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Il fine-vita: Le dichiarazioni anticipate di trattamento

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Academic year: 2021

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INDICE

INTRODUZIONE p. 5 RINGRAZIAMENTI p. 8 CAPITOLO PRIMO

LA TUTELA DELLA SALUTE NELLA DIMENSIONE PERSONALISTICA DELLA COSTITUZIONE

p. 9

Par. 1 L’essenzialità della persona nell’ordinamento costituzionale p. 9 Par. 1.1 L’art. 2 Costituzione come fattispecie “chiusa” o “aperta” p. 11

Par. 1.2 La libertà personale p. 14

Par. 2 Il concetto di salute come diritto sociale e come libertà p. 17

Par. 2.1 …e come diritto multilivello p. 18

Par. 2.2 Il diritto alla salute come fattispecie a struttura complessa p. 19 Par. 3 Le dimensioni del diritto alla salute: diritto all’integrità

psico-fisica

p. 22 Par. 3.1 Il diritto alle prestazioni sanitarie: il diritto ad essere curati p. 26 Par. 3.2 Il diritto alla scelta del medico e del luogo di cura p. 32 Par. 3.3 Il principio di autodeterminazione in ordine ai trattamenti

sanitari

p. 33

Par. 3.4 Il diritto a non essere curati p. 36

Par. 3.5 La libertà di scelta della cura: il paziente incapace p. 39

Par. 3.6 Trattamenti sanitari e minorenni p. 44

Par. 4 La salute come interesse della collettività p. 46 Par. 4.1 Interesse della collettività e dovere costituzionale alla salute p. 47

Par. 4.2 I trattamenti sanitari obbligatori p. 50

Par. 4.3 Le vaccinazioni come trattamenti sanitari obbligatori p. 52 Par. 4.4 La legge 210/1992: “indennizzo a favore dei soggetti

danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusione e somministrazione di emoderivati”

p. 55

Par. 5 Il rapporto tra scienza medica e legislatore p. 59 Par. 5.1 “Scienza” e “tecnica”: terminologie in una prospettiva

evolutiva del testo costituzionale

p. 62 CAPITOLO SECONDO IL PRESUPPOSTO DELL’AUTODETERMINAZIONE IL CONSENSO INFORMATO p. 65

Par. 1 L’avvento della tecnologia nel nostro tempo nella relazione medico-paziente

p. 65 Par. 1.1 I profili giuridici del consenso informato p. 68

Par. 1.2 I requisiti del consenso p. 72

Par. 2 Il dissenso del paziente cosciente: il rifiuto alle cure e la richiesta di sospensione delle stesse

p. 75 Par. 2.1 Il caso di Piergiorgio Welby: un diritto costituzionalmente

garantito ma ordinariamente respinto

p. 78 Par. 2.2 La dignità riconosciuta nei confronti del paziente incosciente p. 83 Par. 2.3 Il caso Englaro: una vicenda giudiziaria complessa p. 87 Par. 2.4 La sentenza 21748/2007 della Suprema Corte: il

cambiamento del sentire comune giuridico

p. 91

CAPITOLO TERZO

IL TESTAMENTO BIOLOGICO: DECIDERE ORA PER ALLORA

p. 96

Par. 1 Premessa: le domande da porsi p. 96

Par. 1.1 La dimensione dell’essere dentro il testamento biologico p. 97

Par. 1.2 Il diritto alla vita p. 100

Par. 1.3 Non dimenticarsi del proprio dna p. 102

Par. 1.4 La vita come diritto indisponibile p. 104

Par. 1.5 La qualità della vita p. 107

Par. 2 Il testamento biologico: un contenuto da non confondere p. 109 Par. 2.1 Il testamento biologico come istituto giuridico p. 114

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4

Par. 2.2 L’interpretazione della volontà e la tutela del best interest p. 117 Par. 3 Il Comitato Nazionale della Bioetica: le riserve in merito

alle dichiarazioni anticipate di trattamento

p. 120 Par. 3.1 I limiti e le finalità delle dichiarazioni anticipate di

trattamento

p. 122 Par. 3.2 Le problematiche attinenti alle dichiarazioni anticipate di

trattamento: astrattezza, ambiguità delle direttive

p. 124

Par. 3.3 La mancanza di attualità del consenso p. 126

Par. 3.4 … è da riconoscere un’efficacia vincolante o meramente orientativa?

p. 129 Par. 3.5 Il difficile ruolo del medico: una posizione da dover rivedere p. 133

CAPITOLO QUARTO

L’ATTUALE SITUAZIONE ITALIANA: LE PROPOSTE DELLA XVII LEGISLATURA ED UN CASO GIURISPRUDENZIALE

p. 136

Par. 1 Introduzione p. 136

Par. 2 Punto di partenza: il ddl Calabrò p. 138

Par. 2.1 Alcune proposte della Camera ispirate al ddl Calabrò p. 143 Par. 3 Le premesse della XII Commissione Affari Sociali della

Camera

p. 145 Par. 3.1 Le proposte di legge presentate alla XII Commissione Affari

Sociali della Camera

p. 146 Par. 3.2 Profilo di comparazione in merito alla possibilità di

disattendere le dichiarazioni antipate di trattamento da parte del medico

p. 151

Par. 3.3 Le soluzioni prospettate dalle precedenti proposte di legge a proposito di: programmi di informazione ed istituzione di un registro di testamenti biologici

p. 153

Par. 4 Le proposte avanzate alla XII Commissione Igiene e Sanità al Senato

p. 155

Par. 4.1 La proposta di legge n. 13 Manconi p. 157

Par. 5 Un caso giurisprudenziale di applicazione del testamento biologico

p. 160

CAPITOLO QUINTO

L’INIZIATIVA DEI COMUNI: IL REGISTRO DEL TESTAMENTO BIOLOGICO

p. 165

Par. 1 La Circolare Interministeriale: un “no” ai Comuni p. 165

Par. 1.1 Le lacune della Circolare p. 166

Par. 2 I passi pisani mossi per la promozione del registro del testamento biologico

p. 169 Par. 3 Il testamento biologico adottato: il modello Veronesi p. 171 Par. 3.1 Le modalità di presentazione del testamento biologico p. 172

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5

INTRODUZIONE

La Carta Costituzionale si preoccupa di tutelare la salute del cittadino, riconoscendola come diritto fondamentale all’art. 32, quanto anche come interesse della collettività, in una dimensione di convivenza sociale. Tale dettato costituzionale congiuntamente agli articoli 2 e 13 della Costituzione, dà forma e sostanza al principio di autodeterminazione dell’individuo.

La dimensione individuale dell’uomo si incontra e si scontra con quella collettiva, dove nell’ambito dei trattamenti sanitari, la prima potrà essere sacrificata, tramite legge, in virtù di un bilanciamento di interessi, qualora risulti pericolosa per l’incolumità pubblica. Questo sembra dirsi nel richiamato articolo 32 della Costituzione, ovvero che l’imposizione di un determinato trattamento sanitario sia l’eccezione alla regola fondamentale secondo la quale “nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”.

E’ pacifico che ciascun uomo può invocare la sua volontà per vedersi riconosciuto un intervento curativo della sua persona, all’interno di un rapporto dialettico di alleanza terapeutica con il medico di riferimento. L’insorgere di nuove scoperte scientifiche che hanno fornito all’uomo degli strumenti per modificare geneticamente ed artificialmente la natura umana, questo ha inciso e posto problematiche circa il rifiuto del malato alle terapie di allungamento della vita.

La scelta negativa dell’individuo di non sottoporsi a cure essenziali per la permanenza ed il mantenimento in vita, ove questo non comporti nessun rischio per la società, fa fatica ad affermarsi nel nostro ordinamento.

L’affermazione piena del consenso informato, quale presupposto imprescindibile per la legittimazione a qualsiasi intervento sulla persona, si scontra con la dimensione medica e con le norme di diritto positivo che vietano ogni forma di intervento eutanasico.

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6

E’ sottile la linea tra il lasciar correre una morte naturale ed il provocarne una artificiale. In un contesto, quindi, dove da un lato vi è il riconoscimento della piena centralità della persona e dall’altro è faticoso non limitare l’autodeterminazione del soggetto, è emersa, come risposta, l’esigenza della stillazione delle dichiarazioni anticipate di trattamento, strumento attraverso il quale il soggetto dispone di se stesso nel presente per il futuro. In questo modo viene prestato il proprio consenso o dissenso per continuare ad essere rispettati nella propria dignità di persona in un momento prossimo quando la manifestazione della propria volontà non potrà esternarsi.

Le dichiarazioni anticipate di trattamento che prevedono la possibilità di nomina di un fiduciario, potranno ben essere il mezzo con il quale accompagniamo chi di dovere nella scelta più dolorosa: quella di lasciarci andare via. Tuttavia, tali dichiarazioni, portano con sé notevoli problematiche di applicazione, risolvibili però attraverso un dibattito parlamentare.

Nel diritto vivente tuttavia delle risposte ci sono state. Nell’ambito del sistema normativo il ruolo della magistratura si è fatto traduttore di principi costituzionali e internazionali dettando linee guida sostitutive di una disciplina assente o controversa. Al tempo stesso tuttavia non ha peccato di creazione legislativa, come è stato dichiarato dalla Corte Costituzionale nell’ordinanza n. 334/2008, ma ha applicato un diritto che c’è. In correlato contesto storico e giuridico di riferimento una frase significativa in tal senso è: “Perché Beppino Englaro non se l'è portata a casa e l'ha fatta morire come si fa ordinariamente? Perché ha creduto nello Stato.”1

La problematica del fine-vita è una questione spinosa: questa trattazione ha come obiettivo di soffermarsi sulla centralità della

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7

persona e di come questa possa tradursi all’interno delle dichiarazioni anticipate di trattamento, confrontando i vari modelli proposti.

La trattazione di questo elaborato si suddivide in cinque capitoli: nel primo capitolo viene affrontata la tutela della persona ed il principio di autodeterminazione alla luce dei principi costituzionali di riferimento quali l’art. 2, 13 e 32 della Costituzione. Viene compiuta, in particolare, l’analisi del diritto alla salute, quale diritto fondamentale, nelle sue varie accezioni.

Nel secondo capitolo viene affrontata la parte storica del consenso informato, quale presupposto dell’autodeterminazione, ed in particolare l’evoluzione del rapporto medico-paziente. Inoltre sono riportati i casi di Piergiorgio Welby e di Eluana Englaro.

Il terzo capitolo pone come oggetto di riflessione il testamento biologico: analizzando prima cosa debba intendersi per il “diritto alla vita”, entrando poi nel merito delle dichiarazioni anticipate di trattamento come istituto giuridico e le problematiche ad esse connesse, prendendo di riferimento il parere elaborato dal Comitato Nazionale della Bioetica.

Il quarto capitolo fotografa l’attuale situazione italiana andando a compiere un’analisi comparativa delle varie proposte di legge avanzate sia alla Camera dei Deputati che al Senato della Repubblica. Per ultimo viene riportato un caso giurisprudenziale di applicazione del testamento biologico.

Il quinto capitolo ha per oggetto l’iniziativa dei Comuni per l’istituzione del Registro del testamento biologico, soffermandosi poi,

sul modello di dichiarazioni anticipate adottato dal Comune di Pisa.

(7)

8

Ringrazio la mia relatrice, Angioletta Sperti, per la sua professionalità, disponibilità e comprensione.

Ringrazio chi mi ha ascoltata ed ha avuto con me infinita pazienza.

(8)

9

I

LA TUTELA DELLA SALUTE NELLA DIMENSIONE

PERSONALISTICA DELLA COSTITUZIONE

1

L’essenzialità della persona nell’ordinamento

costituzionale

I principi fondamentali della Costituzione, disciplinati nella Parte Prima relativa ai “Diritti e doveri dei cittadini” (artt. 1-12 Cost.), inquadrano in profondità l’ordinamento costituzionale ed assumono una veste giuridica di “essenzialità”, tale da poter affermare che la struttura organizzativa dei pubblici poteri sia prevalentemente funzionale al loro svolgimento ed alla loro attuazione1.

Nella Costituzione la “persona” assume una posizione di primarietà alla quale vengono riconosciuti e garantiti diritti inviolabili, sia nella sua dimensione individuale sia in quella sociale ove svolge la propria personalità (art. 2); si afferma la centralità del pieno sviluppo della persona umana, a garanzia della quale è posto il dovere in capo alla Repubblica di rimuovere gli “ostacoli di ordine economico e sociale” che di fatto limitano “la libertà e l’uguaglianza fra i cittadini”.

I diritti fondamentali, definiti inviolabili, devono essere riconosciuti ad ogni individuo in quanto tale; a questo proposito, la Consulta, nella sentenza n. 1146 del 1998, ha espressamente rimarcato la loro importanza affermando che “la Costituzione italiana contiene alcuni principi supremi che non possono essere sovvertiti o modificati nel loro contenuto essenziale neppure da leggi di revisione costituzionale o da altre leggi costituzionali. Questi principi, pur non

1

V. D’Onofrio P., 2015, Libertà di cura ed autodeterminazione, Cedam, Padova, p. 1.

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10

essendo espressamente menzionati fra quelli non assoggettabili al procedimento di revisione costituzionale, appartengono all’essenza dei valori supremi sui quali si fonda la Costituzione italiana ed hanno, quindi, una valenza superiore rispetto alle altre norme o leggi di rango costituzionale”2

.

All’interno dei diritti irrinunciabili della persona è opportuno richiamare l’art. 2 della Costituzione che recita “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”. Tale formulazione si fa portatrice della svolta fondamentale di sovversione della precedente visione del rapporto Stato-individuo verso il rispetto del cittadino quale portatore di un patrimonio identificativo ed irretrattabile attorno al quale ruotano diritti e doveri3.

I diritti inviolabili sono, quindi, riconosciuti dalla Repubblica, proprio per sottolineare che il fondamento dei diritti umani trova la sua primaria fonte nell’uomo e nella dignità del suo essere persona4

.

Sempre in riferimento all’art. 2 della Costituzione, merita di essere richiamata la sentenza n. 13 del 1994 dove la Corte Costituzionale sottolinea che, tra i diritti che formano il patrimonio irrinunciabile della persona umana, all’art. 2 è strettamente collegabile il diritto all’identità personale, anche se ciò non è espressamente indicato. La Corte Costituzionale ha così affermato che “[…] è certamente vero che tra i diritti che formano il patrimonio irretrattabile della persona umana l'art. 2 della Costituzione riconosce e garantisce

2 Cit. Corte Costituzionale, sentenza n. 1146 del 1998.

3 Relazione predisposta in occasione dell’incontro della delegazione della Corte Costituzionale con il Tribunale costituzionale della Repubblica di Polonia, “I diritti

fondamentali nella giurisprudenza della Corte Costituzionale”, Varsavia, 30.31

marzo 2006, in www.cortecostituzionale.it.

4 Barbera A., 1975, “Articolo 2”, in Commentario alla Costituzione, a cura di G. Branca, Zanichelli, Bologna.

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11

anche il diritto all'identità personale. Si tratta – come efficacemente è stato osservato – del diritto ad essere sé stesso, inteso come rispetto dell’immagine di partecipe alla vita associata, con le acquisizioni di idee ed esperienze, con le convinzioni ideologiche, religiose, morali e sociali che differenziano, ed al tempo stesso qualificano, l’individuo. L’identità personale costituisce quindi un bene per sé medesima, indipendentemente dalla condizione personale e sociale, dai pregi e dai difetti del soggetto, di guisa che a ciascuno è riconosciuto il diritto a che la sua individualità sia preservata”5.

Da tale pronuncia, si desume che la dignità umana, quale valore strettamente complementare a quello dell’identità personale, ed insieme ad esso, fondante del patto costituzionale, è traducibile nel c.d. principio personalista, volto proprio alla preservazione e alla salvaguardia della medesima6.

La dignità umana quale diritto fondamentale in sé deve essere considerata un “principio-valore” come è ribadito all’art. 1, numero 3 del Trattato di Lisbona, che inserisce nel Trattato sull’Unione Europea un nuovo articolo 1-bis, ai sensi del quale viene specificato che l’Unione si fonda sul “valore del rispetto della dignità umana”: un valore che è l’elemento comune degli Stati membri, in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia e dalla solidarietà7.

1.1 L’art. 2 Costituzione come fattispecie “chiusa” o

“aperta”

Una problematica che oggi è stata superata riguarda la questione se l’art. 2 della Costituzione debba intendersi come disposizione “aperta”, permettendo quindi un’enucleazione di nuovi

5 Cit. Corte costituzionale, sentenza n. 13 del 1994. 6 D’Onofrio P., opera citata, p. 4 ss.

7

Pizzetti F.G., 2008, Alle frontiere della vita: il testamento biologico tra valori

(11)

12

diritti emergenti dai bisogni e dall’evoluzione della coscienza sociale, o se, invece debba considerarsi come “clausola chiusa”, ponendosi quale norma di principio alla quale è possibile solo il rinvio ai successivi diritti indicati dalla Costituzione.

La tesi dell’art. 2 come “clausola chiusa” non esclude, però, in maniera incondizionata che detta disposizione non debba essere vista come un rinvio ai “diritti che la tradizione ha tramandato”, ma che tali diritti formerebbero “oggetto del richiamo di cui all’art. 2 Cost., solamente se ed in quanto, siano stati costituzionalmente positivizzati se ed in quanto, cioè, attraverso una formale previsione in Costituzione, siano entrati a comporre in modo rigido la fisionomia del sistema vigente”8

.

In questo senso, la posizione dell’art. 2, in sede di interpretazione, rappresenterebbe un “principio espansivo dotato di grande forza maieutica, nell’opera di individuazione dei diritti conseguenti a quelli enumerati”9

.

Di fatto, “l’art. 2 non (aggiungerebbe) nuove situazioni soggettive a quelle concretamente previste dalle successive particolari disposizioni, ma (potrebbe) riferirsi anche ad altre potenziali e suscettibili di essere tradotte in (nuove) situazioni giuridiche positive.

L’art. 2 sotto il profilo qui considerato andrebbe inteso perciò come avente la sola – anche se fondamentale – funzione di conferire il crisma dell’inviolabilità ai diritti menzionati in Costituzione: diritti peraltro da identificare […] non solo in quelli dichiaratamente enunciati in Costituzione, ma anche in quelli ad essi conseguenti. Esso sarebbe “ in una parola matrice e garante dei diritti di libertà, non fonte di altri diritti al di là di quelli contenuti in Costituzione”10

.

8 Grossi P., 1972, Introduzione ad uno studio sui diritti inviolabili della Costituzione

Italiana, Cedam, Padova.

9 Baldassare A., 1989, “I diritti inviolabili”, voce Diritti inviolabili in Enciclopedia Giuridica vol. XI, Treccani , cit. p. 20 ss.

10

Barile P., 1984, Diritti dell’uomo e libertà fondamentali, Il Mulino, Bologna, cit. p. 56.

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13

La tesi che vede nell’art. 2 una clausola aperta lo intende, invece, non come un generale diritto di libertà, ma come strumento

ermeneutico idoneo a legittimare sul piano costituzionale

l’enucleazione di nuove fattispecie11

.

Infatti, “una volta abbandonato il campo delle fattispecie giuridiche analitiche, puntualmente espresse dal testo costituzionale, non si può non operare di fatto, […] un rinvio alla Costituzione materiale e ai principi di regime quali assunti dalla coscienza del giudice o dall’interprete”12

.

Detta clausola andrebbe, quindi, in una duplice direzione: tanto verso i c.d. “diritti impliciti”, quanto nei confronti dei c.d. “nuovi diritti”; fermo restando che l’effettività dei diritti sarebbe comunque vincolata al quadro di riferimento espresso in Costituzione13.

L’art. 2 rappresenterebbe la fonte di legittimazione di tali diritti fondamentali e, nonostante la loro nascita avvenga al di fuori della Carta Costituzionale, attraverso questa disposizione essi sarebbero tutelati giuridicamente, diventando diritti in senso giuridico14.

In conclusione, vediamo che dottrina15 e giurisprudenza hanno cercato di superare l’antica concezione di clausola chiusa, vedendo la persona sia come punto di partenza ma anche di arrivo del sistema delle libertà che la Costituzione garantisce, in quanto “la personalità dell’uomo non può essere considerata in una dimensione atemporale, ferma o cristallizzata, perché necessita di essere accolta in tutta la sua capacità di svolgimento e di sviluppo, in una visione a tutto tondo del

11 Mangiameli S., 2006, “Il contributo dell’esperienza costituzionale italiana alla dommatica europea della tutela dei diritti fondamentali”, in www.giurcost.org. 12 Barbera A., art. 2, opera citata.

13 Spadaro A., 1995, “Il problema del fondamento dei diritti fondamentali” in I diritti fondamentali oggi, Atti del V Convegno dell’Associazione italiana dei Costituzionalisti, Milano, p. 235 ss.

14 Ibidem.

15 Baldassarre A., 1997, Diritti della persona e valori costituzionali, Giappichelli, Torino, l’autore aderisce ad un’interpretazione espansiva delle singole libertà; la premessa da cui parte è il riconoscimento di quei “valori che si assumono come ratio giustificatrice dei diritti inviolabili” come connaturati da una “irriducibile trascendenza che fa si che questi ultimi non possono mai esaurire nel loro contenuto le potenzialità insite nel relativo fondamento di valore”.

(13)

14

principio personalista che ponga al centro del sistema la persona nel suo essere attuale e futuro”16

.

Il concetto di persona che emerge dall’art. 2 Cost., sia come singolo sia come membro della società, porta con sé che il totale rispetto della dignità umana deve caratterizzarla in tutte le sue espressioni, tipiche di una società pluralista e democratica17.

Nella prospettiva costituzionale, la solidarietà, che viene intesa come cooperazione nell’affermazione dei diritti fondamentali di tutti gli individui, è aderente al concetto di persona e le formazioni sociali cui fa riferimento l’art. 2 rappresentano i luoghi in cui si traduce e si sviluppa la personalità, posti quindi in una posizione servente e funzionale della persona18.

1.2 La libertà personale

La libertà personale rappresenta il primo dei diritti dotati del carattere della inviolabilità e viene inquadrata nei “diritti dell’uomo” che compongono i valori fondanti della personalità umana.

L’art. 13 della Costituzione, al primo ed al secondo comma sancisce, l’inviolabilità della libertà personale ed oggi viene citato per ricomprendere, nell’alveolo dei nuovi diritti, tutti i beni attinenti alla persona – quali il diritto all’integrità fisica e psichica, alla libertà sessuale, alla vita – abbandonando il tradizionale significato dell’articolo in relazione all’habeas corpus, a tutela del soggetto fisico contro minacce e violenze materiali, per andare incontro ad una visione

16

Pizzetti F.G., opera citata, p. 136.

17 Baldassarre A. , 1997, Diritti della persona e valori costituzionali, Giappichelli, Torino, 1997.

18 Perlingieri P., 1997, Manuale di diritto civile, Ed. Scientifiche Italiane, Napoli, p. 42 ove si legge che “la formazione sociale ha meritevolezza di tutela soltanto se idonea a garantire lo sviluppo di ogni persona che ne faccia parte. Il Pluralismo delle formazioni sociali è un bene se è bene per la persona, non un’alternativa o un valore da preservare anche contro i diritti fondamentali dell’individuo che ne faccia o non ne faccia parte”.

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15

nuova legata all’interiorità personale ed alla libertà morale del soggetto19.

La degradazione giuridica dell’individuo è l’elemento qualificante della restrizione della libertà personale che, secondo l’interpretazione della Corte Costituzionale, si intende come “una menomazione o mortificazione della dignità o del prestigio della persona, tale da poter essere equiparata a quell’assoggettamento all’altrui potere in cui si concreta la violazione del principio dell’habeas corpus”20

.

La Corte ha confermato questa posizione interpretativa in più occasioni. Così ha ribadito: “l’ambito precettivo della norma costituzionale […] non comprende ogni violazione o limitazione della libertà personale, cui può essere sottoposto in vario modo il cittadino nello svolgimento della sua attività, ma soltanto gli atti lesivi di quel diritto che trae la sua denominazione tradizionale dall’habeas corpus inteso come autonomia e disponibilità della propria persona”21

.

Il valore costituzionale dell’inviolabilità della persona deve essere tutelato contro “quella mortificazione della dignità dell’uomo che si verifica in ogni evenienza di assoggettamento fisico all’altrui potere e che è indice sicuro dell’attinenza della misura alla sfera della libertà personale”22

.

L’importanza e la delicatezza della tutela della libertà personale è assistita da tre specifiche garanzie indicate nello stesso articolo: - riserva di legge, in quanto solo il potere legislativo può stabilire i casi e le modalità con cui è possibile limitare tale libertà; - riserva di giurisdizione, solo il giudice è legittimato ad emettere provvedimenti limitativi della libertà; - motivazione dei provvedimenti, i

19 D’Onofrio P., opera citata, p. 12 ss.

20 Corte Costituzionale, sentenza n. 419 del 1994. 21

Corte costituzionale, sentenza n. 23 del 1975. 22

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16

provvedimenti giurisdizionali devono indicare i motivi che hanno spinto il giudice a privare l’individuo della libertà23.

La libertà personale è data dalla sintesi della libertà negativa (libertà da) con la libertà positiva (libertà di) e quindi dal riconoscimento, seppur implicito, del principio di autodeterminazione dell’uomo24

.

La giurisprudenza costituzionale ha guardato ad entrambi i profili della libertà appena espressi: la Corte era stata chiamata ad adoperare un bilanciamento di alcuni valori costituzionali dove, da un lato, pendeva la libertà di autodeterminazione e l’inviolabilità fisica di un dipendente e, dall’altro, il diritto di difesa del datore di lavoro dello stesso che, per confutare le certificazioni mediche presentate dal primo, aveva richiesto un accertamento tecnico preventivo.

La Corte era arrivata ad affermare che la persona e il corpo umano non possono essere equiparati ai luoghi e alle cose e quindi non

rientrano nell’oggetto dell’accertamento tecnico preventivo

disciplinato dall’art 696 c.p.c.25

.

La Consulta, a distanza di quattro anni, è stata investita di nuovo sulla questione di incostituzionalità dell’art. 696 c.p.c., la quale ha riconosciuto un parziale accoglimento dell’illegittimità della norma, andando a favorire l’autonomia del soggetto26.

23

Costituzione esplicata, Ed. De Simone., 2016.

24 Cagli Tordini S., 2008, “Principi di autodeterminazione e consenso dell’avente diritto”, in Seminario giuridico Univ. Di Bologna, Bononia University Press, p. 93. 25

Corte Costituzionale, 30 Gennaio 1986 n 18 , in giur.cost.it., 1986 I, 122-123 con nota di Pace A. “In questa sentenza la Corte viene chiamata a pronunciarsi circa la questione di illegittimità costituzionale dell’art 696 c.p.c. nella parte in cui limita l’accertamento tecnico preventivo alla verifica dello stato dei luoghi e delle cose, escludendo lo stesso mezzo istruttorio, dunque, per la verifica dello stato e delle condizioni della persona umana”.

26 Corte Costituzionale, 22 Ottobre 1990, n. 471, in foro.it., 1991, I, 14 con nota di R. Romboli. “A prima vista sembrerebbe trattarsi di una questione identica alla decisione di cui sopra; in realtà in questa ipotesi ciò che viene in considerazione è la richiesta volontaria dell’istante ad vedersi eseguita un’ispezione giudiziale sul proprio corpo, per provare i danni, a suo dire, subiti a causa di interventi sanitari sbagliati. Non si tratta più del diritto a non subire atti o interventi di terzi contro la sua libertà, ma piuttosto del diritto di ognuno a determinarsi liberamente riguardo a situazioni che investono la sua condizione fisica”.

(16)

17

Nello specifico, veniva censurata quella parte della norma che non ammetteva l’ispezione giudiziale a richiesta dello stesso soggetto detentore del bene integrità fisica, con la finalità di provare le lesioni subite in virtù di interventi sanitari inesatti, affermando l’esistenza di una libertà di autodeterminazione e di disposizione di sé27.

In tale modo, si percepisce, quindi, come venga messo in rilievo dalla Corte un generale potere di autorealizzazione, con riferimento alle vicende personali e alle scelte esistenziali, rimettendo in tal modo all’individuo il “governo” della propria vita.

Il riconoscimento dell’importanza della determinazione consapevole del soggetto ha avuto importanti ricadute in vari settori, primo fra tutti quello dei trattamenti sanitari. Il concetto di “consenso”, pur non sminuendo la posizione del professionista e della sua responsabilità rispetto al bene vita e bene salute dei propri pazienti, punta ad una vera e propria completa valorizzazione della sfera di autodeterminazione del soggetto, dotato di autonomia e razionalità abbandonando quindi la veste di “oggetto” del potere del primo28.

2 Il concetto di salute come diritto sociale e come libertà

Nella Carta Costituzionale il diritto alla salute è disciplinato nella Parte Prima - Diritti e doveri dei cittadini - Titolo II “Rapporti etico-sociali” all’art. 32 il quale recita “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.

Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”29.

27 D’Onofrio P., opera citata.

28 Luciani M., 1998, “La tutela della salute”, in AA.VV. Stato della Costituzione, Neppi Modona G. (a.c.d.) il Saggiatore, Milano, p. 156.

29

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La prospettiva della tutela della salute si articola in due dimensioni: la salute come libertà e come diritto sociale30. I diritti di libertà e i diritti sociali provengono da logiche diverse31 nella visione di Stato e di uomo: nei primi vediamo che lo Stato assume la veste di non ingerenza, e la libertà è garantita dal non-intervento dello Stato. In questo senso, ad esempio, la libertà religiosa (art. 19 Costituzione) è garantita in quanto lo Stato si deve astenere nelle scelte del singolo in materia di religione.

I diritti sociali, invece, hanno una dimensione antitetica: il cittadino chiede allo Stato di intervenire e di garantire una determinata prestazione che può essere, ad esempio, l’assistenza sanitaria oppure l’istruzione.

La logica dei due diritti è diametralmente opposta, e si fonda su due diverse immagini dell’uomo: nei diritti di libertà, abbiamo un uomo adulto che chiede allo Stato di non ostacolarlo, mentre, nei diritti sociali, l’uomo è bisognoso del suo intervento. Nello Stato liberaldemocratico moderno è impossibile tracciare una linea di demarcazione netta tra questi due diritti, ma anzi, esso si fa garante di entrambi i profili, come accade nel diritto alla salute32.

2.1 …e come diritto multilivello

Il diritto alla salute, andando oltre l’ambito nazionale costituzionale, è un diritto multilivello perché è posto a garanzia in altri documenti:

- nei vari documenti o trattati internazionali, (quale la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo all’art 25 comma primo33), alcuni dei

30 Olivetti M., 2005, “Appunti per una mappa concettuale sul diritto alla salute nel sistema costituzionale italiano”, 2004, in Metodologia Didattica e Innovazione

Clinica, Nuova Serie, n. 3, p. 60-67.

31

Grossi P., 1991, I diritti di libertà ad uso di lezioni, Giappichelli, Torino, p. 274 ss. 32 Montuschi L., Vinzenzi Amato D., 1976, “Commento all’art. 32 Cost.”, in Branca (a cura di), Commentario della Costituzione, Zanichelli, Bologna, p. 146 ss.

33

Adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre del 1948, art. 25 comma primo recita “Ogni individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente

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quali danno vita ad organizzazioni internazionali di settori quale Organizzazione Mondiale della Sanità34. Quest’ultima ha dato la definizione di salute quale “stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non come semplice assenza di malattia o di infermità”; - nella Convenzione di Oviedo del 1997 sui “diritti dell’uomo e della biomedicina”;

- nella Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea specificamente agli articoli 335 e 35 il quale recita “Ogni individuo ha il diritto di accedere alla prevenzione sanitaria e di ottenere cure mediche alle condizioni stabilite dalle legislazioni e prassi nazionali. Nella definizione e nell’attuazione di tutte le politiche ed attività dell’Unione è garantito un livello elevato di protezione della salute umana”;

- nella legislazione ordinaria italiana;

- nelle varie fonti di autodisciplina da parte delle categorie interessate, quale ad esempio il Codice di Deontologia Medica.

2.2 Il diritto alla salute come fattispecie a struttura

complessa

La Costituzione qualifica espressamente il diritto alla salute come diritto fondamentale della persona al quale sono ricollegabili situazioni giuridiche diverse; di fatto, la Corte Costituzionale ha

a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all’alimentazione, al vestiario, all’abitazione e alle cure mediche e ai servizi sociali necessari, ed ha diritto alla sicurezza in caso di disoccupazione, malattia, invalidità vedovanza, vecchiaia o in ogni altro caso di perdita dei mezzi di sussistenza per circostanze indipendenti dalla sua volontà”.

34 Organizzazione internazionale che ha suo fondamento nell’art. 57 dello Statuto delle Nazioni Unite. Il suo atto istitutivo venne ratificato in Italia con decreto legislativo n. 1068 del 04.03.1947.

35 Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, art. 3: “Ogni individuo ha diritto alla propria integrità fisica e psichica. 2. Nell’ambito della medicina e della biologia devono essere in particolare rispettati: - il consenso libero e informato della persona interessata, secondo le modalità definite dalla legge; - il divieto di pratiche eugenetiche, in particolare di quelle aventi come scopo la selezione delle persone; - il divieto di fare del corpo umano e delle sue parti in quanto tali una fonte di lucro; - il divieto di clonazione riproduttiva degli esseri umani”.

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affermato che tale diritto si articola in “situazioni giuridiche soggettive diverse in dipendenza della natura e del tipo di prestazione che l’ordinamento costituzionale assicura al bene dell’integrità e dell’equilibrio fisici e psichici della persona umana in relazione ai rapporti giuridici cui in concreto si inerisce”36

.

Nonostante il diritto alla salute rappresenti l’unico diritto espressamente qualificato dalla Costituzione come fondamentale, l’effettiva applicabilità dell’art. 32 ha fatto fatica ad affermarsi dopo l’entrata in vigore della Costituzione.

Le ragioni di tale rallentamento erano dovute dalla difficoltà di considerare un diritto sociale come diritto fondamentale, dato che gran parte della dottrina riteneva che solo i classici diritti di libertà potessero assumere la veste di diritti fondamentali; mentre i diritti sociali si fonderebbero sul valore dell’eguaglianza e, a differenza dei primi, necessiterebbero di interventi da parte del legislatore37.

Inoltre, l’art. 32 era ritenuto come una norma programmatica e, quindi, necessitava di successivi interventi del legislatore per dare a tale disposizione un’effettiva concretezza in termini di strumenti di tutela.

Da non sottovalutare poi che, all’inizio, l’art. 32 era attratto nella visione “assicurativa” rientrante, quindi, nell’ambito di tutela dell’art 38 secondo comma della Costituzione che recita: “I lavoratori hanno diritto a che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria”38

.

Quindi “il diritto alla salute finiva in tal modo per essere ridotto nei limiti di un problema assicurativo”39.

36 Corte Costituzionale, sentenza n. 455 del 1990.

37 Rossi E., Di Carlo A., 2011, “Che cosa intendiamo per “salute”? La prospettiva del costituzionalista”, Elettra Stradella, 2011, Diritto alla salute e alla “vita buona”

nel confine tra il vivere e il morire, Riflessioni interdisciplinari, Plus-Pisa University

Press, Pisa. 38

Costituzione, articolo 38, secondo comma. 39

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21

Il cambio di rotta della visione dell’art. 32 inizia negli anni Settanta. In particolare, sono da menzionare le parole della Corte Costituzionale che, riprendendo quanto già scritto nella Costituzione, ne ha rafforzato la portata in quanto il bene alla salute è tutelato dall’art. 32 “non solo come interesse della collettività, ma anche e soprattutto come diritto fondamentale dell’individuo”.

Esso si configura come “diritto primario ed assoluto, pienamente operante nei rapporti tra privati”40.

La Corte ha poi esteso il contenuto del diritto alla salute, anche con il riconoscimento della stretta dipendenza tra l’art. 9 e l’art. 32 della Costituzione: in questo senso è stato evidenziato il valore della salute insito anche nella tutela della salubrità dell’ambiente, dove l’individuo vive o svolge la propria attività lavorativa, ritenendo, quindi, che “l’ambiente è protetto come elemento determinativo della qualità della vita. La sua protezione non persegue astratte finalità naturalistiche o estetizzanti, ma esprime l’esigenza di un habitat nel quale l’uomo vive ed agisce e che è necessario alla collettività e, per essa, ai cittadini, secondo valori largamente sentiti; è imposta anzitutto da precetti costituzionali (artt. 9 e 32 Cost.) per cui esso assurge a valore primario ed assoluto”41

.

La pluralità della situazioni soggettive definisce la complessità del bene giuridico e, di conseguenza, degli stessi strumenti di garanzia e tutela; per questo il carattere della fondamentalità ricade su ogni profilo che va a comporre nell’insieme il diritto alla salute.

I profili che compongono il diritto alla salute qualificano lo stesso come una “posizione giuridica soggettiva complessa”42 o, meglio, come “nozione di sintesi”43.

40 Corte Costituzionale, sentenza n. 88 del 1979. 41

Corte Costituzionale, sentenza n. 641 del 1987.

42 Pezzini B., 1983, “Il diritto alla salute: profili costituzionali”, in Diritto e società, n. 1, p. 21.

43

Luciani M., 1991, voce Salute, “Il diritto alla salute” in Enciclopedia Giuridica Treccani, vol. XXVII, Roma.

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Le dimensioni del diritto alla salute riguardano, da un lato, la salute intesa come libertà vera e propria mentre, dall’altro lato, i profili di libertà che ineriscono alla relazione medico-paziente ed alla scelta del luogo di cura: è in questo secondo contesto che la tutela della libertà della salute si connota del principio di autodeterminazione del paziente44.

3 Le dimensioni del diritto alla salute: diritto all’integrità

psico-fisica

In primo luogo, il diritto alla salute è tutelato come diritto alla propria integrità psico-fisica trattandosi di un vero e proprio diritto soggettivo che si esplica nella pretesa negativa del soggetto a che terzi si astengano da comportamenti pregiudizievoli per la sua integrità psico-fisica45.

E’ stato sottolineato, infatti, che “il bene protetto dalla norma costituzionale è […] – almeno potenzialmente ed in astratto – già proprio del beneficiario del relativo diritto, e non ha quindi bisogno dell’intervento del legislatore come unica condizione di tutela […]. La norma di cui all’art. 32 va pertanto ritenuta sicuramente applicabile: da essa nascono, in capo ai singoli, diritti soggettivi perfetti aventi ad oggetto il bene salute, direttamente azionabili dinanzi all’autorità giudiziaria”46

.

Si tratta di un diritto soggettivo primario e assoluto, irrinunciabile ed in linea di principio indisponibile; per cui l’atto di disposizione sul proprio corpo è generalmente vietato (art. 5 c.c.47), salva la legittimità qualora vengano rispettati i limiti previsti dallo stesso articolo.

44 Montuschi L.- Vinzenzi Amato D., opera citata, p. 147 ss.

45 Caretti P., 2011, I diritti fondamentali. Libertà e diritti sociali, Giappichelli, Torino.

46 Baldassarre A. 1989, “Diritti sociali”, in Enciclopedia Giuridica, vol. XI, Treccani. 47 Codice Civile, art. 5 recita: “Gli atti di disposizione del proprio corpo sono vietati quando cagionino una diminuzione permanente della integrità fisica, o quando siano altrimenti contrari alla legge, all’ordine pubblico o al buon costume”.

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Il dato rilevante è se si possa parlare di un diritto di libertà e,di conseguenza, di un’autodeterminazione in relazione ad atti commessi da se stessi o da altri sul proprio corpo48.

Tradizionalmente, il bisogno di sottoscrivere l’art. 5 del Codice Civile, che riguarda gli atti di disposizione del proprio corpo, ha tratto origine da una vicenda degli anni ’30 quando un facoltoso signore anziano stipulò un negozio giuridico con uno studente, dal quale acquistava un testicolo, dietro corrispettivo in denaro; l’intervento fu portato a termine ma i medici furono rinviati a giudizio.

“La questione attraversò i due gradi di giudizio ed il terzo di legittimità, ognuno dei quali giunge ad analoga conclusione: assoluzione degli imputati in base alla considerazione che il consenso prestato in quella occasione da un giovane per l’asportazione di una ghiandola sessuale in favore di un anziano signore, ceduto a titolo oneroso, non contrastasse né con la legge dello stato, né con quella di natura o con quella della morale”49.

Nell’art. 5 è rinvenibile, quindi, un riconoscimento del diritto all’integrità fisica e del diritto alla disponibilità del proprio corpo ma, entro quale limite è lecita la diminuzione del proprio corpo?

Importante da precisare è che “non tutte le menomazioni fisiche possono comportare altrettanti menomazioni della salute, ma anzi, spesso, la diminuzione di quella integrità si pone come condizione necessaria per il recupero della salute stessa”50.

Con espressa deroga alla disposizione codicistica finora analizzata, e con adesione ad ultimo orientamento, è la legge 26 giugno 1967 n. 45851 che ha riconosciuto la liceità del trapianto di rene tra persone viventi a titolo gratuito.

48 D’Onofrio P., opera citata, pag. 26. 49

Si veda Cass, 31 Gennaio, 1934, in foro.it., 1934, II, 303. Sui contenuti in sintesi, Romboli R., art. 5 c.c., cit. 227.

50 Cit. D’Onofrio P., opera citata, pag. 28. 51

Legge 26 giugno 1967, n. 458, Trapianto di rene tra persone viventi, in G.U. n.160 del 27-6-1967.

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Tuttavia, la portata lecita di tale intervento è sottoposta ad un complesso procedimento e, inoltre, il legislatore ha tenuto di conto della dignità del donante e dell’attualità del consenso, validamente revocabile fino al momento dell’intervento chirurgico.

Un’applicazione di notevole rilievo del diritto all’integrità psico-fisica è il risarcimento del danno biologico, che la Corte Costituzionale ritiene costituzionalmente tutelato52. Nella sentenza n. 184 del 1986 il diritto al risarcimento è fondato non sull’art. 2059 (come era stato posto nella sentenza della Corte Costituzionale n. 88/1979), ma sull’articolo 2043 del Codice Civile, dove questa disposizione, ritenuta come una norma “in bianco”, doveva essere riempita di contenuto in virtù dell’art. 32 della Costituzione53.

Secondo la Corte Costituzionale è “l’ingiustizia (lesione del diritto alla salute) insita nel fatto menomativo dell’integrità bio-psichica, il fondamento giuridico del risarcimento del danno biologico ed eventualmente, ove esistano, anche di altre conseguenze dannose. Non è, l’esistenza, in concreto, di conseguenze dannose (quali che siano) a costituire il fondamento dell’ingiustizia del fatto illecito e, pertanto, anche della menomazione bio-psichica. In tanto le ulteriori (oltre l’evento) conseguenze dannose sono rilevanti e risarcibili in quanto, prima, già esiste un’ingiustizia dell’illecito (determinata dalla violazione della norma primaria desunta dal combinato disposto degli artt. 32 Cost. e 2043 codice civile) ed una lesione, presunta, del bene-giuridico salute”54

.

In tale sentenza, la Corte ha messo in rilievo la distinzione tra danno biologico e danno morale soggettivo, in riferimento alla causa della menomazione dell’integrità bio-psichica: mentre il danno biologico costituisce l’evento del fatto lesivo della salute, il danno

52

Corte Costituzionale, sentenza n. 184/1986.

53 Minni F., Morrone A., 2013, “Il diritto alla salute nella giurisprudenza della Corte Costituzionale italiana”, in Rivista n. 3, in www.associazioneitalianadeicostituzionalisti.it

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morale soggettivo, come tra l’altro anche il danno patrimoniale, fanno parte della categoria in senso stretto del “danno-conseguenza”55.

La risarcibilità del danno biologico trovava il suo fondamento nell’art. 2043 Codice Civile che, in combinato disposto con l’art. 32 della Costituzione, doveva essere esteso fino ad accogliere al suo interno non solo i danni patrimoniali in senso stretto, ma tutti i danni che si pongono come ostacoli alle attività realizzatrici della persona umana56.

Successivamente è stato di nuovo preso come punto di riferimento l’art. 2059 del Codice Civile dove è riconosciuto il danno non patrimoniale risarcibile ex articolo 2059 c.c. “sia il danno morale soggettivo, inteso come transeunte turbamento dello stato d’animo della vittima; sia il danno biologico in senso stretto, inteso come lesione dell’interesse, costituzionalmente garantito, all’integrità psichica e fisica della persona, conseguente ad un accertamento medico (art. 32 Costituzione); sia infine il danno derivante dalla lesione di (altri) interessi di rango costituzionale inerenti alla persona”57.

La giurisprudenza ha poi concluso che, in virtù di una lettura costituzionalmente orientata all’art. 2059 c.c., la risarcibilità del danno non patrimoniale deve essere rinvenibile in tutti i casi di “lesione di diritti inviolabili della persona riconosciuti dalla Costituzione” 58.

La Cassazione ritiene che “il rinvio ai casi in cui la legge consente la riparazione del danno non patrimoniale ben può essere riferito, dopo l’entrata in vigore della Costituzione, anche alle previsioni della legge fondamentale, atteso che il riconoscimento nella Costituzione dei diritti inviolabili inerenti alla persona non aventi natura economica implicitamente, ma necessariamente, ne esige la

55

Caretti P., opera citata.

56 Cfr. Corte Costituzionale, sentenze n. 356/1991, 485/1991.

57 Così Corte Costituzionale, sentenza n. 233/2003 , con nota di Ferri, G. Cost., 2003, 1990 ss.

58

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26

tutela, ed in tal modo configura un caso determinato dalla legge, al massimo livello, di riparazione del danno non patrimoniale”59.

La Suprema Corte, inoltre, afferma che “la tutela non è ristretta ai casi di diritti inviolabili della persona espressamente riconosciuti dalla Costituzione nel presente momento storico, ma, in virtù dell’apertura dell’art. 2 Cost. ad un processo evolutivo, deve ritenersi consentito all’interprete rinvenire nel complessivo sistema costituzionale indici che siano idonei a valutare se nuovi interessi emersi nella realtà sociale siano, non genericamente rilevanti per l’ordinamento, ma di rango costituzionale attenendo a posizioni individuali della persona umana”60

.

Collegato, in fine, all’integrità psico-fisica, è il riconoscimento e la tutela del “diritto all’ambiente salubre”, dove la giurisprudenza costituzionale, nel corso degli anni, ha riconosciuto all’individuo il “diritto alla salubrità dell’ambiente di vita”, come prolungamento del diritto alla salute dello stesso; inoltre, nella sentenza n. 2010 del 1987, la Corte si esprime in termini di “finalità di protezione dei valori primari (artt. 9 e 32 della Costituzione)”. In definitiva, l’integrità psico-fisica, rientrante nella protezione del diritto alla salute, comprende la pretesa dell’individuo a condizioni di vita, di ambiente e di lavoro che non pongano a rischio tale bene fondamentale61.

3.1 Il diritto alle prestazioni sanitarie: il diritto ad essere

curati

Per quanto attiene al profilo del diritto alla salute come diritto ad essere curati, esso trova riconoscimento diretto nell’art. 32 comma primo, nelle parti in cui riconosce la salute come fondamentale diritto dell’individuo e impegna la Repubblica a garantire cure gratuite agli indigenti.

59 Cass, 31 maggio 2003, nn. 8827 e 8828. 60

Così Cass., sez. uni., n. 26972/2008. 61

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Tutti i soggetti pubblici che compongono la Repubblica, quindi dallo Stato, alle Regioni, alle Province, ai Comuni, rendono effettivo questo diritto attraverso interventi diretti con apposite strutture assistenziali, sia indiretti, permettendo a soggetti privati di svolgere la medesima funzione mediante la predisposizione di strumenti idonei.

L’impegno della parte pubblica si concretizza nell’obbligo di garantire le condizioni minime di salute e di benessere psicofisico dell’individuo, a prescindere dalle condizioni economiche dello stesso62.

La realizzazione di tale impegno ha trovato piena attuazione con l’istituzione del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) con la legge n. 833/1978, la quale si ispirava ai principi di globalità delle prestazioni, universalità dei destinatari e uguaglianza di trattamento, orientando il sistema a coprire le prestazioni sanitarie prevalentemente con denaro pubblico63.

Tale percorso, caratterizzato dalla totale copertura dei costi e spese sanitarie da parte dello Stato, negli anni Novanta ha subito un mutamento a causa della lievitazione dei costi finanziari. Infatti la riduzione graduale delle cure poste totalmente a carico dello Stato, ha causato una crescente compartecipazione del beneficiario alla spesa pubblica64.

In questa prospettiva si colloca anche la giurisprudenza della Corte Costituzionale che, nella sentenza n. 992/1988, aveva dichiarato il diritto alla salute, inteso come diritto alle prestazioni da parte del Servizio sanitario nazionale, come un “diritto primario e fondamentale che […] impone piena ed esaustiva tutela”65

. Nella giurisprudenza più recente la Corte Costituzionale afferma che il diritto ad ottenere i

62 Caretti P., opera citata, pag. 522.

63 Legge n. 833/1978 art. 1 specifica come il Sistema Sanitario Nazionale debba essere improntato ai principi delle globalità delle prestazioni, dell’universalità dei destinatari e dell’uguaglianza del trattamento.

64 Il riordino della sanità è avvenuto attraverso: la l. 421/1992; d. lsg. 502/1993 ( in seguito modificato dal d. lsg. 517/1992; d.lsg, 229/199.

65

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28

trattamenti sanitari necessari per la salute è garantito ad ogni individuo, tuttavia trattandosi di un diritto di prestazioni positive, il diritto alle cure risulta essere condizionato dall’attuazione del legislatore, attraverso l’opera di bilanciamento dell’interesse tutelato con gli altri interessi costituzionalmente protetti66.

In tal senso, la Corte Costituzionale ha precisato che, nonostante il diritto alla salute debba essere sottoposto alla determinazione degli strumenti, dei tempi e dei modi attuativi da parte del legislatore ordinario, ciò non “implica certo una degradazione della tutela primaria assicurata dalla Costituzione ad una puramente

legislativa, ma comporta che l’attuazione della tutela,

costituzionalmente obbligatoria, di un determinato bene (la salute) avvenga gradualmente a seguito di un ragionevole bilanciamento con altri interessi o beni che godono di pari tutela costituzionale e con la possibilità reale e obiettiva di disporre delle risorse necessarie per la medesima attuazione”67

.

Proseguendo su questa stessa posizione la Corte, ha precisato negli anni successivi che il diritto a trattamenti sanitari “è garantito a ogni persona come un diritto costituzionalmente condizionato dall’attuazione che il legislatore ordinario ne dà attraverso il bilanciamento dell’interesse tutelato da quel diritto con gli altri interessi costituzionalmente protetti, tenuto conto dei limiti oggettivi che lo stesso legislatore incontra nella sua opera di attuazione in relazione alle risorse organizzative e finanziarie di cui dispone al

momento”68

.

Pur consapevole dell’impegno economico che comportano i diritti a prestazioni positive e che il legislatore, nell’opera di bilanciamento deve tener di conto delle risorse organizzative e finanziarie disponibili, la Corte precisa che, in ogni caso, esiste un

66 Minni F. e Morrone A., opera citata. 67

Corte Costituzionale, sentenza n. 455/1990. 68

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limite incavalcabile che nemmeno le scelte di contenimento della spesa pubblica possono superare69. Così, nella sentenza n. 304/1994, la Corte afferma che il legislatore non può non tener di conto delle esigenze finanziarie per dare attuazione al diritto dei trattamenti sanitari ma, nonostante questo, “nel bilanciamento dei valori costituzionali operato dal legislatore, avessero un peso assolutamente preponderante, tale da comprimere il nucleo essenziale del diritto alla salute connesso all’inviolabile dignità della persona umana, ci si troverebbe di fronte ad un esercizio macroscopicamente irragionevole della discrezionalità legislativa”70

.

Concetti come “nucleo irriducibile” o “contenuto minimo” del diritto alla salute pongono problematiche in ordine all’affermazioni di processi interpretativi. Il ruolo delle disponibilità finanziarie finisce per avere un posto predominante nella concretizzazione del diritto alla salute ma, in tale contesto, l’individuazione di un nucleo minimo del diritto alla salute ha una “sorta di precedenza” nella scelta dell’allocazione delle risorse finanziarie71

.

La Costituzione prevede un elenco dettagliato di diritti i quali, nei momenti di “emergenza economica”, possono venire legittimamente affermati con minor forza.

La Corte Costituzionale, nella giurisprudenza degli anni Novanta, come già detto precedentemente, ha tenuto conto dell’esigenza di prendere in considerazione i vincoli economici nella garanzia dei diritti, riconoscendo che l’erogazione delle prestazioni potesse limitarsi alla sola realizzazione del nucleo essenziale72.

Questa, però, non è una regola di carattere permanente adottata dal giudice costituzionale il quale ha chiarito che la crisi finanziaria

69 Corte Costituzionale, sentenza n. 304/1994.

70 Corte Costituzionale, sentenza n. 304/1994. Cfr. sentenze nn. 185/1998, 309/1999, 509/2000, 432/2005, 354/2008 e 94/2009.

71 Vedi Caretti P., opera citata, pag. 523.

72 Ciolli I., 2012, “I diritti sociali”, in Il diritto costituzionale alla prova della crisi

economica, Atti del Covegno di Roma, 26-27 aprile 2012, a cura di Francesca

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non può essere la chiave di legittimità a derogare alle norme costituzionali di riparto delle competenze legislative tra Stato e Regioni e, di conseguenza, a permettere allo Stato di legiferare in ogni materia73.

Negli anni più recenti, lo stato di emergenza è diventato sinonimo di una situazione di mancanza di risorse economiche, legittimando così la contrazione delle prestazioni di servizi e della tutela dei diritti a prestazione. Il ragionamento di fondo è che si sia “costretti” a valutare tutele e prestazioni dei diritti in base della loro sostenibilità economica74.

Il concetto di livello essenziale delle prestazioni sanitarie è stato ripreso e costituzionalizzato dalla legge costituzionale n. 3/2001 di riforma del titolo V della Costituzione75.

Il quadro costituzionale delinea, quindi, un modello uniforme di tutela della salute su tutto il territorio nazionale cui possono sostanziarsi degli elementi di differenziazione tra le varie Regioni a seconda delle risorse finanziarie disponibili, al di là di un livello minimo uguale per tutti di tutela del diritto alla salute come diritto a ricevere determinate prestazioni sanitarie76.

“Gli strumenti dell’uguale esercizio dei diritti costituzionali sono i livelli essenziali delle prestazioni ed il connesso regime del loro finanziamento. Questi sono la cifra costituzionale dell’uguaglianza nella determinazione dei tratti prestazionali del diritto alla salute e sono il prodotto di precise scelte legislative, assunte nel quadro di un

73 Così, Corte Costituzionale, sentenze n. 148/2012; n. 151/2012.

74 Spadaro A., 2011, “I diritti sociali di fronte alla crisi”, in Rivista dell’A.I.C., fasc. IV, www.rivistaaic.it.

75

La riforma costituzionale del 2001 inserisce tra le competenze legislative esclusive statali la “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale” art. 117 Costituzione , comma 2, lettera m; ed introduce nelle materia di legislazione concorrente tra Stato e Regioni la tutela della salute.

76 Cavasino E., 2012, “Perché costruire il diritto alla salute come “diritto a prestazione” rende le forme normative dell’uguaglianza dipendenti dal limite economico- finanziario e ridimensiona l’effetto garantistico del “contenuto minimo essenziale”, in www.gruppodipisa.it.

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dato modello di servizio sanitario: un servizio pubblico universale, che nel tempo ha sviluppato moduli di apertura all’apporto dei privati e l’allocazione delle competenze e delle responsabilità organizzative e gestione sull’Ente regione”77

.

I livelli essenziali delle prestazioni di cui art. 117 Costituzione comma secondo lettera m) sono, in materia di tutela della salute, i livelli essenziali di assistenza sanitaria78.

I livelli essenziali di assistenza sanitaria (LEA) sono stati definiti come “contenuto necessario e sufficiente dell’obbligo di servizio pubblico posto dall’ordinamento a carico di ciascuna regione nel proprio ambito territoriale, nei confronti dei destinatari del servizio”79

.

I livelli essenziali delle prestazioni (LEP) assumono una particolare posizione nei confronti del limite della discrezionalità del legislatore rispetto al contenuto essenziale del diritto alla salute.

La dottrina successiva all’entrata in vigore della l. n. 3/2001 ha posto in evidenza la relazione tra i livelli essenziali delle prestazioni ed il contenuto necessario e minimo di tutela al diritto alla salute: in particolare i primi sono stati considerati come la forma normativa dell’uguaglianza mentre il secondo rappresenta lo strumento di controllo alla discrezionalità del legislatore a proposito della garanzia dei diritti costituzionali80.

I tratti caratterizzanti il modello italiano di tutela alla salute, strutturato sui principi di eteronomia e uguaglianza, sono: “la

regionalizzazione di diversi oggetti per quanto riguarda

l’organizzazione del servizio; la collocazione statale della definizione

dei contenuti del diritto e della disciplina di principio

77 Ibidem, cit. pg. 8.

78 Tale categoria è stata introdotta con la l. 833/1978 e dalle successive riforme sanitarie in particolare art. 1 d.lsg. 502/ 1992 e prima e dopo le modifiche apportate dal d.lsg. n. 229/1999.

79 Così Aicardi N., 2003, “La sanità”, in Cassese S. (a.c.d.), Trattato di diritto

amministrativo. Diritto amministrativo speciale, Tomo I, II ed., Giuffré, Milano, 657.

80

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32

dell’organizzazione dei servizi per la salute; la leale collaborazione nella definizione dei meccanismi dei LEP e della relativa provvista finanziaria, il monitoraggio ed il controllo delle scelte da parte dell’Esecutivo statale nella negoziazione con i governi regionali”81

.

3.2 Il diritto alla scelta del medico e del luogo di cura

Nel diritto a ricevere le cure e nel diritto di libera scelta terapeutica rientra anche il diritto alla scelta del medico di fiducia e del presidio di cura, entro però quelle che sono le limitazioni strutturali dell’organizzazione sanitaria.

La limitatezza delle risorse finanziarie da destinare agli interventi di carattere assistenziale e sociale nel settore sanitario inquadrano tale diritto, come già detto, come un “diritto finanziariamente condizionato”; così la giurisprudenza costituzionale ha ribadito nella sentenza n. 248/2011 ciò che era stato già confermato in precedenza: “la liberà di scegliere da parte dell’assistito, chi chiamare a fornire le prestazioni sanitarie non comporta affatto una libertà sull’an e sull’esigenza delle prestazioni, in quanto resta confermato il principio fondamentale che l’erogazione delle prestazioni soggette a scelta dell’assistito è subordinata a formale prescrizione a cura del Servizio sanitario nazionale”82

, precisando che “l’esigenza di salvaguardare il diritto alla scelta del medico e del luogo di cura deve essere contemperata con gli altri interessi costituzionalmente protetti”83

.

La scelta del luogo di cura è chiaramente indicata come priva di carattere assoluto, dovendo essere bilanciata con altri valori costituzionali in riferimento costante delle risorse finanziarie disponibili. Nella specie è stata dichiarata illegittima la disciplina della Regione Puglia che riconosceva, in capo alle Aziende Sanitarie Locali,

81 Cavasino E., opera citata, cit. pag. 12. 82

Corte Costituzionale, sentenza n. 267/1998. 83

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la possibilità di stipulare accordi contrattuali relativamente a prestazioni riabilitative domiciliari, esclusivamente con gli operatori situati nella stessa regione, ponendo divieto assoluto di stipula con operatori extraregionali84.

La Corte ha puntualizzato che “non ottiene necessariamente un risparmio di spesa; anzi, potrebbe tradursi persino in una diseconomia, nel caso in cui le tariffe praticate dai servizi sanitari di altre Regioni siano inferiori a quelle pugliesi”85. Inoltre, precisa la Corte, detta disciplina discrimina i disabili più gravi rispetto a coloro che hanno una capacità di mobilità che gli consente di ricevere cure in ambulatorio con relativo “pregiudizio anche della continuità nelle cure e nell’assistenza che costituisce un profilo del diritto alla salute ugualmente riconosciuto dalla giurisprudenza costituzionale (sentenze n. 19/2009 e n.158 del 2007)- specie per i pazienti che da tempo sono presi in carico da strutture ubicate al di fuori della Regione Puglia, con le quali non risulta più possibile concludere accordi contrattuali”86.

3.3 Il principio di autodeterminazione in ordine ai

trattamenti sanitari

Con il processo continuo di valorizzazione della persona è cresciuto di pari passo il principio di autodeterminazione in ordine ai trattamenti sanitari.

La rilevanza della persona è rinvenibile nel nostro apparato costituzionale agli articoli richiamati precedentemente (art. 2 e 13 della Cost.) ma anche all’art. 32 della Costituzione il quale recita “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario

84 Minni F. e Morrone A., opera citata. 85

Corte costituzionale, sentenza n. 236/2012. 86

(33)

34

se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”87.

Con tale scelta di formulazione il costituente ha evidenziato lo scherma di valori su cui lo stesso si orienta: dal principio personalista, all’inviolabilità della libertà personale, dal rispetto della dignità umana alla capacità dell’individuo di autodeterminarsi rispettivamente alla propria dimensione esistenziale88.

La salute è inquadrabile all’interno del quadro dei diritti fondamentali della persona, in quanto “la salute diviene apprezzabile sulla base di una valutazione soggettiva riferita all’intera esperienza vissuta dal paziente”89

, dove la libera scelta del paziente se curarsi o meno deve essere rispettata da parte del medico.

Ma la domanda da porsi è: fino a quale punto e con quale modalità l’autonomia del medico deve ritenersi vincolata dalla volontà del paziente?

Vediamo, intanto, che già all’interno della Costituzione si assiste al passaggio da una visione paternalistica del rapporto medico-paziente, dove il secondo era destinatario delle scelte terapeutiche assunte in modo unilaterale dal primo, ad una concezione personalistica di autonomia ed alleanza terapeutica medico-malato, dove è riservato a quest’ultimo la scelta se sottoporsi ad una terapia o meno sulla base di un “bilanciamento fondato su valutazioni religiose, esistenziale ed etiche intimamente legato al suo modo di essere”90 nel processo di decisione medica91.

87 Costituzione, art. 32.

88 Spadaro A., Vallini A., 2003, “ Il rifiuto di cure “ non confermabile” dal paziente alla luce della Convenzione di Oviedo sui diritti umani e la biomedicina”, in Diritto

Pubblico, fasc. 1, p. 193.

89 Ferrando G., “Diritto alla vita”, 2007, in AA.VV., I rapporti civilistici

nell’interpretazione della Corte costituzionale, Atti del II Convegno nazionale della

Società Italiana degli Studiosi del Diritto Civile, II, Rapporti civili. Rapporti etico-sociali, Esi, Napoli, p. 350-351.

90 Montanari Vergallo G., 2008, Il rapporto medico-paziente, Giuffrè, Milano, p. 14-15.

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