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L'influenza di Oscar Wilde in Spagna

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Academic year: 2021

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(1)

UNIVERSITÁ DEGLI STUDI DI PISA

DIPARTIMENTO DI FILOLOGIA, LETTERATURA E

LINGUISTICA

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN

LINGUE E LETTERATURE MODERNE

EUROAMERICANE

Tesi di Laurea

L’INFLUENZA DI OSCAR WILDE IN SPAGNA

Candidata:

Relatrice:

Daria Panicucci

Prof.ssa Daniela Pierucci

(2)

Alla mia preziosa famiglia,

(3)

INDICE

INTRODUZIONE

1

CAPITOLO 1 IL DANDY

3

1.1 Il contesto storico di riferimento

3

1.2 Il Dandy

4

1.3 Il Dandy in Inghilterra

12

1.4 Il Dandy in Francia

19

1.5 Vita e opere dell’artista

22

CAPITOLO 2 OSCAR WILDE IN SPAGNA

35

2.1 I primi contatti

35

2.2 La critica di Max Nordau

43

CAPITOLO 3 OSCAR WILDE NELLA POESIA: TRADUZIONI

49

3.1 L’influenza di Wilde a Madrid

49

3.2 L’influenza di Wilde a Barcellona

53

CAPITOLO 4 L’INFLUENZA DI WILDE NELLA PROSA

62

4.1 Rafael Cansinos Assens: promotore wildiano

62

4.2 Miguel de Unamuno e Manuel Machado

65

4.3 Ramón Pérez de Ayala

71

CAPITOLO 5 LA TRADUZIONE DI SALOMÉ

93

(4)

5.2 Salomè

95

5.3 Rubén Darío

107

5.4 Cantos de vida y esperanza

109

CONCLUSIONI

117

BIBLIOGRAFIA

120

(5)

1

INTRODUZIONE

Oscar Fingal O'Flaherty Wills Wilde è uno dei più grandi esponenti del panorama letterario internazionale; attraverso la sua ampia produzione che spazia dal teatro, alla poesia, nonché alla stesura di romanzi e saggi, la figura dell’eclettico scrittore irlandese ha lasciato un segno tangibile nella storia della letteratura.

Fonte di ispirazione letteraria per numerosi scrittori novecenteschi, l’opera di Wilde ha avuto una significativa risonanza mondiale, riscuotendo un grande successo anche all’interno della letteratura spagnola.

La presente tesi di laurea si pone l’obiettivo di analizzare l’influenza letteraria che Oscar Wilde ha avuto in Spagna e si presenta suddivisa in cinque parti.

Il primo capitolo ha una funzione introduttiva e presenta il contesto storico e sociale durante il quale si sviluppa il movimento culturale e di costume del dandismo.

Il XIX secolo rappresenta un momento di cambiamento nella società, nella letteratura e nell’arte; con l’avvento dell’industrializzazione, la natura non è più apprezzata per la sua semplicità, essa è oggetto di contaminazione, tutto diviene merce di scambio. Per l’artista ciò è motivo di insoddisfazione e di crisi, egli si fa portavoce di un malcontento sociale che incombe e che solo l’arte e la bellezza riescono a interrompere: è solo nell’Arte che l’esteta riesce a trovare un modo per distogliere lo sguardo dal mondo corrotto dai valori monetari borghesi.

Lo stravagante modo di vestire e l’ostentata eccentricità del suo stile di vita fanno di Oscar Wilde uno tra i più grandi assertori del dandismo.

Il secondo capitolo si sofferma sulla straordinaria influenza letteraria dello scrittore irlandese in Spagna, luogo caro a Wilde per le numerose conferenze che vi ha tenuto negli anni ottanta; Madrid e Barcellona sono le due città in cui la figura dell’esteta è più apprezzata, a tal punto di parlare di la moda de Wilde.

(6)

2 La terza parte, in particolare, si focalizza sui poeti spagnoli che hanno maggiormente risentito dello stile letterario di Wilde, attraverso l’analisi delle traduzioni delle opere dello scrittore.

Il quarto capitolo illustra, al contrario, l’importanza della scrittura di Wilde in ambito prosaico, attraverso la menzione di alcuni tra gli autori spagnoli più importanti come Antonio Machado, Miguel de Unamuno, Rafael Cansino Assens e Ramón Pérez de Ayala.

Il capitolo finale esamina una delle opere più conosciute di Oscar Wilde, Salomé, focalizzandosi sulle traduzioni di lingua spagnola che il testo ha conosciuto, in particolare quella di Francisco de Villaespesa e di Rubén Darío.

(7)

3

CAPITOLO 1

IL DANDISMO

1.1 Il contesto storico di riferimento

In ogni società ci sono figure che fanno gravitare intorno a sé lo spirito “negativo” di un’epoca, come quella del dandy di fine Ottocento, tema di questa tesi.

Gli Eighteen Nineties sono un decennio che unisce la malinconia di un tempo che stava finendo con l’entusiasmo di un tempo che stava cominciando. Era un periodo in cui sia i vecchi bisbetici che i giovani aggressivi erano intensamente consci gli uni degli altri. Gli uni guardavano indietro a una sfuggente età dell’oro, gli altri a Utopia, che molti pensavano di trovare girato l’angolo…

Ma l’età dell’Oro era perduta per sempre e Utopia, tranne che nell’immaginazione di W. Morris, doveva ancora essere scoperta.1

Gli ultimi anni del XIX secolo furono intesi in modi diversi dagli artisti dell’epoca, dai più negativi a quelli mediocri e passabili. Fu per loro un periodo di decadenza, in cui l’arte si apprestava ad entrare in una nuova fase.

Decadenza intesa come una una sorta di combinazione di più elementi, dalla nevrastenia, alla stanchezza fisica, alla perversione psicologica e morale e disgregamento, alla corruzione ed infine alla raffinatezza.

Ecco allora che gli anni ’90 sono anzitutto uno state of mind, uno stato d’animo che alla fine dell’Ottocento abbracciava il dandismo, l’estetismo, il decadentismo e l’arte simbolista.2

Se poniamo l’attenzione sull’aspetto della fine, sul senso del termine di qualcosa, diamo al termine “decadente” lo stesso significato che Max Nordau dà a “degenere”: “età dei nervi”, della sensibilità esasperata e degenerazione isterica, agonia, declino ed istinto di morte.

1

H. JACKSON, The Eighteen Nineties (1913), The harvester Press Reprint, 1976, pag. 31.

2

(8)

4 La vita per il poeta acquista un senso di “morte”, quindi. In un dialogo tratto da Il ritratto di Dorian Gray , Lord Henry e lo stesso Dorian stanno discutendo sul senso della vita, quando il giovane esprime tutto il suo senso di delusione e tristezza verso una condizione che oramai non lo soddisfa più:

Fin de siècle – murmured Lord Henry- Fin du Globe – answered his hostess-. I Wish it were fin du globe- said Dorian with a sigh. Life is a great disappointment.3

Il termine “decadence”, in ogni modo, non ha solamente connotazione negativa, bensì significa anche volontà di vita, libido, desiderio, eccentricità, senso di rigenerazione, di ripresa.

La fine e l’agonia, nati con il Romanticismo e il Vittorianesimo, coincidono infatti con una grande spinta verso una nuova moralità, una nuova letteratura, una nuova arte e una nuova critica, legate allo sperimentalismo, al gusto del nuovo stile, alla deformazione/trasformazione del linguaggio che era partita dal simbolismo.

Si tratta quindi di un periodo di innovazione, di avvicinamento al moderno, una sorta di elaborazione di nuove idee e nuove tecniche narrative.

1.2. Il Dandy

Il protagonista indiscusso di questo periodo di fine Ottocento è il dandy: l’artista che vive consapevolmente la sua epoca nell’opposizione totale al processo di sviluppo borghese, assumendo su di sé , nella sua vita e nella sua opera, tutte le contraddizioni che l’intellettuale fin-de-siècle dovrà sperimentare, prima dell’irrompere dell’Avanguardia.

Il Dandy è qualcosa di più di un semplice culto dell’eleganza, volto com’è, a produrre la sorpresa pur mantenendo l’impassibilità e la calma, a rompere la rigidezza e la grettezza di una società

3

WILDE Oscar, The picture of Dorian Gray (1966), in Complete works, London, Collins, p. 137.

(9)

5 grossolanamente utilitaristica e goffamente moralista col Capriccio, che Frivolità e Immaginazione suggeriscono.4

L’economia politica in cui vive il dandy è l’economia del mercato, dello scambio, uno scambio di merci, di valori, sia materiali che formali. L’arte è una merce che segue il valore del mercato, ma essendo merce speciale, ha un valore diverso. L’artista-dandy cerca di restare fuori da questo mercato, o si fa esteta, cercando di unificare questa doppiezza tra Arte e Vita.

Come si può definire allora l’Estetismo? Molto probabilmente come arte- merce estetica. Ecco allora che si iniziano a definire le due figure di Dandy e di Esteta come la stessa persona. Il Dandy è quindi un artista, un attore, che recita il suo ruolo nella vita e che indossa una maschera attraverso la quale agisce nella società ed esprime la sua visione critica. La sua maschera è quindi la sua persona e “l’essere per lui è apparire, anzi apparire è essere”. L’artificio della maschera diventa una sorta di riflesso di quello che desidera divenire o di quello che venera, a tal punto da imitarlo.

La maschera non è un espediente utilizzato dal dandy, ma diventa la personalità del dandy stesso in quanto di fronte alla realtà contorta e utilitaristica, sceglie l’essenza dell’apparenza, della finzione. Sceglie di giocare la propria vita non potendo viverla.

Egli nega la realtà, la vita, opponendovi il dandismo, l’estetismo, come la vera vita.

L’artista dandy non si sente più delegato a mediare, ma si pone contro la natura ed il Naturalismo, contro un tipo di arte, cioè, che vede nella natura il suo ideale di bellezza, perché l’arte non è mimesi ma un nuovo tipo di creazione dell’artista.

Prima il rapporto tra natura ed arte era lineare, semplice e genuino, con l’avvento poi dell’industrializzazione anche la natura viene contaminata dall’artificiale e resa insoddisfacente per l’artista che non sa più come comportarsi di fronte ad un tale cambiamento.

4

(10)

6 Nella continua ed incessante ricerca del “segreto della vita” il dandy trova nell’Arte un modo per interrompere la monotonia delle convenzioni e degli stereotipi. Cerca di annientare la tirannia del conformismo opponendosi alla borghesia.

La divisione tra i valori reali, di profitto, e quelli morali, ideologici ha condotto la borghesia ad esibire una sorta di valori-maschera ( educazione, famiglia..), con lo scopo di recuperare i tempi d’oro del passato, anche a costo della falsificazione.

Questa “doppiezza” di valori, che ricrea la borghesia, può essere smascherata attraverso l’ironia, il paradosso. Riducendo tutto a mero mercato, la borghesia distrugge infatti anche la bellezza della vita, che si trova sommersa dal lavoro, dallo stress e dal progresso industriale.

Il dandy, l’artista, dovrà quindi cercare di rovesciare questo sistema comportamentale utilizzato dalla borghesia.

To the impertinence of society he could oppose the impertinence of the artist, and to effrontery of the world he could offer the effrontery of genius.5

L’artista-dandy deride la mentalità borghese, egli ne è la sua opposizione, e lo fa attraverso l’ironia.

I Know how people chatter in England. The middle classes air their moral prejudices over their gross dinner-tables, and whisper about what they call the profligacies of their betters in order to try and pretend that they are in smart society, and on intimate terms with the people they slander. In this country it is enough for a man to have distinction and brains for every common tongue to wag against him. And what sort of lives do themselves? My dear fellow, you forget that we are in the native land of the hypocrite.

(11)

7 Questo dialogo tra Dorian e Basil Hallward esprime molto bene la critica verso la classe borghese, un ceto che nonostante le sue forti convinzioni di vita sociale spesso era visto come ridicolo.

L’esteta oppone costantemente gli amori segreti e trasgressivi ai valori della società borghese (moralità e razionalità); si sente completamente estraneo a queste tematiche che riguardano la sfera del vizio e del peccato, in quanto aspira solamente alla Bellezza e all’Arte. Anzi, secondo il dandy il peccato è un espediente utile per uscire dalla monotonia della vita quotidiana.

L’individualismo sta alla base del suo modo di vivere, in quanto non cerca una dipendenza da altre persone né tanto meno ne imita la personalità, ma anzi si adopera per distinguersi nella società e lasciare una chiara e distaccata immagine di sé. Il dandy si pone cioè come differenza, come individuo radicale che non accetta di rispettare le norme comportamentali dettate dal bon ton della società, né di adorare gli stessi idoli della classe borghese.

Aestheticism, scrive Thomas Mann, was the first manifestation of the European mind’s rebellion against the whole morality of the bourgeois age. Not for nothing have I coupled the names of Nietzsche and Wilde ( a kind of saint of immoralism and a dandy); they belong together as rebels, rebels in the name of beauty.6

Come lo definisce lo scrittore inglese Thomas Carlyle nella sua opera intitolata Sartor Resartus, il Dandy è l’uomo il cui settore, ufficio ed esistenza consiste nell’indossare abiti,7

che nello stile di vita ricorda l’Honnête homme del 1700.8

L’opera di Carlyle viene pubblicata a puntate sulla rivista Fraser’s Magazine a partire dal 1833, mostrandosi satira di costume, ma allo stesso tempo commento al testo ed opera autobiografica.

6

MANN Thomas, Wilde and Nietzsche in O. Wilde. A collection of Critical Essays, Spectrum Books, Englewood Cliffs; New Jersey, p. 171.

7

CARLYLE Thomas, Sartor Resartus (Il Sarto rappezzato, 1833), Oxford University Press, 2007.

8 Honnête homme, il gentiluomo; colui che è alla costante ricerca di equilibrio tra

(12)

8 In essa si mescolano finzione e realtà per andare a commentare l’opera filosofica del tedesco Diogenes Teufelsdröckh : Die Kleider. Ihr Werden und Wirken ( Origine e influenza degli abiti).

L’esteta inglese rimprovera ai pensatori di aver sottovalutato l'argomento degli abiti:

In tutte le loro meditazioni si sono tacitamente figurati l’uomo come

un Animale Vestito, quando esso è per natura un Animale Nudo e solo

in determinate circostanze, sempre secondo un proposito e con uno scopo preciso, si maschera con Abiti.9

Ed ancora:

Gli Abiti hanno fatto di noi Uomini; essi minacciano di fare di noi degli attaccapanni.10

Carlyle attraverso questo libro di singolare interesse vuole esprimere il suo disagio interiore; egli si sente oppresso dal mondo esterno, dalle apparenze delle cose che tentano di distruggerlo. Lo scrittore adopera l’artificio della Satira per mostrare quanto il mondo e la società siano celati dietro le vesti, che fungono da maschera e non permettono di vedere l’essenza delle cose e quindi le sua forma.

Uno degli ultimi capitoli dell’opera si sofferma sulla situazione sociale dell’Inghilterra che si trova divisa in due classi: una costituita dai Dandy, ovvero la parte più elegante e raffinata, dedita all’estrema cura personale, l’altra costituita dalla classe borghese che vive una condizione di vita monotona e stereotipata, rinchiusa nel vortice del lavoro e dell’industrializzazione.

L’ultima parte si dedica proprio alla figura del Dandy, da Lord Brummell, che come vedremo in seguito ha aperto la strada all’estetismo, a Oscar Wilde il secondo dandy più discusso, criticato ed ammirato in tutta l’Inghilterra.

Non occorre sottolineare l’importanza che queste personalità attribuivano alla scelta degli abiti. Come dice Carlyle :

9

CARLYLE Thomas, Sartor Resartus (Il Sarto rappezzato, 1833), Oxford University Press, 2007.

10

(13)

9 Un Dandy è un uomo che veste abiti, un uomo la cui

occupazione, ufficio ed esistenza consiste nel vestire abiti.

Ogni facoltà della sua anima, del suo spirito, del suo portafoglio e della sua persona è eroicamente consacrato a quest’unico oggetto: vestirsi con sapiente eleganza, al punto che, come gli altri si vestono per vivere, egli vive per vestirsi…è il Poeta dell’abito.11

Per arrivare ad una conclusione è possibile affermare che l’opera Sartor Resartus si oppone agli stati negativi dello scetticismo e del materialismo utilitario per sostenere un ideale di vita vera e concreta:

II significato del Sartor Resartus è veramente l'affermazione dei valori eterni e ideali della Vita, in opposizione allo scetticismo e al materialismo utilitario. L'uomo vive perché crede in qualche cosa e solo col realizzare compiutamente se stesso, col produrre, col lavorare, non per uno scopo particolare, ma per il lavoro in sé, egli partecipa all'infinita attività cosmica che si manifesta armonicamente in tutta la Natura vivente Abito di Dio.

Gli Abiti sono le Istituzioni; egli non le vuole abolire; ma vuole che gli uomini abbiano il coraggio di rinnovarle quando sono decadute, invece di continuare a venerarne la vuota forma, poiché la Sostanza non esiste più.

Solo quando avranno ammesso la falsità dei loro idoli, allora potranno riconoscere l'Eroe, rivelatore della forza spirituale divina, ed obbedirgli, poiché egli solo, non la folla, potrà instaurare un nuovo ordine sociale.12

Il dandy è l’artefice della moda, ostentata in maniera esagerata, della cravatta e del bastone da passeggio, dell’occhiale ad una sola lente e del fiore all’occhiello.

11 CARLYLE Thomas, Sartor Resartus, Oxford University Press, p.294. 12

Ibidem, p. 269-274.

(14)

10 Con un alternarsi tra eleganza ed esibizionismo, delinea i tratti fondamentali del suo stile di vita, gestito dal rito e dalla cerimonia sfarzosa, il tutto sotto un controllo minuzioso del dettaglio. L’esteta è condannato continuamente ad inventare nuovi tratti distintivi, per stupire la società e gli amici.

Il dandy, nel suo culto di sé, mostra un forte spirito narcisista tendente all’amore incondizionato di sé e ad un intenso disprezzo per il mondo. Questo comportamento lo porta ad annientare la propria persona, nella costante ricerca di un’altra immagine di sé riflessa fuori dal suo corpo. Come infatti Narciso adora ricercare la sua immagine in uno specchio per poterla poi adorare, così il dandy sopprime sé stesso per ritrovarsi altrove. Molta importanza acquista allora il momento della toilette quotidiana, al quale ogni dandy si dedica con estrema cura e precisione per la completa pulizia del corpo, il tutto accompagnato da un rigoroso e preciso rituale.

Poiché ama mettersi in mostra, vi sono dei luoghi pubblici adeguati per questo momento di ostentazione, ovviamente l’amante di sé stesso deve anche far vedere agli altri la sua bellezza e la sua eccentricità di vita.

Per questo egli sceglie sempre luoghi pubblici come club, balli privati e saloni, anche se il posto per eccellenza dove sfoggiare tutta l’eleganza e la classe è considerato da tutti la Promenade pomeridiana con possibile sosta in negozi di alta moda.

Non è difficile allora delineare i tratti caratteristici di questo movimento che si sta diffondendo sempre più tra giovani artisti, poeti, scrittori ed anche ufficiali dell’Esercito, un movimento dedito alla cura dell’immagine esteriore.

La Bellezza diviene il valore principale al quale essere dediti, insieme alla raffinatezza degli indumenti, spesso ricercati e cuciti su disegno e misura del committente. La figura dell’esteta o meglio del dandy si mostra da subito viziata e capricciosa, persa nella ricerca della vanità delle cose.

Agli occhi ed all’opinione della società egli appare improduttivo, superficiale ed intento solamente al sollazzo ed alla vita mondana, noncurante della società che, anzi, disprezza fortemente e dalla quale cerca distacco.

(15)

11 Il dandy mostra una forte nostalgia verso il passato, verso quello che è considerato l’Ancien Régime, in opposizione alla situazione politica e sociale in cui vive, dominata dalla borghesia.

Amante del riposo e dell’individualità, che contrappone alla fatica del lavoro, per lui è più importante ereditare ricchezze piuttosto che perdere del tempo prezioso nel cercarle, magari invano.

L’imprevedibilità e l’incostanza sono tratti fondamentali del suo comportamento, volto principalmente a stupire gli altri ed a rendersi unico e inimitabile.

Il dandy, a differenza della classe borghese, non vive di stereotipi e convenzioni ma si adopera ogni giorno differentemente, per fare la differenza. Il verbo agire, acquista quindi per lui un significato prettamente personale e libero da vincoli sociali e di buon costume.

Anche nell’Arte egli pone questa sua forma di ribellione, questo senso di opposizione conciliato attraverso l’artificio, la maschera, la menzogna.

Secondo il dandy, l’Arte fa scoprire la natura, aiuta a svelarne la bellezza ed i segreti anche se il tutto deve avvenire attraverso l’aiuto concreto ed attivo dell’artista, il quale si adopera affinché la vita venga creata ex novo grazie all’arte e non copiata.

L’uomo del fin-de-siécle vive una fase di passaggio e di avvicinamento alla modernità; questa fase è accompagnata da una forte monotonia vitale, come una massa di individui che come un flusso si muove incessante nella stessa direzione. Questo movimento cela in sé molti significati importanti, come l’assenza di personalità, che assoggetta gli individui oramai catturati da questa corrente e che li priva di ogni capacità di pensiero e di proprio ragionamento. La vita stessa per queste persone diventa una sorta di routine tra la casa il lavoro e la casa, dove ogni altra possibilità di svago e di diversivo è annichilito. Siamo in un periodo in cui l’industrializzazione ha aperto la strada a molte novità ed ha portato le sue innovazioni anche nella natura e nell’arte mediante l’artificio.

Per il dandy la vita è un puro fallimento a livello artistico, una condizione di noia, tristezza ripetuta ed ovvietà. Per opporsi a tutto questo l’uomo deve cercare di non essere antiquato ma volgere sempre lo sguardo verso la modernità,

(16)

12 opponendosi al flusso costante e sempre uguale della vita e della quotidianità stessa.

L’unica soluzione contro le frustrazioni della vita è il suicidio, la fuga dalla realtà e dalla vita quotidiana, la fuga dalla caducità della vita e dai cambiamenti del corpo dovuti all’età.

L’esteta passa gran parte delle sue giornate nel rito della toelette, con meticolosa precisione e con movimenti scanditi dalla ritualità; ed è proprio durante questi momenti di pulizia e di cura del corpo che ha modo di notare i segni del tempo incontrollabile. Per questo vive sfidando la vita e la morte, la signora dal lungo mantello nero e la falce che tutto porta via con il suo passaggio. Egli sa in partenza che non può sconfiggere l’oscura signora, per questo si gode ogni momento della vita nel miglior modo possibile, senza rinunce e rimpianti, in attesa del giorno in cui verrà rapito dal suo abbraccio fatale.

1.3. Il Dandy in Inghilterra

Nella letteratura inglese è uso comune identificare nella persona di Oscar Wilde il promotore del dandismo. In realtà la prima figura che ha dato il via a questo nuovo stile di vita e di comportamento è l’inglese George Bryan Brummell, meglio conosciuto come Beau Brummell.

His personality, variously understood, established the canons of that vague agglomeration of affectations, aspirations and negations the nineteenth century called Dandysm or Le Dandysme.13

George Bryan Brummell nacque il 7 giugno del 1778 a Donnington Grove (Londra), da una famiglia appartenente alla classe media. Figlio del segretario del Lord di North, William Brummell, uomo senza passato e senza titoli nobiliari che seppe affermarsi e assicurare agio e posizione al figlio che, prima studente a Eton poi a Oxford, seppe affermare la sua figura ancora giovane.

13

(17)

13 Solo tre mesi dopo la morte del padre lasciò l’università scegliendo la divisa militare del Decimo Ussari, comandato dal Principe di Galles, Giorgio IV, suo futuro protettore.

Già durante i suoi studi presso Eton, comunque, la sua predilezione per la moda e la sua eccentricità cominciarono a farsi evidenti tanto che diventerà proprio il rappresentante di questo movimento, che successe ai Beau e ai Macheronies d’Inghilterra, segnando in maniera indelebile quel primo capitolo del dandismo che, subito dopo la sua scomparsa, fu inimitabile, e comunque poco raccontato, rendendo perlopiù ai posteri la sagoma e il fantasma del Beau.

Entrato nell’esercito da pochi mesi, a soli 17 anni perse il padre, anche se ereditò gran parte dei possedimenti di famiglia, terreni che tuttavia vennero suddivisi in 3 parti limitando l’ascesa militare del giovane soldato.

In lui, il futuro re, vide riflessa quella parte evanescente e un po’ snob del suo carattere, fondamentalmente imperniata sull’eleganza e sulla fierezza di una superiorità che sentiva appartenergli per diritto più che per meriti e privilegi. Nessuno osò contrastare l’ascesa brummelliana. I potenti ne erano divertiti e affascinati e si sentivano comunque protetti in virtù del loro rango; le cortigiane ne erano impaurite e ammaliate. Le cortigiane di fama, ai tempi dei balli, raccomandavano la massima attenzione alle figlie debuttanti, poiché l’impietoso giudizio di Brummell era ben più determinante di quello che avrebbero potuto dare gli influenti Lord che rientravano nella schiera di sostenitori che portarono il dandy ai vertici della Reggenza britannica.

Quel tipo di successo poteva essere realizzabile esclusivamente in Inghilterra, mai in altra nazione europea: né ieri, né oggi.

Quando la posizione di Brummell fu consolidata, la sua presenza in società poté seguire il dettame di un suo celebre aforisma: “Restate in società per il tempo necessario a produrre un effetto: quando l’effetto si è prodotto, andatevene”.

Ciò che fa il dandy è lo spirito di indipendenza. Il dandismo è concesso solo agli uomini dotati di fantasia e chi la possiede si consacra esercitandola; non esiste una regola, altrimenti tutti potrebbero diventare indiscriminatamente dei dandy.

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14 Lo stile di vita del Dandy non è assolutamente semplice, questo lo percepisce Lord Brummell come anche gli amici più intimi, che cercano di dissuaderlo dal comprare vestiti esageratamente eleganti e dispendiosi. Consigli ai quali tuttavia non viene dato il debito ascolto, portando il giovane Brummell alla crisi economica.

Ciò che contraddistingueva Brummell nella società era la sua totale inettitudine a tutto, ad eccezione dell’eleganza, di cui era maestro indiscusso.

Beau Brummell is credited with introducing, and establishing as fashion, the modern men's suit, worn with a necktie.

He claimed he took five hours a day to dress, and recommended that boots be polished with champagne. The style of dress was referred to as dandyism.14

Il suo stile d’abbigliamento, che per molti aspetti può essere considerato anche il suo stile di vita, era destinato ad essere considerato eccentrico, fuori dagli schemi e addirittura scandaloso.

In un’epoca in cui gli abiti avevano colori sgargianti, egli contrappose un solo ed unico colore: il blu. Abbandonato l’uso della parrucca, i capelli venivano pettinati e legati in modi particolari e si diffuse l’uso del profumo per arricchire ulteriormente l’estrosità del dandy.

La sua eleganza tuttavia non lo salverà da una grave crisi economica, e nel 1816, schiacciato da enormi debiti si trasferì in Francia. Qui vi giunse sperando di ottenere la cittadinanza anche se nemmeno il consolato francese si adoperò per aiutarlo che, recluso, viene scagionato da uno dei pochi amici inglesi che gli erano rimasti accanto nonostante la sua situazione economica e sociale.

Ciò che ha reso veramente grande Brummell, secondo l’opinione dello scrittore francese D’Aurevilly, sono state le maniere, ossia una sorta di fusione dei movimenti dello spirito con quelli del corpo.

Egli lo ricorda ancora nei suoi ultimi momenti di vita:

14

(19)

15

Divenne folle e, poiché il dandismo era penetrato in tutto il suo essere, anche la sua follia si tinse di dandismo […] Certi giorni, con grande stupore del personale dell’hotel, ordinava di preparare il suo appartamento come per una festa.

Lampadari, candelabri fiori in gran quantità, non mancava niente e, nello scintillio di tutte queste luci, lui, nello splendido abbigliamento della sua giovinezza, con l’abito whig blu con i bottoni d’oro, il gilè di Piquet e i pantaloni neri, aderenti come le calze del XVI secolo, in mezzo al salone, attendeva. .Attendeva l’Inghilterra ormai morta! Improvvisamente, come si fosse sdoppiato, annunciava ad alta voce, il principe di Galles, poi lady Connyngham, poi lord Yarmouth e per finire tutti quei grandi personaggi di cui era stato la legge vivente […] Questa scena durava a lungo...Infine, quando il salone si era riempito di questi fantasmi; quando tutta questa gente dell’altro mondo era arrivata, di colpo gli tornava anche la ragione e quell’infelice si rendeva conto del suo delirio [..] e scoppiava in un pianto dirotto.

La moda per il dandy era qualcosa che egli doveva creare e non seguire. Imitare stili e mode non faceva, e non fa ancora oggi, di un uomo un dandy.

Essere dandy era ed è qualcosa di esclusivo:

Bisogna diventare differenti, che non è farsi diversi… Il dandy è il differente, non l’eccentrico, che è snob. Non contrappone, infatti, il proprio modello a un altro modello; non si pone nessun modello e non si pone come modello.

Un altro grande esponente inglese del dandismo, probabilmente il più rinomato tra i critici letterari è stato Oscar Wilde. Famoso ed eccellente scrittore, si è accostato a questo movimento facendone una qualità essenziale della sua vita, a discapito dell’opinione pubblica e delle forti connotazioni negative che aveva ricevuto dalla società inglese.

Tra il 1837 ed il 1901 l’Inghilterra vede lo sviluppo dell’epoca vittoriana, durante il lungo regno della Regina Vittoria.

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16 Questo periodo è caratterizzato da una buona stabilità e floridezza economica e sociale, insieme ad uno sviluppo dell’attività espansionistica e coloniale, anche se non mancheranno problemi sociali.

Salita al trono molto giovane ( ai 18 anni), la regina si trova davanti una nazione contrastata da floridezza economica, stabilità sociale ed artigianale da un lato ma lacerazioni sociali, psicologiche e culturali dall’altro che necessiteranno di un lungo periodo prima di essere risolti definitivamente.

Sono gli anni quelli, in cui nella società è molto forte il divario tra ricchi e poveri, tra ceti abbienti e benestanti e famiglie che vivono una condizione di estrema povertà.

L’età vittoriana è conosciuta come un’epoca di sfruttamento minorile nelle fabbriche e nelle miniere.

Spesso a causa di ristrettezze economiche, molti bambini venivano mandati a lavorare duramente, approfittando della loro giovane età e forza lavorativa, e soprattutto per il loro corpicino esile, che permetteva di addentrarsi in ogni spazio angusto.

La regina Vittoria seppe comunque farsi apprezzare dalla società inglese, per la quale fu chiaro esempio di onestà, moralità, amore per la patria e per la famiglia.

Il suo regno, durato 63 anni, è considerato ancora oggi il secondo più lungo della storia dell’Inghilterra, che da quel momento ha conosciuto prosperità e benestare da cui ha tratto beneficio la classe media.

L’epoca vittoriana fu testimone tuttavia di una serie di problemi che videro coinvolti la società ed il Parlamento. Primo fra tutti il problema economico che a causa di molte carestie e ristagni di traffici economici aveva subito un blocco. Inoltre la continua crescita demografica non aiutava a controllare ed a gestire la parte economica.

Anche l’educazione fu un grave problema sociale. Fino a quel momento molte scuole, se non la maggior parte, erano gestite da volontari che ricevevano solamente un piccolo sussidio statale per garantire il minimo svolgimento delle attività.

(21)

17 In Inghilterra solo la metà dei bambini aveva un’istruzione di tipo mediocre perché vi era una accesa controversia di tipo politico-religioso che aveva diviso la società. Da una parte coloro che sostenevano un sistema scolastico statale e laico, che escludesse la chiesa anglicana, dall’altra parte i conservatori che si opponevano a tale richiesta.

Il progetto che presentò il politico W. E. Forster, vide buon esito nella riforma sull’educazione operata da Gladstone. Forster, pur mantenendo un sussidio nelle scuole confessionali, si adoperava per creare nuovi istituti pubblici là dove non ne erano presenti, pagati con le tasse locali. In questo modo l’educazione vide un passo enorme in avanti: lo studio subì un forte incremento tanto che la scuola elementare divenne obbligatoria e gratuita. Un grande passo in avanti fu anche per le donne, che furono accolte nell’educazione scolastica superiore.

Anche il mondo del lavoro vide un miglioramento, infatti venne eliminato il cosiddetto clientelismo: gli impieghi pubblici erano diventati una sorta di loggia, gestiti strettamente da membri altolocati in società o con una buona reputazione in Parlamento. Tutto questo fu causa di rallentamenti e creò una sorta di circolo chiuso all’interno del quale entravano solamente i favoriti. Finalmente il 1870 vide l’abolizione di questo metodo inattendibile, per l’ingresso del concorso pubblico, basato sulla meritocrazia e sull’eguaglianza lavorativa.

L’epoca vittoriana vide molti cambiamenti in positivo, nuovi incentivi e novità anche nell’ambito culturale. In arte si cercò di mantenere una continuità culturale tra classicismo e rinnovamento gotico, anche se non mancarono dissidi di opinioni. Il gotico era visto, infatti, come l’incarnazione dei valori comuni e sociali compressivi, in contrapposizione al classicismo, ritenuto l’incarnazione della standardizzazione meccanica, dell’abitudinarietà.

La scienza divenne la disciplina che è oggi, la professionalità della scienza universitaria ha visto un forte ed importante aumento grazie anche all’interesse, alla dedicazione ed alla cura di molti studiosi che impiegarono il loro tempo nello studio della storia naturale.

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18 Tale disciplina venne poi supportata dalla Teoria dell’Evoluzione di Charles Darwin, pubblicata per la prima volta nel suo saggio L’origine delle specie, nel 1859.

Questa fase di sviluppo culturale e scientifico, volta al progresso, portò molti scrittori e poeti ad attribuire alla scienza ed alla ragione il compito di farsi strumenti di conoscenza del reale.

Accanto a questa fase di forte interesse per il progresso sociale e per la scienza, definito Positivismo, cominciano ad affermarsi anche sentimenti di angoscia e disillusione, che verranno inglobati in quello che sarà definito movimento decadente.

Nella società vittoriana, inoltre, prevale un forte senso di moralità, di perbenismo e di puritanesimo. Sul piano sociale vi è una forte fede nel progresso scientifico e nella famiglia. Una famiglia intesa come tradizionale, incentrata sulla figura autoritaria

del padre, eliminando così ogni altra possibilità di nucleo diverso da quello tradizionale.

Sul piano culturale non fu un’epoca molto dinamica e produttiva, gli scrittori si limitavano a trasporre nei loro testi quella visione di vita imposta dalla morale comune del periodo.

Oscar Wilde non si adagiò né per quanto riguardava la vita sociale, né per quanto concerneva la produzione letteraria, ma sfidò la società vittoriana, scagliandosi contro l’ipocrisia e la falsità morale.

Nella prefazione di quella che sarebbe diventata una tra le sue opere più famose e che lo avrebbe portato ad una fama internazionale, The picture of Dorian Gray, riportò il seguente messaggio:

Non esistono libri morali o immorali. I libri non sono scritti bene o scritti male. Questo è tutto.

La vita morale dell’uomo è parte della materia dell’artista, ma la moralità dell’arte consiste nell’uso perfetto di un mezzo imperfetto……

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19 Nessun artista ha intenti morali. In un artista un intento morale è un imperdonabile manierismo stilistico.15

1.4. Il Dandy in Francia

Il movimento del Dandy trova terreno fertile anche in Francia, dove viene ripreso da quegli scrittori che avevano saputo apprezzare le qualità di Brummel e del suo stile di vita.

Sviluppatosi nella società dopo il periodo della Restaurazione, si afferma in maniera semplice e stabile grazie soprattutto alla corrente di moda già preesistente in quel periodo: la mode á l’anglaise. La moda, comunemente chiamata costume, nasce dal primitivo bisogno fisico di coprire e proteggere il corpo con indumenti o pelli.

Il suo sviluppo con il passare del tempo e l’evolversi della società la porterà ad avere una accezione diversa, non più come bisogno primario di sopravvivenza ma come strumento sociale. Viene utilizzato per ostentare la propria personalità o per mascherarla, celarla agli occhi degli altri affinché non venga riconosciuta se non da pochi.

Ecco allora che si propaga l’interesse per la moda, per l’abbigliamento anche come mezzo per dimostrare lo status sociale, ovviamente maggiore era il benestare della famiglia, più particolare era il vestiario.

In questa prima fase di sviluppo del pensiero dandy due sono gli autori che espongono nei loro testi questa nuova concezione sociale: Barbey D’Aurevilly con L'anatomie du dandélisme , Charles Baudelaire con Le peintre de la vie moderne.16

L'eleganza è considerata fondamentale per conferire la superiorità aristocratica e intellettuale e si unisce a una forma di tensione eroica, che ha come sfondo il mondo decadente della città moderna.

In Francia questa nuova moda si sviluppa attorno alla figura del bohémien. Il termine veniva utilizzato per indicare uno stile di vita poco convenzionale di

15

Oscar Wilde, The picture of Dorian Gray, prefazione opera, 1891

16

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20 scrittori, pittori, musicisti ed artisti in generale che erano stati emarginati dalla società e che adesso cercavano un riscatto della loro persona.

Il termine bohémien deriva da Boemia, una regione dell’attuale Repubblica Ceca. Molti studenti durante la lotta per l’indipendenza boema scapparono in altri paesi, uno tra questi la Francia, dove la tolleranza religiosa verso i protestanti era più ampia e dove speravano di poter coltivare il loro interesse per la letteratura.

L’emigrazione di questi studenti universitari e non portò nella capitale francese una novità di usi, costumi, modi di vivere che molto presto furono imitati anche da altri studenti.

Con il trascorrere del tempo questi studenti stranieri seppero prendere un posto nella società che non li designò più come immigrati della Boemia ma come cittadini francesi, anche se la denominazione Bohémien è rimasta nel vocabolario culturale.

Il primo riferimento ai bohèmien si trova nell’opera francese di Georges Bizet, forse la più famosa di Francia, intitolata Carmen. È proprio in quest’opera comica, suddivisa in quattro atti, che appare il termine con la sua definizione:

Il termine Bohème è comunemente accettato nei nostri giorni in riferimento ad alcuni tipi di letterati gitani, non importa in che lingua essi parlino e in che città abbiano dimora [...].

Un Bohème è semplicemente un artista o un letterato che, consciamente o meno, secerne dalle arti convenzionali.

Un secondo grande riferimento al mondo Bohème, anche se non in ordine temporale, che ha permesso di rendere questo stile di vita molto più popolare di quando era giunto in Francia è stato Henri Murger. Lo scrittore francese altro non è che l’ispiratore di molte opere musicali. Di umili origini, condusse una vita di stenti e di povertà, che molti associarono alla vita del Bohème, ecco infatti la derivazione della definizione vie de bohème.

Dopo aver trovato finalmente una collaborazione con un giornale francese, trova illuminazione per scrivere una delle opere più importanti: Scene della vita di

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21

Bohème (1851), che verrà ripresa addirittura dal famoso italiano Giacomo Puccini,

per la sua opera intitolata La Bohème.

Definito dalla critica romanzo, anche se in realtà non segue fedelmente i canoni classici del genere, si presenta come una raccolta di varie storie connesse tra loro che riguardano la vita di un gruppo di Bohèmien, storie ambientate tutte nel quartiere latino di Parigi, nel 1840.

I personaggi sono quasi tutti ripresi dalla vita reale; molto probabilmente lo scrittore ha voluto riportare le diverse esperienze di giovani lettori della rivista, oppure di giovani che avevano saputo suscitargli quella vena creativa che lo ha portato a scrivere un testo che sarà di ispirazione in futuro.

Questa prima fase di vita del movimento dandy trova riscontro in molti scrittori quali Lord Byron, Eugène Delacroix, Stendhal ed anche il francese Charles Baudelaire.

Proprio con quest’ultimo si ha una ripresa del dandismo ed uno sviluppo ulteriore del pensiero in Francia.

Scrive Baudelaire:

La caratteristica distintiva della bellezza del dandy consiste soprattutto in un'aria di freddezza, derivata da un’irremovibile determinazione a non essere coinvolto.17

Il movimento dandy si stabilisce così in maniera sicura anche in Francia, anche a causa di alcuni movimenti anti-dandismo che erano sorti in Inghilterra e che avevano messo un freno al suo sviluppo. Qui ovviamente subisce l’influenza del romanticismo francese e dei dettami della dottrina baudelairiana.

Se in Inghilterra l’esteta veste in maniera stravagante ed eccentrica, con lo scopo di farsi notare dalle persone, nella patria francese il dandy ha una divisa particolarmente sobria: gli abiti sono rigorosamente neri e semplici, con grandi papillon scuri.

17

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22 Sebbene la divisa estetica sia un marchio distintivo del dandy, ogni paese presenta un proprio vestiario, in linea anche con il pensiero sociale e culturale che sta vivendo.

1.5. Vita e opere di Oscar Wilde

La Bellezza è l’unica cosa contro cui la forza del tempo sia vana. Le filosofie si disgregano come la sabbia, le credenze si succedono l’una sull’altra, ma ciò che è bello è una gioia per tutte le stagioni, ed un possesso per tutta l’eternità.18

Oscar Fingal O’Flaherty Wills Wilde nasce a Dublino, il 16 Ottobre 1854, figlio di un noto medico, Sir William e di una poetessa, Jane Francesca Elgee.

Educato tra le mura domestiche fino all’età di 9 anni, continua gli studi presso la Portora Royal School, seguendo le orme del fratello maggiore e specializzando le sue conoscenze sulla letteratura classica.

Wilde aveva un carattere ribelle, che lo vedeva molto spesso soggetto a richiami da parte del rettore, pur conducendo una brillante carriera universitaria.

Terminati gli studi accademici inizia a collaborare con il Pall Mall Gazette, gestendo come autore anonimo una rubrica per le recensioni di nuovi libri di poesie.

Nonostante la sua fama di brillante studente e scrittore, molte sue opere vengono accusate di immoralità, inconsistenza e plagio. Non bastano, in ogni modo, tutte le critiche per far dimenticare Wilde, anzi, la sua fama arriva addirittura in America, dove un impresario teatrale, Richard D’Oyly Cart, gli propone di tenere una serie di conferenze nel continente.

Lo scrittore trascorre del tempo anche a Parigi, prima di fare rientro in Inghilterra, insieme all’amico Robert Harborough Sherard, suo curatore biografico, con il quale viene visto scambiarsi esplicite e pubbliche effusioni che destarono scandalo e motivo di pettegolezzo. Nemmeno il matrimonio con la giovane Constance Lloyd seppe mettere a tacere le critiche dei moralisti.

18

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23 Per Wilde era difficile mantenere uno stile di vita sano ed equilibrato, lontano dai pregiudizi; la sua volontà di mostrarsi contrario ai valori della società lo portava sempre a finire in questioni incresciose con la giustizia o con l’opinione pubblica, la quale, essendo uno scrittore, non era certo poco importante.

Nel 1886 lo scrittore conosce un giovane ragazzo, Robert Ross, all’epoca diciassettenne e nel quale trova un valido amico e supporto. Sono gli anni quelli in cui sta accettando la sua diversità sessuale, che lo porterà ad essere allontanato dalla famiglia.

In questa sua fase di dichiarata omosessualità inizia ad incontrare uomini che avevano saputo destargli interesse e curiosità. Generalmente questi incontri si consumavano in alberghi, in pieno giorno.

L’incontro che gli cambierà la vita, sarà però con il giovane Lord Alfred Douglas. Tra i due uomini si crea subito un rapporto di amicizia che con il tempo diventa un sentimento più forte, amore. Da quell’incontro ha inizio il declino di Oscar Wilde come scrittore e come persona.

Frequentando i ragazzi, infatti, viola la legge andando contro il Criminal Law Amendment Act, secondo il quale non era permesso avere nessun rapporto di tipo omosessuale, pena un periodo di reclusione. Seguirà un penoso processo che porterà Wilde ad un lungo periodo di detenzione, durante il quale avrà modo di ripercorrere le vicende della sua vita e capire quanto forte sia in lui la vocazione al dandismo.

E’ famosa la lunga lettera che Wilde scrive al compagno Alfred Douglas dal carcere il 29 aprile 1895, intitolata De Profundis, attraverso la quale compie una azione introspettiva andando a scavare nella sua anima. Attraverso la lettura del testo è possibile inoltre ripercorrere passo passo la vicenda che ha portato alla conoscenza tra lo scrittore ed il giovane Lord Douglas, fino alle questioni giudiziarie che hanno portato Wilde alla condanna per omosessualità.

La stesura della lettera viene iniziata nel 1897 dalla prigione di Reading dove Wilde deve scontare due anni di lavori forzati con l’accusa di sodomia. Attraverso la lettera Wilde vuole arrivare alla coscienza del giovane Alfred per indurlo a riflettere sulla sua condizione umana e sul suo comportamento, arido e frivolo.

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24 Non dubito che in questa lettera [...] vi sarà molto che ferirà nel vivo la tua vanità. In questo caso, leggi e rileggi questa lettera finché la tua vanità sarà morta del tutto. Se vi troverai in essa qualche cosa di cui ti riterrai accusato ingiustamente, ricorda che bisognerebbe essere grati per ogni colpa di cui si è accusati ingiustamente. Se vi sarà in essa un solo passo che porterà lacrime ai tuoi occhi, piangi, come piangiamo noi in carcere, dove per le lacrime non esiste distinzione tra il giorno e la notte. Sarà la sola cosa che potrà salvarti".19

Tra le grandi differenze che lo scrittore vuole evidenziare vi sono la natura gentile e aderente all'amore di Wilde, in contrapposizione a quella violenta, a volte volgare e dominata dall'odio di Lord Douglas; l'innata erudizione e la tendenza” all’arte come filosofia e alla filosofia come arte" del genio sorprendente di Wilde, in contrasto con la sterile immaginazione del vanitoso Douglas, che tanto influì nella vita del caro amico e nella sua produzione artistica rendendolo improduttivo. Molto spesso Douglas seguiva Wilde nelle sue occasioni mondane attingendo dal suo patrimonio somme consistenti con il solo scopo di goderne i privilegi.

In carcere Oscar si rende conto di essere stato un giocattolo nelle mani di una persona violenta, malvagia e negativa. Attraverso la lettera egli confessa i suoi peccati ma allo stesso tempo vuole rimproverare l’amico per il suo comportamento e dissuaderlo dal pubblicare alcune lettere che gli aveva inviato a scopo confidenziale.

Terminato il periodo di carcere Wilde lascerà il manoscritto, con il titolo Epistola: in carcere et Vinculis all’amico Robert Ross affinché crei due copie, una delle quali verrà inviata proprio a Douglas.

Gli ultimi anni della vita di Wilde trascorrono in una condizione di salute precaria, lontano da tutti, in estrema povertà ed abbandonato sia come scrittore che come uomo, tant’è vero che smette di scrivere perché non vi è più in lui alcuna ispirazione letteraria.

19

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25 Ho scritto quando non conoscevo la vita. Ora che so il senso della vita, non ho più niente da scrivere. La vita non può essere scritta: la vita può essere soltanto vissuta.20

Lo scrittore muore il 30 Novembre 1900, dopo aver ricevuto il Sacramento del Battesimo e l’Estrema Unzione, pentendosi dei suoi peccati.

Il cinismo è semplicemente l’arte di vedere le cose come sono, non quali dovrebbero essere.21

Il linguaggio che utilizza Wilde nelle opere è semplice, scarno, preciso e diretto, ardito e talvolta provocatorio. Non gli è mai mancato il Bon mot, la battuta pronta, l’ironia. Secondo lui l’artista doveva essere libero da ogni obbligo imposto dalla società, proprio per questo vedeva nell’epoca vittoriana la classe emergente che sfruttava con ipocrisia le altre classi sociali.

Nelle sue opere Wilde descrive la sua stessa società, senza criticarla direttamente, ma analizzandone i difetti e spesso ridicolizzandola.

Tra i temi principali trattati vi sono: il distacco dal tempo, egli critica moltissimo l’Inghilterra con i vizi e la vita stessa degli Inglesi; la Religione e la Morale; infine la Bellezza. Anche l’Arte è uno dei temi a lui cari, contrappone infatti, all’imperfezione dell’uomo, la perfezione dell’arte.

Diverse sono le opere che hanno portato all’apice della fama Wilde, una tra queste è Salomé. Il testo narra la storia della principessa giudaica Salomè, figlia di Erodiade, principessa ebraica e di Erode Filippo I, figlio di Erode il Grande, protagonista di un episodio narrato nel vangelo di Matteo (14,3-11) e di Marco (6,17-28).

17 Erode infatti aveva fatto arrestare Giovanni e lo aveva messo in

prigione a causa di Erodìade, moglie di suo fratello Filippo, che egli aveva sposata. 18 Giovanni diceva a Erode: «Non ti è lecito tenere la moglie di tuo fratello». 19 Per questo Erodìade gli portava rancore e

20

Ibidem.

21

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26 avrebbe voluto farlo uccidere, ma non poteva, 20 perché Erode temeva Giovanni, sapendolo giusto e santo, e vigilava su di lui; e anche se nell'ascoltarlo restava molto perplesso, tuttavia lo ascoltava volentieri.

21 Venne però il giorno propizio, quando Erode per il suo compleanno

fece un banchetto per i grandi della sua corte, gli ufficiali e i notabili della Galilea. 22 Entrata la figlia della stessa Erodìade, danzò e piacque a Erode e ai commensali. Allora il re disse alla ragazza: «Chiedimi quello che vuoi e io te lo darò». 23 E le fece questo giuramento: «Qualsiasi cosa mi chiederai, te la darò, fosse anche la metà del mio regno». 24 La ragazza uscì e disse alla madre: «Che cosa devo chiedere?». Quella rispose: «La testa di Giovanni il Battista». 25 Ed entrata di corsa dal re fece la richiesta dicendo: «Voglio che tu mi dia subito su un vassoio la testa di Giovanni il Battista». 26 Il re divenne triste; tuttavia, a motivo del giuramento e dei commensali, non volle opporle un rifiuto. 27 Subito il re mandò una guardia con l'ordine che gli fosse portata la testa. 28 La guardia andò, lo decapitò in prigione e portò la testa su un vassoio, la diede alla ragazza e la ragazza la diede a sua madre.22

Secondo il racconto biblico Erodiade abbandona il marito Erode Filippo I per andare a convivere con il cognato e fratello del principe, Erode Antipa. Giovanni Battista condanna l’accaduto pubblicamente e per questo viene fatto imprigionare. Un giorno giunge alle carceri del palazzo la giovane principessa Salomè che all’udire la voce del giovane Battista, proveniente da una cella, ne rimane affascinata tanto che chiede di poter vedere il giovane prigioniero.

Le guardie negano la richiesta all’unanimità ma la fanciulla oramai è attratta da quella voce profonda e misteriosa tanto che dopo aver supplicato le guardie ed aver promesso loro una ricompensa ottiene il permesso per poter vedere solo per alcuni istanti il profeta, del quale si innamora follemente.

Salomè- Jokanaan, I am amorous of thy body! Thy body is white like

the lilies of a field that the mower hath never mowed. Thy body is

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27 with like the snows that lie on the mountains, like the snows that lie on the mountains of Judæa, and come down into the valleys.

[…]

Let me touch thy body. […]

Thy body is hideous. It is like the body of a leper. It is like a plastered wall where vipers have crawled; like a plastered where the scorpions have made their nest.

[…]

Thy hair is like is like the cedars of Lebanon, like the great cedars of Lebanon that give their shade to the lions and to the robbers who would hide themselves by day.23

Salomè è attratta da Giovanni tanto che adora tutto di lui, dai capelli alla pelle e fino alla bocca che cerca di baciare con insistenza. Dopo l’ennesimo rifiuto da parte di Giovanni per poterlo baciare, la ragazza si adira, tanto che la sua vendetta finale per questa negazione sarà cruda e mostruosa.

Alla richiesta da parte dello zio Erode di vederla danzare in tutta la sua bellezza la principessa chiede in cambio la testa del Battista su un vassoio, in modo da poterlo baciare ed averlo tutto per sé.

La vicenda termina con la conseguente morte di Salomè per ordine del re il quale si trova davanti una fanciulla demoniaca, che danza sul sangue del profeta e che bacia la sua bocca per compiacere i suoi desideri carnali.

È Gustave Baudelaire a dare inizio all’interesse per la figura di Salomè, ispirando la lirica 27 della sezione Spleen et Idéal, contenuta ne Les Fleurs du Mal del 1857, alle figure di Erodiade e della figlia, ma concentrando la propria attenzione soprattutto su quest'ultima. La storia di Salomè appare anche nella novella Hérodias di Gustave Flaubert (1877), che molto probabilmente si è basato sui dipinti di Moreau per ispirarsi.

Nella novella flaubertiana Erodiade viene ritratta come una dominatrice, mentre Erode come un esteta molto raffinato ma alle prime armi. La figlia Salomè

23

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28 viene dipinta invece come un oggetto usato in modo astuto dalla madre proprio come narra il Vangelo.

Oscar Wilde probabilmente ha visto i bozzetti preparatori della Salomè di Gustave Moreau e ne rimane affascinato, quasi ossessionato tanto che decide di scrivere la sua versione dell’opera durante un soggiorno a Parigi. La prima redazione è in francese successivamente verrà tradotta in inglese dall’amico Lord Douglas.

La versione di Wilde narra una vicenda a dir poco disgustosa e macabra, proprio come la protagonista, che viene definita con le seguenti parole: “she is monstruos”.

Mediante il testo egli si adopera a mostrare il suo interesse verso quei canoni greci che in tutta la sua carriera lo avevano affascinato. Nel testo The Critic as artist (1890) egli cita Platone per aver definito l’arte: “not from the moral, but from the purely aesthetic point of view” ed infine cita il grande maestro Aristotele per aver arricchito la letteratura con le sue famose unità di spazio, tempo ed azione, da lui strettamente osservate in Salomè.

Wilde per la stesura dell’opera si interessa alle fonti bibliche, in particolare ai vangeli di Marco e di Matteo che trattano l’episodio; e ad uno scrittore e politico ebraico di nome Tito Flavio Giuseppe, il quale si distingue nella sua epoca come storico romano e compositore di molti testi tutti in lingua greca.

Nella sua opera intitolata Antichità Giudaiche libro XVIII 136-13724 racconta la vicenda della figlia di Erodiade e del Battista.

Antichità Giudaiche racconta la storia del popolo ebraico dalle origini, è la principale fonte storica pervenutaci sulla Palestina del I secolo ed è importante perché contiene riferimenti importanti su persone come Gesù, Giovanni Battista ed i primi cristiani.

Per quanto riguarda il martirio del Battista egli scrive:

Ma ad alcuni Giudei parve che la rovina dell'esercito di Erode fosse una vendetta divina, e di certo una vendetta giusta per la maniera con cui si era comportato verso Giovanni soprannominato Battista.25

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29 Nei vangeli la fanciulla non viene mai chiamata per nome ma solamente con l’appellativo la figlia di Erodiade, è solamente attraverso il testo di Flavio Giuseppe che veniamo a conoscenza del nome della principessa. La sua bellezza non rimane tuttavia nascosta, tanto che perfino nei vangeli si fa riferimento a questo suo dono che ha destato l’interesse del tetrarca:

La figlia di Erodìade danzò in pubblico e piacque tanto a Erode che egli le promise con giuramento di darle tutto quello che avesse domandato.26

Il testo wildiano è intriso di una ricca simbologia che permette uno studio più approfondita del testo. L’azione si svolge su una terrazza, un luogo che diventa il collegamento tra lo spazio esterno con il giardino dove il re Erode sta festeggiando con gli ospiti e la cisterna, che rappresenta lo spazio interno nella vicenda ed il luogo in cui si consumeranno gli omicidi.

All’interno del testo ricorre in molte occasioni la figura della Luna, un simbolo importante nella vicenda e che si mostra attraverso le sue sfaccettature. Essa rispecchia le vicende umane poiché da bianca e pallida si tinge di rosso sangue, come il sangue che scorre sulla scena. In essa ogni personaggio vi legge le proprie passioni: Narraboth vi ammira la bellezza di Salomè, della quale è innamorata; il Paggio vi scorge cupi presagi di morte; Salomè vi individua il proprio candore di vergine mentre Erode vi intravede una femmina lussuriosa a caccia di amanti.

Un altro elemento della natura che viene visto come simbolo è il Sole, che diventa emblema della vicenda umana nella profezia del Battista:

The sun shall become black like sackcloth of hair.27

25 Ibidem, XVIII, 116-119 26 Vangelo di Matteo 14, 1-2. 27

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30 Altro simbolo presente nel dramma è il Battito d’ali che per ben due volte annuncia l’incombere dell’Angelo della morte.

In tutta la vicenda il numero 3 fa da filo conduttore al dramma: 3 sono i personaggi principali (Salomè, Giovanni Battista ed Erode) attorno ai quali ruota la storia; anche le vittime sono tre: Narraboth, Giovanni e Salomè.

Altra presenza ternaria è fornita dalla triade dei colori: bianco, come il candore virgineo della principessa; rosso come il sangue che viene versato, come la carnalità e la passione; nero come la morte, l’oscurità della cisterna e come il colore degli occhi e dei capelli di Giovanni.

Anche il corpo del profeta al presentarsi alla fanciulla appare in una triade infatti viene definito: bianco come una statua d’avorio, come un’immagine d’argento e come un raggio di luna.28

Ella è attratta da ogni parte del corpo del profeta, ma solo la bocca viene nominata più volte perché da lei fortemente desiderata; viene paragonata a ben 9 oggetti diversi, da una fascia scarlatta all’arco vermiglio del re persiano:

It is thy mouth that I desire, Jokanaan. Thy mouth is like a band of scarlet on a tower of ivory.

[…]

Thy mouth is redder than the feet of the doves who haunt the temples and are fed by the priests.

[…]

Thy mouth is like a branch of coral that fishers have found in the twilight of the sea, the coral that they keep for the Kings…..!

[…]

It is like the vermilion that the Moabites find in the Mines of Moab, the vermilion that the kings take from them. It is like the bow of the

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31 King of the Persians, that is painted with vermilion, and is tipped with coral.29

Ad ogni assalto della principessa corrisponde un rifiuto di Giovanni il Battista, che genera immediatamente da parte della donna il disprezzo ed il ripudio dell’oggetto agognato.

Alla fine, delusa e frustrata dalle tante rinunce da parte dell’oggetto del desiderio, non le rimane che una conclusione, quella cioè di spegnere chi la rifiuta e impossessarsi del suo corpo.

Questo ardente amore di Salomè per il profeta lo si trova anche in un testo lirico di Jules Massenet intitolato Hérodiade, opera che ha visto la luce per la prima volta a Bruxelles nel 1881 e di cui Wilde ne conosceva certamente l’esistenza. In quest’opera Salomè non solo è innamorata di Giovanni ma questi non la ricambia anzi, la disdegna e disprezza forse a causa del suo diverso destino o forse della diversa età. Non sarà lei a chiedere la testa del profeta, anzi alla fine si immolerà con lui. È evidente che la natura di questo amore è ben differente dalla passione perversa del personaggio wildiano.

Nel testo di Wilde Erode vuole appagare le proprie voglie, per questo chiede alla figliastra e nipote di danzare per lui; e lo fa seguendo un lungo corteggiamento costituito da una sequenza di verbi che mostrano al lettore una sorta di crescendo emotivo:

Drink with me/ Eat with me/ Dance with me. Salomè, come drink a little wine with me…. Salomè, come and eat fruit with me…. Salomè, dance for me….

Salomè, daughter of Herodias, dance for me…I command thee to dance, Salomè….Salomè dance for me.30

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32 Erode la vorrebbe possedere e per accrescere la sua libidine la vuole far danzare, glielo chiede, glielo comanda, la prega di farlo « I pray thee dance for me», la implora, « I beseech you».31

Alla fine preso da tanta frustrazione per non riuscire a soddisfare il suo ardente desiderio carnale, giunge imprudentemente a farle un’offerta esagerata: «If you dance for me you may ask of me what you will, and I will give it to you, even unto the half of my kingdom»32, offerta che si trova anche nel Vangelo e nelle fonti successive.

Erode risulta impavido, sensibile al messaggio del profeta poiché teme un Dio sconosciuto, è impressionabile e superstizioso, ecco perché tiene Giovanni imprigionato ma con l’ordine di non essere toccato assolutamente dalle guardie. La sua insicurezza e la sua paura sono ben rappresentate simbolicamente dal vento e dal battito delle ali che egli crede di udire più volte nell’aria e che riecheggia le parole profetiche di Giovanni, da lui mai udite: «I hear in the palace the beating of the wings of the angel of death»33.

L’offerta imprudente di Erode e il suo giuramento fatto di fronte a tutti: « I swear it, Salomè […]. By my life, by my crown, by my gods» inducono Salomè ad accettare la richiesta di danzare per lui malgrado l’opposizione della madre, che ignora il disegno segreto della figlia, e a dare inizio a quella che viene descritta come una danza che riesce a risvegliare i sensi ed i desideri del Tetrarca Erode.

Terminata la danza, Salomè chiede ad Erode la testa del Battista «The head of Jokanaan», non, come crede il patrigno, per accontentare la madre, ma per il suo proprio piacere. Davanti a questa richiesta macabra e del tutto inaspettata, Erode rimane pietrificato e senza parole. Cerca in tutti i modi di dissuadere fanciulla, che oramai è decisa e ferma nelle sue parole.

Il tema romantico di amore e morte raggiunge in questa storia la sua estrema perversione. 30 Ibidem. 31 Ibidem. 32 Ibidem. 33 Ibidem.

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33 Quando Erode riesce a superare il primo momento di smarrimento, dovuto alla richiesta abnorme della figliastra, cerca di convincerla ad accettare in cambio doni preziosi, si ha qui l’ultimo crescendo del dramma.

Fallendo tutti gli altri tentativi, egli cerca di distoglierla offrendole dei doni, che, con l’eccezione dei pavoni bianchi, sono una fantasmagoria di gioielli: smeraldi, ametisti, perle, topazi, rubini, ametiste ed altre pietre meno comuni. La varietà e la dovizia delle pietre preziose offerte connota il gusto estetizzante e decadente dell’autore.

L’attesa della testa decollata da parte di Salomè è quasi spasmodica, alla fine, dalla cisterna emerge un braccio, è quello del boia che consegna alla principessa la testa su uno scudo d’argento, dando così inizio alla grande sequenza finale di puro stampo wildiano.

Una volta che la fanciulla ha tra le mani la testa di Giovanni, ella sfoga la sua frustrazione, il suo rancore: egli l’aveva guardata con disprezzo («scorn») ed aveva rifiutato le sue proposte, quasi trattandola come una prostituta («harlot, wanton»); con la sua lingua vermiglia di serpente («snake, viper») aveva sputato il suo veleno su di lei e su sua madre incestuosa, egli aveva respinto lei ( «thou didst reject me»), Principessa giudaica. Ma ora che finalmente è riuscita a possederlo, gli rivelerà tutto il suo amore: « Thou wert the only man I have loved»34.Infine ella bacia la bocca del profeta che le lascia un sapore amaro sulle labbra che è forse il sapore dell’amore.

Per tre volte ripete la frase: «I have kissed thy mouth», che è il climax del dramma. Le stelle scompaiono, le torce si spengono, la luna si nasconde dietro le nuvole, solo un simbolico raggio illumina Salomè. Erode ordina alle guardie che ella sia uccisa, conducendo il dramma verso la sua conclusione.

Questo finale, in cui Erode diventa fautore della morte di Salomè, non trova riscontro nelle altre fonti: Flaubert non si interessa al futuro di Salomè, lo storico Giuseppe Flavio la fa sposare due volte e generare tre figli35, Laforgue ironicamente la fa vittima della legge del contrappasso, per cui, quando ella si

34

Ibidem.

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34 sbarazza del teschio gettandolo in mare da una terrazza, per un eccesso di slancio lo segue e va a sfracellarsi sugli scogli sottostanti36.

Il dramma di Wilde quindi, rispetto alle innumerevoli fonti, mostra, oltre a quegli adattamenti che sono richiesti dal genere drammatico, anche l’impronta delle correnti letterarie coeve e le scelte frutto della sensibilità e della fantasia dell’autore.

In quest’opera le varie fonti si combinano e il risultato è un affascinante mosaico composto da molteplici tasselli.

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