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III. HONG KONG DALLA BASIC LAW ALLA CESSIONE

2. L’impatto del Massacro di Piazza Tiananmen

Nel 1989, la cosiddetta politica delle quattro modernizzazioni257, serie di riforme

volute da Deng Xiaoping un decennio prima, incontrò una fase difficile e di stallo. L’obiettivo del leader cinese era di migliorare l’economia senza fare troppi cambiamenti. Si trattava, in particolare, di «importare il metodo capitalista per aiutare ad arricchire la RPC e consolidare il controllo del partito, ma senza permettere agli ideali occidentali di infiltrarsi nella RPC e sfidare il sistema leninista»258. Era impossibile, tuttavia, cercare di

modernizzare alcune parti senza che venisse intaccato il resto della struttura. Mentre in Unione Sovietica Gorbačëv attuava diverse politiche riformiste e l’ondata rivoluzionaria contro i regimi comunisti si sviluppava nei paesi dell’Europa centro-orientale, in RPC, la disoccupazione, l’inflazione, le disuguaglianze e la richiesta inascoltata di maggiore democratizzazione spinsero gli studenti universitari a scendere in piazza.

Le dimostrazioni studentesche iniziarono dopo la morte, nell’aprile del 1989, di Hu Yaobang, ex membro del Partito Comunista cinese, il quale era stato licenziato per aver fallito nel mettere fine alle proteste studentesche del 1986. Hu era tra i pochi membri del partito a non essere visto come corrotto dall’opinione pubblica. Il 13 maggio 1989, gli

255 Ibid.

256 Cfr. Carroll, John M., A Concise History of Hong Kong, Rowman & Littlefield Publishers, United States

2007, p. 187.

257 Le riforme di Deng erano previste in quattro settori: agricoltura, industria, scienza e tecnologia e difesa

nazionale.

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universitari occuparono Piazza Tiananmen a Pechino, manifestando contro la corruzione e chiedendo riforme democratiche. La paralisi iniziale del governo di Pechino sulla risposta da dare alle proteste non durò molto e il PCC «scatenò tutta la sua forza sui protestanti»259. Deng Xiaoping credeva che i manifestanti avessero due obiettivi: mettere fine al Partito Comunista e rovesciare il sistema socialista. Il 20 maggio il premier cinese Li Peng impose la legge marziale e nella notte tra il 3-4 giugno la People’s Liberation Army represse il movimento di protesta concentrato in Piazza Tiananmen. La forza usata dall’esercito contro i manifestanti fu eccessiva e indiscriminata.

«I leader comunisti intendevano non solo disperdere i manifestanti, ma anche dare a loro e al resto del paese una lezione. Il loro messaggio era che il Partito aveva la forza per mantenere il potere e la determinazione di usarla. Questa repressione pubblica e sanguinaria era stata concepita per prevenire qualsiasi movimento di protesta analogo in futuro»260.

Le immagini delle proteste e della repressione violenta fecero il giro del mondo. A Hong Kong, già nel giorno seguente all’imposizione della legge marziale, c’erano state reazioni da parte della popolazione. Più di 600.000 persone avevano manifestato in solidarietà con gli studenti di Piazza Tiananmen. I leader del movimento democratico locale organizzarono la Hong Kong Alliance in Support of the Patriotic Democratic Movement in China, la quale, non solo si occupò di raccogliere fondi, ma anche coperte, sacchi a pelo e tende per gli studenti a Pechino261. La manifestazione non coinvolse solo

figure pro-democratiche, ma anche persone appartenenti all’ambiente dello spettacolo e dell’imprenditoria, e persino figure e agenzie tradizionalmente vicine a Pechino, come la Xinhua News Agency262.

Il 28 maggio, quando si diffuse la voce di un intervento imminente dei militari in Piazza Tiananmen, a Hong Kong la gente tornò a marciare per le strade. Con 1,5 milioni di persone, essa fu una delle più grandi proteste nella storia dell’isola. Le persone avevano paura, sui cartelli di molti manifestanti si poteva leggere “Oggi la Cina, domani Hong Kong”263. Il Massacro di Piazza Tiananmen lasciò l’intera colonia incredula e devastata;

cresceva, inoltre, la preoccupazione che gli accadimenti di Pechino potessero ripetersi

259 Tsang, Steve, A Modern History of Hong Kong, I. B. Tauris, London 2007, p. 245. 260 Ivi, p. 246.

261 Cfr. Carroll, John M., A Concise History of Hong Kong, Rowman & Littlefield Publishers, United States

2007, p. 190.

262 Cfr. Dapiran, Anthony, City of Protest: A Recent History of Dissent in Hong Kong, Penguin Group,

Australia 2017, p. 23.

263 Ibid. cita Yeung, Chris, «Another vast crowd joins world-wide show of solidarity», South China

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dopo il 1997 anche a Hong Kong. L’evento cambiò l’attitudine locale verso la transizione e il governo cinese.

«I cinesi più anziani, che avevano lasciato il continente prima o dopo che i Comunisti avevano preso il controllo nel 1949, avevano spesso mantenuto la loro visione negativa della RPC. Ma molti giovani si erano convinti che il governo cinese fosse cambiato, specialmente dopo le riforme di Deng Xiaoping alla fine degli anni Settanta. Tuttavia, Piazza Tiananmen determinò la perdita di fiducia nel governo della RPC e nel futuro di Hong Kong»264.

Come ci si poteva fidare della RPC a questo punto? Se libertà, diritti umani e democrazia non venivano garantiti nella RPC, a maggior ragione, essi non potevano essere assicurati a Hong Kong. Martin Lee, leader del Partito Democratico, comparò la cessione di Hong Kong alla consegna degli ebrei a Hitler. Lydia Dunn, una donna d’affari e membro del Consiglio Esecutivo, si chiedeva come Londra potesse consegnare cittadini britannici a un regime che non aveva esitato nell’usare la forza e i carri armati contro i propri cittadini265.

Così come nel resto del mondo, la reazione britannica al Massacro di Piazza Tiananmen fu di incredulità e sdegno. Non c’era molto che il governo britannico potesse fare. Il primo ministro Margaret Thatcher cercò di rassicurare la gente di Hong Kong che avrebbe ammorbidito le normative britanniche sull’immigrazione. Inoltre, il governo britannico sospese unilateralmente gli incontri del Sino-British Joint Liaison Group programmati per quell’anno e introdusse delle sanzioni, cosa che non piacque a Pechino. La Joint Declaration rimase in vigore su insistenza dei britannici stessi. Altre misure messe in atto, per tranquillizzare la comunità internazionale e restaurare la fiducia a Hong

264 Carroll, John M., A Concise History of Hong Kong, Rowman & Littlefield Publishers, United States

2007, p. 191.

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Kong, furono: un piano nazionale per incoraggiare le persone a restare nell’isola266, l’accelerazione nel processo di democratizzazione267 e un Bill of Rights268.

Nell’ottobre del 1989 il governatore Wilson affermò la volontà di introdurre un nuovo Bill of Rights che racchiudesse le misure della Convenzione Internazionale sui Diritti Civili e Politici, della Convenzione Internazionale sui Diritti Economici, Sociali e Culturali e le Convenzioni Internazionali sul Lavoro. Come ha affermato Steve Tsang: «as a safeguard against Tiananmen-style repression, the bill of rights is no more effective

than a glazed door against a determined intruder. Nevertheless, the need to restore confidence was so acute that this was a welcome gesture in Hong Kong»269. Il Bill of Rights o Hong Kong Bill of Rights venne reso esecutivo nel giugno 1991. Il governo di Pechino vi si oppose fin da subito, considerandolo una violazione della Joint Declaration e sostenendo che la Basic Law garantisse già tutti i diritti necessari.

«I cinesi comprensibilmente presero il progetto di legge come un insulto. Non solo ciò metteva in dubbio la sincerità sulla loro [dei britannici] promessa di mantenere il sistema economico e politico esistente di Hong Kong, ma i britannici avevano aspettato fino all’ultimo decennio del loro governo a Hong Kong per introdurre questo tipo di legge»270.

A questo punto il governo cinese pretese il diritto di revisionare e respingere le leggi di Hong Kong che violassero la Basic Law, incluso il nuovo Bill of Rights.

266 La campagna “Hong Kong is Our Home” venne lanciata dal Consiglio Esecutivo e Legislativo. Veniva

chiesto a Londra di conferire la cittadinanza britannica, con il diritto di residenza, a 3.25 milioni di sudditi britannici a Hong Kong e aiutare i restanti a trovare una casa altrove. L’idea era di dare ai cittadini di Hong Kong la possibilità di lasciare la città se la situazione dell’isola fosse peggiorata dopo il 1997. Naturalmente il governo britannico rifiutò, la scusa fu che il governo cinese avrebbe considerato la proposta un insulto alle garanzie della Joint Declaration. In realtà, in Gran Bretagna il tasso di disoccupazione era in salita e accettare una proposta simile, quindi un probabile esodo, sarebbe stato catastrofico, non solo per i britannici, ma anche per Hong Kong. Il governo britannico accettò invece la proposta del governatore Wilson di garantire la cittadinanza britannica a 50.000 persone qualificate e i loro diretti dipendenti, per un totale di 225.000 residenti. Il British Nationality (Hong Kong) Act, del dicembre 1989, offrì a 50.000 persone e alle loro famiglie la piena cittadinanza britannica. Il governo cinese accusò i britannici di violare la Joint Declaration e la Basic Law, inoltre minacciò di non riconoscere le persone che avessero accettato come cittadini britannici. Alla fine, non ci furono molti richiedenti, soprattutto perché la maggior parte delle persone aveva capito fosse una modo per convincerli a stare a Hong Kong e inoltre, la RPC non avrebbe riconosciuto i diritti legati al nuovo passaporto.

267 Alcuni membri non ufficiali del Consiglio Legislativo e Esecutivo chiesero elezioni dirette per la metà

dei membri del Consiglio Legislativo entro il 1997 e per tutto il Consiglio entro il 2003. Chiesero inoltre che il capo esecutivo della SAR fosse eletto tramite voto popolare non più tardi del 2003. Il governo cinese rifiutò la proposta, sempre diffidente nei confronti dei britannici. Nonostante ciò, nel febbraio 1990 cinesi e britannici raggiunsero un accordo: gli eletti direttamente nel 1991 sarebbero stati 18, nel 1997 gli eletti del corpo legislativo nella SAR sarebbero stati 20, 24 nel 1999 e 30 nel 2003.

268 Cfr. Carroll, John M., A Concise History of Hong Kong, Rowman & Littlefield Publishers, United States

2007, p. 192.

269 Tsang, Steve, A Modern History of Hong Kong, I. B. Tauris, London 2007, p. 250.

270 Carroll, John M., A Concise History of Hong Kong, Rowman & Littlefield Publishers, United States

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Per la RPC «Hong Kong era ancora la gallina dalle uova d’oro di cui aveva bisogno»271. Perciò, dopo il massacro, l’obiettivo primario della RPC fu di cercare di recuperare la fiducia dei cittadini di Hong Kong. Anche per questo motivo, i leader cinesi accusarono solo un piccolo gruppo di “reazionari” di aver appoggiato i manifestanti, e continuarono ad affermare l’intenzione di lasciare immutata l’isola dopo il 1997. Nonostante l’astio nei confronti dei britannici per aver introdotto delle sanzioni per una questione che i cinesi consideravano di politica interna, era necessario collaborare con loro. C’erano due problemi di base che riducevano la volontà della leadership cinese a cooperare: primo, la collaborazione alle iniziative britanniche equivaleva a un’ammissione che le azioni in Piazza Tiananmen erano la causa della paura a Hong Kong; secondo, la sfida popolare all’autorità di Pechino aveva indebolito la sua autostima e ciò aveva spinto la Cina a guardare Hong Kong con più sospetto. Dopo l’intervento militare a piazza Tiananmen, neutralizzare chiunque rappresentasse una sfida o fosse apparso sleale durante il movimento di protesta divenne centrale. Il governo cinese epurò diversi gruppi comunisti a Hong Kong che avevano appoggiato i dimostranti e partecipato alle proteste locali. Esso diresse poi la sua attenzione verso la distruzione di organizzazioni come l’Alliance in Support of the Patriotic and Democratic Movement in China272. In

principio, i cinesi chiesero al governo di Hong Kong di bandire l’organizzazione, ma quest’ultimo rifiutò cordialmente con la motivazione che non vi fosse la base legale. I cinesi tentarono allora di intimidire i membri e sostenitori dell’organizzazione in maniera da allontanarli, ma ottennero l’effetto contrario. L’ultima mossa fu quella di introdurre una clausola sulla sovversione all’Art. 23 nella Basic Law, in modo da rafforzare la loro abilità di controllare gli eventi nella SAR273. Al fine di ricreare un rapporto di fiducia con l’isola, le autorità cinesi decisero di non punire ulteriormente Hong Kong per il suo coinvolgimento nelle manifestazioni di Tiananmen.

Ma perché anche persone vicine a Pechino decisero di partecipare alle proteste di Hong Kong in sostegno ai manifestanti di Tiananmen? Una ragione della loro partecipazione potrebbe essere spiegata come un atto di patriottismo, hongkonghesi e

271 Tsang, Steve, A Modern History of Hong Kong, I. B. Tauris, London 2007, p. 251.

272 «The well water does not interfere with the river water» con queste parole, il nuovo segretario generale

del PCC Jiang Zemin intendeva dire che siccome la Cina non avrebbe provato a introdurre il socialismo a Hong Kong dopo il 1997, Hong Kong non avrebbe dovuto provare a imporre democrazia e capitalismo in Cina. La RPC ancora una volta ribadiva che non avrebbe permesso interferenze nella politica della Cina continentale. Cfr. Carroll, John M., A Concise History of Hong Kong, Rowman & Littlefield Publishers, United States 2007, p. 193.

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cinesi si sentivano legati dal sangue (in cinese si usa l’idioma 血濃於水 xuè nóng yú shuǐ, lett. il sangue è più denso dell’acqua, indica la stretta relazione tra persone della stessa famiglia, etnia o nazione), contrariamente alle proteste di oggi dove gli hongkonghesi sentono di avere una loro identità, diversa da quella cinese; un’altra ragione è data dalla polarizzazione della visione del movimento studentesco all’interno del governo cinese stesso: alcuni simpatizzavano con i manifestanti, come Zhao Ziyang274, altri avevano un atteggiamento più duro, come Deng Xiaoping. All’epoca delle proteste a Tiananmen (tra marzo e aprile 1989), nessuno sapeva che il movimento sarebbe terminato con un massacro. Le persone si sentivano libere di esprimere la propria opinione e partecipare alle proteste in supporto agli studenti. Dopo il massacro, e dopo che il PCC dichiarò il movimento una sommossa (暴乱 bàoluàn), le persone connesse a Pechino furono forzate a prendere una posizione e a rimanere in silenzio.

Il governatore di Hong Kong, Sir David Wilson, nel suo primo intervento dopo il massacro disse che Hong Kong e la RPC dovevano ristabilire una fiducia reciproca in quanto necessaria per l’esperimento politico senza precedenti che avrebbe avuto inizio nel 1997275. I cittadini di Hong Kong erano stati duramente colpiti dai fatti di Tiananmen, così tanto che fu impossibile riportare la situazione allo status quo ante. John M. Carroll ha scritto che i cittadini di Hong Kong risposero con due modi al panico causato dai fatti di Tiananmen: «by voting with their feet and by voting with the ballot»276. Non si può affermare che l’emigrazione fu in toto una conseguenza del massacro, ma i numeri degli emigrati da Hong Kong dopo quell’episodio salirono dai 40.000 del 1989 ai 65.000 del 1990, fino ad arrivare ai 66.000 del 1992277. Il massacro portò molti residenti a interessarsi alla politica locale e le votazioni del settembre 1991 ne furono la prova. I candidati pro- democratici vinsero di gran lunga su quelli pro-RPC. I democratici si assicurarono il 58 percento dei voti278. L’atteggiamento dei candidati sul massacro di Piazza Tiananmen fu l’argomento determinante per molti nella scelta del voto. Il messaggio dei cittadini era

274 Zhao Ziyang fu un politico cinese. Primo ministro dal 1980 al 1987 e segretario generale del PCC dal

1987 al 1989. È conosciuto per essere stato l’unico all’interno del partito ad essersi opposto alla strage di Piazza Tiananmen. Venne arrestato nel 1989 con l’accusa di appoggiare i manifestanti e rimase agli arresti domiciliari fino alla sua morte nel 2005, all’età di 85 anni.

275 Cfr. Tsang, Steve, A Modern History of Hong Kong, I. B. Tauris, London 2007, p. 252.

276 Carroll, John M., A Concise History of Hong Kong, Rowman & Littlefield Publishers, United States

2007, p. 196.

277 Le destinazioni principali erano Australia, Canada e Stati Uniti, ma anche Gran Bretagna, Nuova

Zelanda e Singapore.

278 Il United Democrats, il partito fondato da Martin Lee e Szeto Wah, vinse dodici dei diciotto seggi

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chiaro: essi erano ancora legati alle ragioni sostenute dai manifestanti di Tiananmen. Per la leadership cinese questi sviluppi democratici andavano contro i loro interessi e non si doveva permettere che si diffondessero in maniera incontrollata.

Un'altra causa di tensione tra il governo cinese e quello di Hong Kong fu l’annuncio del governatore Wilson del piano di costruzione di un enorme progetto infrastrutturale conosciuto come Port and Airport Development Strategy (PADS). Il progetto sarebbe costato 130 bilioni HK$ e avrebbe richiesto fino al 2006 per essere completato; la prima fase, ovvero la costruzione dell’aeroporto sarebbe stata terminata entro il 1997. Nonostante Wilson negasse queste affermazioni, molti osservatori videro il progetto come un tentativo di recuperare la fiducia nel futuro di Hong Kong279. Il progetto PADS

divenne quasi immediatamente oggetto di contesa tra la Gran Bretagna e la Cina. Il governo cinese sospettava che i britannici stessero cospirando di usare le risorse finanziarie di Hong Kong per comprare il favore dei cittadini, ma soprattutto che il progetto fosse uno schema ingegnoso per far pagare alla RPC qualsiasi costruzione non completata al 1997. Il governo cinese insisteva nel dover essere consultato per tutte le decisioni di rilievo, mentre il governo britannico, che vedeva la cosa come una questione interna, accusava la Cina di negare il supporto solo per forzare la Gran Bretagna a frenare la democratizzazione dell’isola. Tuttavia, nel settembre 1990, il ministro inglese per Hong Kong Lord Caithness visitò l’isola e dichiarò che il governo di Pechino dovesse essere consultato e che gli venissero date tutte le informazioni sul progetto280.

Dopo diverse discussioni, durate più di un anno e mezzo, Londra e Pechino raggiunsero un accordo sull’aeroporto. Hong Kong avrebbe pagato per la prima parte del progetto e un funzionario cinese avrebbe partecipato alla progettazione; i ministri degli esteri cinese e britannico si sarebbero incontrati due volte l’anno e il primo ministro John Major avrebbe visitato Pechino in segno di rispetto. Il 3 settembre 1991, Major si recò a Pechino per firmare un Memorandum d’Intesa con il premier cinese Li Peng. Il memorandum aveva in parte disteso le tensioni tra i due Paesi, ma aveva lasciato la gente di Hong Kong perplessa. Le concessioni fatte alla Cina erano viste come non necessarie. «Con le sue azioni sul PADS, il governo della RPC aveva in effetti acquisito una maggiore voce in capitolo sulle questioni di Hong Kong, più di quanto avesse goduto

279 Cfr. Carroll, John M., A Concise History of Hong Kong, Rowman & Littlefield Publishers, United States

2007, p. 194.

280 Cfr. Carroll, John M., A Concise History of Hong Kong, Rowman & Littlefield Publishers, United States

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prima del 1989»281, oltre che aver ottenuto una influenza significativa e considerata indebita sulle finanze dell’isola prima del 1997.