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IV. DOPO IL 1997: HONG KONG IN CINA

6. Cambiamenti necessari

Dal 1997, l’intervento dei cittadini nella politica di Hong Kong vide un graduale aumento. In generale, tuttavia, i livelli di partecipazione non erano mai stati particolarmente impressionanti. La popolazione era maggiormente attiva in attività politiche non istituzionali, come campagne di raccolte firme, marce e proteste: la protesta del 2003 contro la legge di sicurezza nazionale o quella del 2011 contro la riforma dell’educazione, per esempio, attrassero decine di migliaia di partecipanti393. Si sviluppò,

nel corso degli anni, una maggiore attenzione alle notizie quotidiane riguardanti la politica e il governo, tramite i talk show o le radio, ma anche attraverso il giornalismo partecipativo o l’uso di media alternativi. Con l’utilizzo di questi mezzi anche l’attivismo digitale conobbe un incremento d’importanza, soprattutto nel portare all’attenzione dei cittadini diverse cause, far sentire la voce degli oppositori e organizzare le mobilitazioni394. A Hong Kong, secondo l'autrice Wai-Man Lam, la sfera politica si

espanse, con una rapida politicizzazione su tutti i fronti.

«Il crescente attivismo politico è testimoniato, prima di tutto, dalla generale consapevolezza delle persone dei propri valori politici e diritti e dalla loro prontezza nel sostenere questi valori e affermare questi diritti. Secondo, l'attivismo politico è testimoniato dalla ridotta paura della politica da parte delle persone e dalla crescente volontà di sfidare l'autorità politica. Terzo, l'attivismo politico è testimoniato dalle sfide proattive degli attivisti politici ai valori sociali e politici fondamentali e tradizionali. Quarto, l'attivismo politico è testimoniato dal crescente uso di tecniche radicali»395.

Le persone si dimostarono sempre più disposte ad allontanarsi dagli standard convenzionali di pace e ordine sociale, utilizzando tattiche nuove per catturare l'attenzione del pubblico e sfidare l'autorità. È questo che, secondo Lam, accadde con la Rivoluzione degli Ombrelli del 2014396.

Emily Lau, presidente del Partito Democratico nel 2014, spiegò come non ci fosse mai stato tanto coinvolgimento da parte dei giovani di Hong Kong nella politica e che, in molti anni di lotta per la democrazia, i giovani non vi avevano mai preso parte. Molti non si registravano per votare e anche chi si registrava, spesso non andava a votare. Essi ritenevano che la politica fosse qualcosa che non li riguardasse. Lau descrisse la

393 Cfr. Lam, Wai-Man, Changing Political Activism: Before and After the Umbrella Movement, in Hong

Kong 20 Years after the Handover: Emerging Social and Institutional Fractures After 1997, ed. Brian C.H.

Fong and Tai-Lok Lui, Springer, s.l. 2017, p. 87.

394 Cfr. Ibid. p. 87.

395 Lam, Wai-Man, Changing Political Activism: Before and After the Umbrella Movement, in Hong Kong

20 Years after the Handover: Emerging Social and Institutional Fractures After 1997, ed. Brian C.H. Fong

and Tai-Lok Lui, Springer, s.l. 2017, p. 87.

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Rivoluzione degli Ombrelli come un’ondata di ottimismo: le manifestazioni avevano ridato vigore al movimento pro-democrazia. Tuttavia, Lau mise in guardia sulla necessità che le nuove generazioni partecipassero anche alla “politica mainstream” per portare avanti il movimento. Che fosse formare o entrare a far parte di un partito, bisognava, secondo Dapiran, comprendere come il movimento pro-democrazia fosse molto più delle sole dimostrazioni in strada397. La storia di Hong Kong provò come le manifestazioni in piazza fossero spesso stati mezzi efficaci nel raggiungimento di un obiettivo, più di quanto lo fosse la partecipazione politica. Tuttavia, secondo Dapiran, Emily Lau, nel caso della Rivoluzione degli Ombrelli, aveva ragione398. Anche Joshua Wong, nel 2015,

durante una riunione di Scholarism disse ad alcuni attivisti: «Gli eventi recenti hanno scosso dal torpore molti cittadini di Hong Kong e ora dobbiamo trasformare ogni granello di questa nuova energia in voti elettorali»399. Le proteste in strada non bastavano,

bisognava cambiare il sistema politico dall’interno; per questo ad aprile 2016 il gruppo Scholarism venne trasformato nel partito Demosistō400.

Dopo la fine delle manifestazioni, nel giugno del 2015, la proposta di riforma di Pechino venne presentata al Consiglio Legislativo di Hong Kong. Per molti cittadini, il fallimento del movimento indicò che il governo di Pechino non fosse interessato a dare una vera democrazia a Hong Kong, e che il suo unico obiettivo fosse controllare la città401. Nei mesi precedenti, l'amministrazione di Hong Kong aveva cercato di convincere gli hongkonghesi che “something is better than nothing”, utilizzando anche lo slogan “Pocket it now”402. I membri pro-democrazia del LegCo erano decisi a votare contro la

riforma, che per essere approvata aveva bisogno del sostegno di almeno due terzi del Consiglio Legislativo. Tuttavia, alla fine i democratici non dovettero esercitare il loro veto, in quanto le parti pro-Pechino, in un tentativo maldestro di bloccare la votazione, uscirono dall’aula in modo che non vi fosse il quorum. Il loro fu un calcolo sbagliato: la votazione andò avanti con 28 voti contrari su 70 e solo 8 favorevoli. Gli altri si

397 Cfr. Dapiran, Anthony, City of Protest: A Recent History of Dissent in Hong Kong, Penguin Group,

Australia 2017, p. 85-86.

398 Cfr. Ivi, p. 86.

399 Wong, Joshua, Ng, Jason Yi, Noi siamo la rivoluzione: Perché la piazza può salvare la democrazia,

Feltrinelli Editore, Milano 2020, p. 59.

400 Il nome combina il termine greco per “popolo” e il verbo latino per “stare”, stare con il popolo. 401 Cfr. Kwong, Ying-ho, «State-Society Conflict Radicalization in Hong Kong: the Rise of ‘Anti-China’

Sentiment and Radical Localism», in Asian Affairs, (2016), 47:3, 428-442, DOI: 10.1080/03068374.2016.1225897. link: https://doi.org/10.1080/03068374.2016.1225897

402 Cfr. Dapiran, Anthony, City of Protest: A Recent History of Dissent in Hong Kong, Penguin Group,

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astennero403. Molti degli oppositori della riforma avevano partecipato alle manifestazioni del 2014. La riforma non passò. Come riportò il New York Times, fu una vittoria parziale, perché comunque le elezioni 2017 si sarebbero svolte secondo le modalità ancora presenti, quindi con la scelta del candidato da parte di una commissione d’elezione. Il New York Times riportò anche le parole di Joshua Wong, ormai volto della protesta per i media internazionali, il quale, nel suo discorso davanti alla sede del parlamento il giorno del voto, disse come non vi fosse nulla da celebrare nel fallimento della riforma, continuando: «Abbiamo sconfitto un piano di voto fasullo, ma dovremo passare dal giocare in difesa a giocare in attacco per ottenere le elezioni che desideriamo»404.

Nel rifiutare la riforma elettorale proposta da Pechino, gli esponenti pro-democrazia scommisero di riuscire a trovare un modo per mettere pressione al governo di Pechino e ottenere maggiori concessioni per Hong Kong. Difficile che ciò potesse accadere, nonostante l’attenzione ricevuta, sia dalla comunità internazionale, che dai cittadini di Hong Kong. In ogni caso, i manifestanti hanno dimostrato fino a oggi grande tenacia, continuando a opporsi ad una Cina che appare loro sempre più invadente.