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3. LA FATTISPECIE DI DISASTRO AMBIENTALE DI CUI ALL’ART 452 QUATER

3.3 Gli eventi costitutivi del disastro

L’art. 452-quater c.p. punisce il fatto di cagionare un disastro ambientale, dandone per la prima volta una definizione normativa al secondo comma. La nuova fattispecie prevede che possano costituire disastro tre eventi diversi e alternativi. Le prime due ipotesi di disastro sono costruite attorno all’ “alterazione dell’equilibrio di un ecosistema”, rispettivamente “irreversibile” o “la cui eliminazione risulti particolarmente onerosa e conseguibile solo con

provvedimenti eccezionali”; il terzo evento, invece, consiste in un’“offesa alla pubblica incolumità”, che presenti i connotati di particolare gravità descritti

dalla norma e relativi “alla estensione della compromissione e dei suoi effetti

lesivi” o al “numero di persone offese o esposte a pericolo”.

I primi due eventi hanno ad oggetto ipotesi particolarmente gravi di danneggiamento all’ambiente, che, in una scala di gravità, sono idealmente collocate al di sopra di quella “compromissione e deterioramento significativi

e misurabili” dell’ecosistema che danno luogo alla fattispecie delittuosa meno

grave di inquinamento ambientale (art. 452-bis c.p.). L’elemento comune a queste due ipotesi è costituito dall’oggetto materiale del reato: l’“equilibrio di

un ecosistema”, che evidenzia come il legislatore abbia voluto collocare al

“centro focale della norma” l’ambiente, sotto specie di ecosistema, in un’innovativa prospettiva ecocentrica. L’ordinamento fornisce protezione all’ambiente indipendentemente dalla messa in pericolo di un numero indeterminato di persone, in quanto “si può avere una straordinaria alterazione ambientale che merita di essere punita a prescindere dal coinvolgimento della pubblica incolumità”486. Le differenze, invece, si rinvengono nei diversi

requisiti utilizzati nella descrizione dell’evento: nel primo caso, il legislatore fa

485 Ivi, p. 10.

riferimento alla stabilità degli effetti dannosi (requisito dell’irreversibilità), nel secondo, alla particolare difficoltà del ripristino dello status quo ante (requisito della particolare onerosità dell’eliminazione degli effetti dannosi)487.

La formulazione della norma in questione appare piuttosto vaga ed imprecisa, risultando difficilmente compatibile con le esigenze di chiarezza e certezza sottese alle norme incriminatrici, in aperto contrasto con il principio di determinatezza488. Prescindendo, ma solo per il momento, dalle problematiche che emergono in ordine alla mancanza di una definizione di ecosistema nel nostro ordinamento 489 , occorre soffermarsi sulla ricca aggettivazione (“irreversibile”, “onerosa”, “eccezionali”) e sugli avverbi impiegati (“particolarmente”), che dimostrano un certo sforzo del legislatore di caratterizzare con precisione la fisionomia tipica del disastro ambientale. L’alterazione irreversibile è di per sé un concetto indeterminato, richiamando una sorta di macro-evento difficilmente verificabile. In primis, si è evidenziato come l’alterazione dell’equilibrio ecologico presupponga la possibilità, “tutt’altro che scontata”, di comparare una situazione antecedente ed una successiva all’evento di contaminazione oggetto di imputazione, dal momento che non sempre sono disponibili studi e dati antecedenti relativi alle aree oggetto del fenomeno di inquinamento. In secondo luogo, l’alterazione per rilevare ai sensi dell’art. 452-quater n. 1 c.p., deve essere irreversibile, richiedendo una prognosi, “tutt’altro che agevole”, circa l’impossibilità di ripristino dell’equilibrio ecologico alterato, stante “la complessità del sapere ecologico e la molteplicità delle variabili in gioco”490.

La previsione del secondo evento permetterebbe di superare le suddette difficoltà di accertamento, incriminando anche l’alterazione non irreversibile, a cui si può “rimediare” solo con provvedimenti eccezionali o particolarmente onerosi491. Le formule linguistiche, anche in questo caso, non “brillano per

487 L. MASERA, I nuovi delitti contro l’ambiente, cit., p. 6.

488 G. AMARELLI, La riforma dei reati ambientali: luci ed ombre di un intervento a lungo atteso,

cit., p. 5.

489 V. infra § 4.3.

490 C. RUGA RIVA, I nuovi ecoreati, cit., p. 32. 491 Ivi, p. 33.

precisione”: se non è facile stabilire quando l’alterazione è irreversibile, ancora più arduo è decidere quando e rispetto a quali parametri l’eliminazione risulti particolarmente onerosa o che cosa si intenda per provvedimenti eccezionali492. L’onerosità dei costi di ripristino e di bonifica, infatti, può essere intesa sia oggettivamente, in assoluto, che soggettivamente, avendo riguardo alle disponibilità economiche dell’inquinatore. Anche a voler accogliere la prima accezione, comunque non sembrerebbe possibile individuare un parametro di riferimento certo e quantificabile493. Mentre il termine “provvedimenti” sembrerebbe evocare misure tecniche o giuridiche, lavori assai difficoltosi e complessi, delibere ad hoc statali o locali. L’elenco, dunque, rischierebbe di restare aperto e, secondo un’opinione, tali misure non sarebbero facilmente distinguibili dalla formula relativa ai costi di ripristino e di bonifica494.

Nonostante lo sforzo di tipizzazione, dunque, le formule e le locuzioni impiegate ai numeri 1 e 2 dell’art. 452-quater c.p. risultano evanescenti e rischiano di abbandonare la definizione di disastro alla “più totale e imperscrutabile” discrezionalità dell’interprete495. Ancora più evidenti, però, sono i problemi che pone il terzo evento tipico, che ha suscitato senza dubbio le maggiori perplessità nei commentatori, che ne hanno fornito diverse interpretazioni fino ad arrivare a denunciarne l’assoluta inapplicabilità496. L’art.

452-quater c.p. tipizza un “nebuloso evento” di “offesa per l’incolumità pubblica”, con una formulazione letterale “al tempo stesso tortuosa ed opaca”497.

Anzitutto, è opportuno rilevare come il legislatore identificando il disastro ambientale nell’offesa alla pubblica incolumità, abbia introdotto

492 L. MASERA, op. ult. cit., p. 10.

493 C. RUGA RIVA, I nuovi ecoreati, cit., p. 33.

494 M . ZALIN, Art. 452-quater c.p., Disastro ambientale, in Speciale newsletter B&P Avvocati: I nuovi reati ambientali, p. 7. L’A. ipotizza che il riferimento ai “provvedimenti eccezionali”

possa alludere a procedure “al di fuori del normale contraddittorio con la pubblica amministrazione…o al di fuori dell’ordinario procedimento di bonifica”.

495 T. PADOVANI, Legge sugli ecoreati un impianto inefficace che non aiuta l’ambiente, cit., p.

2.

496 A. BELL, A. VALESECCHI, Il nuovo delitto di disastro ambientale, una norma che difficilmente avrebbe potuto essere scritta peggio, in www.penalecontemporaneo.it, p. 4. 497 C. RUGA RIVA, op. ult. cit., p. 32.

un’espressione che è nuova nel nostro codice penale. Le fattispecie che tutelano l’incolumità pubblica, infatti, sono solitamente strutturate prevedendo il “pericolo” per tale bene giuridico, non l’“offesa”, dal momento che puniscono non il danno arrecato a singole persone, ma il pericolo cui è stata esposta l’incolumità di una pluralità indeterminata di persone. Posto che l’incolumità pubblica è un bene insuscettibile di essere danneggiato498, è verosimile che il

concetto di “offesa” debba essere inteso in questo caso come sinonimo di pericolo499: non sarebbe richiesta la prova che si siano effettivamente verificate delle morti o delle lesioni, bastando, come di consueto nei reati a tutela dell’incolumità pubblica, che tale bene giuridico sia esposto a pericolo500.

L’aver posto l’ “offesa alla pubblica incolumità” come forma di disastro autonoma e alternativa rispetto all’ “alterazione dell’equilibrio di un

ecosistema”, comporta, secondo i commentatori più rigorosi, la possibilità che,

oggi, grazie alla formulazione dell’art. 452-quater, si possa integrare il disastro ambientale sia in presenza di un macro-danneggiamento all’ambiente che non metta in pericolo l’incolumità pubblica, sia in presenza di un pericolo per l’incolumità pubblica che non derivi da un macro-danneggiamento dell’ambiente. La struttura della nuova norma “non ha nulla a che vedere con le fattispecie di disastro di cui al Titolo VI del codice penale, in cui il pericolo per la pubblica incolumità è sempre richiesto ai fini della consumazione del delitto, come conseguenza di un macro-danneggiamento di cose”501.

Il profilo sicuramente più critico della tipizzazione del terzo evento disastroso – a giudizio della dottrina – è costituito dal fatto che, nel caso in cui si verifichi il pericolo per la pubblica incolumità, il disastro sembri potersi configurare a prescindere dall’accertamento della compromissione ambientale.

498 V. A. GARGANI, I reati contro l’incolumità pubblica, cit., p. 92. L’A. ritiene che

“l’incolumità pubblica sia un interesse di per sé inesistente in natura, ma funzionale alla tecnica di anticipazione della tutela, vale a dire un’oggettività giuridica “creata” dal legislatore penale per consentire una difesa prodromica (e di riflesso, generica) dei beni individuali, da forme di offesa diffusive, pluridirezionali e tendenzialmente incontrollabili”.

499 A. BELL, A. VALSECCHI, op. ult. cit., p. 7.

500 L. MASERA, I nuovi delitti contro l’ambiente, cit., p. 11.

Il legislatore avrebbe – secondo alcuni autori – introdotto un’“inedita forma di disastro sanitario” 502, o meglio – secondo quanto sostenuto da altri –

positivizzato quel disastro innominato sperimentato dalla giurisprudenza in ambito eco-sanitario503. Prevedendo la punibilità del pericolo per l’incolumità pubblica indipendentemente dal fatto che questo sia o meno la conseguenza di un danno all’ambiente, il legislatore sembra aver dimenticato l’obiettivo della sua opera di riforma, ossia, l’introduzione di fattispecie poste a “specifica” tutela dell’ambiente. Rispetto alle altre norme che compongono il nuovo Titolo VI-bis, infatti, questa soltanto non prevede quali elementi costitutivi della fattispecie un riferimento all’inquinamento o alla compromissione dell’ambiente, di un ecosistema o di una qualsivoglia matrice ambientale504.

Nel momento in cui il legislatore elabora una fattispecie che aspira a fungere da massimo presidio per la tutela dell’ambiente, la “svuota dall’interno” privandola, irragionevolmente - “considerato lo stesso attributo ‘ambientale’ che la norma associa al disastro”505 -, di qualunque nesso con

l’ambiente506. Il risultato è un vero e proprio “pastiche normativo dai connotati

indecifrabili”507, che rischia di essere votato a una totale inapplicabilità a causa

del carattere prettamente simbolico che viene ad assumere la nuova fattispecie. Alcuni autori, invece, hanno cercato di elaborare un’interpretazione della norma che potesse condurre ad esiti ermeneutici “più ragionevoli”, o perlomeno in linea con gli obiettivi della riforma. Se è vero che la norma non richiede esplicitamente che il pericolo per l’incolumità pubblica derivi da un danno all’ambiente, nell’ indicare gli indici che l’interprete dovrebbe considerare ai fini dell’accertamento dell’offesa alla pubblica l’incolumità, fa riferimento alla “rilevanza del fatto per l’estensione della compromissione”508.

502 L. MASERA, I nuovi delitti contro l’ambiente, cit., p. 11. 503 A. GARGANI, Le plurime figure di disastro, cit., p. 2714.

504 A. BELL, A. VALSECCHI, Il nuovo delitto di disastro ambientale, cit., p. 6. 505 L. MASERA, I nuovi delitti contro l’ambiente, cit., p. 11.

506 T. PADOVANI, Legge sugli ecoreati un impianto inefficace che non aiuta l’ambiente, cit., p.

2.

507 G. A. DE FRANCESCO, Codici, leggi penali speciali, legislazione ‘novellistica’: uno sguardo problematico, in www.lalegislazioenpenale.eu, p. 4.

Il “fatto” cui allude l’art. 452-quater, deve essere “pur sempre un fatto di grave contaminazione ambientale”, anche se diverso e aggiuntivo rispetto a quello tipizzato nei primi due numeri, in quanto deve offendere la pubblica incolumità509.

Secondo questa dottrina, affinché si possa configurare il disastro ambientale, il pericolo per l’incolumità pubblica deve essere sempre mediato da una compromissione ambientale, che costituisce un presupposto implicito della fattispecie. Tale soluzione interpretativa evidenzia l’avvenuta saldatura legislativa tra i due piani di tutela, l’ambiente da una parte, e la pubblica incolumità, dall’altra, che erano stati giustapposti già a livello giudiziario510.

Una scelta, peraltro, che si collocherebbe perfettamente in linea con quanto prescritto dalla Direttiva 2008/99/CE che obbliga alla creazione di illeciti a dimensione plurioffensiva, strutturati sul collegamento tra infrazione ambientale e produzione di un danno o di un pericolo a carico della salute, della vita o dell’incolumità delle persone511.

Sennonché, la formulazione normativa risulta imprecisa ed equivoca anche con riguardo agli indici di rilevanza della lesione ambientale perché questa sia idonea a creare una situazione di pericolo per la vita o la salute pubblica. Tali indici, lungi dal fornire un aiuto all’interprete, finiscono per aumentare il deficit di precisione della norma e confermano l’impercorribilità dell’ultima interpretazione proposta.

In primo luogo, il riferimento all’ “estensione della compromissione o

dei suoi effetti lesivi” pecca di eccessiva vaghezza. Non è agevole

comprendere, anzitutto, l’oggetto della compromissione che non viene definito (potendo essere individuabile o nell’ambiente o nell’ecosistema); non risulta chiaro, secondariamente, se l’estensione debba essere intesa in termini spaziali o temporali, con il rischio di affidare la valutazione sul pregiudizio per l’ambiente alla discrezionalità del giudice, con conseguenti possibili disparità

509 C. RUGA RIVA, I nuovi ecoreati, cit., p. 34. 510 L. MASERA, op. ult. cit., p. 11.

di trattamento, a fronte di eventi di analoga portata512. Infine, non viene precisato nei confronti di chi o di cosa gli effetti devono essere “lesivi”: se per l’ambiente, le singole matrici ambientali, l’ecosistema, ovvero per le persone stesse.

Nell’esame del secondo indice di rilevanza, è possibile evidenziare come il riferimento al “numero delle persone offese o esposte al pericolo” denoti uno stretto collegamento con la vicenda Eternit, nella quale i giudici hanno utilizzato gli studi epidemiologici circa il livello dell’incidenza di determinate patologie all’interno di gruppi di persone esposti all’amianto come copertura scientifica per l’attestazione del pericolo manifestatosi verso la pubblica incolumità513. Anche questa formula, però, pone seri problemi di interpretazione “in sé e nei rapporti con la fattispecie di inquinamento aggravato da morti o lesioni” (art. 452- ter c.p.)514. In particolare, non è chiaro

se la locuzione si riferisca oltre che all’esposizione al pericolo, anche a morti e lesioni verificatesi, in ragione dell’utilizzo della disgiuntiva “o”515.

È stato ipotizzato che il lemma “persone offese o esposte al pericolo” costituisca un’endiadi, o al più comprenda la messa in pericolo di un numero sia indeterminato che determinato di persone, ma non alluda in ogni caso a morti e lesioni516. L’interpretazione opposta porterebbe, infatti, all’esito di veder punita meno gravemente la causazione dolosa di morte o lesioni personali, rispetto a quella colposa descritta all’art. 452-ter c.p., e non sarebbe coerente con l’incriminazione di un evento di offesa alla pubblica incolumità, per la cui sussistenza si richiede la causazione di meri pericoli per l’incolumità

512 L. SIRACUSA, La legge 22 maggio 2015, n. 68 sugli “ecodelitti”, cit., p. 20.

513 L. MASERA, La malattia professionale e il diritto penale, in www.penalecontemporaneo.it. 514 Infra § 4.6.

515 C. RUGA RIVA, I nuovi ecoreati, cit., p. 35.

516 Ivi, p. 36. L’A. riporta interpretazioni alternative che tuttavia appaiono più deboli e meno

persuasive di quella proposta. “Per ritagliare un ambito applicativo autonomo alla formula in esame “persone offese” si potrebbe ipotizzare che essa di riferisca alle sole lesioni lievissime, non ricomprese nella fattispecie aggravata dell’art. 452-ter, o alle persone sottoposte a molestie (nel senso ad es. dell’art. 674 c.p.); o che alluda ad offese a persone indeterminate (anziché a persone determinate cui siano state diagnosticate lesioni non lievissime o le cui morti si ano soggettivamente accertate)”.

di un numero indeterminato di persone, e non la causazione effettiva delle morti o delle lesioni517.

Parte della dottrina ha individuato delle soluzioni alternative che potevano essere percorse al fine di evitare tali fraintendimenti. Nella descrizione dell’evento sarebbe stato opportuno sopprimere il richiamo sia al numero delle vittime reali o potenziali, sia all’estensione della compromissioni, limitandosi a qualificare l’accadimento semplicemente come offesa alla pubblica incolumità conseguente a fatti di inquinamento rilevanti. “In tal modo, il trascorrere della situazione offensiva dalla lesione all’ambiente verso la messa in pericolo dell’incolumità pubblica si baserebbe su un requisito di rilevanza del fenomeno inquinante, sia in termini qualitativi, sia quantitativi”518.

Infine, è opportuno dar conto di un’ulteriore interpretazione relativa al numero 3, comma secondo, dell’art. 452-quater c.p.. Alcuni autori hanno evidenziato come, una volta considerata l’ “offesa alla pubblica incolumità” come sinonimo di pericolo, l’ipotesi ivi contemplata non si configurerebbe neppure come reato di evento, bensì come un reato di mera condotta. Il pericolo, infatti, non è un “evento naturalistico, bensì un mero concetto di relazione (…) e consiste sempre e solo in un giudizio circa l’attitudine di una data condotta o di un dato evento naturalistico a cagionare un danno”. Dunque, il reato risulterebbe integrato qualora la condotta posta in essere dall’agente sia idonea a cagionare la morte o le lesioni di un numero indeterminato di persone. Anche questa diversa qualificazione come reato di mera condotta, evidenzia la sostanziale indeterminatezza della norma, dal momento che difetta di una descrizione dettagliata della condotta, necessariamente richiesta dai reati di pericolo in ragione della mancata previsione di un evento in senso naturalistico tra gli elementi della fattispecie: l’unico requisito indicato dal legislatore, il carattere abusivo della condotta, è del tutto privo di reale capacità selettiva519.

517 G. AMARELLI, La riforma dei reati ambientali: luci ed ombre di un intervento a lungo atteso,

cit., p. 9.

518 L. SIRACUSA, La l. 22 maggio 2015, cit., p. 21.

3.4 I rapporti tra il “disastro ambientale” e l’“altro disastro” alla luce