Corso di Laurea
magistrale
in
Scienze
dell’antichità:
Letteratura, Storia e
Archeologia
Tesi di Laurea
Il patrimonio etnografico delle
imbarcazioni minori della laguna veneta e
della gronda: un approccio attraverso il
censimento delle associazioni remiere
Relatore
Ch. Prof. Carlo Beltrame
Correlatore
Ch. Prof. Stefano Medas
Laureando
Manuel Rossetto Matricola 844423
Anno Accademico
A Giovanni, Bruna, Umberto e Teresa, i miei nonni.
Ringraziamenti
Solitamente la tesi di laurea è considerata un piacevole atto conclusivo di un lungo percorso di studi; non è stato il mio caso. Nonostante avessi conseguito tutti gli esami nei termini previsti e con ottimi risultati, alla fine del biennio di magistrale c’è stato un importante, decisivo e voluto cambio di rotta del mio percorso di studi. Il master in People Management prima e l’ingresso nel mondo del lavoro con l’avvio della carriera lavorativa hanno rallentato e reso difficile, a livello personale, la concentrazione e la redazione della tesi di laurea. La grande svolta avvenne ad ottobre quando ci fu l’incontro con il signor Maurizio Ulliana direttore del Museo della Navigazione di Battaglia Terme e con il correlatore, il professor Stefano Medas. Grazie ad entrambi ho ritrovato quell’entusiasmo che avevo perso precedentemente
Le difficoltà personali per motivi privati e lavorativi e la pandemia mondiale hanno portato al coinvolgimento di persone che si sono messe in gioco direttamente: senza il loro aiuto questa tesi di laurea magistrale non avrebbe mai preso forma.
Inizio ringraziando il professor Carlo Beltrame già relatore per la mia tesi di laurea triennale, docente di riferimento lungo il percorso di laurea magistrale e infine relatore per quest’ultimo lavoro, invitandomi a intraprendere questo progetto di ricerca. Un ringraziamento particolare anche al professore Stefano Medas: le sue conoscenze professionali, la sua passione ed entusiasmo mi hanno spronato durante tutto il lavoro; entrambi i docenti si sono dimostrati molto disponibili e pazienti nel seguirmi durante tutto il percorso di tesi correggendo gli errori (frequenti) per cercare di rimettermi “in careggiata”.
Una grande gratitudine personale è riservata nei confronti del signor Maurizio Uliana, presidente dell’associazione T.V.B. e del Museo della Navigazione fluviale di Battaglia Terme che mi ha guidato e indirizzato verso tutte le associazioni culturali e remiere. Un grazie anche a tutti i vari presidenti o soci che si sono fin da subito interessati a questo progetto dimostrandosi collaborativi ed entusiasti. In particolare, scusandomi se mi dimentico di qualcuno: Sabrina Rizzotto della A.S.D. Canottieri Mestre, Aldo Bruson della
Remiera “El Bisato”, Marco Zannella della A.S.D. Remiera Jesolo, Pietro Gusso di Amissi del Piovego, Fabrizio Pilla dell’Associazione Remiera Clodiense, Giacomo Candeo dell’Associazione Remiera Euganea, Antonio Antonioni di Barcar ad Puatel, Fabio del Pra della Canottieri Padova, Carlo Campeol della Canottieri Sile, Boris Massimiliano Premrù del Centro Studi Forcole d’Oro, Giovanni Andrea Scalzotto del Circolo dei Barcari, Alberto Tagliapietra del Gruppo Remiero di Meolo A.S.D., Nicola Barbiero del Gruppo Remiero Rivierasco Mira Oriago, Daniela Costantini e Bruno Piasentini del Gruppo Sportivo Voga Veneta Mestre A.S.D., Giuseppe Monaco e Fabrizia Carraro di Leobisso da Mojan, Michele Zaggia di Rari Nantes Patavium 1905 A.S.D., Stefano Lovato della Scuola Padovana di Voga Veneta Vittorio Zonca, Antonio Padovan della Società Remiera Cavallino, Maurizio Ulliana di TVB, Valter Zotto di Vo.Ra.Be, Giorgio Valente e Giorgia Valente di Voga Caorle e Marta Falcomer di Voga Concordiense.
Infine, non per importanza, i miei più grandi ringraziamenti sono per le persone che mi sono state vicine durante il percorso di studi e tesi di laurea. Prima di tutto voglio ringraziare mia sorella Marika, i miei genitori, i miei nonni, tutti gli amici che in questo periodo mi incitavano a concludere questo percorso di studi, in particolare Valentina e Giulia; un grazie anche ai miei colleghi HR dell’Hilton Molino Stucky che mi spronavano a concludere questo mio capitolo. Un grazie anche a tutte le persone che hanno condiviso un piccolo pezzo di strada, di questa strada, con me.
Sono veramente molte le persone che mi hanno aiutato e accompagnato durante questo bellissimo, se pur strano ed a volte tormentato, percorso universitario: a tutte loro un grande grazie.
Sommario
Introduzione ...7
1 La barca come bene culturale...11
1.1 Il contesto internazionale ...12
1.2 La nave come testimonianza avente valore di civiltà: l’evoluzione normativa in Italia .15 1.3 Il patrimonio cultuale navale materiale ...17
1.4 Beni immateriali legati al mondo della navigazione ...19
1.5 Tutela, conservazione, restauro e valorizzazione ...29
1.5.1 Tutela dei beni navali ...29
1.5.2 Conservazione dei beni navali: prevenzione, manutenzione e restauro ...33
1.5.3 La valorizzazione dei beni navali tradizionali e storici ...38
2 Il turismo culturale in Italia: progetti per uno sviluppo qualitativo di un settore chiave ...45
2.1 ll progetto ARCA ADRIATICA. ...49
3 Il censimento delle imbarcazioni storiche e tradizionali...55
3.1 Esperienze di censimento nazionali e internazionali: un patrimonio di esperienze ...58
3.1.1 Il Regno Unito. Un’isola con il maggior patrimonio galleggiante d’Europa ...58
3.1.2 La Francia e l'Association de préfiguration pour la Fondation du patrimoine maritime et fluvial ...63
3.1.3 Asociación Española de Barcos de Época y Clásicos (AEBEC) ...69
3.1.4 Il censimento navale in Italia ...72
3.2 Censire le gronda lagunare: la scheda catalografica ...80
3.2.1 Area 1 ...83
3.2.2 Area 2 ...88
3.2.3 Area 3 ...92
3.2.4 Area 4 ...96
4 Le associazioni della gronda lagunare: le schede catalografiche ...99
4.1 A.S.D. Canottieri Mestre ...100
4.2 A.S.D. Circolo Remiero "El Bisato" ...104
4.3 A.S.D. Remiera Jesolo ...108
4.4 Amissi del Piovego ...112
4.5 Associazione Remiera Clodiense ...116
4.6 Associazione Remiere Euganea ...120
4.8 Canottieri Padova ...128
4.9 Canottieri Sile ...132
4.10 Centro Studi Forcole d’Oro ...136
4.11 Circolo dei Barcari ...140
4.12 Gruppo Remiero Meolo A.S.D. ...144
4.13 Gruppo Remiero Rivierasco Mira Oriago ...148
4.14 Gruppo Sportivo Voga Veneta Mestre A.S.D. ...152
4.15 Leobisso da Mojan ...156
4.16 Museo Civico della Navigazione Fluviale...160
4.17 Rari Nantes Patavium 1905 A.S.D. ...164
4.18 Scuola Padovana di Voga Veneta Vittorio Zonca ...168
4.19 Società Remiera Cavallino ...172
4.20 TVB - Traditional Venetian Boats ...176
4.21 Vo.Ra.Be ...180
4.22 Voga Caorle ...184
4.23 Voga Concordiense ...188
5 Analisi comparata dei dati delle schede catalografiche...193
5.1 La distribuzione geografica nella gronda lagunare ...193
5.2 L’anno di fondazione ...196
5.3 Le tipologie delle associazioni ...197
5.4 Il numero dei soci e l’età media: correlazioni tra diversi aspetti ...199
5.5 Il patrimonio materiale: un’analisi quantitativa e qualitativa ...201
5.6 Il patrimonio immateriale: riflessioni su un’eredità difficile da censire ...206
5.7 Le attività culturali, sportive e sociali delle associazioni: occasioni di confronto e relazione ...207
5.8 Le fonti di finanziamento ...211
5.9 Considerazioni sul Museo della Navigazione Fluviale di Battaglia Terme ...212
Conclusione ...219
Bibliografia...225
Introduzione
La gronda lagunare, ossia l’area della pianura veneta adiacente alla Laguna di Venezia, è solcata da uno dei sistemi fluviali più rilevanti d’Italia; fin dalle epoche più remote i fiumi e i canali vennero utilizzati come strade liquide per lo sviluppo sociale ed economico locale. La città di Battaglia Terme, attraversata dal canale di Battaglia, era simbolo d’eccellenza di questo passato commerciale e fulcro dei collegamenti tra Vicenza e
Padova con il porto di Chioggia1. Qui, nel tempo si è stratificato un patrimonio navale e
nautico materiale e immateriale molto consistente che, se pur notevolmente ridotto, sopravvive per merito delle associazioni culturali, delle società remiere e di altre realtà che sono state fondate spontaneamente dall’iniziativa dei singoli privati.
Lo scopo di questo lavoro è esplorare il mondo di questo associazionismo (nel senso ampio e generale del termine), dell’area geografica corrispondente alla gronda lagunare, per conoscere l’impatto sociale, culturale ed economico, talvolta legato anche a un turismo selezionato e sostenibile, che esercitano da anni sulla popolazione del
territorio2.
Per raggiungere questo obiettivo si è deciso di censire ed esplorare, attraverso la schedatura, dove sono localizzate, quale patrimonio materiale e immateriale nautico e navale conservano e valorizzano, quali sono le occasioni di incontro e competizione con le altre remiere, come coinvolgono la società locale sui temi legati all’utilizzo nautico delle vie d’acqua, come trasmettono questa eredità culturale alle persone, alle nuove generazioni e molte altre informazioni sono emerse con il censimento che è stato eseguito.
I cinque capitoli del lavoro guidano il lettore verso una maggiore consapevolezza dell’importanza culturale, sociale e storica delle associazioni culturali e delle remiere, rendendo noto l’impatto che esercitano da anni sulla popolazione locale.
1 Vallerani 2013, pp. 19-35.
Nel capitolo 1 è introdotto il concetto di barca come bene culturale. Facendo riferimento al Codice dei beni culturali e del paesaggio scopriamo che anche un’imbarcazione può essere considerata una testimonianza avente valore di civiltà. Oltre al patrimonio materiale, parte del capitolo è dedicato alla spiegazione del patrimonio immateriale nautico e navale.
Il primo capitolo termina con i temi legati alla tutela, conservazione e valorizzazione; attraverso casi concreti si può scoprire come vengono tutelate, restaurate e valorizzate le barche storiche in Italia e con che rigore è applicata la normativa vigente.
Nel capitolo 2 si rende noto l’impatto che il turismo ha sull’Italia e sulla Regione del Veneto, con un particolare focus sul turismo culturale.
Per evitare un turismo di massa culturalmente e socialmente sterile, l’Unione Europea ha messo in atto molti progetti con il fine di migliorare qualitativamente il turismo dei Paesi membri. Tra questi ARCA ADRIATICA del programma Interreg Italy-Croatia, un progetto destinato alla protezione, promozione e valorizzazione turistica del patrimonio
marittimo dell’Adriatico3.
Il capitolo 3 è diviso in due parti: nella prima parte si analizzano i censimenti delle imbarcazioni storiche e tradizionali messi in essere dalla Gran Bretagna, Francia e Spagna. Oltre a questi esempi internazionali d’eccellenza che possono fungere da modello per analoghe iniziative di portata nazionale, sono descritte alcune esperienze di censimento regionale o locale realizzate in Italia, più precisamente nell’Emilia-Romagna e nel Nord della Sardegna.
La seconda parte del capitolo 3 è dedicata alla spiegazione della scheda: come è stata progettata, ideata per poi procedere con la descrizione delle quattro aree che la compongono.
La scheda ha iniziato a prendere forma dopo i primi contatti con le associazioni, durante i quali sono emersi gli aspetti più importanti e peculiari dell’associazionismo della gronda; in questo modo è stato creato uno strumento in grado di censire tutte le
sfaccettature dell’associazione e abbastanza elastico da poter essere utilizzato da tutte le realtà del territorio: associazioni culturali, remiere, musei e singoli privati.
La scheda è composta da quattro aree, ognuna dedicata a una macro-tematica: la prima area identifica l’associazione, la seconda inquadra il patrimonio materiale e immateriale, la terza illustra le attività sociali, culturali e sportive e infine la quarta area è dedicata a poche immagini illustrative della realtà censita.
Una scheda di facile lettura, compilazione e comprensione; tre criteri che hanno permesso di realizzare un metodo unico, condiviso e omogeneo di catalogare l’informazione da differenti persone rendendo possibile il successivo confronto dei dati.
Il capitolo 4 è dedicato alle schede catalografiche, collocate in ordine alfabetico. In totale sono state raccolte 23 schede che inquadrano e restituiscono al lettore un’immagine del patrimonio, delle attività e dei progetti di ciascuna realtà censita.
Il metodo con cui è stato avviato il lavoro di censimento è cambiato strada facendo. Inizialmente i dati dovevano essere raccolti di persona dal sottoscritto nelle varie associazioni; questo avvenne solamente per il Museo della Navigazione Fluviale di Battaglia Terme in cui ci fu l’incontro con Maurizio Ulliana, presidente del museo e dell’associazione T.V.B., che mi indicò una serie di realtà con cui interfacciarmi. Prima che il censimento iniziasse a prendere concretamente forma passarono diversi mesi; solo all’inizio del 2020 ci furono i primi contatti con le associazioni. Fin da subito venne chiesto alle varie associazioni di partecipare attivamente a questo lavoro attraverso il censimento della propria realtà per poi commentare telefonicamente, insieme al sottoscritto, i dati raccolti e censiti; un modo di operare che mirava a coinvolgere maggiormente le associazioni e ad aumentare l’interesse nei confronti del lavoro. Successivamente tale approccio si rese necessario per la quarantena che impedì gli spostamenti non strettamente necessari.
Con il capitolo 5 si conclude il lavoro della tesi. In esso sono commentati alcuni risultati emersi nel censimento e durante il confronto con i vari compilatori; i singoli dati sono stati estrapolati e comparati in tabelle riassuntive in grado di inquadrare tutte le realtà
della gronda. Quando vennero fondate, dove sono localizzate, se sono distribuite omogeneamente in tutto il territorio della gronda, se c’è qualche correlazione tra la tipologia (sportiva o culturale), l’età media e il numero dei soci nell’associazione. Questi e altri temi sono indagati schematicamente nel capitolo con l’ausilio di tabelle Excel in grado di confrontare le diverse realtà.
Segue un’analisi che sviluppa alcune considerazioni sulle ricadute sociali e culturali del Museo della Navigazione Fluviale di Battaglia Terme sul territorio di gronda; infine il capitolo si conclude con delle proposte di sviluppo socio-culturale-turistico del museo di Battaglia, traendo ispirazione dal Museo della Marineria di Cesenatico e dal Museo della Regina di Cattolica in cui si è svolto un corso teorico-pratico di Archeologia e Storia
Navale tra il 1995-20064.
1 La barca come bene culturale
La parola bene culturale è ampiamente diffusa nel gergo comune per indicare solitamente un’opera artistica o architettonica di grande pregio. Tuttavia sfogliando il
Codice dei beni culturali e del paesaggio, un testo che sarà utilizzato a più riprese in
questo capitolo, possiamo scoprire che sono molteplici le tipologie e le categorie dei beni culturali.
La Repubblica Italiana è stata fondata all’indomani di un’epoca storica tormentata dai peggiori eventi del secolo. In quel periodo si è sviluppata la consapevolezza dell’importanza della cultura per l’arricchimento spirituale e l’elevazione degli animi delle singole persone ma anche per le tradizioni (costituite dalle idee e dai valori) di una
comunità umana organizzata5. Questa consapevolezza si concretizzò nell’articolo 9 della
Costituzione: <<La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica
e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione6>>.
Il termine “bene culturale” compare in Italia nel documento della Commissione
Franceschini7, redatto in seguito all’indagine istituita per sondare lo stato dei beni
culturali; il documento identifica come “beni culturali” i beni di interesse archeologico, storico, artistico, ambientale, paesaggistico, archivistico e librario e <<ogni altro bene che costituisca testimonianza materiale di civiltà>>.
Questa definizione è di fondamentale importanza perché esprime la maturità di un sentire comune nazionale; sino ad allora la tutela del patrimonio culturale era legata all’aspetto oggettivo e materiale del bene. Negli anni Sessanta del secolo scorso ci si allontanò dalla concezione legata unicamente al “bello d’arte” a favore del valore intrinseco del bene, ossia al suo contenuto capace di tramandare un valore o un’eredità
di civiltà8.
5 Boldon Zanetti 2009, p. 21.
6 https://www.senato.it/1025?sezione=118&articolo_numero_articolo=9, 23/03/2020.
7 La Commissione d'indagine per la tutela e la valorizzazione del patrimonio storico, archeologico, artistico e del
paesaggio è stata presieduta dall’onorevole Franceschini.
Con l’inizio del nuovo millennio, il Governo approvò con il Decreto Legislativo 22 gennaio 2004 n. 42 (Gazzetta ufficiale 24/02/2004 n. 45 S. 0.) il Codice dei beni culturali e del
paesaggio9 che entrò in vigore il 1° maggio 200410.
Tra i 184 articoli e i 2 allegati del Codice11, l’articolo 10 elenca quali sono i beni culturali
raggruppandoli in differenti categorie; tra queste, nel comma 4, lettera i: <<le navi e i
galleggianti aventi interesse artistico, storico od antropologico12>>.
1.1 Il contesto internazionale
In Italia, come in molti altri Paesi, il patrimonio tangibile e intangibile navale fanno parte del patrimonio culturale di una Nazione perché legati alle attività umane del passato in
relazione con l’ambiente marittimo, fluviale, lagunare o lacustre13. Il riconoscimento
dello status di bene culturale è stato il risultato di un processo maturato con il tempo, all’interno dei confini nazionali ma anche a livello internazionale.
Il contesto internazionale è riuscito in più occasioni ad anticipare e guidare gli ordinamenti giuridici delle singole Nazioni, incentivando e stimolando i governi ad adottare particolari norme per colmare i vuoti legislativi presenti nei singoli ordinamenti nazionali; ad esempio in Italia, come avremo modo di vedere, il Codice introdusse il
concetto di bene intangibile nel 200714, pochi anni dopo le convenzioni UNESCO per la
salvaguardia del patrimonio culturale immateriale (2003) e per la protezione e la promozione delle diversità culturali (2005)15.
L’idea di tutela dalle potenziali alterazioni e distruzioni degli edifici di gran pregio trova i primi seguaci già a partire dal XVIII secolo con le figure di William Morris e John
9 Di seguito, per abbreviazione, lo chiamerò: Codice.
10 Il Testo Unico dei Beni Culturali e Ambientali del 29.10.1999 n. 490 venne abrogato e sostituito dal nuovo Codice
che riprodusse gran parte delle norme del vecchio corpus giuridico, ma introdusse numerose innovazioni. Boldon Zanetti 2009, p. 33.
11 Il Codice è diviso in cinque parti: Disposizioni generali, Beni culturali, Beni paesaggistici, Sanzioni, Disposizioni.
12 https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto.legislativo:2004-01-22;42, 10/04/2020.
13 Alegret, Carbonell 2014, p. 8.
14Articolo 7-bis. https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto.legislativo:2004-01-22;42,
17/04/2020.
Ruskin16. Nel 1931 si ebbe un’importante svolta internazionale con la Conferenza
internazionale degli architetti tenuta ad Atene in cui venne redatta la prima Carta del Restauro; successivamente, nel 1964, subentrò la Carta di Venezia scritta in un
momento di rinascita collettiva dopo la distruzione generale provocata dalla seconda guerra mondiale. La Carta di Venezia sottolinea l’importanza dell’aspetto storico di un
edificio e dell’ambiente urbano attiguo17.
Nel 1972 l’United Nations Educational, Scientific and Cultural Organization, un’organizzazione conosciuta meglio con l’acronimo UNESCO, adotta la Convenzione
sulla protezione del patrimonio mondiale culturale e naturale18 che delinea precisi
obblighi e responsabilità degli Stati circa l'identificazione, la tutela e la valorizzazione dei beni protetti dalla Convenzione: si afferma l’idea che il patrimonio culturale non appartenga più esclusivamente al singolo stato ma all’intera umanità. La convenzione, per quanto riguarda i paesaggi culturali, non tiene conto unicamente degli aspetti
materiali ed estetici di un bene culturale ma anche dei valori intangibili19.
Nel 1982, l’United Nations Convention on the Law of the Sea (UNCLOS) stabilisce una
serie di leggi e ordinamenti per disciplinare gli usi e le risorse del mare e degli oceani20.
La Convenzione di Montego Bay21, nonostante sia incentrata sui traffici, sulla pesca, sulla
protezione ambientale e sulle risorse naturali, dedica due articoli (l’articolo 14922 e
l’articolo 30323) alla protezione del patrimonio culturale marittimo tangibile24.
16 Maramotti Politi 2005, pp. 125-142. 17 Brandi 1977, pp. 48-51. 18http://unescoblob.blob.core.windows.net/documenti/4299643f-2225-4dda-ba41 cbc3a60bb604/Convenzione%20Patrimonio%20Mondiale%20-%20italiano%201.pdf, 09/04/2020. 19 Cunsolo 2019, pp. 110-113. 20 http://www.isprambiente.gov.it/it/temi/biodiversita/convenzioni-e-accordi-multilaterali/convenzione-delle-nazioni-unite-sul-diritto-del-mare-unclos, 08/04/2020. 21 https://www.admin.ch/opc/it/classified-compilation/20040579/200905310000/0.747.305.15.pdf, 09/04/2020.
22 Articolo 149: <<Tutti i reperti di natura archeologica e storica rinvenuti nell’Area vanno conservati o ceduti
nell’interesse di tutta l’Umanità, tenendo in particolare conto i diritti preferenziali dello Stato o della regione d’origine, o dello Stato cui per origini culturali si riferiscono, o dello Stato di origine storica e archeologica>>. http://www.ibneditore.it/wp-content/uploads/_mat_online/DirittoMarittimo/Convenzione_Diritti1982.pdf, 08/04/2020.
23 Articolo 303: <<Gli Stati hanno l’obbligo di tutelare gli oggetti di carattere archeologico e storico scoperti in mare
e cooperano a questo fine. (2) Al fine di controllare il commercio di questi oggetti, lo Stato costiero può, in applicazione dell’articolo 33, presumere che la loro rimozione dal fondo del mare, nella zona prevista da
quell’articolo, senza la sua autorizzazione, si risolva in una violazione, nell’ambito del suo territorio o del suo mare territoriale, delle leggi e regolamenti indicati in tale articolo>>.
http://www.ibneditore.it/wp-content/uploads/_mat_online/DirittoMarittimo/Convenzione_Diritti1982.pdf, 08/04/2020.
Nel 1992 venne stipulata la Convenzione Europea per la protezione del patrimonio
archeologico. Con gli articoli 1 e 225 il patrimonio subacqueo e il relativo contesto
vengono considerati parte del patrimonio archeologico26.
Nel 1996 l’ICOMS firma una nuova carta in cui venne data una nuova definizione al
patrimonio culturale subacqueo27, ossia il <<patrimonio archeologico che si trova o è
stato rimosso da un ambiente sottomarino. Include siti e strutture sommerse, siti di
relitti e relitti e il loro contesto archeologico e naturale28>>. Questa carta segnò per molti
Paesi uno spartiacque perché si iniziò a considerare il patrimonio culturale subacqueo come una risorsa non rinnovabile e come un elemento di identità nazionale e di promozione turistica.
Nel 2000 l’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa riconosce l’interesse culturale per il patrimonio marittimo e fluviale e raccomanda ai suoi ministri di generare e potenziare le misure per la salvaguardia di questo patrimonio, attraverso la creazione di un network di esperti e ottenendo il supporto di istituzioni governative, musei e centri
di ricerca29.
Nel 2001 viene ratificato dall’UNESCO la Convenzione sulla protezione del patrimonio
culturale subacqueo30, un importante trattato internazionale che mira a salvaguardare
il patrimonio subacqueo ossia <<tutte le tracce dell'esistenza umana aventi un carattere culturale, storico o archeologico che sono state parzialmente o totalmente sott'acqua,
periodicamente o continuamente, per almeno 100 anni31>>. La Convenzione di Parigi è
ratificata in Italia con la legge 23 ottobre 2009, n. 157 ed entra in vigore l’8 aprile 201032.
Il concetto di patrimonio culturale navale tangibile ha quindi avuto una lunga evoluzione nello scenario internazionale; tutte le decisioni passate e future hanno un unico
25 https://rm.coe.int/168007bd45, 09/04/2020.
26 Alegret, Carbonell 2014, p. 11.
27 L’ICOMOS Charter for the Protection and Management of Archeological Hertage risale al 1990.
28
https://5129c385-3847-464f-90f1-46e3571d8ee3.filesusr.com/ugd/57365b_13e5d780e52a40dd8f168e08c63a0365.pdf, 15/04/2020.
29 Alegret, Carbonell 2014, p.11.
30 La Convenzione di Parigi è costituita da un preambolo, seguito da 35 articoli e un allegato (Rules Concerning
Activities Directed at UnderwaterCultural Heritage) composto a sua volta da 36 regole che possono essere considerate come un manuale operativo per la protezione dei beni subacquei.
31http://www.unesco.org/new/en/culture/themes/underwater-cultural-heritage/2001-convention/official-text/,
15/04/2020.
ambizioso obiettivo: migliorare e implementare omogeneamente le norme che tutelano e valorizzano l’eredità culturale nautica.
1.2 La nave come testimonianza avente valore di civiltà: l’evoluzione normativa in Italia
Come abbiamo avuto modo di vedere, le barche sono identificate come beni culturali
dall’Art. 10, comma 4, lettera i del Codice33. Cosa spinse la commissione e i legislatori a
conferire tale status?
Un’imbarcazione veniva costruita principalmente per un unico scopo: navigare permettendo così lo spostamento di merci e persone in differenti luoghi.
Nonostante il fine prettamente utilitaristico di un bene navale, oggigiorno può essere considerato come una testimonianza con un interesse culturale per lo stretto legame con la storia sociale, economica e politica dell’umanità. Rimane incerto quando l’uomo antico si avventurò per la prima volta nelle acque marine ma l’American School of Classical Studies di Atene, nel 2010, scoprì a Creta delle asce di quarzo datate a prima del 130.000 a.C. Risale al Paleolitico Superiore, a ridosso dell’11.000 a.C., la prima prova di brevi traversate marine in cui l’uomo mise piede nell’isola di Melo alla ricerca del vetro
vulcanico di ossidiana per costruire utensili litici, più affilati rispetto a quelli in selce34.
Protagoniste di questi spostamenti sono le barche; la testimonianza archeologica ha restituito tracce molto antiche: ad esempio il modello di imbarcazione in terracotta di Eridu (Mesopotamia) è datata alla fine del V millennio o le barche di Abydos del delta
del Nilo risalgono al 3200-2600 a.C.35.
Presa coscienza di questo profondo legame culturale dell’uomo con il mare, con la Commissione Franceschini si inaugurò un cambiamento tale da poter conferire lo status di bene culturale a una barca al pari di un quadro di Caravaggio.
33 https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto.legislativo:2004-01-22;42, 10/04/2020.
34 Abulafia 2016, pp. 21-22.
Nel tempo si è stratificato non solo un patrimonio archeologico ma anche etnografico che testimonia il rapporto tra l’uomo e l’ambiente, nel nostro caso l’acqua.
In ambito nautico, il convegno La marineria romagnola, l’uomo e l’ambiente tenutosi a Cesenatico nel 1977, una città costiera dell’Emilia-Romagna, fu tra i primi importanti momenti che contribuì ad un notevole cambiamento di mentalità nel nostro Paese. Fu anche un’occasione di incontro e discussione tra i pionieri italiani della tutela e della valorizzazione dei beni culturali: Andrea Emiliani (storico dell’arte), Vittorio Emiliani (giornalista e scrittore) e Lucio Gambi (geografo e accademico). Il convegno, focalizzato sulla relazione tra l’uomo, la storia, il lavoro e l’ambiente naturale, fu un’opportunità per discutere e affermare l’esistenza e il valore di una cultura materiale originata dal rapporto tra l’uomo e il mare, concretizzatosi nel mondo navale (barche e strumenti
navali) e nel mondo della nautica (saperi, storie, tradizioni)36.
Prima del Codice, le navi e i galleggianti erano già identificati come beni culturali dalla legge dell’8 luglio 2003 n.172 Disposizioni per il riordino e il rilancio della nautica da
diporto e del turismo nautico e in particolare dall’articolo 737. Lo status interessava le
navi, i galleggianti e i beni navali che ne siano dotazione o accessorio e che <<abbiano
più di 25 anni di età dal momento della costruzione>>38 e con determinati requisiti39.
L’articolo 7 venne abrogato dal Codice; oggi, con le nuove disposizioni, il Ministero ha una maggiore libertà di scelta e valutazione per qualificare un bene culturale navale poiché non è più costretto a rispettare i criteri molto selettivi dell’articolo abrogato, ma deve rispettare il limite (maggiorato rispetto alla precedente norma) dei 50 anni
dall’esecuzione40.
36 Gnola 2014, p. 247.
37 Zanetti 2009, p. 51.
38 https://www.tuttocamere.it/files/attivita/2003_172.pdf, 23/03/2020.
39 I requisiti menzionati dall’articolo 7 sono i seguenti: <<a) rappresentino un caso particolare per la peculiarità
progettuale, tecnica, architettonica o ingegneristica della costruzione o per la scelta dei materiali impiegati; b) abbiano raggiunto traguardi sportivi o tecnici che li abbiano resi conosciuti ovvero siano stati protagonisti di eventi particolari; c) rivestano un interesse storico o etnologico o derivante dalle personalità che li hanno posseduti; d) abbiano contribuito attivamente allo sviluppo sociale ed economico del Paese; e) siano fedeli riproduzioni di imbarcazioni storiche, purché utilizzati come strumenti sussidiari, illustrativi e didattici>>.
https://www.tuttocamere.it/files/attivita/2003_172.pdf, 23/03/2020.
1.3 Il patrimonio cultuale navale materiale
Un altro termine ampiamente diffuso in Italia e di cui si parla ampiamente è il Patrimonio Culturale. L’etimologia della parola patrimonio deriva dal latino pater (padre) e munus (dovere); letteralmente il patrimonio è il "dovere del padre" e per estensione rappresenta tutte le cose che appartengono al padre e che vengono quindi lasciate ai
figli41. Il patrimonio culturale è quindi l’eredità che le generazioni attuali trasmetteranno
alle generazioni future, ossia quella memoria condivisa costituita da beni tangibili e beni
intangibili e che sono giunti fino a noi per essere goduti e tramandati ai posteri42.
Il Codice identifica il patrimonio cultuale come l’insieme di beni culturali e beni
paesaggistici43. Dei beni culturali fanno parte le cose immobili (non trasportabili) e
mobili (trasportabili) che, ai sensi degli articoli 10 e 11, <<presentano interesse artistico,
storico, archeologico, etnoantropologico, archivistico e bibliografico44>>. Tra i beni
culturali navali materiali possiamo citare come esempio la lancia Assunta, catalogata dal
Censimento delle barche tradizionali dell’Emilia-Romagna. La lancia, costruita nel 1925
e utilizzata originariamente per la pesca, è stata la prima barca italiana ad essere dichiarata <<di particolare interesse artistico e storico con decreto 3/2/1997 del
Ministero Beni e Attività Culturali>> e posta sotto tutela di legge45.
41 http://www.treccani.it/vocabolario/ricerca/patrimonio/, 24/03/2020.
42 Nifosì, Tommasi 2010, p. 2.
43 Articolo 2, comma 1 del Codice dei beni culturali e del paesaggio.
https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto.legislativo:2004-01-22;42, 24/02/2020.
44 Articolo 2, comma 1 del Codice dei beni culturali e del paesaggio.
https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto.legislativo:2004-01-22;42, 24/02/2020.
Fig. 1.1 La lancia Assunta. Fonte: /www.barchedepocaeclassiche.it.
Oltre alle imbarcazioni, ci sono altri beni materiali tutelati dalla legge e strettamente legati al mondo della nautica. Tra questi possiamo citare:
• le infrastrutture della costa con un passato storico come gli arsenali (ne è un perfetto esempio l’Arsenale di Venezia), i porti, i cantieri, le fortificazioni costiere, i mulini a marea, i fari e gli altri edifici legati all’attività navale;
• gli insediamenti costieri;
• le infrastrutture costiere dedicate alla devozione;
• le rappresentazioni visive delle attività legate al mare e alle attività collegate come quadri, fotografie, video;
• i beni legati alla vita quotidiana di bordo o delle comunità costiere46.
Come avremo modo di vedere, i beni tangibili possono avere anche un ruolo immateriale ossia svolgere un’azione beneaugurale, religiosa, folkloristica spesso meno conosciuta e presa in considerazione.
1.4 Beni immateriali legati al mondo della navigazione
Nella maggior parte dei casi quando si parla di patrimonio culturale si pensa a un oggetto
fisico; meno frequente e comune è pensare a un aspetto intangibile della cultura47.
Appena uscito nel 2004 nel Codice non c’era alcuna menzione dei beni culturali
immateriali48; solamente dopo la firma delle Convenzioni UNESCO per la salvaguardia
del patrimonio culturale immateriale (2003)49 e per la protezione e la promozione delle
diversità culturali (2005)50, venne introdotto nel 2007 all’interno del Codice l’articolo
7-bis:
<<Le espressioni di identità culturale collettiva contemplate dalle Convenzioni UNESCO per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale e per la protezione e la promozione delle diversità culturali, adottate a Parigi, rispettivamente, il 3 novembre 2003 ed il 20 ottobre 2005, sono assoggettabili alle disposizioni del presente codice qualora siano rappresentate da testimonianze materiali e sussistano i presupposti e le
condizioni per l’applicabilità dell'articolo 1051>>.
46 Alegret, Carbonell 2014, p. 15.
47 Ho riservato una parte consistente del capitolo al patrimonio immateriale perché è meno conosciuto e scontato
rispetto al patrimonio materiale. I numerosi esempi aiutano a comprendere come sia una parte fondamentale del tessuto sociale umano, creato nel tempo dall’interazione dell’uomo con l’acqua.
48 Testo del 2004 del Codice senza l’integrazione dell’articolo 7-bis:
https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto.legislativo:2004-01-22;42@originale, 24/03/2020. 49 https://unescoblob.blob.core.windows.net/documenti/5934dd11-74de-483c-89d5-328a69157f10/Convenzione%20Patrimonio%20Immateriale_ITA%202.pdf, 16/04/2020. 50 http://unescoblob.blob.core.windows.net/documenti/959ca9b1-de58-4896-8d39-2168b1710090/Convenzione%20%20Internazionale%20sulla%20Protezione%20e%20la%20Promozione%20della%2 0Diversit%20delle%20Espressioni%20Culturali.pdf, 16/04/2020. 51 https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto.legislativo:2004-01-22;42, 26/03/2020.
Nella penisola italiana l’idea di patrimonio culturale immateriale non nasce dopo le convenzioni dell’UNESCO ma ha origini molto più remote, a partire dagli oggetti di osservazione e di ricerca dei folkloristi e dei demologi fra Ottocento e Novecento. Con il passare del tempo è maturato, a livello nazionale e internazionale, il concetto di bene immateriale/intangibile attraverso un percorso fatto da tappe come quella del 1999: il Convegno Internazionale Cultural Heritage in the Euro-Mediterranean Area svoltosi
Roma e promosso dall’Università del Mediterraneo (Unimed)52.
Innegabile è stato, per la tutela dei beni immateriali in Italia, il contributo dell’UNESCO53
che considera il patrimonio immateriale <<fondamentale nel mantenimento della diversità culturale di fronte alla globalizzazione e la sua comprensione aiuta il dialogo interculturale e incoraggia il rispetto reciproco dei diversi modi di vivere. La sua importanza non risiede nella manifestazione culturale in sé, bensì nella ricchezza di
conoscenza e competenze che vengono trasmesse da una generazione all’altra>>54.
Fin dai tempi più antichi e in tutte le latitudini e longitudini del globo terrestre, l’uomo
ha sviluppato un gran numero di credenze, riti, storie e credenze folkloristiche55 e
conoscenze tecniche legate alla navigazione e ai mestieri; alcuni esempi che vedremo di seguito dimostrano come l’eredita culturale immateriale è onnipresente in tutti i contesti legati al mondo della nautica.
La ricerca archeologica ha restituito più volte oggetti che testimoniano credenze e riti
ossia gli aspetti intangibili dell’essere umano. Un esempio sono i ceppi56 litici offerti
come ex voto o utilizzati come argoi lithoi in santuari costieri come quelli di Metaponto
e Selinunte57. Anche sui ceppi in piombo delle ancore romane sono presenti delle
iscrizioni di divinità a rilievo58. La presenza di motivi decorativi sui ceppi plumbei
(astragali, delfini, caducei, chiavi e altri ancora) ha una valenza apotropaica; in questo caso si è anche ipotizzato che il ceppo possa essere associato all’ancora “sacra”, l’ultima
52 Tucci 2013, pp. 185-186.
53 Sono state istituite due liste di beni immateriali: la Lista Rappresentativa del Patrimonio Culturale immateriale che
contribuisce a dimostrare la diversità del patrimonio intangibile e la Lista del Patrimonio Immateriale che necessita di urgente tutela. http://www.unesco.it/it/ItaliaNellUnesco/Detail/189, 07/04/2020.
54 http://www.unesco.it/it/ItaliaNellUnesco/Detail/189, 07/04/2020.
55 Bravetta 1908, p. 3.
56 I ceppi sono la parte trasversale dell’ancora che appesantisce il fusto e le marre dell’ancora.
57 Sassu 2013, pp. 3-18.
ancora e quindi l’ultima speranza dei naviganti che l’avrebbero utilizzata in caso di
estremo pericolo per salvare la nave e la propria vita59. Sempre in epoca romana era di
comune prassi porre una moneta (utile agli archeologi per datare il sito archeologico)60
sotto il piede dell’albero con funzione benaugurale61.
L’acqua ha avuto nella nascita della religione Cristiana un forte impatto: i primi discepoli di Gesù furono pescatori e la parola pesce in greco, ICHTYS, fu sciolta in Iesus Christus
Theoù Yjòs Sotér (Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore)62.
Per evitare sorti negative si sono create nel tempo molte cerimonie religiose per chiedere l’intercessione per la protezione dei navigatori dal capriccio delle bufere, delle tempeste e per avere salva la vita. Gli ex-voto rappresentano le richieste di grazia dei
marinai scampati dal pericolo della morte63 e spesso erano integrati da delle donazioni
complementari al luogo di culto in cui sono accolti64. Possiamo citare come esempio i
graffiti incisi nei due stipiti della porta di ingresso della Scuola Grande di San Marco a Venezia (ora Ospedale Civile); essi ritraggono delle imbarcazioni nel cui dritto di poppa manca il timone. L’assenza del timone della nave e la ben marcata presenza delle femminelle potrebbe far ipotizzare che il graffito sia stato eseguito come ex voto, per il ritorno a terra nonostante la perdita dell’organo di governo; si tratta quindi di una forma di ringraziamento posta vicino l’ingresso dell’attigua basilica dei Santi Giovanni e
Paolo65. 59 La Rocca, Olivier 2016, p. 244. 60 Bowers 2009, p. 26. 61 Beltrame 2004, p. 30. 62 Schwarz, Biedermann 1974, p. 90. 63 Braudel 1985, p. 39. 64 Caniato 2014, p. 318. 65 Beltrame, Boetto 1997, pp. 239-245.
FIG. 1.2 Graffito inciso nello stipite della porta della Scuola Grande di San Marco a Venezia. Da notare le due femminelle incise nel dritto di poppa. Fonte: foto dell’autore.
Un’altra testimonianza ben conservata che attestata la devozione dei marinai del XVI
secolo d.C. sono i paternoster (rosari), rivenuti nel relitto della caracca Mary Rose66.
Un’imbarcazione è costituita da vari elementi strettamente necessari per assolvere alla funzione della navigazione; elementi inutili e superflui toglierebbero dello spazio vitale per l’equipaggio o/e per le merci e appesantirebbero inutilmente lo scafo, rendendolo più lento e meno manovrabile. Tuttavia ci sono dei particolari che sono diventati una costante in molte barche tradizionali di determinate aree geografiche e che non assolvono a nessun scopo utilitaristico.
Dai documenti del 1668 è emersa una curiosità tipica della marineria veneziana ovvero l’utilizzo del colore indaco per dipingere il locale in cui venivano conservate le polveri: la
Santa Barbara67. L’utilizzo del colore non assolveva unicamente a questioni estetiche,
ma molto probabilmente veniva utilizzato per comunicare la presenza di un ambiente
66 Allen, Gardiner 2005, pp. 117-123.
molto pericoloso. Un’altra ipotesi, molto convincente e plausibile, è l’utilizzo del colore per motivi devozionali poiché l’indaco era il colore della veste della martirizzata Santa Barbara; l’icona, posta all’interno del locale, e il colore dell’ambiente avevano così un
forte carattere evocativo e devozionale68. Colorare o dipingere le barche con particolari
figure non è solo una caratteristica delle marinerie dell’Italia settentrionale: nell’estremo Sud della Penisola, in Sicilia, decorare lo scafo con disegni-amuleti
contribuisce a esorcizzare la paura e aumentare la solidità e governabilità della barca69.
Non solo gli scafi venivano dipinti ma anche le vele. Le vele al terzo sono una tipologia di vele comparse tra la fine del XVII e il XVIII secolo d.C. e diffuse nell’Adriatico Settentrionale e Centrale. Questa tipologia di vela, utilizzata principalmente nelle imbarcazioni da traffico e da pesca, prende il nome dal fatto che il punto di sospensione è collocato a circa un terzo della lunghezza del pennone alto, il quale si sviluppa per un terzo a proravia dell’albero e per i restanti due terzi a poppavia dell’albero. L’antica consuetudine di dipingere le vele trae origine dalla città di Chioggia ed è ampiamente documentata a partire dal XIX secolo.
Pitturare le vele aveva differenti obiettivi. Una vela colorata con tinte sgargianti permette una facile individuazione della barca in condizioni meteomarine non ottimali, i pigmenti delle vele fungono anche da isolante ma l’obiettivo che ci interessa maggiormente è quello immateriale: le vele si facevano portatrici di un messaggio comprensibile da tutti, alfabeti e non.
I simboli e i colori erano differenti poiché identificavano le famiglie che possedevano la barca; ogni proprietario di una o più barche aveva quindi la sua simbologia e i suoi colori che avevano un ruolo funzionale e sociale all’interno di una comunità marittima. La simbologia di una famiglia poteva cambiare e variare nel tempo per l’acquisizione di nuove parentele. Ad esempio una moglie proveniente da una famiglia di pescatori poteva chiedere al marito di inserire nella quarta parte della vela di poppa la simbologia
della famiglia di origine70.
68 Munerotto 2019, p. 156.
69 Valenti 2019, p. 244.
Un'altra manifestazione della cultura immateriale sono gli occhi della barca. La barca poteva essere considerata come parte della famiglia e ritenuta, in particolare sulla costa romagnola, dotata di una personalità propria che poteva salvare i marinai dalle loro carenze nautiche. A dimostrazione di quanto detto possiamo menzionare il racconto di un episodio riconducibile agli inizi del Novecento in cui viene narrata la storia di una donna che maledice e si scaglia contro il trabaccolo della propria famiglia che ha
riportato a casa le salme del marito e del figlio, in seguito a una sciagura in mare71. La
donna si arrabbiò contro colei (la barca) che è stata causa del suo lutto, al pari di un uomo che commette un omicidio.
L’origine degli occhi sulle barche è antichissima72 e avevano un significato apotropaico
(allontanare i nemici e i pericoli) e magico (per permettere all’imbarcazione di vedere la
propria rotta)73. In base ai ritrovamenti archeologici74, gli occhi potevano anche essere
costituiti da un oggetto in marmo che rappresentava l’occhio intero o solamente l’iride e venivano alloggiati nella prua della barca per mezzo di un perno in piombo. L’utilizzo degli occhi arriva fino alle epoche più recenti; molte imbarcazioni tradizionali hanno conservato o recuperato il loro utilizzo anche se semplificato con figure di forma tonda
o a stella75. Uno degli esempi più significativi degli ophthalmoi nelle imbarcazioni
tradizionali sono gli occhi montati nei trabaccoli e ben visibili nei pochi esemplari
sopravvissuti76. La forma, anche se leggermente modificata e adattata alla prua
dell’imbarcazione, svolgeva la stessa e identica funzione degli occhi dipinti nelle navi
antiche: dare la vista al mezzo77.
71 Medas 2016, pp. 12- 13.
72 La prima testimonianza archeologica e storica risale all’epoca arcaica.
73 Medas 2010, p. 12.
74 Sono stati ritrovati due ophthalmoi nel relitto di Tektaş Burnu in Turchia, datato alla seconda metà del V secolo
a.C.
75 Medas 2016, pp. 12-18.
76 Ben visibili sono gli occhi del trabaccolo da poco restaurato: “Il Nuovo Trionfo”. https://www.ilnuovotrionfo.org/,
7/04/2020.
Fig. 1.3 Il Nuovo trionfo. Da notare occhi applicati nella prua del trabaccolo. Fonte: https://www.ilnuovotrionfo.org/.
Fig. 1.4 Imbarcazione fluviale a Battaglia Terme. Da notare i due “occhi” dipinti nella prua. Fonte: https://www.facebook.com/photo/?fbid=4078730378811746&set=a.799345763416907.
Questi attributi fanno propendere che la barca fosse intesa come un mezzo vivo e dotata forse di un’anima. Questa tesi potrebbe essere avvalorata dalla conosciutissima
cerimonia del varo. Durante il varo si utilizza comunemente la parola battesimo di una nave e non a caso si bagna lo scafo con un liquido (vino); questa cerimonia ricorda vagamente il rito battesimale che viene riservato a una persona.
Il patrimonio immateriale navale è costituito anche dalle conoscenze tecniche legate all’arte della costruzione navale, che venivano e vengono tramandate oralmente (da padre in figlio o dal maestro all’allievo) e che fanno parte dell’esclusiva conoscenza di una bottega. Non a caso l’Arsenale di Venezia, il luogo d’eccellenza deputato alla costruzione navale, è l’unica zona della città circondata da alte mura tanto da sembrare una città fortificata a Marco Antonio Sabelli, storico italiano che visse a cavallo del
XV-XVI secolo78; questa cinta muraria aveva uno scopo difensivo ed evitava che alcuni
segreti legati alla costruzione navale della flotta veneziana venissero “rubati” e resi noti alle potenze marittime a loro concorrenti. La Serenissima era consapevole che il suo
potere nasceva dall’Arsenale, <<massimo fondamento dello Stato>>79, e dalle sapienti
mani dei suoi artigiani protetti dalla Repubblica tanto che un ordine del Doge, nel 1227, vietava ai carpentieri e ai calafati di uscire dal territorio veneziano per cercare lavoro
altrove senza il permesso della Signoria80. Queste conoscenze permisero di produrre le
navi veneziane quasi in serie, grazie a saperi sviluppati nel tempo come l’uso della “riduzione dei sesti” che permetteva di tracciare tutti i madieri dello scafo per mezzo di
una semplice sagoma, chiamata sesto nella città di Venezia81.
Nel tempo si andarono a creare in alcune città delle maestranze altamente specializzate e riconosciute anche in zone lontane; si può constatare nei documenti tra il Settecento e gli inizi dell’Ottocento come nei cantieri di Rimini, Pesaro e Senigallia erano attivi
maestri d’ascia provenienti dal Veneto e in particolare dalla città di Chioggia82.
Il mestiere veniva appreso fin dalla giovane età attraverso la spiegazione verbale del maestro e la pratica quotidiana ripetuta per anni per perfezionare un’arte che si tramandava da secoli; ad esempio Saverio Pastor (ora maestro remèr) quando si presentò quasi diciasettenne al maestro remèr Giuseppe Carli per chiedere di lavorare
78 Concina 2006, p. 72.
79 Concina 2006, p. 79.
80 Izzo 1998, pp. 265-266.
81 Beltrame 2016, p. 207-215.
nella sua bottega venne inizialmente rifiutato perché troppo avanti con l’età83.
Fortunatamente si ricredette e ora il laboratorio di Saverio Pastor è uno dei tre laboratori artigianali sopravvissuti a Venezia dove si producono remi e forcole, con gli strumenti tipici della lavorazione a mano del legno; un numero davvero esiguo rispetto
il passato84.
Nell’Ottocento si innescò un profondamento cambiamento del mondo della nautica iniziato con la pubblicazione dei trattati e saggi specialistici sulla costruzione delle navi
in ferro e sul sistema propulsivo a vapore85. Il cambiamento coinvolse inizialmente il
naviglio militare e successivamente quello mercantile cancellando, nel Novecento, tecniche e saperi legati a una tradizione costruttiva artigianale che si ritrovò rilegata
esclusivamente al naviglio minore e da diporto86; questa trasformazione comportò la
scomparsa di alcuni mestieri non più necessari.
La tutela, tema che approfondiremo in seguito, del patrimonio intangibile permette di salvare secoli di tradizioni e conoscenze che sono fiorite negli anni e che costituiscono una ricchezza culturale incredibile. Solamente a Venezia, per la costruzione di una
gondola vengono coinvolte le seguenti maestranze artigianali (un numero davvero
elevato) con le loro conoscenze specializzate e gelosamente custodite: i squerarióli specializzati nella costruzione di imbarcazioni in legno, i fondidóri specializzati nella creazione degli ornamenti metallici, gli intagiadóri ossia gli intagliatori delle sovrastrutture, i tapessièri (tappezzieri) esecutori delle cuscinerie, i caleghèri (calzolai) creatori di scarpe speciali per gondolieri, i remèri che come abbiamo già visto costruiscono i remi e le forcole, i fravi (fabbri) e forgiatori dei ferri da prua e altri acciai, i battiloro e gli indoradóri ossia gli artigiani che trasformano l’oro in foglie sottilissime per essere applicate sugli ornamenti, i baretèri specializzati nella fabbricazione dei cappelli estivi e i berretti invernali dei gondolieri e i sartori che confezionano i capi
appositi87.
83 Pastor 2009, p. 215
84 Favaretto, Rosa Salva 2009, p. 205.
85 Corradi 2011, p. 18.
86 Corradi 2011, p. 19.
Fig. 1.5 Il maestro remér Saverio Pastor nella sua bottega. Fonte: https://www.forcole.com/it-i-remeri-oggi.html.
Potrebbero essere menzionate moltissime testimonianze che raccontano la parte più intima e personale della vita di bordo e molti altri mestieri aventi ognuno i propri segreti; tutti questi costituiscono un’eredità culturale immateriale che costituiva la parte più “umana” del mondo della nautica.
Gli esempi citati sono serviti per spiegare cos’è il patrimonio intangibile, raggruppabile nelle seguenti categorie:
• lingue, espressioni orali e nomi di luoghi;
• tecniche e abilità utilizzate per l’addestramento navale; • conoscenze e abilità legate alle attività di pesca;
• conoscenze culinarie;
• conoscenze collegate all’uso terapeutico dei prodotti marini; • musiche e danze legate al mare;
• associazioni tradizionali in ambito marittimo88.
1.5 Tutela, conservazione, restauro e valorizzazione
La tutela, la conservazione, il restauro e la valorizzazione sono dei processi fondamentali che permettono la trasmissione alle generazioni future del patrimonio tangibile e
intangibile nautico89. Una delle maggiori sfide dei nostri giorni è tutelare quanto
conosciuto e sopravvissuto alle vicende umane e al degrado naturale. Per garantire questo, il censimento gioca un ruolo fondamentale perché è il mezzo che permette di conoscere sistematicamente quanto è sopravvissuto per poi programmare tutti i processi che renderanno possibile la trasmissione dell’eredità culturale nautica e navale nel tempo.
1.5.1 Tutela dei beni navali
Il Codice dei Beni Culturali norma la tutela con l’articolo 390. Il conferimento dello status
di bene culturale a un’imbarcazione segue lo stesso procedimento degli altri beni: il percorso prevede che un funzionario del Ministero esamini se un determinato oggetto, nel nostro caso una barca, ha i requisiti necessari e merita di essere tutelata dopo una fase di documentazione, studio e ricerca.
Vedremo ora alcune imbarcazioni che hanno ottenuto il vincolo, cercando di approfondire il motivo per cui sono state tutelate.
La lancia Assunta fu la prima imbarcazione a ottenere lo status di bene culturale e posta, conseguentemente, sotto tutela. All’interno del documento di dichiarazione si attesta
88 Alegret, Carbonel 2014, p. 15.
89 Zanoletti 2014, p. 269.
90 Articolo 3, comma 1: <<La tutela consiste nell'esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette, sulla
base di un'adeguata attività conoscitiva, ad individuare i beni costituenti il patrimonio culturale ed a garantirne la protezione e la conservazione per fini di pubblica fruizione. Comma 2: L'esercizio delle funzioni di tutela si esplica anche attraverso provvedimenti volti a conformare e regolare diritti e comportamenti inerenti al patrimonio culturale>>. https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto.legislativo:2004-01-22;42, 4/05/2020.
che la lancia <<è un’imbarcazione di tipo tradizionale di rilevante valenza storica e
artistica particolarmente rappresentativa per la sua tipologia91>>. L’integrità dello scafo
e delle vele con i colori della famiglia Gabin, i primi armatori della barca, sono degli elementi che contribuiscono all’unicità storica della barca tradizionale.
Fig. 1.6 Certificato del Ministero dei Beni Culturali. Fonte:
https://www.turismo.comunecervia.it/it/scopri-il-territorio/arte-e-cultura/opere-artistiche/lancia-assunta.
Oltre alle barche a vela come l’8 metri S.I. Italia famoso per le sue competizioni sportive, il gozzo Pianosa, il trabaccolo L’isola d’Oro e altre ancora, sono tutelate anche unità navali come la gru galleggiante Maestrale e l’imbarcazione da diporto a motore
Oklahoma.
Non sempre le unità navali con un valore culturale sono state correttamente tutelate e preservate; in alcuni casi l’incuria e il disinteresse hanno provocato la perdita di importanti sfaccettature del patrimonio navale storico e tradizionale italiano. Una delle cause è data dall’inesistenza di un censimento nazionale e generale delle imbarcazioni;
in questo modo il Ministero è costretto a decidere l’interesse culturale di un’imbarcazione senza conoscere il numero di esemplari ancora esistenti di quella
tipologia92.
Sono molte le imbarcazioni che hanno avuto un notevole valore culturale ma che hanno subito questo triste destino. Possiamo ricordare ad esempio lo yacht Elettra sul quale Guglielmo Marconi ha effettuato le più importanti trasmissioni via radio. La nave varata nel 1904 dai cantieri Ramage & Ferguson di Leith, fu adibita a nave-laboratorio fino alla morte di Marconi nel 1937. Nel 1962, dopo il naufragio durante la seconda guerra mondiale, fu riportata in Italia per il restauro integrale. Nonostante l’interesse dell’allora presidente del Consiglio Andreotti favorevole al restauro, nel 1977 Elettra venne
demolita e le varie parti smembrate93 vennero inviate nei vari musei94.
L’incuria nei confronti della nostra eredità navale arriva fino ai nostri giorni mostrando evidenti carenze in tema di tutela da parte degli enti preposti. Nel 2006 erano stati schedati in Liguria sette leudi, imbarcazioni tipiche della Liguria e del Tirreno adibite al trasporto di merci. Fino agli anni 50 dello scorso secolo, erano a centinaia gli esemplari che solcavano i mari; questa totale scomparsa dei leudi testimonia quanto sia soggetto a un veloce dileguamento il naviglio tradizionale in Italia. Dei setti leudi sopravvissuti, tre erano ancora in acqua; di questi tre uno, il luedo Lilina Madre, è stato demolito e ora rimane solamente una sezione maestra conservata all’interno del Museo del Mare di Imperia. Il leudo Ferdiando Bregante, costruito nel 1921, nonostante fosse posto sotto
vincolo ora sta marcendo su una banchina del porto di Lavagna, in provincia di Genova95.
Infine il terzo, il leudo San Marco, di proprietà privata, dopo il restauro nel 2006 è stato
alato a La Spezia dove ha subito un affondamento e un maldestro recupero96.
Cambiare rotta è quindi necessario, adeguando le esigenze di tutatela ai tempi odierni e non cristallizzandole in norme che rispondevano ad antiche visioni non più valide. Con il coinvolgimento della società nella gestione del patrimonio culturale, sarebbe possibile
92 Panella 2007, pp. 176-183.
93 La macchina alternativa e le caldaie andarono al Museo Storico Navale di Venezia, all'AREA Science
Park a Padriciano presso Trieste e molte altre parti nelle maggiori città italiane.
94 Castelli, Cherini, Gellner 2010, pp. 3-31.
95 Panella 2007, p. 181.
una più efficace azione di tutela e valorizzazione che tiene conto dei contesti territoriali; questo è possibile con l’avvio di politiche “inclusive” che abbandonano la tendenza all’esclusione e all’impostazione ottusamente centralistica e inefficacemente della
tutela97. Sensibilizzare il pubblico coinvolgendolo attivamente nella tutela è
fondamentale e può portare a dei comportamenti virtuosi come quello di Gian Alberto Zanoletti, presidente onorario dell’associazione Scafi d'Epoca e Classici, e fondatore del Museo della Barca Lariana di Pianello Lario. Zanoletti recuperò una gondola del 1860, ora conservata la Museo di Pianello, mai restaurata e che conserva ancora i parabordi in cuoio verniciati di bianco. L’unica altra testimonianza di questi parabordi è una foto risalente alla fine dell’Ottocento in cui si nota una gondola con due puntini bianchi sul
lato98.
1.5.2 Conservazione dei beni navali: prevenzione, manutenzione e restauro
La conservazione, di un bene navale, avviene attraverso il coordinamento programmato delle attività di studio, prevenzione, manutenzione e restauro. La prevenzione e la manutenzione non hanno un grande impatto sul bene navale; sono processi che limitano
le situazioni di rischio e mantengono il bene navale integro ed efficiente99.
Differente è il discorso per il restauro inteso come l’insieme di <<operazioni finalizzate a mantenere l’integrità materiale ed al recupero del bene medesimo, alla protezione ed
alla trasmissione dei suoi valori culturali100>>. Il restauro costituisce quindi quel
momento metodologico di riconoscimento dell’opera, nella sua consistenza materiale e nella sua consistenza immateriale, e quell’insieme di attività che vengono svolte per prolungare la vita dell’opera, reintegrandola parzialmente o totalmente per garantire il
godimento presente e futuro101.
97 Volpe, Leone, Turchiano 2015, p. 16.
98 Zanoletti 2014, p. 270.
99 https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto.legislativo:2004-01-22;42, 04/05/2020.
100 https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto.legislativo:2004-01-22;42, 04/05/2020.
Sul tema del restauro dei beni navali è tuttora presente un grande dibattito alimentato dall’assenza di pratiche condivise e univoche che ad esempio esistono per le altre
categorie di beni culturali102.
L’European Maritime Heritage, costituito da uno staff internazionale, ha redatto nel 2004 la Barcellona Charter, un codice di buona condotta che garantisce degli standard
minimi per la conservazione e il restauro delle imbarcazioni storiche in uso103.
L’importanza di questa carta risiede nella volontà di omogeneizzare le azioni e i processi di manutenzione e restauro tra i Paesi, per garantire degli standard qualitativi.
La conservazione di una barca deve tener conto di due aspetti: uno materiale costituito dalla parte fisica della barca come il fasciame e l’armo, e uno immateriale legato alla navigazione e al modo di condure il mezzo. Davide Gnola, direttore del Museo della Marineria di Cesenatico e ispettore onorario per i Beni Demoantropologici del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, ha proposto una griglia di macro-situazioni differenti per
stato di partenza, motivazione ed esiti in tema di restauro e valorizzazione104.
Il primo caso riguarda le imbarcazioni dal grande valore storico per antichità, unicità o rarità perché rappresenta una tipologia o una marineria specifica di un’area geografica e culturale. In questo caso, l’imbarcazione viene preservata in tutti i suoi aspetti materiali: struttura, fasciame originale, metodi costruttivi, tracce di calafataggio e altre tracce materiali legate alle tecniche nautiche sono tracce uniche di un passato navale che deve essere conservato nella maniera più assoluta; il restauro dovrà essere unicamente preposto alla pulitura, all’analisi e al consolidamento della barca. Questo caso riguarda poche barche e per la loro unicità devono essere tutelate dai rischi
derivanti dalla navigazione105.
Il secondo caso riguarda le imbarcazioni tradizionali o yacht d’epoca non unici ma comunque rappresentativi di una tipologia particolare o di una classe in cui sono presenti ancora un certo numero di esemplari. Il restauro, in questo caso, deve garantire
102 Gnola 2010, p. 49.
103 https://european-maritime-heritage.org/bc.aspx, 28/04/2020.
104 Utilizzerò questa griglia per illustrare le differenti situazioni che comportano differenti approcci per il restauro e
la valorizzazione delle barche.
il rispetto e il ripristino delle caratteristiche originali tipologiche106 con eventuali
integrazioni strutturali o delle attrezzature funzionali necessarie per la navigazione, richieste dalla legge e dai regolamenti per la sicurezza della navigazione, e certificate dal
RINA107. In questa circostanza è necessario giungere a una mediazione, ovvero a una
conservazione “dinamica” e condivisa tra l’aspetto materiale e l’aspetto immateriale preservando nella maniera più naturale possibile la natura e il valore culturale di una barca, creata per navigare.
Per questo caso possiamo prendere come esempio alcune imbarcazioni tutelate. Dopo l’abbandono della lancia Assunta alla fine degli anni Cinquanta dello scorso secolo, si decise di salvarla avviando un ciclo di restauri nel 1993-1994; l’armatore, Michele Marini, chiese il parere tecnico e la consulenza di Augusto Giuliani, un anziano marinaio
esperto delle barche tradizionali locali108. Nel documento che decretò lo status di bene
culturale, la relazione storico-artistica redatta dall’ISTIAEN sottolinea l’unicità della lancia che assume maggiore importanza grazie all’accurato e filologico restauro del
1993-1994109.
Il lancione Saviolina fu un altro esempio di restauro di un’imbarcazione tradizionale. Il
lancione, una barca tradizionale del litorale romagnolo, venne varato nel 1928 dopo il
lavoro del maestro d’ascia Guido Rondolini; l’imbarcazione durante la sua vita subì due affondamenti e passò di proprietà fino ad arrivare all’acquisizione del Club Nautico di
Riccione110. Dopo il primo restauro nel 1994, venne commissionato tra il 1999 e il 2000
al cantiere Manzi un secondo restauro e una ristrutturazione filologica dato l’ampio interesse locale e nazionale che ormai aveva riscosso. Tutti i pezzi smontati, in metallo e in legno, sono stati esaminati e campionati; i più significativi e meglio conservati son stati conservati. Il lavoro procedeva con un sistema di scucitura e ricucitura ossia ogni elemento che veniva smontato veniva riprodotto e montato. Questa operazione
106 Gnola 2010, p. 50.
107 Filiale, Grimaldi 2008, p. 15
108 Panella 2007, p. 182.
109 Panella 2009, pp. 24-27.