3. LA FATTISPECIE DI DISASTRO AMBIENTALE DI CUI ALL’ART 452 QUATER
3.1 Il disastro ambientale quale reato di evento causalmente orientato
referente normativo all’art. 452-quater c.p. La norma punisce con la reclusione da cinque a quindici anni chiunque “fuori dai casi previsti dall’art. 434 c.p.,
abusivamente cagiona un disastro ambientale. Costituiscono disastro ambientale alternativamente: 1) l’alterazione irreversibile dell’equilibrio di un ecosistema; 2) l’alterazione dell’equilibrio di un ecosistema la cui eliminazione
461 C. RUGA RIVA, I nuovi ecoreati. Commento alla l. 22 maggio 2015, n. 68, Torino, 2015, p.
X.
462 D. CAMPO, Gli ecoreati. Guida alle disposizioni in materia di delitti contro l’ambiente introdotte dalla Legge n. 68 del 22 maggio 2015, Roma, 2015, p. 8.
risulti particolarmente onerosa e conseguibile solo con provvedimenti eccezionali; 3) l’offesa alla pubblica incolumità in ragione della rilevanza del fatto per l’estensione della compromissione o dei suoi effetti lesivi ovvero per il numero delle persone offese o esposte a pericolo”. Il secondo comma prevede
una circostanza aggravante comune “quando il disastro è prodotto in un’area
naturale protetta o sottoposta a vincolo paesaggistico, ambientale, storico, artistico, architettonico, archeologico, ovvero in danno di specie animali o vegetali protette”.
L’opzione fatta propria dal legislatore è “rivoluzionaria” rispetto alla tradizione di tutela nota al nostro ordinamento: il nuovo disastro è un delitto (non una contravvenzione), di evento (non di mera condotta), di danno (quindi non già solo di pericolo). Il delitto è causalmente orientato, ossia proiettato sulla causazione dell’evento naturalistico di danno costituito dal disastro ambientale463.
3.2 La clausola “abusivamente”.
Il disastro penalmente rilevante è solo quello causato “abusivamente”. L’ avverbio compare non solo nella fattispecie di disastro ambientale, ma anche in quelle di inquinamento ambientale (art. 452-bis c.p.) e di traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività (art. 452-sexies c.p.) ed è stato oggetto di un acceso dibattito in dottrina. Alcuni autori hanno ritenuto paradossale immaginare un disastro, un inquinamento o ancora, un’attività di traffico e abbandono di materiale radioattivi non abusivi, e quindi, autorizzati, in cui la conformità all’autorizzazione o ai valori soglia possa rendere lecite gravi contaminazioni ambientali464.
L’utilizzo di tale clausola costituisce una modifica rispetto al testo approvato alla Camera, che puniva la condotta in quanto effettuata “in
violazione di disposizioni legislative, regolamentari o amministrative
463 G.DE SANTIS, La tutela penale dell’ambiente dopo la l. 68/2015: un percorso compiuto a metà?, in Resp. civ. prev., 2015, p. 2082.
464 M. SANTOLOCI, V.VATTANI, Ecoreati, dopo la legge spazio all’interpretazione: alcuni scenari, in www.greenreport.it.
specificatamente poste a tutela dell’ambiente e la cui inosservanza costituisce di per sé illecito penale o amministrativo”. La nuova formulazione è stata
introdotta per superare le criticità che erano state avanzate nei confronti della precedente locuzione soprattutto dalle associazioni ambientaliste 465 . L’originaria formulazione, infatti, era stata ritenuta eccessivamente restrittiva, dal momento che identificava la fonte (regolamento o disposizione amministrativa) e la finalità della norma violata (specificamente posta a tutela dell’ambiente), nonché condizionava la rilevanza penale al fatto che si trattasse di disposizioni autonomamente sanzionate. Si temeva, di conseguenza, l’esclusione dall’ambito di rilevanza penale di alcune condotte solo perché poste in essere in violazione di normative non volte alla tutela dell’ambiente, ma di interessi diversi comunque collegati alla tutela ambientale466. Infine, il
richiamo a condotte costituenti reato o illecito amministrativo poneva il problema del concorso di reati, ovvero del concorso apparente di norme penali467.
Al contrario, la scelta finale del legislatore consente di estendere l’incriminazione anche a condotte il cui carattere di abusività consista nell’inosservanza di disposizioni o provvedimenti finalizzati alla tutela di interessi diversi, ma collegati alla tutela ambientale, come ad esempio le normative sull’igiene e sulla sicurezza sui luoghi di lavoro, con lo scopo di rendere punibili fatti analoghi a quelli del caso Eternit (in cui le uniche violazioni di prescrizioni extra-penali commesse riguardavano le cautele
465 In particolare, la nuova formulazione fu espressamente richiesta da Legambiente e dal WWF
il 25 giugno 2014, nell’audizione resa alla Segreteria della Commissione Giustizia del Senato, in relazione al d.d.l. n. 1345.
466 A. L. VERGINE, La strada dell’inferno è lastricata da buone intenzioni. A proposito del DDL 1345/2014 sui delitti ambientali, in Riv. giur. amb., 2014, p. 457 ss.. C. RUGA RIVA, Commento
al testo base si delitti ambientali adottato dalla commissione giustizia della camera, in
www.penalecontemporaneo.it. L’A., in particolare, aveva evidenziato l’opportunità di utilizzare la locuzione abusivamente per evitare il rischio di abolitio criminis, “in relazione ai disastri ambientali causati da condotte rispetto alle quali non vi sia la prova del superamento di determinati valori soglia autonomamente sanzionati, o qualora gli stessi fossero assenti al momento della condotta”.
467 C. RUGA RIVA, Commento al testo base sui delitti ambientali adottati dalla commissione giustizia della camera, cit., p. 5.
antinfortunistiche, ossia le norme sulle polveri finalizzate a tutelare la salute dei lavoratori)468.
La clausola “abusivamente” viene annoverata tra le clausole di illiceità speciale, che servono ad attribuire al fatto un ulteriore profilo di illiceità desumibile da una norma diversa da quella incriminatrice. La nota di illiceità costituisce un elemento diverso e ulteriore rispetto alla normale antigiuridicità oggettiva – intesa come assenza di cause di giustificazione –, consistente nel contrasto con la normativa extrapenale469. Il termine “abusivamente”, dunque, deve essere inteso, secondo l’interpretazione della dottrina maggioritaria, come equivalente a “illecitamente”, a contra jus470, costituendo la scelta del
legislatore di adeguarsi a quanto richiesto dalla Direttiva 2008/99 CE, che prevede l’obbligo di incriminazione (art. 3) di talune condotte “illecite” che provochino o possano provocare il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti alla qualità dell’aria, alla qualità del suolo o alla qualità delle acque, ovvero alla fauna o alla flora471.
L’inserimento di tale clausola ha suscitato negli interpreti plurimi interrogativi472. In particolare, a destare le maggiori perplessità è stata la suddetta equiparazione tra i due avverbi: abusivamente e illecitamente. Si evidenzia come il termine “abusivo” faccia riferimento ad un particolare tipo
468 L. SIRACUSA, I delitti di inquinamento ambientale e di disastro ambientale in una recente proposta di riforma del legislatore italiano, cit., p. 228.
469 Sulle clausole di illiceità speciale, D. PULITANÒ, Illiceità espressa e illiceità speciale, in Riv. it. dir. proc. pen., 1967, p. 65 ss..
470 C. RUGA RIVA, Ancora sul concetto di abusivamente nei delitti ambientali: replica a Gianfranco Amendola, in www.lexambiente.it.
471 C. RUGA RIVA, I nuovi ecoreati, cit., p. 9. Ai sensi dell’art. 2 della Direttiva 2008/99/CE “s’intende per illecito ciò che viola: i) gli atti legislativi adottati ai sensi del trattato CE ed elencati all’allegato A; ovvero, ii) in relazione ad attività previste dal trattato Euratom, gli atti legislativi adottati ai sensi del trattato Euratom ed elencati all’allegato B; ovvero iii) un atto legislativo, un regolamento amministrativo di uno Stato membro o una decisione adottata da un’autorità competente di uno Stato membro che dia attuazione alla legislazione comunitaria di cui ai punti i) o ii)”.
472 Oltre le questioni oggetto del nostro esame, si segnala come la scelta legislativa non sembri
scongiurare problemi di concorso di reati, ovvero di concorso apparente di norme penali. Rimane l’interrogativo sul se e quando è possibile ipotizzare il concorso tra i nuovi delitti di danno e le violazioni delle disposizioni penali o amministrative di carattere formale. Si rinvia sul punto a P. MOLINO, Relazione, n. III/04/2015. Novità legislative: legge n. 68/2015, recante
di illecito legato alla sfera delle autorizzazioni, mentre il termine “illecito” abbia di per sé un ambito più ampio, ricomprendendo non solo il profilo di abusività ma qualsiasi tipo illiceità, non solo la mancanza di autorizzazione. Se l’intento perseguito era davvero quello di ampliare la sfera della punibilità rispetto al testo della Camera, anche nel rispetto della terminologia comunitaria, il legislatore avrebbe dovuto inserire nella norma l’avverbio “illecitamente”473.
La questione non è meramente terminologica: si paventa il timore di una scarsa efficacia delle nuove fattispecie per effetto di un loro confinamento alle sole ipotesi di condotte abusive, in quanto sine titulo, con esclusione delle situazioni nelle quali sia possibile, invece, rinvenire un provvedimento formale di autorizzazione alla condotta materiale dalla quale poi sia derivato il fenomeno di grave alterazione ambientale474. La formula, secondo alcuni commentatori, finirebbe per circoscrivere la rilevanza penale alle sole condotte “clandestine”, con una paradossale eccezione dei disastri causati nell’ambito di attività autorizzate475. La conformità all’autorizzazione (o ai valori soglia) potrebbe rendere lecite gravi contaminazioni ambientali con effetti disastrosi sulle matrici ambientali e/o sull’incolumità pubblica.
A queste obiezioni si è replicato che la clausola “abusivamente” non possa riferirsi alle sole condotte inquinanti clandestine, ma piuttosto costituisca una formula elastica più ampia e generica volta a ricomprendere tutte le ipotesi di violazione di legge statale o regionale o di prescrizioni amministrative (in materia di ambiente, di igiene e sicurezza sul lavoro, di urbanistica, di salute pubblica), non suscettibili di essere elencate senza il rischio di lacune476. Questa interpretazione è avvallata dagli orientamenti giurisprudenziali formatisi sull’ identico requisito contenuto nella fattispecie di traffico
473 G. AMENDOLA, Il disastro ambientale abusivo non è stato imposto dalla UE ma per introdurre nella nostra legislazione ambientale una restrizione della normale responsabilità penale delle industrie, in www.lexambiente.it.
474 P. MOLINO, Rel. n. III, cit., p. 9.
475 G. AMENDOLA, Delitti contro l’ambiente: arriva il disastro ambientale “abusivo”, in
www.lexambiente.it; ID., Viva il disastro ambientale abusivo, ibidem; ID., Ma che significa
veramente disastro ambientale abusivo?, ibidem. 476 P. MOLINO, Rel. n. III, cit., p. 9.
organizzato di rifiuti di cui all’art. 260 d.lgs. 152/2006477. In particolare, la
Cassazione ha suggerito una lettura della situazione abusiva non limitata all’assenza delle autorizzazioni necessarie, ma “estesa anche ai casi in cui esse siano scadute o (quanto meno manifestatamente) illegittime o comunque non commisurate alla tipologia di attività richiesta, ovvero ancora siano violati le prescrizioni e/o i limiti delle autorizzazioni stesse” cosicché l’attività non possa essere più ricondotta al titolo rilasciato dall’Autorità amministrativa. Non solo, nel concetto di “abusivamente” dovrebbero rientrare anche quelle “situazioni nelle quali l’attività, pur apparentemente ed esteriormente corrispondente al contenuto formale del titolo, presenti una sostanziale incongruità con il titolo medesimo”, come nel caso in cui l’attività costituisca uno sviamento dalla funzione tipica del diritto o della facoltà conferiti dal titolo autorizzatorio o un non corretto esercizio dei medesimi478.
A ulteriore conferma di questa interpretazione è stato riportato anche un argomento di carattere sistematico. Quando, nell’ambito delle contravvenzioni ambientali, ha inteso punire un’attività sine titulo, il legislatore penale ha fatto ricorso alla formula “in mancanza della prescritta autorizzazione o iscrizione” (v. artt.137, 256, 279 d.lgs. 152/2006), o di “inosservanza delle prescrizioni” (v. art. 256, co. 4 d.lgs. 152/2006)479.
Da ultimo, questa tesi risulta essere condivisa anche dalla Corte di Cassazione, nella prima sentenza pronunciata sul delitto di inquinamento ambientale480.
477 Cass., Sez. III, 25 settembre 2009, n. 8299; Cass., Sez III, 6 novembre 2008, n. 46029, Cass.
Sez. III, 14 luglio 2011, n. 46189, in CED, 251592, punto 5.1, precisa che “abusivamente” significa non solo clandestinamente, ma anche in violazione delle prescrizioni e/o di limiti indicati nell’autorizzazione; Cass., Sez. III, 8 gennaio 2015, in CED, 18669 valuta la clausola “abusivamente” in relazione al rispetto o meno di una circolare del Ministero della Sanità, in materia di amianto, dunque in materia non strettamente ambientale; Cass. Sez. III, 15 ottobre 2013, in CED, 258326, afferma che la mancanza delle autorizzazioni non costituisce requisito determinante per la configurazione del delitto, potendo sussistere anche in caso di gestione totalmente difforme dall’autorizzazione; dall’altro lato aggiunge che la sua assenza può non rilevare, laddove assuma rilievo puramente formale e non sia causalmente collegata agli altri elementi costitutivi del traffico.
478 P. MOLINO, Rel. n. III, cit., pp. 11-12. 479 C. RUGA RIVA, I nuovi ecoreati, cit., p. 9.
In questo senso, la clausola mira a delimitare l’ambito del rischio consentito. Di fronte alla presa di coscienza che ogni attività industriale inquina, il legislatore decide di incriminare solo le condotte che fuoriescono dall’ambito del rischio consentito, perimetrato dal rispetto delle norme di legge e delle prescrizioni amministrative481. L’avverbio avrebbe, dunque, la funzione di richiamare il giudice alla verifica, comunque imposta dai principi generali in tema di imputazione oggettiva e di colpa, che l’attività da cui è derivato il danno non rientrasse nel novero di quelle di cui è nota la pericolosità, ma che sono comunque consentite entro i parametri stabiliti dalla legge, in considerazione della loro rilevanza socio-economica482.
Alla luce dei profili problematici emersi, parte della dottrina ha segnalato l’“evidente inopportunità di subordinare un evento grave come un disastro ambientale a una qualsiasi condizione”483 e ha messo in dubbio la
“concreta necessità dell’inserimento della clausola di illiceità speciale”484. Di
fronte a fatti di particolare gravità che ledano o mettano in pericolo beni primari come l’ambiente, risulta inopportuno l’inserimento di un’ambigua clausola di illiceità speciale. Piuttosto, sarebbe stato necessario una descrizione precisa e
481 Ivi, p. 9. L’A. evidenzia come la scelta sia in linea con la Direttiva 2008/99/CE ed opportuna
in sé “in uno stato di diritto basato sulla suddivisione dei poteri, spetta al potere legislativo e al potere esecutivo decidere quale siano i livelli di inquinamento tollerabili in nome di altri interessi e valori confliggenti, individuando punti di equilibrio reputati socialmente accettabili”.
482 L.MASERA, I nuovi delitti contro l’ambiente, Voce per il “Libro dell’anno del diritto Treccani 2016, in www.penalecontemporaneo.it, p. 13.
483 G. AMENDOLA, La Confindustria e il disastro ambientale abusivo, in
www.questionegiustizia.it.
484 P.MOLINO, Rel. n. III, cit., p. 10, il quale dubita della concreta necessità dell’inserimento
della clausola abusivamente, in quanto “l’esigenza di agganciare la punibilità del soggetto oggettivamente ‘inquinatore’ all’assenza di motivi di giustificazione della sua condotta avrebbe comunque trovato sicuro ed adeguato soddisfacimento attraverso l’applicazione delle consuete coordinate che presidiano la responsabilità penale per fatto doloso o quanto meno colposo: la natura di delitto delle nuove incriminazioni richiama infatti l’interprete (e in primo luogo il giudice) ad una più stringente ed impegnativa verifica dell’elemento soggettivo e, di conseguenza, della possibile presenza di ragioni che escludano profili di colpevolezza nella condotta oggettivamente inquinante. Per la tesi della sostanziale inutilità della clausola anche A.BELL,G.VALSECCHI, Il nuovo delitto di disastro ambientale, cit., p. 12. In particolare, questi ultimi formulano delle riserve “sulla reale capacità delle c.d. clausole di antigiuridicità espressa a contribuire alla determinazione dell’area di applicazione della norma penale, dal momento che altro non fanno se non ricordare l’ovvio, ossia che il fatto tipico costituisce reato solo se non è imposto o facoltizzato da un’altra norma dell’ordinamento”.
determinata della fattispecie incriminatrice – alla quale invece, come si vedrà a breve, il legislatore non ha provveduto – in modo da non condizionare la punibilità all’inosservanza di norme o provvedimenti amministrativi485.