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LE ASSICURAZIONI MARITTIME. ANALISI ATTRAVERSO I CASI PRATICI DI CONTRASTO E PREVENZIONE ALLA PIRATERIA MARITTIMA.

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UNIVERSITÀ DI PISA

ACCADEMIA NAVALE

Corso di Laurea Magistrale in: Giurisprudenza

TESI DI LAUREA IN

DIRITTO DELLA NAVIGAZIONE

Le assicurazioni marittime.

Analisi attraverso i casi pratici di contrasto e prevenzione alla

pirateria marittima

LAUREANDO: GM (CM) Lorenzo SGALLA

RELATORE: Prof. Andrea La Mattina

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Alla mia famiglia, presente in ogni momento, anche quando lontana migliaia di miglia nautiche.

“Voi amate il mare, capitano? - Sì! L'amo! Il mare è tutto. Copre i sette decimi del globo terrestre; il suo respiro è puro e sano; è l'immenso deserto in cui l'uomo non è mai solo, poiché sente fremere la vita accanto a sé. Il mare non è altro che il veicolo di un'esistenza straordinaria e prodigiosa; non è che movimento e amore, è l'infinito vivente, come ha detto uno dei vostri poeti. Infatti, signor professore, la natura vi si manifesta con i suoi tre regni: minerale, vegetale, animale. Quest'ultimo vi è largamente rappresentato da quattro gruppi di zoofiti, da tre classi di articolati, da cinque classi di molluschi, da tre di vertebrati, dai mammiferi, dai rettili e dalle innumerevoli legioni di pesci, che contano oltre tredicimila specie, di cui un decimo soltanto appartiene all'acqua dolce. Il mare è il grande serbatoio della natura, è dal mare che il globo è, per così dire, incominciato, e chissà che non finisca in lui. Ivi è la calma suprema. Il mare non appartiene ai despoti. Alla sua superficie essi possono ancora esercitare diritti iniqui e battersi, divorarsi, recarvi tutti gli orrori della terra; ma trenta piedi sotto il suo livello, il loro potere cessa, la loro influenza si estingue, tutta la loro potenza svanisce! Ah! Signore, vivete, vivete nel seno del mare! Qui soltanto è indipendenza, qui non riconosco padroni, qui sono libero!”

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I

Indice

Premessa

CAPITOLO I: Breve storia delle assicurazioni: l’importanza delle assicurazioni marittime

1.1 principi assicurativi nell’Antichità e nell’Alto Medioevo; 1.2 l’alba delle assicurazioni marittime;

1.3 Viver seguri quando i po; 1.4 La quarta parte della terra; 1.5 L’industrializzazione;

1.6 L’esperienza nell’Italia pre-unitaria e nel Risorgimento; 1.7 Nessun rischio senza copertura;

1.8 L’età contemporanea.

CAPITOLO II: Le assicurazioni marittime la disciplina generale del codice civile

2.1 Il contratto di assicurazione e la tecnica assicurativa; 2.2 Il rischio e il premio;

2.3 La stipulazione del contratto;

2.4 Tipi di assicurazione: l’assicurazione contro danni.

CAPITOLO III: Le assicurazioni marittime. Linee generali e confronto con la disciplina comune

3.1 Le assicurazioni marittime nel sistema delle fonti; 3.2 Il ricorso a formulari stranieri;

3.3 Le previsioni del codice della navigazione e il contributo della prassi assicurativa; 3.4 La struttura del contratto, i beni e gli interessi assicurabili;

3.5 Deroghe alla disciplina comune;

3.6 L’identificazione dei rischi assicurati: all risks e named perils.

3

20

35 1

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II

CAPITOLO IV: La pirateria marittima. Definizione e inquadramento giuridico.

4.1 L’incursum piratum dai primi accordi sulla nave e sulle merci, alla libertà delle persone;

4.2 Cosa è la pirateria marittima: dai Romani al 1958;

4.3 Cosa è la pirateria marittima: definizione nel diritto internazionale; 4.4 Cosa è la pirateria marittima: definizione nell’ordinamento interno, il codice della navigazione e l’art.5 della l. 12/2004;

4.5 Armonia o disarmonia tra i due ordinamenti?

CAPITOLO V: L’oggetto delle coperture assicurative e il rischio pirateria 5.1 La copertura H&M e la copertura merci;

5.2 La copertura P&I e i P&I Clubs; 5.3 Il riscatto e le avarie comuni; 5.4 Il riscatto e le polizze K&R;

5.5 I recenti sviluppi delle polizze corpi: accenni ai rischi guerra e al terrorismo. CAPITOLO VI: Il mare che unisce la terra. La sicurezza del traffico

mercantile e le misure di contrasto alla pirateria

6.1 Il sud-est asiatico e il Golfo di Aden: cooperazione e missioni navali antipirateria; 6.2 La situazione nel Golfo di Guinea;

6.3 La marina mercantile italiana;

6.4 Il personale armato a bordo dei mercantili italiani: dal modello duale al modello privato;

6.5 Regno Unito, Paesi Bassi e Francia: modelli a confronto.

Conclusioni Bibliografia Iconografia 47 66 89 112

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Premessa

Il presente lavoro ha lo scopo di approfondire un tema che è trasversale a tutta la materia del diritto della navigazione: le assicurazioni marittime. Infatti, si accennerà nel corso della trattazione ad altri argomenti di tale ramo del diritto quali: l’internazionalità e l’applicazione dei principi del diritto internazionale privato; il dibattito sull’autonomia o specialità del codice della navigazione rispetto al codice civile; la legge della bandiera; il concetto di navigabilità; le responsabilità nel trasporto multimodale.

Nella prima parte dell’elaborato, partendo dall’origine dell’istituto delle assicurazioni (nate proprio come marittime), si ripercorreranno le principali tappe storiche che hanno portato all’attuale concetto di assicurazione, fino a comparare le diverse discipline contenute nel codice civile e nel codice della navigazione, cercando di evidenziarne i punti di contatto e le differenze.

Poiché, a mio avviso, il metodo più corretto per apprendere nozioni di diritto è quello di analizzare casi pratici, così da poter avere un esempio di come la teoria possa essere applicata in concreto nel quotidiano, la seconda parte vede l’analisi dei beni oggetto delle assicurazioni marittime in relazione ad un rischio “ambiguo”: la pirateria. Muovendosi dall’evoluzione del concetto stesso di pirateria (di per sé controverso), dall’Antichità ai giorni nostri, evidenziandone la molteplicità di definizioni date dai vari ordinamenti e i problemi applicativi causati da tale molteplicità, si approfondiranno le principali polizze assicurative utilizzate dagli operatori e la loro concreta applicazione a seguito di atti connessi con il reato di pirateria. Maggiore attenzione sarà dedicata alla legge italiana, la quale risulterà essere obsoleta, e necessitante di un ammodernamento per meglio adeguarsi ai principi internazionali, in particolare con riferimento al pagamento del prezzo del riscatto per la liberazione dell’equipaggio e ai nuclei militari di protezione a bordo di mercantili, dove verrà fatto un accenno al recente caso emblematico dell’Enrica Lexie.

Non può mancare in tale studio un accenno alle missioni navali antipirateria condotte dalla Marina Militare italiana, sotto l’egida della NATO o dell’Unione europea, per svolgere quelle operazioni cd. di Polizia in Alto mare, come strumento di repressione alla pirateria marittima grazie all’attribuzione dei poteri di polizia giudiziaria “ordinaria” al Comandante e all’equipaggio della nave, per salvaguardare i traffici marittimi, i quali rimangono tutt’ora i più vantaggiosi grazie al loro basso costo, rendendo dunque il mare un bene insostituibile, oltre che dal punto di vista alimentare ed energetico, anche a livello commerciale.

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Come la luna influisce sulle maree, le assicurazioni (con tutti i loro rami) influiscono quotidianamente sul nostro vivere, tuttavia, come per molti anni la conoscenza del satellite naturale della Terra si è limitata alla sola faccia visibile, così, spesso, la conoscenza delle assicurazioni si limita a quello che si vede nella vita di tutti i giorni (ad esempio la Responsabilità Civile Auto; ovvero un’assicurazione sulla vita; come pure l’assicurazione antinfortunistica). Ecco che con questo studio, tramite l’analisi delle nozioni teoriche, alcune sentenze e delle opinioni della dottrina, maggioritaria e minoritaria, e lo studio dei casi pratici, si cerca portare a conoscenza di tutti questa “faccia nascosta” dell’istituto delle assicurazioni, strumento fondamentale per un’economia florida del Paese.

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CAPITOLO I: Breve storia delle assicurazioni. L’importanza

delle assicurazioni marittime

Sommario: 1.1 Principi assicurativi nell’Antichità e nell’Alto Medioevo; 1.2 l’alba delle assicurazioni marittime; 1.3 Viver seguri quando i po; 1.4 La quarta parte della terra; 1.5 L’industrializzazione; 1.6 L’esperienza nell’Italia pre-unitaria e nel Risorgimento; 1.7 Nessun rischio senza copertura; 1.8 L’età contemporanea. 1.1 I principi assicurativi nell’Antichità e nell’Alto Medioevo.

L’origine delle assicurazioni è riscontrabile non prima del Medioevo, circa agli inizi del Trecento, nonostante prime forme di mutualità e di trasferimento di un rischio a un’altra persona siano rinvenibili anche nell’Antichità.

Per quanto riguarda la mutualità, costante nella storia è stata la presenza di tribù, gruppi, o quantomeno famiglie, che correvano in aiuto dei loro membri qualora versassero in una situazione di difficoltà a causa di un evento dannoso (quale per esempio la morte di animali o persone, ma anche in caso di cattivi raccolti). Proseguendo nella linea del tempo si può notare come l’associazione di più persone per finalità assistenziali divenne, in molti paesi, un fenomeno volontario: è il caso ad esempio di Persia, Palestina ed Egitto, dove tali associazioni, per esempio, si impegnavano volontariamente a rimpiazzare la nave distrutta da una tempesta oppure un asino rubato, a fronte della raccolta di piccole somme dai loro iscritti.

Altri esempi di forme embrionali di mutualità si rinvengono in Grecia, dove erano presenti delle associazioni con finalità religiose, le quali si accollavano le spese funerarie quando risultavano troppo onerose per una famiglia; lo stesso accadeva a Roma, dove erano presenti i collegia funeraticia, la cui funzione era garantire una modesta sepoltura agli iscritti e, di rado, veniva anche distribuita qualche piccola somma alle vedove o agli orfani dei defunti, e i collegia militum, la cui funzione era assistere i militari qualora avessero dovuto affrontare delle spese eccezionali, ad esempio nel caso di un trasferimento in una guarnigione lontana.

Per quanto riguarda invece il trasferimento del rischio ad un’altra persona si deve presupporre alla sua esistenza una civiltà giuridica abbastanza evoluta. Tali patti tra i privati erano infatti presenti solo presso la civiltà Romana, che tuttavia si presentavano più come clausole accessorie ad altri contratti che istituti veri e propri, poiché avevano la forma di stipulazioni condizionali (ad esempio si scriveva “Se Caio giungerà in quel posto con la nave […]”), rendendoli perciò più assimilabili alla scommessa che all’assicurazione. È da questa

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annotazione che l’opinione prevalente ritiene, adeguatamente, che presso i Romani non si sia mai fatto uso dell’assicurazione a premio, al contrario di quanto è stato sostenuto in passato.

Tralasciando alcuni episodi tramandati dalla storia (come Svetonio che parla dell’imperatore Claudio1) e dalla letteratura (in particolare da Cicerone2) a causa dei quali si

è cominciato a pensare all’esistenza dell’assicurazione nell’Antica Roma, si ritiene più opportuno analizzare, almeno brevemente, il cd. foenus nauticum, da alcuni definito l’assicurazione dell’Antichità. Tale istituto praticato nel mondo greco-romano è stato quello che più ha dato agli studiosi la possibilità di scorgere gli elementi dell’assicurazione a premio. Tale fenomeno, inizialmente limitato ai soli trasporti marittimi ed esteso poi ai trasporti terrestri (in questo caso assumendo la denominazione di foenus quasi nauticum) si esplicava nell’anticipazione di una somma al capitano o, addirittura, al proprietario di una nave, la quale veniva restituita al prestatore-finanziatore solamente nel caso in cui il viaggio fosse andato a buon fine. Tuttavia, nonostante tale tipo di prestito rientrasse nella tipologia dei contratti aleatori, come tuttora fa il contratto di assicurazione, era più da considerarsi un mutuo aleatorio, poiché del mutuo ne aveva la struttura e la funzione, in quanto consentiva al mutuante di lucrare un forte interesse e di mettere a disposizione del mutuatario una somma che potesse essere impiegata in un’operazione commerciale.3

Da quanto appena detto si evince dunque che anche presso i Romani non vi era una conoscenza dell’istituto dell’assicurazione così come la si intende al giorno d’oggi, fermandosi più che altro ad una consapevolezza di alcuni principi della stessa, sempre però nella forma della mutualità assistenziale.

Nemmeno nell’Alto Medioevo è possibile rinvenire prime forme di assicurazione (come è attualmente intesa), sebbene fiorirono quelle associazioni politiche e religiose chiamate gilde, le quali avevano tra i loro obiettivi quello di prestare assistenza ai loro membri nel caso in cui avessero ricevuto dei danni per colpa di un naufragio, un incendio e così via; alle quali poi si affiancarono, fra i secoli VII e X, le corporazioni di arti e mestieri che prevedevano l’erogazione di una forma di soccorso per i soci che versassero in stato di necessità. Corporazioni e gilde avevano dunque funzioni più ampie rispetto ai collegia

1 Svetonio riferisce che l’imperatore Claudio (41-54 d.C.) per garantire il rifornimento di Roma durante la

carestia, assunse sopra di sé i rischi di perdita delle navi che fossero affondate a causa di una tempesta di mare. E. DE SIMONE, Breve storia delle assicurazioni, Milano, 2011.

2 Egli scrisse al pro-questore di Laodicea di trovare delle persone disposte a garantire il trasferimento del bottino

di guerra dalla Cilicia a Roma, in modo che egli e il popolo romano fossero al coperto da ogni rischio. E. DE SIMONE, Breve storia delle assicurazioni, cit.

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romani, i quali si occupavano per lo più di mansioni funerarie quando troppo onerose, ma anche in questo caso non si può negare di essere di fronte ai soli principi dell’assicurazione, e per di più nella sola forma della mutualità assistenziale.

1.2 L’alba delle assicurazioni

Di assicurazione vera e propria se ne può parlare dal momento in cui iniziarono a diffondersi i primi contratti di assicurazione, dei quali si ha per la prima volta notizia nell’ambito dei trasporti marittimi. Nella civiltà romana, oltre al fatto che il commercio marittimo era limitato, questo era svolto da grandi compagnie di pubblicani, le quali non avevano bisogno di ridurre o limitare i rischi della navigazione, poiché nel caso di eventuali danni alla nave o al carico avrebbero potuto rifarsi con gli abbondanti guadagni ricavati dai viaggi andati a buon fine.

Al contrario, dopo l’anno mille si ebbe un incremento dei traffici commerciali marittimi i cui protagonisti erano questa volta piccoli mercanti, che spesso viaggiavano con la merce, e dunque oltre a questa vi era il rischio di perdere la propria vita, specie se consideriamo che oltre ai rischi propri della navigazione, vi era il pericolo di incontrare pirati o che scoppiasse improvvisamente una guerra4. Di conseguenza in un terreno così fertile,

caratterizzato da un così pressante bisogno di sicurezza, è potuto fiorire l’istituto della assicurazione.

Naturalmente l’assicurazione non è nata dall’oggi al domani, ma ha avuto una sua peculiare evoluzione. Al di là delle prime forme embrionali di assicurazione, rappresentate da clausole accessorie riguardanti il rischio marittimo applicate ad altri contratti, come per esempio la compravendita e il mutuo5, alcuni studiosi hanno ritenuto che l’assicurazione si fosse staccata gradualmente dalla scommessa, con cui si confondeva all’inizio; altri ritengono sia più appropriato legare l’assicurazione al contratto di prestito a cambio marittimo. 6

4 G. CASSANDRO, Enc. Dir., voce Assicurazione, dove l’A. evidenzia come i primi contratti di assicurazione

furono proposti dagli stessi vettori, risultando il contratto assicurativo come sussidiario e collegato a quello di trasporto.

5 G. CASSANDRO, Genesi e svolgimento storico dell’assicurazione, in Saggi di storia del diritto commerciale,

Napoli, 1982.

6 Con le scommesse ben presto le frodi divennero numerose: ad esempio si scommettevano navi vuote per

piene, o navi vecchie per nuove. Dalla necessità di reprimere queste frodi e delineare il contratto di assicurazione nel XV secolo venne stabilita la forma scritta della polizza, sotto il controllo di un pubblico ufficiale, e il pagamento anticipato del premio (dal latino premium, ciò che si prende prima). Ma nonostante queste accortezze per l’assicuratore tale contratto si rappresentava come una scommessa, a causa delle poche polizze stipulate. Riguardo al prestito al cambio marittimo, è da ricordare che il foenus nauticum era stato condannato come contratto usurario dalla decretale Naviganti di Papa Gregorio IX, perciò con il nome

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In piena adesione ad una terza tesi, secondo la quale l’assicurazione è nata come istituto nuovo nell’intenso ambiente mercantile italiano di fine Duecento e inizio Trecento, si può dare una soluzione piuttosto attendibile del perché tale contratto assumesse solo la forma del mutuo ovvero della compravendita, e cioè che, affinché ne fosse rispettata l’osservanza, giureconsulti e notai lo inserivano negli schemi familiari del diritto romano.

1.3 Viver seguri quando i po7

Naturalmente le prime testimonianze, ad oggi note, di contratto di assicurazione sono costituite da documenti i quali non portano come titolo, rubrica o nome “contratto di assicurazione”, altrimenti non vi sarebbe la necessità di mettere in chiaro le questioni illustrate nei due paragrafi precedenti. Al contrario, in questi semplicemente si parlava di “sigurare le navi” come riporta uno statuto emanato dalla città Pisa per la città di Cagliari nel 1318; ancora, nel 1320 vi sono delle annotazioni in alcuni libri della compagnia fiorentina di Francesco Del Bene riguardanti spese pagate “per rischio”; per fare un ultimo esempio fra tanti, in un atto notarile di Grosseto è presente il pagamento di una somma “pro securitate et risico”. Solo dal 1343 spuntarono i primi contratti di assicurazione veri e propri, che vedranno una rapida diffusione al punto che verranno utilizzati subito nelle Fiandre, in Inghilterra, in Spagna e alle fiere della Champagne.

Come detto prima spesso gli stessi mercanti viaggiavano con la merce, e perciò i primi documenti testimoniano che i primi assicuratori furono gli stessi vettori, poi col tempo tale figura di assicuratore diventò autonoma con l’intervento di un terzo soggetto. Per molto tempo chiunque avesse avuto la possibilità e le risorse per esercitare il commercio poteva essere al contempo un assicuratore, al punto che si venne a formare la figura del mercante-assicuratore, molto simile a quella più remota del mercante-banchiere, tanto che il più delle volte venivano a coincidere.

Certamente l’assicuratore poteva operare in singolo, ma era più diffusa la pluralità di sottoscrizioni per ciascun contratto, cioè più soggetti assumevano su di sé una parte del rischio, a fronte di una quota del premio, e ciascuno di loro in caso di sinistro si impegnava a risarcire il danno per la quota sottoscritta. In un contratto di riassicurazione del 1370

medievale di prestito a cambio marittimo, questo assunse una forma più evoluta, manifestandosi come mutuo o come compravendita. Per approfondimenti v. E. DE SIMONE, Breve storia delle assicurazioni, cit.

7 Tale frase, rinvenuta in un documento veneziano di inizi Quattrocento, allude al bisogno di sicurezza, assai

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emerge anche la consuetudine dell’utilizzo di riassicurazioni presso gli assicuratori maggiori.

Circa l’oggetto dell’assicurazione questo poteva essere la nave, altrimenti detto corpo, la merce (per lo più lana, drappi, spezie, vino o frutta), ovvero entrambe. I rischi per i quali si sottoscriveva l’assicurazione erano quelli di tempesta, pirateria, incendio, divieto di principe, getto e avaria.

Il premio era influenzato da diversi fattori come l’oggetto, l’epoca del viaggio, l’itinerario e il mezzo di trasporto. Mentre per i primi due non si nota una così grande importanza nel determinare l’ammontare del premio, anche se questo aumentava durante la stagione invernale, al contrario l’itinerario era molto importante, perché le navi e le merci erano assicurate a viaggio8, e con esso anche la qualità del mezzo usato per il trasporto, poiché, naturalmente, più la nave era nuova e considerata sicura (come poteva essere una galera) meno era il premio richiesto e viceversa.

La produzione di questi contratti era talmente grande e importante che subito le si affiancò una produzione di leggi in materia, che per lo più avevano lo scopo di preservare l’ordine pubblico: vi fu in primis il divieto di opporre eccezione di usura al contratto; venne proibito di assicurare merci appartenenti a stranieri; o ancora non si poteva assicurare le merci per l’intero valore. Ma i veri provvedimenti legislativi organici arrivarono più tardi, nel corso del Quattrocento, tra cui i più importanti erano quelli spagnoli, che ispirarono anche le normative di altri paesi. Meritano di essere citate a riguardo le Ordinanze barcellonesi che prevedevano certi limiti alle assicurazioni, una forma ben precisa, la conclusione9 e gli effetti del contratto, poi ancora, e soprattutto, il pagamento del premio al momento della stipulazione del contratto e i termini per il pagamento dell’indennizzo. Curiosa è l’evoluzione del regime assicurativo dedicata agli stranieri dapprima vietata e poi, gradualmente, a loro concessa, con qualche parziale eccezione per i nemici10.

8 Verso la metà del Quattrocento a Barcellona i premi pagati per i viaggi nel nord Atlantico raggiungevano il

20-22 per cento del valore del bene assicurato, mentre quelli pagati per le rotte mediterranee non erano eccessivi: dal 6 all’8 per cento per il Levante e dal 3 al 6 per cento per la Sicilia, per Napoli e per la Francia meridionale. V. E. DE SIMONE, Breve storia delle assicurazioni, cit.

9 I contratti di assicurazione si potevano stipulare verbalmente, per polizza o per atto notarile. A Firenze e in

Toscana si ricorreva alle scritture private (c.d. carte di sicurtà); a Genova si preferivano l’atto notarile e le forme di prestito a cambio marittimo a parti invertite o di compravendita. I contratti potevano essere conclusi in nome e per conto proprio oppure per mezzo di un rappresentante. A Firenze, essi venivano generalmente stipulati tramite un sensale, mentre a Genova era previsto, di norma, l’intervento di un notaio. V. E. DE SIMONE, Breve storia delle assicurazioni, cit.

10 La prima ordinanza di Barcellona (1435) vietava agli stranieri di stipulare assicurazioni e stabiliva che i

catalani potessero assicurare le proprie merci, caricate su navi nazionali, fino a un massimo di tre quarti del valore. L’ordinanza del 1436, stabilì che le merci catalane potessero essere assicurate per l’intero valore se caricate su navi nazionali e fino a tre quarti se spedite su navi straniere. L’ultima ordinanza (1484) abrogò tutte

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Di particolare importanza furono le Ordinanze del re del Portogallo Ferdinando I. Egli prevedeva per le sue navi una forma di assicurazione mutua molto particolare in quanto presentava dei caratteri innovativi, come per esempio l’obbligatorietà delle assicurazioni per tutte le navi portoghesi, di peso superiore a cinquanta tonnellate, comprese anche le navi della marina militare; oppure ancora clausole che limitavano un abuso di questo nuovo istituto per trarne un ingiusto profitto: veniva infatti stabilito che il risarcimento non era dovuto se il danno era avvenuto per colpa o frode dell’equipaggio o, per ritornare alle eccezioni di questo regime per gli stranieri, se i danni erano sofferti in seguito al noleggio delle proprie navi a paesi nemici.

Un problema che si rilevò quasi subito dopo la diffusione di tali contratti riguardava la loro liceità. Il contratto di assicurazione era infatti molto simile a quello di prestito a interesse, il quale, come qualsiasi altro istituto in cui si riscontrava il peccato di usura, era stato vietato dai giuristi medievali, timorati di Dio, ai cristiani. San Bernardino però, avendone riconosciuta l’utilità pubblica in quanto agevolava i traffici commerciali e aumentava il benessere dei sudditi, la definì tolerabilis, e quindi si finì per equipararla alla scommessa, rientrando così nei contratti aleatori.

Nel concludere questo paragrafo sorge spontaneamente una questione: perché in questa epoca l’assicurazione si è sviluppata così velocemente solo nel settore del commercio marittimo, mentre ha esitato ad affermarsi anche in altri settori? Si hanno certamente prove di contratti assicurativi per trasporti terrestri ma sono veramente pochi sia per il Trecento che per i secoli successivi, nonostante i traffici per via terra fossero estesi e numerosissimi11. La prima cosa a cui si pensa è che il trasporto terrestre era più sicuro di quello marittimo, questo senz’altro può risolvere il quesito che ci si è posti poc’anzi, ma lo risolve parzialmente. Il trasporto terrestre molto spesso offriva delle garanzie particolari che rendevano superflua la sottoscrizione di un’assicurazione.

La terra godeva, contrariamente al mare, di un privilegio, cioè appartenere sempre a qualcuno: uno Stato, un Comune o un signore. E questi oltre che organizzare i traffici li proteggevano, poiché potevano anche rispondere dei danni avvenuti nei territori in cui avevano sovranità. I metodi per poter riparare a un danno erano numerosi e tutti rivelavano

le disposizioni precedenti, concedendo libertà di assicurazione quasi assoluta: cadeva il divieto per gli stranieri (con eccezione parziale per i nemici), che potevano assicurare le loro merci fino a tre quarti del valore, mentre per i catalani il valore assicurabile venne fissato in sette ottavi. V. E. DE SIMONE, Breve storia delle

assicurazioni, Milano, cit.

11 Numerose carovane di mercanti giravano tutta l’Europa per partecipare alle fiere che vi si tenevano quasi

interrottamente durante tutto l’anno. Per un approfondimento sul tema A. DE NICOLA, Mercanti in fiera.

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una forma di solidarietà coattiva, per fare due esempi tra tanti a Milano e a Pavia nel caso di furto di merci (e mancato recupero di queste) veniva imposto un pedaggio a tutti i mercanti che passassero per quel tratto, in modo da poter risarcire il danneggiato.

Ecco dunque spiegato perché nel Medioevo si è vista “solamente” nascere e consolidarsi l’assicurazione contro i rischi della navigazione marittima, con qualche timido intervento di altre forme assicurative che vedranno però la loro affermazione solo più avanti, nell’età moderna e contemporanea.

1.4 “La quarta parte della terra”12

Nonostante l’assicurazione marittima rimase predominante, grazie anche all’aumento dei traffici dopo la scoperta del “Nuovo mondo”, nell’età del mercantilismo (secoli XVI-XVIII) si svilupparono anche altri rami assicurativi, come per esempio l’assicurazione sulla vita e contro gli incendi. Ma non solo, sorsero e si svilupparono anche delle prime imprese assicurative di tipo moderno, con la veste di società e di associazioni mutualistiche. Associarsi per ripartirsi il rischio di singole occasioni era una pratica già conosciuta fin dai primi tempi agli assicuratori, però, per forza di cose, solo le grandi compagnie, che assumevano la veste della società, e che meglio potevano equilibrare i rischi assunti con la garanzia di ricoprire i danni, riuscirono ad aumentare i contratti stipulati e conquistare così, a poco a poco, il mercato assicurativo.

Tornando al ramo marittimo, nel 1523 vennero emanate le Ordinanze fiorentine che raggruppavano tutti i progressi raggiunti durante gli ultimi due secoli del Medioevo. Queste possono essere considerate come una prima standardizzazione delle polizze, in quanto regolavano tutti gli aspetti del contratto, specialmente forma e contenuto della polizia.

Con la scoperta del nuovo continente, i traffici marittimi si spostarono dal Mediterraneo all’Atlantico, e con essi si spostò anche il centro dell’economia: dai porti italiani alla Spagna, Francia e Inghilterra.

Importanti erano le Ordinanze spagnole del 1556, poiché definivano il regime giuridico attribuito ai sensali, o altrimenti detti mezzani di sicurtà, che per molto tempo costituirono la figura essenziale per il campo assicurativo. Questi intervenivano nella stipulazione del contratto, poiché mettevano in contatto le parti, predisponevano la polizza,

12 Così scrisse A. Vespucci a Lorenzo De’ Medici «Arrivai alla terra degli Antipodi, e riconobbi di essere al

cospetto della quarta parte della Terra. Scoprii il continente abitato da una moltitudine di popoli e animali, più della nostra Europa, dell’Asia o della stessa Africa». Nel 1497 Amerigo Vespucci esprime tutto il suo stupore nell’aver riconosciuto una nuova terra, la quarta parte della Terra, un continente nuovo che andava ad aggiungersi agli altri e che non faceva parte dell’Asia.

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e la firmavano assieme agli assicuratori. Infine, funzione più importante, erano custodi di un libro all’interno del quale avevano l’obbligo di trascrivere gli elementi del contratto, e queste trascrizioni avevano il valore di prova nel caso ve ne fosse stato bisogno. Poiché svolgevano queste funzioni ufficiali, i sensali, oltre che essere autorizzati, dovevano godere di un’ottima fiducia e reputazione dei contraenti. Funzioni di elevata importanza, ma anche delicate, tanto è che spesso nel svolgere queste mansioni si verificavano degli abusi che i governi tentarono di reprimere, non sempre ottenendo i risultati sperati.

Nell’esperienza francese durante il regno di Re Sole, nel 1681 fu emanata l’Ordonnance de la marine di Colbert. La sua importanza era tale che arrivò ad influenzare la legislazione di altri paesi, primo tra tutti l’Italia, ma anche la propria in tempi meno remoti, tanto che costituì la fonte diretta del Codice di commercio Napoleonico.

L’Inghilterra, invece, diventava la prima potenza mercantile dell’epoca, e di conseguenza diventava il Paese più importante nel campo delle assicurazioni marittime. Infatti, presso la Royal Exchange, la Borsa londinese, venne aperta una Camera di assicurazioni il cui compito era quello di registrare le polizze. Ciò determinò due importanti conseguenze: la prima fu ovviamente la standardizzazione delle clausole assicurative, che tra l’altro sono durate fino a tempi recenti; la seconda, derivata dalla prima, fu la diminuzione delle controversie in questo campo, poiché la risoluzione delle liti era affidata ai funzionari della Camera.

Tra gli edifici distrutti nel “Grande incendio” del 1666 vi fu anche la Borsa londinese, ma un Ufficio delle assicurazioni vi era anche in quella ricostruita, anche se pare che non vi fosse più l’obbligatorietà della registrazione delle polizze, facendo sì che vi fossero due tipi di assicurazioni: quelle pubbliche, registrate, e quelle private. Le prime essendo registrate potevano essere dunque liberamente conoscibili dalla comunità dei mercanti, al contrario delle seconde. Pare che l’attività della Camera non si protrasse al di là del 1693, in quanto da quell’anno in poi non si hanno più notizie di questa, ciononostante è certo che l’attività assicurativa non terminò, ma passò sotto il dominio di figure già note: i sensali, in Inghilterra conosciuti come brokers.

Tale passaggio avvenne con molta probabilità a seguito delle difficoltà a cui andarono incontro le assicurazioni marittime in quegli anni, in quanto vi fu un aumento degli eventi dannosi che colpivano le navi a causa della Guerra della Grande alleanza: in particolare nella Battaglia di Lagos del 1693 l’Inghilterra e l’Olanda persero un intero convoglio, di navi sia mercantili che militari di scorta, intercettato dalla flotta Francese. Giacché in quest’occasione i sottoscrittori di assicurazioni londinesi ci rimisero

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notevolmente, e vani furono i tentativi di far approvare al Parlamento un concordato con gli assicurati, nacque la consuetudine, degli assicurati stranieri, di chiedere la garanzia del broker pagando un supplemento al premio, poiché essi non potevano conoscere gli assicuratori inglese. Ciò permise, nonostante tutte le difficoltà, di aumentare il numero dei contratti, con l’implicita conseguenza che i premi richiesti erano arrivati addirittura ad essere la metà di quelli praticati altrove, permettendo così a Londra di diventare il mercato delle assicurazioni marittime più importante dell’epoca.

In Italia la situazione non era così agevole. Se è pur vero che i porti italiani persero d’importanza, questi non erano decaduti, e in particolare Venezia era ancora custode di una tradizione tecnica, finanziaria e mercantile di un certo livello. Però i premi erano comunque molto alti, e questo sia perché il Mediterraneo non era un mare sicuro, a causa dei pirati e delle guerre, ma anche perché il naviglio veneziano era abbastanza datato. Il costume presso gli assicuratori era quello di organizzarsi in associazioni per partecipare a un affare o un insieme di affari, di sciogliersi una volta conclusa l’operazione, per poi riassociarsi al presentarsi di una nuova occasione per far fruttare denaro. Pare infatti che tale pratica fosse diventata la più apprezzata forma di investimento per tutti i ceti dell’epoca. Poi ovviamente i capitalisti che potevano partecipare a più affari erano avvantaggiati, in quanto riuscivano meglio ad equilibrare l’assunzione di rischi con la riscossione dei premi; mentre poteva essere un grandissimo passo falso per quei piccoli investitori che partecipavo a sporadiche operazioni, tanto da poter portarli alla rovina. Per quanto detto fino al settecento se ci si imbatte in associazioni con il nome, per esempio, di “Compagnia dei XVIII assicuratori”, non bisogna pensare ad una società, ma a semplici associazioni temporanee costituite appositamente per quelle operazioni. Il tentativo di costituire un’unica grande società che assumesse il monopolio del mercato assicurativo a Venezia fu ostacolato dagli assicuratori e dai sensali veneziani che rappresentavano un ceto forte e potente. Al contrario a Genova, gli assicuratori genovesi, più deboli rispetto a quelli della Serenissima, non riuscirono ad opporsi alla costituzione della Compagnia generale delle Assicurazioni Marittime nel 1741, che ottenne il monopolio del mercato assicurativo e lo mantenne per circa trentasei anni.

È d’uopo fare a un ultimo accenno a due fenomeni che interessarono l’Inghilterra: le chartered companies e i Lloyd’s, che costituiscono l’uno la premessa dell’altro. Circa le prime è opportuno ricordare che per la costituzione di una società di capitali con una propria personalità giuridica (detta incorporation) era necessario l’intervento del Sovrano, per ricevere il riconoscimento o l’autorizzazione (detta charter of incorporation), e un intervento successivo del Parlamento, quando oltre al riconoscimento si chiedeva anche una privativa,

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ossia l’autorizzazione per esercitare quell’attività in via esclusiva. Anche in questo contesto le prime autorizzazioni rilasciate dalla Corona riguardarono le compagnie di mercanti riuniti in gruppi, ma che dovevano sottostare al controllo e alle regole predisposte dalla compagnia. La più famosa di queste fu, ovviamente, la Compagnie inglese delle Indie Orientali, costituita nel 1600. Tale compagnia, data la pericolosità, l’onerosità e la lunghezza dei viaggi, non poteva che assumere la veste di società per azioni, in quanto i soci-mercanti decisero di finanziarsi raccogliendo il capitale non più separatamente per ogni singolo viaggio, bensì raccogliendolo per un determinato periodo. Naturalmente tale meccanismo, una volta rodato, non poteva che estendersi ad altre attività definite di pubblica utilità, tra le quali spicca indubbiamente l’attività assicurativa. Le compagnie di assicurazione, senza dubbio, contribuirono al diffondersi in Gran Bretagna delle società per azioni, divise in riconosciute (le chartered companies appunto) e società (diremmo noi oggi “non riconosciute”) dove i soci erano responsabili personalmente delle obbligazioni sociali, quindi prive di personalità giuridica. Le società prive del riconoscimento della Corona si prestarono spesso ad abusi e speculazioni, tanto che ad esse è stata ricondotta la crisi del 1720. Proprio in quell’anno ottennero il riconoscimento due compagnie: la Royal Exchange Assurance e la London Assurance Corporation, le quali divennero così chartered companies, ma non solo, esse pagarono una somma al sovrano così da esser loro riconosciuta la privativa dell’assicurazione marittima. In questo modo le due società potevano operare indisturbate in Inghilterra, Galles, Irlanda e nei territori britannici d’oltremare per oltre un secolo. Ecco creata la premessa per la costituzione dei Lloyd’s.

I Lloyd’s (o più precisamente il Lloyd’s13) è la più famosa associazione di

assicuratori del mondo. Essa si formò in quegli stessi anni della costituzione delle chartered

13 Il Lloyd’s deve la sua origine all’iniziativa di Edward Lloyd proprietario di un piccolo caffè aperto nel 1688

nei pressi della Torre di Londra, che, a utilità dei suoi clienti, gravitanti intorno al porto, avviò nel 1696 la pubblicazione di un bollettino di notizie relative al commercio e alla navigazione (il L. News, cui subentrò nel 1734 il più autorevole e informato L. List). In breve il caffè si trasformò in luogo d’incontro tra mercanti in cerca di chi assicurasse i loro traffici e uomini d’affari desiderosi d’impegnare i propri capitali. Con il tempo questi ultimi si costituirono in corporazione (L. Corporation, riconosciuta con il L. Act del 1871, modificato nel 1911) con lo scopo di frazionare tra più persone oneri e profitti dell’attività assicurativa; questa si estese dai soli rischi marittimi a ogni altro genere di rischio e dalla copertura diretta alla riassicurazione di rischi assunti da altre compagnie in tutto il mondo. La Corporazione non emette direttamente le polizze assicurative, ma ha solo compiti di controllo dell’attività dei suoi membri, riuniti in gruppi facenti capo ciascuno a un tecnico del ramo, detto underwriter, che ne ha la delega per la conduzione effettiva delle transazioni. In conseguenza di un grave stato di deficit, nel 1993 i L. hanno modificato il proprio statuto in modo da permettere a investitori istituzionali e società private di partecipare alle attività assicurative della corporazione. Originato dall’iniziativa dei L. di effettuare la compilazione di liste con le caratteristiche costruttive e le condizioni di fatto di tutte le navi oggetto di contrattazioni nell’ambito della corporazione, nel 1833 fu creato il L. Register, istituzione indipendente e capostipite dei moderni registri navali. Sotto la denominazione di L. Register of Shipping, rappresenta tuttora il più autorevole registro navale. V. Il Lloy’s, in Enciclopedia Treccani.

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companies, e proprio grazie a tale costituzione, in quanto garantì ai brokers e agli assicuratori individuali, che non erano soggetti alle restrizioni del Buble Act, di poter operare protetti da una eventuale concorrenza di ulteriori società per azioni riconosciute. Naturalmente date le restrizioni e la privativa dell’attività assicurativa marittima, non potevano che unirsi in un’organizzazione che avesse la forma di un’associazione.

1.5 L’industrializzazione

Se fino ad ora si è visto un primato dell’assicurazione nel campo marittimo e una prima timida diffusione di assicurazioni contro incendio e sulla vita, a causa del fondamento della società sull’agricoltura, nella seconda metà del XVIII secolo, con il fenomeno della crescita industriale, iniziano a svilupparsi altri tipi di assicurazione: come per esempio quella contro gli infortuni sul lavoro, quella contro il pericolo d’incendio dei macchinari, e anche assicurazioni inerenti al settore agricolo come l’assicurazione contro il pericolo di grandine. Da questo momento fino a metà Ottocento tutti i rami delle assicurazioni affermatisi conoscono un grande sviluppo, primo fra tutti il ramo delle assicurazioni marittime, che venne alimentato dal progredire dei traffici transoceanici. A favorire tale sviluppo contribuì anche il lungo periodo di guerra sui mari il quale iniziò con la guerra d’indipendenza americana e finì con la sconfitta di Napoleone (dal 1775 al 1815). Durante il conflitto anglo-francese entrambe le fazioni cercarono di indebolire l’economia dell’altra, e una delle vie più efficaci si rivelò l’attuazione di un blocco navale per opera di Napoleone, per impedire il commercio via mare, a cui seguì il contro-blocco inglese. A tali azioni seguirono inevitabilmente perdite rilevanti degli assicuratori, al punto che molti fallirono, visto che i premi aumentarono e fu necessario affiancare a grandi convogli (si arrivò anche a convogli di circa 100 vascelli) navi da guerra come scorta. In questo contesto di insicurezza nacquero alcune compagnie di assicurazioni al di fuori dell’Europa, specialmente in India e negli Stati Uniti, dove solitamente gli imprenditori marittimi di questi paesi si assicuravano a Londra e la situazione, che da sempre era stata poco agile per vie della lunghezza delle tratte e dell’incertezza delle comunicazioni, ora era davvero insostenibile.

Ecco che nel 1797, in concomitanza con il fiorire del commercio indiano fiorirono anche le compagnie assicurative, specialmente a Madras e a Calcutta. Parallelamente negli Stati Uniti nel 1795 in Massachusetts, si venne a formare una prima società di assicuratori, alla quale seguirono molte altre e che nel giro di una quindicina d’anni soppiantarono gli assicuratori privati, che fino a quel momento avevano esercitato la loro attività in regime di esclusività.

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Nel frattempo in Inghilterra cessò anche il monopolio delle due chartered companies create nel 1720 e da quel momento non vi furono più società che si occupassero di più assicurazioni (l’assicurazione marittima divenne un ramo specializzato) e, venendo meno anche la privativa, di società che si occupassero di assicurazioni marittime ne vennero fondate molte dal 1824. Tuttavia molte di queste non durarono più di vent’anni. Al contrario, istituti che ebbero grande successo furono le numerose associazioni mutue di assicurazione, create da piccoli proprietari di navi, che permettevano l’estensione dell’assicurazione anche presso i porti minori.

1.6 L’esperienza nell’Italia pre-unitaria e nel Risorgimento.

In Italia nella seconda metà del ‘700 l’unico ramo dell’assicurazione che ancora sopravviveva era quello in campo marittimo nelle principali città portuali, sebbene vedesse un grosso calo rispetto ai secoli precedenti.

A Venezia, per esempio, nonostante il centro di gravità del commercio si fosse spostato verso l’Oceano Atlantico, si conservava ancora un vivo mercato delle assicurazioni marittime, mentre le “Assicurazioni di altro tipo”, come quella sulla vita o la riassicurazione, avevano una diffusione molto limitata. I mezzani di sicurtà avevano i loro uffici (chiamati cancelli) nella Calle di Sicurtà, nella zona del Ponte di Rialto, e dalle testimonianze risulta che il valore delle polizze si aggirasse a 6,6 milioni di ducati annui. Tale cifra rilevante era garantita dal fatto che Venezia rimaneva una piazza in cui si assicuravano non solo il naviglio battente la bandiera del Leone Alato di San Marco, bensì pure quello battente bandiera straniera: per esempio inglesi, olandesi, genovesi, pontifici, ecc. In particolare una ripresa dell’attività si ebbe nel corso degli anni settanta del 1700 grazie alla stipulazione di alcuni trattati con alcune potenze barbaresche di Algeri, Tunisi, Tripoli e del Marocco, al fine di ottenere una riduzione dell’attività dei pirati; ma anche grazie alla formazione di molte società specializzate nel settore di assicurazioni. Queste nuove compagnie però avevano un capitale limitato, avevano una struttura abbastanza chiusa (il numero di partecipanti non superava quasi mai la ventina) e si attenevano a criteri gestionali molto prudenti circa i rischi assunti, alcune compagnie, per esempio, si rifiutavano di accollarsi qualsiasi rischio per le navi dirette alle Indie orientali.

Di questi limiti ai rischi, sintomo della difficoltà nell’attività assicurativa, ne giovò Trieste. Negli ultimi decenni del XVIII secolo questa divenne un centro commerciale e assicurativo più importante di Venezia. Questo grazie all’attenzione ad essa dedicata da parte dei sovrani Carlo VI e Maria Teresa, in quanto volevano diventasse lo sbocco mediterraneo

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di tutto il commercio austriaco; ma l’espansione del commercio marittimo avvenne anche grazie al dinamismo dei gruppi sociali presenti nella città giuliana: ebrei, greci, dalmati, slavi. Anche a Trieste vi erano assicuratori privati che svolsero, quasi fin da subito, agilmente l’attività assicurativa; le compagnie, invece, trovarono molte difficoltà all’inizio della loro attività, tanto che le prime, nonostante la prudenza, fallirono. Verso gli anni ottanta del ‘700 vennero costituite altre compagnie con basi più solide così da poter adempiere al progetto di far divenire Trieste la principale piazza assicurativa d’Italia. Tuttavia, per poter vedere un capitale consistente si dovrà attendere il 1797, dove si ha notizia di un capitale di circa 3,7 milioni di fiorini.

A Genova ancora deteneva il monopolio del mercato assicurativo la Compagnia Generale delle Assicurazioni marittime fino al 1778, in seguito riuscirono ad affermarsi altre quattro società di capitali le cui attività prosperarono fin da subito sul territorio.

Sul Tirreno si riscontra la crescita del porto di Livorno, che però rimase sempre un porto regionale, il cui mercato è sempre rimasto per lo più legato e limitato alla Toscana. Questa crescita fu possibile grazie al suo riconoscimento di porto franco, e di conseguenza al suo carattere cosmopolita, poiché dal quel momento divenne punto d’incontro tra i mercanti provenienti dall’Europa settentrionale, in particolare inglesi e olandesi, con quelli provenienti dal Mediterraneo, e quindi turchi, maltesi, genovesi, ecc. Erano presenti società mercantili, anche estere, ma non vi è traccia di compagnie assicurative; al contrario, vi sono testimonianze del mercato assicurativo esercitato privatamente da sensali e mezzani, su cui, però, gravava l’obbligo di versare parte del loro provento a beneficio delle Case Pie livornesi. D’altronde, difficilmente all’epoca si potevano scorgere velieri toscani in alto mare, e, al più, i mercanti che non si rivolgevano ad assicuratori privati, si rivolgevano a società di mercanti talvolta si occupavano anche di assicurazioni marittime.

Da ricordare vi è anche Ancona che, sebbene all’epoca fosse sotto lo Stato Pontificio, godeva di alcuni privilegi: per esempio era regolata da una legislazione particolare, poiché il governo papale voleva fare di essa un emporio a carattere internazionale, data la sua vicinanza alla fiera di Senigallia; ma anche la sua tolleranza religiosa che permise l’accoglienza di molti mercanti ebrei. I grandi privilegi crearono l’illusione di poter costituire nella città marchigiana un mercato assicurativo al pari di quello di Venezia; ma così non fu, in quanto le poche compagnia di assicurazione che si vennero a costituire non ebbero molta fortuna, lasciando tale mercato appannaggio della Serenissima.

Anche nel Regno di Napoli vi fu l’intenzione di rafforzare il mercato assicurativo per tenere testa, questa volta, a Genova. Nel 1751 venne costituita nella capitale la Reale

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Compagnia di Assicurazioni Marittime, che ottenne subito la privativa. Ma le cose non funzionarono: mercanti e armatori preferivano rivolgersi ad assicuratori privati, spesso stranieri, e altri fattori come l’insicurezza delle rotte per la presenza di pirati, la malafede degli operai mercantili e la cattiva gestione portarono al fallimento della Compagnia nei primi anni dell’Ottocento.

Il sottosviluppo degli altri rami dell’assicurazione non deve lasciare basiti. In un paese come l’Italia, in cui la crescita industriale non era paragonabile a quella di altri Stati europei, e quindi ancora legato all’agricoltura, pochi (per lo meno al di fuori dell’ambito del commercio marittimo) sentivano il bisogno di ricorrere all’istituto dell’assicurazione, e gli industriali, ancora troppo piccoli, non avevano ancora la forza per agire sul mercato assicurativo. Gli schemi utilizzati nell’assicurazione marittima erano stati da sempre ritenuti molto agili, in quanto era facile calcolare il guadagno e le perdite per ogni viaggio, e ormai l’assicurazione era ritenuta indispensabile; al contrario i proprietari di edifici o terreni non comprendevano appieno l’utilità dell’assicurazione, anzi diffidavano degli assicuratori, in quanto traevano un profitto dai premi. Nel settore agricolo si preferiva perciò rivolgersi alle mutue, poiché erano associazioni formate da soggetti che esercitavano una stessa attività, o almeno molto simile, e che quindi potevano meglio capire, se non conoscere, i rischi di quel settore.

Tuttavia dopo le guerre napoleoniche, dove l’attività assicurativa aveva subito molte restrizioni, venero fondate nuove compagnie di assicurazione, le quali iniziarono ad operare con criteri moderni e alcune di esse diventarono rapidamente le più importanti del paese. Il perché di un nuovo modo di operare basato sulla scienza attuariale e assicurativa è da ricercarsi nel modesto, ma importantissimo, sviluppo degli altri rami dell’assicurazione, in particolare vita e incendio, i quali imponevano agli assicuratori lo studio e l’utilizzo di schemi più rigorosi ed efficaci per l’esercizio della loro attività. Altro grande contributo alla rinascita dell’attività assicurativa in Italia venne dato dalle compagnie di assicurazione che cominciarono ad esercitare la propria attività anche al di fuori dello Stato in cui erano state fondate. Per tali ragioni si vede il diffondersi in breve tempo dell’attività assicurativa in città in cui fino ad allora questa non era mai stata esercita: per esempio Milano e Torino.

1.7 Nessun rischio senza copertura.

A metà Ottocento erano conosciute tutte le più importanti forme di assicurazione, dalla più antica (quella marittima) a quelle più moderne (contro danni e sulla vita). Da allora iniziarono ad affiancarsi nuove forme di assicurazione e, grazie allo sviluppo economico,

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che contribuì all’aumento del tenore di vita dell’uomo, iniziavano ad apparire le prime forme di assicurazioni sociali che trovarono il culmine nel ‘900. Per esempio, rimanendo in ambito marittimo, affianco all’assicurazione marittima, di cui Londra aveva ottenuto oramai il predominio, grazie alla proliferazione di compagnie assicurative e all’importanza via via acquisita dai Lloyd’s, era sorta un’assicurazione dei soldati e dei marinai, la quale prevedeva anche un indennizzo nel caso di morte o invalidità di questi. Non solo, venne ad affiancarsi anche l’assicurazione contro gli infortuni, e, in particolare, gli infortuni derivanti dallo scoppio di caldaie a vapore, il cui uso era massificato all’interno delle navi, che venne poi riutilizzata quando dalle caldaie si passò all’energia elettrica, poiché il suo utilizzo presentava analoghi rischi.

Nell’Italia unita circa i due terzi delle compagnie assicurative si occupavano di assicurazioni marittime e il restante terzo si occupava di tutte le altre. Nel primo decennio dell’Unità d’Italia vi fu una crescita produttiva di cui giovò anche il settore assicurativo, ma a causa della crisi mondiale14 la navigazione a vapore trionfò su quella a vela, minando così il naviglio a vela italiano, di conseguenza si ridussero le attività e il numero delle imprese di assicurazioni, specialmente nel settore marittimo.

Tuttavia, agli inizi del Novecento vennero costruite nuove imprese, grazie anche all’avvio della rivoluzione industriale, nonostante il settore preminente fosse, come sempre, quello dell’assicurazione marittima le cui piazze di rilievo erano Genova e Trieste, anche se questa ancora non faceva parte del Regno d’Italia.

La prima guerra mondiale ridusse notevolmente le assicurazioni sulla vita e creò molti problemi a quelle marittime, poiché vi fu l’esplicita esclusione dei rischi guerra nelle polizze, che lasciarono le flotte di molti paesi prive di protezione. Venne però incaricato il neonato Istituto Nazionale delle Assicurazioni15 di assumere per conto dello Stato i rischi di guerra per merci e navi, e di riassicurare fino a un massimo del 90% delle quote, le

14 Tra il 1873 e il 1896, i paesi con un sistema industriale già affermato, attraversarono un lungo periodo di

crisi economica noto con il nome di Grande depressione. Fu una fase di assestamento del processo di industrializzazione, causata da fattori tecnologici (la rivoluzione dei trasporti aveva abbassato bruscamente i prezzi di molti prodotti disincentivandone la produzione) e scarsità di disponibilità auree (per l'esaurimento di alcune miniere), uniti alla contrazione degli investimenti e degli scambi commerciali. La contemporanea crisi agraria in Europa ne aggravò gli effetti, diminuendo il livello dei redditi. Molti governi allora abbandonarono il liberoscambismo, per adottare il protezionismo doganale, mentre crebbe di molto l'emigrazione verso gli Stati Uniti d’America. V. La grande depressione, in Enciclopedia Del Sapere.

15 L’INA è un ente pubblico costituito nel 1912 per gestire in forma di monopolio le assicurazioni sulla vita.

Nel 1923 il monopolio fu abolito e sostituito con l’istituto delle ‘cessioni legali’, per il quale le imprese private che esercitavano l’assicurazione sulla vita avevano l’obbligo di cedere all’INA una quota di tutti i rischi assunti. In seguito alla privatizzazione del 1992 l’ente è stato trasformato in società per azioni e le sue funzioni pubbliche sono passate alla CONSAP (Concessionaria Servizi Assicurativi Pubblici). Nel 2000 il controllo dell’INA è passato al gruppo Assicurazioni Generali. V. l’INA, in Enciclopedia Treccani.

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compagnie italiane ed estere ed i consorzi di armatori. Ma alla fine del conflitto, con l’annessione di Trieste, il mercato assicurativo subì una profonda trasformazione, poiché l’Italia da esportatrice di premi, ne divenne invece importatrice, acquisendo una posizione di prestigio internazionale.

1.8 L’età contemporanea

Dopo il secondo conflitto mondiale le trasformazioni economiche e sociali sono state particolarmente intense e hanno interessato tutto il mondo, ma soprattutto si attuarono in un tempo relativamente breve. Durante la cd. “Golden age” 16 la quantità di beni, e di servizi,

pro capite è aumentata, anche se la loro distribuzione nel mondo, in particolare nelle singole nazioni, è diventata sempre più squilibrata. Condizioni per questa crescita economica furono senz’altro la cooperazione economica fra le nazioni e lo sviluppo della scienza e della tecnica; anche se, molto probabilmente, la più importante è senz’altro la cd terziarizzazione dell’economia. Tale denominazione indica quel fenomeno che vede la maggior parte della popolazione attiva dei paesi sviluppati a essere impiegata nel settore terziario, di cui è parte l’attività assicurativa. Essa, in tutti i suoi rami, beneficiò, proprio per le sue caratteristiche, della globalizzazione dei mercati, tanto che si necessiterebbe di un altro studio per approfondire la vasta e complessa materia delle trasformazioni delle assicurazioni private e sociali. In questa sede ci si limita a dire che il grande sviluppo delle assicurazioni in quest’epoca è dovuto principalmente a due fattori: l’incremento demografico, registrando un aumento del 280 per cento in appena sessant’anni, e il migliorato tenore di vita, dapprima per i paesi sviluppati e, recentemente, anche in quelli emergenti. Infatti, il mercato assicurativo mondiale è attualmente dominato dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea, registrandosi una sua notevole espansione in Cina, India e Brasile.

Circa l’esperienza italiana, tutti i rami dell’assicurazione conobbero un certo sviluppo a eccezione di quelli elementari (cioè furto, incendio e trasporti), che vennero pregiudicati dall’aumento dei sinistri durante la guerra, e la cui ripresa delle attività fu molto lenta.

16 Tale età dell’oro si protrasse fino agli anni agli anni ’70. Questi sono anni di straordinario sviluppi economico

in tutti i paesi avanzati, soprattutto in Europa l’Europa occidentale vive un momento straordinario, poiché è un periodo di crescita ininterrotta, i prezzi progressivamente aumentano e l’inflazione è controllata, l’attività economica cresce enormemente. In Italia i ritmi sono del 6-7 per cento all’anno.

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Per concludere questa parte storica, più che allo studio degli sviluppi dei vari rami dell’assicurazione17 che non riguardino quello marittimo, è preferibile volgere lo sguardo a

un altro aspetto di questo periodo storico: la fondazione dell’ISVAP, Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni Private e di Interesse Collettivo18 nel 1982.

Si tratta di un Ente dotato di personalità giuridica di diritto pubblico, configurato come autorità indipendente con il compito di esercitare funzioni di vigilanza nei confronti di imprese di assicurazione e di altri soggetti sottoposti alla disciplina sulle assicurazioni privati, agenti e mediatori di assicurazione compresi.

Tra le sue funzioni, vi è quella di autorizzare le imprese assicurative all’esercizio della propria attività, ma ne autorizza anche le fusioni, detiene l’albo delle imprese e dei gruppi assicurativi, e, per tutelare i consumatori, assicura la trasparenza dei comportamenti dei soggetti sottoposti alla sua vigilanza. Ha inoltre l’obbligo di fornire al Ministro dello Sviluppo Economico una relazione annuale sulla politica assicurativa e sulle proposte di risanamento presentate dalle società, e di raccogliere i reclami presentati nei confronti delle imprese assicurative e facilitare la soluzione delle questioni che gli vengono sottoposte intervenendo nei confronti delle imprese con provvedimenti ed eventuali sanzioni. In più, gestisce l’Archivio informatico Integrato Antifrode (AIA), che mira a prevenire le truffe e i sinistri gonfiati.

Circa il finanziamento, l’ISVAP si finanzia con i contributi a carico delle imprese vigilate e l'importo per ciascuna società viene stabilito con un decreto del ministro dell’economia e delle finanze su proposta dello stesso istituto. Ogni suo compito è stato poi meglio precisato e definito dal Codice delle assicurazioni private del 2005, il quale ha raggruppato tutte le disposizioni relative allo svolgimento dell’attività assicurativa privata.

17 Da ricordare che in questo periodo nasce e sviluppa l’assicurazione on-line, o assicurazioni dirette, cioè

quelle esercitate da compagnie che operano senza l’ausilio di agenzie. Le nuove tecnologie informatiche, difatti, si sono rivelate particolarmente idonee allo svolgimento dell’attività assicurativa, fondata su polizza standardizzate. Le compagnie contattato direttamente i clienti via internet con una sicura riduzione dei costi e quindi con prezzi altamente competitivi. E. DE SIMONE, Breve storia delle assicurazioni, cit.

18 Sostituito dall’IVASS con il decreto legge 6 luglio 2012 n. 95, convertito in legge 7 agosto 2012 n. 135 (noto

come spending review). La norma ha introdotto una nuova formula di governance, integrataparzialmente con quella della Banca d'Italia, allo scopo di assicurare la piena integrazione dell'attività di vigilanza assicurativa con uno stretto collegamento con la vigilanza bancaria. Cfr. L. FARENGA. Manuale di diritto delle

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CAPITOLO II: Le assicurazioni marittime.

La disciplina generale del codice civile

Sommario: 2.1 Il contratto di assicurazione e la tecnica assicurativa; 2.2 Il rischio e il premio; 2.3 La stipulazione del contratto; 2.4 Tipi di assicurazione: l’assicurazione contro danni;

2.1 Il contratto di assicurazione e la tecnica assicurativa

Vista brevemente l’origine e l’evoluzione nel tempo della pratica assicurativa, si può ora sviscerare la disciplina generale del contratto di assicurazione, per poi osservarne i punti di contatto e di divergenza con quella del ramo marittimo.

Punto di partenza è l’art. 1882 del codice civile che ci dà la nozione di assicurazione: essa è il contratto con il quale l’assicuratore si obbliga, verso il pagamento di un premio, a rivalere l’assicurato, entro i limiti convenuti, del danno ad esso prodotto da un sinistro, nel caso della assicurazione contro i danni; oppure a pagare un capitale o una rendita al verificarsi di un evento attinente alla vita umana, nel caso, invece, della assicurazione sulla vita.

Si è visto nel capitolo precedente come l’assicuratore sia un imprenditore che stipula una moltitudine di contratti, il quale, per neutralizzare i rischi assunti con il singolo contratto di assicurazione19, deve operare seguendo delle regole tecniche specifiche, basate sul calcolo della probabilità20. In tal modo l’assicuratore è in grado di calcolare qual è il rischio medio che assume con il singolo contratto per ciascuna categoria omogenea di eventi assicurati, e, sulla base di tale calcolo, è in grado di fissare il corrispettivo dovutogli dal singolo assicurato contro quello specifico rischio.

19 Come il gioco o la scommessa, il contratto isolato con cui una persona si obbliga a pagare una somma di danaro a colui che subirà un incendio o un furto o se morirà prima di una certa età, sempre dietro corrispettivo, è un contratto aleatorio. Questo perché gli esempi di eventi citati, se considerati singolarmente, appaiono del tutto imprevedibili. Ma se si prende in considerazione, anziché il contratto isolato, il contratto di assicurazione, la situazione cambia fortemente, poiché qui si ha un soggetto, l’assicuratore, che assume professionalmente una gran massa di rischi omogenei, facendo alcuni esempi: incendio, atti vandalici, calamità naturali, etc. Solo in questo caso, applicando la legge statistica dei grandi numeri, è possibile determinare la probabilità media che si verifichi un determinato evento, attraverso criteri matematici. Cfr. G.F. CAMPOBASSO, Diritto

commerciale 3. Contratti. Titoli di credito. Procedure concorsuali., 2017, UTET; V. Supra 1.2 nota 6, in merito ai primi contratti che, seppur nella forma, assicurativi, erano da considerarsi ancora scommesse, per mancanza di diffusione degli stessi.

20Esistono infatti delle tabelle matematiche con cui si può stabilire con sufficiente certezza uno specifico evento: per esempio con esse si può calcolare la probabilità che una determinata casa subisca un furto o un incendio

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Infine, poiché si opera su una gran massa di rischi omogenei, unendo i premi incassati per ogni classe di rischi si viene a creare un fondo patrimoniale che, se diligentemente gestito dall’assicuratore, sarà sufficiente a risarcire gli assicurati che effettivamente subiranno quel determinato sinistro.

Ecco che attraverso l’analisi di questi principi, che costituiscono la base dell’istituto delle assicurazioni, si può comprendere appieno la funzione di tale contratto: essa non è semplicemente quella di trasferire un determinato rischio patrimoniale da un soggetto (l’assicurato) ad un altro (l’assicuratore), bensì scopo primario è la neutralizzazione del rischio per entrambi i contraenti. Infatti, da una parte al singolo assicurato è offerta una sicurezza in confronto all’eventualità del verificarsi di un determinato evento dannoso, tramite l’inserimento del singolo rischio in una massa omogenea gestita secondo regole tecniche; dall’altra l’assicuratore è in grado di neutralizzare il rischio assunto con il singolo contratto tramite la sua distribuzione fra la massa degli assicurati, e di lucrare sulla differenza tra i premi riscossi (che sono rappresentati dai premi puri maggiorati delle spese di gestione) e gli indennizzi corrisposti. Nonostante il punto non sia pacifico, la dottrina prevalente è concorde nell’affermare che il contratto di assicurazione è concepibile come contratto aleatorio, solo se isolatamente considerato; pertanto ad esso non possono essere applicati gli istituti della rescissione per lesione (art. 1448 c.c.) e della risoluzione per eccesiva onerosità (art. 1467 c.c.), restando invece soggetto, poiché contratto a prestazioni corrispettive, alla disciplina della risoluzione per inadempimento.21

2.2 Il rischio e il premio

Elementi essenziali di ogni contratto di assicurazione sono il rischio e il premio. Per rischio si intende la possibilità che si verifichi un determinato evento futuro ed incerto e può variamente atteggiarsi in relazione ai diversi tipi di assicurazione. Però, affinché il contratto sia valido il rischio in esso dedotto deve esistere oggettivamente. Infatti, viene considerato come nullo quel contratto in cui il rischio o non è mai esistito o ha cessato di esistere prima della conclusione del contratto, ex art. 1896 del codice civile. Quindi è una nullità che, per il codice civile, è presente anche quando viene a configurarsi un’ipotesi di rischio putativo, vale a dire che il contratto è nullo anche se l’assicurato ritiene in buona fede che al momento

21 Cass., 14-4-1972, n. 1189, in Giur. It., 1972, I, 1, 1924. In senso favorevole A. GAMBINO, L’assicurazione nella teoria dei contratti aleatori, Milano, 2015; in senso contrario R. IPPOLITO, Il sinallagma del contratto di assicurazione, in Riv. dir. comm., 1983.

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della stipulazione del contratto il rischio esista. Punto molto importante questo, poiché, lo si vedrà, vale diversamente per le assicurazioni marittime22 ed aree.

Il rischio inoltre, deve essere presente per tutta la durata del contratto, tanto che se cessa di esistere dopo la conclusione del contratto, questo si scioglie ex lege; rimanendo intatto il diritto dell’assicuratore a riscuotere i premi, per intero, fintanto che non venga a conoscenza della cessazione del rischio. Sempre ex lege è garantita all’assicurato un’esatta conoscenza della consistenza del rischio assunto e la corrispondenza fra rischio e premio per tutta la durata dell’assicurazione da parte dell’assicuratore.

Disciplina particolare, circa il rischio, è quella che offre tutele all’assicuratore che viene tratto in inganno attraverso dichiarazioni inesatte e reticenze dell’assicurato circa la reale entità del rischio e, di conseguenza sulla congruità del premio richiesto. Se l’assicurato ha operato con dolo, o anche solo con colpa grave, l’assicuratore può chiedere, ex art. 1892 c.c., l’annullamento del contratto; o altrimenti, ex art. 1893 c.c., può recedere dal contratto. Tuttavia è necessario che tali dichiarazioni dell’assicurato siano decisive per la determinazione dell’assicuratore a contrarre, e riguardino notizie di cui l’assicuratore non sia già in possesso al momento della stipulazione23. In entrambi i casi, o di annullamento del contratto o di rescissione del contratto, dalla scoperta dell’inesattezza o della reticenza l’assicuratore ha tre mesi per dichiarare la volontà di avvalersi di una delle due forme di tutela. Se uguale è il termine, sono però diverse le conseguenze se il sinistro si verifica prima della scadenza di tale termine: nel caso dell’annullamento del contratto l’assicuratore non dovrà pagare alcun indennizzo; mentre nel caso della rescissione del contratto si ha solo una riduzione proporzionale dell’indennizzo.

Gli articoli 1897 e 1898 dettano, rispettivamente, una disciplina peculiare circa la diminuzione e l’aggravamento del rischio assicurato nel corso del contratto in misura tale da incidere sull’entità del premio pattuito. Nel primo caso, a seguito della comunicazione dell’assicurato di diminuzione del rischio, l’assicuratore è tenuto ad applicare il premio minore a partire dalla scadenza successiva a tale comunicazione; tuttavia all’assicuratore è riconosciuta la facoltà di rescissione dal contratto entro due mesi dalla comunicazione e con effetto dopo un mese. Nel secondo, invece, l’assicurato ha l’obbligo di comunicare immediatamente all’assicuratore l’aggravamento rilevante del rischio, e quest’ultimo ha il diritto di recedere dal contratto entro un mese. La disciplina degli effetti del recesso di questo

22 Artt. 514 e 1021 (per le assicurazioni aeree) Cod. nav.

23 V. Cass., 25-5-1994, n. 5115; Cass., 21-7-2006, n. 16769; Cass., 19-12-2008, n. 29894; Cass., 10-11-2009,

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