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L’offensività del reato ambientale e l’anticipazione della soglia

5. LA TUTELA PENALE DELL’AMBIENTE FINO ALL’AVVENTO DELLA L.

5.2 I reati ambientali nella legislazione complementare

5.2.1 L’offensività del reato ambientale e l’anticipazione della soglia

Si tratta, a questo punto, di verificare se i reati ambientali costruiti sul modello del pericolo astratto siano compatibili con il principio di offensività che nel nostro ordinamento, secondo l’opinione prevalente, ha rango costituzionale155. In primis, tale compatibilità deve essere verificata con riferimento ai reati costruiti sull’inosservanza dei precetti amministrativi, secondariamente, sarà opportuno analizzare il problema in una prospettiva più ampia, inserendolo nel più ampio dibattito dottrinale sulla legittimità dei reati di pericolo astratto. Partendo dalla prima questione, occorre tenere conto del fatto che l’’utilizzo di fattispecie costruite sulla base dell’inosservanza di discipline amministrative – come già evidenziato nel precedente paragrafo – ha assegnato al diritto penale un ruolo ancillare rispetto al diritto amministrativo in materia ambientale, portando all’adozione di tecniche di tipizzazione meramente sanzionatorie e secondo gli schemi tipici del “Verwaltungsstrafrecht”156. La dottrina ha osservato che le fattispecie in

questione si limiterebbero a punire la mera disobbedienza al precetto amministrativo157 e, come tali, non avrebbero la funzione di tutela di beni giuridici nel senso tradizionale del termine, bensì di tutela esclusivamente di funzioni amministrative di governo158. In questo senso, si è posto il problema

155 Sul fondamento del principio di offensività la dottrina non è ancora pervenuta a soluzioni

unitamente condivise. Nella vasta letteratura sull’argomento, v. F. BRICOLA, Teoria generale

del reato, in Nss. Dig. it., XIX, 1973, p. 81 ss.; F.MANTOVANI, Il principio di offensività del

reato in Costituzione, in Scritti in onore di Mortati, Milano, 1977, p. 444 ss..

156 La costruzione di una vera e propria teoria del “diritto penale amministrativo” risale a J.

GOLDSHMIDT, Der Verwaltaungsstrafrecht, Berlino, 1902. Con specifico riferimento al diritto penale dell’ambiente, M.CATENACCI, Appunti sulle tecniche incrociate di tutela nel diritto

penale dell’ambiente, in Riv. trim. dir. pen. econ., 1990, p. 410; ID., La tutela penale

dell’ambiente. Contributo all’analisi delle norme penali a struttura sanzionatoria, cit., p. 61

ss.; ID. “’Beni’ e ‘funzioni’ oggetto di tutela nella legge “Merli” sull’inquinamento delle acque,

in Riv. trim. dir. pen. econ., 1996, p. 1219 ss.; F.GIUNTA, Il diritto penale dell’ambiente in

Italia: tutela di beni o di funzioni?, cit., p. 1907 ss..

157 L.BERTOLINI, Ambiente (tutela dell’), cit., p. 1988; M.LAGANÀ, Tutela dell’ambiente e principio di offensività, in Giust. pen., 1999, pp. 223-224.

158 T. PADOVANI, La scelta delle sanzioni in rapporto alla natura degli interessi tutelati, in Beni e tecniche di tutela penale, in A.A.V.V., Materiali per una riforma del Codice, Milano, 1987, pp. 97-98; ID. Tutela dei beni e tutela di funzioni nella scelta tra delitto, contravvenzione e

di apprezzarne la conciliabilità con il principio di offensività. Nell’ambito del dibattito che è conseguito sul punto si possono individuare tre diversi orientamenti.

I primi due orientamenti abbracciano posizioni radicalmente opposte. Secondo il primo, le funzioni amministrative di governo (e più in generale la tutela delle funzioni amministrative) non possono considerarsi in nessun modo un bene giuridico nel senso proprio del termine159, ossia alla stregua di un bene determinato e preesistente alla norma penale in grado di delimitare l’intervento repressivo, in quanto sono solo un fine dello Stato160. Il secondo orientamento

considera le funzioni amministrative di governo autentici beni giuridici: si tratterebbe di entità offendibili dal comportamento dell’uomo e dunque capaci di tutela penale, non diversamente dai beni che posseggono una dimensione materiale161.

Risulta preferibile la terza soluzione interpretativa, che sembra privilegiare una soluzione intermedia tra le precedenti proposte. Da un lato, si ammette che le funzioni amministrative di governo non costituiscono di per sé il bene giuridico offeso dai reati di inosservanza162; dall’altro lato, però, si riconosce che la tutela delle funzioni amministrative sia strumentale alla salvaguardia di un bene giuridico finale, che risulta protetto indirettamente,

illecito amministrativo, in Cass. pen., 1987, p. 670 ss.; ID. Delitti e Contravvenzioni, in Dig.

disc. pen., III, Torino, 1989, p. 330 ss.; F. C. PALAZZO, Principi costituzionali, beni giuridici e

scelte di criminalizzazione, in Studi in memoria di Pietro Nuvolone, I, Milano, 1991; ID. Bene

giuridico e tipi di sanzione, in Ind. pen., 1992, p. 213 ss.; ID., I confini della tutela penale:

selezione di beni e criteri di criminalizzazione, in Riv. it. dir. proc. pen., 1992, p. 470 ss.. 159 A. BARATTA, Integrazione-prevenzione. Una nuova fondazione della pena all’interno della teoria sistematica, in Dei delitti e delle pene, 1984, p. 13; W.HASSEMER, Il bene giuridico nel

rapporto di tensione tra Costituzione e diritto naturale, ivi, p. 110; R.BAJNO, La tutela penale

dell’ambiente, in Riv. trim. dir. pen. econ., 1990, p. 356; P. PATRONO, Diritto penale

dell’impresa e interessi umani fondamentali, Padova, 1993, p. 101.

160 P.PATRONO, Inquinamento idrico da insediamento produttivo e tutela penale dell’ambiente,

in Riv. trim. dir. pen. ec., 1989, p. 1027.

161 G. MARINUCCI,E.DOLCINI, Corso di diritto penale, cit., p. 183 ss.; G.COCCO, L’atto amministrativo invalido elemento della fattispecie penale, Cagliari, 1996, p. 425.

162 T.PADOVANI, La problematica del bene giuridico e la scelta delle sanzioni, in Dei delitti e delle pene, 1984, p. 119; ID., La scelta delle sanzioni in rapporto alla natura degli interessi

nella forma di una “tutela mediata”163. Infatti, la complessa disciplina

amministrativa risulta pur sempre funzionale alla tutela di interessi, che in ragione delle loro peculiari caratteristiche, sembrerebbero imporre il ricorso ad una mediazione ad opera della pubblica amministrazione. In altre parole, “la tutela da apprestare nei confronti di determinati beni giuridici, quali appunto l’ambiente, si estrinseca nella previsione di norme penali che assicurano a loro volta il corretto esercizio di funzioni amministrative, precostituite a salvaguardia dei suddetti beni”164.

L’adeguatezza o meno dell’intervento penale in materia ambientale, non può essere valutata se non facendo riferimento al bene finale tutelato attraverso il filtro di una disciplina amministrativa, resa necessaria per un’efficace protezione del bene ambientale stesso165. Il riferimento al bene giuridico finale permette di preservare il principio di offensività, in quanto, rapportata a tale interesse prevalente, la violazione della funzione amministrativa di governo viene assimilata allo schema del pericolo astratto, nel senso che “le singole violazioni delle norme organizzative si porranno come fatti qualificabili di pericolo astratto e indiretto nei confronti dei beni finali”166 e va valutata alla

stregua delle condizioni che legittimano un siffatto modello di anticipazione della tutela penale167.

Le ipotesi di tutela anticipata costruite dal legislatore potrebbero giustificarsi solo in quanto esse rendano visibile sullo sfondo il bene finale e quando la condotta tipizzata presenti una apprezzabile potenzialità offensiva nei confronti del bene stesso168. In altre parole, la tutela della funzione ammnistrativa sembrerebbe giustificata solo nei casi in cui il controllo pubblico sia effettivamente finalizzato all’accertamento dei presupposti e dei requisiti di

163 C.PEDRAZZI, Profili penalistici di tutela dell’ambiente, cit., p. 620. 164 C.BERNASCONI, Il reato ambientale, cit., p. 129.

165 T.PADOVANI, La problematica del bene giuridico nella scelta delle sanzioni, cit., p. 120. 166 F. ANGIONI, Il principio di offensività, in Prospettive di riforma del codice penale e valori costituzionali, Milano, 1996, p. 114.

167 F.GIUNTA, Diritto penale dell’ambiente in Italia: tutela di beni o di funzioni?, cit., p. 1112. 168 C. BERNASCONI, op. ult. cit,, p. 139.

idoneità in assenza dei quali l’attività controllata presenta un rilevante pericolo per il bene ambiente assunto ad oggetto di tutela mediata169.

Sulla base di tale premessa, è possibile operare una distinzione tra fattispecie che sanzionano condotte che, se pure nella forma del reato di pericolo astratto, risultano dotate di attitudine offensiva nei confronti del bene ambiente, e fattispecie che, viceversa, sanzionando attività talmente lontane dalla lesione o anche semplice messa in pericolo dell’ambiente, non sembrano conformi alle istanze sottese al principio di offensività, oltre ai criteri di proporzione e sussidiarietà170.

A questo secondo genus, appartengono le fattispecie che prendono in considerazione condotte per il cui svolgimento la legge prevede l’obbligo di comunicazione alla pubblica amministrazione competente. Il controllo amministrativo che viene tutelato ha, infatti, ad oggetto la pura conoscenza dell’attività. Quest’ultima potrà anche essere pericolosa per il bene finale, ma tale pericolosità non è desunta dal tipo di controllo amministrativo, che non si esprime attraverso valutazioni di merito171. Ci si trova di fonte a reati che offendono la mera tutela di funzioni in sé considerate, ovvero un’attività di governo che non può ritenersi strumentale alla tutela mediata del bene finale, tanto che queste fattispecie “non assurgono nemmeno al livello di reati di pericolo astratto”172. Si tratta di ipotesi in cui la tutela di funzioni si colloca in

una posizione talmente lontana dall’offesa all’interesse ambientale finale, da far pensare che il legislatore abbia voluto sanzionare unicamente l’inosservanza del precetto173. Data la natura esclusivamente formale dell’infrazione, il ricorso alla sanzione penale sembra privo di qualsiasi fondamento174.

169 F. C.PALAZZO, I confini della tutela penale, cit., p. 471. 170 C. BERNASCONI, Il reato ambientale, cit., p. 136.

171 F.C.PALAZZO, I confini della tutela penale, cit., p. 471. L’A. osserva che la repressione

penale di un’attività svolta in violazione del controllo amministrativo prescritto dalla legge si giustifica solo quando detto controllo è finalizzato ad appurare la pericolosità dell’attività controllata per il bene finale.

172 F. GIUNTA, Il diritto penale dell’ambiente in Italia, cit., p. 114 173 C. BERNASCONI, op. ult. cit., p. 136.

Al contrario, appartengono al primo gruppo di fattispecie, i reati che puniscono lo svolgimento dell’attività, rispettivamente, in assenza dell’autorizzazione e in violazione di determinate prescrizioni impartite dalla pubblica amministrazione competente. In queste ipotesi, il legislatore intende reprimere non la mera disobbedienza, ma il prodursi, tramite la disobbedienza, di condotte già dotate dell’attitudine a pregiudicare beni preesistenti e ritenute meritevoli di tutela. Si tratta, dunque, di condotte che risultano astrattamente pericolose per il bene finale, nella misura in cui disattendono le modalità di svolgimento ritenute dalla pubblica amministrazione necessarie al contenimento della loro pericolosità in concreto175. Tali condotte sono considerate “pregnanti dal legislatore”, in quanto presentano un’apprezzabile potenzialità offensiva nei confronti del bene. Ciò è sufficiente per affermare che in questi casi la tutela delle funzioni amministrative è strumentale alla tutela del bene finale e che queste fattispecie di inosservanza possono assimilarsi ai reati di pericolo astratto176.

Quest’ultima assimilazione solleva la seconda questione che deve essere esaminata con riferimento al principio di offensività. In particolare, in termini più generali, ci si deve interrogare sulla legittimità stessa dei reati di pericolo astratto, questione che risulta già da tempo al centro dell’interesse della dottrina, in quanto sempre più di frequente, il legislatore fa ricorso alle fattispecie di pericolo, soprattutto a tutela di nuovi beni superindividuali o collettivi ovvero a difesa di beni tradizionali contro nuove forme di aggressione collegate allo sviluppo del progresso tecnologico177.

Il problema si pone in relazione al fatto che, seppure variamente strutturati, gli illeciti ambientali sono in massima parte riconducibili ai reati di pericolo astratto e presunto. Il punctum dolens di tale categoria di illeciti è costituito dalla possibilità che si realizzi uno scarto tra conformità al tipo ed

175 F. GIUNTA, op. ult. cit., p. 114.

176 M. CATENACCI, La tutela penale dell’ambiente, cit., p. 143 ss.. 177 G. FIANDACA, La tipizzazione del pericolo, cit., pp. 441-442.

effettiva pericolosità della condotta178, ossia che in taluni casi il legislatore tipizzi una condotta assunta, in base a comuni regole di esperienze, come pericolosa e che, poi, in concreto, quella stessa condotta si riveli priva della pericolosità pronosticata in astratto dal legislatore179. Al comportamento vietato non si accompagnerebbe, dunque, la verificazione di quel pericolo in vista del quale il legislatore aveva costruito la fattispecie, con il rischio che quest’ultima parrebbe reprimere la mera disobbedienza del soggetto agente al contenuto del precetto, sollevando non pochi dubbi in relazione al principio di offensività180. Invero, è stato osservato che la circostanza che nei reati di pericolo astratto non sia richiesta, ai fini dell’integrazione del fatto tipico, la verificazione di un vero e proprio evento di pericolo, non deve far pensare che sia irrilevante il dato dell’offesa. L’astrazione del pericolo rappresenta una particolare forma di tecnica normativa che il legislatore adotta in presenza di particolari presupposti, al prevalente fine di superare le difficoltà di prova che l’accertamento di un pericolo in concreto in taluni casi potrebbe comportare181.

In particolare, l’anticipazione della tutela attuata attraverso l’impiego dei reati di pericolo astratto viene considerata opzione legittima, se non necessaria, da larga parte della dottrina, quando si tratti di tutelare beni giuridici superindividuali e non sempre afferrabili, come l’ambiente 182 .

Secondariamente, con riferimento specifico al bene ambiente, l’adozione di tecniche incentrate su fattispecie di pericolo astratto risulta una scelta obbligata, trattandosi di un oggetto di tutela che non appare ledibile per effetto di una singola condotta, ma di condotte seriali183.

178 M. CATENACCI, I reati di pericolo presunto tra diritto e processo penale, in AA.VV., Studi in onore di G. Marinucci, II, Milano, 2006, p. 1415 ss.; G.GRASSO, L’anticipazione della tutela

penale: i reati di pericolo e i reati di attentato, cit., p. 706; A.MANNA, I reati di pericolo

astratto e presunto e i modelli di diritto penale, in Quest. giust., 2001, p. 438 ss.. 179 M.CATENACCI, I reati ambientali e il principio di offensività, cit., p. 49. 180 C.BERNASCONI, Il reato ambientale, cit., p. 144.

181 C.FIORE, Diritto penale, Parte generale, cit., p. 183.

182 M.CATENACCI, La tutela dell’ambiente, cit., p. 2; G.FIANDACA, U. TESSITORE, Diritto penale e tutela dell’ambiente, cit., p. 38; V.PAONE, I reati in materia di inquinamento, Torino, 1993, p. 23.

La legittimità dei reati di pericolo astratto viene fatta dipendere da due fattori: da un lato dall’importanza del bene giuridico in gioco, che giustificherebbe l’anticipazione della tutela, dall’altro, da un’adeguata tipizzazione della condotta pericolosa. Si richiede, infatti, che il reato di pericolo sia descritto con una ricchezza linguistica tale da valorizzare gli elementi di pericolosità della condotta e da consentire una reale coincidenza tra la condotta tipizzata e la condotta offensiva del bene tutelato. Al legislatore viene richiesta una particolare perizia sia nell’elaborare i dati statistici su cui si fonda la pericolosità presunta, sia nel descrivere in modo pregnante le note offensive della condotta tipica, proprio al fine di assicurare tipicità soltanto a quei fatti offensivi dell’interesse tutelato184.

Da ultimo, tra le condizioni di legittimità vi è anche la correttezza empirico-criminologica delle valutazioni legislative relative alla pericolosità della condotta tipizzata. Questo requisito non ha rilevanza autonoma, non perché sia meno importante, ma perché esso è già implicito nella più generale significatività del bene tutelato e della sua vulnerabilità. Invero, l’anticipazione della soglia della punibilità non avrebbe senso ove non si ritenesse che la condotta punita sia potenzialmente idonea ad offendere il bene giuridico. La fattispecie tipica, dunque, sottende una cornice empirico-criminologica, che la fonda e la giustifica185. La valorizzazione di tale cornice permette di individuare gli adeguati correttivi per la delimitazione della fattispecie legale.

In sintesi, la scelta del ricorso a fattispecie di pericolo astratto, con la conseguente “emancipazione” della fattispecie criminosa dal legame con l’evento, renderebbe più efficace l’intervento penale e troverebbe la sua giustificazione nella necessità di prevenzione e difesa, offrendo adeguata protezione a beni giuridici meritevoli di tutela essenziali per l’individuo e la collettività, come l’ambiente. Al contempo, “il principio di offensività non potrebbe dirsi violato, trattandosi di norme incriminatrici compatibili con l’idea

184 M. CATENACCI, I reati ambientali e il principio di offensività, cit., p. 49. 185 Cfr. C.BERNASCONI, Il reato ambientale, cit., p. 160 ss..

del reato come offesa, in quanto la loro funzione (…) è quella di proteggere un bene e non di reprimere una disobbedienza”186.