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2.1 La riscoperta applicativa dei delitti contro l’incolumità pubblica: l’ibridazione con la tutela dell’ambiente.

Nella prassi si è registrata una sovrapposizione, quasi un’ibridazione, tra due distinte direttrici di tutela: la protezione dell’ambiente e la tutela dell’incolumità e della salute pubblica. Più precisamente, la tutela dell’integrità dell’ambiente è stata inserita nell’orbita di protezione della saluta pubblica, quale “bene intermedio” da preservare avuto riguardo ai riflessi sulle condizioni

308 F.GIUNTA, Ideologie punitive e tecniche di normazione, cit., p. 857 ss.. 309 A. GARGANI, La protezione immediata dell’ambiente, cit., p. 419.

310 A. GARGANI, Reati contro la pubblica incolumità, vol. IX, in G. GROSSO, T. PADOVANI, A.

di benessere psico-fisico della collettività (l’aggressione all’ambiente si rifletterebbe, infatti, in una minaccia per il benessere collettivo)311.

Questa tendenza accusatoria si inserisce nella più generale “riscoperta” applicativa dei delitti contro l’incolumità pubblica, “volta a porre rimedio alle molteplici e multiformi lacune di tutela palesate dal sistema penale nel fronteggiare la natura massiva e latente dei pericoli sottesi alla c.d. società del rischio”312. Si è cercato di adattare la struttura aperta di talune fattispecie

incriminatrici poste a tutela della pubblica incolumità al fine di assicurare “copertura penale” alle gravi fenomenologie di danno e di pericolo della post- modernità, “suscettibili di ripercuotersi su beni di rango-meta individuale, quali vita, incolumità fisica e salute collettive, ambiente”313.

In primis, si è fatto ricorso alle fattispecie di cui al Titolo VI, Libro II,

del codice penale nel settore della difesa della salute del lavoro. In questo ambito, l’operazione di “dilatazione” ermeneutica che ha interessato l’art. 437 c.p., ha portato ad un’“estensione della tutela alla prevenzione delle malattie professionali (per mezzo del concetto ‘fuori legge’ di ‘malattia infortunio’)” e all’ “individuazione delle fonti degli obblighi di prevenzione in norme giuridiche generiche o indefinite (quali, ad esempio, la clausola generale di cui all’art. 2087 c.c.)”314.

Tuttavia, la fattispecie cui il diritto vivente ha fatto maggior ricorso è quella di disastro innominato. I giudici, infatti, hanno manifestato una certa predilezione per il ricorso all’art. 434 c.p., norma di chiusura del Titolo VI del Libro II c.p., per contrastare, in via mediata, le fenomenologie più gravi di aggressione all’ambiente315. La risposta punitiva viene attuata mediante la

creazione accusatoria della fattispecie di disastro ambientale, quale species

311 Ivi, p. 484.

312 A. GARGANI, Incolumità pubblica (delitti contro), in Enc. del diritto, Milano, 2015, p. 589. 313 A. GARGANI, Esposizione ad amianto e disastro ambientale tra diritto vivente e prospettive di riforma, in www.lalegislazionepenale.eu, p. 5.

314 Ivi, p. 5.

rientrante nella tipologia di “altro disastro” previsto e incriminato all’art. 434 c.p. (e, per l’ambito colposo, all’art. 449 c.p.)316.

2.2 Il “disastro innominato” di cui all’art. 434 c.p..

L’art. 434 c.p., rubricato “crollo di costruzioni o altri disastri dolosi” al primo comma punisce “chiunque, fuori dai casi preveduti dagli articoli

precedenti, commette un fatto diretto a cagionare il crollo di una costruzione o parte di essa ovvero un altro disastro” con la reclusione da uno a cinque anni,

“se dal fatto deriva pericolo per la pubblica incolumità”.

Al secondo comma la norma statuisce la reclusione da tre a dodici anni “se il

crollo o il disastro avviene”. L’art. 449 c.p. prevede l’ipotesi colposa “per chi cagiona per colpa un incendio o un altro disastro preveduto dal capo primo di questo titolo”.

La previsione dell’“altro disastro” è stata introdotta, come è possibile appurare dai lavori preparatori del codice penale, come norma di chiusura del sistema degli eventi di pericolo comune. In questa disposizione, volutamente ampia e generica, il legislatore del 1930 vedeva, con una certa lungimiranza, la possibilità di estendere la tutela penale di fronte a pericoli all’epoca ancora ignoti, essendo questa in grado di accogliere fatti che, pur assumendo la gravità e la consistenza del disastro, non risultassero sussumibili nelle figure nominate, espressamente previste nel Capo I317. Il disastro innominato doveva fungere da sorta di “figura-cerniera idonea a espandersi, rectius a espandere e adattare in

316 R. MARTINI, Il disastro ambientale tra diritto giurisprudenziale e principi di garanzia, in Leg. pen., 2008, p. 341.

317 Nei lavori preparatori sono portati in via esemplificativa alcuni accadimenti che potrebbero

rilevarsi pericolosi per il numero delle persone lese o esposte al pericolo, come l’incaglio di una nave (“il quale se nel maggior numero dei casi non è un disastro pericoloso per la pubblica incolumità, può in date evenienze”, ossia a seconda della località in cui avviene, o dell’eventuale conseguente scoppio di caldaie, etc., divenire tale perché mette in pericolo la vita dei passeggeri), la caduta dell’ascensore privato, il collocare, lanciare far scoppiare o accendere dinamite o materiali esplodenti, asfissianti o accentati, gas o liquidi infiammabili. V.

continuazione l’ambito di protezione penale in funzione dei mutamenti tecnologici e delle nuove esigenze indotte dal progresso”318.

Accanto all’ipotesi di tentativo di crollo di costruzioni (o di parti di esse), è stata inserita al primo comma quella di tentativo di altro disastro; il secondo comma, invece, punisce la dolosa causazione del disastro innominato. La previsione di tale figura criminosa era “destinata a colmare ogni eventuale lacuna, che di fronte alla multiforme varietà dei fatti” potesse presentarsi nelle norme del titolo dedicato ai delitti contro l’incolumità pubblica, “specie in vista dello sviluppo assunto dall’attività industriale e commerciale, ravvivata e trasformata incessantemente dai progressi meccanici o chimici”319.

La clausola di sussidiarietà espressa “fuori dai casi preveduti dagli articoli precedenti”, conferma la funzione sussidiaria e integrativa di questa fattispecie, che va a punire un disastro che sia “altro”, ossia che non sia riconducibile alle figure di disastri nominati oggetto di incriminazione da parte degli artt. 423-433 c.p. . Si tratta, allora, di chiarire meglio il significato che il legislatore ha inteso attribuire al c.d. disastro innominato.

La ricostruzione della nozione di “altro disastro” è risultata piuttosto problematica per gli interpreti, i quali hanno evidenziato come dall’art. 434 c.p. si ricavi solo “un’esplicita nota negativa: non si deve trattare di un disastro già preveduto negli articoli precedenti”320. L’art. 434 c.p. è una “norma muta”, in

quanto non precisa la condotta punibile (descritta come genericamente idonea a cagionare il crollo di costruzione o altro disastro) e “scolpisce l’evento verso cui sono dirette la volontà e l’attività dell’agente mediante un termine vago quale appunto ‘disastro’, senza ulteriori connotazioni”, ossia senza individuare il

318 S. CANESTRARI, L. CORNACCHIA, Lineamenti generali del concetto di incolumità pubblica,

in A. CADOPPI, S. CANESTRARI, A. MANNA, M. PAPA, Trattato di diritto penale, Parte Speciale, 2010, p. 19.

319 Relazione del Guardasigillli, in Lavori preparatori del codice penale, Vol. V., pt. II, Roma,

1929, p. 224.

320 V. S. ARDIZZONE, Crollo di costruzioni e altri disastri dolosi, in Nss. D.I., III, Torino, 1989,

settore o l’attività da cui deve scaturire il disastro321. In assenza di elementi

descrittivi, la dottrina ha individuato l’evento “attraverso la qualità degli effetti sulla pubblica incolumità”, ossia “in ragione della espressività offensiva” nei confronti dell’interesse protetto 322 , facendovi rientrare un qualunque

accadimento materiale, qualificato da estensione, complessità e diffusività, tale da mettere in pericolo la vita o l’integrità fisica di una pluralità indeterminata di persone, secondo quelle che sono le caratteristiche della nozione di disastro utilizzata nell’ambito del Capo I.

La tipizzazione in forma libera della condotta e l’indeterminatezza della nozione di “altro disastro”, hanno reso la fattispecie duttile e malleabile e, perciò, idonea a ricomprendere nelle sue “maglie larghe” qualsiasi forma di disastro emergente dallo sviluppo delle attività umane. Proprio per tali ragioni la figura del disastro innominato è divenuta progressivamente lo strumento privilegiato dalla giurisprudenza per colmare ogni possibile lacuna nella tutela dell’incolumità e della salute pubblica, sotto gli occhi vigili della dottrina che aveva paventato il rischio che la fattispecie venisse “strumentalizzata, in chiave punitiva, e snaturata strutturalmente, per assicurare copertura penale dei fenomeni di recente emersione, privi di una adeguata disciplina ad hoc, ma ritenuti di particolare gravità sociale o effettivamente tali: così da trasformare il ‘disastro innominato’ in una figura indistinta, idonea a coprire qualsiasi offesa che coinvolga l’incolumità collettiva”323.

Invero, inizialmente la fattispecie di disastro innominato ha avuto un ruolo piuttosto marginale, legato all’evoluzione delle fonti di pericolo comune. Le prime applicazioni giurisprudenziali risalgono agli anni Cinquanta e si riferiscono a sinistri stradali di particolare gravità: la fattispecie venne ritenuta applicabile in caso di verificazione di avvenimenti di danno materiale (grave ed istantaneo) dai quali discendesse una situazione di pericolo per un numero

321 S. CORBETTA, I delitti contro l’incolumità pubblica. I delitti di comune pericolo mediante violenza, in Trattato di diritto penale. Parte Speciale, diretto da G. MARINUCCI, E. DOLCINI, Milano, 2003, p. 628.

322 V. S. ARDIZZONE, Crollo di costruzioni e altri disastri dolosi, cit., p. 275. 323 A.GARGANI, Reati contro la pubblica incolumità, cit., p. 454.

indeterminato di persone, come nell’eventualità di un rovesciamento di un’autocorriera o dello scontro di un autocarro contro un treno324.

È negli ultimi venti anni, invece, che questa fattispecie ha conosciuto una stagione di inaspettato fulgore, venendo utilizzata, anche nella forma dolosa, per perseguire i fatti di inquinamento provocati dalla dispersione nel suolo, nell’aria o nell’acqua di sostanze tossiche (disastro ambientale), in molti casi con conseguenze devastanti per la vita e per la salute delle persone (disastro sanitario), non altrimenti punibili in assenza di fattispecie ad hoc nel nostro ordinamento325.

Tale prassi si è sviluppata ancor più per l’esigenza avvertita dai giudici di fornire un’adeguata risposta, in presenza di un eclatante vuoto normativo, alle pressanti istanze di tutela promananti dalla collettività di fronte ai grandi disastri del nostro tempo326. Si è così realizzata una tensione tra l’esigenza di effettività e di repressione, al fine di individuare un solido presidio penalistico di fronte a fenomeni che presentano una oggettiva gravità, da un lato, e la necessità, dall’altro, di garantire una corretta applicazione dei principi fondanti il diritto penale, come quello di legalità, del divieto di analogia e di riserva di legge327.