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IV. DOPO IL 1997: HONG KONG IN CINA

9. Attacco alla libertà di espressione

La libertà di espressione e di parola sono garantite dalla Basic Law; ciò ha salvaguardato per molto tempo i media e l'editoria a Hong Kong. Tuttavia, nel tempo, questa industria è stata sempre più sotto attacco. Per esempio, la Sino United Publishing, la più grande casa editrice a Hong Kong, proprietaria della più grande catena di librerie sull’isola, è indirettamente controllata dal Central Government Liaison Office. Quest’ultimo è un organo del Consiglio di Stato della RPC, che ha sostituito la Xinhua News Agency nel 1997 come rappresentante del governo cinese a Hong Kong. Di fatto, in questo modo, Pechino controlla più dell'80% dell’industria editoriale nell'isola427.

Tra ottobre e dicembre 2015, cinque persone legate alla casa editrice Mighty Current Media e alla libreria Causeway Bay Bookstore, conosciute per la pubblicazione e la vendita di titoli anti-Pechino, principalmente a una clientela cinese, sparirono nel

425 Cfr. Dapiran, Anthony, City of Protest: A Recent History of Dissent in Hong Kong, Penguin Group,

Australia 2017, p. 97, cita Yuen, Chantal, «Protesters rally against Pikachu's new name at Japanese

consulate», Hong Kong Free Press, 30 maggio 2016, disponibile al link:

https://hongkongfp.com/2016/05/30/protesters-rally-against-pikachus-new-name-at-japanese-consulate/

426 Cfr. Wong, Vicky, «Protesters march to High Court over 'breast assault' conviction», Hong Kong Free

Press, 27 luglio 2015, disponibile al link: https://hongkongfp.com/2015/07/27/protesters-march-to-high-

court-over-breast-assault-conviction/

427 Cfr. Dapiran, Anthony, City of Protest: A Recent History of Dissent in Hong Kong, Penguin Group,

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nulla. Lee Bo, comproprietario della Mighty Current fu l’ultimo a sparire a dicembre, prelevato, sembra, dalla polizia cinese direttamente a Hong Kong (il socio di Lee, Gui Minhai, cittadino svedese, era stato preso da alcuni sconosciuti mentre si trovava in vacanza in Thailandia)428. Il fatto che la polizia cinese avesse operato a Hong Kong, dove non ha titolo di agire, è uno degli aspetti più preoccupanti di questa vicenda, e la dimostrazione, ancora una volta, delle interferenze della RPC. Non mancarono, anche in questo caso, le proteste in richiesta di chiarimenti sulla sorte degli scomparsi.

Molti autori scelsero e continuano a scegliere l’autocensura per evitare ripercussioni di qualsiasi tipo, soprattutto dopo la Rivoluzione degli Ombrelli. La maggior parte dell’editoria appartiene al Liaison Office, quindi i titoli in vendita sono controllati da Pechino. Secondo l'Internazionale, sembra che all'origine delle sparizioni ci fosse un libro intitolato “Xi Jinping e le sue sei donne”, un resoconto delle avventure amorose del leader cinese, prima del suo matrimonio con la first lady Peng Liyuan. Secondo le testimonianze riportate nell’articolo, in realtà, le pressioni sulla Mighty Current andavano già avanti da anni, a causa di diversi libri pubblicati e non graditi alla leadership cinese429.

Quattro dei cinque editori spariti ricomparvero i primi di febbraio 2016 sulla tv di stato cinese, dove raccontarono di essere stati arrestati per aver venduto 4000 libri vietati a 380 clienti della Cina continentale. In un articolo del 29 febbraio 2016, la BBC riportò che Lee Bo, cittadino britannico all’epoca della scomparsa e di cui ancora non si sapeva nulla, probabilmente era stato “rimosso involontariamente”, dato che i suoi documenti erano stati ritrovati a Hong Kong il giorno della sparizione. L’allora segretario degli esteri britannico Philip Hammond chiese spiegazioni al governo cinese, sottolineando la grave violazione della Joint Declaration e del principio “un paese, due sistemi”. La risposta del ministro degli esteri cinese fu che non c’era stata nessuna azione illegale da parte degli agenti cinesi, e sollecitò gli altri paesi a non immischiarsi in questioni interne alla Cina430. Lee Bo riapparve lo stesso 29 febbraio, anche lui sulla tv di stato cinese. L’uomo rilasciò un’intervista nella quale dichiarava di essersi consegnato volontariamente alle autorità cinesi per cooperare alle investigazioni sulla sua casa editrice e comunicò anche la sua

428 Cfr. Sala, Ilaria Maria, «Il mistero dei librai scomparsi di Hong Kong», Internazionale, 18 gennaio 2016,

disponibile al link: https://www.internazionale.it/reportage/ilaria-maria-sala/2016/01/18/hong-kong-librai- scomparsi

429 Cfr. Ibid.

430 Cfr. «Missing Hong Kong booksellers paraded on Chinese TV», BBC News, 29 febbraio 2016,

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volontà di rinunciare alla cittadinanza britannica. I sostenitori di Lee ritengono che fu un’intervista sotto costrizione431. A ottobre 2017, il governo svedese diede il comunicato

che Gui Minhai, l’ultimo degli editori scomparsi, era stato rilasciato dopo aver scontato una pena in carcere in Cina, in seguito alla confessione di un incidente stradale mortale avvenuto presumibilmente nel 2003. Secondo la figlia di Gui, si trattava di una confessione forzata. Nonostante il comunicato ufficiale, dell’uomo non c’era ancora traccia. Secondo quanto riportato dalla BBC a gennaio 2018, il governo svedese confermò che Gui Minhai stava viaggiando con due diplomatici svedesi da Ningbo, nell’est della Cina, a Pechino, quando venne nuovamente arrestato. A poco valse la richiesta della Svezia, insieme all’Unione Europea, di rilasciare l’uomo. Hua Chunying, portavoce del ministro degli esteri a Pechino disse di non avere nessuna informazione sull’uomo, aggiungendo che «Qualsiasi straniero in Cina, compresi i funzionari delle missioni diplomatiche estere, non deve violare le leggi internazionali o cinesi»432. Attualmente, Gui si trova in carcere in Cina per scontare una pena di dieci anni. Nel dare il verdetto, la Corte Intermedia del Popolo di Ningbo ha affermato che la cittadinanza cinese dell’uomo era stata ripristinata nel 2018 e che la Cina non riconosce la doppia cittadinanza433.

Contemporaneamente, crebbe la preoccupazione dello stesso mondo accademico. I media di Hong Kong riportarono che il capo dell’esecutivo Leung stesse tentando di bloccare la nomina di accademici liberali in posti chiave dell’Università di Hong Kong. Johannes Chan Man-mun, ex preside della facoltà di legge dell'università di Hong Kong, vista come simpatizzante delle proteste del 2015, era stata raccomandata da una commissione di nomina per la posizione di pro-vice cancelliere. Dopo una serie di attacchi da parte di giornali pro-Pechino e mesi di ritardo, la nomina della Chan venne rifiutata con motivazioni pretestuose. Il Consiglio dell'Università di Hong Kong, che aveva rifiutato la nomina, era composto da figure scelte dal capo dell'esecutivo434.

Secondo ciò che ha riportato il Washington Post, i tentativi del governo di intromettersi nel sistema universitario non erano una novità: già dal 1997, gli accademici sostenitori del governo cinese godevano di maggiori vantaggi rispetto agli altri colleghi.

431 Cfr. «Hong Kong bookseller Lee Bo says he will abandon UK residency», BBC News, 1 marzo 2016,

disponibile al link: https://www.bbc.com/news/world-asia-china-35693759

432 Cfr. «Hong Kong book publisher 'seized from China train'», BBC News, 23 gennaio 2018, disponibile

al link: https://www.bbc.com/news/world-asia-china-42780228

433 Cfr. «Gui Minhai: Hong Kong bookseller gets 10 years jail», BBC News, 25 febbraio 2020, disponibile

al link: https://www.bbc.com/news/world-asia-china-51624433

434 Cfr. . Dapiran, Anthony, City of Protest: A Recent History of Dissent in Hong Kong, Penguin Group,

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Dalle interviste contenute nell’articolo si evince la consapevolezza degli accademici dell’intervento sempre più pressante di Pechino. Le pressioni, peraltro, non si fermano al solo mondo universitario, ma sono dirette all’intero sistema scolastico di Hong Kong, considerato poco “patriottico” dal governo cinese. Michael Davis, professore di legge all’Università di Hong Kong, ha affermato: «Beijing is trying to tame Hong Kong, but in

many ways its approach is incendiary and causes pretty much all the things they are worried about» e ancora, «This kind of thing makes people more aware of their core values, and in some ways it backfires on Beijing»435.

CONCLUSIONI

A Marzo 2017, Carrie Lam venne scelta per ricoprire la carica di capo dell’esecutivo. La candidata cinquantanovenne è stata la prima donna ad essere selezionata per quel ruolo. La Lam, fino al 2016, ricoprì il ruolo di capo segretario (la carica più alta dopo il capo dell’esecutivo) sotto il governo Leung. Il nuovo capo dell’esecutivo, molto apprezzata dalla parte pro-Pechino, perché considerata una amministratrice forte, era detestata, invece, dai pro-democratici per aver sostenuto il governo della RPC e aver difeso la riforma politica “concessa” dalla Cina nel 2014. A Hong Kong è stata soprannominata CY2.0, una nuova versione del capo dell’esecutivo uscente C.Y. Leung436.

Nella corsa alla carica, il principale rivale della Lam fu John Tsang, ex capo finanziario e favorito da una parte maggioritaria dell’opinione pubblica. Tsang ebbe anche l’appoggio dei democratici, che per la prima volta sostennero un uomo scelto dalla classe dirigente. Nonostante fosse il favorito dai cittadini, Tsang riuscì a ottenere 365 voti dalla commissione elettiva, contro i 777437 della Lam. Il terzo candidato, Woo Kwok- hing, giudice in pensione, ottenne solo 21 voti.

435 Cfr. Denyer, Simon, «Is Hong Kong’s academic freedom under Chinese attack?», Washington Post, 13

marzo 2015, disponibile al link: https://www.washingtonpost.com/world/asia_pacific/is-hong-kongs- academic-freedom-under-chinese-attack/2015/03/12/8680fc60-e819-4ed0-9097-04a9774cfd35_story.html

436 Cfr. «A crucial election for Hong Kong: What's at stake?», BBC News, 25 marzo 2017, disponibile al

link: https://www.bbc.com/news/world-asia-china-39373716

437 Jiuliana Liu, giornalista della BBC a Hong Kong, ha scritto che il numero dei voti ottenuti dalla Lam

causò molta ilarità. Sembra infatti che il numero sette, in cantonese, suoni come un’espressione che viene usata per chiamare qualcuno sciocco, stupido o folle. Cfr. «Hong Kong election: Beijing-backed Lam vows to heal divide», 26 marzo 2017, disponibile al link: https://www.bbc.com/news/world-asia-china-39396146

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Il 29 giugno un gruppo bipartisan di cinque membri della Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti introdusse la Risoluzione 422438 chiamando la Cina a rispettare l'autonomia di Hong Kong, considerata a sua volta interesse nazionale degli USA. Secondo quanto riportato dall’Hong Kong Free Press, i rappresentanti dissero che la risoluzione enfatizzava i valori comuni tra gli Stati Uniti e la popolazione di Hong Kong e chiesero il rispetto del principio “un Paese, due sistemi”, che garantiva alla città la sua autonomia. Chris Smith, uno dei cinque rappresentanti in questione, intervistato, disse:

«Pechino dovrebbe riconoscere che lo stile di vita unico di Hong Kong è essenziale per la futura prosperità e stabilità della Cina stessa. Ma se l'erosione dell'autonomia di Hong Kong dovesse continuare, e Hong Kong diventasse solo un'altra città cinese soffocata dalla mano pesante della repressione, gli USA dovrebbero rivalutare se Hong Kong meriti lo status speciale ai sensi della legge degli Stati Uniti»439.

Nel 1992, infatti, era stato firmato il United States-Hong Kong Policy Act, in base al quale Hong Kong godeva di uno status speciale in virtù della sua autonomia, status differente da quello della Cina continentale. Nel documento si affermava che gli USA supportavano l’autonomia della città e si «stabilisce l’autorità del governo USA di trattare Hong Kong come un’entità non sovrana distinta dalla Cina ai fini del diritto interno statunitense basato sui principi della Joint Declaration sino-britannica del 1984»440.

Secondo Hung Ho-fung, professore associato di sociologia della Johns Hopkins University, se Pechino si fosse ulteriormente intromessa nel governo di Hong Kong, gli USA, come anche altri Stati, avrebbero dovuto revocare il riconoscimento della città come un’entità separata; le conseguenze per l’economia cinese, a sua volta, sarebbero state pesanti.. L’interesse di Pechino stessa, a suo avviso, sarebbe stato che il mondo continuasse a riconoscere lo status speciale di Hong Kong, in modo che Pechino e i suoi funzionari potessero ancora usufruire dei vantaggi, soprattutto economici, che questo status comportava441.

438 House Resolution 422 disponibile al link: https://www.congress.gov/bill/115th-congress/house-

resolution/422/text?r=68

439 Cfr. Cheng, Kris, «US representatives table resolution urging China to uphold Hong Kong's autonomy»,

Hong Kong Free Press, 30 luglio 2017, disponibile al link: https://hongkongfp.com/2017/07/01/us-

representatives-table-resolution-urging-china-uphold-hong-kongs-autonomy/

440 U.S.-Hong Kong Policy Act Report, 11 Aprile 2003, disponibile al link: https://2001-

2009.state.gov/p/eap/rls/rpt/19562.htm#:~:text=The%20United%20States%20supports%20Hong,the%20 1984%20Sino%2DBritish%20Joint

441 Cfr. Cheng, Kris, «US representatives table resolution urging China to uphold Hong Kong's autonomy»,

Hong Kong Free Press, 30 luglio 2017, disponibile al link: https://hongkongfp.com/2017/07/01/us-

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Come da programma, la cerimonia d’insediamento del nuovo capo dell’esecutivo si tenne il 1° luglio 2017, giorno in cui si festeggiava anche il ventesimo anniversario del passaggio di sovranità di Hong Kong alla Cina. L’appuntamento vide la partecipazione del presidente cinese Xi Jinping che, per la prima volta da quando era diventato presidente nel 2013, si recò a Hong Kong per una visita di tre giorni. In uno dei suoi discorsi, durante il soggiorno ufficiale nella città, il presidente Xi affermò che Hong Kong non aveva mai avuto tante libertà come in quel momento, ma lanciò anche un avvertimento contro le sfide intollerabili dei manifestanti all'autorità di Pechino sulla città:

«ogni tentativo di mettere in pericolo la sovranità della Cina e della sicurezza, di mettere in discussione il potere del governo centrale o di usare Hong Kong per portare avanti attività di infiltrazione e sabotaggio contro la patria è un atto che varca una linea rossa ed è assolutamente inammissibile»442.

Era, questo, un messaggio chiaro: qualsiasi tentativo di dividere la RPC da Hong Kong non sarebbe stato tollerato. Uno degli elementi centrali del discorso del presidente cinese alla cerimonia di inaugurazione per Carrie Lam fu che “due sistemi” viene dopo “un Paese” che ne è la radice, ed è questo che la Basic Law avrebbe dovuto garantire. Per gli esponenti democratici era preoccupante che il presidente Xi non si fosse soffermato anche sui “due sistemi” e che, invece, avesse messo enfasi solo sulla sovranità cinese sull’isola443. Starry Lee, presidente del Democratic Alliance for the Betterment and

Progress of Hong Kong, partito pro-Pechino più grande nell’isola, dichiarò al giornalista dell’HKFP come, a proprio avviso, le parole del presidente Xi fossero la dimostrazione lampante del suo sincero desiderio di risolvere la questione Hong Kong: una questione che, per essere risolta, necessitava di una chiara comprensione del rapporto tra la formula “un Paese, due sistemi”, la Basic Law e la Costituzione cinese. La Lee aggiunse anche: «il governo centrale sa che ci sono diverse voci nella società ed è disposto ad ascoltarle»444. Secondo Michael Tien, esponente pro-Pechino, il passo successivo del governo centrale sarebbe potuto essere quello di richiedere la legge sulla sicurezza nazionale (Art. 23 Basic Law), la cui attuazione a Hong Kong era saltata dopo le proteste del 2003. Solo dopo aver reso effettivo l’art. 23, la sovranità nazionale avrebbe potuto

442 Cfr. «È un giorno pieno di cose, a Hong Kong», il Post, 1 luglio 2017, disponibile al link:

http://www.ilpost.it/2017/07/01/visita-xi-jinping-hong-kong-anniversario-sovranita/

443 Cfr. Cheng, Kris, «HK20: Xi Jinping putting stronger emphasis on China's control over Hong Kong,

pro-democracy lawmakers say», Hong Kong Free Press, 1 luglio 2017, disponibile al link: https://hongkongfp.com/2017/07/01/xi-jinping-putting-stronger-emphasis-chinas-control-hong-kong-pro- democracy-lawmakers-say/

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essere salvaguardata e il principio “un Paese, due sistemi” messo in pratica con successo445.

Tra la fine di giugno e il 1° luglio 2017, furono organizzate diverse manifestazioni da parte di diversi gruppi di attivisti. I manifestanti sfidarono il lockdown di sicurezza446 imposto nelle vie principali della città, per cercare di ottenere l’attenzione del presidente Xi. Già il 28 giugno, una trentina di manifestanti, tra cui Joshua Wong e Agnes Chow, furono arrestati per aver organizzato e partecipato a un sit-in a Golden Bauhinia Square, nel sito turistico di Wan Chai. Alcuni attivisti si arrampicarono sulla statua del fiore dorato, simbolo di Hong Kong, donato dalla Cina nel 1997, per appendervi uno striscione con scritto: «Libertà a Liu Xiaobo! Libertà a tutti i prigionieri politici! Suffragio universale ora!»447. Il giorno dopo gli attivisti furono rilasciati su cauzione.

Un’altra manifestazione fu quella programmata dall’Hong Kong National Party, partito pro-indipendenza, i cui membri ritengono che il 1° luglio non segni il ritorno alla Cina ma, piuttosto, l’anniversario della caduta di Hong Kong nelle mani di un altro colonizzatore. Tuttavia, la polizia non permise al partito indipendentista di tenere alcun evento. Dopo l’arresto a Golden Bauhinia Square il 28 giugno, anche i membri della League of Social Democrats (LSD) chiamarono ancora una volta alla protesta i propri attivisti. L’obiettivo era quello di ritrovarsi a Wan Chai, durante la cerimonia dell’alzabandiera la mattina del 1° luglio, a cui Xi Jinping avrebbe partecipato. Secondo la testimonianza dei membri di Demosisto presenti, poco dopo il loro arrivo, iniziarono dei tafferugli con altri manifestanti pro-Pechino. La polizia portò via 20 attivisti, tra cui membri di Demosisto e della LSD448, per poi rilasciarli poco dopo. Alla marcia annuale del 1° luglio, secondo l’organizzatore, il Civil Human Rights Front, parteciparono in

445 Cfr. Cheng, Kris, «HK20: Xi Jinping putting stronger emphasis on China's control over Hong Kong,

pro-democracy lawmakers say», Hong Kong Free Press, 1 luglio 2017, disponibile al link: https://hongkongfp.com/2017/07/01/xi-jinping-putting-stronger-emphasis-chinas-control-hong-kong-pro- democracy-lawmakers-say/

446 Circa 9000 agenti di polizia erano stati impiegati per proteggere Xi Jinping e gli altri funzionari in visita

da minacce terroristiche.

447 Cfr. «È un giorno pieno di cose, a Hong Kong», il Post, 1 luglio 2017, disponibile al link:

http://www.ilpost.it/2017/07/01/visita-xi-jinping-hong-kong-anniversario-sovranita/ Liu Xiaobo è stato un attivista cinese per i diritti umani e vincitore del primo Nobel per la pace nel 2010. Fu condannato a undici anni di reclusione per aver firmato manifesto che chiedeva il pluralismo politico in Cina. È morto nel 2017 di cancro al fegato mentre era in galera.

448 Cfr. Cheng, Kris «HK20: Joshua Wong among 20 activists taken away by police after scuffle with pro-

Beijing group», Hong Kong Free Press, 1 luglio 2017. Disponibile al link: https://hongkongfp.com/2017/07/01/hk20-joshua-wong-among-20-activists-taken-away-police-scuffle- pro-beijing-group/

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60.000, mentre secondo la polizia di Hong Kong si trattò di sole 14.500 persone449. Al contrario degli indipendentisti, il Civil Human Rights Front aveva ottenuto il permesso di manifestare dalla polizia, ma in un’area più ristretta e lontana dall’hotel in cui soggiornava Xi Jinping. Ai manifestanti pro-Pechino, invece, era stata assegnata una zona più grande e più vicina al presidente cinese. Il tema della manifestazione era “un paese, due sistemi: una bugia di 20 anni. Riprendiamoci Hong Kong per un governo democratico”. Anche in questa occasione ci furono scontri con la polizia e l’arresto di diversi manifestanti.

Nel corso di tutto il 2017 ci furono altre manifestazioni in sostegno degli attivisti democratici arrestati450. Il sostegno arrivò anche da parte di un gruppo di dodici avvocati

internazionali provenienti da sei paesi – Regno Unito, USA, Canada, Australia, Sud Africa e Malesia – i quali, in una lettera aperta, condannarono l’azione del governo di Hong Kong, sostenendo che la Public Order Ordinance, in base alla quale gli attivisti erano stati condannati, violava il Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici451. La

decisione della corte di Hong Kong era già stata descritta in precedenza da un gruppo di figure internazionali eminenti, tra cui l'ex ministro degli esteri britannico Sir Malcolm Rifkind e l'ex leader dei liberaldemocratici britannici Lord Ashdown, come «un oltraggioso errore giudiziario, una campana a morto per lo stato di diritto di Hong Kong