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Il dovere di cooperazione e l’importanza delle “COI”

Nel documento I "giudici" della protezione internazionale (pagine 100-108)

DELLE COMMISSIONI TERRITORIAL

R. MOROZZO DELLA ROCCA.

2.11 Il dovere di cooperazione e l’importanza delle “COI”

All’interno della procedura di esame delle domande di asilo rivestono un ruolo di primaria importanza le c.d. informazioni sui paesi di origine dei richiedenti, meglio note con l’acronimo “COI” (dall’inglese country of origin information).

Esse, infatti, costituiscono il principale strumento attraverso il quale la Commissione territoriale assolve al proprio dovere di

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Il permesso di soggiorno “per protezione speciale” è stato introdotto in sostituzione, all’ormai abrogata, categoria dei permessi di soggiorno per motivi umanitari, ad opera della l. 132/2018. Per ulteriori approfondimenti si rinvia al cap. 1.

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M. ACIERNO, - M., FLAMINI, Dovere di cooperazione del giudice

nell’acquisizione e nella valutazione della prova, in, Diritto, Immigrazione e Cittadinanza, 2017, n. 1

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cooperazione nell’accertamento e nella valutazione dei fatti sostanziali, posti a fondamento della domanda di asilo.

Anche se spetta al ricorrente, ex art. 3, co. 1, d.lgs. 251/2007, “presentare (…) tutti gli elementi e la documentazione necessari a

motivare la domanda”, l’accertamento e la valutazione dei fatti

pertinenti deve avvenire, per espressa previsione normativa143, su base collaborativa.

Il dovere di collaborazione, da questa prospettiva, vale ad attenuare l’onere della prova144, che spetta al richiedente solo “in linea di

principio”145, dando così vita ad un modello istruttorio del tutto inedito e in parte differenziato rispetto a quello proprio dei processi civili146.

Nei procedimenti civili, generalmente, spetta alla parte che invoca la tutela del proprio diritto allegare e dimostrare tutti i fatti costitutivi, posti a fondamento della propria pretesa.

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Cfr. Art. 3, co. 1 (enunciato finale), d.lgs. 251/2007 “l’esame è svolto in cooperazione con il richiedente e riguarda tutti gli elementi significativi della domanda”. La disposizione in esame è il risultato del recepimento sul piano interno dell’art. 4, direttiva qualifiche. La Direttiva concede agli Stati la facoltà di far gravare “l’onere della prova” sul richiedente. Laddove previsto, l’art. 4, esige una cooperazione tra richiedente e autorità accertante nell’accertamento dei fatti sostanziali.

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Non è casuale la scelta terminologica adoperata dal legislatore europeo nonché da quello italiano. Nelle disposizioni non si parla di “prova” o “onere probatorio”, bensì del dovere di motivazione, indicativo di una forte attenuazione. Per ulteriori si veda HUNGARIAN HELSINKY COMMITEE,

Credibility assessment in asylum procedures cit.

145

UNHCR, Al di là della prova. La valutazione della credibilità nei sistemi asilo

dell’Unione Europea, cit.

146

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, Rassegna delle recenti pronunce della

Corte di Cassazione in materia di diritto di asilo e protezione internazionale dello straniero: questioni sostanziali e processuali, Roma, 20 novembre 2018,

Rel. n. 108, disponibile al sito: http://www.cortedicassazione.it/cassazione- resources/resources/cms/documents/Rel108-2018.pdf

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Diversamente, nel giudizio sul riconoscimento della protezione internazionale, sebbene l’onere della prova competa in primis sul richiedente ex art. 3, la normativa esige, al contempo, un comportamento attivo della Commissione territoriale nell’accertamento e nell’individuazione dei fatti sostanziali, dotandola a tal fine di ampi poteri istruttori.

L’ampio spazio riservato all’iniziativa istruttoria officiosa della CT è una conseguenza diretta della (riconosciuta) difficoltà per il richiedente di produrre prove documentali o di altro tipo, a sostegno dei fatti sostanziali posti a fondamento della propria domanda di asilo. Da questa prospettiva è possibile configurare il potere istruttorio officioso come un potere “in soccorso” al richiedente, da utilizzare per integrare e colmare le lacune presenti nell’impianto probatorio delineato dall’iniziativa della parte147, e soprattutto per valutare, in maniera più corretta e approfondita, la necessità della protezione internazionale invocata dal richiedente148.

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Cfr. CGUE, sentenza del 22 novembre 2012, causa C-277/11, MM v Irlanda,

“benché il richiedente sia tenuto a produrre tutti gli elementi necessari a

motivare la domanda, spetta tuttavia allo Stato membro interessato cooperare con tale richiedente nel momento della determinazione degli elementi significativi della stessa. Tale obbligo di cooperazione in capo allo Stato membro implica, pertanto, concretamente che, se, per una qualsivoglia ragione, gli elementi forniti dal richiedente una protezione internazionale non sono esaustivi, attuali o pertinenti, è necessario che lo Stato membro interessato cooperi attivamente con il richiedente, in tale fase della procedura, per consentire di riunire tutti gli elementi atti a sostenere la domanda. Peraltro, uno Stato membro riveste una posizione più adeguata del richiedente per l’accesso a determinati tipi di documenti”.

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Corte di Cassazione. civ. SS.UU., sentenza del 17 novembre 2018, n. 2731 “l’autorità esaminante ha, infatti, un ruolo attivo ed integrativo nell’istruzione della domanda, disancorato dal principio dispositivo proprio del giudizio civile ordinario e libero da preclusioni o impedimenti processuali, con la possibilità di assumere informazioni ed acquisire tutta la documentazione reperibile per

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Il dovere di cooperazione esige non soltanto l’acquisizione ex officio di mezzi di prova, quali perizie legali, referti medici, atti a confermare (o smentire) la veridicità dei fatti materiali asseriti dal richiedente, ma anche una conoscenza “reale” da parte della CT della situazione esistente nel paese di origine del richiedente asilo. Tale conoscenza, a ben vedere, può essere soddisfatta attraverso l’uso delle informazioni sul paese di origine (“COI”).

L’acquisizione di tale documentazione è essenziale, in quanto tramite essa la Commissione territoriale può: condurre efficacemente l’intervista, tramite la formulazione di domande volte ad estrapolare dal richiedente il maggior numero di informazioni pertinenti149; valutare la credibilità esterna delle dichiarazioni del richiedente asilo150; valutare l’opportunità di applicare il beneficio del dubbio, per ritenere accettabili i fatti sostanziali non supportati da prove documentali151; effettuare l’esame prognostico sul rischio futuro di persecuzione o danno grave in caso di rimpatrio152. Inoltre

verificare la sussistenza delle condizioni per la concessione della protezione internazionale”.

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Le COI, infatti, vengono utilizzate dal funzionario al fine di prepararsi all’intervista personale con il richiedente. Soltanto attraverso una conoscenza della situazione del Paese di origine del richiedente asilo il funzionario può formulare domande appropriate.

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Le COI spesso costituiscono le uniche “prove” documentali esistenti, oltre alla storia personale del richiedente asilo. Per questa ragione le CT non possono prescindere dal verificare la credibilità “esterna” del resoconto attraverso l’utilizzo delle COI disponibili. Inoltre la loro conferma da parte delle COI, solitamente, costituisce un indice di alta credibilità del racconto personale del richiedente rilasciato nel corso dell’audizione.

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Cfr. Tra le condizioni che legittimano l’applicazione del beneficio del dubbio figura, ex art. 3, co. 5, lett. c), la non contraddittorietà tra la dichiarazione del richiedente e le informazioni generali.

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Le COI sono indispensabili, sia per conoscere la situazione esistente nel Paese di origine al momento della partenza del richiedente asilo, sia per conoscere la situazione “attuale” del paese di origine. Soltanto in questo modo la CT potrà svolgere l’esame prognostico sul rischio futuro.

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le COI vengono utilizzate dalla CT per valutare l’opportunità, qualora non ravvisi la necessità di una forma di protezione internazionale (status di rifugiato, protezione sussidiaria), del rilascio della nuova categoria del permesso di soggiorno “per protezione speciale”, attraverso una valutazione finalizzata all’accertamento della sussistenza del “rischio di tortura” e del principio di non refoulement ai sensi dell’art. 32, co. 3, d.lgs. 25/2008153.

Dal dovere di cooperazione, quindi, discende come corollario il dovere per le CT di considerare le “COI” nel corso della procedura di esame, nonché il dovere di acquisirle ex officio154. In realtà si tratta

di un vero e proprio obbligo legale, in quanto espressamente sancito da talune disposizioni normative, in particolare: dall’art. 27, co. 1 bis, d.lgs. 25/2008 nella parte in cui afferma che “la

Commissione territoriale (…) acquisisce, anche d’ufficio, le informazioni, relative alla situazione del Paese di origine e alla specifica condizione del richiedente, che ritiene necessaria a integrazione del quadro probatorio prospettato dal richiedente”;

dall’art. 3, co. 3 lett. a), d.lgs. 251/2007 che impone alla Commissione territoriale di valutare “tutti i fatti pertinenti che

riguardano il Paese di origine”; dall’art. 8, co. 3, d.lgs. 25/2008, ai

sensi del quale “ciascuna domanda è esaminata alla luce di

informazioni precise e aggiornate circa la situazione esistente nel Paese di origine dei richiedenti asilo e, ove occorra, dei Paesi in cui questi sono transitati (…), elaborate dalla Commissione nazionale sulla base dei dati forniti dall’UNHCR e dall’EASO, dal Ministero degli

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La Commissione territoriale, in caso di rigetto della domanda, ha il dovere di indicare “le fonti di informazione sulla situazione dei Paese di provenienza” (art. 6, co. 6, d.p.r 21/2015).

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E. BUSETTO, - A. FIORINI, - E. PIERONI, - S. ZARELLA S, Le informazioni sui

Paesi di origine nella procedura di asilo: sempre più rilevanti, ancora poco considerate, in Diritto, Immigrazione e Cittadinanza, 2017, n. 1.

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affari esteri anche con la collaborazione di altre agenzie ed enti di tutela dei diritti umani operanti a livello internazionale, o comunque acquisite dalla Commissione stessa”.

È proprio su quest’ultima disposizione che dobbiamo focalizzare la nostra attenzione. L’articolo, conformemente a quanto previsto dall’art. 10, co. 3, Direttiva procedure, individua tre caratteristiche principali delle COI ai fini del loro utilizzo: la precisione, l’attualità e la varietà delle fonti155. Rispetto a tale ultimo requisito, l’esplicito riferimento all’UNHCR e all’EASO, nonché agli enti e agenzie internazionali di tutela dei diritti umani, non esaurisce il novero delle fonti da cui estrapolare le COI, potendo la Commissione attingere da fonti diverse oltre a quelle elencate.

L’UNHCR156, oltre a specificare il contenuto delle caratteristiche sopra esposte, ne ha individuate di nuove, allo scopo di agevolare, sia i ricercatori, sia le autorità accertanti nella raccolta di COI di “alta qualità”. Le COI, ai fini di un loro utilizzo ottimale, dovrebbero presentare le seguenti caratteristiche: pertinenza, attendibilità ed equilibrio, accuratezza e attualità, trasparenza e verificabilità.

Ad ogni modo, le CT sono estremamente agevolate nella valutazione della conformità delle COI ai requisiti, in quanto i siti di raccolta da cui attingono le COI, quali reworld, ecoi, selezionano e includono soltanto quelle informazioni che presentano già queste caratteristiche.

Quanto al primo requisito, le “COI” devono essere rilevanti, nel senso che devono riguardare i fatti materiali, posti a fondamento

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EASO, un’analisi giudica. Valutazione delle prove e della credibilità

nell’ambito del sistema europeo comune di asilo, 2018.

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UNHCR, la ricerca di informazioni sui paesi di origine dei rifugiati, 18 aprile 2016, disponibile al sito: https://www.unhcr.it/wp- content/uploads/2015/12/Scheda-COI.pdf

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della domanda di asilo, che possono astrattamente integrare uno dei requisiti della definizione di rifugiato o di persona ammessa alla protezione sussidiaria.

L’attendibilità e l’equilibrio, invece, riguardano la fonte dell’informazione. Secondo l’UNHCR, benché nessuna fonte possa essere considerata pienamente obiettiva, è consigliabile sottoporla a una previa valutazione critica volta ad accertare: l’autorevolezza dell’autore dell’informazione, la sua imparzialità e indipendenza, la sua conoscenza diretta o indiretta del fenomeno al quale l’informazione si riferisce e la sua obiettività nel presentare l’informazione.

Le COI, inoltre, devono essere accurate e attuali. Ciò non significa che una informazione “datata” non possa essere utilizzata. L’accuratezza delle COI impone alla CT una previa valutazione in ordine alla loro attualità. L’esame della domanda, infatti, ai sensi dell’art. 8, co. 3, d.lgs., deve avvenire sulla base di “informazioni aggiornate”. Rispetto a tale requisito si è pronunciata recentemente la Corte di Cassazione157, la quale, almeno per quanto riguarda la fase giurisdizionale, ha affermato che, “ai fini dell’accertamento

della fondatezza o meno di una domanda di protezione internazionale, il giudice di merito è tenuto, ai sensi dell’art. 8, co. 3, d.lgs. 25/2008, a un dovere di cooperazione che gli impone di accertare la situazione reale del paese di provenienza mediante l’esercizio di poteri – doveri officiosi di indagine e di acquisizione documentale, in modo che ciascuna domanda venga esaminata alla luce di informazioni aggiornate (…)”. Pertanto, prosegue la Corte, “al fine di ritenere adempiuto tale onere, il giudice è tenuto ad indicare specificamente le fonti in base alle quali abbia svolto

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l’accertamento richiesto, non potendo, invece, attingere a “formule generiche come il richiamo a non specificate fonti internazionali”.

Infine, venendo all’ultimo requisito, le COI devono essere trasparenti e tracciabili. Tali caratteristiche sono strettamente legate al fatto che il materiale utilizzato debba essere di pubblico dominio, in modo da garantire al richiedente un accesso (pieno) alle “COI”, poste a fondamento della decisione. L’art. 17, d.lgs. 25/2008, infatti, riconosce al richiedente, che intende presentare ricorso, il diritto di accesso a tutte le fonti di prova e a tutti gli elementi utilizzati, incluse, sebbene non espressamente menzionate, le informazioni sul Paese di origine.

Infine anche la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha individuato una serie di parametri per la valutazione della documentazione COI. Secondo i giudici della Corte di Strasburgo occorre valutare, anzitutto, l’affidabilità, l’obiettività e l’indipendenza della fonte e successivamente la reputazione dell’autore, la serietà delle indagini svolte, la coerenza delle loro conclusioni e la corroborazione da parte di altre fonti.

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Capitolo 3

Nel documento I "giudici" della protezione internazionale (pagine 100-108)