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Un paese, due sistemi? Analisi storica e politica di Hong Kong dalla colonizzazione britannica alle ultime proteste contro la "ricolonizzazione" cinese

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Academic year: 2021

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(1)

UNIVERSITÀ DI PISA

DIPARTIMENTO DI SCIENZE POLITICHE

Corso di Laurea in Studi Internazionali

TESI DI LAUREA

Un paese, due sistemi?

Analisi storica e politica di Hong Kong

dalla colonizzazione britannica alle ultime proteste contro la

"ricolonizzazione" cinese

CANDIDATA

RELATORE

Laura Zoccheddu

Prof. Simone Paoli

(2)

1

INDICE

INTRODUZIONE ... 3

I. HONG KONG DALLA PRIMA GUERRA DELL’OPPIO ALLA SECONDA GUERRA MONDIALE ... 5

1. La prima guerra dell’oppio e la cessione di Hong Kong ... 5

2. La rivolta dei Taiping e la seconda guerra dell’oppio ... 8

3. L’Epidemia di peste del 1894 ... 11

4. I Nuovi Territori ... 13

5. La Rivoluzione del 1911 ... 14

6. La Prima Guerra Mondiale, il periodo interbellico e gli scioperi degli anni Venti 18 7. La Seconda Guerra Mondiale e l’occupazione giapponese ... 22

8. Pianificazioni al tempo di guerra ... 27

II. HONG KONG DAL SECONDO DOPOGUERRA ALLA DICHIARAZIONE CONGIUNTA ... 30

1. La ricostruzione del dopoguerra e il Piano Young ... 30

2. La Rivoluzione del 1949. ... 34

3. Gli anni Cinquanta: gli effetti della Guerra Fredda e della Guerra in Corea... 37

4. I tumulti degli anni Sessanta ... 44

5. L’amministrazione MacLehose (1971-1982) ... 51

6. La strada verso la cessione ... 56

7. I Negoziati Sino-Britannici e la Joint Declaration ... 60

III. HONG KONG DALLA BASIC LAW ALLA CESSIONE ... 65

1. La Basic Law ... 65

2. L’impatto del Massacro di Piazza Tiananmen ... 67

3. Chris Patten, l’ultimo imperialista ... 74

4. La cessione ... 78

5. L’Eredità britannica ... 83

6. Reazioni internazionali alla cessione di Hong Kong ... 85

IV. DOPO IL 1997: HONG KONG IN CINA ... 86

1. Nuove sfide ... 86

2. La struttura del governo di Hong Kong ... 87

3. Opposizione all’Art.23 ... 90

4. Joshua Wong e le proteste studentesche contro la riforma dell’istruzione ... 95

(3)

2

6. Cambiamenti necessari ... 105

7. Dalle manifestazioni alla politica ... 107

8. La rivolta dei localisti ... 110

9. Attacco alla libertà di espressione ... 112

CONCLUSIONI ... 115

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3

INTRODUZIONE

Hong Kong, che comprende il territorio dell’isola di Hong Kong, la penisola di Kowloon e i Nuovi territori, ha una storia molto ricca. Per 155 anni, in seguito alla cessione della dinastia Qinq con i Trattati Ineguali del XIX secolo, il territorio è stato parte dell’Impero coloniale britannico. Sotto il dominio britannico, la città conobbe un enorme sviluppo in molti settori; questo sviluppo, a sua volta, portò la città a diventare, nel corso degli anni, un centro di estrema importanza per la Cina, poiché fungeva da collegamento con il resto del mondo. Il rapporto tra i due, però, non è mai stato semplice. Un detto cinese recita che “quando ci sono problemi a Hong Kong, vai in Cina; quando ci sono problemi in Cina, torna a Hong Kong”. A lungo, la Cina è stata per l’isola il principale partner commerciale e Hong Kong, a sua volta, ha contribuito in maniera significativa alla crescita cinese.

Il 1° luglio 1997, la sovranità è tornata in mano alla Cina e Hong Kong, da colonia britannica, è diventata una Regione Amministrativa Speciale (SAR) della Repubblica Popolare Cinese. Con la formula “un Paese, due sistemi”, la RPC ha progettato un modo per tentare di conciliare il passato coloniale di Hong Kong con il suo futuro da SAR e combinare, in un certo senso, il sistema capitalista con quello socialista. Secondo la Joint Declaration, firmata da Londra e Pechino nel 1984, questa formula dovrebbe essere mantenuta fino al 2047. Il tentativo di conservare la propria identità e un equilibrio tra lo stile di vita occidentale e le pressioni di Pechino sul governo dell’isola diventa sempre più complicato; le manifestazioni degli ultimi anni ne sono la prova.

La tesi si suddivide in quattro capitoli, secondo un criterio essenzialmente cronologico. Il primo capitolo tratta della nascita di Hong Kong come colonia britannica e del suo rapporto con l’Impero Cinese, prima, e con la Repubblica Cinese, poi. Questo capitolo esamina l’impatto delle due guerre mondiali e dell’occupazione giapponese dell’isola. Il secondo capitolo descrive gli sviluppi nel secondo dopoguerra e la ricostruzione della colonia dopo l’occupazione; particolare attenzione viene poi riservata alla nascita della Repubblica Popolare Cinese, e ai riflessi della Guerra Fredda. In questo contesto vengono collocate e analizzate le proteste degli anni Sessanta, le riforme dell’amministrazione MacLehose e la grande crescita economica che fecero dell’isola uno dei principali centri finanziari mondiali, fino al nuovo rapporto con la RPC e ai negoziati della Joint Declaration per il ritorno della città alla Cina come Regione Amministrativa Speciale. Il terzo capitolo analizza i progetti della RPC per la nuova SAR e la creazione

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4

della mini-costituzione di Hong Kong, la Basic Law. Questa sezione prende poi in esame il massacro di Piazza Tiananmen, il suo impatto su Hong Kong e le manifestazioni in solidarietà con gli studenti cinesi. Il capitolo, infine, ricostruisce i tentativi di riforma democratica compiuti dall’ultimo governatore, Chris Patten, e la cessione alla RPC nel 1997. Il quarto capitolo e ultimo capitolo si occupa, invece, di descrivere le sfide della neonata SAR e le proteste degli anni 2000 in opposizione all’art. 23 e alla legge sull’anti-sovversione. Il capitolo racconta anche le manifestazioni del 2012 contro la riforma scolastica, e quelle del 2014 con Occupy Central e la Rivoluzione degli Ombrelli; esso, infine, dà conto degli attacchi alla libertà d’espressione con il caso dei librai scomparsi. Le conclusioni si concentrano sulle vicende degli ultimi anni: il nuovo esecutivo di Hong Kong guidato da Carrie Lam, e la pressione sempre maggiore di Pechino sul governo dell’isola; le proteste contro la legge sull’estradizione; le rivolte contro la legge sulla sicurezza nazionale degli anni tra il 2019 e il 2020; la nuova legge elettorale, e gli arresti dei primi mesi del 2021. Il lavoro si chiude con una riflessione sul futuro di Hong Kong.

Questo lavoro di tesi è basato su una revisione della letteratura multidisciplinare, che comprende ad esempio lo studio dei principali autori storici, come Carroll (A Concise

History of Hong Kong) e Tsang (A Modern History of Hong Kong), ma anche giuridici,

come Gaylord, Gittings e Traver (Introduction to Crime, Law and Justice in Hong Kong) e di esponenti politici come Wong (Noi siamo la rivoluzione: Perché la piazza può

salvare la democrazia). Il lavoro è stato arricchito, inoltre, dall’analisi di interviste a

figure di rilievo e di scritti, riguardanti il tema, delle principali testate giornalistiche, come ad esempio Hong Kong Free Press, BBC News, il Post e l’Internazionale.

Questo lavoro vuole mostrare, attraverso un’analisi storica e politica, l’impatto del colonialismo britannico sulla città di Hong Kong e sui suoi sviluppi politici, istituzionali, culturali e socio-economici; le conseguenze della “ricolonizzazione” cinese nel nuovo contesto globale; i limiti e le contraddizioni del principio “un Paese due sistemi” e la sua valenza rispetto alla recente ascesa economica e geopolitica della Cina Popolare.

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I. HONG KONG DALLA PRIMA GUERRA DELL’OPPIO ALLA

SECONDA GUERRA MONDIALE

1. La prima guerra dell’oppio e la cessione di Hong Kong

Hong Kong diventava colonia britannica con il trattato di Nanchino del 29 Agosto 1842, in seguito alla prima guerra dell’Oppio (1839 - 1842), «apparentemente un conflitto sul contrabbando di oppio, la guerra riguardava tanto i diritti commerciali quanto la rappresentanza diplomatica»1. Fin dal 1700, il commercio tra Gran Bretagna e Cina favoriva i cinesi. Gli inglesi acquistavano dalla Cina tè, seta e ceramica, merci molto richieste in patria e che venivano pagate con l’argento, unico scambio accettato dai cinesi. Questa situazione si protrasse fin quando gli inglesi non notarono l’interesse cinese verso l’oppio. Vista la forte domanda, «i britannici risposero allora importando l’oppio che veniva coltivato e preparato nell’India britannica»2 e diffuso dalla East India Company (EIC) passando attraverso Canton. Il consumo di oppio in Cina era molto elevato, inizialmente impiegato come medicinale, alla fine del 1700 era assunto soprattutto come narcotico. Nonostante, per editto imperiale, la coltivazione fosse stata limitata e ne fosse stato vietato consumo e commercio, l’EIC per mantenere il monopolio, vendeva l’oppio ai commercianti locali che lo introducevano nel paese in piccole quantità e attraverso imbarcazioni private.

La forte richiesta aveva fatto salire il valore dell’oppio che veniva ripagato in argento. Questo comportò una forte perdita per l’economia cinese3 e un guadagno crescente per gli inglesi. La situazione si inasprì ulteriormente quando il governo britannico nominò Lord Napier, membro del parlamento della corona e ufficiale della

Royal Navy, come supervisore del commercio tra Cina e Gran Bretagna. Napier, pur non

avendo nessuna esperienza commerciale o diplomatica, «era determinato a trovare un accordo direttamente con gli ufficiali Qing come diplomatici alla pari»4. Per questo, l’atteggiamento del nuovo supervisore era considerato irrispettoso. Fin dall’inizio, i

1 Carroll, John M., A Concise History of Hong Kong, Rowman & Littlefield Publishers, United States 2007,

p. 13

2 Ibid.

3 Le tasse venivano fatte pagare in argento per fronteggiare i costi dell’oppio. 4 Ivi p. 14

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6

rapporti commerciali tra il governo cinese e l’EIC si basavano su una tacita accettazione della Compagnia,

«that China claims the sovereignty over all under heaven; that the trade […] is a low

degrading occupation, fit only for the lower classes beneath the contempt of the Chinese gentry, literati and officials; but that the Emperor of China, as the father of all human beings, is merciful even to barbarians, […] the Emperor permits the foreign traders at Canton […] and allows them to make money for themselves by this trade, subject to official surveillance, restrictions and penalties. […] foreigners must not suppose that they are the equals even of the lowest of the Chinese people»5.

L’Imperatore cinese si considerava un sovrano universale e vedeva gli europei come barbari e non come dei pari. Non era possibile perciò, che Napier venisse considerato come un ambasciatore; venne invece tenuto in ostaggio a Canton finché non accettò di lasciare la Cina. Alcuni ufficiali Qing erano convinti che i problemi legati al contrabbando di oppio potessero essere risolti legalizzandone il commercio, ma l’Imperatore non era dello stesso parere: l’obiettivo era di porre fine al “foreign mud”6.

Nel marzo del 1839, l’Imperatore Daoguang nominò un commissario, Lin Zexu, noto per la sua incorruttibilità, incaricandolo di far cessare il contrabbando di oppio. Dopo pochi mesi, oltre a vari arresti, il commissario imperiale aveva confiscato ingenti quantitativi d’oppio. Tutti questi avvenimenti porteranno, nel novembre 1839, allo scontro tra le armate cinesi e le navi britanniche nelle acque, porto e baia di Hong Kong e nelle acque a largo della città di Canton. La vittoria dei britannici era soprattutto data dalla loro superiorità militare ma anche dalla collaborazione con settori della stessa popolazione cinese. Infatti, nonostante le autorità cinesi avessero ordinato ai cittadini di Hong Kong di opporsi ai britannici, questi non avevano trovato nessuna resistenza durante l’occupazione della città. «Non ci sono ragioni che spieghino adeguatamente perché alcuni cinesi fossero così impazienti di aiutare i britannici. Né i britannici trovarono collaboratori cinesi ovunque durante la Prima Guerra dell’Oppio»7. Alcuni cinesi trovavano nel risentimento verso i manciù8 una giustificazione per collaborare con i britannici; altri, appartenenti a gruppi etnici secondari, cooperavano già da tempo con gli

5 Eitel, Ernest J., Europe in China : the history of Hong Kong from the beginning to the year 1882, Luzac,

London 1895, p. 12

6 Carroll, John M., A Concise History of Hong Kong, Rowman & Littlefield Publishers, United States 2007,

p. 14

7 Ivi p. 16

8 La dinastia Qing o Manciù-Qing, soprattutto nel periodo tra il 1850 e la caduta avvenuta nel 1912, venne

aspramente criticata per la sua corruzione. Il XIX secolo sarà caratterizzato da una serie di rivolte anti-manciù scoppiate a causa del malcontento della popolazione e che assesteranno un duro colpo all’Impero Qing.

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7

europei. «Per la maggior parte di questi collaboratori, comunque, lavorare con i britannici era soprattutto una questione di benessere e potere»9.

La guerra si concluse con la firma del Trattato di Nanchino del 184210. Il trattato prevedeva, oltre a un'indennità, il controllo straniero sulle tariffe commerciali e quello doganale da parte di un organismo guidato da un sovrintendente britannico, l’apertura di cinque porti cinesi al commercio internazionale, il diritto all’extraterritorialità11, la clausola della “nazione più favorita” che garantiva alla Gran Bretagna delle concessioni prima delle altre nazioni, e infine la cessione perpetua della città di Hong Kong.

L’occupazione britannica di Hong Kong aveva portato crescita e prosperità per gli stranieri e per i cinesi residenti, soprattutto per coloro che avevano collaborato con i britannici durante la guerra dell’oppio. Già nel 1842 iniziarono però a sorgere alcuni problemi: «il colonialismo aveva creato eccezionali opportunità di benessere, ma significò anche crimine, tensione, e confusione»12. A causa di questioni irrisolte circa la

giurisdizione sui residenti della città, molti abitanti si trovavano a pagare tasse sia al governo coloniale che alle autorità cinesi. La città era ancora lontana dall’idea di grandezza che si erano fatti i britannici. In molti ritenevano che la situazione di Hong Kong non avrebbe giovato il loro commerci; tra questi anche il tesoriere coloniale, Robert Montgomery Martin, il quale sosteneva che «il clima, i terreni e le condizioni del commercio di Hong Kong erano così gravi che il governo britannico avrebbe dovuto abbandonare l’isola»13. I reati aumentavano e i furti erano all’ordine del giorno. La

pirateria era una delle ragioni principali del blocco dei commerci, molti mercanti erano riluttanti ad andare nell’isola, per il fatto che il governo coloniale non sembrava in grado di garantire un ambiente sicuro per gli affari.

9 Ivi p. 16-17

10 Considerato il primo dei Trattati Ineguali, imposti con la forza dalle potenze Occidentali all’Impero

Cinese dopo le sconfitte militari nel XIX sec. Sono trattati particolarmente noti nella storia cinese come simbolo di un “Secolo di Umiliazione” durato fino alla fondazione della RPC nel 1949.

11 Diritto degli stranieri in Cina di essere giudicati da una corte presieduta da un giudice dello Stato di

appartenenza dell’imputato.

12 Carroll, John M., A Concise History of Hong Kong, Rowman & Littlefield Publishers, United States 2007,

p.19

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2. La rivolta dei Taiping e la seconda guerra dell’oppio

La Gran Bretagna sperava che il Trattato di Nanchino avrebbe portato alla conclusione di nuovi trattati di cui avrebbe beneficiato anche la Cina, visto che l’obiettivo inglese era di realizzare una maggiore apertura al commercio internazionale. «Per i Qing, il trattato era semplicemente un modo per tenere gli stranieri nella baia»14. Al contrario delle aspettative britanniche, il trattato non portò a un rilancio del commercio.

Nel 1848 Sir Samuel George Bonham diventava governatore di Hong Kong. Bohnam ereditò la difficile condizione finanziaria lasciata dal governo precedente. La gravità della situazione emerse nell’estate del suo insediamento quando le stime riviste mostrarono maggiori spese rispetto alle entrate. Inoltre, era stata scoperta una spesa non contabilizzata di £ 23.000, cifra che apparentemente i governatori precedenti avevano trasferito dai fondi militari per utilizzare nelle spese di governo15. Questo costrinse

Bonham a chiedere ulteriori fondi a Londra, la quale aveva già stabilito per la colonia un pagamento annuo forfettario di £ 25.000 a partire dal 1948: «Bonham aveva quindi l’obbligo di ridurre il divario tra entrate e spese a tale importo»16. Non mancarono le

lamentele da parte del nuovo governatore, che però si impegnò a trovare una soluzione: l’aumento delle tasse sarebbe stata una mossa impopolare, quindi tagliò le spese in ogni modo possibile, cancellando anche lavori pubblici; riuscì infine a bilanciare il budget ritardando il prelievo del proprio stipendio fino all’anno successivo.

«Egli [Bonham] ridusse le stime per il 1849 a £ 38.986 da una spesa effettiva per il 1848 di £ 62.308. Fortunatamente i ricavi tesero ad aumentare senza alcuna nuova tassazione. Questo fatto e i tagli nelle spese consentirono di ridurre la sovvenzione parlamentare; si trattava di £20.000 nel 1850, e nel 1854, l’anno in cui Bonham andò via, era riuscito a ridurre la sovvenzione ai raccomandati £ 8.500. nell’anno successivo alla sua partenza, la colonia era autosufficiente per la prima volta, ad eccezione delle spese militari»17.

Un altro evento con cui Bonham dovette confrontarsi nel 1850, fu lo scoppio della guerra civile nota come “Rivolta dei Taiping”, che spinse molti a lasciare il continente e a rifugiarsi a Hong Kong. Il capo della setta dei Taiping, conosciuto come Tian Wang (Re Celeste), aveva fondato uno stato indipendente, il “Regno Celeste della Grande Pace”, con capitale a Nanchino, dotandosi inoltre di un esercito indipendente. I Taiping

14 Ivi p. 21

15 Cfr. Cameron, Nigel, An illustrated history of Hong Kong, Oxford University Press, Hong Kong, New

York 1991, p. 68

16 Endacott, G. B., A Biographical Sketch-Book of Early Hong Kong, Hong Kong University Press, Hong

Kong 2005, p. 33.

17 Endacott, G. B., A Biographical Sketch-Book of Early Hong Kong, Hong Kong University Press, Hong

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9

portavano avanti un’ideologia basata sul credo cristiano, l’abolizione della proprietà privata e proibizioni contro i liquori, il tabacco e l’oppio, e con l’obiettivo di porre fine all’Impero Qing-Manchu, considerato corrotto.

Sotto la spinta dei commercianti locali, Bonham, inizialmente neutrale, cercò di creare una connessione con i Taiping, in maniera da mantenere attivo il commercio, soprattutto dopo la conquista di Nanchino nel 1853.

Nel 1854, mentre la guerra civile continuava, Bonham si ritirava lasciando il posto a Sir John Bowring. In questo stesso anno, i britannici chiesero nuove concessioni all’Impero cinese: la legalizzazione del commercio di oppio, la libera navigazione e il commercio sul fiume Yangzi, e il diritto a una rappresentanza diplomatica a Pechino18.

Ancora una volta Hong Kong si trovava in mezzo allo scontro tra Cina e Gran Bretagna. Bowring era convinto che un conflitto fosse all’orizzonte, per cui era determinato a trovare una soluzione. Chiese un colloquio con Ye Mingchen, Governatore Generale a Canton, ma i due non riuscirono ad accordarsi su un luogo di incontro. Alla fine, furono proprio le azioni del Governatore di Hong Kong a spingere verso lo scontro. Nel 1855 egli realizzò una politica che permetteva ai cinesi che avevano in affitto un terreno nell’isola ed erano in possesso di una barca, di registrare quest’ultima sotto la bandiera inglese. Furono in molti ad accettare, anche perché questo garantiva la protezione dei britannici, soprattutto dalla pirateria.

Nell’Ottobre del 1856, la nave Arrow registrata a Hong Kong, ma di proprietà cinese, venne fermata dalla polizia cinese a Canton. Vennero arrestati molti membri dell’equipaggio con l’accusa di pirateria e contrabbando. Bowring chiese il rilascio dell’equipaggio e delle scuse, riuscendo a ottenere solo il primo. Harry Parkes, console britannico a Canton, «chiese alla Royal Navy di bombardare la residenza di Ye. I Qing risposero dando fuoco a tutte le industrie europee a Canton»19.

In realtà, lo scontro era solo un pretesto per rivedere il Trattato di Nanchino e trovare una soluzione alle questioni irrisolte della Prima Guerra dell’Oppio. Alla fine del 1857 le forze britanniche, insieme a quelle francesi20 e statunitensi, riuscirono a

18 Cfr. Carroll, John M., A Concise History of Hong Kong, Rowman & Littlefield Publishers, United States

2007, p. 22.

19 Ivi p. 23

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conquistare Canton. Il Governatore Generale Ye venne catturato e Parkes nominato Governatore ad interim.

Il trattato di Tianjin venne firmato nel giugno del 1858 da Cina, Gran Bretagna, Francia, Russia e Stati Uniti. Esso permetteva la costruzione delle ambasciate a Pechino, l’apertura di nuovi porti al commercio internazionale, il diritto di navigare sul fiume Yangzi e la possibilità di viaggiare in tutto il territorio cinese. Un trattato supplementare, qualche mese più tardi, stabiliva una tariffa sull’importazione dell’oppio, di fatto legalizzandone il commercio21. Il trattato, però, non mise fine alle ostilità. La guerra continuò fino all’arrivo delle truppe britanniche e francesi a Pechino, che spinsero l’Imperatore Xianfeng alla fuga. Nell’ottobre del 1860, il fratello minore dell’Imperatore, il Principe Gong, firmava la Convenzione di Pechino, mettendo fine alla Seconda Guerra dell’Oppio. La Convenzione, oltre che riaffermare il diritto alla sede diplomatica presso Pechino, cedeva ai britannici la Penisola di Kowloon e l’Isola di Stoncutter.

Contemporaneamente alla Seconda Guerra dell’Oppio, l’Impero cinese affrontava ancora i ribelli del Taiping. Se nel 1864 i ribelli non fossero stati soppressi, probabilmente avrebbero messo fine alla dinastia Qing. L’esercito cinese riuscì ad avere la meglio, anche grazie all’intervento degli Occidentali.

In questi anni di scontri, la vita a Hong Kong era caratterizzata da forti tensioni tra Cinesi ed Europei. Durante la Seconda Guerra dell’Oppio, il Governatore Generale Ye aveva ordinato ai cinesi di Hong Kong e di Canton di non cooperare con i britannici, «offrendo ricompense in argento per ogni testa inglese che gli venisse consegnata»22, aveva proibito l’esportazione di cibo verso l’isola e imposto ai cinesi residenti di abbandonare la città.

«Manifesti agli angoli delle strade in ogni parte di Canton e Hong Kong richiamavano tutti i cinesi leali a sollevarsi contro gli inglesi barbari, avvelenandoli, pugnalandoli o bruciando le loro proprietà. Le fabbriche europee a Canton vennero distrutte dagli incendi; diversi piroscafi venivano fermate in acque cinesi, i passeggeri uccisi; e a Hong Kong gli edifici di molte ditte europee erano attaccate.»23

Il governo coloniale attuò a sua volta delle misure nei confronti dei cinesi residenti in città, come il coprifuoco, le deportazioni e ricompense per chi fornisse informazioni.

21 Editors, Hong Kong: The History and The Legacy of Asia's Leading Financial Center, Charles River

Editors, Michigan s.d., p. 39

22Cfr. Carroll, John M., A Concise History of Hong Kong, Rowman & Littlefield Publishers, United States

2007, p. 25

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Agli europei era consentito l’uso di misure per la difesa personale: barricate, e pattugliamenti notturni con il permesso di sparare a vista contro ogni possibile sospetto. Molte di queste misure rimasero in vigore per anni24. Comunque, nonostante i divieti e le minacce da parte del governo cinese, durante la guerra in molti collaborarono attivamente con i britannici. Questi non incontrarono resistenza nemmeno nel 1861, nella conquista della Penisola di Kowloon. Ottenere maggiore benessere e potere era la principale ragione per la cooperazione cinese. Per esempio, due fratelli benestanti Li Sing e Li Leong fornirono fin da subito denaro e facchini. Per i loro contributo ricevettero parte dell’indennità di guerra, inclusi elementi d’arredo e preziosi provenienti dal Palazzo d’Estate a Pechino25.

La popolazione di Hong Kong, sia durante la Seconda Guerra dell’Oppio che durante la Rivolta dei Taiping, era cresciuta in maniera esponenziale. Molti mercanti cinesi si erano rifugiati ad Hong Kong dopo lo scoppio della guerra civile e, nonostante le tensioni crescenti tra cinesi ed europei, la rivolta «aiutò la colonia ad uscire dalla crisi economica»26e a far sì che potesse diventare un importante centro per il commercio internazionale. Alla fine, ne giovarono sia i cinesi che gli europei; la crescita economica attirava infatti nuovi investimenti da ogni parte del mondo.

«Il più chiaro indicatore della nuova fiducia degli investitori stranieri nell’economia della colonia può essere vista nella fondazione della Banca di Hong Kong e Shanghai nel luglio del 1864. […] La fondazione della banca era stata annunciata come un segno di prosperità della colonia. […] Alla fine del XX secolo, la banca era diventata una delle più grandi istituzioni finanziarie del mondo.»27

3. L’Epidemia di peste del 1894

Dopo la Convenzione di Pechino, la Gran Bretagna sembrava soddisfatta dei risultati ottenuti. Hong Kong, ormai diventata centrale dal punto di vista del commercio, poteva concentrarsi sulla risoluzione dei problemi interni: l’igiene, l’approvvigionamento idrico e l’educazione28.

24Cfr. Carroll, John M., A Concise History of Hong Kong, Rowman & Littlefield Publishers, United States

2007, p. 27

25 Cfr. ibid. 26 Ivi p. 29 27 Ivi p. 30

28 Cfr. Editors, Hong Kong: The History and The Legacy of Asia's Leading Financial Center, Charles River

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Nel 1882, il governo britannico mandò un ex ufficiale del corpo dei Royal Engineer, Osbert Chadwick, a esaminare la situazione sanitaria della colonia. Il suo report creò i presupposti per l’istituzione, nel 1883, del Sanitary Board29. Il Board aveva il potere di ispezionare e disinfettare le aree in cui c’erano stati casi di peste, comprese le abitazioni private, e mettere in quarantena le persone contagiate. Il Sanitary Board non riuscì a portare a termine gran parte dei suoi compiti a causa dell’opposizione di mercanti e proprietari terrieri, preoccupati che le misure sarebbero state troppo costose. Questi giustificavano la loro posizione con la promessa fatta dal governo della colonia di lasciare che i cinesi mantenessero le loro usanze30.

Allo scoppio dell’epidemia di peste bubbonica nel 1894, a un comitato speciale del Sanitary Board venne affidato il compito di implementare le misure necessarie per contrastare la malattia. «L’inizio [dell’epidemia] era stato scoperto per caso»31. Il

problema della mancanza di igiene non era stato del tutto risolto dalle misure del Board nel 1883 e inoltre, quando i residenti cinesi iniziarono a morire, non c’era nessuna legge che ne richiedesse la comunicazione ai funzionari. «A maggio vennero riportati 150 casi […]. Nei dieci, dodici giorni successivi il bilancio delle vittime era di 450, in aumento»32.

In aiuto al comitato venne fatto intervenire anche l’esercito. «Hong Kong venne dichiarato un porto infetto»33.

L’epidemia si era diffusa maggiormente tra i cinesi, nelle classi meno agiate, come affermato dallo stesso Governatore William Robinson lo aveva affermato. Era stata adibita una nave, l’Hygeia, come ospedale. I contagiati venivano cercati a tappeto e portati a bordo. Le misure attuate però, incontrarono la resistenza della comunità cinese, molti addirittura nascondevano i parenti malati dagli ispettori.

«Una delle ragioni per la diffusione della malattia aveva a che fare con la mancanza di fiducia dei cinesi nella medicina occidentale. La popolazione cinese locale […] evitava ogni interferenza del governo nella vita privata, specialmente nelle proprie case.»34

29 Cfr. Cameron, Nigel, An illustrated history of Hong Kong, Oxford University Press, Hong Kong, New

York 1991, p. 156

30 Cfr. Carroll, John M., A Concise History of Hong Kong, Rowman & Littlefield Publishers, United States

2007, p. 64-65

31 Cameron, Nigel, An illustrated history of Hong Kong, Oxford University Press, Hong Kong, New York

1991, p. 184

32 Ibid. 33 Ibid.

34 Editors, Hong Kong: The History and The Legacy of Asia's Leading Financial Center, Charles River

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Correva voce che «i medici sezionassero le donne incinte e cavassero gli occhi dei neonati per farci medicinali»35 e che la bile, estratta dal fegato dei bambini, fosse l’unica cura contro la peste. Le persone iniziarono a fuggire da Hong Kong. «Alla fine dell’anno, con il calo delle temperature, l’epidemia rallentò; in quel momento il conto dei morti era attorno ai 2500 e in 80.000 avevano lasciato l’isola»36.

I cinesi erano convinti che la peste fosse emessa dal terreno dopo lunghi periodi caldi e clima secco e per questo venivano derisi da alcuni ufficiali della colonia. In realtà, ancora non era chiaro a nessuno che i ratti fossero i responsabili della trasmissione della malattia. I medici europei continuavano a ritenere la mancanza di igiene e il sovraffollamento come la causa principale della diffusione37. La peste si ripresentò anche

negli anni successivi, restando endemica fino alla metà degli anni Venti.

4. I Nuovi Territori

Tra il 1894 e il 1895 si combatté la guerra sino-giapponese. La vittoria fece ottenere al Giappone il controllo sulla penisola di Liaodong a nord-est della Cina, le Isole Penghu e l'Isola di Taiwan. «La guerra sino-giapponese condusse alla lotta per le concessioni dal 1897 fino al 1899»38. Inizialmente, i britannici non volevano occupare nuove zone e chiedevano anche alle altre potenze di fare lo stesso. Questa richiesta, però, rimase inascoltata; uno dopo l'altro, Germania, Russia e Francia ottennero delle concessioni. A questo punto anche «i britannici fecero la loro mossa verso i Nuovi Territori»39, ottenendo una cessione “in affitto” per 99 anni delle zone tra Kowloon e il fiume Sham Chun.

L'area doveva essere una zona cuscinetto con la Cina e avrebbe fornito terreni per il mercato immobiliare e per gli addestramenti militari40.

L'occupazione dei nuovi territori incontrò resistenze da parte dei locali, che insorsero contro i colonizzatori. La paura era che «i britannici invasori avrebbero imposto

35 Carroll, John M., A Concise History of Hong Kong, Rowman & Littlefield Publishers, United States 2007,

p. 64

36 Editors, Hong Kong: The History and The Legacy of Asia's Leading Financial Center, Charles River

Editors, Michigan s.d p. 41 cita Benedict, Carol. Bubonic Plague in Nineteenth-century China. California: Stanford University Press, 1996

37 Cfr. Carroll, John M., A Concise History of Hong Kong, Rowman & Littlefield Publishers, United States

2007, p. 65

38 Ivi p. 68 39 Ibid. 40Cfr. Ivi p. 67

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nuove tasse, confiscato i terreni e interferito con le usanze tradizionali»41. La Gran Bretagna mandò presto i militari per fermare le ribellioni; gran parte della resistenza venne meno una volta che i colonizzatori mostrarono di non avere intenzione di interferire in maniera radicale sulla vita dei locali. «Una volta che tutto fu sistemato, venne innalzata la bandiera sui nuovi territori e le leggi di Hong Kong portate nei nuovi paesi»42 il 16 aprile del 1899.

5. La Rivoluzione del 1911

Il 10 ottobre del 1911 scoppiò una rivolta militare a Wuchang (nella provincia dell’Hebei); questa fu la scintilla che diede inizio alla cosiddetta Rivoluzione Xinhai o Rivoluzione Cinese. In poche settimane anche altre province dichiararono l’indipendenza e nel gennaio del 1912 venne proclamata la nascita della Repubblica Cinese, decretando la fine della dinastia Qing. Il coinvolgimento di Hong Kong nell’organizzazione della rivoluzione non era diretto: Sun Yat-sen, considerato il “padre della nazione”, aveva ricevuto parte della sua educazione nella colonia e qui aveva aperto una sede della Revive

China Society43.

Il governo britannico non voleva che la città diventasse una base per i rivoluzionari e la linea ufficiale era quella di restare neutrali. Allo stesso tempo, però, come molti cinesi a Hong Kong, esso supportava il cambiamento politico in Cina. Nonostante il divieto di Londra, la colonia ospitava molte organizzazioni che appoggiavano la rivolta. Hong Kong si trovava in una posizione per cui, da una parte, non voleva essere coinvolta in eventuali scontri, dall’altra, approvava la rivoluzione.

Pur non essendo coinvolta ufficialmente, Hong Kong giocò un ruolo fondamentale: servì da base per organizzare alcune sommosse, coordinando le attività. I rivoluzionari lanciarono da Hong Kong otto delle trentadue rivolte totali avvenute tra il 1895 e il 191144.

41Ivi p. 69

42 Editors, Hong Kong: The History and The Legacy of Asia's Leading Financial Center, Charles River

Editors, Michigan s.d., p. 42

43 Cfr. Carroll, John M., A Concise History of Hong Kong, Rowman & Littlefield Publishers, United States

2007, p. 78. La Revive China Society era stata fondata da Sun Yat-sen nel 1894 ad Honolulu, durante la Prima Guerra Sino-Giapponese. L’obiettivo era di espellere i Manchu, visti come corrotti, e di far “rinascere” la Cina con un nuovo governo unificato. Nel 1905 si unì al Tongmenghui (Alleanza Cinese Unita), che nel 1912 diventò il Guomindang (Partito Nazionalista).

44 Tsang, Steve, A Modern History of Hong Kong, I. B. Tauris, London 2007, p. 78 cita Li, Sun Zhongshan

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La colonia funzionò da centro di reclutamento e addestramento. Uno dei ruoli principali fu quello di propaganda: c’era una discreta libertà di stampa e giornali rivoluzionari, come il China Daily, pur non avendo troppa influenza, venivano stampati nella colonia per poi essere distribuiti al di fuori di essa; venivano persino prodotte performance teatrali per diffondere la causa rivoluzionaria, soprattutto tra i meno istruiti45. Sicuramente il maggior ruolo fu quello di supporto finanziario del movimento rivoluzionario: molti imprenditori cinesi donarono generosamente alla causa, non solo denaro, ma anche permessi e luoghi sicuri per l’organizzazione delle attività46. Infine, Hong Kong offrì riparo ai ribelli: il governo della colonia non cercò di reprimere i gruppi rivoluzionari presenti sul territorio e diede rifugio a molti sostenitori di Sun dopo la fallita insurrezione del 1895. Nel 1896, il Governatore Robinson (1891 – 1898) rifiutò la richiesta delle autorità di Canton di estradare uno dei seguaci di Sun, anche se allo stesso tempo affermava che non avrebbe permesso che la colonia fosse «usata come rifugio da persone coinvolte in trame e pericolose cospirazioni contro un vicino Impero amico»47.

La posizione ufficiale del governo di Hong Kong può essere riassunta in questi termini:

«La politica di Hong Kong verso la Cina è di rigorosa imparzialità e non-intervento negli affari interni cinesi. La colonia è interessata a mantenere relazioni amichevoli con il governo cinese […]. Ma il desiderio di mantenere relazioni amichevoli con le vicine autorità cinesi non significa, naturalmente, che Hong Kong si schiera con loro in qualsiasi disputa interna»48.

Questa politica era la principale motivazione per cui ai dissidenti cinesi era permesso vivere ad Hong Kong, «a condizione che nessuna legge locale fosse infranta e che la loro presenza non fosse nociva per gli interessi britannici»49. L’implementazione della norma, in realtà, dipendeva principalmente dal giudizio degli alti funzionari in carica, in funzione di interessi personali o della Gran Bretagna50. I britannici erano più

45 Ivi p. 79 cita Chan, China, Britain and Hong Kong, 71–2. 46 Ibid.

47 Carroll, John M., A Concise History of Hong Kong, Rowman & Littlefield Publishers, United States

2007, p. 79. cita 12 CO 129/283, 4 ottobre 1897, Lockhart tu Sun, ristampa in Tsang, Government and

Politics, p. 278; citato anche in Chan Lau Kit-ching, China, Britain and Hong Kong, 1895-1945, Hong

Kong: Chinese University Press, 1990, p. 35.

48 Tsang, Steve, A Modern History of Hong Kong, I. B. Tauris, London 2007, p. 81 cita CO537/2197,

Galsworthy to Scott, letter, 8 August 1947.

49 Ibid.

50 Per esempio, Sun Yat-sen era stato bandito da Hong Kong per cinque anni. La ragione ufficiale era che

la sua presenza fosse pericolosa per la pace e l’ordine della colonia. Se il governo coloniale fosse stato coerente con questa posizione, avrebbe dovuto espellere tutti i seguaci di Sun che avevano cercato riparo a Hong Kong, cosa che non venne mai portata avanti. In realtà bandire Sun fu una decisione presa per compiacere il governo cinese, non perché quest’ultimo lo avesse richiesto. Con questa mossa Londra

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preoccupati di mantenere l’ordine e il rispetto delle norme nella colonia più che compiacere le autorità cinesi.

La rivoluzione aveva portato un numero significativo di rifugiati, a cui veniva fornito cibo e riparo. La East Canton Red Cross Society forniva medicinali e personale per i feriti. Anche le scuole fecero la loro parte in questa situazione. Dando la possibilità di entrare in contatto con studenti di diverse nazionalità e con libri provenienti da tutto il mondo51, esse formavano persone con una mentalità aperta. «Includendo materie come “governo parlamentare”, comunque, il curriculum educazionale della colonia incoraggiava gli studenti a pensare alla politica in modo che aiutasse a formare la loro coscienza politica»52. Lo stesso Sun Yat-sen, in un discorso all’Università di Hong Kong

nel 1923, aveva affermato di aver sviluppato le sue idee rivoluzionarie dopo aver studiato a Hong Kong53 e aver visto come fosse ben amministrata rispetto alla Cina54.

La rivoluzione del 1911 non aveva lasciato indifferenti i cinesi di ogni classe residenti nella colonia. Frederick Lugard, governatore di Hong Kong dal 1907 al 1912, aveva scritto che la notizia della rivoluzione era stata ricevuta come «la più incredibile esplosione emotiva che si fosse mai sentita nella storia della Colonia […]. L’intera popolazione cinese sembrava essere temporaneamente impazzita di gioia»55.

Si svolgevano marce di sostegno, studenti e mercanti organizzavano raccolte fondi per supportare i ribelli. Lentamente le manifestazioni pacifiche si trasformarono però, in disordini civili: «diversi cinesi a Hong Kong sentivano che, visto che i Manchu erano stati cacciati dalla Cina, i britannici dovevano essere i prossimi»56. Queste proteste si erano sviluppate tra le classi più povere, i rivoluzionari non volevano l’intervento delle potenze straniere e le classi dirigenti cinesi di Hong Kong «erano determinate a non danneggiare la stabilità economica e politica di Hong Kong»57.

cercava il favore delle autorità cinesi, ma si rese ben presto conto che le motivazioni per cui a Sun era vietato l’ingresso a Hong Kong, se rese pubbliche, avrebbero causato forti critiche. Cfr. Tsang, Steve, A

Modern History of Hong Kong, I. B. Tauris, London 2007, p. 81.

51 Carroll, John M., A Concise History of Hong Kong, Rowman & Littlefield Publishers, United States 2007,

p. 78–80.

52 Ivi p.78 53 Ibid.

54 Cfr. Tsang, Steve, A Modern History of Hong Kong, I. B. Tauris, London 2007, p. 85.

55 Carroll, John M., A Concise History of Hong Kong, Rowman & Littlefield Publishers, United States 2007,

p. 81–82.

56 Carroll, John M., A Concise History of Hong Kong, Rowman & Littlefield Publishers, United States 2007,

p. 82.

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Il governo della Colonia era preoccupato della piega che le attività rivoluzionarie stavano prendendo in città. Francis Henry May, governatore di Hong Kong dal 1912 al 1919, portò avanti una serie di ordinanze per cercare di contrastare la propaganda anti-britannica.

In realtà, «la rivoluzione del 1911 è conosciuta in ogni parte della Cina come una pagina gloriosa negli annali di storia cinese. Come molte rivoluzioni, comunque, essa causò tanti problemi quanti ne risolse»58. Yuan Shikai, che aveva sostituito Sun Yat-sen come presidente della Repubblica nel 1912, sosteneva fortemente gli obiettivi di modernizzazione del Paese, ma allo stesso tempo voleva mantenere il potere nelle sue mani. «Nel 1915 si dichiarò imperatore dell’Impero Cinese, dopo essere stato convinto da uno scienziato politico americano che la Cina non fosse pronta per la democrazia»59.

A questo punto Yuan aveva perso credibilità e, appoggio e nel 1916, il collasso della sua monarchia distrusse l’autorità del governo centrale, aprendo la via ai leader militari regionali60.

Di fatto, la rivoluzione aveva fallito nel portare stabilità e la politica cinese fu caratterizzata da frammentarietà fino alla fine degli anni Venti. Questo ebbe degli effetti anche su Hong Kong. La rivoluzione aveva portato un numero significativo di rifugiati, a cui venivano fornite cure61, cibo e riparo; al 1914 la popolazione aveva raggiunto il mezzo milione. Cambiarono anche le relazioni politiche con la Cina:

«Poiché il governo a Pechino amministrava la Cina solo formalmente, il governo di Hong Kong doveva avere a che fare direttamente con una successione di regimi a Canton, molti dei quali provarono a minare la stabilità economica e politica di Hong Kong. Ancorché il British Foreign Office continuava a riconoscere chiunque fosse in carica a Pechino come governo legittimo, e questo conduceva spesso ad attriti tra il

Foreign Office e il governo di Hong Kong»62.

58 Ivi p. 83 59 Ibid.

60Cfr. Tsang, Steve, A Modern History of Hong Kong, I. B. Tauris, London 2007, p. 84. 61 La East Canton Red Cross Society forniva medicinali e personale medico per i feriti.

62 Cameron, Nigel, An Illustrated History of Hong Kong, Oxford University Press, Hong Kong, New York

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6. La Prima Guerra Mondiale, il periodo interbellico e gli scioperi degli anni Venti

La Grande Guerra fu principalmente europea. Hong Kong non venne mai direttamente coinvolta negli scontri, né ci fu mai una minaccia diretta al suo territorio. Nonostante questo, la paura di un attacco alla colonia aveva portato molti cinesi a rifugiarsi nel Guangdong63.

Il patriottismo si diffuse presto nella comunità britannica e, come il resto dell’impero, Hong Kong fece la sua parte per supportare la Gran Bretagna. Venne istituita la Hong Kong Volunteer Corps per occuparsi dei doveri di guarnigione della città, così le forze regolari potevano prendere servizio in Europa64. «Quasi il 25% degli uomini inglesi

si offrì volontario per il servizio militare»65. Anche la comunità cinese partecipò. La Cina era entrata in guerra accanto alle Forze Alleate nel 1917 e contribuì con 200.000 uomini che servirono come truppe ausiliarie non combattenti in Europa66. L’aiuto dalla colonia

arrivò anche in denaro, da parte della comunità britannica come da quella cinese. Oltre alla normale tassa militare, si raccolsero dieci milioni di dollari di Hong Kong.

La comunità tedesca a Hong Kong era la più grande comunità non-cinese dopo quella britannica e, ora che la guerra aveva reso la Germania una nemica, il governo coloniale si trovava a dover decidere che fare dei residenti tedeschi. Le donne e i bambini vennero rimpatriati, mentre gli uomini internati fino alla fine degli scontri.

Lo scoppio del conflitto mondiale non solo non causò a Hong Kong danni diretti, ma non portò nemmeno a una crisi economica. Anzi,

«in termini di crescita economica, Hong Kong beneficiò [della guerra] più che soffrirne, non solo per l’espansione degli affari e altre attività economiche tra i cinesi locali. Il cambio di rotta delle spedizioni britanniche da Hong Kong e dalla Cina per sostenere la guerra, diede ai residenti cinesi maggiori possibilità di espandersi nel trasporto marittimo moderno, in particolare alla luce della crescita del traffico tra Hong Kong e Canton»67.

Con all'incirca un quarto degli uomini europei della colonia in guerra, i cinesi erano riusciti a espandere le attività anche in settori dominati dagli europei come quello

63Cfr. Carroll, John M., A Concise History of Hong Kong, Rowman & Littlefield Publishers, United States

2007, p. 86.

64 Cfr. Tsang, Steve, A Modern History of Hong Kong, I. B. Tauris, London 2007, p. 86.

65 Cfr. Carroll, John M., A Concise History of Hong Kong, Rowman & Littlefield Publishers, United States

2007, p. 86.

66 Cfr. Tsang, Steve, A Modern History of Hong Kong, I. B. Tauris, London 2007, p. 85. 67 Ivi p. 87 cita Zhang, Xianggang Huashang Shi, 45–6.

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bancario68. Questo non significa che Hong Kong fosse protetta dalle perturbazioni economiche che comunque arrivarono alla fine della guerra:

«si era verificata una forte inflazione a causa delle carenze dovute alle interruzioni in tempo di guerra e al rapido aumento della popolazione, che aveva portato all’aumento degli affitti e il prezzo di varie merci, mentre i salari restavano statici»69.

Inoltre, dopo l’aiuto dato in guerra, la Cina si aspettava in cambio di riottenere l’ex concessione tedesca a Jiaozhou nel Shandong. Le Forze Alleate, però, la consegnarono al Giappone grazie a un trattato segreto stipulato durante la guerra. La cosa causò forte irritazione tra i cinesi e diede un’accelerata al nazionalismo. La Cina non era stata trattata come un vincitore alleato a Versailles.

Questo insieme di fattori portò a una serie di scioperi e manifestazioni che durarono per tutti gli anni Venti. «Quando la notizia dell’accordo raggiunse Pechino, gli studenti delle università tennero una manifestazione di massa in Piazza Tienanmen il 4 maggio del 1919»70. Il cosiddetto Movimento del Quattro Maggio iniziò le sue dimostrazioni nella capitale cinese, per poi espandersi nel resto del Paese. Il Movimento, che chiedeva il boicottaggio delle merci giapponesi, si espanse anche a Hong Kong, dove «studenti e giornalisti organizzavano manifestazioni anti-giapponesi» 71 , mentre i mercanti

spingevano i residenti a comprare solo beni cinesi. A queste manifestazioni seguirono diversi scioperi dei lavoratori come quello dei meccanici nel 1920 e dei marinai nel 1922. Sicuramente uno dei più significativi fu lo sciopero - boicottaggio del 1925 – 1926, dimostrazione, di come i movimenti nazionalisti rivoluzionari in Cina potessero colpire Hong Kong72. All’origine dello sciopero c’era un’agitazione operaia in un cotonificio di proprietà giapponese a Shanghai. Il confronto tra lavoratori e gestori aveva portato alla morte di un operaio cinese73. Il 30 maggio, durante il funerale dell’operaio, dei dimostranti si unirono al corteo e marciarono verso l’International Settlement di Shanghai. La polizia, sotto il comando britannico, sparò contro i dimostranti. Vennero uccise nove persone, questo «provocò la più grande esplosione di nazionalismo diretto contro i

68 Cfr. Cfr. Carroll, John M., A Concise History of Hong Kong, Rowman & Littlefield Publishers, United

States 2007, p. 86.

69 Tsang, Steve, A Modern History of Hong Kong, I. B. Tauris, London 2007, p. 87 cita Miners, Hong Kong

under Imperial Rule, 9.

70 Carroll, John M., A Concise History of Hong Kong, Rowman & Littlefield Publishers, United States 2007,

p. 96.

71 Ibid.

72 Cfr. Carroll, John M., A Concise History of Hong Kong, Rowman & Littlefield Publishers, United States

2007, p. 99.

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britannici»74e, soprattutto, contro l’imperialismo britannico. L’azione del cosiddetto Movimento del Trenta Maggio ebbe un’enorme risonanza, dando il via a proteste in tutta la Cina, ma con maggiore concentrazione a Shanghai e Canton, dove i britannici avevano i loro principali interessi. A Canton, in particolare, ci fu un altro importante conflitto a fuoco che portò a nuove proteste e a dirette conseguenze anche a Hong Kong, «esempio più visibile dell’imperialismo britannico»75.

Volantini e manifesti contro gli inglesi venivano distribuiti e appesi in tutta la colonia. I cinesi venivano incitati a ribellarsi e cacciare i colonialisti e tutti coloro che li appoggiavano. Da Canton i leader dello sciopero chiedevano ai residenti di lasciare Hong Kong e più di 50.000 persone seguirono le loro direttive; alla fine di luglio il numero aveva raggiunto i 250.000.

«I prezzi per gli alimenti aumentarono, provocando un massiccio ritiro di depositi dalla banca. L’economia di Hong Kong arrivò quasi a una paralisi, e agli inizi di luglio la colonia era come “una città fantasma”»76.

La situazione finanziaria era seria, le esportazioni e le importazioni erano calate a picco, le industrie erano vicine alla bancarotta e una banca era andata in liquidazione. Il governatore Stubbs non fu in grado di gestire e risollevare la colonia. Inizialmente, non aveva dato peso agli scioperi, sostenendo che non avrebbero colpito Hong Kong. Anche quando in città iniziarono le proteste, Stubbs scelse di prendere misure piuttosto aggressive per una situazione altamente delicata, misure che però non ebbero nessun effetto: invocò l’emergenza, introdusse la censura e diede alla polizia larghi poteri, in maniera che potessero cercare e detenere i sospettati, ma soprattutto cercò di tagliare i rifornimenti di cibo a Canton per intimidire gli scioperanti77; un’altra operazione tentata da Stubbs, non autorizzata da Londra, fu di finanziare il colpo di stato di Chen Jiaoming, un capo militare, per far cadere il governo del Guomindang a Canton e istituirne uno amico a Hong Kong. Tutti i tentativi di risolvere la situazione si rivelarono, però, fallimentari. Cecil Clementi sostituì Stubbs nel governo della colonia nel novembre del 1925. Sebbene Clementi parlasse cantonese e avesse un’ottima conoscenza della cultura e della politica cinese, la sua azione poté fare poco per mettere fine alle proteste78. Anche

74 Ibid.

75 Carroll, John M., A Concise History of Hong Kong, Rowman & Littlefield Publishers, United States 2007,

p. 99.

76 Carroll, John M., A Concise History of Hong Kong, Rowman & Littlefield Publishers, United States 2007,

p. 99 cita Gilligham, Paul, At the Peak: Hong Kong Between The Wars, Macmillan, Hong Kong 1983, p. 37

77 Cfr. Tsang, Steve, A Modern History of Hong Kong, I. B. Tauris, London 2007, p. 96. 78 Ibid.

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instaurare un dialogo con i vertici del Guomindang fu complicato a causa del nazionalismo crescente; tutto il partito si preparava alla Spedizione del Nord del 1928, guidata dal generale Chiang Kai-shek, che avrebbe portato all’unificazione del Paese sotto un unico governo.

«Sebbene il peggio fosse finito agli inizi del 1926, lo sciopero durò per più di un anno, e il governo britannico dovette stabilire un prestito commerciale di tre milioni di sterline per prevenire il collasso dell’economia della colonia. E anche dopo che lo sciopero terminò, il boicottaggio di accompagnamento sulle merci britanniche, che aveva contribuito a rendere lo sciopero così devastante, durò per ancora diversi mesi»79.

Clementi continuò a cercare di mettere fine al boicottaggio delle merci tramite negoziati con il governo di Canton, minacciando a volte anche l’uso della forza. I negoziati non furono facili ma, il 10 ottobre 1926, arrivò l’ordine di Canton di revocare il blocco delle merci. Si era riusciti ad arrivare a un compromesso: Canton avrebbe imposto un sovraprezzo del 2,5% sulla tassa di importazione, che i britannici tacitamente accettarono80.

Lo sciopero e il boicottaggio completarono un processo di cambiamento già iniziato a Hong Kong con gli scioperi dei primi anni Venti. La comunità cinese, da gruppo mansueto che non voleva avere a che fare con il governo coloniale, diventò molto più attiva, tanto da avanzare richieste al governo e alla società. Lo stesso governo della colonia cambiò atteggiamento nei confronti della popolazione cinese. Gradualmente andava a modificarsi il rapporto che aveva caratterizzato la colonia fino a quel momento, con maggiori riconoscimenti e diritti anche per i lavoratori cinesi.

Clementi si rese conto anche dell’importanza di instaurare buoni rapporti con il governo di Canton, per cercare di evitare situazioni dello stesso tipo in futuro. E in un certo senso questo atteggiamento «rispecchiò il cambiamento generale della politica britannica verso la Cina»81, con una maggiore attenzione anche alle proposte delle autorità cinesi.

79 Carroll, John M., A Concise History of Hong Kong, Rowman & Littlefield Publishers, United States 2007,

p. 99.

80 Cfr. Tsang, Steve, A Modern History of Hong Kong, I. B. Tauris, London 2007, p. 99-100. 81 Ivi p. 101.

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7. La Seconda Guerra Mondiale e l’occupazione giapponese

Nel luglio del 1937, il Giappone invase la Cina. L’esercito cinese, guidato da Chiang Kai-shek, riuscì a contrastare i giapponesi per qualche mese. Ben presto, però, gli avversari occuparono le principali città cinesi, costringendo Chiang alla ritirata verso Chongqing. Anche Canton cadde nelle mani giapponesi nel 1938, dopo il loro sbarco a Daya Bay a nord di Hong Kong. «Pressoché da un giorno all’altro, Hong Kong assunse una nuova importanza per la Cina»82. Hong Kong, oltre a fornire un riparo per il numero elevato di rifugiati cinesi che si riversarono nel suo territorio, diventò per la Cina un’ancora di salvezza. Dopo l’invasione giapponese, il governo cinese perse buona parte delle sue regioni industriali, quindi fu costretto a cercare i materiali e gli equipaggiamenti necessari al di fuori del Paese. Di fatto, Hong Kong servì da ponte per far arrivare gli aiuti dei Paesi occidentali sulle coste cinesi. Naturalmente, questo determinò varie conseguenze sull’isola: dopo l’occupazione giapponese di Shanghai e Canton, il commercio estero cinese venne deviato sulla colonia; alcune banche, come la Bank of

China, spostarono lì i loro quartier generali; molti imprenditori trasferirono intere

fabbriche; l’importante incremento di popolazione innalzò le entrate del governo coloniale grazie agli affitti sui terreni83. Insomma, Hong Kong conobbe una nuova espansione industriale ed economica grazie, in un certo senso, alla sventura cinese.

La politica britannica nel 1937 – 1938 era orientata a prevenire qualsiasi azione diretta contro il Giappone, anche perché, nel settembre del 1938, Hong Kong era stata dichiarata zona neutrale84. Il governo della colonia, pur simpatizzando per la Cina, ne rifiutò le richieste di aiuto: non accettò la proposta di creare una base aerea segreta sull’isola, né di armare i cinesi residenti per combattere sul continente; addirittura, essa proibì alla Hong Kong Red Cross Society di inviare uomini nelle zone di guerra. Nonostante queste premesse, i britannici chiusero un occhio sulle attività dei Nazionalisti e dei Comunisti cinesi, sia su quelle di raccolta fondi che di propaganda, per supportare lo sforzo bellico cinese.

82 Carroll, John M., A Concise History of Hong Kong, Rowman & Littlefield Publishers, United States 2007,

p. 116.

83 Cfr. Ibid.

84 Cfr. Carroll, John M., A Concise History of Hong Kong, Rowman & Littlefield Publishers, United States

2007, p. 117. Nel 1931 il Giappone aveva invaso la Manciuria, questo aveva provocato una serie di disordini ad Hong Kong. La folla arrabbiata aveva attaccato i residenti giapponesi, saccheggiato i negozi e assassinato un’intera famiglia. Questa situazione aveva creato non poco imbarazzo al governo coloniale che per risolvere il problema aveva dovuto intervenire con l’esercito.

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Con lo scoppio del Secondo Conflitto Mondiale in Europa, nel settembre del 1939, la Gran Bretagna non fu più in grado di difendere il suo impero coloniale, inclusa Hong Kong. «Negli anni in cui la Cina necessitava disperatamente il suo supporto, la Gran Bretagna si preoccupò, prima della minaccia nazista e poi della guerra in Europa»85. Inevitabilmente, il governo di Hong Kong si preparò a difendersi, dichiarando allo stesso tempo la neutralità86. Naturalmente, la colonia, per supportare la Gran Bretagna quando questa dichiarò guerra alla Germania, fece la propria parte attraverso l’introduzione di nuove tasse e raccolte fondi organizzate sia dai britannici che dai cinesi residenti. Comunque,

«nonostante i generosi contributi della comunità cinese in entrambi gli sforzi bellici, il governo coloniale dubitava di poter far affidamento sui cinesi per aiutare a difendere la colonia. La visione ufficiale era che siccome la maggior parte dei cinesi considerava Hong Kong una casa temporanea, sarebbero stati incapaci di compiere qualsiasi sacrificio per Hong Kong»87.

Certo è che, anche negli anni precedenti, non c’era stato molto impegno da parte del governo coloniale per avvicinarsi alla comunità cinese, né, lo stesso, si fidava abbastanza da lasciare che i cinesi si arruolassero per difendere la colonia88.

Nel luglio del 1939, il governo coloniale, seguendo le direttive di Londra, stabilì la leva obbligatoria: tutti i maschi britannici di discendenza europea di età compresa tra i diciotto e cinquantacinque anni dovevano registrarsi per il servizio militare. Venne così creata la Hong Kong Defence Reserve89. Nell’estate del 1940 si decise di far evacuare donne e bambini britannici in Australia.

L’8 Dicembre 1941, il Giappone attaccò Hong Kong. In soli diciassette giorni, i giapponesi occuparono l’isola di Hong Kong, Kowloon e i Nuovi Territori. Il Governatore Sir Mark Young dichiarò la resa. Dopo quasi un secolo da quando i britannici avevano ottenuto Hong Kong, essi ne persero il controllo.

85 Tsang, Steve, A Modern History of Hong Kong, I. B. Tauris, London 2007, p. 115.

86 Cfr. Carroll, John M., A Concise History of Hong Kong, Rowman & Littlefield Publishers, United States

2007, p. 118.

87 Ivi p. 119

88 Ibid. Anche quando il British War Office accettò che i cinesi si potessero arruolare, le restrizioni

sull’altezza e il peso esclusero la quasi totalità dei candidati: di seicento solo trentacinque furono accettati.

89 Cfr. Cracknell, Philip, Battle for Hong Kong, December 1941, Amberley Publishing Limited, The Hill,

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«Sia le truppe regolari [britanniche] che quelle volontarie seguirono gli ordini di Churchill di combattere fino alla fine»90. La difesa pianificata dal Maggior Generale Christopher Maltby e l’alleanza con Chiang Kai-shek, però, non servirono a molto contro i piani di conquista giapponesi. Le armi britanniche, insufficienti e obsolete, non poterono nulla contro quelle nemiche. Inoltre, il Giappone aveva dalla sua non solo la superiorità numerica, ma anche una struttura di intelligence ben organizzata, con spie inviate a Hong Kong molto prima dell’inizio del conflitto: gli agenti lavoravano come camerieri, barman, parrucchieri, massaggiatori e prostitute al servizio di molti ufficiali britannici.

«Questo include, per esempio, un comandante della marina [giapponese] che, per sette anni, lavorò come parrucchiere e pazientemente ascoltò le conversazioni tra i suoi clienti britannici, inclusi due governatori, alti ufficiali dell’esercito, il commissario della polizia e il capo della sezione speciale»91.

Iniziò, quindi, un’occupazione di tre anni e otto mesi in cui «i giapponesi rapidamente trasformarono Hong Kong da una colonia britannica a una giapponese»92. Vennero addirittura cambiati i nomi delle strade e introdotte le festività giapponesi.

L’invasione venne giustificata dal Giappone con la liberazione dal colonialismo, ma ben presto gli occupanti mostrarono la loro inumanità. Nel gennaio del 1942 tutti i residenti britannici, americani e danesi vennero arrestati. Il Governatore Young venne fatto prigioniero e mandato a Wusong in Cina, per poi essere trasferito a Taiwan dove rimase fino alla fine della guerra. «For the first time since Elliot claimed Hong Kong for

Queen Victoria, the British were not the lord and the master but prisoners and internees»93. Degli arrestati, molti furono giustiziati; altri morirono per malattie o malnutrizione nei campi di prigionia di Sham Shui Po a Kowloon, riservato ai soli militari, e a Stanley nel sud della Penisola, dove invece vennero mandati i civili. La vita nei campi era molto dura, gli internati venivano affamati e costretti a lavori di costruzione. A Hong Kong furono organizzate delle parate di prigionieri inglesi, costretti spesso a inginocchiarsi davanti ai cinesi, tirare i risciò e pulire le strade94. Come ha affermato lo storico Philip Snow, «the keynote of their treatment was humiliation rather than brutality

90 Carroll, John M., A Concise History of Hong Kong, Rowman & Littlefield Publishers, United States 2007,

p. 119.

91 Tsang, Steve, A Modern History of Hong Kong, I. B. Tauris, London 2007, p. 121.

92 Carroll, John M., A Concise History of Hong Kong, Rowman & Littlefield Publishers, United States 2007,

p. 121.

93 Tsang, Steve, A Modern History of Hong Kong, I. B. Tauris, London 2007, p. 119.

94 Cfr. Carroll, John M., A Concise History of Hong Kong, Rowman & Littlefield Publishers, United States

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for the sake of it»95. Lo stesso Young scrisse che il trattamento riservatogli durante la prigionia fosse «almost invariably inconsiderate, […] frequently objectionable, and […]

on occasion positively barbarous»96.

Il trattamento dato ai cinesi non fu migliore di quello riservato alle altre nazionalità, nonostante le autorità giapponesi avessero insistito sul fatto che non fossero considerati nemici: stupri, esecuzioni, torture e mutilazioni furono eseguite con regolarità. I prigionieri cinesi furono usati perfino come bersagli di tiro e pratica con le baionette97. In realtà, i giapponesi avevano un forte astio nei confronti dei cinesi per aver servito volontariamente i padroni europei in tutti quegli anni.

Già nei primi mesi di occupazione, i giapponesi cercarono di ridurre la popolazione di Hong Kong rimpatriando chi era fuggito nell’isola dopo l’invasione della Cina. Chiunque non avesse la residenza o un impiego doveva andarsene. Ci fu anche chi volontariamente fuggì verso il continente in cerca di una vita migliore, «un esodo incoraggiato dai giapponesi la cui “amministrazione” inetta e brutale falliva nello sfamare la popolazione […]»98. Il nuovo regime tentò di introdurre un programma per la riapertura

delle fabbriche che fallì miseramente. Alla metà del 1943 la scarsità di cibo divenne insostenibile, in parte a causa dell’invio verso il Giappone delle grandi riserve di riso di Hong Kong, in parte a causa dell’interruzione del commercio con l’estero, tant’è che molti abitanti sopravvissero solo mangiando ratti. Anche il sistema scolastico andò in pezzi.

John M. Carroll scrive che bisogna prendere in considerazione anche alcuni cambiamenti in positivo, sottolineando come

«l’abitudine giapponese di delegare i compiti diede ai cinesi un ruolo maggiore rispetto a quello avuto sotto i britannici, mentre i giapponesi crearono anche una rete di dipartimenti distrettuali, che i britannici non avevano mai avuto. Contrariamente ai britannici, i giapponesi avevano fatto di tutto per pubblicizzare e spiegare le loro politiche ai cinesi. I giapponesi fecero anche dei cambiamenti positivi nel campo della salute pubblica e dell’agricoltura»99.

95 Carroll, John M., A Concise History of Hong Kong, Rowman & Littlefield Publishers, United States 2007,

p. 122 cita Philip Snow, The fall of Hong Kong: Britain, China, and the Japanese Occupation, New Haven, Cr: Yale University Press, 2003, p. 133-34.

96Cfr. Cameron, Nigel, An Illustrated History of Hong Kong, Oxford University Press, Hong Kong, New

York 1991, p. 261 cita Endacott, G. B., Hong Kong Eclipse, ed. Alain Birch, Hong Kong University Press, 1978, p. 183.

97 Cfr. Carroll, John M., A Concise History of Hong Kong, Rowman & Littlefield Publishers, United States

2007, p. 123.

98 Cameron, Nigel, An Illustrated History of Hong Kong, Oxford University Press, Hong Kong, New York

1991, p. 264.

99 Carroll, John M., A Concise History of Hong Kong, Rowman & Littlefield Publishers, United States 2007,

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I giapponesi, con le loro misure sulla sanità, riuscirono a tenere sotto controllo le epidemie di vaiolo e colera rispetto agli anni precedenti alla guerra. Questi non ebbero difficoltà a trovare collaboratori ad Hong Kong perché se da una parte alcuni cinesi avevano creduto alla retorica dell’“Asia agli asiatici”, dall’altra, la maggior parte semplicemente cooperò per cavarsela100. La collaborazione, a sua volta, era generata anche dalla paura di una reazione degli occupanti, dato che i giapponesi mostrarono fin da subito i loro metodi brutali e repressivi. I militari e la polizia militare, il Kempeitai, non risparmiarono nessuno: qualunque cinese, seppure di passaggio, che sbagliava anche solo nell’inchino, veniva punito duramente, ucciso con arma da fuoco o decapitato per strada.

Anche alcuni britannici lavorarono con i giapponesi, come per esempio i banchieri, in maniera da mantenere una certa stabilità finanziaria o il Dottor P. S. Selwyn-Clarke, ex direttore del pronto soccorso, che collaborò per il bene della comunità cinese e dei prigionieri europei.

Il Generale Isogai Rensuke, nuovo governatore di Hong Kong, nominato nel gennaio del 1942, istituì due comitati costituiti da leader cinesi ed euroasiatici per amministrare la popolazione cinese: un modo, anche questo, per cercare di consolidare la loro posizione. I cinesi e gli euroasiatici non si opposero alla nuova organizzazione, a dimostrazione che capirono la necessità di cooperare101.

La resistenza fu un’altra parte importante dell’occupazione ed ebbe diverse forme.

«Così come fecero sotto i britannici, molti cinesi semplicemente ignorarono le norme e le proclamazioni emanate dalle autorità giapponesi. Lo staff dell’ufficio del governatore spesso non si presentò alle lezioni obbligatorie di giapponese; i commessi dei grandi magazzini gestiti dai cinesi si rifiutarono di vendere le merci ai giapponesi, fingendo di aver esaurito le scorte; intere scuole si trasferirono in zone non occupate del continente piuttosto che attenersi al nuovo curriculum»102.

Furono principalmente due i gruppi ad occuparsi della resistenza: da una parte i britannici con la British Army Aid Group (BAAG), e dall’altra la guerriglia cinese portata avanti dai sostenitori dei comunisti. La BAAG, appoggiata dai giovani cinesi di Hong Kong, era comandata dal Tenente Colonnello Linsday Ride, conosciuto per essere riuscito

100 Carroll, John M., A Concise History of Hong Kong, Rowman & Littlefield Publishers, United States

2007, p. 124.

101Cfr. Carroll, John M., A Concise History of Hong Kong, Rowman & Littlefield Publishers, United States

2007, p. 125.

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