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L’identificazione dei rischi assicurati: all risks e named perils.

CAPITOLO III: Le assicurazioni marittime Linee generali e confronto con la disciplina comune

3.6 L’identificazione dei rischi assicurati: all risks e named perils.

Prima di passare alla fase successiva di questa tesi, è utile fare un’ultima precisazione che riguarda il tema del rischio: la differenza tra universalità di rischi e rischi nominati.

I rischi della navigazione sono le cause proprie all’ambiente nel quale la navigazione si esplica, che possono determinare danni o perdita delle cose assicurate67. L’art. 521 del cod. nav. attiene all’identificazione dei rischi assicurati e dice che “Sono a carico dell'assicuratore i danni e le perdite che colpiscono le cose assicurate per cagione di tempesta, naufragio, investimento, urto, getto, esplosione, incendio, pirateria, saccheggio ed in genere per tutti gli accidenti della navigazione”68. L’ultimo inciso suggerisce che tale articolo non rappresenta un elenco tassativo ed esaustivo dei rischi assicurabili, bensì è un elenco meramente esemplificativo, con la conseguenza che ogni rischio qualificabile come ricollegato al fatto tecnico della navigazione deve ritenersi assicurato. Sulla base di questa formula la dottrina ha affermato il principio della cd. universalità dei rischi, ossia nel sistema italiano tutti i rischi che possono colpire le cose assicurate nel corso della navigazione sono rischi assicurati, in mancanza di pattuizioni contrattuali che restringano l’ambito della copertura. All’assicuratore è consentito dimostrare la riconducibilità del sinistro ad un evento espressamente escluso dalla copertura, per legge o per contratto.

Si è detto però, che nella pratica è diffuso l’impiego di formulari inglesi, e questo ha fatto nascere l’esigenza di uniformare i propri comportamenti agli standard vigenti nel mercato internazionale. In particolare, gli assicuratori italiani hanno dovuto adottare un approccio diverso da quello risultante dall’art. 521 cod. nav., poiché nel sistema inglese, vige il diverso principio dei cd. named perils, per il quale sono assicurati solo i pericoli conseguenti alla navigazione marittima o ad essi assimilati (i perils of the seas), che costituiscono un novero più ristretto rispetto ai pericoli sul mare (i perils on the sea), cioè quelli che, nonostante si siano verificati nel corso della navigazione, non dipendono da essa69.

67 Cfr. G. GRECHI, Brevi considerazioni sul concetto di rischio nelle assicurazioni marittime, in Dir. e prat. Assic. 1962

68 Per un maggiore approfondimento sulle caratteristiche dei rischi della navigazione V. A. LEFEBVRE

D'OVIDIO, G. PESCATORE, L. TULLIO, Manuale di diritto della navigazione, cit.; S. FERRARINI, Le

assicurazioni marittime, cit.

69 “Maritime perils” means the perils consequent on, or incidental to, the navigation of the sea, that is to say,

perils of the seas, fire, war perils, pirates, rovers, thieves, captures, seisures, restraints, and detainments of princes and peoples, jettisons, barratry, and any other perils, either of the like kind or which may be designated by the policy. Art 3 Marine Insurance Act 1906

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Un simile sistema viene spesso ripreso dai formulari standard70, che prevedono così

che spetti all’assicurato provare che la causa dell’evento dannoso sia riconducibile a uno dei rischi nominati indicati nella copertura, la cui esatta qualificazione potrà avvenire grazie al contributo di precedenti giurisprudenziali elaborati al riguardo. Inoltre, i precedenti giurisprudenziali hanno fatto luce non solo sulla diversità di impostazione dei due sistemi, ma anche sulla diversità della disciplina dell’onere della prova71. Infatti, nell’impostazione

continentale, italiana, abbiamo l’assicurato che deve solo provare di aver subito un danno e sarà l’assicuratore che, eventualmente, dirà che il rischio non è coperto, poiché rientra nei rischi esclusi; nell’impostazione inglese, invece, l’assicurato che subisce un danno deve anche dimostrare all’assicuratore che il danno è derivato da uno di quei rischi specificamente coperti, altrimenti non può attivare la copertura ed essere indennizzato.

Per comprendere appieno la differenza tra i due sistemi è utile vedere un esempio: se si ipotizza l’affondamento di una nave in condizioni di tempo e mare tali da non giustificare l’evento stesso (come per esempio mare calmo, vento assente, etc.) secondo il sistema all risks ci si trova comunque di fronte ad un sinistro coperto, perché qualificabile come “naufragio” e/o comunque riconducibile alla nozione lata di “accidente della navigazione”, a meno che l’assicuratore non provi che la causa di tale affondamento è riconducibile ad un evento la cui sussistenza escluda la risarcibilità del sinistro a termini di legge o di polizza, come ad esempio il dolo dell’assicurato, ovvero anche la innavigabilità della nave alla partenza conosciuta all’assicurato. Al contrario, nel sistema named peril spetta all’assicurato provare che la causa dell’affondamento è riconducibile ad uno dei pericoli coperti72. Per

l’indennizzabilità di un sinistro rileva dunque sia l’esatta qualificazione del rischio assunto, soprattutto quando la copertura è prevista da un formulario straniero, sia l’esatto

70 V. ad esempio art. 6 dell’ I.T.C.H. 95 (Institute Time Clauses Hulls) una delle quattro polizze standard per

la polizza corpi (infra 5.1).

71 Trib. Genova 28 ottobre 1989, Sarda Armatoriale Punta Falcone c. Levante Assicurazioni, in questa Dir. mar., 1990. Con la sentenza di primo grado il Tribunale di Genova14 ha illustrato il meccanismo di copertura racchiuso nelle I.T.C.H., evidenziando che esse si fondano sul sistema dei rischi tipici e nominati, che comporta – in deroga al sistema configurato dall’art. 521 cod. nav. (caratterizzato dalla universalità del rischio “accidente della navigazione”) e diversamente dalle coperture all risks – che sia l’assicurato a dover fornire la prova della ricomprensione del sinistro nell’ambito dei rischi coperti. In particolare, ad avviso della Corte, chi invochi un

peril of the sea a fondamento della richiesta di indennizzo per una perdita o un danno deve dimostrare il nesso

di causalità (come applicato nel mercato inglese e secondo le regole proprie del diritto inglese) fra il sinistro e tale rischio, con la conseguenza che i danni e le perdite derivanti da causa ignota o non provata (unascertained

cause) restano a carico dell’assicurato.

Nello stesso senso sono state la successiva decisione d’appello, e la sentenza della Cassazione che ha concluso il lungo contenzioso. Cass., Sez. I, 10 maggio 1995, n. 5123, Sarda Armatoriale Punta Falcone c. Levante

Assicurazioni, in Giust. civ., 1995, con nota di GRIGOLI.

72 Esempio tratto da S. M. CARBONE, P. CELLE, M. L. DE GONZALO, Il diritto marittimo. Attraverso i casi e le clausole contrattuali, cit.

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apprezzamento degli oneri probatori gravanti sulle parti, anche se in molti casi si deve fare ricorso a prove indirette e a presunzioni, anziché a prove dirette, per determinare la possibile causa dell’evento.

In particolare, la giurisprudenza ha precisato che la nozione di perils of the sea, che rileva allo scopo di stabilire l’effettiva presenza del named peril previsto dai formulari inglesi, non può essere fatta discendere dalla nozione di “fortuna di mare” considerata in materia di esonero di responsabilità del vettore marittimo (ex art. 422 cod. nav.), ma deve essere invece, ricavata dalla nozione vigente nell’ordinamento inglese, che assimila la nozione di “fortuna di mare” circa i fini assicurativi agli effetti della forza del mare che eccedono la normale usura delle onde dello scafo73.

73 Cfr. Cass., 16-5-1995, n. 5123, in Dir. mar., p. 1996. Nella stessa decisione la Cassazione ha precisato che

anche la nozione di innavigabilità della nave rilevante ai fini del contratto di assicurazione, quale circostanza delimitativa del rischio assunto dall’assicuratore, deve essere intesa in modo corretto: “pur in presenza di una situazione di innavigabilità della nave alla partenza, sono indennizzabili i danni da essa derivati quando la innavigabilità dipende da vizio della nave (compresa la vetustà o l'usura derivante dal suo normale impiego), salvo che questa fosse scopribile dall'assicurato con l'uso della normale diligenza, nonché, quando l'innavigabilità dipende da colpa del comandante o dell'equipaggio, salvo che l'armatore assicurato ne sia stato partecipe […] In sostanza, come è stato rilevato, alla valutazione soggettiva della innavigabilità della nave al viaggio "si sostituisce il principio della normale diligenza nel senso che, ai fini della delimitazione del rischio assicurato, la innavigabilità assume rilevanza solo in presenza della colpa dell'assicurato, "senza la quale viene a costituire vizio occulto". Anche tale nozione, inoltre, andava precisata, alla stregua della nozione di latent

defect nella prassi interpretativa britannica (anche sulla base dell'art. 35 del Marine Insurance Act 1906 e della

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CAPITOLO IV: La pirateria marittima. Definizione e