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La difesa tecnica del minore nel processo civile

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DI PISA

DIPARTIMENTO DI GIURISPRUDENZA

Corso di Laurea Magistrale in Giurisprudenza

Tesi di laurea

La difesa tecnica del minore nel

processo civile

Relatore Candidato

Prof. Claudio Cecchella

Jessica Zago

(2)

(3)

“I giovani che usciranno dalle facoltà giuridiche porteranno con sé l’orgoglio di essere chiamati nella società come avvocati o come giudici, a una missione così alta com’è quella dell’applicazione della legge. E qualunque sia il vostro partito, dovete sentire che vi è nello Stato una forza superiore ai partiti, che è la giustizia; e dev’esser per voi impegno d’onore impedire che le ire di parte la sfiorino, che gli intrighi di corridoio la corrompano, che le ambizioni dei politicanti l’avvelenino.”

Pietro Calamandrei, Governo e

magistratura, discorso letto il 13

Novembre 1921 per la solenne inaugurazione degli Studi nell’aula magna della regia Università di Siena.

(4)

INDICE

INTRODUZIONE

1

CAPITOLO I – La difesa tecnica del minore:

evoluzione dell’istituto e fonti

4

1. La condizione giuridica del minore: cenni

storici ed evoluzione normativa

4

2. La difesa tecnica del minore tra fonti

sovranazionali e interne

14

2.1. La convenzione di New York del 1989

21

2.2. La convenzione di Strasburgo del 1996

22

3. La legge 28 marzo 2001, n. 149

28

3.1. (Segue) Difficoltà attuative: il vuoto

legislativo e l’interpretazione della

giurisprudenza

30

3.2. Le procedure de potestate

34

3.2.1. La responsabilità genitoriale: la

procedura de potestate alla luce della

riforma sulla filiazione

38

3.3. Le procedure di adottabilità

39

4. Il caso: Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 1,

(5)

CAPITOLO II – Il conflitto d’interessi del minore

con i genitori nei procedimenti che lo riguardano:

dal curatore speciale all’avvocato del minore

49

1. Considerazioni introduttive

49

2. Coordinamento tra gli artt. 320 e 321 c.c. e 78,

79 e 80 c.p.c

55

3. Il conflitto di interessi nelle azioni di stato e

negli altri procedimenti relativi alla filiazione

58

3.1. Il procedimento di autorizzazione al

riconoscimento tardivo del figlio ex art.

250 c.c

61

3.2. Il giudizio di impugnazione del

riconoscimento per difetto di veridicità ex

art. 263 c.c

65

3.2.1. Il caso: Corte di Cassazione, Sez. I

civile, sentenza 2 febbraio 2016, n.

1957

67

4. Il conflitto di interessi tra genitori e figli nei

procedimenti di separazione, divorzio e

affidamento

72

(6)

5.1. Dall’interesse del minore ai diritti del

minore

80

6. Nomina, poteri e retribuzioni del curatore

speciale nominato in caso di conflitto

d’interessi tra genitori e figli

83

7. L’avvocato del minore oltre la figura del

curatore speciale ad processum

87

CAPITOLO III – L’audizione del minore come

mezzo difensivo

89

1. Premessa

89

2. L’ascolto del minore tra discrezionalità

giudiziale e cogenza

93

3. La capacità di discernimento

96

4. Difformità dalle opinioni espresse dai minori

97

5. Modalità comunicative e valore dell’ascolto

99

6. L’ascolto del minore nella separazione

consensuale e nel divorzio condiviso

103

6.1. La negoziazione assistita e il silenzio sulla

posizione del minore

106

6.2. Il ruolo del difensore del genitore

(7)

7. Omissione dell’ascolto

110

7.1. Il caso: Corte di Cassazione, sez. I Civile,

sentenza 6 luglio – 29 settembre 2015, n.

19327

115

CAPITOLO IV – L’avvocato del minore nei

procedimenti civili: retribuzione e deontologia

118

1. Nomina e retribuzione del difensore del minore

118

2. Il difensore d’ufficio: nomina e retribuzione

121

3. Il patrocinio a spese dello stato

123

4. Implicazioni deontologiche

124

4.1. Il principio di indipendenza

125

4.2. L’incompatibilità

126

4.3. La Riservatezza

129

4.3.1. La comunicazione tra l’avvocato e

il minore

130

4.4. Il dovere di fedeltà

133

5. Le sanzioni disciplinari: il caso Corte di

Cassazione Sezioni Unite Civili, 20 gennaio –

(8)

CAPITOLO V – L’avvocato del minore nel diritto

comparato (cenni)

139

1. Osservazioni introduttive

139

2. L’avvocato del minore nel processo civile

francese

140

3. La Germania e la Svizzera: una figura sui

generis

143

4. Il “Child’s Attorney” nel modello americano

145

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

152

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

156

GIURISPRUDENZA

166

NORMATIVA

173

SITOGRAFIA

174

RINGRAZIAMENTI

176

(9)

1

INTRODUZIONE

La figura del minore nell’ordinamento giuridico italiano non ha sempre trovato adeguata protezione e tutela, solo negli ultimi decenni infatti il legislatore ha riservato una disciplina normativa articolata volta a rafforzarne le condizioni e i diritti, soprattutto in ambito familiare quando i relativi rapporti interpersonali entrano in crisi. Invero si è passati da una concezione del minore di età, o fanciullo che dir si voglia, come mero oggetto sottoposto alla potestà dei genitori a quella di soggetto avente una propria individualità e specifici diritti indisponibili, meritevoli di idonea tutela e garanzia da parte del legislatore. La riforma della filiazione, intervenuta con la legge 10 dicembre 2012, n. 219 e con il d.lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, ha equiparato sotto ogni profilo la filiazione naturale a quella legittima e sostituito il termine “potestà” con quello di “responsabilità” genitoriale, terminologia lessicale questa di non poco conto con cui vengono tracciati i confini tra i doveri dei genitori e i diritti dei minori, che devono essere loro garantiti proprio in funzione dell’acquisita centralità nell’ordinamento giuridico italiano di cui sopra. Per quanto concerne in particolare il piano processuale, il minore è stato a lungo vittima di un vero ostracismo dal processo, non potendo essere coinvolto in sede giurisdizionale come parte formale in ragione della sua intrinseca debolezza e fragilità, neppure nei casi in cui si assumevano determinazioni fondamentali per la sua vita e la sua crescita. Sulla scorta dei principi costituzionali e sovranazionali implicati, tra cui l’art. 24 Cost. inerente al diritto d’azione e difesa e i principi sanciti dalle Convenzioni di New York del 1989 e dalla Convenzione di Strasburgo del 1996, entrambe ratificate con legge dallo stato italiano, il legislatore con la legge 28 marzo 2001, n. 149 ha configurato nel nostro sistema giuridico, per la prima volta, l’obbligo di nominare un avvocato non soltanto ai genitori, ma altresì al minore per i procedimenti volti alla dichiarazione di adottabilità e per i giudizi

(10)

2

de potestate andando a creare una figura sui generis mai venuta ad

esistenza fino a quel momento: l’avvocato del minore.

La portata innovativa della riforma ha inizialmente rappresentato un vero e proprio faro nel panorama giuridico italiano, recependo un’istanza sulla quale da tempo la dottrina aveva sollecitato ampie riflessioni, tuttavia la traiettoria tracciata non è stata colta a pieno dall’ordinamento, con le pregiudizievoli conseguenze che la riforma non ha ricevuto attuazione per anni, è entrata in vigore soltanto nel 2007 ed è stata interpretata e in seguito applicata in maniera disomogenea dai diversi tribunali, causando ampi dibattiti tra gli studiosi e contrastanti orientamenti giurisprudenziali succedutisi nel tempo.

La presente dissertazione si propone di indagare in chiave critica e puntuale quale posizione sia oggi riservata al minore nel processo civile, se debba essere protetto in questo o da questo e quali siano le tutele a lui concesse attinenti alla difesa tecnica soprattutto alla luce della riforma poc’anzi menzionata sull’innovativa figura dell’avvocato del minore e del novellato art. 111 Cost. sul giusto processo. Viene inoltre dato ampio spazio alle tesi giurisprudenziali intervenute sul tema in continua evoluzione nonché a fattispecie concrete mediante l’esame di recenti sentenze in modo da rendere la comprensione dei temi trattati, talvolta intricati e complessi, maggiormente agevole per il lettore.

Il primo capitolo è dedicato alla disamina della figura e del ruolo del minore nell’ordinamento italiano in virtù dei principi sanciti dalle fonti sovranazionali, all’analisi della legge n. 149/2001, alle relative difficoltà attuative e al vuoto legislativo e conseguente interpretazione giurisprudenziale, trovando la sua naturale conclusione nell’esempio di una recentissima sentenza sul tema.

(11)

3

Il secondo capitolo mira all’individuazione del ruolo e dei compiti riservati al curatore speciale nominato in caso di conflitto di interessi del minore con i genitori, con riguardo al significato del superiore interesse del minore, in nome del quale questi è tenuto ad operare. Il terzo capitolo, mediante uno studio dettagliato sulle modalità di comunicazione e dialogo tra adulto e minore, è volto a descrivere esaurientemente l’ascolto del minore d’età quale mezzo difensivo dello stesso nel processo, con particolare attenzione alla separazione consensuale e al divorzio condiviso.

Il quarto capitolo si concentra sui profili di nomina, retribuzione e deontologia del difensore tecnico del minore, avendo cura di delineare le competenze e le accortezze che gli sono richieste nell’esercizio delle proprie funzioni in virtù dell’insita fragilità del cliente-bambino. Infine il quinto ed ultimo capitolo permette, seppur per cenni, di volgere uno sguardo al di là dei ristretti confini nazionali fornendo un confronto con altri ordinamenti in merito alla difesa processuale del bambino e alla figura dell’avvocato del minore così come istituzionalizzato in Francia, Germania, Svizzera e negli Stati Uniti d’America, con le relative caratteristiche ed interpretazioni e dibattiti dottrinali e giurisprudenziali, al fine di porne in rilievo somiglianze e differenze cosicché la trattazione del presente elaborato possa ritenersi compiuta e completa.

(12)

4

CAPITOLO I

La difesa tecnica del minore:

evoluzione dell’istituto e fonti

Sommario: 1. La condizione giuridica del minore: cenni storici ed

evoluzione normativa - 2. La difesa tecnica del minore tra fonti sovranazionali e interne - 2.1. La convenzione di New York del 1989 - 2.2. La convenzione di Strasburgo del 1996 - 3. La legge 28 marzo 2001, n. 149 - 3.1. (Segue) Difficoltà attuative: il vuoto legislativo e l’interpretazione della giurisprudenza - 3.2. Le procedure de potestate - 3.2.1. La responsabilità genitoriale: la procedura de potestate alla luce della riforma sulla filiazione - 3.3. Le procedure di adottabilità - 4. Il caso: Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 1, sentenza 18 gennaio - 8 giugno 2016, n. 11782

1. La condizione giuridica del minore:

cenni storici ed evoluzione normativa

La tutela del minore rappresenta, senza dubbio alcuno, un vero e proprio baluardo di ogni società civile, democratica e progredita1, ma solo in questi ultimi decenni essa è stata affidata a una disciplina normativa molto articolata avente il duplice obiettivo, da un lato, di rafforzare la condizione dei minori riconoscendo espressamente i loro diritti nell’ambito familiare e dall’altro, di darvi tutela se posti in pericolo a seguito di rapporti familiari entrati in crisi2.

1 S. Pettinato, La difesa processuale del minore alla luce della Legge 149/01: quale tutela?, in www.filodiritto.com, 2009, p.1.

2 F. Tommaseo, La tutela dei minori nel quadro di un diritto di famiglia in bilico tra riforme recenti e annunciate, in Fam. dir., 2016, p. 713.

(13)

5

Prima di procedere, con la presente trattazione, all’analisi puntuale dei più recenti sviluppi normativi intervenuti in materia, è utile volgere uno sguardo al passato per meglio comprendere quale sia stata l’evoluzione dell’istituto in oggetto e come sia gradualmente avvenuto il passaggio dalla concezione di assoluta inferiorità della condizione giuridica del minore a quella di una sua sempre maggiore importanza. Nel diritto romano antico, la patria potestas comportava la mera soggezione dei filii familias al potere personale del pater, potere tanto assoluto e illimitato da esprimersi con la formula del “ius vitae ac

necis” (“diritto di vita e di morte”) e per questo pari, almeno

inizialmente, a quello del dominus sui servi3. Da ciò appare evidente

come al minore non spettasse alcuna tutela dei propri diritti ed interessi al di fuori di quello che per lui decideva il genitore.

Se ad oggi la capacità di agire presuppone necessariamente la capacità giuridica, così non accadeva nel diritto romano dell’antico impero dove invece la capacità di agire (ossia l’idoneità a compiere personalmente e direttamente validi atti giuridici) era riconosciuta, per certi aspetti, anche a persone giuridicamente incapaci e ciò che rilevava era anzitutto l’età; la distinzione fondamentale era quella tra “puberi” e “impuberi” connessa al raggiungimento della capacità fisiologica di generare prole, per le femmine si riteneva raggiunta la pubertà col compimento del dodicesimo anno di età, per i maschi la valutazione avveniva invece caso per caso conformemente ai caratteri fisici esteriori, più o meno sviluppati. Dall’epoca classica a quella giustinianea, si affermò l’opinione secondo cui l’età pubere dei maschi era raggiunta col quattordicesimo anno d’età, previo buon esito di una

corporis inspectio4 finalizzata ad accertare quanto indicato sopra.

Merita senza dubbio ricordare, in codesta sede, una notissima

3 M. Marrone, Manuale di diritto privato romano, Torino, Giappichelli Editore, 2004, p.153.

4 F. Lamberti, La famiglia romana e i suoi volti: pagine scelte su diritto e persone in Roma antica, Torino, Giappichelli Editore, 2014, p.51.

(14)

6

controversia sorta all’inizio dell’ impero fra la scuola dei Sabiniani e quella dei Proculiani avente ad oggetto proprio il fervido dibattito sul raggiungimento della pubertà: la prima esigeva la già citata corporis

inspectio ossia l’accertamento caso per caso ritenendo la pubertà una quaestio facti, la scuola Proculiana invece anticipò una tesi che poi

prevalse e fu sostenuta successivamente da Giustianiano, vale a dire la fissazione autoritativa del limite a dodici anni per la pubertas delle fanciulle e a quattordici per quella dei ragazzi, indipendentemente da qualunque accertamento di tipo fisico5. Per quanto concerne gli

impuberi, essi venivano distinti in “infantes” e infantia maiores” e solo col compimento del settimo anno avveniva di fatto il superamento dell’infantia. La capacità di agire era pienamente riconosciuta ai

puberi, negata del tutto agli infantes e parzialmente riconosciuta agli impuberi infantia maiores, i quali potevano compiere validamente,

anche senza assistenza, negozi giuridici che comportavano l’acquisto di un diritto mentre era loro impedito di assumere obbligazioni e compiere atti dispositivi o di alienazione6. All’epoca delle guerre puniche nacque un’ulteriore distinzione nell’età pubere: l’età dei

minores viginti quinque annis; con l’espansione dei commerci infatti,

la piena capacità concessa ai giovani appena puberi si rivelò assai pericolosa e la lex Laetoria, nel 191 a. C., introdusse una actio

popularis, cioè esperibile da chiunque, contro quanti avessero

raggirato nei negozi i minori di venticinque anni approfittando della loro inesperienza7. In sostanza, fino al compimento del venticinquesimo anno di età, i giovani, pur ritenuti pienamente capaci di agire una volta raggiunta la fase della pubertà, erano ritenuti soggetti ancora deboli ed era consuetudine che essi si facessero assistere nel compimento degli affari da un curator nominato dal magistrato, che

5 C. Fayer, La familia romana: aspetti giuridici ed antiquari, Roma, <<L’erma>> di Bretschneider, 2005, pp. 425-426.

6 M. Marrone, Manuale di diritto privato romano, Torino, Giappichelli Editore, 2004 pp. 164-165.

(15)

7

fungesse da esperto per il pubere e da garante per i terzi8 poiché per il minore non sarebbe poi stato possibile invocare la propria inesperienza e vanificare gli effetti dell’atto compiuto.

Nell’epoca medievale non esisteva una concezione di infanzia come età specifica; il bambino, risultandone altamente aleatoria la sopravvivenza nel primo periodo dopo la nascita, entrava a far parte del mondo adulto solo una volta oltrepassata la fase di intensa mortalità9 e non appena autosufficiente dalle attenzioni materne, mediante l’acquisizione dell’uso del linguaggio e della capacità di saper distinguere tra bene e male10.

Tra il Rinascimento e l’Ottocento, la famiglia continuò ad essere concepita come assoggettata al potere assoluto del padre e neppure con i codici ottocenteschi e napoleonici si registrarono interessanti variazioni sul tema11. Proprio il code Napoléon del 1804 afferma che la potestà è un complesso di doveri e poteri attribuito ai genitori nell’interesse del figlio minore e il codice civile dell’Italia unita del 1865 ricalca, seppur con alcune limitazioni dovute al trascorrere del tempo e ad una maturata sensibilità sul tema, il modello napoleonico, anche e soprattutto in materia di potestà cui lega importanti e precise responsabilità ma non di uno, come l’esempio francese appena citato, bensì di entrambi i genitori12.

Fino allo stesso codice civile italiano del 1942, il minore continuò ad essere inteso come un mero oggetto di diritti degli adulti, come se si trattasse di una vera e propria proprietà di cui godere e disporre a piacimento e la sua condizione giuridica rimase caratterizzata da

8 M. Brutti, Il diritto privato nell’antica Roma, Torino, Giappichelli Editore, 2011, p. 161.

9 A. Palazzo, La filiazione, in Trattato di diritto civile e commerciale, già diretto da A. Cicu, F. Messineo e L. Mengoni, Milano, Giuffrè Editore, 2007, p. 519-521.

10 L. Vallario, L’interesse del minore. Definizione e valutazione psicologica nelle separazioni, Milano, Franco Angeli, 2016, p.31.

11 S. Matteini Chiari, Il minore nel processo, Milano, Giuffrè Editore, 2014, p.2. 12 M. Dogliotti, La potestà dei genitori e l’autonomia dei minori, Milano, Giuffrè Editore, 2007, pp. 14-20.

(16)

8

assoluta inferiorità non trovando dunque alcuno spazio, nei vari ordinamenti, la figura di un difensore dei diritti del minore.

Una vera e propria inversione di rotta si registra nella seconda metà del secolo scorso, quando la concezione della figura del minore, sia in ambito familiare che all’interno della società ove si esplicano le sue reazioni interpersonali, inizia a trasformarsi da “oggetto” a “persona” titolare di diritti fondamentali. Ciò avviene parallelamente in ambito internazionale, comunitario e nel diritto interno, a partire dalla stessa carta costituzionale e in particolar modo tramite le numerose leggi che si sono susseguite in materia di adozione, adottabilità e diritto di famiglia.

Rimandando ai successivi paragrafi l’analisi dettagliata delle fonti che maggiormente interessano il presente lavoro, ritengo comunque utile indicare, seppur per cenni, le più rilevanti, per concludere in maniera esaustiva questo breve excursus storico sull’evoluzione della concezione della figura del minore e meglio comprendere la trattazione a seguire.

Gli articoli 2 e 3 della Costituzione13 del 1948 affermano che debbano

essere riconosciuti e garantiti a tutti i “diritti inviolabili dell’uomo” anche nelle formazioni sociali ove si svolge la personalità del singolo e che tutti i cittadini hanno pari dignità e sono eguali davanti alla legge senza distinzione di alcun genere, includendo implicitamente, mediante la dicitura “tutti”, anche il soggetto minore equiparato in tal modo

13 Art. 2 Cost.

“La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.”

Art. 3. Cost.

“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”

(17)

9

all’adulto nella tutela dei suoi diritti fondamentali. Agli articoli 30, 31, 34 e 3714 invece, la carta costituzionale considera il minore come parte

del più ampio ambito familiare15 trattando la sua condizione di figlio e destinatario, come tale, di protezione e tutela giuridica e sociale; tali articoli sono collocati nella prima parte del testo che si riferisce ai diritti e doveri dei cittadini, in particolare nel titolo II concernente i rapporti etico-sociali e nel III sui rapporti economici.

Mediante le leggi 5 giugno 1967 n.431 e 4 maggio 1983 n. 184, in materia di adozione dei minori, viene data per le prime volte in Italia

14 Art. 30 Cost.

“È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio.

Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti.

La legge assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima.

La legge detta le norme e i limiti per la ricerca della paternità.” Art. 31 Cost.

“La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l'adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose.

Protegge la maternità, l'infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo.”

Art. 34 Cost.

“La scuola è aperta a tutti.

L'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi.

La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso.”

Art. 37 Cost.

“La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore.

Le condizioni di lavoro devono consentire l'adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione.

La legge stabilisce il limite minimo di età per il lavoro salariato.

La Repubblica tutela il lavoro dei minori con speciali norme e garantisce ad essi, a parità di lavoro, il diritto alla parità di retribuzione.”

15 Si fa ivi riferimento alla famiglia qualificata nel testo costituzionale come “nucleare”, composta dai coniugi e dai figli eventualmente nati nel matrimonio ma rispetto a tale modello non mancano indicazioni normative volte a riconoscere rilevanza giuridica a contesti familiari allargati o monoparentali. Certamente estraneo al modello di famiglia delineato dalla Costituzione è il fenomeno della c.d. famiglia di fatto non basato sul vincolo del matrimonio rispetto al quale ancora permangono varie differenze, nonostante i più recenti interventi legislativi in materia.

(18)

10

centralità all’interesse del minore e alle sue esigenze psicofisiche nonché alla preminenza dei suoi su quelli degli adulti16.

Con la riforma del diritto di famiglia, avvenuta mediante la legge 19 maggio 1975, n. 151 la priorità dei diritti della prole ha trovato ulteriore conferma e sono stati sanciti principi di estremo rilievo anche dal punto di vista processuale come ad esempio l’obbligo dei genitori separati di concordare le decisioni più importanti concernenti la vita e l’educazione dei figli nel loro stesso interesse e il passaggio dalla concezione di tutela del nucleo familiare legata all’imprescindibile indissolubilità del vincolo matrimoniale a quella della qualità della vita di tutte le singole parti interessate, comprendendo tra esse, per l’appunto, anche il figlio minore17.

Di fondamentale importanza per il presente elaborato, appare senza dubbio la legge 28 marzo 2001, n.149 con cui ha fatto ingresso nel nostro sistema processuale civile la figura dell’avvocato del minore mediante l’innovativa previsione dell’obbligo di assistenza legale per il minore e per i genitori nelle procedure di limitazione e decadenza della potestà genitoriale e in quelle per la dichiarazione di adottabilità, andando a modificare in misura consistente la poc’anzi citata legge n. 184/198318. Nonostante la straordinaria portata di tale intervento

normativo, tanto numerose sono state le difficoltà applicative da ritardarne l’entrata in vigore di ben 6 anni, avvenuta difatti il 1° luglio 2007.

Con l’entrata in vigore del Regolamento (CE) 2201/2003 del 27 novembre 2003, la potestà genitoriale viene ad essere intesa in Italia non più come diritto ma come vera e propria funzione e viene sostituita

16 G. Manera, L’adozione e l’affidamento familiare nella dottrina e nella giurisprudenza, Milano, Franco Angeli, 2004, p.21.

17 M. Lagazzi, La consulenza tecnica in tema di affidamento del minore, Milano, Giuffrè Editore, 1994, pp. 136-137.

18 G. Dosi, L’avvocato del minore nei procedimenti civili e penali, Torino, Giappichelli Editore, 2010, p. 3.

(19)

11

con la nuova denominazione di “responsabilità genitoriale”. Il Regolamento stabilisce inoltre che le decisioni relative alla responsabilità genitoriale sono riconosciute solo se, salvo casi di urgenza, la decisione è stata resa garantendo al minore la possibilità di essere ascoltato19. L’atto rappresenta un intervento di attuazione delle politiche di cooperazione giudiziaria civile con sostanziali ricadute sul diritto di famiglia interno degli stati membri; la sottesa ratio è quella di assicurare omogeneità tra le norme nazionali relative a competenza giurisdizionale e riconoscimento delle sentenze per garantire agevolmente la piena ed effettiva libertà di circolazione delle persone20.

Con la legge n. 40/2004 concernente norme in materia di procreazione medicalmente assistita viene sancita la tutela del diritto alla vita del minore fin dal momento del suo concepimento e il nascituro diviene così soggetto giuridico e parte del processo medico in corso, alla stregua degli stessi genitori.

Merita sicuramente menzione, per ciò che rileva in questa sede, la legge n. 54/2006 recante disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli che ha modificato il previgente regime in materia di affidamento all’ uno o all’altro genitore prevedendo piuttosto che il giudice, al momento della pronuncia di separazione personale dei coniugi, valuti la possibilità di affidare i figli minori a entrambi i genitori, facendo riferimento esclusivamente all’interesse morale della stessa prole; ancora, degna di nota è senza dubbio la legge n. 219/2012 e il collegato decreto legislativo 154/2013 in materia di riconoscimento dei figli naturali. Mediante questa norma si è addivenuti, tra le altre cose, alla creazione di unico status di figlio eliminando le differenti diciture di figli

19 F. Danovi, L’avvocato del minore nel processo civile, in Fam. dir., 2014, p. 185. 20 A. Pera, Il diritto di famiglia in Europa: plurimi e simili o plurimi o diversi, Torino, Giappichelli Editore, 2012, pp. 55-56.

(20)

12

“naturali” e “legittimi” e al riconoscimento del diritto all’ascolto del minore che abbia compiuto dodici anni o comunque capace di discernimento in tutte le procedure e questioni che lo riguardano. In ambito internazionale, il processo di mutazione della figura del minore ha avuto inizio con la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, adottata dall’ Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948. In particolar modo, i diritti dell’infanzia e la relativa tutela sono stati proclamati dalla Dichiarazione dei diritti del fanciullo adottata dall’Assemblea Generale dell’O.N.U. il 20 novembre 1959 e successivamente dalla Convenzione sui diritti del fanciullo di New York (sempre per mano dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite) del 20 novembre 1989 e ratificata dall’Italia con legge 27 maggio 1991, n. 176. Sulla scorta dei principi ivi sanciti, il 29 maggio del 1993 è stata sottoscritta, dai delegati di trentasette Stati membri e di trenta Stati ospiti della diciassettesima sessione della Conferenza de l'Aja sul diritto internazionale privato, una Convenzione che detta principi comuni per l'adozione internazionale, riducendo i conflitti tra le varie legislazioni e stabilisce delle vie di comunicazione tra le autorità dei paesi di origine e di quelli di destinazione dei minorenni adottati, elaborando strumenti giuridici internazionali in materia di protezione di bambini adottati all'estero. La Convenzione prevede che le adozioni possano avere luogo soltanto se le autorità competenti dello Stato d’origine abbiano acquisito assicurazione del fatto che il minore, tenuto conto della sua età e della sua maturità, sia stato informato sulle conseguenze dell’adozione e abbia prestato il suo consenso laddove richiesto, oltre al fatto che siano stati presi in considerazione i suoi desideri e le sue opinioni mediante l’ascolto dello stesso e che il suo consenso sia stato prestato liberamente.

Nel panorama europeo i diritti del minore nella famiglia e nella società sono stati affermati in primo luogo con la Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali firmata a

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Roma il 4 novembre 1950, successivamente con la Convenzione europea sull’esercizio dei diritti dei fanciulli firmata a Strasburgo il 25 gennaio 1996 e ratificata dall’Italia con legge 20 marzo 2003, n. 77 ed infine, in ordine cronologico, mediante la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, adottata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo21.

Il 1° dicembre 2009 è entrato in vigore il Trattato costituzionale europeo di Lisbona che include in forma di allegato la suddetta Carta di Strasburgo del 2007 conferendole carattere giuridicamente rilevante all’interno dell’Unione europea così come previsto dall’articolo 622.

Con queste molteplici fonti vengono definitivamente riconosciuti ai minori, fra gli altri, il diritto alla vita, alla protezione e al soccorso, ad una famiglia, all’educazione, al nome e alla cittadinanza, alla libertà e dignità e, come meglio vedremo, il diritto ad una difesa tecnica in sede processuale

Per concludere risulta evidente, sulla base di quanto evidenziato in codesto paragrafo di apertura, come gli interventi in materia di tutela

21 In particolare, art. 24 Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea

“I minori hanno diritto alla protezione e alle cure necessarie per il loro benessere. Essi possono esprimere liberamente la propria opinione. Questa viene presa in considerazione sulle questioni che li riguardano in funzione della loro età e della loro maturità.

In tutti gli atti relativi ai minori, siano essi compiuti da autorità pubbliche o da istituzioni private, l'interesse superiore del minore deve essere considerato preminente.

Il minore ha diritto di intrattenere regolarmente relazioni personali e contatti diretti con i due genitori, salvo qualora ciò sia contrario al suo interesse.”

22 Art. 6 Trattato costituzionale europeo di Lisbona

“L'Unione riconosce i diritti, le libertà e i principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea del 7 dicembre 2000, adattata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, che ha lo stesso valore giuridico dei trattati. Le disposizioni della Carta non estendono in alcun modo le competenze dell'Unione definite nei trattati. I diritti, le libertà e i principi della Carta sono interpretati in conformità delle disposizioni generali del titolo VII della Carta che disciplinano la sua interpretazione e applicazione e tenendo in debito conto le spiegazioni cui si fa riferimento nella Carta, che indicano le fonti di tali disposizioni.

L'Unione aderisce alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. Tale adesione non modifica le competenze dell'Unione definite nei trattati.

I diritti fondamentali, garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, fanno parte del diritto dell'Unione in quanto principi generali”.

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dei diritti dei minori si siano susseguiti in particolar modo negli ultimi decenni portando ad una netta inversione di marcia e segnando di fatto il passaggio da una concezione di minore come soggetto debole e incapace sottoposto alla potestà del genitore a quella di soggetto giuridico avente diritti propri e dunque meritevoli di piena tutela. Come afferma Matteini Chiari, opinione che condivido, si è passati dalla collocazione del minore ai margini del sistema per passare via via a una visione di tipo decisamente “puerocentrico” ove vengono riconosciuti al minore diritti fondamentali sia in seno alla famiglia che alla società di cui fa parte23. Mediante il diritto internazionale, comunitario e interno, gli strumenti di tutela giuridica del minore sono stati ampliati e sempre più perfezionati in virtù di quello che ormai viene comunemente chiamato “superiore interesse del minore” e di cui sarà data approfondita illustrazione più avanti.

2. La difesa tecnica del minore tra

fonti sovranazionali e interne

Dopo aver passato brevemente in rassegna le più importanti fonti inerenti all’evoluzione cronologica della concezione del minore in quanto persona e di tutela dei suoi diritti personali, urge volgere lo sguardo al tema centrale di questa tesi ossia la figura del difensore tecnico del minore ed iniziare a delinearne i profili storici e normativi sia con riferimento alle fonti sovranazionali che interne le quali hanno sancito, nel tempo, il passaggio da una concezione del minore come estraneo a quella di parte sostanziale e formale del processo civile. Con Risoluzione su una Carta dei diritti del fanciullo24 e Risoluzione sui problemi dell’infanzia nella Comunità europea25, il Parlamento

23 S. Matteini Chiari, Il minore nel processo, Milano, Giuffrè Editore, 2014, p.6. 24 DOC. A3 dell’8 luglio 1992, GUCE serie C241/67 del 21 settembre 1992.

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europeo ha auspicato la creazione, da parte di tutti gli stati membri, dell’istituto di un “avvocato difensore ovvero del difensore civico dell’infanzia”allo scopo di tutelare i diritti e gli interessi del soggetto minore, di riceverne le richieste e le lamentele e di vigilare sull’applicazione delle leggi che lo proteggono, nonché di informare e orientare l’azione dei pubblici poteri a favore dei diritti del fanciullo. Successivamente, con la già citata Convenzione di Strasburgo sull’esercizio dei diritti del minore del 25 gennaio 1996, fu prevista la facoltà per il minore di chiedere, direttamente o per mezzo di altre persone, la designazione di un distinto rappresentante, nei casi opportuni di un avvocato26.

Il 17 novembre 2010, il Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa ha adottato “Linee guida su una giustizia a misura di minore”, un documento in cui vengono individuati i diritti e i bisogni del minore nei procedimenti amministrativi, civili e penali che lo riguardano e in cui si dettano appunto le linee guida da seguire nell’approccio con il bambino prevedendo un quadro di comune valutazione dei professionisti che operano e collaborano in tale ambito. Si sottolinea infatti come i professionisti necessitino di una formazione

25 DOC. A3- 314/91 del 13 dicembre 1991, GUCE serie C13/534 del 20 gennaio 1992.

26 Art. 5 Convenzione di Strasburgo sull’esercizio dei diritti del minore

“Le parti esaminano l'opportunità di riconoscere ai minori ulteriori diritti azionabili nei procedimenti che li riguardano dinanzi ad un'autorità giudiziaria, in particolare: a) il diritto di chiedere di essere assistiti da una persona appropriata, di loro scelta, che li aiuti ad esprimere la loro opinione;

b) il diritto di chiedere essi stessi, o tramite altre persone od organi, la designazione di un rappresentante distinto, nei casi opportuni, di un avvocato;

c) il diritto di designare il proprio rappresentante;

d) il diritto di esercitare completamente o parzialmente le prerogative di una parte in tali procedimenti.”

Art. 9 Convenzione di Strasburgo sull’esercizio dei diritti del minore

“Nei procedimenti che riguardano un minore, quando in virtù del diritto interno i detentori delle responsabilità genitoriali si vedono privati della facoltà di rappresentare il minore a causa di un conflitto di interessi, l'autorità giudiziaria ha il potere di designare un rappresentante speciale che lo rappresenti in tali procedimenti. 2.Le Parti esaminano la possibilità di prevedere che, nei procedimenti che riguardano un minore, l'autorità giudiziaria abbia il potere di designare un rappresentante distinto, nei casi opportuni un avvocato, che rappresenti il minore.”

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interdisciplinare al fine di giungere ad una approfondita analisi sulla situazione psicologica, giuridica, sociale, cognitiva, emotiva e fisica del fanciullo. Dagli articoli 37 a 43, in particolare, vengono disciplinate l’assistenza e la rappresentanza tecnica ed è ivi previsto che i minori abbiano diritto ad un proprio rappresentante legale nei procedimenti in cui essi si trovino in conflitto di interessi con i genitori o altre parti coinvolte, abbiano libero accesso al gratuito patrocinio alle stesse o più ampie condizioni previste per gli adulti, si relazionino con avvocati adeguatamente competenti nel campo dei diritti dei minori e nelle questioni connesse, siano considerati clienti a pieno titolo dall’avvocato e come tali siano immediatamente informati sulle eventuali conseguenze delle proprie opinioni e pareri e sia loro garantita una rappresentanza indipendente rispetto a quella dei genitori nel caso in cui questi versino in condizione di conflitto di interessi o siano essi stessi i presunti autori di un reato di cui il minore è vittima27.

27 Nello specifico, sulla rappresentanza legale del minore: Art. 37 “Linee guida su una giustizia a misura di minore”

“I minori dovrebbero avere il diritto di essere rappresentati da un avvocato in nome proprio, nei procedimenti in cui vi è, o vi potrebbe essere, un conflitto di interessi tra il minore e i genitori o altre parti coinvolte.”

Art. 38 “Linee guida su una giustizia a misura di minore”

“I minori dovrebbero avere accesso al gratuito patrocinio, alle stesse condizioni previste per gli adulti o a condizioni meno restrittive.”

Art. 39 “Linee guida su una giustizia a misura di minore”

“Gli avvocati che rappresentano i minori dovrebbero essere formati e conoscere i diritti dei minori e le relative problematiche, ricevere una formazione continua e approfondita ed essere in grado di comunicare con i minori in base al loro livello di comprensione.”

Art. 40 “Linee guida su una giustizia a misura di minore”

“I minori dovrebbero essere considerati clienti a pieno titolo con i loro diritti, e gli avvocati che li rappresentano dovrebbero farsi portavoce della loro opinione.” Art. 41 “Linee guida su una giustizia a misura di minore”

“Gli avvocati dovrebbero fornire al minore tutte le informazioni e spiegazioni necessarie relativamente alle eventuali conseguenze dei suoi punti di vista e/o delle sue opinioni.”

Art. 42 “Linee guida su una giustizia a misura di minore”

“Nel caso di conflitto di interessi tra i genitori e i minori, l’autorità competente dovrebbe designare un tutore ad litem o altra figura indipendente atta a rappresentare i punti di vista e gli interessi del minore.”

Art. 43 “Linee guida su una giustizia a misura di minore”

“Dovrebbero essere garantiti una rappresentanza adeguata e il diritto di essere rappresentato in modo indipendente dai genitori, specie nei procedimenti in cui i

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Anche in questo caso si evince come l’interesse del minore sia posto al centro del processo con la creazione di una vera e propria giustizia ad hoc e rappresenti un principio fondamentale attorno al quale costruire i singoli diritti e le posizioni sostanziali e processuali del minore come l’ascolto e la tutela dei suoi diritti individuali28.

Per quanto attiene alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo29, essa ha individuato e riconosciuto al minore ampi spazi di

autonomia ove operare senza il filtro del potere rappresentativo dei genitori soprattutto per quanto concerne l’esercizio dei diritti fondamentali della sua personalità; in particolare la Commissione ha in più occasioni riconosciuto ai minorenni il potere di esercitare l’azione davanti ai giudici di Strasburgo per far valere i propri diritti qualora l’accesso alla giurisdizione statuale fosse stato loro impedito o reso difficoltoso dalle scelte dei genitori. Noto a tal proposito è il caso “Nielsen” del 1988 dove il minore, cittadino olandese, poté rivendicare il proprio diritto di libertà stando in giudizio personalmente di fronte alla Commissione di Strasburgo, diritto compresso dalla decisione dei genitori di internarlo in un reparto di psichiatria infantile.

I principi generali così affermati, a tasso programmatico più che cogente, sono valsi da input per il legislatore italiano che, nel darvi attuazione, ha introdotto nel nostro sistema processuale civile la figura dell’avvocato del minore con legge 28 marzo 2001, n.149 che come Dosi sottolinea “ha costituito un evento di straordinaria importanza”30

e per tale motivo merita una trattazione a parte nel seguente paragrafo. Per quanto attiene al diritto interno,rimandando ad altra sede le norme di diritto sostanziale attinenti alla capacità del minore, da un punto di

genitori, i familiari o le persone che si prendono cura del minore sono i presunti autori del reato.”

28 F. Danovi, L’avvocato del minore nel processo civile, in Fam. dir., 2014, p. 185. 29 D’ora in poi, Corte EDU.

30 G. Dosi, L’avvocato del minore nei procedimenti civili e penali, Torino, Giappichelli Editore, 2010, p. 3.

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vista più prettamente processuale è utile porre attenzione alla previsione del codice di rito secondo la quale la capacità di stare in giudizio è attribuita alle persone che hanno il libero esercizio dei diritti che vi si fanno valere31; questa formula secondo Tommaseo, non lega la capacità processuale all’astratta acquisizione della capacità legale di agire bensì alla libertà di esercitare lo specifico diritto di cui è stata chiesta la tutela giurisdizionale ed è proprio questo collegamento istituito dalla nostra legge processuale che può essere utilizzato al fine di attribuire al minore la capacità processuale speciale anche per quanto riguarda i diritti civili fondamentali che la Convenzione di New York gli dà libertà di esercitare.32 Sempre all’interno del nostro codice di procedura civile rintracciamo gli articoli 82 e 83 i quali prevedono che la competenza a nominare un avvocato per il minore spetti al soggetto investito della rappresentanza legale dello stesso. L’avvocato del minore assume, a fronte di queste previsioni codicistiche, la difesa tecnica perseguendo gli interessi sostanziali e processuali del proprio assistito e del rappresentante processuale del medesimo, tutore o curatore speciale. Nonostante il compito dell’avvocato risulti a prima vista maggiormente agevole di quello del tutore o del curatore speciale, parte della dottrina non condivide l’assunto di altri studiosi secondo cui non sia necessario per il difensore tecnico avere la stessa preparazione che si esige dal curatore speciale in termini di competenze adeguate alla particolarità delle delicate funzioni da assolvere e di interpretazione e successiva traduzione dei bisogni e

31 Art. 75 c.p.c. (Capacità processuale)

“Sono capaci di stare in giudizio le persone che hanno il libero esercizio dei diritti che vi si fanno valere.

Le persone che non hanno il libero esercizio dei diritti non possono stare in giudizio se non rappresentate, assistite o autorizzate secondo le norme che regolano la loro capacità.

Le persone giuridiche stanno in giudizio per mezzo di chi le rappresenta a norma della legge o dello statuto.

Le associazioni e i comitati, che non sono persone giuridiche, stanno in giudizio per mezzo delle persone indicate negli articoli 36 e seguenti del codice civile.” 32 Così F. Tommaseo, Rappresentanza e difesa del minore nel processo civile, in Fam. dir., 2007, p.411.

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desideri del minore, avendo cura delle sue inclinazioni psicologiche e attitudinali33; sul punto è intervenuta recentemente la Corte

costituzionale sulla scorta di quanto indicato dalle Linee guida di una giustizia a misura di minore poco sopra evidenziate a proposito della specializzazione richiesta a tutti i professionisti che lavorano con minori, affermandone la doverosa attuazione34.

Il primo tra i riferimenti costituzionali specificamente attinenti al tema è senza dubbio l’articolo 11135 che merita doverosa menzione. Il

processo rappresenta infatti la sede di risoluzione dei conflitti intersoggettivi e nel giudizio familiare vengono inevitabilmente coinvolti i figli minori per la tutela adeguata dei loro interessi esistenziali e posizioni sostanziali36. Il contraddittorio costituisce valore fondamentale e cardine del processo e perché esso possa

33 Ex multis, S. Matteini Chiari, Il minore nel processo, Milano, Giuffrè Editore, 2014, p.93; F. Tommaseo, Sulla tutela dei diritti del minore nell’azione dei suoi rappresentanti, in Studium Iuris, 2016, p.1134.

34 Corte cost. 22 giugno 2004, n. 178, in Foro it. 2004, c. 3269, con nota di Romboli. 35 Art. 111 Cost.

“La giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge.

Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata.

Nel processo penale, la legge assicura che la persona accusata di un reato sia, nel più breve tempo possibile, informata riservatamente della natura e dei motivi dell'accusa elevata a suo carico; disponga del tempo e delle condizioni necessari per preparare la sua difesa; abbia la facoltà, davanti al giudice, di interrogare o di far interrogare le persone che rendono dichiarazioni a suo carico, di ottenere la convocazione e l'interrogatorio di persone a sua difesa nelle stesse condizioni dell'accusa e l'acquisizione di ogni altro mezzo di prova a suo favore; sia assistita da un interprete se non comprende o non parla la lingua impiegata nel processo.

Il processo penale è regolato dal principio del contraddittorio nella formazione della prova. La colpevolezza dell'imputato non può essere provata sulla base di dichiarazioni rese da chi, per libera scelta, si è sempre volontariamente sottratto all'interrogatorio da parte dell'imputato o del suo difensore.

La legge regola i casi in cui la formazione della prova non ha luogo in contraddittorio per consenso dell'imputato o per accertata impossibilità di natura oggettiva o per effetto di provata condotta illecita.

Tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati.

Contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla libertà personale, pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari o speciali, è sempre ammesso ricorso in Cassazione per violazione di legge. Si può derogare a tale norma soltanto per le sentenze dei tribunali militari in tempo di guerra.

Contro le decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti il ricorso in Cassazione è ammesso per i soli motivi inerenti alla giurisdizione.”

36 Si veda per tale espressione F. Tommaseo, Rappresentanza e difesa del minore nel processo civile, in Fam. dir., 2007, p.410.

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risultare equo e giusto secondo i canoni dettati dalle leggi nazionali e sovranazionali, le parti devono intervenirvi tutte e far sentire la loro voce; a ciò si legano poi le ulteriori garanzie di imparzialità e terzietà del giudice. Altro principio che vi si lega è quello della ragionevole durata del processo, particolarmente avvertito nei confronti dei minori soprattutto per le conseguenze che il tempo potrebbe provocare sul loro equilibrio psichico ma non per questo, come osserva Danovi,37 si deve ritenere che il rispetto e la riduzione dei tempi presupponga l’adozione di modelli sommari e semplificati ma anzi, proprio a questo riguardo, la previsione di un soggetto dedicato alla difesa del minore e in grado di evidenziare al giudice il bisogno di assunzione di provvedimenti può risultare fondamentale38.

Ancora implicato nel tema del difensore tecnico del minore, è l’articolo 24 Cost.39 sul diritto di azione e di difesa, collocato nella

parte prima della costituzione che coinvolge anche il minore con la dicitura di apertura “tutti” e sancisce la difesa come diritto inviolabile dell’uomo e come tale spettante anche al minore ogni qual volta un suo interesse sia coinvolto in un giudizio.

Urge adesso procedere alla trattazione specifica e all’analisi più puntuale delle fonti principali nelle parti attinenti al tema trattato.

37 F. Danovi, Il difensore del minore tra principi generali e tecniche del giusto processo, in “La deontologia dell’avvocato nel diritto di famiglia”, Pisa, 2009, p.30. 38 Così F. Danovi, L’avvocato del minore nel processo civile, in Fam. dir., 2014, p. 182.

39 Art. 24 Cost.

“Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi. La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento.

Sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione.

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2.1 La convenzione di New York del 1989

La convenzione internazionale sui diritti del fanciullo, approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989 e ratificata dall’Italia con legge 27 maggio 1991, n. 176 ha aperto un nuovo sentiero, al tempo ancora tutto da percorrere, sulla promozione della personalità e l’effettività della tutela dei minori. Ciò che emerge dalle disposizioni è la figura di un fanciullo arbitro del proprio destino in grado di far valere le proprie scelte esistenziali e di veder garantito il proprio interesse nei confronti di qualsiasi altro soggetto40.

Il testo riconosce e riafferma alcuni diritti civili e libertà fondamentali adeguati all’evoluzione della realtà e ne enuncia di nuovi così da garantire la partecipazione volitiva informata dei fanciulli e da trasformare quelli che in passato erano concepiti come valori morali in veri e propri diritti soggettivi, degni di essere garantiti anche all’interno del contesto familiare. L’obiettivo che si pone la Convenzione è quello di superare le frammentarie e settoriali previsioni previgenti così da fornire un quadro organico e sufficientemente compiuto sulla tutela dei minori41. Il testo si presenta

come un vero statuto di diritti del minore e si compone di un preambolo e di tre parti in cui vengono elencati i principi generali e le libertà di cui gode il bambino; in particolare, merita evidenza in questa sede l’articolo 1242 che riconosce al bambino la dignità di soggetto

autonomo e che concerne l’ascolto del fanciullo in sede processuale,

40 Così M. Dogliotti, La potestà dei genitori e l’autonomia del minore, Milano, Giuffrè Editore, 2007, p. 113.

41 E. La Rosa, Tutela dei minori e contesti familiari, Milano, Giuffrè Editore, 2005, pp. 40-41.

42 Art. 12 Convenzione di New York

“1. Gli Stati parti garantiscono al fanciullo capace di discernimento il diritto di esprimere liberamente la sua opinione su ogni questione che lo interessa, le opinioni del fanciullo essendo debitamente prese in considerazione tenendo conto della sua età e del suo grado di maturità.

2. A tal fine, si darà in particolare al fanciullo la possibilità di essere ascoltato in ogni procedura giudiziaria o amministrativa che lo concerne, sia direttamente, sia tramite un rappresentante o un organo appropriato, in maniera compatibile con le regole di procedura della legislazione nazionale.”

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prevedendo che il minore capace di formare una propria opinione abbia diritto di esprimerla liberamente in tutti i provvedimenti giurisdizionali ed amministrativi che lo coinvolgono e sia sentito direttamente o a mezzo di rappresentanti o apposite istituzioni43.

Per la prima volta il punto di vista del minore, la sua autonomia e la sua capacità di autodeterminarsi vengono presi in così ampia considerazione e diritti di diversa provenienza culturale e storica coesistono per affermare pienamente la sua dignità di persona44.

Per quanto concerne la valenza nell’ordinamento interno della Convenzione, essa è stata a lungo oggetto di dibattiti fino a trovare poi significativa risposta da parte della Corte Costituzionale con la sentenza del 30 gennaio 2002, n.1 in cui ha affermato che le norme della Convenzione sono dotate di efficacia normativa nel nostro ordinamento e come tali idonee ad integrare la disciplina interna45, soprattutto in considerazione della riforma costituzionale intervenuta nel 2001 che ha ulteriormente rafforzato il nuovo testo dell’art. 117 Cost in cui viene stabilito che la potestà legislativa deve rispettare non solo la Costituzione ma anche i vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.

2.2 La convenzione di Strasburgo del 1996

Altra fonte di importantissime novità in materia di difesa del minore è rappresentata dalla Convenzione europea sull’esercizio dei diritti dei fanciulli, firmata a Strasburgo da molti stati, fra cui l’Italia, nel corso di una solenne cerimonia il 25 gennaio 1996.

43 A. Finocchiaro, L’audizione del minore e la convenzione sui diritti del fanciullo, in Vita not., 1991, p. 834.

44 Così, M. Dogliotti, Persone fisiche: capacità, status, diritti, Torino, Giappichelli Editore, 2014, p.183.

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Come si evince dal Preambolo, il dichiarato intento della Convenzione è quello di uniformare le legislazioni degli Stati membri del Consiglio d’Europa proprio in adempimento a quanto sancito dall’art. 4 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo46. L’obiettivo e la principale ragion d’essere del testo è quello di riconoscere al fanciullo l’autonoma presenza ed espressione attiva nel giudizio e la qualità di parte nelle procedure che lo riguardano e che incidono profondamente nella sua vita e nello sviluppo dei suoi rapporti affettivi, prime fra tutte quelle di carattere familiare47.

Obbligatoria per gli Stati contraenti risulta la concessione di uno spazio di intervento diretto dei fanciulli nelle procedure che incidono sui loro interessi, un’assistenza specializzata per porli in grado di esprimere le loro opinioni ed essere accuratamente informati e posti in grado di conoscere le conseguenze degli atti che compiono e infine una rappresentanza indipendente da quella dei genitori48, il tutto nel rispetto dell’equilibrio psico-fisico del minore e della sua individualità. Nella convenzione di New York, merita sottolinearlo, quello dell’ascolto del minore non rappresentava un vero e proprio diritto bensì una facoltà, nelle innovative regole dettate dalla Convenzione di Strasburgo invece la natura giuridica dell’audizione diviene un vero e proprio diritto processuale del minore cui corrisponde parallelamente l’obbligo del giudice di darvi seguito49.

46 Secondo il quale: “Gli Stati Parti s’impegnano ad adottare tutti i provvedimenti legislativi, amministrativi e di altro genere, necessari per attuare i diritti riconosciuti dalla presente Convenzione.”

47 G. Magno, Il minore come soggetto processuale, Milano, Giuffrè Editore, 2001, p.4.

48 La convenzione non deve essere interpretata come strumento di inasprimento della conflittualità tra genitori e figli; essa riconosce espressamente nel Preambolo l’importanza del ruolo dei genitori e il loro apporto allo sviluppo armonioso della personalità del figlio auspicando piuttosto la comprensione e risoluzione dei conflitti intrafamiliari.

49 F. Tommaseo, Rappresentanza e difesa del minore nel processo civile, in Fam. dir., 2007, p.413.

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Entrando nel merito a quelle che erano le novità in materia processualistica e inerenti alla difesa del minore introdotte dalla Convenzione, l’articolo di apertura50 tratta la tutela di diritti azionabili

dai minori promossi in virtù del loro interesse superiore e del diritto di essere informati ed autorizzati a partecipare ai procedimenti che li riguardano dinanzi ad un’autorità giudiziaria. Il conferimento di tali capacità processuali al fanciullo trasforma gradualmente il significato del processo; la lista di controversie familiari cui è consentito l’intervento del minore sono via via sempre più numerose e in quelle sedi occorre definire non tanto ciò che è giusto per gli adulti coinvolti bensì ciò che è opportuno in relazione al minore la cui opinione assume un debito peso.

Recita l’articolo 3 “Nei procedimenti che lo riguardano dinanzi a un'autorità giudiziaria, al minore che è considerato dal diritto interno come avente una capacità di discernimento vengono riconosciuti i seguenti diritti, di cui egli stesso può chiedere di beneficiare: a) riceve-re ogni informazione pertinente; b) essericeve-re consultato ed esprimericeve-re la propria opinione; c) essere informato delle eventuali conseguenze che

50 Art. 1 Convenzione di Strasburgo

“1. La presente Convenzione si applica ai minori che non hanno raggiunto l'età di18 anni.

2.Oggetto della presente Convenzione è promuovere, nell'interesse superiore dei minori, i loro diritti, concedere loro diritti azionabili e facilitarne l'esercizio facendo in modo che possano, essi stessi o tramite altre persone od organi, essere informati e autorizzati a partecipare ai procedimenti che li riguardano dinanzi ad un'autorità giudiziaria.

3.I procedimenti che interessano i minori dinanzi ad un'autorità giudiziaria sono i procedimenti in materia di famiglia, in particolare quelli relativi all'esercizio delle responsabilità genitoriali, trattandosi soprattutto di residenza e di diritto di visita nei confronti dei minori.

4.Ogni Stato deve, all'atto della firma o al momento del deposito del proprio strumento di ratifica, di accettazione, di approvazione o di adesione, designare, con dichiarazione indiretta al Segretario Generale del Consiglio d'Europa, almeno tre categorie di controversie in materia di famiglia dinanzi ad un'autorità giudiziaria alle quali la presente Convenzione intende applicarsi.

5.Ogni Parte può, con dichiarazione aggiuntiva, completare la lista delle categorie di controversie in materia di famiglia alle quali la presente Convenzione intende applicarsi o fornire ogni informazione relativa all'applicazione degli articoli 5 9 paragrafo 2, 10 paragrafo 2, e 11.

6.La presente Convenzione non impedisce alle Parti di applicare norme più favorevoli alla promozione e all'esercizio dei diritti dei minori.”

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tale opinione comporterebbe nella pratica e delle eventuali conseguenze di qualunque decisione.” Il parametro di riferimento della capacità di discernimento è il diritto interno e a tal proposito nel nostro ordinamento la visione non è univoca e solo nei contesti di separazione, affidamento e adozione è predeterminata ex lege la capacità di discernimento dal dodicesimo anno in poi, mentre prima di tal soglia deve essere accertata caso per caso con il supporto di uno psicologo competente.

L’articolo 551 è l’articolo dedicato alla disciplina della rappresentanza

tecnica, esso sancisce alcuni diritti del minore tra cui quello di essere assistito da una persona appropriata e di sua scelta che lo aiuti ad esprimere la sua opinione, di chiedere la designazione di un rappresentante distinto o di un avvocato e di esercitare le prerogative di parte nel procedimento. Questi diritti processuali sono supplementari, nel senso che sono le parti a valutare, data la loro opportunità, la concessione di queste ulteriori prerogative oltre quelle obbligatoriamente previste; allo stesso modo sono concedibili solo se gli stati ne ravvisano l’opportunità anche i diritti previsti al comma 2 dell’articolo 952 inerenti al potere dell’autorità giudiziaria di designare

un distinto rappresentante per il minore. Il primo comma di tale

51 Art. 5 Convenzione di Strasburgo:

“Le Parti esaminano l'opportunità di riconoscere ai minori ulteriori diritti azionabili nei procedimenti che li riguardano dinanzi ad un'autorità giudiziaria, in particolare: a) il diritto di chiedere di essere assistiti da una persona appropriata, di loro scelta, che li aiuti ad esprimere la loro opinione;

b) il diritto di chiedere essi stessi, o tramite altre persone od organi, la designazione di un rappresentante distinto, nei casi opportuni, di un avvocato;

c) il diritto di designare il proprio rappresentante;

d) il diritto di esercitare completamente o parzialmente le prerogative di una parte in tali procedimenti.”

52 Art. 9 Convenzione di Strasburgo

“1. Nei procedimenti che riguardano un minore, quando in virtù del diritto interno i detentori delle responsabilità genitoriali si vedono privati della facoltà di rappresentare il minore a causa di un conflitto di interessi, l'autorità giudiziaria ha il potere di designare un rappresentante speciale che lo rappresenti in tali procedimenti. 2.Le Parti esaminano la possibilità di prevedere che, nei procedimenti che riguardano un minore, l'autorità giudiziaria abbia il potere di designare un rappresentante distinto, nei casi opportuni un avvocato, che rappresenti il minore.”

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articolo invece tratta del conflitto di interessi con i genitori, profilo questo di estrema importanza nell’ambito che andiamo illustrando, laddove si ponga un contrasto tra gli adulti e i minori coinvolti nel procedimento. La nomina di un curatore speciale, come meglio vedremo, dipende unicamente dall’impossibilità del rappresentante ordinario, genitore o tutore, di svolgere la relativa funzione; fuorviante appare quindi il riferimento alla capacità di discernimento indicata nel testo poiché questa non incide sulla necessità della nomina del curatore speciale. Il concetto di conflitto d’interessi era fino a quel momento limitato quasi esclusivamente al campo economico-patrimoniale, l’evoluzione subita nel tempo vi fa rientrare tutte le situazioni patologiche degli istituti familiari e perciò porta all’inevitabile riconoscimento della qualità di parte del minore in tutte le procedure concernenti le crisi familiari53.

Troviamo all’articolo 1054 un riferimento deontologico della figura del

rappresentante tecnico con apposita indicazione dei doveri nei confronti del soggetto minore tra cui l’obbligo di fornire al minore con sufficiente capacità di discernimento ogni informazione pertinente e spiegazioni circa le conseguenze delle sue opinioni e delle azioni dei rappresentanti e rendersi edotto dell’opinione del minore per portarla alla conoscenza dell’autorità giudiziaria. Queste indicazioni sui doveri del rappresentante tecnico non svuotano di contenuto il suo ruolo

53 G. Magno, Il minore come soggetto processuale, Milano, Giuffrè Editore, 2001, p.140.

54 Art. 10 Convenzione di Strasburgo

“1. Nei procedimenti dinanzi ad un'autorità giudiziaria riguardanti un minore, il rappresentante deve, a meno che non sia manifestamente contrario agli interessi superiori del minore:

a) fornire al minore ogni informazione pertinente, se il diritto interno ritenga che abbia una capacità di discernimento sufficiente;

b) fornire al minore, se il diritto interno ritenga che abbia una capaciti di discernimento sufficiente, spiegazioni relative alle eventuali conseguenze che l’opinione del minore comporterebbe nella pratica, e alle eventuali conseguenze di qualunque azione del rappresentante;

c)rendersi edotto dell'opinione del minore e portarla a conoscenza dell'autorità giudiziaria.

2.Le Parti esaminano la possibilità di estendere le disposizioni del paragrafo 1 ai detentori delle responsabilità genitoriali.”

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