ed ai suoi comportamenti36.

Il riconoscimento dell’ambiente come bene giuridico dotato di dignità e autonomia rispetto ad altri beni giuridici, risulta perfettamente compatibile con la visione antropocentrica37, che permea di sé tutta la legislazione in materia ambientale e che impone l’esigenza di un necessario bilanciamento tra

33 F.GIUNTA, op. ult. cit., p. 847.

34 M. CECCHETTI, Principi costituzionali per la tutela dell’ambiente, cit., p. 49. 35 C. BERNASCONI, Il reato ambientale, cit., p. 18.

36 F. G.SCOCA, Osservazioni sugli strumenti giuridici di tutela dell’ambiente, in Dir. soc.,

1993, p. 403.

37 M.CATENACCI,La tutela penale dell’ambiente, cit., p. 42; E.LO MONTE, Diritto penale e tutela dell’ambiente, Milano, 2004, p. 324 ss..

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protezione del bene naturale e difesa dei beni personali degli individui o di altri beni collettivi parimenti rilevanti all’interno del contesto sociale38.

L’approccio antropocentrico consentirebbe, dunque, di impostare in modo equilibrato il fondamento giustificativo della tutela ambientale. Da una parte, infatti, tale indirizzo scongiura gli eccessi di tutela che possono discendere dall’adesione all’opposta concezione ecocentrica, quali ad esempio il rischio di una progressiva trasformazione della tutela dei beni ambientali nella tutela dell’ideologia (se non addirittura dell’etica) ambientalista. Dall’altra, tale approccio evita anche l’inconveniente opposto di considerare in termini riduttivi la tutela dell’ambiente nella sua relazione con l’attività economica: mentre l’attività economica trova nell’ambiente un elemento di eterolimitazione, la tutela dell’ambiente mantiene un fondamento giustificativo del tutto autonomo rispetto allo sviluppo dell’economia.

Da ultimo, si consideri anche che il rapporto di strumentalità rispetto al bene della salute individuale e collettiva non risulta né indefettibile, né esclusivo, specialmente in relazione a quegli aspetti della nozione di ambiente (come il patrimonio faunistico e floreale), la cui tutela può prescindere dallo scopo ultimo di prevenire offese alla salute individuale e collettiva39. Per esempio, in materia di tutela delle acque, la scomparsa di una certa flora come conseguenza di condotte inquinanti può cagionare il proliferare di altre specie vegetali velenose per l’uomo, mettendone a rischio la salute; viceversa, può accadere che l’eliminazione di altro tipo di flora acquatica produca effetti diversi ed in particolare cagioni un progressivo essiccamento del corso d’acqua, mettendo a rischio l’approvvigionamento idrico dei centri abitati circostanti, o determini il moltiplicarsi di specie batteriche inoffensive per l’uomo, ma letali per le coltivazioni, con grave danno per l’economia.

In sostanza, la tutela dell’ambiente può apparire strumentale alla protezione di una pluralità di interessi ulteriori e può essere necessaria per impedire la propagazione di pericoli immediati non solo per la salute

38 C. BERNASCONI, op. ult. cit, p. 16.

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dell’uomo, ma anche per l’economia, il paesaggio, il territorio; ma non può essere penalmente tutelabile soltanto in funzione della tutela di un bene finale ulteriore, di volta in volta identificabile con uno degli interessi sopracitati40. Nonostante alcune voci discordi in dottrina 41 , ragioni etiche, dogmatiche e costituzionali inducono ad optare a favore di una visione personalistica, seppure moderata, in quanto questa permette di ridurre l’opposizione uomo-ambiente, considerandoli in una dinamica necessariamente relazionale42.

La dicotomia tra antropocentrismo ed ecocentrismo, come la contrapposizione tra teorie moniste e pluraliste o accezione restrittiva ed estensiva di ambiente, non ha solo un valenza teorica nell’ambito del dibattito dottrinale, ma ha avuto a sua volta significative ricadute sulle tecniche di tutela dell’ambiente scelte dal legislatore, delineando un quadro variegato e composito. Il legislatore penale, fattispecie per fattispecie, pone l’accento sulla tutela ora della salubrità dell’ambiente, nelle sue distinte componenti, ora della salute dell’uomo.

2.3 L’ambiente come interesse diffuso.

La visione antropocentrica dell’ambiente sarebbe ulteriormente avvalorata dalle caratteristiche riconosciute al bene ambiente, quale bene collettivo, di natura superindividuale, diffuso e adespota, al pari dell’incolumità pubblica43.

40 L.SIRACUSA, La tutela penale dell’ambiente, cit., p. 22.

41 L. SIRACUSA, La tutela penale dell’ambiente, cit., p. 37. In particolare, l’A. propone un

ecocentrismo moderato, ammettendo che “l’azione umana sull’ambiente può interferire sulle condizioni di equilibrio chimiche e fisiche, materialmente alterabili, proprie degli ecosistemi, ma non può giungere ad arrecare ad esse un pregiudizio grave. Lo svolgimento di talune attività deve essere quindi regolato in modo che da esso consegua soltanto un’alterazione del mondo esterno compatibile con la conservazione delle condizioni di equilibrio dell’ambiente”. Questa concezione dal punto di vista del diritto penale si traduce nell’esigenza di costruire in tutti i reati ambientali un nucleo di offesa, intesa come idoneità della condotta punita a contribuire ad un’alterazione significativa delle condizioni fisiche, chimiche, biologiche di equilibrio dell’ambiente.

42 G. DE SANTIS, Diritto penale dell’ambiente, cit., pp. 57-59. 43 Ivi, p. 60

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La dottrina penalistica ha indicato la tutela penale dell’ambiente come ipotesi paradigmatica di protezione di interessi diffusi, categoria nella quale vengono ricompresi nuovi interessi emergenti. L’interesse diffuso sfugge alla dinamica classica del bene giuridico, quale “proiezione sovraindividuale di diritti soggettivi” 44 : “nonostante i singoli consociati possano fruire

individualmente dei beni oggetto di un interesse diffuso, questo può venire in considerazione come interesse di massa”45.

Dunque, l’offesa ambientale sussiste indipendentemente dalla dimostrata lesione o messa in pericolo della salute di chi lo abita attualmente, perché il raggio della tutela si estende anche a favore di tutti coloro che potenzialmente possono subire un pregiudizio anche solo futuro dalla contaminazione dell’ambiente: non è il singolo che subisce il danno, ma una collettività indeterminata. In questo senso, l’ambiente può essere inteso come un bene pubblico che assorbe il pregiudizio potenziale di coloro che per qualsiasi ragione entrano o entreranno in contatto con i luoghi inquinati.

L’interesse diffuso, inoltre, presenta una natura conflittuale rispetto ai diritti soggettivi, e in particolare rispetto a quelli che si esplicano nell’esercizio dell’attività d’impresa. Questo antagonismo, in campo penale, non può che tradursi in una tutela relativa e non assoluta del bene, che deve essere oggetto di un contemperamento con interessi contrapposti. In questo senso, “l’interesse diffuso alla tutela dell’ambiente deve così bilanciarsi con quelli antagonisti pertinenti all’iniziativa economica, alla produzione, alla competività in termini di costi, ma anche con altri generalizzabili e non asserviti alle ragioni dell’economia di mercato: si pensi al riscaldamento, allo smaltimento di rifiuti, alla circolazione delle automobili e dei treni”46.

Tali caratteristiche, insieme alle particolarità intrinseche già evidenziate del bene giuridico ambiente, hanno condotto la dottrina ad elaborate ricostruzioni volte a considerare i valori ambientali come “poliedrici”, in quanto

44 G. INSOLERA, Modello penalistico puro per la tutela dell’ambiente, cit., p. 739.

45 F. SGUBBI, Tutela penale di interessi diffusi, in La questione criminale, 1975, pp. 443, 457. 46 G. INSOLERA, Modello penalistico puro per la tutela dell’ambiente, cit., p. 739.

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“la tutela dell’ambiente rappresenta una forma avanzata di tutela della salute; ma è anche altro: è tutela della qualità della vita, nelle sue componenti estetico-emozionali; ed è anche tutela di risorse economiche perché l’acqua, l’aria e il suolo sono risorse che vanno amministrate anche in vista di utilizzazioni economiche future47”.

3. Fonti e principi del diritto ambientale.

Prima di procedere ad una disamina più specifica degli strumenti giuridici di tutela penale dell’ambiente predisposti dal nostro ordinamento, è necessario fare qualche – seppure breve, per ragioni di economia espositiva – osservazione di più ampio respiro sulle fonti normative in materia. Invero, nell’ambito del diritto ambientale risulta difficile la ricostruzione del sistema delle fonti del diritto. In materia ambientale si è, infatti, verificato un fenomeno di proliferazione delle fonti, nel senso che gli atti normativi in materia ambientale sono stati emanati sia dal legislatore nazionale, sia da organi appartenenti a ordinamenti sovranazionali.

Il fenomeno dell’inflazione normativa rende ardua la conoscibilità delle fonti e pone problemi di certezza del diritto, non essendo sempre agevole individuare la norma applicabile al caso concreto. Inoltre, è possibile che si verifichino veri e propri conflitti di norme, dovuti a una mancato coordinamento tra il livello internazionale e comunitario e il diritto interno, che si risolvono nel criterio c.d. del livello più appropriato di tutela, ossia nella prevalenza accordata alle norme che tutelano in modo più adeguato la situazione concreta48.

Sul piano interno, tra le fonti va annoverata in primis la Costituzione, che, come si è già anticipato, oltre a prevedere una specifica tutela dell’ambiente all’art. 117 Cost. in virtù della riforma del 2001, contiene

47 C. PEDRAZZI, Profili penalistici di tutela dell’ambiente, in Ind. pen., 1991, p. 618. 48 G. DI NARDO-G.DI NARDO, I reati ambientali, cit., p. 18.

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disposizioni che pur se dettate per la tutela di beni diversi, possono essere comunque riferibili al bene ambiente: i già citati artt. 2, 9 e 32; ancora, l’art. 41, in relazione ai limiti posti all’iniziativa economica per il rispetto dell’utilità sociale, nonché l’art. 44, relativo agli obblighi e vincoli posti alla proprietà terriera privata nell’ottica del razionale sfruttamento del suolo49. Seguono le

leggi statali, regionali, i decreti legislativi, i decreti ministeriali e interministeriali, i regolamenti amministrativi regionali, provinciali e comunali. L’ordinamento italiano si contraddistingue per la proliferazione e “provvedimentalizzazione” delle fonti primarie, ovvero delle leggi (e degli atti avente forza di legge) le quali, poste per la disciplina di singole materie ambientali, hanno perduto i caratteri della generalità ed astrattezza, assumendo contenuti dettagliati e puntuali tipici del provvedimento amministrativo; nonché risulta contraddistinta per l’eccessivo ricorso alla decretazione di urgenza. Un’ulteriore caratteristica della normativa italiana si rinviene nella dilatazione delle fonti secondarie, tanto che la disciplina di rilevanti settori è stata affidata alla normazione regolamentare, con evidente violazione del principio di legalità50.

L’intricato quadro normativo previsto a livello interno, risulta ulteriormente complicato dall’interazione con fonti sovranazionali: la materia ambientale, infatti, vive e si forma a livello internazionale e, soprattutto, europeo. La questione ambientale ha, in effetti, assunto una dimensione sovrannazionale in considerazione degli effetti transfrontalieri prodotti dagli inquinamenti e dagli altri fattori di degrado dell’ambiente51. La presa di

coscienza della gravità e della dimensione dei problemi ambientali, ha portato alla consapevolezza che questi non possano essere più efficacemente fronteggiati con i soli strumenti di diritto interno: è necessario assicurare una

49 L.RAMACCI, Diritto penale dell’ambiente, cit., p. 13 ss.. 50 G. DI NARDO-G.DI NARDO, op. cit., p. 33 ss..

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tutela più estesa oltre i confini del singolo Paese, attraverso poteri di governo e di giurisdizione che oltrepassino il limite della sovranità statale52.

La salvaguardia di equilibri e processi ecologici essenziali per l’intero pianeta, la conservazione di aree non sottoposte alla sovranità di alcuno stato, la gestione di siti e risorse d’interesse generale, l’inquinamento di risorse comuni o comunque riguardanti più Stati, postulano l’adozione di misure internazionali53. Il diritto internazionale dell’ambiente comprende sia norme pattizie, sia norme di diritto internazionale generale o consuetudini, ed è frutto di un’evoluzione graduale, suscettibile di essere suddivisa in tre fasi.

La prima fase, che ha inizio alla fine degli anni ’60, si caratterizza per l’adozione di numerosi trattati ambientali e per l’elaborazione di alcuni principi basilari quali quello di cooperazione, prevenzione, responsabilità54.

Durante la seconda fase, grazie al forte impulso dato dall’O.N.U. che comincia ad occuparsi attivamente della situazione di degrado ambientale, trovano una prima formulazione i principi della valutazione di impatto ambientale e di precauzione, nonché sono posti in essere nuovi e più articolati sistemi pattizi55. In particolare, nel 1972 su iniziativa dell’Assemblea Generale si tiene a Stoccolma la Conferenza sull’ambiente umano, che adotta la Dichiarazione di principi e il Piano mondiale di azione. La Conferenza e gli atti in essa adottati, hanno fatto sì che “l’intera materia della protezione dell’ambiente acquistasse rilevanza internazionale”56 e hanno contribuito alla

moltiplicazione delle iniziative e delle attività a tutela dell’ambiente, come la creazione del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente.

La terza e ultima fase appare caratterizzata dalla progressiva affermazione del principio dello sviluppo sostenibile. La nozione di sviluppo

52 C. BERNASCONI, Il reato ambientale, cit., p. 97.

53 G. TAMBURELLI, Ambiente (tutela dell’) III) Diritto internazionale, in Enc. giur. Treccani,

Roma, 1988, p. 1.

54 G. BADIALI, La tutela internazionale dell’ambiente, Napoli, 1995.

55 P. FOIS, Ambiente (tutela dell’) nel diritto internazionale, in Dig. pubbl. I, Torino, 1987, p.

209 ss..

56 V. STARACE, Recenti sviluppi della cooperazione internazionale in materia di ambiente, in Comun. Intern., 1974, p. 50 ss..

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sostenibile, come sviluppo che non intacca significativamente il patrimonio ambientale, assume un’importanza fondamentale e nel giugno del 1992 la Conferenza delle Nazioni Unite su ambiente e sviluppo consacra l’idea che protezione dell’ambiente e crescita economica costituiscono un binomio inscindibile. La Conferenza si conclude con l’adozione di una Dichiarazione di principi, un Programma d’azione denominato Agenda 21, una Dichiarazione su gestione, conservazione e sviluppo sostenibile delle foreste, e con l’apertura alla firma di due importanti convenzioni multilaterali, la Convenzione di New York sulla salvaguardia del clima globale del 1992 e la Convenzione di Rio sulla biodiversità del 1992.

Gli atti di Rio e, in particolare, la Dichiarazione su Ambiente e sviluppo, hanno sancito il principio dello sviluppo sostenibile, ampiamente confermato anche dalla Conferenza di Johannesburg e nella normativa comunitaria, nonché dei connessi principi di precauzione, dell’integrazione tra tutela dell’ambiente e crescita economica e sociale e della responsabilità comune. Il primo impone di attuare senza indugio azioni di contrasto nelle ipotesi in cui ricorra una minaccia di danni “gravi o irreversibili” per l’ambiente, pur senza disporre di certezze scientifiche assolute sui reali pericoli. Il principio di integrazione consiste nell’inclusione di valutazioni e precetti ambientali nel contesto dello sviluppo socio-economico57. Il principio della responsabilità comune ma differenziata, ancora in fieri, è espressione del riconoscimento da parte dei Paesi sviluppati non solo delle pressioni che le loro società esercitano sull’ambiente globale, ma anche della diversità degli strumenti finanziari e tecnologici, di cui dispongono per farvi fronte58.

Tuttavia, nel campo della tutela ambientale è, soprattutto, la normativa comunitaria ad aver assunto un evidente rilievo, incidendo profondamente

57 L. MARINI, Il principio di precauzione nel diritto internazionale e comunitario, Padova,

2004, p. 369 ss..

58 S. MARCHISIO, La responsabilità comune ma differenziata degli Stati nella promozione dello sviluppo sostenibile, in Annali dell’Università di Ferrara, sez. V, Saggi II, Ferrara, 1995, p. 49

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sull’evoluzione della legislazione in materia59. Il modello europeo di sviluppo,

fondato su una politica commerciale ed industriale equilibrata, è, infatti, compatibile con la protezione dell’ambiente.

La svolta in tema di ambiente è costituita dall’Atto Unico Europeo del 1987, che riconosce “un’azione comunitaria in campo ambientale” con gli obiettivi di salvaguardare, proteggere e migliorare la qualità dell’ambiente, nonché di contribuire alla protezione della salute umana e di garantire un’utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali60. All’Atto unico si

deve, quindi, l’apertura di una nuova fase del diritto dell’ambiente, caratterizzata da una crescita inarrestabile, sia quantitativa sia qualitativa, degli interventi normativi in materia ambientale. In breve tempo l’ambiente, dall’essere un illustre sconosciuto per le norme del Trattato CEE, è divenuto uno dei settori più importanti e sviluppati di intervento61.

Qualche anno più tardi, nel 1992 gli Stati firmano il Trattato di Maastricht che eleva la protezione ambientale e le riconosce un ruolo prioritario e integrato con le altre politiche, prevedendo azioni comuni in materia ambientale sul piano internazionale62. La tutela dell’ambiente diviene così parte integrante del processo europeo, seppure la protezione dei valori ambientali in quanto tali non venga ancora assunta tra gli obiettivi prioritari della comunità. Solo con il Trattato di Amsterdam l’ascesa dei valori ambientali è culminata nell’inserimento nell’art.2 del Trattato CE dell’obiettivo specifico di promuovere “un elevato livello di protezione dell’ambiente ed il miglioramento della qualità di quest’ultimo”; oltre a quello generale di “promuovere uno sviluppo armonioso, equilibrato e sostenibile delle attività economiche” e “una

59 A. MONTAGNA, Rapporti tra diritto comunitario e diritto interno in materia ambientale, in Riv. amb., 2004, p. 485.

60 Art. 130 R, Trattato CEE. A. SAGGIO, Le basi giuridiche della politica ambientale nell’ordinamento comunitario dopo l’entrata in vigore dell’Atto Unico, in Riv. dir. eur., 1990,

p. 39 ss..

61 M. RENNA, Ambiente e territorio nell’ordinamento europeo, in Riv. It. dir. pubbl. com., 2009,

p. 655.

62 G.CATALDI, Alcuni aspetti della politica ambientale comunitaria, in A.A.V.V., Il processo di integrazione europea alla luce del Trattato di Maastricht, Firenze 1994, p. 39 ss..

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crescita sostenibile”63. Al culmine di un’evoluzione compiuta anche grazie agli

impulsi del diritto internazionale e della giurisprudenza della Corte di Giustizia, il valore ambiente, dunque, è definitivamente assurto a valore in sé nell’ordinamento comunitario, divenendo oggetto di tutela diretta in quanto tale e non più solo di protezione64.

Con il Trattato di Lisbona, in vigore dal 1.12.2009, l’art. 174 del Trattato sull’Unione Europea viene trasfuso nell’art. 191 in cui si ribadisce che la politica dell’Unione in materia ambientale mira ad un elevato livello di tutela, tenendo conto della diversità delle situazioni nelle varie regioni della Comunità, ed è fondata sui seguenti principi:

 Principio di precauzione, in base al quale vanno adottate tutte le misure necessarie per evitare danni all’ambiente da parte di chi svolge attività pericolose in contesti di incertezza scientifica;

 Principio dell’azione preventiva, finalizzato alla predisposizione di misure per limitare il rischio di danni all’ambiente;

 Principio della correzione – in via prioritaria alla fonte – dei danni causati all’ambiente;

 Principio “chi inquina paga”, secondo il quale, determinando un danno all’ambiente si è poi tenuti al risarcimento65.

La normativa ambientale comunitaria ha avuto un sensazionale impatto qualitativo e quantitativo sul diritto interno. Si è parlato di “progressiva ‘comunitarizzazione’ del diritto ambientale, che è stato ‘bersagliato’”66 da un

numero sempre più consistente di disposizioni adottate dalla Comunità nei vari settori afferenti alla materia, (più o meno correttamente) recepite dal legislatore nazionale67. Il diritto dell’ambiente costituisce, forse, la materia in relazione alla

63 R. GARABELLO, Le novità del Trattato di Amsterdam in materia di politica ambientale comunitaria, in Riv. giur. amb. , 1995, p. 151 ss..

64 M. RENNA, op. ult. cit., p. 653.

65 Sui principi di diritto comunitario si veda M. RENNA, Ambiente e territorio, cit., p. 667. 66 L. RAMACCI, Diritto penale dell’ambiente, cit., p. 16 ss..

67 Per una disamina delle principali direttive si rinvia a G. CATALDI, Ambiente (tutela dell’), II) Diritto della comunità europea, in Enc. giur. Treccani, Roma, 2001, p. 8; M. RENNA, Ambiente

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quale il processo di integrazione europea ha maggiormente inciso sull’ordinamento interno e, in particolar modo, sul diritto penale68.

4. I modelli di illecito penale ambientale.

L’esame della tutela penale apprestata al bene ambiente nel nostro ordinamento richiede una riflessione preliminare sui modelli di illecito penale astrattamente utilizzabili in tale ambito. Una tale indagine deve muovere dalla “particolarmente feconda (…) considerazione” 69, secondo la quale esiste uno

stretto rapporto e una reciproca interdipendenza tra beni e interessi meritevoli di protezione, da un lato, e tecniche di tutela (e, conseguentemente, di costruzione della singola fattispecie incriminatrice), dall’altro70. In questo

senso, il settore ambientale costituisce un interessante banco di prova, in quanto si assiste all’emersione di un bene giuridico nuovo, l’ambiente, che acquista autonomia rispetto al tradizionale catalogo dei beni giuridici (quali ad esempio la salute umana)71: da qui, l’esigenza di individuare tecniche di tutela adeguate

68 M.RONCO, L’intreccio tra le legislazione nazionale e quella comunitaria in materia di diritto penale dell’ambiente, in B. ROMANO, I reati ambientali alla luce del diritto dell’Unione

europea, Padova, 2013, p. 21.

69 G.GRASSO, L’anticipazione della tutela penale: i reati di pericolo e i reati di attentato, in Riv. it. dir. proc. pen., 1986, p. 690.

70 G. FIANDACA, Il “bene giuridico” come problema teorico e come criterio di politica criminale, in Riv. it. dir. proc. pen., 1982, p. 42 ss.; ID.; La tipizzazione del pericolo, in Dei

delitti e delle pene, 1984, pp. 441-442.

71 In dottrina, è stata anche sostenuta la tesi secondo cui la tutela ambientale sia finalizzata alla

protezione della vita e di altri beni dell’uomo. Nelle nuove fenomenologie dannose che vengono alla ribalta nella società moderna – secondo questa interpretazione – non si può registrare la nascita di nuovi beni giuridici, ma la messa in atto di nuove forme di aggressione a beni tradizionali. Cfr. P.PATRONO, Inquinamento ambientale e tutela penale dell’ambiente, Padova, 1979, p. 34 ss.. Sul punto anche T. PADOVANI, La scelta delle sanzioni in rapporto

alla natura degli interessi tutelati, in AA.Vv. Beni e tecniche della tutela penale, cit., p. 95, il quale presenta un approccio problematico rispetto alla categoria dei c.d. beni giuridici “ad ampio spettro”, quali l’ambiente, la sicurezza del lavoro, la sicurezza della circolazione, la finanza pubblica etc. Questi, secondo l’A., “non individuano, né costituiscono di per sé beni giuridici, ma soltanto situazioni strumentali ritenute congrue, adeguate dal legislatore per la salvaguardia degli interessi sottoposti a rischio in un determinato contesto esistenziale che può essere l’ecosistema, la circolazione di veicoli, l’attività produttiva, e così via dicendo. Questi beni giuridici sono, in sostanza, un modo diverso di esprimere una situazione in cui il conflitto si presenta in termini nuovi, ma rispetto a beni giuridici già dati, nei cui confronti, peraltro, la tutela sinora approntata appare insufficiente di fronte a nuovi fattori di rischio”.

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alle specifiche caratteristiche della nuova oggettività giuridica di riferimento72. L’ambiente – secondo un’opinione largamente diffusa in dottrina – divenendo oggetto di tutela penale, al pari di altri beni “superindividuali” o “collettivi” emergenti dall’assetto della società contemporanea, ha contribuito alla crisi del concetto di bene giuridico ereditato dal diritto penale c.d. classico 73 . Proprio in materia ambientale in Germania, in seguito all’introduzione nel 1980 nello Strafgesetzbuch del titolo dedicato ai “Delitti contro l’ambiente”74, si è riacceso il dibattito sul bene giuridico. La dottrina

tedesca ha così individuato tre possibili modelli di illecito, cui corrispondono altrettanti gradi o livelli di accessorietà del diritto penale al diritto amministrativo: modello classico, modello parzialmente sanzionatorio, modello sanzionatorio puro. Tale tripartizione è poi invalsa nella quasi totalità delle riflessioni penalistiche sulla materia ambientale.

Il modello classico di incriminazione, c.d. penalistico “puro”, è caratterizzato da reati di evento, nell’ambito dei quali la condotta tipica consiste in un’azione o omissione produttrice di un danno o di un pericolo concreto per il bene protetto. La descrizione del fatto tipico prescinde dal richiamo delle disposizioni extrapenali e tendenzialmente delinea comportamenti percepibili dai destinatari delle fattispecie in termini naturalistici. Vi è, dunque, un’assoluta autonomia del diritto penale dal diritto amministrativo75.

Nel modello parzialmente sanzionatorio, invece, la condotta tipica consiste in una violazione di disposizioni amministrative ed è altresì produttiva

72 G.FIANDACA, U. TESSITORE, Diritto penale e tutela dell’ambiente, in A.A.V.V., Materiali per un riforma del sistema penale, Milano, 1984, p. 27.

73 G. INSOLERA, Modello penalistico puro, cit., p. 738. Tra gli altri F. ANGIONI, Contenuto e funzioni del concetto di bene giuridico, Milano, 1983, p. 76; F. C. PALAZZO, I confini della

tutela penale: selezione dei beni e criteri di criminalizzazione, in Riv. it. dir. proc. pen., 1992,

p. 462; S. MOCCIA, Dalla tutela di beni alla tutela di funzioni, Riv. it. dir. proc. pen., 1995, p. 343; W. HASSEMER, Il bene giuridico nel rapporto di tensione tra costituzione e diritto

naturale, cit., 1984, pp. 109-110; A. GARGANI, Il danno qualificato dal pericolo, Torino, 2005, p. 111 chiarisce del resto che proprio la rilevanza attribuita dal codice Rocco a beni di carattere superindividuale ha segnato una decisa rottura rispetto alle categorie tipiche del c.d. diritto penale classico.

74 V. infra § 6.2.

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