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II. HONG KONG DAL SECONDO DOPOGUERRA ALLA DICHIARAZIONE

3. Gli anni Cinquanta: gli effetti della Guerra Fredda e della Guerra in Corea

politiche: la Guerra Fredda in Asia tra Stati Uniti, Unione Sovietica e Repubblica Popolare Cinese; la non terminata Guerra Civile cinese tra Comunisti e Nazionalisti; infine, la retorica anticoloniale cinese capace di causare agitazioni ad Hong Kong142.

136 Tsang, Steve, A Modern History of Hong Kong, I. B. Tauris, London 2007, p. 154.

137 Cfr. Carroll, John M., A Concise History of Hong Kong, Rowman & Littlefield Publishers, United States

2007, p. 142.

138 Cfr. Ivi, p. 137.

139 Cfr. Tsang, Steve, A Modern History of Hong Kong, I. B. Tauris, London 2007, p. 154. 140 Ivi p. 156

141 Ibid.

142 Cfr. Steele, Tracy, Hong Kong and the Cold War in the 1950s, in Hong Kong in the Cold War, Priscilla

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Mao, sempre nel 1949, aveva dichiarato l’uguaglianza della Cina rispetto alle altre nazioni e chiedeva che venisse trattata alla pari. Poco più tardi il leader cinese aggiunse che la RPC avrebbe «proteso verso una parte»143 nelle relazioni internazionali, volendo affermare con ciò il suo supporto all’Unione Sovietica. La situazione era complicata ulteriormente dal fatto che la Gran Bretagna fosse vicina agli Stati Uniti nella Guerra Fredda e dal fatto che questi ultimi supportassero i Nazionalisti a Taiwan; inoltre, dati i legami commerciali con la Cina, era necessario che la colonia britannica mantenesse dei rapporti amichevoli con la RPC.

Quando nel giugno 1950 scoppiò la Guerra in Corea, Hong Kong divenne un «reluctant Cold Warrior»144 o potremmo dire una “Berlino dell’Est” come l’hanno

definita lo storico Prasenjit Duara e il professor John M. Carroll, dove si generava «un interessante e produttivo traffico tra due sistemi avversi»145. I britannici miravano a

realizzare una politica di bilanciamento, nonostante il loro ruolo attivo nella Guerra Fredda: non avevano paura di un attacco diretto da parte della RPC, anche perché si erano impegnati a convincere la Cina dell’intervento degli USA in difesa della colonia in caso di attacco. Allo stesso tempo, gli inglesi cercavano di stimolare l’interesse degli Stati Uniti nei confronti di Hong Kong, non permettendo però a questi di stabilire una base sull’isola in modo che la RPC non lo percepisse come una minaccia146. La preoccupazione

britannica era che la colonia fosse coinvolta nelle ostilità tra Cina e Stati Uniti.

Le tensioni tra Comunisti e Nazionalisti, nonostante la Guerra Civile fosse ufficialmente conclusa il 1 maggio, non erano cessate. Chiang Kai-shek, dopo la sconfitta in Cina, si era rifugiato a Taiwan, dove aveva rifondato la Repubblica Cinese. Gli USA riconoscevano il governo del Guomindang come il solo legittimo per tutta la Cina, mantenendo anche l’ambasciatore a Taipei. I Britannici, invece, riconoscevano le autorità nazionaliste come amministrazione de facto a Taiwan, senza però avere rapporti con il governo centrale della Repubblica Cinese. «Questa dualità nell’approccio significò che sia la RPC sia Taiwan criticarono la Gran Bretagna per aver seguito una politica delle due

143 Ivi p. 92-93.

144 Carroll, John M., A Concise History of Hong Kong, Rowman & Littlefield Publishers, United States

2007, p. 140 cita Chi-kwan Mark, Hong Kong and the Cold War: Anglo-American Relations, 1949–1957, Clarendon, Oxford, UK 2004, p. 6.

145 Duara, Prasenjit, Hong Kong as a Global Frontier – Interface of China, Asia, and the World, in Hong

Kong in the Cold War, Priscilla Roberts e John M. Carroll «ed.», Hong Kong University Press, Hong Kong

2016, p. 212.

146 Cfr. Steele, Tracy, Hong Kong and the Cold War in the 1950s, in Hong Kong in the Cold War, Priscilla

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Cine»147. Il Presidente degli USA Truman, pur dichiarando di non voler intervenire nello scontro tra Comunisti e Nazionalisti, dopo lo scoppio della Guerra in Corea, ordinò prontamente l’intervento per “neutralizzare” lo Stretto di Taiwan. Ciò doveva servire a evitare che il conflitto in Corea si diffondesse e che le forze comuniste potessero distruggere quelle rimanenti del Guomindang. L’intervento militare della Cina nella Guerra in Corea, nell’ottobre-novembre 1950, aggiunse un’ulteriore preoccupazione ad Hong Kong: non solo rischiava di essere coinvolta in modo diretto nell’opposizione tra la RPC e la Repubblica Cinese, ma ora anche nel conflitto in Corea148. Per la RPC, Hong Kong era parte del fronte per indebolire il governo del Guomindang di Taiwan149. I

Nazionalisti, invece, vedevano Hong Kong come luogo fondamentale da dove far partire le operazioni segrete contro la RPC.

Il governo di Hong Kong adottò una politica pragmatica nei confronti della Cina e di Taiwan non solo durante la Guerra in Corea ma anche durante tutta la Guerra Fredda. La politica messa in atto da Hong Kong doveva servire, da un lato, a prevenire le operazioni cinesi ed evitare che la colonia diventasse il teatro della lotta politica cinese, dall’altro a «dimostrare la sua determinazione nel mantenere il territorio senza provocare una risposta irredentista da parte della RPC nazionalista»150. Ignorando la Guerra Fredda, esso di fatto riuscì a minimizzarne gli effetti: il successo era dovuto anche al fatto che le Potenze coinvolte non fossero interessate all’isola. Quindi, la minaccia principale era data dalle rimanenti tensioni tra Comunisti e Nazionalisti. La strategia utilizzata dal governo coloniale fu quella della neutralità. La motivazione per questa scelta era stata data anche da Grantham:

«La forza della nostra posizione a Hong Kong dipende principalmente dal non coinvolgimento nelle questioni politiche. Questo può essere raggiunto solo mantenendo una rigorosa legalità e imparzialità in ogni discussione con una sfumatura politica. Noi abbiamo seguito questo atteggiamento in relazione alle attività politiche cinesi nella colonia, per esempio trattare entrambi [il Guomindang] e i Comunisti in maniera esattamente simile e assolutamente secondo la legge. Qualsiasi deviazione da ciò […] indebolirebbe la nostra posizione, sia esternamente che internamente»151.

147 Ivi p. 95.

148 Cfr. Tsang, Steve, A Modern History of Hong Kong, I. B. Tauris, London 2007, p. 157.

149 Mao li descriveva come “cani da corsa dell’imperialismo” vd. Steele, Tracy, Hong Kong and the Cold

War in the 1950s, in Hong Kong in the Cold War, Priscilla Roberts e John M. Carroll «ed.», Hong Kong

University Press, Hong Kong 2016, p. 93, cita Kau and Leung «ed.», The Writings of Mao Zedong, 1949–

1976, vol.1, p. 98.

150 Tsang, Steve, A Modern History of Hong Kong, I. B. Tauris, London 2007, p. 158. 151 Ibid. cita CO537/5628, Hong Kong to Colonial Office, 230, 5 March 1950.

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Mantenere questo bilanciamento e restare imparziale era particolarmente difficoltoso per la colonia, soprattutto per la sua vicinanza con la Cina. Il governo di Hong Kong si preoccupava di amministrare il territorio in maniera da prevenire che l’isola diventasse la base per attività ostili nei confronti della RPC. Ciò non era sempre possibile: dalla colonia britannica partivano la propaganda e le operazioni di spionaggio statunitensi contro le azioni cinesi. Hong Kong era infatti la base ideale per portare avanti le operazioni militari in Corea.

Fino alla Seconda Guerra Mondiale, gli USA non avevano attribuito tanta importanza all’isola: le esportazioni verso Hong Kong erano marginali e non era considerata di grande valore militare.

«La fondazione della RPC e lo scoppio della Guerra in Corea costrinsero gli Stati Uniti a riconsiderare il valore strategico di Hong Kong. E con l’intensificazione della Guerra Fredda, l’America vide il potenziale di utilizzo delle ex colonie e di quelle esistenti per contenere il Comunismo»152.

Insomma, Washington era riluttante ad impegnarsi formalmente nel difendere la colonia britannica, ma allo stesso tempo volevano farne una «nave da guerra autonoma»153.

Il governo cinese affermava, come ha testimoniato anche il governatore Grantham, che le azioni statunitensi erano una prova che Hong Kong fosse una base per l’imperialismo americano e che la Gran Bretagna fosse il “tirapiedi” degli Stati Uniti154.

Gli attivisti del Guomindang presenti sull’isola cercavano anche loro di fare di Hong Kong una base per le operazioni contro la RPC. Allo stesso tempo le autorità britanniche si mossero per eliminare gli estremisti cinesi e frenare gli attivisti statunitensi. In questo contesto, «il Partito Comunista Cinese, con il supporto dell’Unione Sovietica, cercò di usare Hong Kong per creare disaccordo nella special relationship Anglo-Americana»155. La disputa tra il 1950 e il 1952 tra il Guomindang e il Partito Comunista sugli assetti della China National Aviation Corporation e la Central Air Transport Incorporation,

152 Carroll, John M., A Concise History of Hong Kong, Rowman & Littlefield Publishers, United States

2007, p. 141.

153 Lu, Xun, The American Cold War in Hong Kong, 1949-1960 – Intelligence and Propaganda, in Hong

Kong in the Cold War, Priscilla Roberts e John M. Carroll «ed.», Hong Kong University Press, Hong Kong

2016, p. 118.

154 Carroll, John M., A Concise History of Hong Kong, Rowman & Littlefield Publishers, United States

2007, p. 141.

155 Lu, Xun, The American Cold War in Hong Kong, 1949-1960 – Intelligence and Propaganda, in Hong

Kong in the Cold War, Priscilla Roberts e John M. Carroll «ed.», Hong Kong University Press, Hong Kong

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entrambe trasferite a Hong Kong durante la Guerra Civile, è stato un esempio di come si potesse creare una divisione nelle relazioni tra USA e Gran Bretagna156.Taiwan aveva chiesto al governo di Hong Kong che gli aerei venissero sequestrati e non fossero spediti in Cina, in quanto potevano essere usati per una eventuale invasione.Ancora prima che i britannici potessero prendere una decisione, alcuni agenti del Guomindang distrussero sette degli aerei.Intervenne anche il governo statunitense chiedendo il trasferimento degli aerei negli Stati Uniti, ma Hong Kong era riluttante. A quel punto il governo americano chiese che i velivoli restassero ad Hong Kong, il quale però non avrebbe dovuto consegnarli ai Comunisti. Quando il presidente della Corte Suprema di Hong Kong, nell’aprile del 1950, stabilì che gli aerei appartenevano alla RPC, il Dipartimento di Stato USA fece pressione sui britannici per spingerli ad intervenire.I britannici, dal canto loro, erano preoccupati che, da una parte, non consegnare gli aerei avrebbe spinto la RPC ad organizzare scioperi e sabotaggi nell’isola o ad imporre un embargo, e, dall’altra, consegnare gli aerei alla RPC avrebbe compromesso la relazione con gli Stati Uniti. I britannici vennero accusati di aiutare il comunismo a diffondersi, e vennero minacciati dagli USA di non supportare più finanziariamente i programmi inglesi. La Gran Bretagna cercò in tutti i modi di evitare di apparire sotto pressione. Nel giugno del 1952 il Judicial Committee of the Privy Council stabilì che gli aerei erano di proprietà della Central Air Transport, ma non dovevano essere trasferiti a Taiwan. Alla fine, gli aerei vennero fatti a pezzi, venduti o spartiti tra i proprietari157.

Lo scoppio della Guerra in Corea ebbe un effetto importante sull’economia della colonia, soprattutto dopo l’interferenza della RPC nel conflitto che portò all’imposizione degli embarghi da parte di Nazioni Unite e Stati Uniti alla Cina. L’embargo delle Nazioni Unite sul commercio con la RPC minacciò lo storico accordo di scambio che Hong Kong aveva con la Cina, fondamentale per i bisogni della colonia ma soprattutto per il sostentamento della grande comunità di commercianti. «Gli embarghi forzarono Hong Kong a modificarsi da polo di commercio all’industria manifatturiera, senza la quale Hong Kong non avrebbe mai ottenuto quel livello di prosperità economica dopo la guerra»158. L’iniziativa per questo rinnovamento non arrivò tanto dal governo coloniale,

quanto dagli imprenditori cinesi locali, i quali «si resero conto che mentre contrabbandare

156 Ibid.

157 Cfr. Carroll, John M., A Concise History of Hong Kong, Rowman & Littlefield Publishers, United States

2007, p. 142-143.

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beni in Cina con gli embarghi poteva essere altamente redditizio, era anche rischioso e inaffidabile»159.

Oltre ai piccoli imprenditori prevalentemente provenienti dal Guangdong, la colonia beneficiò anche dall’arrivo degli industriali di Shanghai che iniziarono a investire in modo significativo dopo la ripresa delle ostilità 160. Le industrie, soprattutto tessili, appartenenti agli imprenditori di Shanghai, erano più grandi e utilizzavano macchinari provenienti dall’Occidente161. Nel giro di pochi anni «l’industria tessile divenne l’attività economica più importante»162.

Ciò che davvero cambiò l’atteggiamento della colonia nei confronti dello sviluppo industriale fu l’embargo sul commercio imposto dagli USA contro la RPC. Gli statunitensi mettevano sotto pressione Hong Kong affinché applicasse l’embargo, riducendo di molto le esportazioni verso la Cina. Anche se il commercio di materiale non strategico resistette, l’isola aveva ormai perso il suo ruolo di «China’s premier

entrepôt»163. Per quanto riguarda l’esportazione dei prodotti fabbricati a Hong Kong, si decise di introdurre una certificazione di origine. Questo sistema sembrò essere il più adatto per continuare l’esportazione di merce prodotta nella colonia164, soprattutto perché approvato dagli Stati Uniti.

Il governo di Hong Kong mostrava sempre più interesse verso il nuovo sviluppo industriale, vista anche la difficoltà di restaurare il ruolo dell’isola come principale centro di scambio tra la RPC e l’Occidente dopo la fine della Guerra in Corea nel 1953. Il governo coloniale si impegnò a garantire le condizioni per lo sviluppo e la crescita delle fabbriche. In che modo rese possibile tutto ciò?

«[Il governo di Hong Kong] conservò la stabilità politica e sociale in un momento in cui queste non potevano essere date per scontate in Asia orientale. Esso garantì

159 Ibid.

160 Cfr. Tsang, Steve, A Modern History of Hong Kong, I. B. Tauris, London 2007, p. 163.

161 Molti di questi macchinari si trovavano già ad Hong Kong, spediti lì durante la Guerra Civile quando il

controllo cinese sul commercio con l’estero si era fatto più stringente. Molti imprenditori approfittando di questa situazione avevano poi aperto nuove fabbriche sull’isola, quando Shanghai era caduta in mano ai comunisti.

162 Tsang, Steve, A Modern History of Hong Kong, I. B. Tauris, London 2007, p. 164. 163 Ibid.

164 Si arrivò a introdurre la certificazione d’origine dopo una serie discussioni tra i funzionari di Hong Kong

e i loro colleghi statunitensi sul re-export dalla Cina comunista. Un esempio: si discuteva se la carne di pollo o anatra di pulcini nati a Hong Kong da uova importate dalla RPC, si sarebbe dovuta considerare come avente «sufficiente pedigree capitalista» per poterlo esportare negli Usa. Cfr. Tsang, Steve, A Modern

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un’amministrazione relativamente efficiente che mantenne un buon ordine senza impedire la crescita industriale attraverso politiche oppressive e imprevedibili. […] Migliorò costantemente le infrastrutture locali, costruendo strade, per esempio, e perfezionando l’approvvigionamento idrico che consentiva all’industria e al commercio di crescere. Rese possibile la costruzione di grandi fabbriche, soprattutto in nuove città, e costruì, a basso costo, edifici industriali multipiano in aree di reinsediamento per le industrie leggere»165.

Un altro punto della nuova politica del governo coloniale fu quello di regolarizzare le condizioni di lavoro degli operai. Sotto la spinta di Londra, vennero promossi i diritti dei lavoratori.

Questi furono anni critici per Hong Kong, ma alla fine degli anni Cinquanta, la rapida industrializzazione aveva aiutato a ripristinare il ruolo della colonia come principale centro di scambio. «Lo sviluppo industriale e il commercio erano estremamente complementari, visto che la modesta popolazione di Hong Kong e le risorse naturali limitate non potevano da sole sostenere una rapida espansione industriale»166. La

fine del vecchio rapporto commerciale con la Cina non annullò il ruolo dell’isola nel commercio; anzi, la rapida industrializzazione portò a nuove vie commerciali, fino a rendere la colonia britannica un centro di scambio per tutta l’Asia orientale.

Non era tutto perfetto. La guerra aveva portato molti a cercare rifugio a Hong Kong. La maggior parte dei rifugiati occupava abusivamente delle aree, vivendo senza acqua né elettricità. Si trattava per lo più di famiglie di lavoratori e lavoratrici impiegati nelle fabbriche tessili. Il governo decise di intervenire con la costruzione di case popolari per il ricollocamento dei rifugiati, ma solo dopo che lo scoppio di un incendio, nel dicembre del 1953167, lasciò molti senza una casa. Al programma di reinsediamento contribuirono il governo britannico, cinese e statunitense, a dimostrazione, ancora una volta, della nuova posizione geopolitica di Hong Kong168. Nonostante l’impegno del governo coloniale nel risolvere la questione abitativa, «Hong Kong restava molto indietro rispetto al resto del

165 Tsang, Steve, A Modern History of Hong Kong, I. B. Tauris, London 2007, p. 165. 166 Ivi p. 166.

167 L’incendio a Shek Kip Mei, Kowloon, aveva reso più di 58.000 persone dei senzatetto. Alcuni studiosi

ritengono però, che in realtà il governo coloniale fosse già da tempo attivo nella costruzione delle case in cui ricollocare gli occupanti abusivi. Questo per paura che si creassero disordini civili. Le zone occupate abusivamente erano a forte rischio incendi, erano un problema per la sicurezza e la salute e inoltre era difficile che venissero pagate le imposte al governo. Vd. Carroll, John M., A Concise History of Hong Kong, Rowman & Littlefield Publishers, United States 2007, p. 145.

168 Cfr. Carroll, John M., A Concise History of Hong Kong, Rowman & Littlefield Publishers, United States

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mondo industrializzato in termini di previdenza sociale. I minuscoli e sovraffollati appartamenti nelle nuove unità abitative popolari erano spesso solo di poco migliori dei capannoni abusivi […]»169. Spesso, per questioni riguardanti l’assistenza sociale, il

governo di Hong Kong faceva affidamento sulle organizzazioni religiose e di beneficienza. Come ha affermato John M. Carroll: «una ragione per cui il governo coloniale non fece di più per i rifugiati cinesi era che pensava essi sarebbero tornati in Cina, una volta che le condizioni si fossero stabilizzate»170. C’era, secondo G.B. Endacott, la supposizione tacita che gli asiatici e, in particolare, i cinesi non erano stati obbligati a scappare verso Hong Kong e che chi lo aveva fatto era stato spinto da affari personali, per cui avrebbe dovuto accettare le condizioni che gli si ponevano davanti una volta giunto sull’isola. Molti funzionari temevano che garantire troppa assistenza sociale avrebbe attratto più migranti171.