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5. LA TUTELA PENALE DELL’AMBIENTE FINO ALL’AVVENTO DELLA L.

6.2 La tutela penale dell’ambiente nel codice penale tedesco

In Germania si è registrato in parte un fenomeno analogo a quello che si è verificato in Italia. L’esiguità delle pene applicabili in relazione alle figure di reato previste inizialmente dal codice penale (d’ora in poi StGB), aveva spinto la giurisprudenza a trovare gli strumenti di repressione delle offese

all’ambiente nelle norme poste a tutela dei beni giuridici tradizionali, quali la vita, l’integrità fisica ed il patrimonio. La svolta decisiva nella politica del diritto penale ambientale tedesco si registra nel 1978, quando, a fronte del riconoscimento dell’importanza dei beni ambientali e della necessità di renderne anche visibile la tutela, si progettò un nuovo organico assetto normativo di tutela penale dell’ambiente che doveva essere inserito nel codice penale, così da poter porre fine alla tendenziale “bagatellizzazione” che gli sarebbe derivata inevitabilmente dal permanere nella periferia del sistema penale273.

La decisione di espungere il diritto penale dell’ambiente dal settore annesso al diritto amministrativo ha trovato attuazione con l’emanazione della legge 98 del 1980, successivamente modificata nel 1994 e ancora innovata nel 1998. Il legislatore tedesco dedica ai “Reati con l’ambiente” (“Straftaten gegen

die Umwelt”, §§ 324-330 d), la Sezione ventottesima del codice penale274. In via di estrema sintesi e solo ai fini dell’analisi delle tecniche di tipizzazione della fattispecie, si osserva come il legislatore tedesco preveda solo ipotesi delittuose. All’interno di queste, poi, è possibile operare una distinzione in tre diverse aree strutturali, secondo il modello di illecito penale ambientale prescelto275.

Possiamo individuare un primo gruppo di norme, che presenta una marcata autonomia del diritto penale dal diritto amministrativo: l’inquinamento idrico (§ 324), l’inquinamento atmosferico ed acustico (§ 325), lo smaltimento dei rifiuti pericolosi per l’ambiente (§ 326) e la grave esposizione a pericolo per l’ambiente (§ 330). In questi casi, la disobbedienza a precetti amministrativi, per essere penalmente rilevante, deve dar luogo ad una condotta fornita di particolari requisiti offensivi descritti dalla norma incriminatrice. Il trattamento sanzionatorio previsto è di indubbio rigore: reclusione fino a dieci

273 G.AZZALI, La tutela penale dell’ambiente, un’indagine di diritto comparato, Padova, 2001,

pp. 82-83.

274 Cfr. Il Codice penale tedesco, trad. di G.DE SIMONE,G.FOFFANI,M.SFORZI, Padova, 1994. 275 M. CATENACCI, La tutela penale dell’ambiente, cit., p. 220.

anni nelle ipotesi in cui venga posta in pericolo la vita o l’integrità fisica di un gran numero di persone, oppure sia cagionata per colpa grave la morte di una persona o una lesione personale grave276.

Un secondo gruppo di norme, comprensivo delle fattispecie di esercizio non autorizzato di impianti (§ 327) e di esposizione a pericolo di zone protette (§ 328), presenta un grado più attenuato di autonomia del diritto penale, dal momento che lo schema del reato è quello del mero esercizio non autorizzato o tenuto non osservando determinati precetti amministrativi277.

Infine, vi è una fattispecie che sanziona la grave esposizione a pericolo mediante emissione di sostanze tossiche (§ 330), senza alcun rinvio a precetti amministrativi, secondo il modello del reato penalistico “puro”. La norma, infatti, punisce con la reclusione da sei mesi a dieci anni, chiunque diffonde o libera veleni nell’aria, nell’acqua, nel suolo o in altra maniera, e con ciò esponga altri al pericolo di morte o di una lesione personale grave; una pena ridotta è prevista per le ipotesi colpose278.

La struttura accessoria dei reati ambientali, incentrata sul rinvio a norme extra-penali di matrice amministrativa, ha suscitato un ampio dibattito dottrinario: per rilevare penalmente, il fatto deve anche violare un precetto amministrativo, o deve comunque essere commesso in mancanza di un’autorizzazione amministrativa279. Parte della dottrina lamenta il carattere

simbolico di questo settore del diritto penale, la cui causa principale di inefficacia viene rinvenuta nella subordinazione del sistema repressivo a quello amministrativo; altri autori, pur non negando l’esigenza di contenere gli effetti del richiamo a norme extrapenali dando ad esse il compito di definire solo in parte i requisiti del fatto tipico, ritiene, tuttavia, indispensabile il mantenimento dell’interrelazione tra diritto penale e diritto amministrativo, imposta

276 E.LO MONTE, Diritto penale e tutela dell’ambiente, cit., p. 443.

277 L. STORTONI, L’ambiente. Aspetti penali della legislazione europea, in Riv. trim. dir. pen. ec., 1998, p. 891.

278 E.LO MONTE, Diritto penale e tutela dell’ambiente, cit., p. 445.

dall’esigenza di bilanciare le istanze di protezione del bene con gli interessi sociali di sfruttamento dell’ambiente280.

Gli studi condotti dalla dottrina tedesca sull’effettività della disciplina dei reati ambientali inseriti nel codice penale, hanno evidenziato un quadro caratterizzato da risultati antitetici rispetto alle aspettative della riforma. Benché l’intenzione del legislatore fosse quella di riservare al diritto penale la repressione delle sole offese gravi all’ambiente, sono stati in concreto puniti solo i fatti di tipo bagatellare, in quanto le rare sentenze di condanna si riferiscono ad episodi occasionali, commessi da privati cittadini281. Gli

“‘Straftaten gegen die Umwelt’ hanno manifestato, nella prassi, i tratti tipici di un diritto penale delle ‘bagatelle’. O meglio di un diritto penale sempre pronto a perseguire forme ‘marginali’ di inquinamento, ma completamente disarmato nei confronti delle condotte fornite di maggiore pericolosità per l’ambiente”282. Nonostante l’indiscutibile aumento dei fenomeni di degrado ambientale, i dati evidenziano una sproporzione tra la quantità di denunce pervenute alle Procure e le condanne inflitte dai Tribunali. Queste ultime sono poche numericamente e di modesta entità, in quanto per lo più relative a condotte a contenuto offensivo minimo. Il diritto penale, dunque, si mostra non solo inefficace nella sua funzione di tutela del bene ambiente, ma anche ingiusto, in quanto applicato a fenomeni di inquinamento nel complesso poco rilevanti283. È possibile rinvenire la causa di questo orientamento, secondo una tesi prevalente, nella subordinazione del sistema repressivo a quello amministrativo-compositivo generata dalle clausole di rinvio dei §§ 324 ss.. Da un lato, le Autorità amministrative di vigilanza hanno raramente messo in moto l’apparato repressivo penale, preferendo di fronte al rilevamento di una fonte di pericoli per l’ambiente o l’inadempimento di qualche autorizzazione, o comando o precetto, concordare con gli interessati rimedi alternativi (ad

280 L.SIRACUSA, La tutela penale dell’ambiente, cit., p. 96. 281 G. AZZALI, La tutela penale dell’ambiente, cit., p. 134. 282 M. CATENACCI, La tutela penale dell’ambiente, cit., p. 226. 283 Ivi, p. 227.

esempio, un programma di abbattimento progressivo e graduale dei fattori inquinanti, o anche di risanamento a carico dell’impresa inquinatrice, con contemporanea revisione dei limiti imposti in sede autorizzatoria). Dall’altro, l’accessorietà amministrativa dei reati ambientali ha consentito che le aggressioni all’ambiente più consistenti fossero “coperte” da autorizzazione amministrativa, soprattutto per gli inquinamenti scaturiti dall’esercizio delle attività industriali, ove il peso dei cosiddetti contro-interessi (in primis l’occupazione lavorativa) ha esercitato una pressione tanto considerevole quanto impropria284.

I problemi di ineffettività del diritto penale ambientale derivano anche dalla struttura causale di molte fattispecie incriminatrici inserite nel codice penale: la probatio diabolica del nesso eziologico e la natura “cumulativa” dell’offesa ambientale, da un lato, ha spinto la giurisprudenza a stravolgere indebitamente la fisionomia delle fattispecie legali, trasformando le fattispecie di danno o pericolo concreto in evanescenti fattispecie di pericolo astratto e, dall’altro, ha indotto la Pubblica Amministrazione a non segnalare neppure i fatti inquinanti alle Procure, e a sostituire così il momento repressivo con soluzioni compositive285.