• Non ci sono risultati.

I "giudici" della protezione internazionale

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "I "giudici" della protezione internazionale"

Copied!
161
0
0

Testo completo

(1)

UNIVERSITÀ DI PISA

Dipartimento di Giurisprudenza Corso di Laurea Magistrale in Giurisprudenza

Tesi di Laurea

I “giudici” della protezione internazionale

Relatore:

Chiar.mo Prof. Gianluca Famiglietti

Candidato:

Irene Lucarelli

(2)
(3)

1

INDICE

INTRODUZIONE 4

CAPITOLO 1. La ricostruzione normativa in tema di

protezione internazionale 7

1.1 Il quadro normativo in materia di protezione

internazionale 7

1.2 Il diritto di asilo nella Costituzione italiana 7 1.3 Le fonti internazionali: la Convenzione di Ginevra 9 1.4 Excursus storico della normativa in materia di protezione

internazionale 13

1.5 La dimensione comunitaria del diritto di asilo 18

1.5.1 La prima fase del sistema europeo comune d’asilo 19

1.5.2 (segue) Il recepimento della normativa comunitaria in

materia di protezione internazionale in Italia 22

1.5.3 La seconda fase del sistema europeo comune d’asilo 24

1.5.4 (segue) La nuova direttiva “qualifiche” 26

1.5.5 (segue) La nuova direttiva “procedure” 28

1.5.6 Le nuove proposte di riforma del sistema europeo

comune d’asilo: brevi cenni 30

1.6 L’attuale quadro normativo interno 32

1.6.1 Il “Decreto Minniti – Orlando” e il “Decreto Sicurezza”:

le recenti modifiche 32

CAPITOLO 2. L’accesso alla procedura di riconoscimento della protezione internazionale: dalla presentazione della

domanda alla decisione delle Commissioni territoriali 37

(4)

2

2.2 La procedura di concessione della protezione

internazionale 41

2.3 La presentazione della domanda 41

2.3.1 Le conseguenze della presentazione della domanda: il

diritto di permanenza nel territorio dello Stato 44

2.3.2 Le eccezioni al diritto di permanenza sul territorio

nazionale del richiedente asilo 47

2.3.3 Le altre garanzie 51

2.4 Dalla formalizzazione della domanda all’esame delle

Commissioni territoriali 56

2.5 Le “preclusioni” al riconoscimento della protezione

internazionale 62

2.6 Le Commissioni territoriali: l’assetto organizzativo e la

composizione 67

2.7 L’esame della domanda: la struttura 71

2.8 Il colloquio personale 73

2.8.1 Il colloquio personale nel decreto procedure 75 2.8.2 Lo svolgimento del colloquio: tecniche di conduzione

dell’intervista 78

2.9 La valutazione di credibilità 83

2.9.1 (segue) L’applicazione del beneficio del dubbio 90

2.10 La valutazione del rischio 94

2.11 Il dovere di cooperazione e l’importanza delle COI 98

CAPITOLO 3. La fase di ricorso giurisdizionale 106 3.1 La non “definitività” dei provvedimenti negativi della

Commissioni territoriale 106

3.2 La devoluzione al giudice ordinario: uno sguardo

all’Europa 107

(5)

3

3.3 La disciplina processuale: l’assenza di armonizzazione 117 3.4 La disciplina nazionale: il decreto Minniti – Orlando 118

3.4.1 L’eliminazione del doppio grado di merito 119

3.4.2 La riforma del procedimento di primo grado: dal rito

sommario di cognizione al rito camerale 121

3.4.3 Rito camerale non partecipato a “contraddittorio

scritto e udienza eventuale” 123

3.4.4 La tendenziale eliminazione della comparizione delle

parti: le questioni legate all’udienza 125

3.5 La centralità, nella fase di ricorso, della

videoregistrazione del colloquio della fase amministrativa: le

criticità e l’importanza dell’audizione giudiziale 128 3.6 La mancanza della videoregistrazione 132

3.6.1 L’intervento della Corte di Cassazione 135

3.6.2 La non obbligatorietà dell’audizione giudiziale: la

sentenza Sacko Moussa dalla Corte di Giustizia 137

3.6.3 I limiti al potere discrezionale del giudice nei casi di

manifesta infondatezza 140

CONCLUSIONI 144

BIBLIOGRAFIA 149

(6)

4

INTRODUZIONE

La redazione di questo elaborato muove dalla rilevanza, sempre più crescente, acquisita dalla categoria della protezione internazionale, all’interno del nostro ordinamento giuridico. Il notevole interesse, specialmente mediatico, verso tale settore si è manifestato a partire dal 2016, anno di esplosione delle domande di “asilo”, nel quale si è registrata la cifra più alta mai registrata in Italia.

Un’analoga attenzione non è invece riscontrabile avverso i profili strettamente procedurali della materia. Ed è proprio nel tentativo di analizzare e descrivere tali aspetti che si rinviene il leitmotiv del presente elaborato, nel quale si cerca di porre in evidenza ogni segmento che attualmente contraddistingue la procedura di riconoscimento della protezione internazionale: la fase iniziale di “accesso”, costituita dalla presentazione e verbalizzazione della domanda di “asilo”, la fase “amministrativa” dinanzi alle Commissioni territoriali, finalizzata all’esame, in prima istanza, della richiesta e la successiva fase di ricorso giurisdizionale.

Un ampio spazio è riservato alla procedura di esame della domanda dinanzi alle Commissioni territoriali, ossia la porzione “amministrativa” della procedura, la quale costituisce, in ultima istanza, l’oggetto di studio della presente trattazione. L’approccio utilizzato, al riguardo, è un approccio che potremmo definire “sostanzialistico”, atto cioè a far emergere la prassi delle Commissioni territoriali, ossia le modalità concrete di svolgimento della procedura di esame, nonché lo strumentario da loro utilizzato a tale scopo. Ciò è stato reso possibile grazie al prezioso apporto della Dott.ssa Sara Laurini, membro della Commissione territoriale, sezione Livorno, in veste di rappresentante dell’UNHCR.

(7)

5

L’elaborato si compone di tre capitoli ordinati secondo un criterio cronologico e argomentativo, immaginando la “strada” percorsa dal richiedente asilo, sin dal momento iniziale dell’ingresso nel territorio nazionale, fino al passaggio “amministrativo” e “giurisdizionale” della sua istanza: il primo capitolo, di segno generale, è dedicato alla ricostruzione normativa del settore, nei suoi aspetti sostanziali e procedurali, con particolare attenzione alle fonti internazionali, rappresentante dalla c.d. Convenzione di Ginevra, e alla c.d. dimensione comunitaria, la quale ha fortemente influenzato la normativa nazionale di riferimento, costituita dal d.lgs. 251/2007, c.d. decreto qualifiche e dal d.lgs. 25/2008, c.d. decreto procedure. Nel secondo capitolo si procede, anzitutto, alla descrizione della fase di “accesso” alla procedura, rappresentata dal momento della presentazione e verbalizzazione della domanda, con speciale riguardo all’acquisizione, consequenziale all’avvio della procedura, da parte dello “straniero”, dello status di richiedente “asilo”, dal quale scaturiscono una serie di garanzie fondamentali. Si prosegue con l’analisi della procedura amministrativa dinanzi alle Commissioni territoriali, delineata dal decreto procedure, riservando un ampio spazio alla descrizione della relativa procedura di esame, secondo la strutturazione elaborata dalle linee guide dell’UNHCR e dell’EASO, in particolare la fase dell’acquisizione degli elementi di prova - nella quale assume un ruolo centrale il colloquio personale - comprensiva della valutazione della credibilità, e la fase conclusiva della c.d. valutazione del rischio.

Nel terzo capitolo si procede all’analisi della fase di ricorso giurisdizionale, mettendo in luce le sue caratteristiche, nonché la scelta compiuta dal legislatore italiano sotto il profilo della giurisdizione competente e del modello processuale, a causa dell’assenza di armonizzazione a livello comunitario. Una particolare

(8)

6

attenzione viene dedicata alle recenti novità legislative introdotte dal decreto Minniti – Orlando.

(9)

7

Capitolo 1

LA RICOSTRUZIONE NORMATIVA IN TEMA DI

PROTEZIONE INTERNAZIONALE

1.1 Il quadro normativo in materia di protezione internazionale

La materia della protezione internazionale, nei suoi aspetti sostanziali e procedurali, risulta attualmente regolata da una complessa normativa, che comprende accordi internazionali ratificati dall’Italia, disposizioni comunitarie direttamente e indirettamente applicabili nel nostro paese e le loro norme nazionali di recepimento, che si compenetrano e sovrappongono, creando così un quadro composito e stratificato.

1.2 Il diritto di asilo nella Costituzione italiana

Nella ricostruzione del quadro normativo non si può prescindere dall’analisi della figura dell’asilo costituzionale, prevista dalla nostra Costituzione all’art 10, co. 3.

L’art 10, co. 3 della Costituzione stabilisce che “lo straniero al quale

sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge”.

Tuttavia il legislatore italiano non ha mai inteso dar seguito alla riserva di legge assoluta, mediante l’adozione di una normativa

(10)

8

organica disciplinante la fattispecie dell’asilo ex art. 10, co. 3 della Costituzione.

Nella perdurante inerzia del legislatore, la giurisprudenza di legittimità si è interrogata a lungo sulla natura del diritto di asilo e sul carattere meramente programmatico o direttamente precettivo del disposto costituzionale.

Senza alcuna pretesa di esaustività1, ci si limita a ricordare che la Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha stabilito che l’asilo costituzionale è un diritto soggettivo perfetto, il cui riconoscimento può essere richiesto direttamente al giudice ordinario, seppure in assenza di una normativa che ne definisca i contenuti2.

Nelle sentenze più recenti, la Corte di Cassazione3 è, tuttavia, concorde nell’escludere ogni margine di diretta applicazione del disposto di cui all’art 10, co. 3 della Costituzione e “ciò non perché la

garanzia costituzionale sia di fatto inconsistente in assenza di una legge d’applicazione, bensì perché essa sarebbe interamente attuata in virtù degli interventi legislativi nell’ambito del c.d. sistema pluralistico di protezione internazionale”4.

In altre parole, secondo la Cassazione, alla luce del quadro di tutele assicurate dal sistema, non sarebbe più necessaria una specifica attuazione dell’asilo costituzionale. Esso, infatti, risulta

1

Sull’evoluzione giurisprudenziale in tema di asilo costituzionale si veda M. BENVENUTI, La forma dell’acqua. Il diritto di asilo costituzionale tra

attuazione, applicazione e attualità, in QUESTIONE GIUSTIZIA, 2018, n. 2.

2

Sul contenuto immediatamente precettivo della disposizione costituzionale, cfr., Corte di Cassazione, S.U., sentenza del 26 maggio 1997, n. 4674 e Corte di Cassazione, S.U., sentenza del 17 dicembre 1999, n. 907.

3

Corte di Cassazione, sentenza del 10 gennaio 2013, n. 563. 4

E. XHANARI, Brevi riflessioni in tema di sostanziale disconoscimento del

diritto costituzionale d’asilo nella recente giurisprudenza di legittimità”,31

agosto 2014, reperibile al sito:

http://www.forumcostituzionale.it/wordpress/wpcontent/uploads/2014/09/ diritto-asilo.pdf

(11)

9

“interamente attuato e regolato attraverso le situazioni finali previste dai tre istituti costituiti dallo status di rifugiato, dalla protezione sussidiaria e dal diritto al rilascio del permesso umanitario (fino al 5 ottobre 2018, data di entrata in vigore del d.l.

n. 113 del 2018, convertito con l. n. 132 del 2018), ad opera della

esaustiva normativa di cui al d.lgs. n. 251 del 2007 e di cui all’art 5, co. 6 d.lgs. n. 286 del 1998 (oggi abrogato dal d.l. n. 113 del 2018) con la conseguenza che non vi è più alcun margine di residuale diretta applicazione del disposto di cui all’art 10, co. 3, Costituzione”5..

1.3 Le fonti internazionali: la Convenzione di Ginevra

Anche se i due termini sono spesso utilizzati come sinonimi, l’istituto del diritto di asilo non coincide con quello del riconoscimento dello status di rifugiato, introdotto dalla Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951.

La Convenzione di Ginevra del 1951 rappresenta il primo documento che affronta, su scala internazionale, la questione dei rifugiati, prevedendo le condizioni per l’attribuzione del relativo

status e i diritti e gli obblighi scaturenti da tale condizione giuridica.

I pilastri del sistema di Ginevra sono essenzialmente due: la definizione di rifugiato e l’obbligo di non refoulement.

Per quanto riguarda la definizione di rifugiato, l’art 1, par. A, n. 2 della Convenzione, stabilisce che “il termine rifugiato si applicherà a

colui che, a seguito di avvenimenti verificatosi anteriormente al 1°gennaio 1951, temendo a ragione di essere perseguito per motivi

5

(12)

10

di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche, si trova fuori dallo Stato di cui possiede la cittadinanza e non può o, per tale timore, non vuole domandare la protezione di questo Paese; oppure che, non avendo la cittadinanza e trovandosi fuori dal Paese in cui aveva la residenza abituale a seguito di tali avvenimenti, non può o non vuole tornarvi per il timore di cui sopra (…)”.

Dalla definizione di rifugiato, offerta dalla Convezione di Ginevra, emergono con evidenza le differenze strutturali che intercorrono tra asilo ex art 10, co. 3 della Costituzione e status di rifugiato.

Come evidenziato dalla giurisprudenza di legittimità6, il precetto

costituzionale e la normativa sui rifugiati politici non coincidono dal punto di vista soggettivo, poiché la categoria dei rifugiati è meno ampia di quella degli aventi diritto all’asilo, in quanto la citata Convenzione di Ginevra prevede “quale fattore determinante per la

individuazione del rifugiato, se non la persecuzione in concreto, un fondato timore di essere perseguitato, cioè un requisito che non è considerato necessario dall’art 10, co. 3 della Costituzione”.

La Convenzione di Ginevra prevede due diverse limitazioni al riconoscimento dello status di rifugiato7.

La prima è di carattere temporale: la richiesta di rifugio ex Convenzione di Ginevra può essere avanzata soltanto rispetto ad eventi anteriori al 1°gennaio 1951. Il vincolo temporale, tuttavia, è stato superato sul piano internazionale, con la sottoscrizione del c.d.

6

Sul punto, cfr., Corte di Cassazione, S.U., sentenza del 26 maggio 1997, n. 4674.

7

N. PETROVIC, Gli ultimi sviluppi nella legislazione italiana ed europea in

materia d’asilo, in Rifugiati, profughi, sfollati.Breve storia del diritto d’asilo in Italia, Milano, FrancoAngeli, 2013.

(13)

11

Protocollo addizionale relativo allo status di rifugiato adottato a New York il 31 gennaio 19678.

L’altro limite, previsto dalla Convenzione, è di carattere geografico. In base all’art 1, par. B, l’applicazione della Convenzione nell’ordinamento dello Stato contraente può essere limitata ai soggetti provenienti dall’Europa.

La Convenzione di Ginevra non contiene norme di carattere procedurale circa l’ammissione al territorio del richiedente e alla procedura di esame della domanda per il riconoscimento dello

status di rifugiato. Essa, piuttosto, reca la disciplina sul regime

giuridico applicabile ai rifugiati, ossia le condizioni per l’attribuzione dello status e i diritti e obblighi scaturenti da tale condizione giuridica.

Di conseguenza l’individuazione e la definizione di tali procedure sono rimesse alla discrezionalità dei singoli Stati contraenti9. Detta discrezionalità, tuttavia, risulta essere limitata dalla Convenzione medesima attraverso l’enunciazione del principio di non

refoulement.

Tale principio costituisce l’altro aspetto cardine della Convenzione e si sostanzia nel divieto, posto in capo agli Stati contraenti, di respingere un rifugiato verso un territorio ove “la sua vita o la sua

libertà sarebbero minacciate a motivo della sua razza, della sua

8

Esso ha disposto che la definizione di cui all’art. 1 della Convenzione debba essere intesa come se le parole “a seguito di avvenimenti verificatisi anteriormente al 1 gennaio 1951” fossero omesse e ha inoltre stabilito che il Protocollo debba applicarsi senza alcuna limitazione geografica, fatte salve però le dichiarazioni restrittive già rese in sede di ratifica e non modificate successivamente.

9

(14)

12

religione, della sua cittadinanza, della sua appartenenza a un gruppo sociale o delle sue opinioni politiche”10.

Il principio di non respingimento, peraltro, non tutela soltanto i rifugiati in senso stretto ma anche i soggetti che abbiano richiesto tale riconoscimento, per tutta la durata della relativa procedura. Questo aspetto è una conseguenza diretta del carattere meramente dichiarativo della pronuncia di riconoscimento della qualifica di rifugiato: tale status discende infatti direttamente dalle condizioni personali descritte dall’art. 1 della Convenzione di Ginevra, e non da un provvedimento costitutivo adottato dalle autorità statali, le quali dunque si limitano ad espletare un’attività di accertamento11.

Come evidenziato dalla dottrina12, le norme della Convenzione di Ginevra introducono, attraverso l’enunciazione del principio di non

refoulement, un importante limite alla discrezionalità delle autorità

nazionali e sebbene la Convenzione di Ginevra non imponga agli Stati contraenti un obbligo di concedere lo status, dal principio di non respingimento sembra discendere, implicitamente, un dovere in capo alle autorità statali di provvedere, attraverso adeguate procedure, alla verifica della sussistenza della qualifica di rifugiato in capo agli individui che ne facciano richiesta.

10

Art. 33 par. 1 della Convenzione di Ginevra sullo statuto dei rifugiati. 11

La natura dichiarativa dello status di rifugiato è stata univocamente chiarita dalla Corte di Cassazione, S.U., sentenza 17 dicembre 1999, n. 907, che ha affermato che “la qualifica di rifugiato politico ai sensi della convenzione di Ginevra del 29 luglio 1951 costituisce, come quella di avente diritto all’asilo (dalla quale si distingue perché richiede quale fattore determinante un fondato timore di essere perseguitato, cioè un requisito non richiesto dall’art. 10, comma 3, cost.), una figura giuridica riconducibile alla categoria degli "status" e dei diritti soggettivi, con la conseguenza che tutti i provvedimenti assunti dai competenti organi in materia hanno natura meramente dichiarativa e non costitutiva (…)”.

12

A. MARCHESI, Diritto di asilo e procedure di riconoscimento del diritto di

asilo. Brevi considerazioni, in P. BENVENUTI, Flussi migratori e fruizione dei diritti fondamentali, il Sirente, 2008.

(15)

13

Da questa prospettiva è chiaro che il principio di non respingimento, che rappresenta la pietra miliare del diritto internazionale, ha una incidenza, seppur indiretta, sugli aspetti concernenti l’accesso al territorio e alla procedura di concessione dello status di rifugiato, formalmente rimessi alla discrezionalità degli Stati contraenti.

1.4 Excursus storico della normativa in materia di protezione internazionale

L’attuale assetto normativo interno, regolante gli aspetti sostanziali e procedurali della protezione internazionale, è il risultato del recepimento sul piano interno di una pluralità di direttive comunitarie.

Per comprendere l’attuale quadro normativo e, soprattutto, la reale incidenza che ha rivestito la dimensione comunitaria nella materia, è opportuno ripercorrere brevemente le principali “tappe” che sono state intraprese sul piano legislativo interno, nella materia del “diritto di asilo”, sia sotto il profilo sostanziale sia sotto il profilo procedurale.

Da un punto di vista temporale possiamo individuare 3 diversi periodi normativi della storia repubblicana.

Nel primo periodo, che va dal 1948 al 1990, la materia del diritto di asilo risultava essere disciplinata esclusivamente dalla Convenzione di Ginevra, a causa della mancata adozione di una normativa organica disciplinante la fattispecie di cui all’art 10, co. 3 della Costituzione.

(16)

14

Inoltre, nel ratificare la Convenzione di Ginevra13, la scelta del legislatore italiano dell’epoca fu quella di adottare la summenzionata “riserva geografica”, limitando, perciò, il riconoscimento dello status di rifugiati ex Convenzione di Ginevra ai soli individui di provenienza europea.

Il combinarsi di questi due fattori, la riserva geografica da un lato e la mancata attuazione dell’asilo costituzionale dall’altro, portarono alla nascita di due distinte categorie di rifugiati14: i rifugiati “de iure” o “sotto convenzione” e i rifugiati “de facto” o “sotto mandato dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati”.

I primi erano i soggetti della Convenzione così come era stata ratificata dall’Italia, dunque i richiedenti provenienti da Paesi europei, a cui si applicava l’intera disciplina convenzionale; nella seconda categoria, invece, rientravano non solo i rifugiati provenienti da paesi extraeuropei ma anche quelli che, una volta arrivati in Italia, chiedevano la protezione all’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR).

Alle due categorie si applicavano due distinte procedure per il riconoscimento del relativo status.

In particolare le domande di riconoscimento dello status di rifugiato, presentate dai cittadini europei, erano esaminate dalla Commissione paritetica di eleggibilità. Tale autorità amministrativa, competente all’esame delle domande di asilo dei rifugiati “de iure”, era stata istituita precedentemente alla ratifica della Convenzione di Ginevra, con decreto ministeriale del 24 novembre 1953.

13

La Convenzione di Ginevra è stata ratificata dall’Italia con la legge n. 722 del 25 luglio 1954.

14

N. PETROVIC, Gli ultimi sviluppi nella legislazione italiana ed europea in

(17)

15

Per contro l’esame delle richieste dei rifugiati extraeuropei erano invece affidate alla Delegazione italiana dell’UNHCR, che aveva il potere di decretare il riconoscimento della qualifica di “rifugiato sotto mandato”, oppure di rigettare la domanda15.

Nel secondo periodo “normativo”, che si sviluppa dal 1990 al 2002, si registrano i primi interventi normativi da parte del legislatore nazionale nella materia della protezione internazionale.

Un punto di svolta è rappresentato dalla legge n. 39 del 28 febbraio 1990, meglio conosciuta come legge Martelli, nella quale la materia del diritto d’asilo trova una prima collocazione sistematica. Innanzitutto la legge in esame ha formalmente eliminato la riserva geografica, ponendo fine alla distinzione tra rifugiati de iure e rifugiati de facto, caratterizzante il primo periodo normativo.

Tale legge, nonostante riporti nel titolo la dicitura “norme urgenti in materia di asilo”, non costituisce alcuna forma di attuazione dell’art. 10, co. 3 della Costituzione, ma si applica esclusivamente agli stranieri rientranti nella definizione di rifugiato, offerta dalla Convenzione di Ginevra16.

Pur confondendo le due figure, la legge in esame ha avuto il merito di delineare, seppur in modo parziale e frammentario, una prima procedura di riconoscimento dello status di rifugiato, rinviando ad un apposito regolamento la definizione della relativa disciplina17.

15

N. PETROVIC, Gli ultimi sviluppi nella legislazione italiana ed europea in

materia d’asilo, in Rifugiati, profughi, sfollati, cit.

16

La limitazione della normativa al riconoscimento dello status di rifugiato ex Convenzione di Ginevra, sembra essere confermata dalla rubrica dell’art 1 che fa esplicito riferimento ai soli “rifugiati”.

17

Il regolamento “di riordino degli organi e delle procedure per l’esame delle richieste di riconoscimento dello status di rifugiato” è stato adottato con il d.P.R del 15 maggio 1990, n. 136.

(18)

16

Nel 1998 la legge Martelli è stata sostituita dalla legge 6 marzo 1998 n. 40 (c.d. legge Turco Napolitano), confluita poi nel Testo Unico18. Benché varata con l’intento di regolamentare organicamente l’intera materia dell’immigrazione, tale testo legislativo non ha apportato modifiche sostanziali in materia d’asilo, lasciando immutata la disciplina previgente. Infatti l’unico articolo non abrogato della legge Martelli è proprio l’art. 1 sui rifugiati. Di conseguenza, l’intera procedura per il riconoscimento dello status di rifugiato, disciplinata dalla l. 39/90, è rimasta praticamente immutata.

L’unica nuova norma rilevante legata alla condizione giuridica del rifugiato è rappresentata dall’art. 19, co. 1 che sembra, tra l’altro, ripetere pedissequamente il principio cardine della Convenzione di Ginevra, ossia l’obbligo di non refoulement19

. Nella disposizione si

ha una trasposizione letterale del divieto di non respingimento ex Convenzione di Ginevra, ma con alcune significative implementazioni derivanti dall’aggiunta di nuova cause di discriminazione, quali il sesso, la lingua e le condizioni personali. Tali motivi aggiunti, non presenti nel testo convenzionale, trovano il loro fondamento giuridico direttamente nella Costituzione all’art 3, co. 1. Da questo punto di vista l’art 19, co. 1 del T.U costituisce una sintesi perfetta tra Convenzione di Ginevra e Costituzione italiana.

18

Approvato con d.lgs. del 25 luglio 1998, n. 286, Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione giuridica dello straniero (TUIMM).

19

Art. 19, co. 1 TUIMM “in nessun caso può disporsi l’espulsione o il respingimento verso uno Stato in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali, ovvero possa rischiare di essere rinviato verso un altro Stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione”.

(19)

17

Soltanto nel settembre del 2002, mediante l’adozione della legge n. 189 del 30 luglio 2002 (c.d. legge Bossi – Fini), il legislatore nazionale è intervenuto massicciamente nella materia del diritto di asilo, apportando modifiche sostanziali alla disciplina delineata dalla legge Martelli e riconfermata nel Testo Unico.

Il nuovo testo legislativo di “Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo” ha introdotto significativi elementi di novità, nell’organizzazione delle procedure relative al riconoscimento dello status di rifugiato, ulteriormente specificati nel “Regolamento di attuazione delle procedure per il riconoscimento dello status di rifugiato20”.

Tra le maggiori novità introdotte sul piano procedurale segnaliamo: la decentralizzazione della procedura e l’istituzione di sette Commissioni Territoriali con il compito di esaminare le domande di riconoscimento dello status di rifugiato; la sostituzione della precedente Commissione centrale per il riconoscimento dello status di rifugiato nella Commissione nazionale per il diritto di asilo a cui sono stati attribuiti compiti di indirizzo e coordinamento delle commissioni territoriali; l’introduzione di una doppia procedura di asilo, semplificata per i richiedenti trattenuti nei centri di identificazione e ordinaria per tutti i richiedenti che non sono soggetti ad obbligo di trattenimento.

Infine la legge Bossi Fini ha gettato le basi per la creazione di un nuovo sistema di accoglienza attraverso l’istituzione dei Centri di identificazione e del Sistema di protezione per i richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR).

Il terzo periodo normativo, tutt’ora in corso, è caratterizzato dall’adozione di atti legislativi di recepimento di direttive

20

(20)

18

comunitarie. La regolamentazione interna in tema di asilo, caratterizzante il secondo periodo “normativo”, presentava evidenti criticità: era una disciplina disorganica ma soprattutto limitata al riconoscimento dello status di rifugiato ai sensi della Convenzione di Ginevra. A dare impulso ad una maggiore articolazione della normativa interna sono state, per l’appunto, le direttive comunitarie, le quali hanno influenzato e definito l’attuale quadro normativo interno in materia di protezione internazionale.

1.5 La dimensione comunitaria del diritto di asilo

A ben vedere, l’adozione delle sopracitate direttive sono a loro volta il risultato della “comunitarizzazione” del diritto di asilo, avvenuta a partire dal Trattato di Amsterdam21 e, della conseguente creazione del Sistema comune europeo d’asilo promossa dal Consiglio europeo durante la Conferenza di Tempere, tenutasi il 15 e 16 ottobre del 1999. In tale sede è stato posto come obiettivo dell’allora Comunità europea la realizzazione, in due fasi, di un sistema europeo comune d’asilo “basato sull’applicazione della

Convenzione di Ginevra in ogni sua componente e sul rispetto del principio di non refoulement” 22.

Nella breve periodo ci si proponeva di armonizzare gli ordinamenti giuridici degli Stati membri attraverso norme minime comuni che garantissero equità, efficienza e trasparenza. Nel lungo periodo, le

21

Il Trattato di Amsterdam, firmato il 2 ottobre 1997 ed entrato in vigore il primo maggio del 1999, ha sancito il trasferimento della materia d’asilo dal c.d. Terzo Pilastro dell’Unione europea al primo.

22

Consiglio Europeo di Tampere del 15-16 ottobre 1999, conclusione della Presidenza, paragrafo 13, disponibile all’indirizzo: http://www.europarl.europa.eu/summits/tam_it.htm.

(21)

19

nuove norme comunitarie avrebbero dovuto indirizzarsi verso una “procedura comune in materia di asilo e uno status uniforme per coloro che hanno ottenuto l’asilo, valido in tutta l’unione”.

1.5.1 La prima fase del sistema europeo comune d’asilo

La prima fase di tale processo si è conclusa il 1°dicembre 2005 con l’adozione di quattro direttive – quella relativa alla protezione temporanea e le direttive note come “accoglienza”, “qualifiche” e “procedure” – due regolamenti di base del Consiglio23 – che compongono il cd. “sistema Dublino” – e due regolamenti di attuazione24, volti a dare applicazione ai primi due.

Con riferimento alle direttive, in ordine cronologico, la prima adottata è stata la Direttiva 2001/55/CE sulle norme minime per la concessione della protezione temporanea degli “sfollanti”, termine con il quale ci si riferisce alle persone fuggite da zone di conflitto armato o di violenza endemica, ovvero alle persone che siano soggette a rischio grave di violazioni sistematiche o generalizzate di diritti umani o siano stati vittime di tale violazioni (art. 2, lett. c)).

23

Reg. (CE) n. 343/2003 del Consiglio, del 18 febbraio 2003, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda d’asilo presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo; Reg. (CE) n. 2725/2000 del Consiglio, del 11 dicembre 2000, che istituisce l’Eurodac per il confronto delle impronte digitali per l’efficace applicazione della convenzione di Dublino.

24

Reg. (CE) n. 1560/2003 della Commissione, del 2 settembre 2003, recante modalità di applicazione del reg. (CE) n. 343/2000; Reg. (CE) n. 407/2002 del Consiglio, del 28 febbraio 2002, che definisce talune modalità di applicazione del reg. (CE) n. 2725/2002.

(22)

20

Successivamente è stata la volta della Direttiva 2003/9/CE, recante norme minime relative all’accoglienza dei richiedenti asilo negli Stati membri (c.d. Direttiva “accoglienza”).

Si arriva quindi alle direttive del 2004 e 2005, che completano la prima fase del sistema comune europeo in materia di asilo: la Direttiva 2004/83/CE25 (c.d. direttiva “qualifiche”) e la Direttiva 2005/83/CE26 (c.d. direttiva “procedure).

La prima ha introdotto una disciplina dettagliata sul riconoscimento, revoca, cessazione o rifiuto della protezione internazionale nonché sul contenuto della protezione riconosciuta.

La direttiva in esame ha avuto il merito di introdurre nel panorama giuridico la nuova categoria della protezione internazionale. Tale protezione comprende due differenti forme di tutela: lo status di rifugiato, che ricalca la definizione fornita dalla Convenzione di Ginevra27, e la protezione sussidiaria, da riconoscere eventualmente al cittadino di Stato terzo – o apolide – che, pur non possedendo i requisiti per essere riconosciuto rifugiato, se tornasse nel paese d’origine – o nel paese nel quale aveva la dimora abituale nel caso dell’apolide – correrebbe il rischio di subire un danno grave e non può o non vuole, a causa di tale timore, avvalersi della protezione di tale Stato28.

25

Dir. 2004/83/CE, recante norme minime sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta.

26

Dir. 2005/83/CE, recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato. 27

Come affermato dal considerando 3 della direttiva in esame “la convenzione di Ginevra e il relativo protocollo costituiscono la pietra angolare della disciplina giuridica internazionale relativa alla protezione dei rifugiati”. 28

(23)

21

Il diritto dell’Unione Europea da questo punto di vista ha ampliato e arricchito il sistema di tutela dei richiedenti asilo, sino ad allora limitato al riconoscimento dello status di rifugiato ai sensi della Convenzione di Ginevra, introducendo un secondo livello di protezione, ossia la protezione sussidiaria. Tale forma di protezione, però, ha carattere subordinato e residuale rispetto allo status di rifugiato e si fonda sul rischio effettivo di subire un “danno grave”29, anziché sul “timore fondato” che costituisce il presupposto per il riconoscimento della forma più “alta” della protezione internazionale. Inoltre il contenuto della protezione sussidiaria, in termini di diritti e prerogative, risulta, a norma della direttiva in esame, assai più limitato rispetto allo status di rifugiato in virtù dell’ampia discrezionalità di cui godono gli Stati membri in sede di recepimento30.

Oltre alle modifiche di cui sopra, la direttiva ha introdotto elementi di novità anche con riguardo al riconoscimento dello status di rifugiato, potenziando e ampliando la relativa nozione. L’estensione è stata realizzata attraverso l’inserzione di nuovi presupposti, quali ad esempio la violenza sessuale e le sanzioni giudiziarie sproporzionate o le azioni giudiziarie in conseguenza del rifiuto di prestare un servizio militare in conflitto31, in presenza dei quali è possibile riconoscere la condizione di rifugiato.

29

Ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, ai sensi dell’art 15 della dir. 2004/83/CE, sono considerati danni gravi: la condanna a morte o all’esecuzione della pena di morte; la tortura o altra forma di pena o trattamento inumano o degradante ai danni del richiedente nel suo Paese di origine; la minaccia grave e individuale alla vita o alla persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale.

30

Esemplare è la diversa durata dei permessi di soggiorno rilasciati ai titolari delle due forme di protezione internazionale.

31

(24)

22

Inoltre in merito alla definizione di “gruppo sociale”, la direttiva contempla in modo esplicito l’obbligo per le autorità statali di tener conto, al fine di determinare l’appartenenza del richiedente ad un determinato gruppo sociale, dell’orientamento sessuale e delle considerazioni di genere32.

La direttiva “procedure” disciplina, per l’appunto, le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato. La direttiva detta una serie di principi fondamentali e garanzie procedurali che devono essere rispettati dagli Stati membri nell’esaminare le domande di protezione internazionale, in relazione alle procedure di primo grado e impugnazione e in relazione alla possibile revoca dello Status. La volontà del legislatore europeo è stata quella di colmare il gap tra le normative nazionali, causate dall’assenza di regole procedurali fissate a livello internazionale e in particolare dalla Convenzione di Ginevra. In risposta a tale obiettivo, la direttiva in esame fissa “norme minime”, attuando perciò una armonizzazione a basso livello e lasciando agli Stati un’ampia discrezionalità nella materia.

1.5.2 (segue) Il recepimento della normativa comunitaria in materia di protezione internazionale in Italia

Concentrando la nostra attenzione su quest’ultime due direttive, si può evidenziare come soltanto nel corso della XV legislatura la materia abbia avuto una regolamentazione dettagliata grazie al d.lgs. n. 251/2007 e al d.lgs. n. 25/2008, il primo di recepimento della direttiva qualifiche, il secondo di recepimento della direttiva

32

(25)

23

procedure. Tali decreti, che rappresentano gli attuali pilastri normativi di riferimento, hanno modificato sostanzialmente il quadro nazionale in materia di asilo, abrogando parzialmente la normativa fino ad allora vigente.

Le due normative sono strettamente legate, in quanto il d.lgs. n. 251/2007 disciplina l’insieme dei diritti e delle prerogative di coloro che hanno ottenuto la protezione, mentre il d.lgs. n. 25/2008 disciplina i procedimenti di presentazione e di esame della domanda di protezione, nonché le garanzie attribuite al richiedente in ogni fase del procedimento.

Per quanto concerne gli aspetti procedurali, il d.lgs. n. 25/2008, in attuazione della direttiva “procedure”, ha introdotto una procedura unificata per le domande di protezione internazionale. In conformità ai due differenti status introdotti dalla Direttiva “qualifiche”, la domanda d’asilo, in base al decreto, assume la denominazione di “domanda di protezione internazionale”. Allo stesso modo, la definizione “richiedente protezione internazionale” sostituisce la dicitura “richiedente asilo” che, tuttavia, non scompare del tutto dalla normativa.

Nel d.lgs. n. 25/2008 si ritrova, in attuazione del diritto comunitario, la disciplina dettagliata di tutte le fasi del procedimento (presentazione della domanda, esame della domanda da parte delle commissioni territoriali e decisione, eventuale ricorso giurisdizionale contro la decisione negativa dell’autorità accertante). Tra le novità più importanti introdotte dalla normativa, segnaliamo: l’abolizione della doppia procedura, prevista dalla normativa precedente nonché la suddivisione tra trattenimento facoltativo e obbligatorio;

(26)

24

il diritto del richiedente ad un colloquio personale davanti alla commissione territoriali e l’introduzione del ricorso sospensivo33.

1.5.3 La seconda fase del sistema europeo comune d’asilo

I risultati conseguiti all’esito della prima fase, in termini di armonizzazione degli ordinamenti nazionali, sono stati ben al di sotto delle aspettative. L’ampia discrezionalità, riconosciuta agli Stati in sede di recepimento, ha causato la proliferazione di normative interne nazionali fortemente divergenti tra loro.

La seconda fase di realizzazione del sistema europeo “avrebbe

dovuto consentire di superare tali criticità, attraverso l’adozione non più di norme minime bensì di una procedura comune e di uno status uniforme per coloro che hanno ottenuto l’asilo valido in tutta l’unione”34. Tale obiettivo, promosso dal vertice di Tempere e confermato nei successivi programmi dell’Aia35 e di Stoccolma36, ha trovato il suo fondamento giuridico all’interno del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea e, in particolare nel nuovo art 78, come modificato dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona37, il quale prevede che l’Unione “sviluppi una politica

33

Rispetto alla procedura precedente, il ricorso, avverso la decisione negativa della commissione territoriale, sospende l’efficacia del provvedimento di espulsione.

34

A. DEL GUERCIO, La seconda fase di realizzazione del sistema europeo

comune di asilo, in Osservatorio AIC, settembre 2014.

35

Programma dell’Aia: dieci priorità per i prossimi cinque anni. Partenariato per rinnovare l'Europa nel campo della libertà, sicurezza e giustizia [COM(2005) 184 definitivo – Gazzetta ufficiale C 236 del 24.9.2005].

36

Programma di Stoccolma – Un'Europa aperta e sicura al servizio e a tutela dei cittadini [Gazzetta ufficiale C 115 del 4.5.2010].

37

Il Trattato di Lisbona è entrato in vigore il 1°dicembre 2009. A partire dalla suddetta data, la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, che

(27)

25

comune in materia di asilo, di protezione sussidiaria e di protezione temporanea, volta a offrire uno status appropriato a qualsiasi cittadino di un paese terzo che necessita di protezione internazionale e a garantire il principio di non respingimento, conformemente alla Convenzione di Ginevra del 1951, al suo Protocollo del 1967, nonché agli altri trattati pertinenti”. Il riferimento esplicito non più alle

norme minime bensì ad una più ambiziosa politica comune, ha costituito “l’appiglio” sulla base del quale sono stati elaborati una serie di strumenti che compongono il nuovo “pacchetto asilo”. Tali strumenti si presentano formalmente come atti di rifusione che vanno a sostituire e modificare gli atti della precedente legislazione, adottata durante la prima fase di realizzazione del sistema comune europeo d’asilo. Si hanno così una nuova direttiva “qualifiche”38, “accoglienza”39 e “procedure”40, nonché il nuovo regolamento “Dublino III”41.

sancisce all’art 18 il diritto d’asilo e all’art19 il divieto di non respingimento, ha acquisito portata giuridicamente vincolante e rango di diritto primario. 38

Dir. 2011/95/UE recante “norme sull’attribuzione, a cittadini terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, sullo status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta”. 39

Dir. 2013/33/UE recante “norme per l’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale”.

40

Dir. 2013/32/UE recante “procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale”.

41

Per ulteriori approfondimenti al riguardo della riforma del pacchetto di asilo e al suo recepimento da parte dell’Italia, si veda G. MORGESE, La riforma del

sistema europeo comune di asilo e i suoi principali riflessi nell’ordinamento italiano, in Diritto, Immigrazione e Cittadinanza, 2013.

(28)

26

1.5.4 (segue) La nuova direttiva “qualifiche”

La prima direttiva ad essere stata adottata è la Direttiva 2011/95/UE (c.d. direttiva “qualifiche”) la quale ha modificato e sostituito la precedente Direttiva 2004/83/CE.

Si tratta formalmente di un atto di rifusione, in quanto mantiene inalterati i principi e la struttura della precedente direttiva, limitandosi ad apportare modifiche volte a “realizzare un maggior

ravvicinamento delle norme relative al riconoscimento e agli elementi essenziali della protezione internazionale sulla base di standard più elevati”42, al fine di contribuire a “limitare il

movimento secondario dei richiedenti protezione internazionale tra gli Stati membri, nei casi in cui tali movimenti siano dovuti esclusivamente alla diversità dei quadri giuridici” 43.

Come evidenziato dalla dottrina44, le modifiche apportate dalla nuova direttiva possono essere sintetizzate in cinque sostanziali novità:

1. Coerentemente con il nuovo fondamento giuridico previsto dal Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, non si parla di “norme minime”, bensì semplicemente di norme alle quali ogni Stato membro deve attenersi, fermo restando la possibilità dello Stato stesso di introdotte o mantenere norme migliorative45.

42

Cfr. X Considerando.

43

Cfr. XIII Considerando. Si tratta del c.d. asylum shopping, ossia la ricerca dello Stato ove risulti più facile l’ottenimento della protezione.

44

N. PETROVIC, Gli ultimi sviluppi nella legislazione italiana ed europea in

materia d’asilo, in Rifugiati, profughi, sfollati, cit. 45

(29)

27

2. La previsione che la protezione contro le persecuzioni debba essere “effettiva” e non “temporanea”.

3. Il ravvicinamento dello status di rifugiato e di protezione sussidiaria, che vengono ora posti sullo stesso piano per quanto riguarda l’assistenza sanitaria46, l’occupazione47 e l’accesso agli strumenti di integrazione48.

4. l’introduzione dell’obbligo per gli Stati membri di adoperarsi per attuare politiche dirette a prevenire le discriminazioni nei confronti dei beneficiari di protezione internazionale e a garantire pari opportunità in materia di accesso all’alloggio. 5. L’obbligo degli Stati membri di considerare, ai fini della

appartenenza ad un determinato gruppo sociale, il genere e l’identità di genere.

La citata direttiva UE ha trovato attuazione, sul piano interno, mediante l’adozione del d.lgs. n. 18 del 21 febbraio 2014. Quest’ultimo, attraverso la modifica di molte delle disposizioni del d.lgs. n. 251 del 2007 e dell’art 29 del T.U, ha recepito quasi integralmente la direttiva, apportando, da un lato, dei miglioramenti alle norme per il riconoscimento delle qualifiche di status di rifugiato e di protezione sussidiaria e, dall’altro introducendo nuove disposizioni atte alla parificazione tra i beneficiari di entrambe le forme di protezione49.

46

Art. 30, Dir. 2011/95/UE

47

Art. 29, Dir. 2011/95/UE.

48

Art. 34, Dir. 2011/95/UE.

49

Si segnala, al riguardo, l’aumento della durata del permesso di soggiorno per protezione sussidiaria da tre a cinque anni.

(30)

28

1.5.5 (segue) La nuova direttiva “procedure”

La direttiva 2005/85/CE, a quasi dieci anni dalla sua adozione, è stata sostituita dalla direttiva 2013/32/UE (c.d. nuova direttiva “procedure”).

Come osservato nella relazione della Commissione del 201050, la rifusione della disciplina originaria è risultata necessaria per porre un freno alla proliferazione di regimi nazionali divergenti nell’Unione, causata dalle numerose deroghe concesse agli Stati membri dall’atto del 2005, in sede di recepimento. La necessità di superare suddetti limiti è alla base della nuova direttiva “procedure”. Gli obiettivi principali perseguiti dalla nuova disciplina sono sostanzialmente due: incrementare l’armonizzazione mediante la definizione di procedure comuni – e non più norme minime – ai fini del riconoscimento e della revoca della protezione internazionale e migliorare il sistema di tutele e garanzie dei richiedenti.

Con riferimento a quest’ultimo profilo, si registra un rafforzamento del grado di tutele e garanzie riconosciute in capo al richiedente protezione internazionale nel corso del procedimento. In particolare a quest’ultimo, la nuova direttiva, all’art 12, riconosce un generale diritto: ad essere informato in una lingua che capisce o che è ragionevole che possa capire della procedura da seguire e dei suoi diritti e obblighi durante il procedimento; di ricevere l’assistenza di un interprete, almeno durante il colloquio personale; poter comunicare con l’UNHCR e con altre organizzazioni che prestano assistenza legale.

50

Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio dell’8 settembre 2010, sull’applicazione della direttiva 2005/85/CE.

(31)

29

Si segnala inoltre che l’art 16 della nuova direttiva, sul contenuto del colloquio personale, introduce l’obbligo dell’autorità accertante di assicurare che al richiedente sia data una congrua possibilità di presentare elementi necessari a motivare la domanda e, in particolare, l’opportunità di spiegare l’eventuale assenza di elementi e/o le eventuali incoerenze o contraddizioni delle sue dichiarazioni.

Un secondo gruppo di modifiche riguarda i termini della procedura. Nello specifico sono stati introdotti due diversi termini, inerenti la registrazione della domanda51 e l’espletamento della procedura52, al fine di rendere più celere il relativo procedimento.

Tra le varie modifiche introdotte dalla nuova direttiva, che non possono essere puntualmente esaminate in questa sede, si segnala l’esigenza di formazione del personale che si occupa dei richiedenti protezione internazionale. Tra le novità introdotte vi è infatti l’obbligo di una costante e migliore formazione del personale addetto alla gestione delle diverse fasi della procedura. Lo standard minimo richiesto è il livello di preparazione dei funzionari europei impiegati nell’ufficio di sostegno per l’asilo (EASO)53.

51

La registrazione deve essere effettuata in 3 giorni lavorativi dalla presentazione della domanda, che possono diventare sei se la stessa sia stata ricevuta da organi diversi da quello competente all’esame (art. 6, dir. 2013/32/UE).

52

A tal fine viene stabilito un termine di sei mesi, salvo per i casi particolarmente complessi (art. 30, dir. 2013/32/UE).

53

Istituito con regolamento UE n. 439/2010. Tale organismo, che si qualifica formalmente come Agenzia dell’Unione europea, è stato istituito al fine di rafforzare la cooperazione fra i paesi dell’Unione europea in materia di asilo, sostenere i paesi dell’Unione europea i cui sistema d’asilo e accoglienza sono sottoposti a forte pressione, e migliorare l’implementazione del sistema comune europeo di asilo.

(32)

30

La nuova direttiva procedure nonché la nuova direttiva accoglienza sono state recepite nell’ordinamento Italiano con il d.lgs. n. 142/201554.

Attraverso l’adozione di quest’atto è stato completato il recepimento delle principali norme di revisione del Sistema europeo comune d’asilo. Il decreto in esame contiene al Capo I (artt. 1- 24) le nuove norme in materia di accoglienza, abrogando sostanzialmente il d.lgs. n. 140/2005, mentre al Capo II (artt. 25 e 26) introduce le modifiche al d.lgs. n. 25/2008, che dunque resta in vigore seppur modificato parzialmente.

1.5.6 Le nuove proposte di riforma del sistema europeo comune d’asilo: brevi cenni

Anche il nuovo sistema europeo comune d’asilo ha manifestato tutta la sua inefficienza ed inadeguatezza, a seguito dell’esplosione dell’attuale crisi migratoria avvenuta nel 2015. Ciò ha indotto la Commissione ed il Consiglio ad elaborare una nuova proposta di riforma globale del Sistema.

Il processo di revisione è stato avviato formalmente dalla Commissione il 6 aprile 2016, con l’invio al Parlamento e Consiglio della comunicazione “riformare il sistema europeo comune di asilo e potenziare le vie legali di accesso all’Europa”. Come riportato dalla stessa comunicazione, “l’obiettivo generale è passare da un sistema

che, per come è stato concepito o per la scorretta attuazione,

54

D.lgs. n. 142 del 18 agosto 2015 “attuazione della direttiva 2013/33/UE recante norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale, nonché della direttiva 2013/32/UE recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale”.

(33)

31

attribuisce una responsabilità sproporzionata ad alcuni Stati membri e incoraggi flussi migratori incontrollati e irregolari, a un sistema più equo che offra percorsi ordinati e sicuri verso l’UE ai cittadini di paesi terzi bisognosi della protezione o in grado di contribuire allo sviluppo economico dell’Unione”.

In particolare, il programma prevede l’adozione, in via prioritaria, di un primo pacchetto di riforme del complessivo sistema Dublino, presentato il 4 maggio 2015 e di un secondo pacchetto di riforme, presentato il 13 luglio 2016, contenente due proposte di regolamento, una diretta a sostituire la direttiva procedure, l’altra tesa a modificare la direttiva qualifiche, ed una proposta di rifusione della direttiva accoglienza. La ratio del cambiamento del livello giuridico, dalle direttive ai regolamenti, si rinviene nella volontà di contrastare il fenomeno dei movimenti secondari dei richiedenti protezione internazionale.

I regolamenti, a differenza delle direttive, una volta approvati sono direttamente applicabili in tutta l’Unione, e non è possibile apportare modifiche nazionali. La riduzione della discrezionalità avrebbe dovuto sopperire alla carenza di normative nazionali uniformi e consentire la creazione di una procedura realmente comune a tutti gli Stati membri nonché la standardizzazione dei presupposti e dei contenuti della protezione internazionale.

Tuttavia le proposte di riforma non hanno avuto alcun seguito e sono stante accantonate.

(34)

32 1.6 L’attuale quadro normativo interno

Come evidenziato nei paragrafi precedenti, l’attuale quadro normativo interno in materia di protezione internazionale è il frutto di atti di recepimento di direttive comunitarie.

Gli attuali pilastri normativi di riferimento sono costituiti, per quanto concerne gli aspetti sostanziali della materia e cioè i presupposti per il riconoscimento e il contenuto della protezione riconosciuta, dal d.lgs. n. 251/2007 – emanato in attuazione della direttiva 2004/83/CE, rifusa dalla direttiva 2011/95/UE – c.d. “decreto qualifiche” , e per quanto concerne gli aspetti procedurali, dal d.lgs. n. 25/2008 – emanato in attuazione della direttiva 2005/83/CE, rifusa dalla direttiva 2013/32/Ue – c.d. “decreto procedure”, contenente la disciplina della procedura unificata di tutte le forme e livelli di protezione che il nostro ordinamento contempla: lo status di rifugiato, la protezione sussidiaria e, fino all’entrata in vigore del d.l. n. 113 del 2018, convertito con legge 1 dicembre 2018 n. 132, la protezione umanitaria.

1.6.1 il “Decreto Minniti – Orlando” e il “Decreto Sicurezza”: le recenti modifiche

I due pilastri interni sono stati in più occasioni novellati, in particolar modo dai d.l. n. 13/2017 (c.d. decreto Minniti – Orlando), convertito con modificazioni dalla legge n. 46/2017 e più recentemente dal d.l. n. 113/2018 (c.d. decreto Sicurezza) convertito con legge n. 132/2018.

La novella del 2017 ha sostanzialmente ridisegnato la procedura di concessione della protezione, modificando a più riprese il d. lgs. n.

(35)

33

25/2008 al dichiarato scopo di “definire sempre più celermente i

procedimenti amministrativi innanzi alle commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale nonché i relativi ricorsi giurisdizionali, in considerazione dell’aumento esponenziale della domanda di protezione internazionale e delle impugnazioni, collegato alle crisi internazionali in atto”55.

Il “decreto sicurezza”, tra le varie novità introdotte, ha inciso significativamente sul sistema pluralistico di protezione internazionale mediante l’eliminazione, dall’ordinamento italiano, della protezione umanitaria56.

Tale istituto di matrice nazionale è stata introdotto, prima ancora della disciplina comunitaria sulla protezione internazionale, dalla l. n. 40/1998 (c.d. legge Turco – Napolitano) e poi trasfuso nel d.lgs. n. 286/1998 (TUIMM).

L’art 5, co. 6 TU immigrazione prevedeva che, nel caso in cui non vi fossero i presupposti per il rilascio o il rinnovo del titolo di soggiorno secondo le ordinarie regole, il questore doveva comunque rilasciarlo in presenza di “seri motivi, in particolare di carattere umanitario o risultati da obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano”57. Ciononostante, prima dell’entrata in vigore della l. n. 189/2002, alla Commissione centrale per il diritto di asilo, che costituiva l’allora autorità amministrativa competente all’esame delle domande di riconoscimento dello status di rifugiato, non era attribuito il potere di richiedere al questore il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari. Soltanto con l’adozione della l. n.

55

Relazione illustrativa del Governo al d.d.l. A.S. 2705. Sulle modifiche introdotte si veda infra, Cap.3, par. 3.4

56

Per le altre novità introdotte dal decreto sicurezza si veda infra, Cap. 2, par. 2.5.

57

N. ZORZELLA, La protezione umanitaria nel sistema giuridico italiano in

(36)

34

189/2002 è stato attribuito alle Commissioni territoriali la facoltà di valutare – in sede di esame della domanda – l’esistenza delle condizioni per il rilascio di un permesso umanitario, alla luce dei presupposti indicati nell’art 5, co. 6 del d.lgs. n. 286/1998, consistenti, in seri motivi umanitari o derivanti da obblighi costituzionali o da obblighi internazionali58.

Tale doverosità è poi stata riconfermata nel d.lgs. n. 25/2008, il quale ha consacrato la natura residuale dell’istituto rispetto alla nuova categoria di protezione internazionale di matrice comunitaria, stabilendo all’art. 32, co. 3 che “nei casi in cui non

accolga la domanda di protezione internazionale e ritenga che possano sussistere gravi motivi di carattere umanitario, la Commissione territoriale trasmette gli atti al Questore per l’eventuale rilascio del permesso di soggiorno ai sensi dell’art 5, comma 6, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286”. La natura

residuale emerge chiaramente dalla lettera della disposizione, in quanto la protezione umanitaria risulta essere concedibile dalle autorità amministrative competenti, solo in subordine all’accertamento negativo della sussistenza dei presupposti delle due forme tipiche di protezione internazionale.

Malgrado il suo carattere residuale, la protezione umanitaria è risultata la forma di protezione più riconosciuta nell’ordinamento giuridico italiano. Ciò, innanzitutto, per il carattere aperto della disposizione e per la flessibilità dei presupposti legittimanti il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari59. Come evidenziato

58

M. ACIERNO, Il diritto del cittadino straniero alla protezione internazionale:

condizione attuale e prospettive future, in Immigrazione, asilo e cittadinanza. Discipline e orientamenti giurisprudenziali, a cura di P. MOROZZO DELLA

ROCCA, III edizione, Maggioli Editore, 2017. 59

ACIERNO M., La protezione umanitaria nel sistema dei diritti umani, in

(37)

35

dalla dottrina60, in ogni caso l’assenza di tassatività della disposizione nasce dall’impossibilità di predeterminare ed esaurire, all’interno di un testo normativo, l’intero novero delle situazioni concrete, nelle quali possono sorgere quelle ragioni umanitarie che permettono il rilascio della protezione umanitaria. Inoltre è proprio grazie alla sua natura di norma aperta che la protezione internazionale è stata elevata “ad istituito di salvaguardia del

complessivo sistema giuridico sulla condizione della persona straniera”, in quanto idonea a riconoscere alle persone non

bisognose di protezione internazionale, ma che versano in una delle condizioni individuate nel comma 6, il diritto a rimanere e soggiornare sul territorio.

Tuttavia le due caratteristiche sopraesposte, e cioè il suo carattere aperto e la flessibilità dei presupposti, sono state le ragioni poste alla base della novella del 2018. Come emerge dalla Relazione governativa al d.l. 113/2018, la causa della “esplosione” della concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari è da riconoscersi nella sua ampia definizione “che lasciava ampi margini

ad un’interpretazione estensiva in contrasto con il fine di tutela temporanea per il quale l’istituto è stato introdotto”.

Per queste esternate ragioni, la protezione umanitaria è stata eliminata, come categoria generale, dal d.l. 113/2018, convertito nella l. n. 132/2018, mediante l’abrogazione della clausola inerente ai presupposti per il rilascio della protezione umanitaria dall’art. 5, co. 6 del d.lgs. n. 286/1998, e sostituita da nuove ipotesi di rilascio di permessi di soggiorno per “casi speciali o per protezione speciale”. Nella prima tipologia rientrano le residuali ipotesi

60

(38)

36

umanitarie già normate all’art 1861, art 18 bis62, art 22, comma 12

quater63 del d.lgs. n. 286/1998.

Nella seconda tipologia, ossia nei permessi di soggiorno per protezione speciale, rientrano quelle ipotesi fondate sul principio di

non refoulement e come tali insopprimibili.

In particolare, tale permesso di soggiorno “per protezione speciale” potrà essere rilasciato solo nel caso in cui la Commissione territoriale, nel non riconoscere la protezione internazionale al richiedente, ritenga comunque sussistente un rischio di persecuzione di cui all’art. 19, co. 1 del d.lgs. n. 286/1998 o il rischio di tortura di cui all’art. 19, co. 1.1, del d.lgs. n. 286/199864.

Infine la novella del 2018 ha introdotto due categorie ex novo di permessi di soggiorno, ossia il permesso di soggiorno per “continente ed eccezionale calamità naturale” di cui al nuovo art. 20

bis del d.lgs. n. 286/1998, rilasciato dal questore e avente durata

semestrale e il permesso di soggiorno per “atti di particolare valore civile” di cui al nuovo art. 42 bis del d.lgs. n. 286 del 1998, autorizzato dal Ministro dell’interno, su proposta del prefetto, e rilasciato dal Questore per un biennio.

61

Permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale.

62

Vittime di violenza domestica.

63

Permesso di soggiorno per particolare sfruttamento lavorativo.

64

Art. 19 co. 1.1 d.lgs. 286/1998 “non sono ammessi il respingimento o l'espulsione o l'estradizione di una persona verso uno Stato qualora esistano fondati motivi di ritenere che essa rischi di essere sottoposta a tortura. Nella valutazione di tali motivi si tiene conto anche dell'esistenza, in tale Stato, di violazioni sistematiche e gravi di diritti umani”.

(39)

37

Capitolo 2

L’ACCESSO ALLA PROCEDURA DI RICONOSCIMENTO

DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE: DALLA

PRESENTAZIONE DELLA DOMANDA ALLA DECISIONE

DELLE COMMISSIONI TERRITORIALI

2.1 Alcuni dati

Prima di addentrarsi nell’analisi della procedura di concessione della protezione internazionale, che costituisce la materia oggetto della presente trattazione, è utile soffermarsi su alcuni dati. Lo “scontro” con i dati è necessario sostanzialmente per due motivi: in primis consente di offrire una caratura pragmatica all’esposizione dell’argomento che, altrimenti, risulterebbe astratto e disancorato dalla realtà; in secundis soltanto attraverso l’analisi dei dati è possibile comprendere la reale estensione ed importanza che la materia riveste all’interno dell’ordinamento italiano.

Il primo dato che viene in considerazione è quello relativo agli sbarchi.

Gli accordi tra l’Italia e la Libia1, avviati dal Ministro Minniti nel 2017 e potenziati dall’attuale Ministro dell’Interno Salvini, hanno prodotto una diminuzione drastica delle persone sbarcate sul territorio italiano.

1

Il memorandum d’intesa è stato sottoscritto tra Italia e Libia il 2 febbraio 2017 ed è entrato a pieno regime nella seconda metà del 2017.

(40)

38

Fino ad ora (dal 1° gennaio all’8 aprile 2019) sono arrivate sulle coste italiane 532 persone, a fronte di 6.894 e 20. 902 arrivate nello stesso periodo degli anni 2018 e 2017.

L’altro dato di rilievo è quello delle richieste di protezione internazionale presentante. Fino al 2017 il numero degli sbarchi e quello delle richieste di asilo costituivano un binomio perfetto: l’aumento esponenziale degli sbarchi dei migranti, registrato dal 2014, si è ripercosso sul numero di domande di protezione internazionale. Tra il 2014 e 2017, il numero di persone che hanno fatto richiesta di protezione internazionale è raddoppiato, passando da poco più di 63.000 nel 2014 a 123.600 nel 2016 e nel corso del 2017 le istanze avanzate sono state oltre 130.000.

Anno Migranti sbarcati Domande di protezione internazionale presentate. 2014 170.100 63.456 2015 153.843 83.456 2016 181.436 123.600 2017 119.369 130.119

Riferimenti

Documenti correlati

Sono attuali i rapporti patogenetici tra stenosi aortica, malattia di von Willebrand e AGI sanguinanti; le altera- zioni emocoagulative associate alla cirrosi o all’insuffi-

The model includes: a Lagrangian prediction of the particles flow and the heat exchange between particles, along with heat and mass transport inside particles and their

When we examined the expression of PRDI-BF and PRDI-BF1β isoform, depending on disease status and treatment response, we showed that in 8 of 15 patients already in follow

1) Riconoscimento dello status di rifugiato  allo straniero spetta un permesso di soggiorno di cinque anni rinnovabile alla scadenza. 2) Riconoscimento della protezione sussidiaria

Marina Piazza, Presidente Commissione Nazionale Pari Opportunità tra Uomo e Donna Alfredo Luigi Mantica, Sottosegretario Ministero Affari Esteri. Verrà distribuita la versione

“condizionalità” (che l’Unione applica anche nel caso della conclusione di accordi c.d. “di associazione”, cfr. 217 TFUE), l’Unione conclude accordi nel contesto della

Sporea I, Bota S, Şirli R et al (2012) Acoustic radiation force im- pulse (ARFI) elastography for the assessment of liver fibrosis in patients with chronic hepatitis B and C –

È invece “esplosiva” la crescita degli afgani che arrivano in Italia tramite la “rotta balcanica”, alla ricerca di protezione in quanto rifugiati e/o richiedenti