• Non ci sono risultati.

Cosa è la pirateria marittima: definizione nel diritto internazionale.

CAPITOLO IV: La pirateria marittima Definizione e inquadramento giuridico

4.3 Cosa è la pirateria marittima: definizione nel diritto internazionale.

Dopo aver ripercorso brevemente le tappe storiche più importanti circa l’origine e l’evoluzione del concetto di pirateria, si può analizzare la definizione di pirateria marittima attualmente vigente nel diritto internazionale, ricavata dalla Convenzione di Montego Bay del 1982, la quale colma anche le lacune presentate dalla Prima conferenza sul diritto del mare, dall’IMO e dalla SUA Convention.

L’art. 101 della Convenzione di Montego Bay del 1982 (UNCLOS) dà la definizione di pirateria marittima96, richiamando l’art. 15 della Convenzione di Ginevra del 1958 sull’alto mare, dove è considerato atto di pirateria ogni atto illegale di violenza, detenzione o depredazione commesso per fini privati dall’equipaggio o dai passeggeri di una nave o di un aeromobile privati che sia diretto contro un’altra nave o un altro aeromobile o contro persone o beni a bordo di essi o in un luogo non soggetto alla giurisdizione di alcuno Stato.97 Inoltre, affinché il reato di pirateria sia integrato è necessario che venga soddisfatto il cd. criterio delle due navi98, ossia vi deve essere la presenza di due navi, una delle quali deve essere una nave pirata99.

96 La UNCLOS (United Nations Convention on the Laws of the Sea) del 10 dicembre 1982 è il risultato della

Terza Conferenza delle Nazioni Unite sul diritto del mare. È entrata in vigore a livello internazionale il 16 novembre 1994 ed è stata ratificata e resa esecutiva in Italia con l. 2 dicembre 1994 n.689, in vigore nel nostro ordinamento dal 12 febbraio 1995.

97 Art. 101 UNCLOS “Piracy consists of any of the following acts: (a) any illegal acts of violence or detention,

or any act of depredation, committed for private ends by the crew or the passengers of a private ship or a private aircraft, and directed: (i) on the high seas, against another ship or aircraft, or against persons or property on board such ship or aircraft; (ii) against a ship, aircraft, persons or property in a place outside the jurisdiction of any State; (b) any act of voluntary participation in the operation of a ship or of an aircraft with knowledge of facts making it a pirate ship or aircraft; (c) any act of inciting or of intentionally facilitating an act described in subparagraph (a) or (b)”. La dottrina ha analizzato criticamente i profili terminologici circa l’illegalità dell’atto della pirateria, poiché pare lecito dubitare dell’esistenza di un atto di pirateria legale. Sul punto v. N. RONZITTI, Pirateria (diritto vigente), in Enc. Dir,, XXXIII, Milano, 1983. Per quanto riguarda l’art. 15 della convenzione di Ginevra del ’58 sull’alto mare, in realtà, si auspicava all’eliminazione del temine illigal dalla definizione di pirateria. V. D.P. O’CONNELL, The International Law of The Sea, Oxford, 1982.

98 Tale criterio, evinto dall’art. 101 della Convenzione di Montego Bay non è presente nel codice della

navigazione (artt. 1135) e neppure nella convenzione ed il protocollo di Roma del 10 marzo 1988 per la repressione degli atti illeciti contro la sicurezza, rispettivamente, della navigazione marittima e delle piattaforme fisse situate sulla piattaforma continentale, non essendo dunque richiesto ai fini dell’integrazione della condotta criminosa. Sul punto v. G. COCCO, Dal pirata hostis humani alla pirateria contemporanea.

Verso un diritto personale universale?, in Riv. it. dir. proc. pen., 2012, 416.

99 La Convenzione di Montego Bay dà anche la definizione di nave pirata all’art. 103: “A ship or aircraft is

considered a pirate ship or aircraft if it is intended by the persons in dominant control to be used for the purpose of committing one of the acts referred to in article 101. The same applies if the ship or aircraft has been used to commit any such act, so long as it remains under the control of the persons guilty of that act”. Può trattarsi anche, eccezionalmente, di una nave da guerra con equipaggio ammutinato, e tale equiparazione la si ricava dall’art. 16 della Convenzione di Ginevra sull’alto mare del ’58 “The acts of piracy, as defined in article 15, committed by a worship, government ship or government aircraft whose crew has mutinied and taken control of the ship or aircraft are assimilated to acts committed by a private ship”.

55

Per l’integrazione della fattispecie del reato di pirateria è necessario che il soggetto attivo compia il sequestro o la violenza o la rapina esclusivamente per fini privati, occorrendo dunque un dolo specifico in merito all’elemento soggettivo del reato.

Nell’art. 101 della UNCLOS è posta una particolare attenzione al luogo di commissione del reato: viene stabilito, infatti, che sono considerati atti di pirateria quelli che sono commessi esclusivamente in alto mare o in luogo non sottoposto alla giurisdizione di qualsiasi altro Stato, secondo la definizione di alto mare fornita dalla stessa Convenzione all’art. 86100. Di conseguenza, ai sensi della Convenzione, restano esclusi gli atti commessi

nelle acque territoriali e arcipelagiche in cui lo Stato costiero esercita la propria giurisdizione, i quali sono comunemente qualificati come atti di armed robbery o di pirateria per analogia. Nello specifico, questa distinzione, data dal locus commissi delicti, è importante poiché se il reato si verifica nelle acque territoriali di uno Stato, rientrando dunque nell’ipotesi di pirateria per analogia, per la sua repressione si potranno applicare le sole norme di diritto interno.

Anche l’IMO101 ha dato indicazioni fondamentali per l’individuazione degli atti di

pirateria e di armed robbery, quando ha esteso le proprie raccomandazioni anche a quelle ipotesi di pirateria per analogia, adottando il Code of Practice for the Investigation of the Crimes of Piracy and Armed Robbery Against Ships, attraverso al risoluzione A.922(2) del 29 novembre 2001. Nel 2 dicembre del 2009 inoltre, a seguito di un’anomala diffusione del fenomeno della pirateria in prossimità delle coste somale, la stessa agenzia internazionale ha emendato il Code of Practice del 2001, in cui ha meglio specificato la definizione di armed robbery evidenziandone due elementi distintivi rispetto a quella dell’art. 101 dell’UNCLOS: il primo è rappresentato dalla presenza ipotetica di una minaccia di commissione di atti di armed robbey nel Code of Practice, la quale non è prevista nella UNCLOS; il secondo, invece, è il venir meno del criterio delle due navi presente nella convenzione di Montego Bay, poiché nel Code of Practice si ritiene che si possa integratare la fattispecie di pirateria per analogia anche quando gli atti di depredazione sono stati compiuti dall’equipaggio o da passeggeri già imbarcati su una nave.

100 “[…] all parts of the sea that are not included in the exclusive economic zone in the territorial sea or the

internal waters of a State, or in the archipelagic waters of an archipelagic State”.

101 L’International Maritime Organization è un’Agenzia specializzata della Nazioni Unite volta a promuovere

la cooperazione marittima tra i paesi aderenti e a garantire la sicurezza della navigazione e la protezione dell’ambiente marino. Essa è stata istituita con la convenzione d Ginevra del 6 marzo del 1948 e resa esecutiva in Italia con legge 22 gennaio 1956 n. 900.

56

Naturalmente avendo diverse nozioni di pirateria, le quali si discostano da quella espressamente disciplinata dal diritto internazionale, vi saranno certamente problemi circa le misure da adottare per reprimere il fenomeno.

Tralasciando questo rilevante problema tipico del diritto internazionale, si preferisce in questa sede focalizzare l’attenzione sulla qualificazione della pirateria marittima come crimen juris gentium. Una volta accertata la presenza di tutti gli elementi presenti all’art. 101 della UNCLOS, tale dizione fa sì che tutti gli Stati possano collaborare per arginare il reato ai sensi dell’art 105, rappresentando una eccezione degli artt. 84 e 92 della Convenzione stessa, i quali disciplinano rispettivamente la libertà di navigazione in alto mare e l’esercizio della propria giurisdizione e del proprio controllo da parte di ogni Stato sulle navi che battono la bandiera nazionale. È questo un chiaro esempio del principio della cd. “giurisdizione universale” tipico del diritto internazionale102.

Dunque, per l’applicazione di questo principio vi è un unico limite, quello territoriale: se il crimine è commesso in acque territoriali, solo lo Stato costiero può utilizzare misure coercitive e repressive103 nei confronti di quei soggetti responsabili, o presunti tali, del reato, prescindendo dalla nazionalità di questi o dalla bandiera della nave sospettata di aver compiuto atti di pirateria.

Nel caso, invece, in cui l’atto di pirateria venga perpetrato in alto mare ogni Stato può disporre dei poteri i quali consentono di esercitare il diritto di visita, di inseguimento, di cattura e sequestro della nave, per mezzo di navi da guerra e di Stato104.

Per avere certezza però, dell’effettiva punibilità dei pirati catturati, si tende ad applicare la Convenzione di Roma per la repressione degli atti illeciti contro la sicurezza della Navigazione Marittima (SUA Convention)105, la quale, a differenza della UNCLOS, obbliga lo Stato sul cui territorio si è verificato l’atto di pirateria a condannare i soggetti resisi responsabili dell’accaduto, ovvero, in alternativa, lo Stato è tenuto ad estradarli in un altro avente la giurisdizione, con lo scopo di garantire l’effettivo assoggettamento a sanzioni penali.

102 Per approfondimenti a riguardo v. M. DEL CHICCA, La pirateria marittima: evoluzione di un crimine antico, Torino, 2016.

103 Cfr. G. TELLARINI, La pirateria marittima. Regime di repressione e misure di contrasto, Roma, 2012. 104 Le definizioni di nave da guerra e nave di Stato: sono contenute agli artt. 107 e 110 della UNCLOS. In

merito ai diritti esercitabili: il diritto di visita è disciplinato all’art 110 UNCLOS; il diritto inseguimento non è presente in alcuna disposizione specifica della UNCLOS, ma autorevole dottrina come il Tellarini, sostiene che possa applicarsi l’art. 111 UNCLOS; nelle ipotesi di sequestro della nave e arresto dei pirati vengono applicate le norme giuridiche interne dello Stato che procede a tali operazioni.

57

Tuttavia, riguardo a una definizione di pirateria marittima, nella Convenzione di Roma non è presente, come non lo è nemmeno quella di terrorismo marittimo, essa al più si limita ad evidenziare le caratteristiche più rilevanti delle condotte criminose integranti atti illeciti contro la sicurezza della navigazione marittima. Infatti, l’art. 3 della Convenzione di Roma ci delimita l’ambito di applicazione della stessa e, successivamente, il Protocollo addizionale del 2005 ne ha modificato il testo, implementandolo con ulteriori illeciti e rilevandone in modo esplicito la finalità terroristica106.

Grazie all’intervento di autorevole dottrina107 è stato possibile ricondurre la pirateria

marittima nella sfera applicativa di questa Convenzione, dato che la stessa richiama, all’art. 3, la cattura o il controllo di una nave esercitato con l’utilizzo della forza, anche se il tutto deve intendersi complementare e integrativo, e non derogativo, rispetto alla disciplina specifica delineata dalla Convenzione di Montego Bay. Accettando questa integrazione, elemento di notevole interesse è il fatto che ai sensi dell’art 4 l’applicazione della SUA Convention ricorrerebbe anche nei casi in cui gli atti siano compiuti a danno di navi naviganti nelle acque territoriali, purché queste stiano giungendo dall’alto mare o si stiano dirigendo verso l’alto mare.

106 Con tale protocollo è stato aggiunto infatti l’art. 3-bis alla della Convenzione di Roma del 10 marzo 1988,

il quale detta che: “1 Any person commits an offence within the meaning of this Convention if that person unlawfully and intentionally: (a) when the purpose of the act, by its nature or context, is to intimidate a population, or to compel a government or an international organization to do or to abstain from doing any act: (i) uses against or on a ship or discharges from a ship any explosive, radioactive material or BCN weapon in a manner that causes or is likely to cause death or serious injury or damage; or (ii) discharges, from a ship, oil, liquefied natural gas, or other hazardous or noxious substance, which is not covered by subparagraph (a)(i), in such quantity or concentration that causes or is likely to cause death or serious injury or damage; or (iii) uses a ship in a manner that causes death or serious injury or damage; or (iv) threatens, with or without a condition, as is provided for under national law, to commit an offence set forth in subparagraph (a)(i), (ii) or (iii); or (b) transports on board a ship: (i) any explosive or radioactive material, knowing that it is intended to be used to cause, or in a threat to cause, with or without a condition, as is provided for under national law, death or serious injury or damage for the purpose of intimidating a population, or compelling a government or an international organization to do or to abstain from doing any act; or (ii) any BCN weapon, knowing it to be a BCN weapon as defined in article 1; or (iii) any source material, special fissionable material, or equipment or material especially designed or prepared for the processing, use or production of special fissionable material, knowing that it is intended to be used in a nuclear explosive activity or in any other nuclear activity not under safeguards pursuant to an IAEA comprehensive safeguards agreement; or (iv) any equipment, materials or software or related technology that significantly contributes to the design, manufacture or delivery of a BCN weapon, with the intention that it will be used for such purpose. 2 It shall not be an offence within the meaning of this Convention to transport an item or material covered by paragraph 1(b)(iii) or, insofar as it relates to a nuclear weapon or other nuclear explosive device, paragraph 1(b)(iv), if such item or material is transported to or from the territory of, or is otherwise transported under the control of, a State Party to the Treaty on the Non- Proliferation of Nuclear Weapons where: (a) the resulting transfer or receipt, including internal to a State, of the item or material is not contrary to such State Party's obligations under the Treaty on the Non-Proliferation of Nuclear Weapons and, (b) if the item or material is intended for the delivery system of a nuclear weapon or other nuclear explosive device of a State Party to the Treaty on the NonProliferation of Nuclear Weapons, the holding of such weapon or device is not contrary to that State Party’s obligations under that Treaty”.

107 Cfr. L. MARINI, Pirateria marittima e diritto internazionale, Torino, Giappichelli, 2016; Z. KEYUAN, Enforncing the law of piracy in the South China Sea, Singapore, 1998.

58

Tornando al profilo repressivo dell’illecito, questo è rimesso allo Stato della bandiera ai sensi dell’art. 6, il quale pone l’obbligo di esercizio della propria giurisdizione da parte degli Stati contraenti quando l’illecito sia stato commesso contro o a bordo di una nave battente bandiera nazionale o nel suo territorio, acque territoriali comprese, ovvero da un proprio cittadino. Per esclusione, allora, negli altri casi la giurisdizione dello Stato contraente appare meramente facoltativa, ivi comprese l’ipotesi di un apolide il quale risiede nello Stato di bandiera ovvero anche nel caso in cui vi sia la morte di un proprio cittadino.

L’esercizio della giurisdizione dello Stato contraente porta alla luce un altro principio del diritto internazionale: il cd. principio dell’aut dedere aut judicare. L’art 10 della Convenzione di Roma dispone che lo Stato all’interno del quale viene scoperto il colpevole, o il presunto, tale ha facoltà di procedere all’estradizione ovvero è tenuto a sottoporlo a giudizio a prescindere dal fatto che il reato sia stato commesso o meno nel suo territorio108. Malgrado con questa disposizione si sia cercato di porre una maggiore attenzione ai profili inerenti la perseguibilità dei responsabili dei fatti costituenti reato, autorevole dottrina109 ha evidenziato come essa valga solo nei confronti degli Stati che hanno ratificato la convenzione e, inoltre, hanno posto l’accento sul fatto che in essa non è presente alcuna previsione sanzionatoria per comportamenti diversi da quanto stabilito.

Non c’è di che stupirsi dunque se, benché i poteri di intervento e di repressione della pirateria previsti dalla UNCLOS, dalla SUA Convention, e malgrado anche le risoluzioni dell’ONU degli ultimi anni, la comunità internazionale non sia ancora riuscita a debellare in via definitiva questo crimine, che ancora danneggia il commercio e il mercato assicurativo mondiale. Molto probabilmente l’inefficienza di questo sistema è da ricercarsi nel bilanciamento fatto tra la volontà di rendere sicure determinate aree, dove si annida una particolare concentrazione dei traffici commerciali, e la volontà di non violare il principio della sovranità di uno Stato costiero nel proprio territorio, compreso pure il mare territoriale110.

108 V. M. BRIGNARDELLO, I problemi sollevati dalla pirateria: alcuni spunti di riflessione, in Riv. dir. nav.¸

2012. Dove l’A. pone rilevanza al fatto che se gli Stati non provvedono a pene sufficientemente severe, i criminali rimangono impuniti, in quanto altri Stati, che non hanno un legame con il reato, non possono intervenire.

109 V. M. JR. MEJA, P. K. MUKHERJEE, The SUA Convention 2005: a Critical Evolution of its Effectiveness in Suppressing Maritime Criminal Acts, in J. Int. Mar. Law, 2005

110 Per un maggiore approfondimento anche in merito al caso della Somalia, ritenuto dalla dottrina un “Stato

fallito” v. M. BRIGNARDELLO, I poteri degli Stati nella repressione della pirateria: il fallimento dello

59

Da quanto appena detto, già si nota chi sono le vittime di tale reato: gli equipaggi, le compagnie di navigazione, gli armatori, le parti interessate alle merci trasportate e gli assicuratori.

L’armatore è certamente il primo soggetto coinvolto dalle condotte illecite, perché ne subisce le conseguenze umane e materiali quale soggetto responsabile della sicurezza del proprio equipaggio e della nave con il relativo carico. Egli infatti, si accolla un costo economico maggiore, in termini di investimento, per garantire il buon esito della spedizione sottoscrivendo adeguate coperture assicurative e/o seguendo rotte ritenute maggiormente sicure anche se più lunghe ed onerose.

Gli assicuratori invece, sono colpiti direttamente dalle perdite subite a seguito degli attacchi della pirateria, dovendo rimodulare incessantemente la contrattualistica impiegata alla luce delle ripercussioni che ciascun attacco pirata può arrecare sull’esecuzione o alla risoluzione dei contratti di trasporto o di noleggio già conclusi111.

4.4 Cosa è la pirateria marittima: definizione nell’ordinamento interno, il codice della