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La valutazione del rischio

Nel documento I "giudici" della protezione internazionale (pagine 96-100)

DELLE COMMISSIONI TERRITORIAL

R. MOROZZO DELLA ROCCA.

2.10 La valutazione del rischio

Conclusa la fase della valutazione della credibilità, la Commissione territoriale procede alla c.d. valutazione del rischio, la quale costituisce la fase finale dell’esame della domanda di “asilo”. A differenza degli altri procedimenti, la decisione sul giudizio di protezione internazionale si fonda su una valutazione “prognostica”, rivolta cioè al futuro, diretta ad accertare il rischio futuro di persecuzione o danno grave, a cui andrebbe incontro il richiedente qualora facesse ritorno nel proprio paese di origine.

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Come evidenzia l’EASO137, “le difficoltà insite nel fare questa

previsione potrebbero spingere le autorità a basare le proprie decisioni su ipotesi e congetture”, anziché su presupposti oggettivi.

È proprio nell’intento di ridurre la soggettività nel processo decisionale e di dotare le autorità preposte all’esame della domanda di presupposti oggettivi su cui fondare la valutazione del rischio, che si rinviene la ratio della strutturazione bifasica della procedura di esame. Lo scopo della fase precedente è quello di tracciare una base su cui verrà effettuata la valutazione del rischio138. Essa dunque non risulta sganciata da ogni presupposto oggettivo, dovendosi effettuare esclusivamente sulla base di quei fatti sostanziali, indicativi di ciò che sia successo al richiedente nel passato e nel presente, ritenuti accettati all’esito della valutazione della credibilità e conformemente a quanto previsto dall’art. 3, co. 3, d.lgs 251/2007.

La disposizione, nel recepire l’art. 4, co. 3 della direttiva qualifiche, fissa i “criteri applicabili all’esame della domanda”, prevedendo che la Commissione territoriale debba tener conto:

a) di tutti i fatti pertinenti che riguardano il Paese d'origine al momento dell'adozione della decisione in merito alla domanda, comprese, ove possibile, le disposizioni legislative e regolamentari del Paese d'origine e relative modalità di applicazione;

b) della dichiarazione e della documentazione pertinenti presentate dal richiedente, che deve anche rendere noto se ha già subito o rischia di subire persecuzioni o danni gravi;

137

EASO, guida pratica dell’EASO: valutazione delle prove, cit. 138

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c) della situazione individuale e delle circostanze personali del richiedente, in particolare la condizione sociale, il sesso e l'età, al fine di valutare se, in base alle circostanze personali del richiedente, gli atti a cui è stato o potrebbe essere esposto si configurino come persecuzione o danno grave; d) dell'eventualità che le attività svolte dal richiedente, dopo

aver lasciato il Paese d'origine, abbiano mirato, esclusivamente o principalmente, a creare le condizioni necessarie alla presentazione di una domanda di protezione internazionale, al fine di stabilire se dette attività espongano il richiedente a persecuzione o danno grave in caso di rientro nel Paese;

e) dell'eventualità che, in considerazione della documentazione prodotta o raccolta o delle dichiarazioni rese o, comunque, sulla base di altre circostanze, si possa presumere che il richiedente potrebbe far ricorso alla protezione di un altro Paese, di cui potrebbe dichiararsi cittadino.

Inoltre, nel compiere la valutazione prognostica, la Commissione territoriale deve considerare anche l’eventuale esistenza o assenza di persecuzioni passate o danni gravi o minacce dirette delle stesse. L’art. 3, co. 4, d.lgs. 251/2007, a tal proposito afferma che esse costituiscono “un serio indizio della fondatezza del timore del

richiedente di subire persecuzioni o del rischio effettivo di subire gravi danni”.

Non si tratta però di un “indizio sicuro”139: il timore di persecuzioni future (o il rischio effettivo di danni gravi) può non essere fondato

139

EASO, Un’analisi giuridica. Le condizioni per il riconoscimento della

protezione internazionale (direttiva 2011/95/UE), 2018, reperibile al sito:

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qualora, ad esempio, le circostanze del paese di origine siano mutate dall’epoca delle persecuzioni (danni gravi) passate.

In questi casi opera, in presenza di persecuzioni o danni gravi subiti nel passato, una presunzione iuris tantum sulla fondatezza del timore o sul rischio effettivo di poterle subire in futuro, suscettibile, però, di prova contraria: la Commissione territoriale, infatti, potrà ritenere non fondato il timore o il rischio effettivo, qualora dalle circostanze del caso concreto emergano indicazioni in senso contrario.

Inoltre, poiché il sentimento del timore o del rischio effettivo di grave danno sono per loro natura rivolti al futuro140, ne deriva che anche una persona, la quale non abbia subito persecuzioni o danni gravi nel passato, possa comunque nutrire legittimamente un ragionevole timore o rischio effettivo di poterle subire nel futuro. All’esito dell’esame prognostico, la Commissione territoriale ex art. 32, d.lgs. 25/2008, può decidere di:

riconoscere lo status di rifugiato o, in assenza dei presupposti per il riconoscimento dello status, la protezione sussidiaria.

• rigettare la domanda qualora non sussistano i presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale fissati dal d.lgs. 251/2007, o ricorra una delle cause di cessazione o esclusione della protezione internazionale.

140

ASGI, lo status di rifugiato, 2013, a cura di N. MORANDI – P. BONETTI, 2013, reperibile al sito internet:

https://www.asgi.it/wpcontent/uploads/2014/04/1_013_scheda_rifugiato_as gidocumenti.pdf

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Infine nei casi in cui non accolga la domanda di protezione internazionale, ma ritenga che possono sussistere i presupposti di cui all’art. 19, co. 1 e 1.1, ossia il rischio di persecuzione o il rischio di tortura, la Commissione trasmette gli atti al questore per il rilascio di un permesso di soggiorno annuale che reca la dicitura “protezione speciale”141.

Tale possibilità è consentita dal momento che il richiedente, almeno per quanto riguarda la “fase amministrativa”, non ha alcun obbligo di fornire una qualificazione giuridica alla propria domanda, con la conseguenza che il giudizio dinnanzi alle CT si svolga senza alcun vincolo costituito dal principio della domanda142. Le CT, infatti, possono valutare ex officio il “rischio di tortura” e il principio di non

refoulement, i quali costituiscono i presupposti per il rilascio della

nuova tipologia di permesso di soggiorno.

Nel documento I "giudici" della protezione internazionale (pagine 96-100)