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La dimensione dell’essere dentro il testamento biologico

1 Premessa: le domande da pors

1.1 La dimensione dell’essere dentro il testamento biologico

Le direttive anticipate di trattamento rappresentano un valido strumento volto a dare spirito e corpo al principio di autodeterminazione del soggetto, il quale, pur versando in stato di incapacità, avrà la sicurezza che saranno rispettate le proprie volontà in merito ai trattamenti sanitari.

La persona quindi ha la facoltà di decidere in anticipo a quali trattamenti sottoporsi nel caso in cui versi in uno stato di incapacità e di “non restare prigioniera dei macchinari artificiali, quasi resa oggetto e non più pieno soggetto rispetto ad una sopravvivenza artificialmente sostenuta dalle terapie intensive con scarse o nulle possibilità di ripresa, la quale non corrisponde affatto alla sua concezione della dignità del vivere frutto della sua personale identità”5

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Il testamento biologico si inserisce nei contesti più drammatici dell’esistenza dell’uomo perché riguarda i problemi del fine-vita che si sono venuti a creare grazie alla scoperta e alla realizzazione di tecniche sanitarie sempre più complesse, sia grazie alla scoperta di nuovi farmaci e all’elaborazione di macchinari tecnologicamente avanzati che, “hanno reso sempre più mobili le frontiere della vita e della morte”6

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Allo stato attuale, non esiste una legislazione che consenta di dar voce alle volontà dell’individuo mediante le dichiarazioni

4 Nota n. 2, pag. 18.

5 Così Pizzetti F.G., 2008, Alle frontiere della vita: il testamento biologico tra valori

costituzionali e promozione della persona, Giuffrè, Milano, p. 375

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anticipate di trattamento; sono stati presentati numerosi progetti di legge in Parlamento e, nonostante sia fortemente sentita l’esigenza di una disciplina ad hoc, non è stato ancora preso alcun indirizzo netto.

Non entrando nel merito delle prese di posizione dettate da convinzioni religiose, le ragioni di “resistenza” degli operatori del sistema verso le direttive anticipate di trattamento sono da individuarsi, da una parte, nella posizione di coloro che riducono le scelte del paziente ad un ruolo marginale, mettendo in luce i limiti del consenso che non consentono di applicarlo in maniera universale e valido per tutti. In quest’ottica, però, le scelte riguardanti i trattamenti terapeutici e di assistenza sarebbero da qualificarsi come “monopolio dell’altro protagonista, il medico, che si vede così riconosciuto, di diritto o anche solo di fatto, un potere decisionale amplissimo”7

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Da un altro lato, è stato ritenuto che risulta difficoltoso accogliere le volontà del paziente rispetto ad alcune situazioni particolarmente delicate dove emergono conflitti tra valori costituzionali; tale condizione si verificherebbe tutte le volte in cui il paziente rifiuti trattamenti salva-vita o, in caso opposto, tutte le volte in cui lo stesso richiedesse ai medici trattamenti non ritenuti opportuni dal personale sanitario8.

Il diritto alla piena autodeterminazione terapeutica, da intendersi come possibilità di accettare o rifiutare le cure ed i trattamenti, trova un solido riscontro nel diritto vigente in fonti internazionali, fonti di soft law e nel dettato costituzionale, in particolare attraverso una lettura congiunta del diritto alla salute, del

7 Cfr. Santosuosso A., 1995, “Valutazione medica e autonomia del paziente: accanimento terapeutico e eutanasia”, in Barni M., Santosuosso A. (a.c.d.), Medicina

e diritto: prospettive e responsabilità della professione medica oggi, Giuffré, Milano,

167.

8 La questione maggiormente discussa è la mancanza dell’attualità del consenso nelle dichiarazioni anticipate di trattamento. Per la sua analisi si rimanda al paragrafo 3.3 del medesimo capitolo.

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diritto alla libertà personale e alla tutela dell’identità e dell’integrità sul proprio corpo9.

Il diritto alla salute e alla libertà personale sono previsti all’interno della nostra Carta Costituzionale rispettivamente agli articoli 32 e 13 e rappresentano diritti fondamentali dell’individuo, inteso come persona cui devono essere riconosciuti, previo lo snaturamento della concezione di soggetto accolta nel nostro ordinamento.

Non sempre però tali diritti vengono intesi nella loro reale portata, e, di conseguenza, si verifica una penalizzazione del soggetto che chiede una piena ed esaustiva tutela del principio di autodeterminazione.

La concezione di salute, di cui non ne è stata data una definizione dal Costituente, “esige un contenuto adeguato all’idea di persona come unità di tutti quegli aspetti che il pensiero, il suo ragionare per distinzioni ed opposti, osserva e cataloga come componenti della persona; in particolare corpo e psiche”10.

L’unità corpo-mente funge da traghetto per allontanarsi dall’idea precedente di concetto della salute oggettivamente inteso: la componente mentale della salute apre il concetto agli “aspetti interiori della vita sentiti e vissuti dal soggetto”11; bisogna intendere quegli eventi che non sono osservabili dall’occhio esterno, ma che possono essere compresi e venire alla luce solo attraverso la dialettica tra le due parti del rapporto terapeutico.

Se, invece, dovessimo guardare la relazione persona-corpo con uno sguardo puramente oggettivo vi sarebbe un irrimediabile

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Cfr. Azzalini M., 2011, “Le disposizione anticipate del paziente: prospettiva civilistica”, Rodotà S. Zatti P., in Trattato Bio-Diritto, Rodotà S. Zatti P. Canestrari S. Ferrando G. Mazzoni C.M. (a.c.d.), “Il governo del corpo” Giuffré, Milano, Tomo II, p. 1935.

10

Cit. Zatti P., 2000, “Il diritto di scegliere la propria salute”, in Nuova giur. civ.

comm., II, p.1 .

11 Gadamer H.G., 1994, Dove si nasconde la salute, tr. it. di M. Donati e M.E. Ponzo, intr. Di A. Grieco e V. Lingiardi, Cortina Raffaello, Collana Scienze e idee, Milano, spec. pag. 28 ss, 103 ss, 120 ss e 135 ss.

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riduzionismo del rispetto della persona: si arriverebbe a portare ai minimi termini, quasi a non porsi nemmeno il problema, il rifiuto di cure per il paziente affetto da stato vegetativo permanente; dato che il destino del corpo, in totale assenza dell’io, sarebbe manipolato dalle mani altrui, senza alcun vincolo o dovere di rispetto, verso quell’identità perduta del corpo12

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La vita, la coscienza di una persona è ciò che la rende differente, speciale, unica sotto il profilo delle dinamiche sociali: è qui che emerge il vero “io”; se si aderisce alla concezione di chi nega la piena portata del diritto all’autodeterminazione, quale libera scelta in merito ai trattamenti sanitari esercitabile tramite le dichiarazioni anticipate di trattamento, l’essere inteso come uomo, sarebbe privato della possibilità di decidere la fase finale della propria vita, propriamente detta morte, secondo il proprio universo valoriale13.